CICLOGUIDA E CARTA 1:30.000
con il cofinanziamento
dell’Unione Europea
Regione Lombardia
Agricoltura
Il Canale della Muzza
Consorzio Bonifica
Muzza Bassa Lodigiana
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CICLOGUIDA E CARTA 1:30.000
con il cofinanziamento
dell’Unione Europea
Regione Lombardia
Agricoltura
Il
Canale
della
Muzza
una greenway lungo un canale storico lodigiano
Consorzio Bonifica
Muzza Bassa Lodigiana
Il Canale della Muzza
una greenway lungo un canale storico lodigiano
Testi, foto e disegni di Albano Marcarini
Il capitolo Natura e ambiente lungo la Muzza
è a cura della Cooperativa Rea, Monza
Il capitolo La rete ciclo-ambientale della Provincia di Lodi
è a cura dei Settori V. T. S. e Agricoltura della Provincia di Lodi
(Patrizia Legnani, Antonella Forni)
I capitoli Rever-Med e Vi.A.Ter. sono a cura di Vincenzo Angileri
Gli inserti dedicati agli itinerari ambientali del Canale Muzza
sono a cura del Consorzio Bonifica Muzza Bassa Lodigiana
(Ettore Fanfani, Fausto Cremascoli)
Realizzazione grafica: Sirtori & Silvia, Milano - Cartografia: Legenda srl., Novara
Stampa: Ed. Lo Scricciolo, Ancona - Prima edizione: aprile 2004
Progetto Rever Med- Lombardia
Regione Lombardia, D.G. Agricoltura
Paolo Baccolo (responsabile)
Vincenzo Angileri (coordinatore)
Gladys Lucchelli, Claudia Campi, Ginevra Galli
URBIM LOMBARDIA
Giorgio G. Negri, Luciana Genolini
Questa pubblicazione è stata realizzata con il supporto
e il cofinanziamento dell’Unione Europea all’interno
dell’Iniziativa Comunitaria Interreg IIIB - Medocc (FERS)
Il progetto Rever-Med è sostenuto dalla Regione
Lombardia, Direzione Generale Agricoltura
come parte integrante della Rete Verde Europea.
Provincia
di Lodi
U.R.B.I.M. LOMBARDIA
Unione Regionale Bonifiche
Irrigazioni e Miglioramenti Fondiari
Le indicazioni riguardanti esercizi ricettivi e aziende agrituristiche sono frutto
di libere scelte redazionali
Autore ed editore declinano ogni responsabilità per eventuali inconvenienti
che si verifichino durante la frequentazione dell’itinerario
Copyright Consorzio Bonifica Muzza Bassa Lodigiana, 2004
Consorzio Bonifica Muzza Bassa Lodigiana, via Nino Dall’Oro 4, 26900 Lodi,
tel. 0371.420189, [email protected]
SOMMARIO
La Muzza: una carta d’identità in forma di quesiti
Natura e ambiente lungo la Muzza
Il Canale della Muzza: istruzioni per l’uso
L’ITINERARIO
Da Cassano d’Adda a Paullo
Da Paullo alle Zelasche
Dalle Zelasche a Caviaga
Da Caviaga a Castiglione d’Adda
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17
18
38
54
74
La rete ciclo-ambientale della Provincia di Lodi
La rete verde europea e il progetto Rever Med
Il progetto Vi.A.Ter. (Vie di Acqua e di Terra)
Bibliografia
Indice dei nomi di luogo
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97
98
99
Nella storia e nella geografia delle vie d’acqua artificiali della
Pianura Padana, il Canale della Muzza ha sempre avuto una notevole reputazione tanto che, nei documenti antichi, era normale definirlo ‘flumen’, fiume. La sua portata era così ingente da
paragonarlo a un corso d’acqua naturale.
Le sue acque, tratte dall’Adda all’altezza di Cassano, irrigano
con 36 bocche di derivazione gran parte del Lodigiano per poi
tornare nello stesso fiume appena sopra Castiglione d’Adda.
L’irrigazione ha materialmente ‘prodotto’ la ricchezza agricola
di questo territorio, fra i più fertili d’Italia, una ricchezza basata sui prati da foraggio e sulla cerealicoltura. Fin dal Medioevo,
da questo canale si è tratta la linfa vitale per lo sviluppo dell’agricoltura e dell’allevamento. Di conseguenza il benessere e l’alto status economico di un’intera provincia, ieri come oggi.
Giovanni Agnelli, padre di tutti gli storici lodigiani, ha sottolineato bene questo aspetto ’nutritivo’ della Muzza e delle sue rogge «che si diramano in tutto il Lodigiano e si dividono e suddividono intrecciandosi in infinito numero di rivoli, a guisa di sistema
venoso, versando 5000 metri cubi d’acqua ogni minuto primo irrigandolo in ogni parte. È impossibile valutare lo studio, la fatica,
il denaro che ebbero a costare i lavori dei nostri agricoltori per
raggiungere questo scopo. Orizzontare, livellare il terreno a seconda del deflusso delle acque; abbassare i rialzi, ricolmare gli
avvallamenti, scavare acquedotti, circondare ogni campo di fossati, erigere ponti e quei tanti edifizi idraulici che si incontrano ad
ogni passo e destano la meraviglia di tutti». Noi tutti dovremmo
rileggere queste parole, prima di porre mano in modo sbrigativo
a questo delicato assetto territoriale che è, a ben vedere, un delicato ricamo di paesaggio.
In questo senso il Canale della Muzza è un custode del nostro territorio, a volte così vituperato. La sua funzione non è mai venuta
meno e oggi viene ulteriormente stimolata dalle attrattive naturalistiche distribuite lungo il suo percorso. Il Canale della Muzza
è un vero monumento idraulico al quale tutti i lodigiani e i lombardi dovrebbero portare rispetto e riconoscenza. Ad esso è dedicata questa piccola guida.
La Muzza: una carta d’identità in forma di quesiti
Dove comincia e dove finisce il Canale della Muzza?
l’Adda Nord. Attraversa le campagne di Cassano d’Adda, Truccazzano, Comazzo, Merlino, Settala, Paullo, Zelo Buon Persico, MulazzaQuesto storico canale prende avvio sotto il castello di Cassano pre- no, Cervignano, Montanaso, Tavazzano con Villavesco, Pieve Fissiralevando le sue acque dal fiume Adda. Quindi percorre la pianura lo- ga, Lodi, Lodi Vecchio, Corneliano Laudense, Massalengo.
digiana per circa 39 chilometri distribuendo acqua alle campagne.
Quali furono le origini
Giunto in località Tripoli di Mas- • Fascine e tronchi di legno sbarrano il flusso delle acque durante la costruzione di una ‘levata’
del Canale della Muzza?
salengo (circa 5 km a sud di Lodi), (Archivio Consorzio Muzza Bassa Lodigiana)
le residue acque della Muzza
Gli storici hanno opinioni diverse
passano nel letto dell’omonimo
su questo punto. Gli atti d’archicolatore che le restituisce all’Advio non offrono certezze ma si
da nei pressi di Castiglione.
pensa che, come molte altre
Quali sono le province e i comuni
opere idrauliche lombarde, anche attraversa?
che la Muzza sia stata il risultato
finale, verificatosi nel XIII secolo,
Durante il suo percorso la Muzza
di interventi parziali, alcuni destibagna i territori delle province di
nati a tutt’altra funzione, come
Milano e di Lodi. Inoltre sfiora il
quella, ad esempio, di fossati per
territorio del Parco Agricolo Sud
difesa militare. Non è escluso inMilano e quello del Parco delfatti che, sulla linea di confine fra
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Milano e Lodi, città nel Medioevo notoriamente acerrime nemiche,
vi fossero opere di questo genere e che, a loro volta, queste utilizzassero i canali irrigui scavati dai Romani quando si posero, per primi,
il problema di rendere produttive queste terre.
Occorre immaginare una pianura antica del tutto differente dall’attuale, con amplissime zone paludose, con boschi, forse anche impenetrabili foreste, con il divagante corso dei fiumi, addirittura con un
grande lago – il Gerundo – che bagnava le terre fra Treviglio, Crema
e Lodi e dove, forse, l’Adda si perdeva. Si ritiene che il fiume, presso
Truccazzano, si dividesse in due rami: uno con andamento simile all’attuale; l’altro invece, con direzione sud-ovest, tagliava la pianura in
direzione di Paullo congiungendosi al Lambro, più o meno lungo l’attuale traccia del colatore Addetta.
Perchè si chiama Muzza?
Una radicata tradizione accosta il nome Muzza alla famiglia Mutia,
trasferitasi da Roma nel 90 a.C. per colonizzare queste terre già appartenute alle tribù dei Galli Boi. In particolare Tito Mutio fu proprietario di una vasta tenuta compresa fra Lodi, Mulazzano, Paullo e
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La Muzza: una carta d’identità in forma di quesiti
Zelo Buon Persico, a occidente
dell’Adda. Fu probabilmente questo personaggio a sbarrare il ramo diversivo dell’Adda a Paullo e
a derivarne le acque verso le sue
terre, forse lungo l’attuale corso
della Roggia Muzzetta.
nel 1191, nel 1210 e nel 1220. Raggiunta una relativa stabilità politica, dovuta anche alla contemporanea elezione di un lodigiano
alla carica di podestà di Milano, il
Comune di Lodi si diede alla costruzione del canale della Muzza
a valle di Paullo e ben oltre l’attuale sbocco in Adda presso CaQuale fu lo sviluppo del canale
stiglione. Il canale infatti prosedurante il Medioevo?
• La bicicletta è il mezzo ideale per seguire il corso della Muzza
guiva nella campagna fino a inLe vicende della Muzza tornano alla ribalta della storia nel XII seco- contrare le bassure prossime al Po nella zona di Cornovecchio.
lo durante la sanguinosa lotta che oppose Milano a Lodi, motivata L’aumentata richiesta di acque verso il Lodigiano aveva però impofra l’altro dal predominio sulla via fluviale del Lambro, vitale per i verito l’originaria derivazione della Muzzetta a Paullo, detenuta daltraffici milanesi in direzione del Po e dell’Adriatico. Non bisogna in- l’Ospedale di S. Stefano in Brolo di Milano, accendendo nuove disfatti dimenticare che le vie d’acqua allora, avevano un’importanza pute, placate solo per intervento di Gian Galeazzo Visconti nel 1385.
pari se non superiore alle vie di terra. Il ‘porto’ di Milano era ubicato Per ottenere un maggior contributo di acque si decise di innalzare la
derivazione dall’Adda più a nord di Truccazzano mediante lo scavo di
alla confluenza del Lambro nel Po.
Lodi, dopo aver subito per due volte la distruzione, ebbe ricono- un letto in trincea appoggiato alla scarpata della valle. L’ubicazione
sciuti i suoi diritti sull’uso delle acque grazie a vari diplomi imperiali: del nuovo incile fu fissata sotto il castello di Cassano d’Adda, dove è
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tuttora. L’unione di questo tratto iniziale, dell’antico ramo di destra
dell’Adda e del nuovo cavo lodigiano diedero infine forma al Canale
della Muzza, così come lo vediamo oggi.
I costanti e crescenti prelievi di acque, favoriti anche dalle elargizioni delle signorie milanesi verso i proprietari terrieri, costrinsero nel
XV sec. ad abbandonare il tratto terminale del canale, praticamente
• La Muzza offre agli appassionati della pesca sportiva buone occasioni di svago
sempre privo di acque. In tal modo il colatore della Muzza fu fatto
confluire di nuovo in Adda poco a nord di Castiglione, dove è ancora oggi. Si pensi che alcune derivazioni della Muzza sono lunghe decine di chilometri, come la Roggia Codogna (circa 150 km) o la Roggia Cavallera Crivella (83).
Chi possedeva le acque della Muzza?
Nel 1550 Ferrante Gonzaga, governatore di Milano per conto della
corona di Spagna, decretò la proprietà demaniale delle acque della
Muzza provocando le accese proteste dei Lodigiani. In tal modo
l’erario dello Stato avrebbe potuto contare sui notevoli introiti dovuti all’utilizzo delle acque irrigue. In quel periodo le ‘bocche’, vale
a dire le derivazioni dal canale, erano circa 70 e oltre mille erano i
loro beneficiari. La vicenda proseguì a lungo anche nelle corti dei
tribunali: solo nel 1716 e nel 1719, a seguito di due sentenze sfavorevoli, le pretese del Comune di Lodi vennero messe a tacere. In ogni
caso la gestione delle acque e la ripartizione dei carichi irrigui rimase all’Associazione degli Utenti e in seguito alla Congregazione di
Muzza, primi embrioni dell’attuale Consorzio di Bonifica. Nel 1981,
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La Muzza: una carta d’identità in forma di quesiti
venendo incontro a una speranza mai sopita nei secoli, i Lodigiani questo dislivello è superato mediante dei salti d’acqua, o ‘levate’,
ripresero il totale controllo del canale grazie al trasferimento dei che ora vengono anche utilizzate a scopo idroelettrico. La portata
poteri dal Demanio dello Stato alla Regione con la contestuale massima a Cassano d’Adda è di 110 mc/sec.
consegna ‘in uso’ al Consorzio Muzza di Lodi.
Che uso si fa delle sue acque?
Come funziona oggi il Canale della Muzza?
Questo grande volume di acqua alimenta le attuali 36 derivazioni irIl canale, apparentemente uguale da cima a fondo, in realtà si com- rigue, raffredda gli impianti delle centrali termoelettriche di Cassano
pone di tratti diversi. La sua caratteristica principale è quella di per- e di Tavazzano, muove le turbine di 4 piccole centrali idroelettriche
dere grandezza e portata man mano che procede a causa del prelie- e permette di allevare, in appositi bacini, storioni e anguille. Il bacivo che le ‘bocche’ esercitano per distribuire le acque alle campagne no irriguo della Muzza è il più vasto della Lombardia: 67.000 ettari,
e agli altri numerosi usi extra-agricoli. Se nella parte a monte la Muz- dei quali 42.400 irrigati direttamente. I 36 derivatori primari formano
za ha un letto largo circa 50 metri, in quella terminale esso si riduce una rete di 272 km che, a sua volta, forma una maglia capillare di ola 20 metri. Il sistema di prelievo, regolazione e scarico delle acque tre 1650 km di rogge e cavi secondari e 1400 km di cavi poderali.
avviene mediante un complesso sistema di manufatti idraulici che va
dalla traversa di S.Bernardino, a valle di Cassano d’Adda, fino a Tripoli Il Canale della Muzza è navigabile?
di Massalengo, per una lunghezza di 39 km. Dopo Tripoli le acque defluiscono verso l’Adda lungo il colatore della Muzza. Il dislivello Alla Muzza è mancata la funzione navigabile, sia per l’assenza di chiucomplessivo del canale è di 40.30 metri (dai 115 metri di Cassano ai se sia per la lontananza da centri mercantili di rilievo, prerogative
74 metri di Tripoli) con una pendenza media di 0.1%. Gran parte di che invece erano proprie dei navigli milanesi (Grande, Pavese, Mar-
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tesana). Alcuni studiosi sostengono però che in antico si faceva un
piccolo commercio fra cascina e
cascina navigando il canale con
piccole barche.
amministrato dagli utilizzatori con
una rappresentanza comunale;
esso dispone di un proprio patrimonio finanziario derivato dai
contributi forniti dai consorziati.
Quali sono le funzioni di un
Consorzio di Bonifica?
Qual’è il ruolo ecologico
del Canale della Muzza?
Il Consorzio di Bonifica Muzza
La pesante fase di progressiva urBassa Lodigiana, come del resto
banizzazione della pianura esalta
tutti gli altri 17 consorzi della
maggiormente la Muzza nella sua
Lombardia, progetta, realizza e
funzione di pompa di alimentagestisce le opere di bonifica e di • La costruzione di una ‘levata’ lungo la Muzza (Archivio Consorzio Muzza Bassa Lodigiana)
zione idrica della falda e la rende
irrigazione delle campagne. Inoltre provvede al prelievo e alla distri- inoltre un vero e proprio ‘corridoio verde’, di enorme importanza
buzione del patrimonio idrico per i prioritari fini irrigui e per gli ulte- per la ricostituzione degli assetti naturali e del paesaggio agrario. A
riori usi extra-agricoli citati. Più di recente l’attività dei consorzi si è questa funzione si associa quella ricreativa che si svolge lungo le sue
estesa al controllo della qualità delle acque, alle opere di difesa del sponde attraverso percorsi ciclo-pedonali, sentieri natura, aree di
suolo, alla valorizzazione ambientale dei propri manufatti idraulici. sosta e zone di pesca sportiva. Sono migliaia le persone che ogni
Ogni consorzio è un Ente pubblico economico di natura associativa, giorno ‘utilizzano’ il canale sotto questo aspetto.
11
Natura e ambiente lungo la Muzza
Il territorio che accompagna l’itinerario lungo il
Canale della Muzza appartiene geograficamente
alla bassa Pianura Padana lombarda; si tratta di
un paesaggio prevalentemente pianeggiante, nel
quale l’elemento acqua assume il ruolo di protagonista, improntando le formazioni boschive naturali, l’uso del territorio (risaie e marcite, soprattutto in passato) e quindi la struttura stessa del
paesaggio (paludi un tempo…una fitta rete di canali oggi).
Il paesaggio lodigiano è caratterizzato da vaste
aree a vocazione rurale a bassa densità abitativa,
con una spiccata vocazione zootecnica, volta alla produzione di latte e formaggio, nelle quali si
possono reperire preziosi lembi di vegetazione
boschiva, testimoni della potenzialità forestale
dell’area.
Nonostante la vocazione prettamente agricola
dell’area (coltivata prevalentemente a mais, seguito da cereali vernini, risaie e prati stabili), risulta comunque affascinante percorrere i sentie-
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ri lungo i campi ed avvicinarsi ad essi per conoscere quelle piante ‘opportuniste’ che
hanno saputo sfruttare i tempi di sosta delle
attività agricole per poter compiere il proprio ciclo vitale.
La flora dei campi
Le aree coperte da colture annuali cerealicole (mais e cereali vernini) manifestano una
serie di erbe infestanti tipiche, legate
espressamente a tale tipo di coltura. In particolare abbondano alcune graminacee quali, il giavone (Echinochloa crus-galli), il panico (Panicum dichotomiflorum), il pabbio comune (Setaria viridis) e la sanguinella comune (Digitaria sanguinalis). Tra le altre specie
non graminacee risultano frequenti la galinsoga comune (Galinsoga parviflora) e quella ispida (G. ciliata), la portulaca comune
• Gli alvei abbandonati lungo la Muzza sono ricche oasi naturali
frequenti risultano essere la me(Portulaca oleracea), e diversi
stolaccia (Alisma plantago-acpoligoni quali il poligono nodoquatica), la giunchina delle risaie
so (Polygonum lapathifolium) e il
(Eleocharis obtusa) e lo zigolo
poligono persicaria (P. persicadelle risaie (Cyperus difformis).
ria).
I prati stabili sono formazioni erNel caso delle risaie invece il
bacee continue, floristicamente
complesso di specie floristiche
molto ricche, soggette a sfalcio
associate alla coltivazione è lefrequente (oggigiorno sottopogato alla progressiva variazione
sti solamente a 2-3 tagli l’anno).
del livello dell’acqua, che vede
Appaiono differenti allo sguardo
dunque progressivamente susdell’osservatore a seconda della
seguirsi ed affermarsi gruppi di
stagione, infatti la composizione
specie a più o meno spiccata
floristica varia con le stagioni. A
igrofilia. Presenze costanti risul- • Il canale, con la sua folta vegetazione ripariale, forma un vero ‘corridoio ecologico’
tano essere la lenticchia d’acqua (Lemna minor) e il morso di rana livello generale essi risultano dominati da graminacee quali ad
(Hydrocaris morsus-ranae), spesso sostituita dalla simile Heteran- esempio l’erba mazzolina (Dactylis glomerata), il loietto (Lolium
thera reniformis, accompagnate da specie discretamente igrofile perenne), il paleo odoroso (Anthoxanthum odoratum), la fienarola
quali l’erba soldina (Lysimachia nummularia) e il giavone (Echinoch- comune (Poa trivialis) e la fienarola dei prati (Poa pratensis). Altre
loa crus-galli). Legate al periodo di inondamento risulta essere in- specie frequenti sono il tarassaco (Taraxacum officinale), la pianvece una specie nordamericana tipica delle risaie pavesi e vercelle- taggine (Plantago lanceolata), vari trifogli (Trifolium pratense, T. resi, la vandellia delle risaie (Lindernia dubia). Altre specie palustri pens) e romici (Rumex obtusifolius, R. acetosa).
13
Natura e ambiente lungo la Muzza
La flora dei boschi
Attorno all’anno Mille hanno avuto inizio le più consistenti operazioni di bonifica delle paludi, e con esse, la progressiva riduzione
delle superfici boscate. Non è facile descrivere oggi la composizione
floristica di un antico manto forestale padano, ma sulla base di alcune evidenze (lembi forestali relitti, indagini paleobotaniche e conoscenze vegetazionali attuali), è possibile descrivere le numerose formazioni vegetali naturali che interessano l’area, differenziate tra loro
in funzione di un maggiore o minore contatto con la falda idrica.
Nelle aree golenali e nella pianura alluvionale si sviluppano boschi
strutturalmente articolati dominati dalla farnia (Quercus robur), ma
accompagnati da numerose altre specie, quali la robinia (Robinia
pseudoacacia), il pioppo nero (Populus nigra) e il platano. Nelle
aree dove la falda è affiorante compaiono anche il salice bianco
(Salix alba) e l’ontano nero (Alnus glutinosa). Specie accessorie dello strato arboreo sono: il ciliegio (Prunus avium), il pioppo bianco
(Populus alba) e l’acero campestre (Acer campestre). A livello arbustivo si incontrano: nocciolo, olmo minore, sanguinello, ligustro,
pallon di maggio, evonimo, biancospino e sambuco. Queste formazioni risultano oggi piuttosto rare e spesso sono state sostituite dalla coltivazione del pioppo canadese; sono ancora rinvenibili
14
presso Castiglione d’Adda, Cornegliano Laudense e Cervignano
d’Adda.
Le coltivazioni di pioppo canadese (Populus canadensis e sue forme
ibride), rivestono un ruolo piuttosto importante all’interno del paesaggio lodigiano. Nello strato erbaceo dei pioppeti, il contingente di
specie “infestanti” varia a seconda della maturità dell’impianto, ossia
a seconda del grado di ombreggiamento che esso esercita sul terreno sottostante. In generale risultano assai comuni nei pioppeti giovani specie come veronica comune (Veronica persica), il centocchio
comune (Stellaria media), il farinello comune (Chenopodium album),
il papavero (Papaver rhoeas), l’erba da porri (Chelidonium majus), il
cardo campestre (Cirsiumarvense), il pabbio comune (Setaria viridis),
il forasacco rosso (Bromus sterilis) e l’acetosella minore (Oxalis fontana). I pioppeti più maturi si arricchiscono di piante strettamente
ruderali quali vari assenzi (Artemisia vulgaris, A. verlotorum) e la verga d’oro maggiore (Solidago gigantea).
Il paesaggio forestale lodigiano e di tutta la Pianura Padana però è
mutato profondamente con l’introduzione di una specie arborea
americana: la robinia. La sua rapida capacità di accrescimento, la sua
elevata capacità pollonifera e la sua frugalità la rendono una competitrice senza eguali.
per la produzione di stangame), a
I robinieti puri risultano carattepioppo nero (legname da opera), a
rizzati dalla robinia sia nello straolmo campestre (legname da
to arboreo che in quello arbustiopera, legna da ardere e come sovo, talvolta accompagnati da spastegno per la vite), ad acero camruti esemplari di biancospino
pestre (sostegno per la vite), a far(Crataegus monogyna), sanguinelnia (legname da opera di qualità),
lo (Cornus sanguinea) e nocciolo
a gelso (allevamento del baco da
(Corylus avellana).
seta) e a ontano nero (per la coloI robinieti misti invece presentanizzazione di terreni umidi).
no un corteggio floristico maggiormente differenziato, oltre alla robinia compaiono nello strato
La fauna
arboreo il platano, i pioppi e la
L’attigua area del Parco Adda Sud
farnia, mentre in quello arbustivo • Un contadino mentre volta il fieno per permettere un’ottimale essicagione
è sede degli elementi di maggioabbondano il sambuco nero (Sambucus nigra) e i rovi (Rubus sp.), ac- re rilevanza naturalistica, tra cui, i tritoni, la rana verde, la raganella,
canto alle specie arbustive sopraccitate e anche nel sottobosco si l’endemica rana di Lataste, l’orbettino e il biacco, numerose specie
esprime una flora nemorale (Hedera helix, Clematis vitalba, Vinca migratrici ornitiche legate alle zone umide (aironi, garzette e anatidi).
minor, Anemone nemorosa, etc.).
Piuttosto comune risulta invece la componente legata ai mammifeLe siepi e i filari presenti nel lodigiano, antichi testimoni della centu- ri. Un elemento di disturbo è costituito dalla nutria, specie alloctoriazione romana come confini di appezzamenti, possono essere ricon- ne, che oltre che a danneggiare le sponde dei canali entra in compedotte a numerose tipologie: filari a salice bianco (un tempo coltivato tizione con altri erbivori.
15
Da Cassano d’Adda a Paullo
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Il Canale della Muzza: istruzioni per l’uso
L’itinerario cicloturistico descritto in questa guida segue le sponde del
Canale della Muzza da Cassano d’Adda a Castiglione d’Adda attraversando una buona parte del Lodigiano. Si tratta di un percorso di 72.7 km,
quasi sempre ricavato su strade secondarie o lungo la riva del canale, in
situazioni precluse al traffico motorizzato. Si tratta pertanto di un itinerario bello, tranquillo e sicuro, adatto a tutti, anche ai bambini. Bisogna
solo avere prudenza attraversando le strade più trafficate, come la Rivoltana o la statale Lodi-Pavia. La maggior parte del percorso è lungo strade
non asfaltate, sterrate o a fondo naturale. È quindi consigliabile una bicicletta robusta con buoni pneumatici, come una mountain-bike. In ogni
caso è bene portare con sé il necessario per provvedere ad eventuali forature. Utilissimo per prevenire traumi in caso di accidentali cadute, il
casco. Il cambio di velocità non è indispensabile perché lungo il percorso non vi sono tratti in salita. Pedalando lungo la Muzza è bene non avvicinarsi al ciglio del canale, mantenendosi invece sul lato opposto della
strada, nei tratti dove questa è chiusa agli autoveicoli.
Lungo la Muzza troverete frequenti aree di sosta, attrezzate con panchine e
portabici. In ogni caso non sarete mai troppo distanti da centri abitati che
possono essere meta di uno spuntino in un bar o, anche, di un buon pranzo
presso una trattoria. Nella guida sono indicati alcuni ottimi ristoranti e di-
verse aziende agrituristiche che, oltre alla ricettività, dispongono anche di
uno spaccio dei prodotti agricoli.
Se si vogliono conoscere i vari aspetti naturali e ambientali del canale, una
sola giornata non basta. Per comodità ho diviso l’intero itinerario in quattro
tappe della lunghezza media di 15 km, in modo tale da consentire senza
troppa fatica di fare sullo stesso percorso sia l’andata sia il ritorno. Naturalmente si può anche variare la via del ritorno scegliendola direttamente sulle cartine che sono allegate alla guida. Avendo un auto al punto di partenza
è dunque possibile nello spazio di mezza giornata affrontare con tranquillità la vostra escursione in bicicletta.
Ma per pedalare lungo la Muzza si può anche utilizzare il treno. Si possono
allora prevedere due tappe usufruendo del servizio Treno+Bici di Trenitalia.
Assumendo come punto di partenza Milano si può raggiungere nel primo
giorno Cassano con la linea Milano-Treviglio e, quindi, discendere in bici la
Muzza fino a Lodi per poi tornare a Milano con i treni della linea PiacenzaMilano. Il secondo giorno, tornati a Lodi, si raggiunge di nuovo la Muzza e si
arriva fino a Maleo, stazione della linea Cremona-Codogno-Milano. Quasi
tutti i treni regionali di queste linee consentono il trasporto delle biciclette
con il pagamento di un supplemento di biglietto, valido 24 ore. Per gli orari
è bene consultare il sito www.trenitalia.com
17
PRIMA TAPPA
Il Canale della Muzza - Tavola 1
Da Cassano d’Adda a Paullo
Da Cassano d’Adda a Paullo
Il primo tratto dell’itinerario ciclabile della Muzza si svolge in provincia di Milano e segue
la porzione storica del canale ricavato nell’alveo naturale di un ramo dell’Adda che, in
epoca antica, si dirigeva verso il Lambro. La località di partenza - Cassano d’Adda - merita una visita prima di avviarci lungo l’argine sterrato del canale entrando nel tipico paesaggio della pianura irrigua, sparso di cascinali.
Lunghezza: 20.5 km.
Dislivello: 13 metri in salita, 36 metri in discesa.
Tempo di percorrenza: 1 ora e 45 minuti, senza le soste e le deviazioni.
Condizioni del percorso: strada di ripa del Canale della Muzza, qualche breve tratto
di strada asfaltata.
Il punto di partenza è fissato alla stazione Fs di Cassano d’Adda, lungo la linea
ferroviaria Milano-Treviglio-Brescia. I treni del Servizio Ferroviario Regionale
che vi fanno fermata espletano il servizio Treno+Bici.
Il punto di arrivo è a Paullo, località posta lungo la ex-strada statale 415 ‘Paullese’
a 18 km da Milano. Volendo concludere l’escursione facendo ritorno a Milano
si consiglia di seguire la vecchia Paullese passante per Mombretto, Pantigliate,
Mirazzano (Castello di Peschiera B.), Longhignana, Milano S. Felice, Novegro.
Dove mangiare. Negli abitati vicini al percorso si trovano ristoranti e trattorie; lungo
il percorso si segnalano: Osteria le due colonne, largo Conte Anguissola 3,
Albignano, tel. 02.9583025; Azienda agricola Il Torrettone, Strada Rivoltana km 17.5,
Truccazzano, tel. 02.9583586 - 347.4151287; Trattoria Paullese, via Milano 104,
tel. 02.90633078; Osteria dei Cacciatori, frazione Conterico di Paullo, tel. 02.9034175.
Altre informazioni e indirizzi utili. Meccanici ciclisti: a Cassano d’Adda, Cereda.
via Trecella 67.
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Strade asfaltate
Strade sterrate
Itinerario promiscuo su strada
a bassa densità di traffico
Itinerario promiscuo su strada
ad alta densità di traffico
Itinerario su pista ciclo-pedonale
protetta asfaltata
Itinerario su pista ciclo-pedonale
protetta sterrata
Itinerario alternativo
o diramazione interessante
QUADRO DELLE DISTANZE
E DELLE ALTEZZE
PROGR. PARZ. LOCALITÀ
0.0
Stazione Fs Cassano
ALT.
120
1.6
1.6 Cassano d’Adda
133
2.4
0.8 Sfioratore Rottura G.
115
3.5
1.1
115
3.8
0.3 Traversa S. Bernardino 114
6.0
2.2 Albignano
108
Archeologia industriale
Area di sosta
8.6
2.6 Incrocio S.P.14
107
Villa
Guado
Castello
Agriturismo
Alimentari
Bar
Traffico
Ristorante
Punto panoramico
Ciclista
Centrale elettrica
Sbarra
Ponte Fs
12.4
3.8 Castiona
102
13.1
0.7 Ponte di Lavagna
104
18.2
5.1
Conterico
97
19.2
1.0 Incrocio ex-S.S.415
99
20.5
1.3 Paullo
96
Limite parchi
Scala 1:30.000 (1 cm uguale a 300 metri)
19
19
Da Cassano d’Adda a Paullo
I
l nostro viaggio ciclistico lungo il Canale della Muzza prende avvio dalla
stazione Fs di Cassano d’Adda 1 (km
0.0, alt. 120). Vi si arriva con tutti i treni
regionali della linea Milano - Treviglio Brescia che effettuano il servizio Treno +
Bici.
La stazione si trova a circa 1.5 km dal
centro dell’abitato. Un’ombrosa stradina segue il ciglio alto della valle dell’Adda e consente di arrivare rapidamente in paese. Da questa posizione
eminente si ha modo di scorgere, sotto
di noi, il canale rigonfio di acque che
inizia il suo cammino. Più lontano, dietro la quinta degli alberi, si trova l’alveo
naturale del fiume. Si noterà anche una
briglia laterale a livello del canale: prestate attenzione! Se fosse sommersa
dall’acqua, quindi non transitabile in bicicletta, sareste già avvertiti che il vostro itinerario dovrà prendere un percorso diverso: tornare alla stazione e,
utilizzando la passerella pedonale in
fregio alla ferrovia, scendere direttamente sulla sponda del canale.
20
Una visita a Cassano d’Adda
Cassano d’Adda B (km 1.6, alt. 133) si
trova ridossato al fiume, sopra una lieve
soglia morfologica, interpretando un’originaria funzione di difesa del «passo dell’Adda» lungo la strada diretta a Treviglio e nel Bresciano. Anche per questa
ragione Cassano fu teatro di ripetuti fatti d’arme: nel 1158 fra il Barbarossa e i Mi-
lanesi; nel 1259 fra la Lega, capeggiata dai
guelfi milanesi, e Ezzelino III da Romano
che vi restò mortalmente ferito; nel 1705
fra i francesi del duca di Vendôme, vincitori, e gli imperiali guidati da Eugenio di
Savoia; nel 1799 infine, fra i Francesi e le
truppe austro-russe al comando di Suvarov, che vi riportò la vittoria. La vicenda
con il Barbarossa ebbe un tragico epilo-
• Il castello di Cassano d’Adda affaccia sulla Muzza e sulla valle dell’Adda
go per gli Imperiali: vedendosi aperta la
via, dopo il ritiro dei Milanesi, essi si accalcarono sul ponte dell’Adda, fatto di
precarie assi di legno. A causa dell’enorme peso la struttura cedette e furono a
centinaia i soldati e i cavalli travolti dalle acque del fiume.
È stravagante l’etimologia di Cassano:
per alcuni significherebbe ‘casa sana’; per
altri ‘chazan’ (magazzino) perché qui, durante le guerre puniche, i Cartaginesi, fieri nemici dei Romani, avevano un deposito di vettovaglie; per altri ancora vorrebbe dire ‘tre case’. Fra le tante improbabili spiegazioni quest’ultima ha avuto
più fortuna e oggi tre piccole casette
campeggiano sullo stemma cittadino.
Studiosi più seri pensano che Cassano
derivi semplicemente dal nome gentilizio romano di ‘Cassius’.
La via che porta a Cassano (via Verdi) è
invitante da percorrere. In corrispondenza di un avvallamento si trovano due
edifici religiosi: sulla destra, l’oratorio di
S. Dionigi, documentato dal 1206 ma ricostruito nel 1596, con all’interno due ci-
cli pittorici dei Fiammenghini; sulla sinistra, l’oratorio dei Ss. Aquilino e Carlo,
risalente al 1699.
Alcune nobili ville borghesi si avvantaggiarono della posizione rivolta al fiume.
Da annotare fra queste: al n. 26, il palazzo Berva, dell’inizio del ‘700; al n. 19, la
villa Rosales Pallavicini Brambilla, a
pianta lineare, di origine seicentesca, trasformata nel 1770 (la fronte posteriore
degrada verso la Muzza con spalti balaustrati ornati da statue).
Via Verdi si chiude nella piazza Garibaldi, vicina al ponte sulla Muzza. Qui si
può indugiare un momento e piegare a
sinistra lungo la strada per Milano (via
Vittorio Veneto). Poco più avanti, sulla
destra, dopo la Parrocchiale (1897), apparirà la corte della villa Borromeo –
d’Adda, eretta nella prima metà del Settecento su disegni di Francesco Croce,
ma riformata dopo il 1781 da Giuseppe
Piermarini, illustre architetto della Milano austriaca. Dell’edificio barocco permane il corpo centrale con la fronte
nord, mentre l’intervento neoclassico
• Le ville di Cassano d’Adda sullo spalto rivolto verso il canale
dell’architetto folignate interessò la
fronte meridionale — a ordine unico con
pronao appena pronunciato — i corpi
adiacenti e le ali.
Ora, tornati in piazza Garibaldi, vale la
pena entrare nel tessuto edificato che si
allunga sul lato orientale, verso l’Adda.
Si tratta dell’originario ricetto – ossia un
insediamento temporaneo circondato
da mura e usato nei momenti di pericolo
dalla popolazione – voluto nel 1278 da
Ottone Visconti come appendice del
castello.
Quest’ultimo si erge a poca distanza, sul
fondo di piazza Cavour, ed è un’opera
stratificata nei secoli. Se ne ha notizia a
partire dal Mille, fu rimaneggiata e ampliata fra i sec. XIII e XV e specie dopo il
1451 sotto la direzione di Bartolomeo
Gadio, ingegnere militare di Francesco
Sforza. Si assegna a questa data l’imponente struttura muraria ridossata al fiume, mentre il cortile e il corpo occidentale rimandano a un precedente intervento visconteo contraddistinto dalle
arcate a sesto acuto. Il fortilizio difendeva il confine orientale del Milanese, di
fronte al territorio veneto, e per questo
era soggetto a particolari attenzioni.
Sotto il castello, per via Bonifacio, si può
scendere al ponte sul Canale del Linificio. Si riferisce al Linificio e Canapificio
Nazionale, stabilimento del 1873 per la
produzione di cordami e per il riciclaggio dei sottoprodotti della canapa, sorto
inglobando la filanda Battaglia del 1842,
l’ultima e la maggiore delle lavorazioni
paleo-industriali site lungo il Canale di
Cassano, concesso già nel 1411 da Giovanni Maria Visconti agli artigiani cassanesi. Sullo sfondo, se la giornata è buona, si profilano le Prealpi bergamasche
con il Resegone e il Monte Albenza in
bella evidenza.
21
Da Cassano d’Adda a Paullo
Dove comincia la Muzza
Conclusa la visita di Cassano si può intraprendere il cammino lungo il canale.
Bisogna tornare in piazza Garibaldi, imboccare la strada (trafficata! prudenza)
per Treviglio, passare sul ponte della
Muzza e quindi, appena giunti in fondo
alla rampa opposta (esiste un’esile traccia pedonale lungo la banchina stradale)
piegare a gomito a destra e tornare verso il canale.
A questo punto, girando a destra sotto
la testata del ponte, si può arrivare in
meno di 200 metri al punto di presa, ovvero all’incile del Canale della Muzza C
(km 2.0, alt. 115.5). L’adduzione delle acque dal fiume avviene ‘a bocca libera’,
senza l’uso di paratoie ma semplicemente grazie a una briglia in cemento, detta
Traversino, posta trasversalmente al letto dell’Adda, della lunghezza di circa
400 metri. In questo modo vengono prelevati in media 200 mila litri d’acqua
ogni secondo. A seconda della stagione
e della portata del fiume vedrete la briglia emersa o sommersa. Davide Berto-
22
• La centrale Aem di Cassano d’Adda
lotti, autore nel XIX secolo di diverse
guide ‘turistiche’, la definì «meravigliosa
traversa per la quale il fiume diviene somigliante ad un canale, e questo prende
le sembianze di un fiume».
Questo manufatto è posto a una quota
di 115 metri sul livello del mare; al di sotto di questa quota tutta l’acqua dell’Adda viene convogliata nel Canale della
Muzza; al di sopra l’acqua tracima oltre
la soglia e prosegue nel suo corso naturale. Normalmente la tracimazione avviene quando le portate del fiume superano il valore di 400 mc /sec. Ciò avviene di rado a causa degli intensi prelievi
di acqua che vengono effettuati anche a
monte di Cassano. Recentemente però
il consorzio di bonifica ha realizzato un
passaggio provvisorio filtrante che assicura un deflusso minimo costante anche
a valle del ‘traversino’. Interventi definitivi sono comunque contemplati nel
prossimo programma esecutivo del consorzio stesso.
Al di là del letto del canale si erge la
scarpata che regge il castello e parte del
borgo più antico di Cassano. Non è
escluso che nella realizzazione della traversa della Muzza siano entrate in gioco
anche considerazioni strategiche in relazione alla posizione del castello: un ca-
pace specchio d’acqua poteva servire da
deterrente a eventuali assalitori. Va ricordato che i lavori su questo tratto del
canale risalgono alla metà del XV secolo
e sono contemporanei al rafforzamento
delle difese castellane operate da Bartolomeo Gadio. Si può anche notare come
la morfologia della valle sia difforme essendo la sponda occidentale ancora rimarcata da un evidente gradino, quello
di Cassano appunto, mentre quella
orientale, più erosa e non a caso detta
‘gera’, non si distingue ormai più dal piano della circostante campagna. Questa è
Osteria le due colonne
Largo Conte Anguissola 3, Albignano,
tel. 02.9583025, chiuso lunedì.
Anche se troppo vicino al punto di
partenza e quindi senza ancor aver accumulato il dovuto appetito, l’Osteria le
due colonne non va trascurata (magari,
nel tragitto di ritorno). La sua cucina sta
conquistando notorietà nel ristretto
novero dei buoni locali dell’hinterland. Da
provare il risotto con pere e taleggio.
• Cascine e vegetazione esotica lungo il canale
la plaga dove, si dice, un tempo vi fosse
il mitico lago Gerundo, il cui prosciugamento fu voluto dal Barbarossa, per evitare guai ai movimenti delle sue truppe.
Si tratta anche qui di una lunga briglia in
cemento da percorrere con la bicicletta
accompagnata a mano. È posta lateralmente al canale e ha la funzione di restituire all’Adda le portate eccedenti. Per
Inizia il cammino
gran parte dell’anno è liberamente perTornati al sottopasso della statale inizia corribile. Nei momenti di piena, quando
l’itinerario lungo il canale seguendo la
• Il tratto superiore della Muzza nella
direzione della corrente. Subito dopo la
Carta del Lombardo-Veneto a scala 1:86.400
Cascina Isola Ponti si giunge allo Sfioradell’Imperial Regio Istituto Topografico
tore Rottura Grande D (km 2.4, alt. 115).
Militare austriaco, 1852.
23
Da Cassano d’Adda a Paullo
l’acqua tracima, è necessario fare retromarcia, risalire a Cassano, ritornare alla
stazione Fs e da lì, utilizzando il ponticello pedonale accanto alla ferrovia,
tornare sull’argine della Muzza, ormai a
valle dello sfioratore.
Subito dopo il sottopassaggio della ferrovia Milano – Venezia E (km 3.5, alt.
115) si notano in successione quattro scaricatori di più modeste dimensioni (Ferdinando, Nuovo, di Mezzo, Vecchio o
‘dei Portoni’). L’ultimo dà vita a un lungo
ramo prima di confluire nell’Adda. Lo
scopo di questi impianti è di restituire al
fiume la portata d’acqua eccedente a
quella stabilita in concessione agli utenti della Muzza.
Dall’altro lato del canale torreggiano i
camini della centrale termoelettrica
Aem di Cassano d’Adda, installata nel
1961. Oggi ha la particolarità di funzionare esclusivamente con gas naturale,
quindi senza l’uso di idrocarburi, con una
notevole riduzione delle emissioni inquinanti. In questo modo dall’originaria turbina a vapore da 75 megawatt di produ-
24
L a ro g g i a
Se la Muzza è la grande arteria, le rogge che si dipartono da essa so- una piccola garitta; i partitori, ovvero i cavi che conducono l’acno i vasi che consentono la circolazione delle acque nelle campa- qua dalla roggia ai campi; i ponti canale o le tombe, vale a dire i
gne. Roggia deriva forse dal termine latino ‘arrugia’ (galleria). In Pie- manufatti in mattoni o cemento (a volte anche in belle lastre di
serizzo) che permettono alle varie rogge
monte prende il nome di ‘bealera’ e nel
di incrociarsi senza mischiare le loro acBresciano di ‘seriola’.
que; gli incastri, che sono le paratoie che
L’utenza di una roggia è la totalità dei prodividono l’acqua fra differenti utenti; lo
prietari terrieri che ne utilizza le acque e, in
scaricatore o colatore, che disperde le acpassato, la sua amministrazione era comque eccedenti.
pito di un ‘regolatore’, normalmente un inLa quantità d’acqua defluente in una roggegnere civile. Egli stabiliva i vari riparti di
gia veniva in passato calcolata in once.
spesa, vigilava sull’efficienza del condotto,
L’acqua che usciva da una bocca avente un
fissava la cosiddetta ‘ruota’, ovvero il ciclo
altezza di 20 cm. e una larghezza di 15, con
temporale periodico di distribuzione delun battente di 10 era pari a un’oncia, ovvel’acqua ai diversi utenti. Essa variava da 8 a
ro 36 litri d’acqua al secondo. Ma esisteva17 giorni. Ogni utente otteneva acqua a pano l’oncia milanese e quella lodigiana:
gamento per un certo numero di ore ogni
quella milanese valeva 1, 9321 once lodigiatanti giorni. Per questa ragione il volume
ne. Un’altra unità di misura era il rodigino,
d’acqua che affluisce in una roggia è stabiovvero la quantità d’acqua che, cadendo
lito in termini molto precisi da concessioni
da un’altezza di 1.5 metri, era in grado di
che spesso risalgono a epoche antiche e,
muovere una ruota a pale. Un rodigino
talvolta, erano assegnate a nobili o a enti
corrispondeva a circa 6 once, ovvero 216 lidi natura pubblica o religiosa, come ospetri d’acqua al secondo.
dali, istituti di carità ecc.
Una roggia si compone di varie parti: la
bocca, ovvero l’impianto di presa dal ca• Un partitore distribuisce l’acqua
alle campagne
nale, dotato di una paratoia e, a volte, di
zione si è passati a 1000 megawatt con
l’uso combinato di tre turbine a gas (una
in fase di realizzazione) e delle tradizionali turbine a vapore. La grande struttura
che incombe sul canale comprende la
sala macchine dove sono alloggiate le
turbine, le pompe, i servizi elettrici e i
vari impianti ausiliari. La Muzza fornisce
alla centrale l’acqua per il funzionamento degli impianti di raffreddamento. Essa
è regolata dalla traversa di San Bernardino F (km 3.8, alt. 114) , l’ultimo dei manufatti del nodo idraulico di Cassano,
dotata di quattro paratoie.
A questo punto eccoci lungo il canale. Il
Azienda agricola
il Torrettone
Strada Provinciale Rivoltana, km 17.500,
Truccazzano, tel. 02.9583686 - 347.4151287.
La rinaturalizzazione di una cava, accanto
alla cascina, favorisce la pesca sportiva.
Ampi spazi gioco per bambini e portici
per le feste di gruppo. L’azienda è anche
nota per la sua prelibata cucina a base di
trote e pesce di lago magari accompagnate da un buon vino di S.Colombano.
Azienda agrituristica
Cascina Rosina
Strada Provinciale Rivoltana, loc. Cascina
Rosina 1, Truccazzano, tel. 02.9583012.
La famiglia Groppelli produce formaggi e
salumi da generazioni. Si possono acquistare in questa bella cascina, ma anche
fare escursioni a cavallo e visite guidate
lungo l’Adda.
percorso lambisce l’acqua, ma non sarebbe corretto definirlo alzaia. Questo
termine si usa per i navigli o i canali navigabili e l’alzaia era usata, in questi casi,
per il transito degli animali adibiti al traino dei barconi controcorrente. Esistono
alzaie lungo il Naviglio Grande a Milano,
lungo il Naviglio Pavese, ma non lungo la
Muzza, che non è mai stata navigabile.
Per la verità, nell’Ottocento, Carlo Cattaneo accennava a un traffico di barche
lungo il canale ma probabilmente adibito al servizio agricolo delle cascine.
Sulla sinistra, verso valle, ecco staccarsi
la prima roggia: la Roggia Coppa Incassata, con una portata massima di 1,54 mc /
sec., che, ovviamente, vanno a sottrarsi
ai 110 misurati all’incile della Muzza. Con
• Lo storico ponte di Albignano
poche pedalate, mentre l’Adda sulla nostra sinistra si allontana fra gli alberi, si
arriva ad Albignano G (km 6, alt. 108),
frazione di Truccazzano. Si stende sull’opposta sponda del canale. Un bel
ponte in pietra permette di raggiungerla.
L’abitato è caratteristico perché organizzato attorno a una corte agricola (si notano alcuni accenni decorativi negli ingressi) sulla quale predomina il palazzo
Anguissola, dal nome dei nobili che ebbero in feudo Albignano nel 1580 dopo
lunghe dispute sull’uso delle acque con
il precedente feudatario, il conte Francesco Brebbia.
Poi si torna lungo la Muzza. Cespugli e
alberi proteggono la scarpata verso l’Adda. Sono pochi metri ma sufficienti a fare della Muzza un percorso pensile fra il
terrazzo della pianura a destra e la golena dell’Adda a sinistra. L’intrico di rogge
che bagna le sponde del fiume rende la
campagna fertilissima, verde in ogni stagione dell’anno.
25
Da Cassano d’Adda a Paullo
Alcune cave di sabbia abbandonate sono
diventate un prezioso ambiente umido
rinaturalizzato. Dopo pochi altri giri di
pedale si incrocia la Strada Rivoltana
(S.P.14), all’altezza del cimitero di Truccazzano H (km 8.6, alt. 107). Un ponte ciclabile scavalca la Muzza ma non ci serve: si
attraversa con prudenza la provinciale e
Il Canale della Muzza - Tavola 2
Da Cassano d’Adda a Paullo
Strade asfaltate
Strade sterrate
Itinerario promiscuo su strada
a bassa densità di traffico
Itinerario promiscuo su strada
ad alta densità di traffico
Itinerario su pista ciclo-pedonale
protetta asfaltata
Itinerario su pista ciclo-pedonale
protetta sterrata
Itinerario alternativo
o diramazione interessante
• Albignano, palazzo Anguissola.
Limite parchi
• Albignano vista dalle sponde della Muzza
Dove si separa lo stradello che conduce
alla Cascina Rosina si trova anche la
‘bocca’ della Roggia Corneliana Bertola
(0,56 mc/sec.), dal nome dell’abitato di
Corneliano Bertario del quale irriga i terreni. Si suppone che sia preesistente alla
realizzazione del tronco superiore della
Muzza nel XV secolo. Nel 1359 i terreni di
26
Corneliano furono donati da Barnabò Visconti all’Ospedale milanese di S.Ambrogio con la facoltà di prelevare gratuitamente acqua dalla Muzza per quanto
bastasse a irrigarli. Fu un gesto generoso
nel tentativo di farsi perdonare le sue
malefatte e, forse, gli sfrenati eccessi
della consorte, Regina della Scala.
Agriturismo
Chiesa
Alimentari
Cascina
Cimitero
Punto panoramico
Traffico
Bar
Ristorante
Sbarra
Scala 1:30.000 (1 cm uguale a 300 metri)
27
Da Cassano d’Adda a Paullo
si prosegue lungo il canale. Il fondo ora è
inerbito, ma sempre transitabile. Lasciate
a sinistra le strade per Corneliano e per la
Cascina Nuova, si supera una sbarra allontanandoci dal traffico.
La strada asfaltata di Corneliano sarebbe
la replica moderna di un percorso antico. Appare nell’Itinerario Militare, compilato nel 1519 da Alberto Vignati. Era un
dettagliato compendio delle maggiori
vie di comunicazione del tempo, ad uso
strategico. Vi sono elencate non solo le
strade ma anche le distanze, i centri attraversati – definiti ‘terre’ o ‘terricciuole’
a seconda dell’importanza – le condizioni di transitabilità e il numero di cavalli
che in ciascun luogo poteva essere alloggiato.
Ebbene, in tale regesto, figura una Strada Monzasca diretta verso il Piacentino
e che univa tutti i paesi situati sulla
sponda destra dell’Adda. Doveva avere
origini antiche perché il suo nome
compare a Lodi Vecchio, prima dell’edificazione della nuova Lodi, già nel 1158.
Secondo il Vignati toccava Cassano
28
d’Adda, Albignano, Truccazzano, Corneliano, Lavagna, Vaiano, Merlino, Zelo
Buon Persico, Cervignano, Villavesco,
Lodi Vecchio, Calvenzano, S.Angelo Lodigiano, Miradolo e un ‘passo’ sul Po nei
pressi di Parpanese. Insomma una specie di Tangenziale Est milanese ante-litteram.
Da Truccazzano al ponte
di Lavagna
A sud di Truccazzano la Muzza, secondo
gli storici, corrisponderebbe all’antico
ramo laterale dell’Adda, poi ridotto e
rettificato in forma di canale. Non a caso
presenta alcune anse che ravvivano le
prospettive. Inoltre vi confluisce il corso
Azienda agricola Taverna
Località Molino Molgora, Comazzo,
tel. 02.9061219.
Questa azienda, sulla strada da Lavagna a
Cavaione, produce e vende carne bovina
di qualità. Apre lo spaccio ogni sabato
dalle 8 alle 12.30 e dalle 15 alle 19. Da non
dimenticare, a Cavaione la piccola trattoria del villaggio, vicina alla chiesa che offre buona cucina a piccolo prezzo.
• Fasci di rogge corrono spesso in parallelo al canale
naturale del torrente Molgora che trova
le sue sorgenti nella Brianza, presso
Campsirago.
Buona parte di queste campagne sono
coltivate a granturco, una graminacea
proveniente dal continente centro-americano. Il suo successo si deve all’elevata
produttività e al fatto essere destinata
all’alimentazione sia umana sia animale.
Nella Pianura Padana è stata introdotta
nel XVIII secolo e la sua farina, ingrediente primo della popolare ‘polenta’, è stato l’alimento quotidiano e salvifico per
generazioni di contadini. Essendo la
pianta che fornisce la maggior quantità
di prodotto per ettaro, è divenuta pre-
I l fo n t a n i l e
«Per fontanile s’intende un luogo scavato più o meno profondamente, nel quale si raccoglie l’acqua che sorge dalla terra. Si distinguono in esso tre parti, delle quali la prima ha ricevuto il nome di
testa, ed è in essa che si raduna l’acqua che zampillando sorge dal
suolo: la seconda è stata denominata asta, e questa riceve lo scolo
della testa: la terza è il canale che serve al passaggio dell’acqua, e
che si deve considerare come il prolungamento dell’asta. Allorché
dunque si vuol condurre l’acqua ad un territorio, e non si può o non
conviene il derivarla da un canale, si cerca un luogo più settentrionale dove le sorgenti siano poco profonde, ed ivi si comincia a scavare la testa di un fontanile, alla quale si dà quella forma che si crede più acconcia alla situazione, cioè circolare o poligona,
ed un’estensione proporzionata alla quantità d’acqua
che si desidera di ottenere, e
che si vede sorgere dalla terra a misura che si estende lo
scavo: quindi nella sabbia
nella quale zampilla l’acqua
si introducono alcuni grossi
tini privi di fondo, in modo
che le sorgenti siano racchiuse all’interno dei medesimi. Il
loro numero è proporzionato all’estensione dello scavo,
ed il loro officio è d’impedire che le sabbie possano otturare le sorgenti. Questi recipienti hanno la forma di coni troncati, perciò sono
più larghi verso il fondo, ed alquanto più stretti verso la cima: la loro altezza suole essere di 5 in 6 piedi: sono costruiti con forti doghe
di ontano, albero detto in Lombardia ‘onizza’: la loro durata si può
valutare in circa 20 anni: sono cerchiati di ferro, e s’introducono nel
suolo perpendicolarmente per tutta la loro altezza, estraendo con
un badile la terra rinchiusa al loro interno. Affinché poi l’acqua possa uscire più facilmente dal tino, sull’orlo di questo è solito farsi un
piccolo incavo nella parte che è rivolta al canale. Da questa operazione segue che ciascuno di quei recipienti diviene un piccolo pozzo,
nel quale l’acqua sorge di continuo fino alla bocca superiore, e
non tarda a formarsi un piccolo
lago, la di cui superficie è quasi
allo stesso livello con l’orlo dei
tini. Allora per mezzo di un canale si conduce l’acqua a quel
sito che si desidera…»
(Scipione Breislak, Descrizione
geologica della provincia di Milano, Milano, 1822)
• La ‘polla’ risorgiva di un fontanile
milanese
valente su molte altre colture fino a diventare per molte aziende la sola monocoltura. L’Italia si posiziona all’ottavo
posto nel mondo per produzione di
mais (10.937.000 tonnellate nel 2002) ma
è al primo per resa produttiva. Da un
punto di vista paesaggistico il granturco
offre la sua migliore immagine all’inizio
dell’estate quando la pianta, ormai sviluppata, emette un pennacchio di fioritura, mentre da un’ascella fogliare si sviluppa la pannocchia. Diverso e piuttosto
desolante l’aspetto di un campo di mais
durante il riposo invernale, disseminato
di stoppie e di fusti recisi, abituale desco
di corvi e cornacchie.
Sul fianco sinistro della strada si moltiplicano le rogge che, correndo parallele,
formano una fitta fascia di vegetazione.
La Codogna Alta (0,55 mc/sec.) si è staccata all’altezza della Cascina Nuova,
mentre la Cattanea Comazzo (4,24
mc/sec.), prima dell’apertura del canale,
si alimentava con il deflusso di alcune
polle di fontanile. La Codogna è una roggia importante, non tanto per la quantità
29
Da Cassano d’Adda a Paullo
d’acqua, quanto per il suo sviluppo: la
troveremo costantemente parallela e a
breve distanza dal canale fino e oltre Castiglione d’Adda.
I fontanili sono un fenomeno ‘naturale’
importantissimo in questa parte della
pianura. Essi contribuiscono, assieme ai
canali, all’irrigazione delle campagne. Ho
usato le virgolette scrivendo naturale
perché, in realtà, i fontanili sono stati
adottati dall’uomo migliorando le loro
funzioni. Ci sono qui e non potrebbero
essere altrove, lungo una fascia che, larga una dozzina di chilometri, corre, salvo
qualche eccezione, dal Piemonte fino al
Friuli. Si tratta della zona di separazione
fra alta e bassa pianura.
L’alta pianura si distingue per i suoli grossolani, ghiaiosi, che impediscono all’acqua di scorrere in superficie, convogliandola nel sottosuolo. La bassa pianura invece ha terreni impermeabili, a struttura
minuta, argillosi o sabbiosi, che favoriscono l’emersione dell’acqua di falda.
Il fontanile, o la risorgiva, è il punto dove, per la spinta della pressione sotterra-
30
• La cascina di Conterico di sopra
nea, l’acqua torna alla superficie. Si tratta
di acqua a temperatura costante (da 9 a
12° C), limpida e pulita, disponibile per
l’irrigazione dei campi in ogni stagione
dell’anno. L’uomo, sin dai tempi più remoti, ha curato la sistemazione delle
polle sorgentizie, incanalandole in ‘tini’
di legno, ha provveduto a tener pulito la
‘testa’ del fontanile, dove si generano le
polle, ma soprattutto ha indirizzato le
‘aste’, cioè i fossi, verso i campi bisognosi di acqua.
Il destino dei fontanili, fino a qualche
decennio fa, sembrava segnato: dagli 873
rilevati nel 1920, si era scesi a 430 nel
1975. Molto compromessi, non più man-
tenuti e usati come discariche erano ormai nella memoria degli anziani. Oggi la
tendenza non si è invertita ma almeno,
grazie alla sensibilizzazione, si cerca di
mantenere in vita quelli superstiti. Alcuni
di essi, come il Fontanile Nuovo a Bareggio o i fontanili della Muzzetta presso
Rodano, sono diventati riserve naturali.
La strada di ripa raggiunge la Cascina Castiona I (km 12.4, alt. 102) e poi incrocia
la strada per Lavagna, nei pressi dell’omonimo ponte J (km 13.1, alt. 104). Anche qui, a destra e a sinistra, un intrico di
rogge e, al di là della strada, la Cascina
Nuova con i suoi annessi.
Una breve diramazione verso Lavagna –
ritenuta dagli storici «la terra più settentrionale del Lodigiano» - e Rossate, porta al cospetto di un’interessante chiesa,
isolata nei campi, forse disegnata dal
grande Bramante (vedi a pagina 34). A sinistra invece si raggiunge Comazzo, paese noto per la villa Pertusati (vedi a pagina 32). Sono due diversioni consigliabili
se si è stabilito di chiudere, per il momento, la passeggiata a Paullo.
Osteria dei Cacciatori
In terreni più sicuri si usava intercalare ai
filari dei pioppi frumento o granturco,
Cascina Conterico Inferiore, Paullo,
espediente poi abbandonato perché di
tel. 02. 9064175, chiuso lunedì.
È il primo ristorante che s’incontra lungo
difficile trattamento meccanico.
la Muzza. In estate si può pranzare nella
I suoi rami, fino a 6-7 metri d’altezza, forveranda che dà sulle acque del canale. Il
nivano la cosiddetta ‘legna dolce’, buona
menù contempla piatti tradizionali, fra i
quali, degno di lode la faraona ripiena.
da ardere o per fare mobilia di basso
pregio. L’albero veniva fatto crescere
Dal ponte di Lavagna a Paullo
molto più di oggi e, in mancanza di macL’itinerario principale prosegue, per me- chinari specifici, il taglio periodico era
no di 200 metri, lungo la provinciale 181 • Attività agricola lungo le sponde del canale
(direzione Merlino) poi ritorna sulla pista
di servizio del canale, a fondo naturale.
Di tanto in tanto si scorgono nell’acqua
carcasse di automobili. Periodicamente
vengono rimosse con l’aiuto delle forze
dell’ordine ma non si comprende come
abbiano fatto a finire lì.
S’infittiscono le coltivazioni di pioppio.
Si tratta di una specie ibrida, di rapido
accrescimento (giunge a maturazione in
circa 11-12 anni), utilizzata a fini industriali per la produzione di cellulosa. In passato il pioppo era coltivato nella golena
dei fiumi, su terreni inutili alle coltivazioni perché spesso percorsi dalle piene.
effettuato dallo scalvatore. A lui spettava il compito di arrampicarsi sui tronchi
e tagliare i rami. Era una mansione pericolosa che richiedeva doti acrobatiche.
Per questa ragione gli scalvatori erano
fatti oggetto di ammirazione nella cascine e il loro immaginario colpiva il cuore
delle giovani.
Oggi le coltivazioni industriali di pioppo
sono un ben misero palliativo di fronte
alla progressiva rarefazione delle alberature della nostra pianura. Fino a quando
le cascine erano abitate e l’agricoltura si
conduceva con le tecniche tradizionali
anche le alberature – oggi accusate di
fare ombra alle coltivazioni – avevano
una loro funzione. Venivano tenute lungo i fossi a rinforzo delle rive o lungo i
cigli delle strade. Ciascun podere poteva
contare su una vasta gamma di essenze
arboree per gli usi domestici e come
combustibile per il focolare dei contadini. Una volta tagliati, grazie alla tenuta
delle ceppaie, gli alberi ricrescevano con
rapidità. Il gelso era diffusissimo, specie
nell’alta pianura, per via delle foglie che
erano alimento prediletto dai bachi,
produttori di seta. Ogni famiglia possedeva una propria ‘coltura’ che contribuiva a sostenere il magro reddito stagionale del lavoro nei campi.
Le piante d’alto fusto, come l’olmo o la
quercia, erano importanti al punto da essere elencate, una per una, nei contratti
d’affittanza dei poderi. Da esse infatti si
ricavava gran parte del materiale edilizio
31
Da Cassano d’Adda a Paullo
L a v i l l a Pe r t u s at i
Cristoforo Pertusati era un nobile milanese con la passione per la guerra. Seguì
tutte le campagne del principe Eugenio
di Savoia, ottenendo fama e prestigio.
Nel 1747, dopo essere divenuto Governatore di Milano, edificò a Comazzo una
sontuosa villa che Marcantonio Dal Re
illustrò nella sua opera, dedicata alle più
importanti ‘villeggiature’ del Contado di
Milano. In effetti, la costruzione era reputata per la magnifica posizione sul terrazzo dell’Adda, con spalti degradanti
verso il fiume, viali simmetrici, giochi
d’acqua e ninfei.
L’edificio possiede il classico schema a U
con le ali avanzate e ripiegate a chiudere
il cortile. La facciata è resa ariosa da un
portico ad archi. Il giardino è andato
purtroppo perduto: restano solo alcuni
pilastri del portale e piccoli obelischi, visibili dalla strada campestre per la Cascina Torchio.
Nell’Ottocento, il parroco di Comazzo
impose la mutilazione delle ninfe di marmo, ritenute offensive al pudore, dando
avvio al degrado del complesso.
32
delle cascine e degli utensili agricoli come le travi portanti dei tetti e dei soppalchi, le paratoie delle rogge, le passerelle e i parapetti dei ponti, tutti i mezzi
di trasporto e la mobilia della casa contadina.
Un’altra ampia ansa prelude al grosso cascinale di Conterico K (km 18.2, alt. 97).
Si tratta per la verità di due cascine, disposte sulle sponde della Muzza, e richiamano il modello tipico della cascina padana a corte, articolata e dotata di un
edificio per ogni funzione: stalle, fienili,
porcilaie, silos, legnaie oltre, naturalmente, alle dimore dei contadini e a
quella, più nobile, dell’affittuario o del
proprietario della tenuta.
Tutte o gran parte della cascine della
Bassa Milanese risalgono al XVII-XVIII secolo, quando perfezionate la bonifica e
l’assetto irriguo delle campagne inizia lo
sfruttamento intensivo delle risorse agricole. Le cascine, già allora, erano complessi altamente produttivi, la cui proprietà e gestione era legata a capitali e
investimenti cittadini. Come in una gran-
de multinazionale in cui le decisioni sono prese in un centro finanziario mentre
la sede del lavoro sono le tante filiali
sparse per il mondo anche qui la direzione era in città e il lavoro svolto nelle cascine sparse per la pianura. In questo
senso il contadino, spesso soggetto a un
durissimo contratto di lavoro, era trattato in modo simile a un operaio, privo
degli strumenti di produzione, in grado
di fornire solo la sua forza-lavoro. A quel
punto la differenza fra il lavoro di fabbrica e quello in campagna era solo nominale. Le cascine milanesi, appartenute alla nobiltà cittadina o a grandi enti assistenziali (come l’Ospedale Maggiore),
garantivano il costante afflusso di generi alimentari alla città, erano condotte
da un fittabile per conto del proprietario, ed erano di continuo oggetto di cure
e migliorie per conservare, anzi aumentare il valore aziendale.
Conterico appartiene al comune di
Paullo. La strada che si dirige verso il
capoluogo è asfaltata e abbandona la
Muzza (lo stradello di ripa si chiude nel
Il Canale della Muzza - Tavola 3
Da Cassano d’Adda a Paullo
Strade asfaltate
Strade sterrate
Itinerario promiscuo su strada
a bassa densità di traffico
Itinerario promiscuo su strada
ad alta densità di traffico
Itinerario su pista ciclo-pedonale
protetta asfaltata
Itinerario su pista ciclo-pedonale
protetta sterrata
Itinerario alternativo
o diramazione interessante
Limite parchi
Chiesa
Alimentari
Mulino
Bar
Cascina
Impianto idraulico
Ristorante
Levata
Semaforo
Ponte
Parco
Sbarra
Ciclista
Scala 1:30.000 (1 cm uguale a 300 metri)
33
Da Cassano d’Adda a Paullo
S a n B i a g i o d i R oss ate
Di questa chiesa non si sa molto. Anzi, fino a qualche anno fa, era sconosciuta anche agli studiosi. La sua posizione è appartata, in mezzo alle campagne sulla
sponda destra della Muzza, fra Melzo e
Paullo, in territorio di Comazzo. La nebbia
forse, le faccende dei campi nella vicina
cascina o il fatto che non ci sia mai stato
un cartello, l’hanno celata agli occhi dei
più, non a quelli dei paesani però che vi
convenivano spesso a venerare un crocifisso ritenuto miracoloso.
Rossate è poco più di una cascina al limite fra la Bassa milanese e il Lodigiano ma
nella storia ha avuto più di un ricordo. Si
sa, ad esempio, che nel 970 Aldegrauso,
vescovo di Lodi, scambiò i beni di Rossate
con il prete della chiesa di S.Giorgio in Palazzo a Milano ricevendone altri lungo il
Lambro. Nell’atto di transazione figurano
i nomi di tutti i campi di Rossate ed è un
bell’elenco di toponomastica medievale.
State a sentire: campo badaluco, falesto,
tredelli, limido, campo tareseto, levanico,
acereto, silungla, ceregalioli, campo sancti Petri ecc.
34
La chiesa di San Biagio è sorprendente
perché non è come le altre dei paesi vicini.
Ha una forma strana, di essa si apprezza
la griffe dell’architetto famoso. Nessuno
ha il coraggio di pronunciare il nome di
Donato Bramante (chi ce l’avrebbe mandato in questa sperduta campagna? lui,
abituato alle dimore patrizie di Milano),
eppure quell’alto tiburio a otto lati, quelle due absidiole poligonali attaccate ai lati, e soprattutto quegli arconi sulla base
quadrata, fanno ricordare la tribuna bramantesca di Santa Maria delle Grazie a
Milano.
L’edificio sposa l’armonia delle forme con
la rudezza della materia. Il suo corpo è
scarnificato, senza intonaco. Spicca la vivida cromia del mattone che s’imparenta
con le tegole dei tetti. Un tocco pittorico,
se ciò non rivelasse l’estremo stato di abbandono di San Biagio. Ci vorrebbero restauri, più sostanziosi dei pochi che sono
stati fatti finora. Peccato vederla così afflitta.
• La chiesa di S.Biagio a Rossate
nulla poco più avanti). Superato l’incrocio con la strada statale 415 ‘Paullese’ L (km 19.2. alt. 99) si entra nell’abitato attraversando la zona residenziale
a villini.
Paullo
Paullo M (km 20.5, alt. 96) non ha molto
da offrire al visitatore. Il nome (dal latino
‘palus’ - palude - con riferimento all’originaria situazione ambientale) ricorre soprattutto per il ruolo che ebbe come
centro ordinatore del circostante territorio agricolo. Paullo, nel XIX secolo, era
capoluogo di mandamento, aveva una
Pretura e un tribunale.
Le cronache ne parlano come di un luogo dove, per sua sciagura, truppe di ogni
tempo e bandiera, in conflitto con Milano, venivano a far quartiere con grave
danno per la popolazione che si vedeva
privata di ogni genere di vettovaglia: «Il
27 maggio 1502 – ricorda maestro Ambrogio da Paullo – le truppe francesi di
Luigi XII, alloggiarono nelle ville dissipando le robe dei poveri villani: giunsero
G l i S t at u t i d e l l a M u z z a ( se c . X I I I ) - 1
- Tutta l’acqua e il letto e le rive del Canale della Muzza dal principio alla fine, e le
strade che costeggiano il fiume da ambo i
lati, sono proprietà assoluta del comune di
Lodi, in quanto sono nel territorio laudense e nessuno può avervi diritto.
- Le strade laterali al Canale della Muzza
devono essere larghe 5 gittate (circa 3 metri) e sgombre da ogni impedimento, affinchè tutti possano andare o ritornare liberamente.
- Nessuno pianti o coltivi alberi sulle rive e
sulle strade laterali al Canale della Muzza,
o tocchi la terra degli argini, o metta impedimenti al libero corso delle acque, non
mulini, non lino in macero, non estragga
acqua senza il consenso e l’ordine degli ufficiali della Muzza. I trasgressori pagheranno per ciascuna infrazione di legge 100 soldi imperiali, e ripareranno i danni a loro
spese.
- È concesso a tutti l’abbeverarvi il bestiame, il lavarvi panni, il pescarvi, e ciascun
paese del Lodigiano potrà scavare una fossa alla distanza di 6 gittate dalla riva e farvi entrar l’acqua per macerare il lino, ma
coll’obbligo di chiudere poi la riva e ridurla allo stato di prima.
- Il modulo dei bocchelli per l’estrazione
dell’acqua del canale è stabilito dal Comune, e deve essere conservato nello stato e
nella condizione che sarà posto dagli ufficiali dell’acqua della Muzza. Chi vi facesse
guasto per cavarne maggiore quantità di
acqua pagherà la multa di 10 soldi imperiali per ogni oncia di acqua cavata di più e
per ogni giorno.
- Chiunque, soggetto alla giurisdizione e
alla podestà del Comune di Lodi, possedendo terre nel Lodigiano, volesse irrigarle
con l’acqua della Muzza, dovrà farsi inscrivere al Comune e pagare due fiorini d’oro
per ogni oncia d’estrazione d’acqua, e fare
a proprie spese l’escavazione del canale,
ossia della roggia, per condur l’acqua alle
proprie terre, e scaricarle altrove, passando, ove occorra, anche su terre non sue.
Questo passaggio che nessun proprietario
di fondi potrà negare, sarà concesso in
luoghi ove rechi minor danno a giudizio di
due o tre boniviri, eletti dalle due parti, e
al prezzo da loro stabilito.
• Un aspetto delle campagne lungo la Muzza
35
Da Cassano d’Adda a Paullo
L a m a rc i t a
Questo termine derivava dall’abitudine dei contadini di lasciare sul
prato l’ultimo taglio dell’anno ricoprendolo poi d’acqua. L’erba
‘marcita’ dava così una specie di concime naturale. In seguito la
tecnica si perfezionò e fu utilizzata nel periodo invernale. Facendo
infatti scorrere sui campi l’acqua dei fontanili, a una temperatura di
9°-12°C, si impediva all’erba di gelare consentendo tagli ripetuti in
ogni stagione. A volte fino a 6-7 volte in un anno.
Per permettere questa continua circolazione di acqua, il campo doveva essere sistemato in lunghe porzioni dotate di
un colmo dove scorreva un cavo d’acqua. Da qui
l’acqua tracimava scorrendo sul prato, lievemente
pendente, e veniva poi raccolta alla base da altri cavi che a loro volta alimentavano altre marcite. Un
sistema ingegnoso che richiede una continua e accurata manutenzione non sempre praticabile con mezzi meccanici. Questa è la ragione della progressiva
rarefazione di questa tecnica di coltivazione. I primi
a introdurre la marcita nella Bassa Milanese, territorio quasi esclusivo per questo genere di coltura, furono gli ordini monastici di Chiaravalle, Viboldone,
Morimondo, già nel XII secolo.
Ancora all’inizio del ‘900 dei 288 mila ettari coltivati nel Milanese, circa 12 mila erano tenuti a marcita
con punte massime (più del 20% della superficie coltivata) nei comuni di Vigentino, Chiaravalle milanese, Assago, Lambrate, Mezzate, S. Donato, S. Giulia-
36
no, Trezzano sul naviglio. La vicinanza di questi comuni a Milano
(molti di essi sono oggi assorbiti dalla città) fa supporre che particolarmente indicate per l’irrigazione delle marcite erano le acque di
fognatura cittadine, convogliate soprattutto dalla Vettabbia, roggia che si staccava dal naviglio cittadino al ponte delle Pioppette al
Molino delle Armi. In origine la Vettabbia fu il colatore degli acquedotti dell’antica Mediolanum romana.
• Una marcita nel suo aspetto invernale.
a Paullo 250 cavalli, colle loro persone,
ad alloggiare, e mangiava più roba il minimo fantaccino francese che quattro
persone italiane…».
A Paullo termina la prima tappa del nostro itinerario lungo la Muzza. Stanchi?
Vi sia di conforto questa riflessione del
ciclofilo Didier Tronchet: «In macchina
la stanchezza è appiccicosa. Vi attanaglia, vi inarca la schiena, e vi formicola
nelle gambe. Vi rende nervosi e aggressivi. E infine vi getta, le due braccia sul volante, in un brutto dormiveglia, su un’area di sosta d’autostrada. La stanchezza
in bicicletta vi svuota la testa, vi fa tremare i polpacci, vi fa venir fame, fa di voi
un corpo saturo di fatica, abbandonato a
una dolce sensazione di pienezza, e poi
vi getta su un prato, per un sogno armonico con l’universo».
Ripartiremo da qui, dal ponte alle ‘porte
di Paullo’, dove un sistema di chiuse devìa il corso del canale verso sud, lasciando a destra l’Addetta.
• Un pittoresco scorcio della Muzza a Conterico
SECONDA TAPPA
L
Da Paullo alle Zelasche
Il secondo tratto dell’itinerario della Muzza segue il corso del canale dalle Porte di Paullo, punto di separazione dal colatore Addetta, fino alla centrale elettrica di Tavazzano e
all’oasi delle Zelasche. È un lungo tratto in aperta campagna che incontra solo qualche
piccolo abitato. La strada di ripa è sterrata e prevede una sola separazione dalla Muzza
in prossimità della centrale Endesa che occorre aggirare dall’esterno. In alternativa, all’altezza del Canale Belgiardino, senza raggiungere la trafficata statale 9, si può puntare
verso Lodi seguendo l’itinerario ciclabile allestito dalla Provincia di Lodi e dal Consorzio
Muzza Bassa Lodigiana. Il Parco Belgiardino, in riva all’Adda, prelude all’ingresso in città.
Lunghezza: 14.7 km (20 se si fa capo a Lodi).
Dislivello: 16 metri in discesa.
Tempo di percorrenza: 1 ora e 20 minuti.
Condizioni del percorso: strada di ripa del Canale della Muzza, qualche breve tratto
di strada asfaltata o sterrata.
Il punto di partenza è a Paullo, località posta lungo la ex-strada statale 415 ‘Paullese’
a 18 km da Milano.
Il punto di arrivo è fissato alle Zelasche, località posta lungo la Muzza presso il ponte
della ferrovia Milano-Piacenza.
Dove mangiare. Nessun punto di ristoro lungo il percorso; un bar a Quartiano.
Ristoranti e negozi alimentari negli abitati vicini: Mulazzano, Cervignano d’Adda,
Montanaso Lombardo.
Altre informazioni e indirizzi utili. Azienda di promozione turistica del Lodigiano,
piazza Broletto 4, 26900 Lodi, tel. 0371.421391, www.apt.lodi.it; Carabinieri Lodi,
via S.Giacomo 12, tel. 0371.430497-0371.430811; Ospedale Maggiore di Lodi, piazza
Ospitale 10, tel. 0371.371; Stazione Fs, Lodi, tel. 0371.420207.
38
QUADRO DELLE DISTANZE
E DELLE ALTEZZE
PROGR. PARZ. LOCALITÀ
ALT.
20.5
0.0 Paullo (porte di -)
96
21.0
0.5 Levatone di Paullo
96
22.8
1.8 Villambrera
93
24.2
1.4 Levata Bolenzana
92
26.0
1.8 Ponte S.P.138
90
27.2
1.2 Levata Quartiano
85
28.2
1.0 Quartiano
85
29.7
1.5 Casolta
85
30.6
0.9 Mongattino
84
31.4
0.8 Arcagna
84
32.2
0.8 Ponte Can.Belgiardino
83
33.5
1.3 Centrale Endesa
83
34.0 0.5 Ponte sulla S.S.9
85
35.2
80
1.2 Zelasche
e Porte di Paullo 1 (km. 0.0, alt. 96)
sono ubicate all’ingresso del paese
provenendo da Milano lungo la
vecchia strada Paullese. Oggi è un luogo
angusto, battuto dalle auto, chiuso fra
le recinzioni, e non è facile apprezzare
le complesse opere idrauliche che regolano la separazione del Canale della
Muzza dal colatore Addetta.
Come già accennato, quest’ultimo corso
d’acqua insisterebbe nell’alveo di un antico ramo dell’Adda orientato verso il
Lambro, sistemato dai Milanesi prima
del XIII secolo a scopo difensivo con il
nome di Adda Nuova. La parte superiore, da Truccazzano a Paullo, fu poi utilizzata dalla Muzza che, qui, si separa e
volge verso sud.
L’intenzione lodigiana di impiegare
questa derivazione non fu ben vista dai
Milanesi che si videro privati di gran
parte dell’acqua lungo l’Addetta, a valle
di Paullo. In quei tempi – siamo nel XIII
secolo - una cosa del genere poteva
anche scatenare una guerra (e ragioni
per scontrarsi fra Lodigiani e Milanesi
• Le ‘chiuse’ delle Porte di Paullo, dove l’Addetta si separa dalla Muzza.
• La Cascina Villambrera, sulle sponde della Muzza.
c’erano già state a sufficienza in precedenza) se non fosse intervenuto a dirimere la questione l’arcivescovo di Milano, Ottone Visconti. Si arrivò a un ragionevole compromesso: Milano riconobbe la giurisdizione lodigiana sulle
acque dell’Adda; Lodi, in cambio, acconsentì all’apertura di una nuova ‘bocca’ lungo l’Adda Nuova per compensare
le perdite subite dai Milanesi. In soldoni, stabilite a tre le parti d’acqua, due
spettarono a Lodi, una a Milano, nella
figura dell’Ospedale di Santo Stefano in
Brolo, principale tenutario dei fondi
agricoli in quella zona.
Oggi a Paullo, oltre all’Addetta che come colatore riceve soprattutto le eventuali eccedenze, in periodi di piena, delle acque del torrente Molgora, si snodano altre importanti rogge fra cui la
Muzzetta (6,79 mc /sec.) che alcuni sostengono antichissima, forse l’Aqua Mutia di epoca romana. Per secoli le sue
acque hanno bagnato i possedimenti
dell’Ospedale Maggiore di Milano a
Muzzano, Molinazzo e Villa Pompeiana,
tutte località poste fra la Muzza e l’Adda. Qui, la portata complessiva della
Muzza, che era di 110 mc /sec. a Cassano, si è già ridotta a 97 mc /sec.
Curiosamente a Paullo il Canale della
Muzza fu utilizzato anche come arnese
bellico. Nel 1452 Francesco Sforza, in
guerra con la Repubblica di Venezia che
teneva la parte orientale della Lombardia con l’enclave di Crema, al di là dell’Adda, fortificò il paese con due torri e
ruppe tutti i ponti sul canale in modo
da essere di ostacolo ai nemici. Precauzione vana perché i veneziani, evidentemente abili in terra quanto sull’acqua,
presero facilmente le torri depredando
tutto il Lodigiano.
L’espediente di utilizzare i canali irrigui
come arma per fronteggiare i nemici
non era comunque nuovo. Gli stessi Milanesi, durante le guerre con il Barbarossa, avevano rotto più volte le chiuse del
Ticinello, allagando le campagne per
chilometri, al fine di contrastare l’avanzata dell’esercito imperiale dalla parte
di Pavia.
39
Da Paullo alle Zelasche
Da Paullo alla Strada Pandina
Nei pressi delle chiuse, superata la sbarra che impedisce l’accesso alle auto, si
riprende il percorso lungo la ripa sinistra della Muzza, a valle di Paullo. Subito il canale assume l’aspetto di un baldanzoso torrente per via di una ‘levata’
o Levatone di Paullo B (km 0.5, alt. 96).
Con questo termine s’intende un salto
d’acqua, originato artificialmente, per
far perdere quota al letto del canale, ma
anche per sostenere e rallentare il livello delle acque in modo da consentire
una più facile alimentazione delle ‘boc-
• Un’altra immagine della parte agricola della Cascina Villambrera
40
Azienda agricola Casorati
Il Canale della Muzza - Tavola 4
Da Paullo alle Zelasche
Località Cascina S.Antonio, Paullo,
tel. 02.90632350.
Una piccola oasi di ospitalità a due passi
dalla Muzza. La cascina ha un bel porticato e un’ampia aia dove razzolano galline e
tacchini. Possiede solo 4 posti letto, pertanto è bene prenotare.
che’ posizionate a monte della ‘levata’.
Le acque rumoreggiano spumeggianti e
si placano nel sottostante laghetto, o
meglio nella ‘lunata’, cioè l’alveo modellato dalla turbolenza della corrente.
In origine, le ‘levate’ (almeno 15 alla metà del XVI secolo) erano formate da ammassi di detriti e tavolazzi di legno posti
trasversalmente all’alveo e fissati con
palizzate, pure di legno. Nel XVII secolo
si cominciarono a costruire ‘levate’ in
muratura. Accanto a questa ‘levata’ c’è
un giardino pubblico che favorisce una
prima sosta.
Poi si torna in aperta campagna. Filari di
pioppi accompagnano il cammino. Dopo
qualche incurvatura, il canale giunge al
cospetto della Cascina Villambrera C
Strade asfaltate
Strade sterrate
Itinerario promiscuo su strada
a bassa densità di traffico
Itinerario promiscuo su strada
ad alta densità di traffico
Itinerario su pista ciclo-pedonale
protetta asfaltata
Itinerario su pista ciclo-pedonale
protetta sterrata
Itinerario alternativo
o diramazione interessante
Limite parchi
Cascina
Parcheggio
Pesca sportiva
Centrale elettrica
Zona umida
Incrocio pericoloso
Ristorante
Chiesa
Area di sosta
Bar
Levata
Ponte
Alimentari
Scala 1:30.000 (1 cm uguale a 300 metri)
41
Da Paullo alle Zelasche
Un paesaggio che cambia
Le trasformazioni del paesaggio di pianura sono lente, qua- sul lavoro di una macchina che non deve avere impedimensi innavertibili, ma hanno gli stessi effetti dirompenti: si ta- ti nel suo inarrestabile procedere. Di conseguenza si è ridotglia un filare oggi, si accorpano due campi domani, si urba- ta anche la fittissima, capillare maglia dei cavi secondari e
nizza un’area agricola dopodomani. In questo modo l’aspet- dei fossi; si è semplificata la rete stradale interpoderale e si
to del tradizionale paesaggio agrario cambia in modo irre- sono abbandonate molte cascine in una fase di ulteriore acversibile e, quasi mai, in meglio. Bisogna ricorrere a qualche corpamento dei fondi agricoli. Forse è il caso di parlare di
foto in bianco e nero di mezzo secolo fa o alle più lontane ‘globalizzazione del paesaggio’ nel senso che, ormai, l’unidescrizioni degli agronomi ottocenteschi per renderci conto formità, la monocoltura, la monotonia delle moderne strutdi una pianura-foresta, densa di alberature, ricca e variata di ture produttive agricole rendono quasi del tutto simile la
campagna milanese a
prospettive, molto di• Quando lungo la Muzza passeggiavano gli animali della stalla
quella piacentina, regversa da quella «steppa
giana o bresciana. Un
a mais con qualche patempo le differenze c’elo della luce in mezzo»
rano e si notavano soche ha colpito un acuprattutto nelle forme
to osservatore dei nodelle case contadine o
stri tempi.
nel variare delle coltivaLe alberature di una
zioni e nelle sistemaziovolta si sono ridotte
ni dei campi.
perché sono cambiate
le partizioni dei campi.
• Uno spezzone del
La dimensione di un
territorio lungo la Muzza
campo che prima era
come rappresentato
commisurata al lavoro
nel 1914 nella Carta
quotidiano di un paio
d’Italia a scala 1:25.000
dell’Istituto Geografico
di buoi o di un bracMilitare
ciante oggi è stabilita
42
Azienda agrituristica
Tenuta Virolo
loc. Tenuta Virolo, Mulazzano,
tel. 02.989044.
Un tuffo nella storia: la tenuta Virolo appartiene dal 1526 alla nobile famiglia Litta
Modignani. Oggi appare nelle forme
aziendali conferitele alla metà dell’800,
dunque con le varie corti padronali e
bracciantili, con le stalle e i fienili. Il recupero della grande stalla prevede l’allestimento di un museo agricolo e di un centro per attività didattiche.
(km. 2.3, alt. 93), la più bella di quelle affacciate alla Muzza. Nell’anno 972 era
detta Villa Mellaria e apparteneva al monastero di San Pietro dell’antica Lodi. La
corte è aperta verso il canale, preceduta
da un giardino. Poco discosto sta l’oratorio di S. Eusebio che fino al 1591 si resse
come parrocchia autonoma. Non sono
pochi gli abitati e le chiese, sparse per la
campagna, che anticamente avevano giurisdizione propria. Segno evidente di un
popolamento più capillare dell’attuale.
A Villambrera l’itinerario passa sulla
sponda destra della Muzza e incontra, a
meno di mezzo chilometro dalla cascina,
una ‘morta’. Nulla di particolarmente lugubre, si tratta solo dell’originario letto
del canale, più sinuoso dell’attuale e
che, per questa ragione, fu rettificato.
Questo intervento rese più veloce l’afflusso dell’acqua aumentando la quantità d’acqua disponibile in un determinato
lasso di tempo. Non dimentichiamo che
lungo un canale irriguo si ragiona sempre in termini economici: maggiore
quantità d’acqua significa ampliamento
del bacino irriguo e ulteriore quota d’acqua posta sul mercato. La ‘morta’ oggi è
un vivacissimo rifugio di fauna acquatica,
circondato da salici, olmi, pioppi e protetto da un’impenetrabile coltre di rovi.
Giunti all’altezza della Levata Bolenzana
D (km 3.7, alt. 92) si scopre che alcuni di
questi salti d’acqua - in media di circa 3
metri - sono utilizzati per la produzione
di energia elettrica mediante piccole
centrali. Qui, fra l’altro, si stacca il Canale Derivatore Saturno (5,8 mc/sec.) che,
per portata d’acqua, è una delle principali derivazioni della Muzza.
Alla fine dell’inverno le rogge vengono
• La ‘levata’ di Paullo trasforma il Muzza in un giovane torrente di montagna
prosciugate per consentire la manutenzione e la pulizia del fondo. Un tempo
era consuetudine ‘andà a palutà’, ossia
andare a prendere i pesci rimasti in secca. Conservati in carpione erano una
provvidenziale integrazione alla magra
dispensa delle famiglie contadine.
Più avanti la strada di ripa si popola di
pescatori che approfittano sia della
sponda del canale, sia del retrostante laghetto Airone. Si tratta di luoghi tranquilli, frequentati da appassionati. Lungo
la Muzza si pesca bene per via delle acque calme e pulite. Le specie presenti
appartengono alla grande famiglia dei
Ciprinidi (alborelle, tinche, carpe ecc.) in
grado di adattarsi facilmente alle variabili condizioni ambientali dei corsi d’ac-
43
Da Paullo alle Zelasche
L’a n e l l o s u l C a n a l e D e r i vato re S at u r n o
Lungo il Canale della Muzza il Consorzio di Bonifica Muzza è stato ripiantumato con essenze arboree e arbustive autocBassa Lodigiana ha, di recente, allestito dei percorsi ambien- tone. Vicino al parcheggio sono stati utilizzati: acero campetali che possono costituire un’interessante appendice all’iti- stre, acero riccio, pioppo bianco, carpino bianco, biancospinerario della nostra guida. Si coprono a piedi o in bicicletta no, viburno opalo, eponimo e frangola, mentre nei filari lungo
in breve tempo e forniscono ottimi spunti di osservazione. il canale sono state utilizzate l’acero campestre e il pioppo.
Pannelli didattici e aree di sosta completano l’attrezzatura Particolare attenzione è stata data al recupero del paesaggio agrario tradizionale come si può notare dalla comparadei percorsi.
Questo percorso attrezzato - il primo, seguendo il nostro per- zione della foto qui accanto, in bianco e nero, con quella a
corso da nord a sud - segue un tratto della Muzza e del Deri- colori illustrante il parcheggio. Distante circa 1800 metri dal
punto di partenza, si inconvatore Saturno. Ha inizio nel
• Il paesaggio alberato della Muzza negli anni ‘50 del secolo scorso
tra la centralina idroelettripunto in cui il canale interse- (Archivio Consorzio Muzza Bassa Lodigiana)
ca Bolenzana che, utilizzan- • Il parcheggio, punto di partenza dell’anello.
ca la strada provinciale 138,
do il salto della omonima • La Centralina Bolenzana con il suo salto d’acqua (Archivio
che unisce Melegnano con
levata, produce circa 15 mi- Consorzio Muzza Bassa Lodigiana)
Villa Pompeiana, ovvero la
lioni di Kwh annui, direttastorica Strada Pandina; qui si
mente immessi nella rete
trova un parcheggio per le
elettrica nazionale.
autovetture e un’area atLa centrale è in funzione
trezzata con tavoli, panchidal 1999 e utilizza due turne e bacheca informativa.
bine ad elica di tipologia
L’anello si sviluppa per circa
Kaplan per alte portate e
3 km verso nord (vedi cartimodesti salti idraulici: la
na a pagina 41), lungo la
potenza installata è di cirstrada alzaia in sponda sinica 2000 KW con una rotastra del canale e quella in
zione massima di 110 giri al
sponda destra del Derivatominuto.
re Saturno. Tutto il tracciato
44
qua di pianura (innalzamento termico,
mancanza di ossigeno). Sono pesci che si
nutrono per lo più di erbe acquatiche.
Oltre che dei pescatori sono preda di
specie più aggressive come il pesce gatto, il luccio, il persico trota.
Intanto sulla sponda opposta si nota il
percorso ambientale attrezzato dal consorzio (vedi pagina 44). Vale la pena ricordare che, nel frattempo, siamo entrati in provincia di Lodi anche se il Lodigiano proprio alcuni lo fanno iniziare, come
abbiamo visto, già a Lavagna.
All’orizzonte si profila un arco in cemento. Si tratta del ponte della Strada
Pandina (S.P.138) E (km 5.5, alt. 90), che
unisce Melegnano a Villa Pompeiana. Vista sulla cartina è una strada assolutamente rettilinea e ciò rivela un suo antico disegno. Nelle intenzioni di Bernabò
Visconti doveva mettere in comunicazione le fortezze di Melegnano e di Pandino, divise dal corso dell’Adda.
In realtà la ragione non era affatto strategica ma assecondava il desiderio del
signore di Milano di raggiungere rapida-
• La ‘morta’ della Muzza presso la Cascina Villambrera
mente le tenute di caccia oltre Adda.
Non si sa però se, assieme alla strada, fu
progettato anche un ponte sul fiume.
Non se ne è mai rinvenuta traccia. Sta di
fatto che anche sulla sponda cremonese si nota la continuazione della dirittura stradale, giusto fino al castello di
Pandino.
Verso Quartiano
«Due ruote, due gambe, un cuore e vai
tranquillo senza fare rumore, senza fare
polvere, senza inquinare l’aria e la terra.
Se chiedi strada, basta far suonare un
campanellino con due note allegre e
gentili, dare e ricevere un saluto». Ecco
l’approccio più indicato per affrontare il
nostro itinerario, secondo le parole dello scrittore veneto Mario Rigoni Stern.
Intanto la Muzza prosegue il suo viaggio
nella pianura, sempre rigonfia d’acqua
come un fiume in piena. C’è il tempo di
osservare il paesaggio.
Le luci della pianura mutano di stagione
in stagione: in inverno sono i colori stanchi e terrosi dei campi arati a chiudere
l’orizzonte; in primavera sono i tremolii
delle foglioline dei pioppi, gialle e poi
verdi, a preannunciare la bella stagione;
in estate i caldi abbracci verdi della vegetazione e, infine, in autunno il dolce
abbandono delle foglie che depositano
sulla strada un tappeto frusciante.
La Levata di Quartiano F (km 6.7, alt.
85), alta qualche metro, muove le acque
ossigenandole. D’estate si percepisce
bene questo ricambio d’aria regalando
una pausa di frescura alla passeggiata.
Quartiano G (km 7.7, alt. 85) si raggiunge poco dopo. È un tipico paese ‘di strada’, allineato lungo la via che taglia la
Muzza. Non ha nulla di eclatante ma si
avverte ovunque che qui la vita scorre
45
Da Paullo alle Zelasche
L a g a l l i n e l l a d ’a cq u a
È timidissima. Basta nulla per farla nascondere nel suo nido fra i
gambi delle piante acquatiche lungo le rogge. Ma non è difficile
distinguerla per via del piumaggio scuro e per il becco dai vivaci
colori giallo e rosso. Anzì proprio la placca frontale serve a distinguerla dalla cugina folaga, che la possiede bianca. Quando si
sente sicura la gallinella mostra tutta la sua eleganza di nuotatrice. Si muove ondeggiando la testa in avanti per aiutare la spinta delle zampe non palmate. Le sue lunghe dita le permettono
però di camminare sicura sulle erbe galleggianti sollevando la
coda fino a mostrare una
chiazza biancastra. Di notte,
rassicurata dall’oscurità, è in
piena attività emettendo un
incredibile repertorio di canti e
grida. Fra le sue altre qualità, quella
di sommozzatrice è fra le più apprezzate: riesce a stare sott’acqua anche fino a
un minuto, alla ricerca
d’insetti, piccoli crostacei, molluschi ecc.
La gallinella d’acqua è
la più ubiquitaria fra gli
uccelli palustri dimoranti nella Pianura Padana. La si trova un po’
dappertutto grazie alla
46
sua grande facilità di adattamento: basta che abbia un po’ d’acqua e un po’ di canneto a disposizione.
Talvolta la si vede inquieta mentre s’azzuffa con qualche compagna inseguendosi sull’acqua e colpendosi con le zampe. È una
questione di dominio territoriale per la conquista del nido a causa dell’alta densità di esemplari al
punto che spesso è facile trovare le uova di due femmine
nello stesso nido.
tranquilla. Al ponte di Quartiano si scavalca la Muzza e ci si dirige, a sinistra,
verso l’edificio che in questi villaggi raccoglieva un tempo tutte le funzioni sociali: scuola, municipio, ambulatorio, anche monumento ai caduti. Alcune di
queste oggi sono state trasferite perché
Quartiano, comune autonomo fino al
1869, è stato poi accorpato a Mulazzano.
La via Adige, verso destra, riporta sulla
sponda della Muzza, ma questa volta
sulla sinistra della corrente.
Prati ed erbe, buoni formaggi
È un bell’angolo di campagna, non ancora intaccato dalla monocoltura del mais,
ma sparso di prati. Talvolta si incontrano
estensioni di erba medica, o di trifoglio
bianco o pratense, fra le coltivazioni foraggere più tradizionali del Lodigiano.
Forse qualcuno rimpiangerà gli ‘erbai’,
vale a dire le coltivazioni foraggere poste a intercalare fra le coltivazioni principali di cereali. Esistevano tre tipi e momenti di erbai: primaverili, estivi e autunno-vermini. Ad ognuno di essi erano as-
sociate particolari specie erbacee ad accrescimento veloce e tali da garantire un
taglio prima della successiva semina.
Questo sistema garantiva di continuo
foraggio verde al bestiame. Con il passaggio alla fienagione a secco questo sistema è venuto meno. Il foraggio essiccato si conserva più a lungo e viene trattato in due fasi: la prima, ancora sul prato, per ottenere una parziale disidratazione; la seconda in cascina. Nella prima
fase il lavoro meccanico, oltre al taglio,
consiste nel rivoltamento periodico della massa sfalciata per metterne al sole la
massima parte. Nel Lodigiano si usa anche, prima di sera, ordinare il fieno in
lunghe file, dette ‘andane’, per proteggerlo dall’umidità della notte per poi rispanderlo la mattina successiva. Infine,
raccolto e pressato in enormi rotoli cilindrici, il fieno viene depositato in cascina. Qui si completa l’essicazione in
modo artificiale, insufflando aria nella
balla. La riduzione delle pratiche tradizionali è anche dovuta al ridotto consumo di fieno del bestiame. Attualmente
una vacca da latte ogni giorno è nutrita
con 20 kg di mais, 8 di mangime e solo 8
di fieno.
Grazie a questo foraggio nascono i formaggi a pasta dura e cotta, come il grana. Si dice che lo stesso San Bassiano,
patrono di Lodi, fosse intervenuto a
smascherare una frode durante la vendita di una forma di grana. Un ‘furmagiatt’
(venditore di formaggi), con la complicità del demonio che teneva la punta della corna sul piatto della bilancia, sovrastimava il peso. Il santo, osservata la scena, scansò il diavolo facendo riprendere
alla bilancia il suo giusto peso. Per punizione il disonesto formaggiaio fu costretto ad elargire ai poveri la sua intera
riserva di grana.
La tradizione che associa Parma con la
produzione di questo prelibato formaggio andrebbe corretta poiché si ha notizia che già nel XII secolo intorno a Mila• Il tratto mediano della Muzza nella
Carta del Lombardo-Veneto a scala 1:86.400
dell’Imperial Regio Istituto Topografico
Militare austriaco, 1852.
47
Da Paullo alle Zelasche
• La bicicletta scorre silenziosa e veloce lungo la ripa del canale
no e nel Lodigiano si cagliava e si formava il grana, anche se allora serviva solo
come soluzione per evitare il deperimento del latte fresco. Alcuni sostengono che i parmensi furono semplicemente astuti commercianti di questo formaggio e che, solo in seguito, elaborarono una loro tecnica casearia.
Nel Lodigiano si produce anche il cele-
48
bre granone, solo in apparenza affine al
grana. La crosta, dura e liscia, è identica;
la pasta è pure dura e gessosa, ma lascia
trasparire delle minutissime occhiature
o delle zone più tenere e trasudanti. Lo
si produce nei caseifici durante l’inverno
grazie alla bassa temperatura, che facilita l’affioramento prolungato (da 12 a 36
ore) del latte, fornito da ben tre mungi-
ture. Questa operazione consente di separare la panna e di ottenere una lavorazione acida e magra, tanto che il granone
viene annoverato fra i formaggi magri. La
stagionatura è molto lunga e spesso supera i 3-4 anni. Si dice sia un formaggio
da acquistare fra novembre e marzo per
via dell’umidità e delle nebbie che gli
darebbero una particolare morbidezza e
un bizzarro aroma tartufato.
«Se spacchi con la coltella corta e triangolare la buccia di uno degli ultimi
esemplari di questo formaggio illustre e
predestinato - scrisse Alberto Savinio scoprirai nel suo poroso e cavernoso viscere un odoroso paesaggio di stalattiti:
umide boccuzze di quei suoi alveoli onde a questo patriarca della casearia viene il detto che “il Lodigiano ha dentro la
goccia”. Ma puossi chiamarsi buccia il rivestimento esterno di questo formaggio
querciaiolo, e non sarebbe più giusto
chiamarlo corteccia?».
Dal granone lodigiano si ottiene anche
la celebre ‘raspadüra’, sottilissimi riccioli,
veli di profumato formaggio, ricavati fa-
Il Canale della Muzza - Tavola 5
Da Paullo alle Zelasche
Strade asfaltate
Strade sterrate
Itinerario promiscuo su strada
a bassa densità di traffico
Itinerario promiscuo su strada
ad alta densità di traffico
Itinerario su pista ciclo-pedonale
protetta asfaltata
Itinerario su pista ciclo-pedonale
protetta sterrata
Itinerario alternativo
o diramazione interessante
Limite parchi
Chiesa
Impianto idraulico
Ristorante
Incrocio pericoloso
Bar
Centrale elettrica
Zona umida
Cascina
Levata
Ponte
Area di sosta
Scala 1:30.000 (1 cm uguale a 300 metri)
49
Da Paullo alle Zelasche
Questa nobile città…
«Ha questa nobile città (di Lodi) molto
ameno et fertile territorio. Il quale produce abbondante frumento, segale, miglio
et altre biade, et vino, et altrui frutti. Veggonsi in esso larghissimi campi, et prati
per nodrigare gli armenti, da i quali se ne
trae tanto cascio quanto in altro luogo
d’Italia. Quivi sempre appareno le fresche
erbette, per la grande abbondanza dell’acque, con le quai sono irrigati tutti questi paesi. Conciosia cosa che da ogni lato
veggonsi correre le chiare acque per gli
idonei condutti, et canali, in tal maniera,
che in alcuni luoghi vedensi tre o quattro
canali l’un sopra l’altro con grande artificio fatti, per condurre l’acque al più basso, o al più alto, secondo il sito dei campi… La onde tre, o quattro volte l’anno, et
alcuna volta cinque, si sega il fieno di detti prati. Et perciò se ne cava tanto latte
dagli armenti, per fare il Formaggio, che
se ne formano tanti casci, che par quasi
cosa incredibile a quelli non l’averanno
veduto»
(Leandro Alberti, Descrittione di tutta
l’Italia, 1581).
50
cendo scorrere abilmente una lama sulla
superficie tagliata della forma. Questa
curiosa consuetudine pare sia derivata
dall’utilizzo immediato delle forme non
idonee alla stagionatura. In effetti esse
venivano dette ‘formaggi da raspa’. I
ventaglietti di grano si fanno cadere a
manciate sulla polenta gialla o li si accompagna con un bicchiere di buon vino
rosso di San Colombano.
Le prime case che si scorgono sull’altra
sponda della Muzza sono quelle della
Cascina Casoltina. Qui, in passato, esi- • La ‘centralina’ di Quartiano sulla sponda sinistra della Muzza
steva un servizio pubblico di traghetto • La Cascina Gomorra presso Montanaso
per passare il canale. Ora è inutile spingersi oltre perché si finirebbe contro la
recinzione della centrale elettrica Endesa di Tavazzano. Per cui, rivolto il manubrio verso sinistra, si raggiunge subito la
frazione Casolta H (km 9.2, alt. 85) e,
verso destra, si segue la strada provinciale 20 diretta a Montanaso. Appena
usciti dall’abitato, in corrispondenza di
uno stradello campestre, bisogna osservare, sulla destra, una ‘tomba’, vale a dire
uno scavalcamento artificiale di due
rogge. Questa è particolarmente bella
con la sua struttura in mattoni, i parapetti e la vasca in lastroni di granito. Serviva a non confondere le acque che, come abbiamo visto, avevano concessionari e utilizzatori diversi.
La strada stretta e sinuosa, come le strade di campagna di una volta, attraversa
la Cascina Mongattino I (km 10.1, alt.
84) con il Mulino Zibra che lavora il riso,
e infine incontra un’altra strada provinciale (la numero 16) alle porte di Arcagna J (km 10.9, alt. 84). Qui è stata realizzata una pista ciclabile enfatizzata, poco più avanti, da uno splendido ponte
sul Canale Belgiardino K (km 11.7, alt.
83). Giunti al ponte si deve abbandonare
la ciclabile e seguire, verso destra, il canale (è indifferente scegliere quale sponda) che punta verso la centrale Endesa,
la causa di tutto questo aggiramento. In
alternativa il Canale Belgiardino, se percorso nell’altro senso, verso sinistra,
porta a ridosso dell’Adda e all’oasi naturale Bosco Belgiardino, parco periurbano di Lodi.
La centrale di Tavazzano
Il paesaggio agrario è vistosamente contaminato da questo impianto energetico; soprattutto dalla miriade di elettrodotti che si dipartono dal cuore della
centrale. D’altra parte si tratta di una
delle centrali più potenti della Lombardia, gestita dalla società spagnola Endesa. Vi sono installati 4 gruppi termici per
complessivi 1280 megawatt. Un piano di
potenziamento prevede di arrivare in
pochi anni alla potenza di 2600 megawatt per rispondere alla crescente richiesta di energia nella regione.
Dal piazzale d’ingresso della centrale
L (km 13, alt. 83) si raggiunge il ponte
che scavalca la strada statale 9 ‘Via
Emilia’. Percorrendola verso Milano si
raggiungerebbe subito la Muzza, ma la
strada è sconsigliata per via del traffico.
Conviene scendere dal cavalcavia e
piegare a destra per uno stradello campestre a fianco degli stabilimenti Polenghi Lombardo, il nome che più di tutti
riassume la tradizione casearia del Lodigiano.
I l B osco B e l g i a rd i n o
Il Bosco Belgiardino, raggiungibile dal nostro itinerario mediante la pista ciclabile
che si stacca poco prima di Montanaso e
corre lungo il Canale Belgiardino, è un’area
protetta all’interno del Parco Adda Sud
fronteggiante la sponda destra del fiume.
L’area, dell’estensione di circa 70 ettari, è
egualmente ripartita fra boschi e aree coltive. Opportuni interventi di recupero ambientale hanno eliminato i guasti dei decenni passati provocati da scavi e cave di
ghiaia. Oggi vi è ospitato un Centro ricreativo con campi sportivi, una piscina e un
orto botanico.
Il Belgiardino è il vero parco pubblico dei
cittadini di Lodi, a poca distanza dal centro città. L’area è dunque soggetta a una
notevole pressione che mette in serio rischio la sua maggiore particolarità naturalistica, vale a dire la precoce e abbondante
fioritura stagionale di orchidee selvatiche.
La loro presenza non è comune in pianura
e a così bassa altitudine. Eppure qui, in riva
all’Adda, fioriscono ogni anno, nel mese di
maggio, decine di esemplari di Orchidea
militare (Orchis militaris L.) e Orchidea tri-
dentata (Orchis tridentata Scop.), una vera
delizia per gli occhi. Poco più tardiva è invece la fioritura della bellissima Orchidea
cimicina (Orchis coriophora L.).
• Il Bosco Belgiardino presso Lodi
51
Da Paullo alle Zelasche
Trattoria del cacciatore
Località Pezzolo di Tavazzano,
tel. 0371.761990.
Questo indirizzo potrebbe chiudere degnamente la vostra pedalata. È una reputata trattoria lodigiana che rivela nel rispetto della tradizione le carte migliori: risotto ai porri, tortelloni, lingua di vitello,
cotechino ecc.
• La centrale Endesa di Tavazzano
• La Roggia Codogna alle Zelasche
Si avvicina un cascinale, poi lo si lascia
sulla destra e proseguendo fra i campi si
incontra infine, presso il ponticello sulla
Roggia Codogna (è la roggia, pensate,
che aveva lasciato la Muzza decine di
chilometri più a nord, presso Truccazzano!), un’altra strada campestre che, verso
destra, arriva alle Zelasche.
52
Le Zelasche M (km 14.7, alt. 80), dove si
chiude questa seconda tappa, sono un
luogo bello e storicamente importante.
Secondo Giovanni Agnelli qui sarebbe
transitata l’antica strada che univa Lodi
Vecchio, cioe la Laus Pompeia romana,
con il suo porto fluviale sull’Adda. Il ponte a due basse arcate che si nota a fianco
del canale è detto ‘napoleonico’, per via
del passaggio del grande imperatore. In
realtà sarebbe stato costruito sull’antico
letto della Muzza per servire a quella strada che, dopo l’abbandono della vecchia
Lodi, si era perduta nella campagna. Un’area di sosta con panchine permette di riposare prima di riprendere la marcia o di
fare ritorno a Paullo. Volendo sostare un
po’ di più alle Zelasche si può anche percorrere il tratto di canale in direzione della centrale di Tavazzano, attrezzato con
panchine e arredi verdi, oppure si può far
rotta su Lodi percorrendo la strada campestre per San Grato. La prossima tappa
ripartirà da qui per arrivare fino al punto
dove la Muzza termina la sua funzione di
canale per trasformarsi in colatore.
Sono questi luoghi irrigati
«Si vedono nella città di Lodi edifici belli.
È fiorente per una campagna rigogliosa e
la produzione di tutti i generi di cui gli uomini abbisognano. Campi di grano e prati si estendono a perdita d’occhio: la zona
è ricca di frumenti e di erbaggi come qual
si sia più fertile in Italia.
Sono questi luoghi irrigati da acque limpidissime e fresche, e si diramano in canali
così frequenti che non solo stupiscono
per la loro bellezza, ma concorrono a
rendere ferace il terreno. E così in certi
posti si falcia erba anche cinque volte all’anno. Questa terra poi alleva un numero incredibile di bovini e vi si produce
un’enorme quantità di formaggi… Inoltre
c’è abbondanza di ottime carni, e particolarmente gustose sono le lingue dei vitelli che vengono condite col sale e che si
danno con bella usanza in dono. Si pescano buonissimi pesci da fiumi e ruscelli e
più di ogni altra località di Lombardia è
ricca di anguille straordinarie».
(F. Scotto, Itinerario d’Italia, 1747).
• Pescatori lungo la Muzza
TERZA TAPPA
Il Canale della Muzza - Tavola 6
Dalle Zelasche a Caviaga
Dalle Zelasche a Caviaga
Il terzo tratto dell’itinerario della Muzza arriva fino al termine del braccio principale del
canale, presso Tripoli di Massalengo, ma prosegue anche oltre, fino al villaggio di Caviaga. Si pedala ancora tranquillamente vicino all’acqua, poi però, dopo Tripoli, è gioco forza ritagliare una via fra i campi per ritrovare la Muzza, ora in veste di semplice colatore,
alle porte di San Martino in Strada. La strada è facile, quasi tutta in terra battuta. Attenzione solo agli attraversamenti con le strade carrozzabili. In estate è bene avere la cautela di munirsi di un rimedio contro gli insetti e le zanzare.
Lunghezza: 23.7 km.
Dislivello: 9 metri in discesa.
Tempo di percorrenza: 2 ore.
Condizioni del percorso: strada di ripa del Canale della Muzza, strade campestri
a fondo naturale, un tratto di strada provinciale asfaltata.
Il punto di partenza è alle Zelasche, località posta lungo la Muzza presso il ponte
della ferrovia Milano-Piacenza. Si raggiunge da Lodi seguendo la statale 9 (direzione
Milano) fino a San Grato e, quindi, un breve tratto di campestre.
Il punto di arrivo è fissato a Caviaga, frazione di Cavenago d’Adda, situata
a brevissima distanza dalla pista ciclabile Lodi-Castiglione d’Adda.
Dove mangiare. Negli abitati vicini al percorso (Lodi Vecchio, Corneliano Laudense,
San Martino in Strada) si trovano negozi alimentari, ristoranti e trattorie; lungo il
percorso si segnalano una trattoria a Tripoli di Massalengo e una pizzeria a Caviaga.
Altre informazioni e indirizzi utili. Meccanici ciclisti: a Lodi, Dilie, piazzale Fiume 1,
tel. 0371.420619; a S. Martino in Strada, Esposti, via Vittorio Emanuele 51,
tel. 0371.79103.
54
Strade asfaltate
Strade sterrate
Itinerario promiscuo su strada
a bassa densità di traffico
Itinerario promiscuo su strada
ad alta densità di traffico
Itinerario su pista ciclo-pedonale
protetta asfaltata
Itinerario su pista ciclo-pedonale
protetta sterrata
Itinerario alternativo
o diramazione interessante
QUADRO DELLE DISTANZE
E DELLE ALTEZZE
PROGR. PARZ. LOCALITÀ
35.2
35.4
36.6
38.5
41.4
44.0
45.4
45.7
46.1
49.0
50.2
52.8
53.8
54.4
54.8
56.4
58.9
0.2
1.2
1.9
2.9
2.6
1.4
0.3
0.4
2.9
1.2
2.6
1.0
0.6
0.4
1.6
2.5
Zelasche
Sottopasso Fs
Levata Povera Vistarina
C.na Muzzetta
Osservatorio ambient.
Levata Quaresimina
C.na Sesmones
Incrocio S.S.235
Muzza S.Angelo
Levata Priora
Tripoli
C.na Corsa
Incrocio S.P. 107
C.na Baggia
Sottopasso Fs
Incrocio S.S. 9
Caviaga
ALT.
80
80
80
80
79
79
78
78
77
76
76
72
73
71
71
71
72
Limite parchi
Chiesa
Impianto idraulico
Area di sosta
Zona umida
Cascina
Ristorante
Osservatorio
Birdwatching
Levata
Alimentari
Parco
Pesca sportiva
Incrocio pericoloso
Ponte
Sbarra
Scala 1:30.000 (1 cm uguale a 300 metri)
55
Dalle Zelasche a Caviaga
N
on si può pensare a questo territorio come fossilizzato nel tempo. Ciò che noi vediamo è il risultato di trasformazioni immense. Carlo
Cattaneo, illustre pensatore dell’Ottocento, definì questa pianura «un immenso deposito di fatiche». La Muzza si sovrappose, nel XIII secolo, su un palinsesto già in parte definito migliorando le
caratteristiche di fertilità dei terreni grazie all’irrigazione a scorrimento. Ma cavi
e rogge preesistevano anche prima dello
scavo del grande canale seguendo deflussi diversi, forse motivati da necessità
di difesa o di modesto apporto idrico
per limitati appezzamenti coltivi tolti
dalla vasta boscaglia che ancora nel Medioevo occupava la pianura.
Inoltre esisteva una trama minuta di vie
navigabili interne. La vecchia Lodi possedeva due porti fluviali, a conferma
dell’importanza delle vie d’acqua per
tutto quel periodo: uno sul Lambro, perennemente conteso con i Milanesi, che
avocavano a sé il diritto di navigazione
su questo fiume; e un secondo sull’Adda.
56
Secondo la tradizione, quest’ultimo porto era difeso da torri e dotato di grossi
anelli di ferro per legare le imbarcazioni.
Una strada e un canale navigabile univano Lambro e Adda attraverso la piana lodigiana. Si ritiene che la Roggia Sandona,
oggi derivata dalla Muzza presso la strada Lodi-Lodi Vecchio, avesse in origine
proprio questa funzione.
• Il ponte ‘napoleonico’ alle Zelasche
Dalle Zelasche alla Cascina
Muzzetta
Alle Zelasche 1 (km 0, alt. 80), riprende
l’itinerario lungo la sponda destra della
Muzza. Subito si sottopassa la ferrovia
Milano-Piacenza, entrata in esercizio il 14
novembre 1861, circa sei mesi dopo la
proclamazione del Regno d’Italia, e oggi
in procinto di essere integrata dalla nuo-
va linea ad alta velocità il cui tracciato
corre più distante, parallelo all’Autostrada del Sole.
Circa 500 metri dopo il sottopasso alla
ferrovia ecco un’altra imponente ‘levata’, denominata Povera Vistarina B (km
1.4, alt. 80); sulla sponda opposta sopravvive un boschetto di robinie e ontani da
cui prendono vita alcune rogge. I filari e i
cespuglieti che accompagnano il corso
della Muzza sono un prezioso documento botanico in una campagna dalle alberature rarefatte. La ricchezza vegetale
della Pianura Padana è composta non
solo dalle specie autoctone, come la
farnia, l’olmo, il carpino bianco, ma anche da quelle introdotte dall’uomo seguendo un lungo, plurisecolare processo
di addomesticazione della vegetazione
spontanea. Al punto che, oggi, le specie
endogene sono di gran lunga più diffuse
di quelle autoctone. Ecco allora predominare la robinia (Robinia pseudoacacia),
i gelsi (Morus alba e Morus nigra), il platano (Platanus hybrida) e il pioppo euroamericano (Populus canadensis). La ro-
M i l a n o co n t ro L o d i
L’aperta e spesso tragica sfida fra Milano e Lodi, oltre che da contrasti religiosi, scaturì anche dal controllo della via fluviale sul Lambro. La città ambrosiana, priva di un grande fiume, premeva per collegarsi direttamente con il Po, il grande collettore delle merci da e per
l’Adriatico. Tramite la Vettabbia, le barche potevano raggiungere il Lambro presso Melegnano e da qui scendere fino a Piacenza e al Po. Oggi, né la Vettabbia, né il Lambro si direbbero navigabili, ma occorre pensare che in passato questi corsi d’acqua attingevano a
falde molto più consistenti e, inoltre, non subivano i drastici prelievi odierni per scopi irrigui o idroelettrici. Certo non si trattava di barche di grande stazza ma di un flusso continuo di chiatte, zatteroni, barchini, carichi di uomini e di merci. I Piacentini, in particolare,
avevano perfezionato questo genere di piccola navigazione e vi si applicavano con ottimi
risultati anche lungo il Lambro a favore dei Milanesi. Lodi, dal canto suo, esigeva un pedaggio per tutte le merci in transito lungo il fiume e questa forma di prelievo forzoso non
era gradita ai Milanesi. Dalle minacce si passò presto ai fatti, fino alla terribile distruzione
dell’antica Lodi, avvenuta per mano delle truppe milanesi nell’anno 1111. Sette anni più tardi, Federico Barbarossa concesse di ricostruire la città più lontana dal conteso Lambro e
più vicina all’Adda, dove non giungeva la pressione milanese. Da quel momento, grazie a
successive concessioni, i Lodigiani godettero di nuovi privilegi che pur orientati sull’esclusivo godimento della navigazione abduana non escludevano del tutto le vecchie ingerenze sul Lambro. Solo col tempo e solo dopo la pace del 1198 si ridussero gli attriti fra i due
Comuni promuovendo sempre più l’Adda come principale via navigabile sia per i Lodigiani sia per i Milanesi. Vari documenti comprovano come nel XIV secolo era attivissimo il
commercio del sale per via d’acqua e come nel XVIII sec., durante le tre guerre di Successione, fosse abitudine trasportare truppe su barconi da Cremona a Lodi. La navigazione,
ancora praticata all’inizio del XX secolo, venne a cessare con lo sviluppo del trasporto
stradale e con il progressivo impoverimento delle portate del fiume, assorbite dai prelievi • Il temibile Barbarossa raffigurato
agricoli e industriali.
in una stampa popolare
binia, seppur vorace di spazio e veloce
nella crescita, non resiste all’assedio delle specie indigene come farnie e pioppi.
Una volta che la sopravanzano per altezza queste sono destinate a diventare dominanti.
Spesso, provenienti dai vicini boschi dell’Adda, dalle Monticchie e dalla Zerbaglia, si scorgono gli aironi e le garzette.
Le nitticore invece hanno abitudini notturne: a volte, di sera, complice il buio,
arrivano vicinissime alle strade. Tutti
cercano cibo nei campi umidi, nelle rogge e nelle risaie. Sono ghiotti di piccoli
pesci, anfibi e molluschi. Ma, a parte
questi spettacolari ardeidi, la fauna diurna delle campagne è molto scarsa.
L’ambiente urbanizzato che preme da vicino, l’inquinamento e la caccia hanno ridotto il numero degli esemplari e le specie. Nessun mammifero selvatico, come
la volpe, rarefatti i conigli selvatici, reintrodotti per solo scopo venatorio lepri e
fagiani, d’altro rimane solo un discreto
numero di talpe, ricci, topi campagnoli e
arvicole, ma difficili da osservare di gior-
57
Dalle Zelasche a Caviaga
I l p e rco r so a m b i e n t a l e at t re z z ato d a l l a V i a E m i l i a a M u z z a S . A n ge l o
Nel 1998 il Consorzio di Bonifica Muzza Bassa Lodigiana ha elaborato un programma di in- corso si possono osservare alcune delle tradizionali opere di captazione e di derivazione irterventi tendenti alla riqualificazione delle strade alzaie della Muzza, con l’obiettivo di ren- rigua, proprie della Muzza.
dere fruibile ad un numero sempre maggiore e diversificato di utenti i percorsi lungo il ca- Il percorso è collegato alla città di Lodi mediante le ciclabili presenti in adiacenza alle strade
nale che, come noto, presentano aspetti di naturalità e ruralità di un certo rilievo. Le prin- provinciali Lodi-Lodi Vecchio, Lodi-Muzza S.Angelo, Lodi-Borghetto. Questi collegamenti concipali opere realizzate sono: parcheggi per le autovetture e specifiche barriere metalliche sentono agli abitanti del capoluogo di effettuare percorsi ad anello, che favoriscono un diretper impedire l’accesso al traffico motorizzato; attrezzature di arredo esterno, come tavoli, to contatto con la natura. Quasi al termine del percorso, poco prima di Muzza S.Angelo, si tropanchine, bacheche informative, portarifiuti, portabiciclette, ecc.; la riqualificazione am- va un impianto ittiogenico per l’allevamento di anguille. Tale struttura utilizza circa 8.000 libientale e paesaggistica mediante la realizzazione di impianti a verde ottenuti con la pian- tri al secondo di acqua del canale per l’immissione a ricambio continuo disponibile a cinquantumazione di essenze arboree ed arbustive autoctone. Il percorso ambientale che corre dal ta vasche di produzione, con restituzione integrale della portata a valle dell’impianto.
ponte della Via Emilia poco a sud
• Una ‘bocca’ di presa del canale (Archivio Consorzio Muzza Bassa Lodigiana)
• Un’anguilla allevata negli impianti ittiogenici della Muzza
della Centrale elettrica Endesa fino a Muzza S.Angelo, della lunghezza di circa 12 km, si distingue
per tre elementi paesaggistici fondamentali: l’acqua, utilizzata da
tempo in modo plurimo (agricoltura, industria, produzione idroelettrica, impianti ittiogenici, ecc…);
la strada alzaia, asse portante di
un itinerario ‘verde’ tra le campagne lodigiane; le fasce boscate e le
zone umide presenti ai lati delle
alzaie stesse. Questi elementi fondamentali sono i presupposti tipici
per definire i percorsi come vere e
proprie ‘greenways’. Lungo il per-
58
no. Fra i ruderi delle vecchie cascine,
sotto le travi dei tetti, stazionano i rapaci come il barbagianni e la civetta, che di
quegli animaletti fanno l’ideale nutrimento. Ma anche per loro la caccia si
svolge di notte, complice l’udito finissimo che serve da antenna.
In lontananza si scorge il grosso cascinale di Bottedo. Ancora poche pedalate e
si perviene al ponte della strada Lodi –
Lodi Vecchio C (km 3.3, alt. 80). Accanto
si trova una bella cascina ad archi che
prende il nome di Muzzetta. Le fanno da
cornice un alto filare di pioppi cipressini. • Il canale a valle dell’abitato di Muzza S.Angelo
Il buon miele
del contadino
Miele d’acacia e di melata, prodotti dell’alveare e altre dolci squisitezze si possono acquistare in due cascine non
troppo distanti dall’itinerario: all’Azienda agricola Dordoni, Cascina Bossa 1,
Cornegliano Laudense (deviando per 1
km a Muzza S.Angelo), tel. 0371.69080; e
all’Azienda agricola Fasoli, via E. Fermi 3,
Mairago (deviando per 2 km a Basiasco),
tel. 0371.487069.
Il pioppo nella tradizione popolare non
gode di buona fama; nel pioppo nero si
vede simbolizzata la passione di Cristo e
molte Crocifissioni nell’arte hanno come
fondale questo albero, mentre nella mitologia pagana i pioppi sono le Eliadi,
così trasformate dopo aver pianto la tragica fine del fratello Fetonte precipitato
con il Carro del Sole nell’Eridano, il nome antico del Po.
Alla Cascina Muzzetta ci sono in realtà
due ponti: il più vecchio è il primo che si
incontra, mediante il quale ci si porta
sulla riva sinistra della Muzza; il secondo
lo si sottopassa subito dopo e regge la
moderna strada provinciale. Qui prendono origine, come già accennato, la
Roggia Sandona (0,8 mc /sec.) che si dirige verso Lodi, e la Roggia Barbavara
(2,62 mc /sec.), orientata invece verso il
territorio di Lodi Vecchio: dalla prima attingevano acqua i beni terrieri del con-
vento di S. Antonio di Milano; dalla seconda quelli delle Orfane di San Giuseppe di Lodi.
Nella variegata compagine dei malfattori esisteva anche la categoria dei ladri
d’acqua. Nel XVI secolo i beneficiari delle acque della Muzza erano oltre un migliaio. Infinite le discussioni, frequenti le
liti e le cause, con buon profitto degli
avvocati, per dirimere le controversie sui
diritti e i doveri di ciascuno. La questione più spinosa riguardava quella fra gli
utenti e il fisco dello Stato milanese.
Quest’ultimo mirava a un’equa ripartizione del ‘bene’ acqua con il versamento
dei giusti tributi a seconda delle quantità
d’acqua concesse e prelevate. In realtà
tale obiettivo – come ha fatto osservare
Giorgio Bigatti, autore di diversi studi
sull’argomento - fu raramente rispettato
perché i concessionari erano usi prelevare molta più acqua di quella che era
loro stabilita. Esisteva poi un mercato
parallelo, non molto diverso dalle spregiudicate operazioni finanziarie di oggi,
dove alcuni prestanome rivendevano i
59
Dalle Zelasche a Caviaga
loro diritti a prezzi molto superiori a
quelli con cui li avevano avuti in concessione.
«Nel 1753 – spiega Bigatti – risultò, a seguito di indagini, che il principe Alessandro Trivulzio e il marchese Pio Pallavicini
con il subaffitto dell’acqua lucravano
• La Cascina Sesmones
• La facciata porticata della Cascina Muzzetta
ogni anno poco meno di 20.000 lire, cifra enorme se si considera che dall’affitto di tutte le acque della Muzza la Camera incassava poco più del doppio».
Gli accertamenti per punire tali abusi
60
erano difficili, se non impossibili. La
campagna era un inestricabile intreccio
di cavi, fossi, incastri simile a un gomitolo aggrovigliato nel quale trovare i capi
era operazione faticosissima nonostante
la perizia e la meticolosità degli agrimensori e degli ingegneri idraulici.
Dalla Cascina Muzzetta si può effettuate
una consigliabile, breve deviazione per
visitare la chiesa di S. Bassiano a Lodi
Vecchio (vedi pagina 62).
Verso Muzza Sant’Angelo
Il percorso lungo la Muzza continua
sempre verso sud e tiene come compagne altre rogge parallele. I loro nomi
(San Simone e Giuda, Dentina Ortolana,
Ospedala, Tibera de’ Cani ecc.) sono
evocativi di lontane vicende, per lo più
perse nella memoria delle generazioni. I
campi sono scompartiti in grossi rettangoli entro i quali, di tanto in tanto, compaiono i vasti cascinali d’un tempo, oggi
rimaneggiati a seconda dei moderni
orientamenti colturali.
Il Castello de’ Roldi, sulla sinistra, ha un titolo altisonante e, nonostante il modesto
aspetto, lo merita appieno. La tradizione
vuole che qui vi fosse uno splendido palazzo, fatto erigere da Teodorico, re dei
Ostrogoti, conquistatore dell’Italia.
Le cronache dei tempi a noi più vicini
parlano invece di una vicenda che riporta alle pietose condizioni di vita dei contadini. Nel 1817 gli abitanti di questo cascinale si videro privati del sacerdote ma
non volendo violare il precetto festivo
decisero di recarsi alla vicina cappella
della Torre dei Dardanoni. Qui si videro
respingere dalla nobildonna locale che
temeva di esser contagiata dal morbo
petecchiale, sintomo del tifo, di cui si diceva fossero infetti quegli estranei.
Lungo via s’incontra un osservatorio ambientale D (km 6.2, alt. 79), ubicato nel
punto dove la parallela Roggia Ospitala
piega ad angolo retto dirigendosi verso
est. Poco più avanti si raggiunge la Levata Quaresimina E (km 8.8, alt. 79) da cui
L a ro n d i n e
‘Una hirundo non effecit ver’. Una rondine non
fa primavera dicevano i latini, ma la gioia di vedere
questo uccellino saettare sotto le gronde e i tetti delle
cascine autorizzava ad essere ottimisti. La familiarità con gli
uomini è sempre stata prerogativa di questo animale così che - spiega Esopo - «essi danno la caccia agli altri uccelli e li mangiano, mentre la sola rondine, loro protetta, fa il nido nelle loro case».
Per la cura e l’abilità nel costruirsi il nido, la rondine fu anche assunta come simbolo dell’arte di ben costruire: nella commedia di
Aristofane, gli Uccelli, alle rondini spettava il compito di realizzare
la città degli uccelli. Nell’arte pittorica la figura della rondine viene ricondotta alla risurrezione e all’incarnazione di Cristo.
Un altro curioso potere attribuito a questo animale sarebbe la
sua capacità di guarire i suoi piccoli da una presunta cecità. «Con
la chelidonia - scrisse Plinio il Vecchio - le rondini curano gli
occhi dei propri piccoli nel nido e restituiscono loro la
vista, anche se gli occhi sono stati loro cavati».
Quest’ultimo atroce particolare si riteneva causato dalla stessa madre che voleva impedire ai piccoli,
durante la sua assenza, di allontanarsi dal nido. Il fiore della
chelidonia ma anche il sangue della rondine fu a lungo ritenuto
benefico per le malattie degli occhi. D’altronde che la rondine fosse apportatrice di luce era noto fin dall’antichità essendo associata all’arrivo della primavera e al ritorno del sole sulle dense brume dell’inverno.
Allontanate dalle città per via dell’inquinamento e dalle campagne
per via dei pesticidi e della rarefazione delle siepi, dei fossi e dei
prati che fornivano i loro prediletti terreni di caccia, le rondini sono diminuite di numero. Uno studio di BirdLife International ha stimato che la popolazione europea di rondini si è ridotta del 40%
tra il 1970 ed il 1990. Per questa ragione la LIPU ha lanciato una
campagna di sensibilizzazione che prevede interventi per mantenere integro l’habitat naturale di questo simpatico uccellino.
si traggono le acque per alimentare un
allevamento ittiogenico di anguille, un
altro degli utili usi indotti dal canale.
Ora la strada si fa più battuta e diventa
asfaltata passando accanto alle case della Cascina Sesmones F (km 10.2, alt. 78),
deformazione dialettale di San Simone e
probabile sede di un’antico ‘ospitale’ per
i poveri. Subito dopo si raggiunge l’incrocio (prudenza!) con la strada statale
235 Lodi – Pavia e, superatolo, si entra a
Muzza Sant’Angelo G (km 10.9, alt. 77).
Da Muzza S.Angelo a Tripoli
Poche vecchie case con la chiesa parrocchiale sono radunate vicino alla Muzza.
Si ripassa il canale e si prende la via pedonale lungo la riva di destra (via della
Pace) attraversando un giardino pubblico che rievoca simbolicamente il tradizionale paesaggio dei salici e delle rogge
lodigiane. Si esce dall’abitato passando
accanto alla zona sportiva e al laghetto
Cornelia (pesca sportiva). Ora la Muzza
attrae, come una calamita, un grosso fascio di rogge che, come al solito, si pon-
61
Dalle Zelasche a Caviaga
L a c h i e s a d i S a n B a ss i a n o a L o d i Ve cc h i o
Nel novembre 387 lungo la strada consolare per Piacenza, alla presenza di Ambrogio, vescovo di Milano,
di Felice, vescovo di Como, e di Bassiano, vescovo di
Lodi, si consacrò con solennità la basilica della diocesi di Laus Pompeia. Nella chiesa si deposero le reliquie di alcuni Apostoli. Il luogo di culto restò per
secoli incostudito ma rispettato dato che la città
sorgeva poco più lontana.
La basilica che ammiriamo oggi presenta i pregevoli
aspetti delle chiese padane trecentesche nell’elaborata fase di passaggio fra romanico e gotico. Bisogna
soffermarsi a studiare la facciata, ben slanciata in
altezza e accompagnata da sottili lesene curvilinee.
Nella porzione centrale ecco la successione in verticale di portale con arco a tutto sesto, rosone (rifatto nei restauri del XX secolo), una monofora e un’edicola con la statua di S. Bassiano a cui, dal X sec., la
chiesa fu intitolata. Le due parti laterali sono più alte delle rispettive navate interne e, pertanto, come è
costume di molte chiese lombarde del periodo, presentano due bifore ‘a cielo aperto’. Il coronamento,
in alto, è puntellato da leggiadri pinnacoli.
La chiesa ha tre absidi. Ciò che maggiormente resta
dell’edificio romanico si nota sul lato destro, all’altezza della prima campata: parte di un muro in corsi di ciottoli, una piccola monofora e una mensola
62
ad archetti che fa capire la più modesta proporzione
dell’antica chiesa. Elementi artistici della fine del sec.
XI sono presenti anche all’interno con le decorazioni
naturalistiche o geometriche dei capitelli sui piloni
che reggono le tre navate.
Gli affreschi che rivestono l’interno sono di pregio.
L’occhio del visitatore viene inevitabilmente attratto
verso la grande immagine di Cristo Benedicente, sul
catino absidale, ma sono anche altri i soggetti verso
i quali si deve rivolgere l’attenzione, più rari e singolari. Sulla volta della quarta campata, entro uno cielo stellato, appaiono quattro carri trainati dai buoi,
forse inspiegabili se non si fosse in una terra agricola come il Lodigiano. Come rivela una formella posta lì vicino, l’insolito soggetto fu suggerito nel 1323
dai principali ‘sponsors’ dell’edificio: la corporazione
dei bovari. Altro soggetto inconsueto, sulla parete
del presbiterio, S. Eligio che benedice un cavallo.
Gran parte delle opere sono di un anonimo maestro,
attivo qui fra il secondo e il quarto decennio del XIV
secolo. Di altro autore invece la dolce immagine di
Santa Liberata con due santi bambini, forse della
metà del XIV secolo.
La chiesa si raggiunge deviando dalla Muzza verso
destra, all’altezza della cascina Muzzetta, e percorrendo la vecchia strada per Lodi Vecchio.
sua funzione; il suo letto è visibilmente
più ridotto rispetto al tratto iniziale;
molta della sua acqua è finita nelle rogge laterali. Il manufatto terminale del canale si trova in corrispondenza della
strada Lodi – Sant’Angelo Lodigiano
presso l’Osteria Tripoli di Massalengo
H (km 15, alt. 76). Qui parte delle restanti acque finiscono, parte nel Derivatore
Vigana Lanfroia e parte nel colatore della Muzza. Ora insisteremo a seguire, per
quanto possibile, questo colatore tornando verso l’Adda, dalla quale ci eravamo separati a Cassano. A proposito, il
singolare nome di Tripoli fu un omaggio
all’omonima città libica, conquistata dalle truppe italiane durante il conflitto
con la Turchia nel 1911-12.
• Muzza S.Angelo
gono parallele senza però mai mischiare
le acque. La ripa si riduce a un esile sentiero entro un fitto corteggio di filari e
cespugli. Gli storici sostengono che questo tratto del canale si è sovrapposto al
tracciato dell’antica Strada Cremonese
diretta da Laus Pompeia (Lodi Vecchio)
verso Cremona. L’ipotesi non è balzana
perché, se si osserva una carta, si noterà
come vi sia ancora oggi un lungo rettifilo di modeste strade che corre da Lodi
Vecchio a San Martino in Strada e oltre,
in direzione dell’Adda.
La Muzza, a questo punto, ha esaurito la
Lungo il colatore della Muzza
Dalla sterrata lungo la Muzza s’imbocca, verso destra, la strada provinciale 23
(prudenza!); appena superata la locale
osteria si nota, sulla sinistra della strada, un cancello chiuso. Lo si deve aggirare passando sul cordolo della vicina
A quel punto del cammino
«A quel punto del mio cammino avevo
proprio voglia di qualcosa di dissetante.
Era da Bergamo che non toccavo un
boccale. E nessuna delle bevande che mi
venivano in mente sarebbero bastate a
chetare la mia arsura.
L’unica bevanda che Lodi forniva era il
latte, latte a quantità. In effetti faceva
troppo caldo per mangiare. Così mi sono
rifugiato in una latteria, piena di gente
che si trastullava con grandi gelati.
Ho chiesto una scodella di latte: - Caldo
o freddo?
Distrattamente risposi: - Caldo!
Mentre aspettavo su una sedia ho addocchiato in un angolo una scatola di
uova, e mi è venuto un lampo di genio.
Ho preso tre uova e con una forchetta le
ho sbattute dentro il latte caldo.
Attribuisco la mia sopravvivenza in quel
giorno così torrido a questo eccellente e
sostanzioso nutrimento».
(Inglis Sheldon-Williams,
A Dawdle in Lombardy and Venice,
Black, London 1928)
63
Dalle Zelasche a Caviaga
roggia: è una manovra pericolosa, specie se si è in compagnia di bambini, da
affrontare con cautela. Al di là della
barriera si segue il grosso fascio di rogge che affianca il colatore, poi si va in
aperta campagna, ma sempre accompagnati da un paio di piccoli corsi d’acqua: in questo caso, il Derivatore Vigana Lanfroia, sulla destra, e la Roggia Somaglia, sulla sinistra. In lontananza si
scorgono le basse e lunghe stalle della
Cascina Martana.
Al primo incrocio di strade campestri si
piega a sinistra, in direzione della Cascina Corsa I (km 17.6, alt. 72) dove la
strada, finora solo in terra battuta, riprende consistenza con un fondo in pietrisco. In questo modo si raggiunge l’incrocio con la strada provinciale 107 Lodi-Livraga, alle porte di San Martino in
Strada J (km 18.6, alt. 73). Si attraversa
la rotabile e, subito dopo, dentro una
bella macchia di alberi, s’incontra il vecchio tracciato di questa strada che, verso sinistra, supera il nostro colatore. A
questo punto, se avete bisogno di rifor-
64
nirvi o di ristorarvi puntate verso il vicino paese, altrimente piegate a destra (direzione Cascina Baggia).
Prima di proseguire, due parole su San
Martino, tolte da una guida di fine Ottocento che lodava molto l’attivismo
dei suoi abitanti (allora 2596): «Il territorio di questo comune è fra i meglio
irrigati e più fertili del circondario, messo per la maggior parte a belle praterie.
Grande allevamento di bestiamo bovino e conseguente prosperosa industria
del caseificio. Altre industrie attive sono: una fabbrica d’olio di lino ed altri
semi oleosi; tre opifici per la brillatura
del riso; tre per la macinazione dei cereali; due per la preparazione del legno,
impieganti complessivamente una forza
motrice di 170 cavalli». Fatte le dovute
proporzioni, rispetto all’attuale borgata
della periferia di Lodi, quella citata
sembrava quasi una piccola Manchester. Ma anche oggi si parla un gran bene di San Martino per via delle sentite e
frequentate ricorrenze che sfociano in
grasse libagioni come la Sagra del
Osteria Tripoli
Il Canale della Muzza - Tavola 7
Dalle Zelasche a Caviaga
Strada provinciale 23, Tripoli, frazione di
Massalengo.
Ecco uno di quei posti che capitano al
momento giusto, dopo una lunga pedalata. Nessuna pretesa da alta cucina, nessun
lusso, ma una onesta, cordiale cucina di
osteria che al prezzo di pochi soldi vi
rimetterà in sesto per il resto della giornata.
ghiottone che prevede ogni anno una
sorta di pagana processione di osteria
in osteria, fra un piatto di trippa e uno
di polenta, uno di cotiche e uno di verze, fino allo sfinimento totale magari
addolcito dalla classica ‘tortionata’ lodigiana. Cos’è la tortionata, chiederete
voi? Ma è il ‘tipico dolce lodigiano’: una
torta secca di mandorle, riscoperta nel
1885 dal pasticciere lodigiano Alessandro Tacchinardi su una ricetta forse
medievale. La si vende, secondo la ricetta originale, in due soli luoghi: al bar
pasticceria di Palazzo Vistarini, in piazza
della Vittoria, a Lodi; e alla pasticceria
Mazzucchi a Lodi Vecchio.
Strade asfaltate
Strade sterrate
Itinerario promiscuo su strada
a bassa densità di traffico
Itinerario promiscuo su strada
ad alta densità di traffico
Itinerario su pista ciclo-pedonale
protetta asfaltata
Itinerario su pista ciclo-pedonale
protetta sterrata
Itinerario alternativo
o diramazione interessante
Limite parchi
Impianto idraulico
Chiesa
Ristorante
Edicola Sacra
Incrocio pericoloso
Bar
Cascina
Ponte
Alimentari
Sbarra
Zona umida
Scala 1:30.000 (1 cm uguale a 300 metri)
65
Dalle Zelasche a Caviaga
Da San Martino in Strada
a Caviaga
A San Martino ciò che resta della Muzza
scorre molto incavato nel suo alveo, attorno a una densa, quasi impenetrabile
cornice di robinie e roveti. Si nota anche
un bel manufatto in muratura a due archi
• La Parrocchiale di Muzza S.Angelo
66
che serviva al sovrappasso di una roggia.
Poi si arriva al cospetto del portone che
accede alla Cascina Baggia K (km 19.2,
alt. 71). Il complesso rurale prese il nome
dalla famiglia Baggi, feudatari di Secugnago, prima ancora si chiamava Ca’ del
Brugazzo, dal nome della famiglia Brugazzi. Una schiera di ortaglie sta in fondo
alla cascina. Chissà se si ricavano ancora
quelle erbe che componevano il magnifico repertorio delle frittate lodigiane:
quella con le ‘urtiss’, con le ortiche o
con il luppolo selvatico; quella ‘en carpion’ con la carne trita, i fagiolini e le
zucchine; quella con le ‘sigule e i spinass’, con la cipolla e gli spinaci; e quella
con le ‘luganeghe’, con le salcicce.
Tenendo sempre la stessa direzione e
pregustando chissa quale banchetto, si
prosegue oltre. Il colatore - un brutto
termine per designare un corso d’acqua
che qui offre un bellissimo quadro d’ambiente - forma un vero corridoio ecologico, una cortina di verde che taglia in
diagonale la Bassa Lodigiana. Una foltissima cortina di arbusti ci separa dal cor-
G l i S t at u t i d e l l a M u z z a ( se c . X I I I ) - 2
- Se il Canale della Muzza dovesse essere
scavato attraverso strade, il conduttore
sarà in obbligo di farvi sopra e mantenervi dei ponti. Sulle strade maestre di Cremona, di Piacenza, di Fossadolto, di Pavia,
di Milano, di Monza i ponti devono farsi di
pietre, e della misura che verrà assegnata
dagli ufficiali della Muzza; sulle altre strade o luoghi di passaggio qualunque si facciano ponti della larghezza delle strade di
pietra o di legno, ma forti e sicuri a passarvi.
Quando i ponti fossero trovati rotti o forati, il conduttore vi ripari o paghi la multa di 5 soldi imperiali.
- Similmente, se il Canale della Muzza dovesse attraversare altre acque correnti, il
conduttore del nuovo canale vi passerà
sopra o sotto con acquedotti che egli sarà
tenuto a fare e conservare del suo in buono stato e per sempre, senza recare impedimento al libero corso delle acque altrui.
- Chiunque derivi acque dal Canale della
Muzza curerà di condurle in modo che
non allaghino le strade o le terre d’altri; in
breve ch’ei non rechi danno a qualsiasi per
tutto il corso della sua roggia, dal principio della stessa alla fine.
- Ciascuno di coloro che hanno qualche
roggia in società è tenuto a pagare quanto gli tocca di sua parte per la derivazione
dell’acqua, l’escavazione, lo spurgo, la
conservazione del canale e di tutti gli edifizi che al canale appartengono e a curare
che nessuno vi rompa le rive o i bocchelli,
o vi faccia chiuse od altri danni che ledano i diritti dei soci.
- Chi furtivamente sottraesse acqua dalle
altrui roggie pagherà ogni volta centro
soldi imperiali, ma se l’acqua sottratta, secondo il modulo del bocchello, fosse in
quantità maggiore di quattro oncie, paghi
10 lire imperiali.
- Il podestà e i suoi giudici sono obbligati
a conoscere queste leggi, a sorvegliarne
attentamente l’esecuzione. Gli ufficiali
della Muzza son invece tenuti a denunciarne le infrazioni nello stesso giorno o il
giorno dopo al più tardo. Il giudizio deve
essere pronto ed esposto, in via sommaria,
entro tre giorni, sotto pena di gravissime
multe.
so d’acqua. Si tratta di siepi che accompagnano spontaneamente gli sparuti boschi di latifoglie della pianura. Vi predominano prugnoli, biancospini, rovi e rose
selvatiche. Siepi di questo genere, oltre
ad avere una funzione ecologica, designavano un tempo anche i confini fra le
proprietà. Ma più in generale l’associazione di corso d’acqua, filare o siepe,
strada campestre - come si vede qui era la caratteristica del paesaggio di pianura che definiva quella maglia intrecciata di percorsi di terra e di acqua vitali
al funzionamento dei cicli produttivi
• Il ponte-canale sul colatore della Muzza presso la Cascina Baggia; accanto, un’altra immagine.
agricoli. «Camminavano le strade non
sempre diritte - ricorda Carlo Emilio
Gadda - ma savie a condurre e discrete
ad arrivare il termine: ch’era, dopo mercato e viaggio, il cortile della cascina:
popolato dai natali dei suini e degli uomini. Le strade pervenivano al raduno
degli uomini; alla chiesa del borgo senza
radio, celato fino all’ultimo dalle alberature del piano».
La riduzione e la scomparsa delle siepi è
un altro dei fattori negativi. Studi condotti nel Cremonese su un’area campione ed entro un arco di tempo di circa 20
anni (dal 1980 al 2002) ha rivelato una riduzione di oltre 40% delle siepi e dei filari alberati.
Si sottopassa nuovamente la ferrovia
Milano-Piacenza L (km 19.6, alt. 71) dopodiché è gioco forza abbandonare la
traccia verde degli alberi e dell’ex-canale. La stradina si perde fra i campi e occorre piegare a sinistra per raggiungere
la vecchia strada asfaltata che portava a
San Martino in Strada lungo la Roggia
Cavallera.
67
Dalle Zelasche a Caviaga
Lodi
L’antica Lodi, chiamata Laus Pompeia (in onore del console Gneo Pompeo Strabone), fu distrutta due volte dai Milanesi, nel 1111 e nel 1158. Federico Barbarossa ne consentì e ne incoraggiò la ricostruzione con donazioni e privilegi. Laus Nova crebbe in posizione più defilata, sulla sponda destra dell’Adda, lontana dall’antica strada romana che, però in seguito,
per la crescita d’importanza della nuova città fu deviata verso di essa. La riconoscenza dei
Lodigiani verso l’imperatore tedesco non venne mai meno. A lui, caso unico in Italia, è tuttora dedicato un busto, collocato alla base della loggia comunale.
Da fiera antagonista di Milano, Lodi, dopo il 1311, diverrà umile vassalla e presidio fortificato
del Ducato visconteo, con un ampio giro di mura. Nel contempo però i progressi agricoli e l’estensione delle aree coltivate la porteranno sempre più a primeggiare come mercato e centro
di trasformazione dei prodotti delle campagne. Oltre a ciò la città si qualificherà come luogo
di assistenza. Risale al 1459 la costruzione dell’ospedale di Santo Spirito, poi Maggiore, mentre
a quella data già si contavano ben quindici ospizi destinati alla cura dei poveri.
Nel Medioevo il cuore di Lodi era strettamente avvinto fra il palazzo comunale, il Duomo, la
canonica e la via che conduceva al ‘porto’ sull’Adda. Tre porte si aprivano sulle vie di Milano, di Pavia e di Cremona. Una ‘città bassa’, prospicente al fiume, era riservata alle attività
mercantili e di servizio, mentre una ‘città alta’ (ma il dislivello era valutabile in un paio di metri) era sede della nobiltà e delle istituzioni civiche. Particolare impulso alla vita della città e
alla costruzione di illustri monumenti (come l’Incoronata e il citato ospedale) si ebbe dopo la
pace del 1454, firmata a Lodi, fra il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia e per intervento dell’illuminato vescovo Carlo Pallavicino. Una seconda felice stagione si ebbe poi nel
Settecento, quando il tessuto urbano si impreziosì di curate architetture barocche sia nei palazzi patrizi sia negli edifici religiosi minori.
L’attuale centro storico ha subìto limitate trasformazioni edilizie (il suo tessuto risale, nel
complesso, ai secoli XVII-XIX) e, seppur privato dei suoi bastioni perimetrali, risulta ancora
ben leggibile nel suo disegno originario: la forma pentagonale richiama gli schemi delle cit-
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tadelle militari; gli isolati sono ampi e fittamente lottizzati; le case più vetuste hanno altezza uniforme e si interpongono variamente fra i palazzi nobiliari e le chiese, come si nota, ad
esempio, nella bella cornice porticata di piazza della Vittoria. Quest’ultima fa da contraltare alla vicina piazza del Mercato, luogo dei commerci e degli scambi.
Una visita, anche frettolosa della città, non può mancare alcuni monumenti di grande significato come il Duomo, iniziato nel 1160, solo due anni dopo la fondazione della città, ma lungamente proseguito nel corso dei secoli; o come il Tempio dell’Incoronata (1488-1493), ritenuto uno dei capolavori architettonici del Rinascimento lombardo. In esso si esplicita l’idea
di un edificio sacro a pianta centrale, elaborato entro precisi schemi di simmetria. Soprattutto l’interno è impressionante (l’esterno dell’edificio rimane occluso dal vicino caseggiato)
per via della sfolgorante impresa pittorica della famiglia lodigiana dei Piazza. I suoi membri
furono i migliori interpreti dell’arte lombarda d’inizio Cinquecento dedicandosi per ben tre
generazioni alla decorazione di questa chiesa. Alle loro opere si aggiungono tre superbe tavole del Bergognone con le Storie di Maria.
A questi due insigni monumenti religiosi si aggiunge poi una schiera di palazzi nobiliari, affacciati alle principali vie cittadine. Si possono annoverare: il palazzo Mozzanica, lungo via
XX Settembre, d’impianto rinascimentale; il complesso dell’Ospedale Maggiore, lavorato nel
1571 da Pellegrino Tibaldi e nel 1792 da Giuseppe Piermarini; il palazzo Barni, dal bel disegno
barocco, e l’attiguo palazzo Vistarini, lungo corso Vittorio Emanuele II.
La Lodi moderna presenta infine architetture di grande significato come la sede della Banca
Popolare di Lodi, nella zona della stazione, progettata nel 1991 da Renzo Piano. Il complesso
sorge sull’area dell’ex stabilimento Polenghi Lombardo e e comprende un Centro polifunzionale, organizzato attorno a una piazza coperta da una tensiostruttura in vetro e cavi d’acciaio. I torrioni che reggono la copertura assimilano il disegno dei granai delle vecchie cascine lodigiane.
• Lodi, piazza della Vittoria.
69
Dalle Zelasche a Caviaga
• La Parrocchiale di San Martino in Strada
Se però si lasciano un attimo le bici e si
prosegue a piedi sul bordo fra i campi e
il colatore si raggiunge, dopo circa 300
metri un altro bel manufatto in pietra e
mattoni, quasi completamente avvolto
dai rampicanti e dai rovi. Si tratta di
un’altra ‘tomba’ che consente a una roggia di sovrapassare il colatore.
70
A proposito di rogge… andando verso la
strada di San Martino si costeggia per
breve tratto (meno di 100 metri) una
compagna di vecchia data: la Roggia Codogna. Ricordiamola un attimo perché di
strada ne ha fatta e non ha nessuna intenzione di esaurirsi nei campi. Era uscita
dalla Muzza appena sotto Truccazzano
con un portata tutto sommato modesta
(0,5 mc /sec.): dopo aver serpeggiato a
lungo fra le campagne a oriente del canale, ma mai a grande distanza da esso, la ritroviamo qui disposta a raggiungere le
terre di Codogno (da cui, probabilmente,
il nome), Maleo e Cornovecchio dove si
sparpaglierà in tanti cavi secondari.
Giunti sull’asfalto si piega a destra per
incontrare, poco oltre, la strada statale
9 Via Emilia M (km 21.2, alt. 71). La si attraversa (prudenza!) e si prosegue sulla
stretta provinciale 169 in direzione di Caviaga.
• Il tratto prossimo a Lodi della Muzza
nella Carta del Lombardo-Veneto
a scala 1:86.400 dell’Imperial Regio Istituto
Topografico Militare austriaco, 1852.
I l p e rco r so a m b i e n t a l e at t re z z ato d a M u z z a S . A n ge l o a l ‘ te r m i n a l ’ d i Tr i p o l i
Il terzo intervento di riqualificazione ambientale, in ordine cronologico, riguarda l’ultimo S.Angelo alla località Priora, per una lunghezza di 2 km circa e presenta su entrambi i lati
consistenti fasce boscate; la seconda parte, da Priora al ‘terminal’ di Tripoli, è il tratto più
tratto del Canale della Muzza, presso la località Tripoli di Massalengo.
Qui si trova il manufatto terminale di scarico del canale, da cui prende origine l’omonimo attrezzato, con aree di sosta (tavoli e panchine), ripiantumazioni laterali a filare e a bosco,
colatore, che per morfologia, funzionalità e caratteristiche ambientali risulta completa- oltre al già citato parcheggio. In Località Priora, dalla sponda sinistra del Canale della Muzmente diverso. La Muzza è infatti un corso d’acqua artificiale regolato che assolve a nume- za, si diparte un importante canale derivatore irriguo: il Ca’ de Bolli. Ha una portata massirosi utilizzi: irriguo, industriale, ittiogenico e di produzione idroelettrica; sviluppandosi con ma di 18.000 litri al secondo e sottende una superficie agricola irrigua di circa 12.700 ettari, che si estende, nella parte centrale della Provincia di Lodi, fino ai margini della depresun tracciato regolare e un alveo dalla sezione definita.
Al contrario, il colatore assolve principalmente alla funzione di drenaggio idraulico, come sione geomorfologica della originaria valle del Po.
recettore delle acque superficiali in eccesso di natura irrigua o meteorica; rispetto a questa L’ultimo tratto del Canale della Muzza è molto pescoso, frequentato ogni giorno da decine
funzione primaria le altre utilizzazioni (irrigua ed idroelettrica) sono marginali. La sua mor- di appassionati. Non a caso è utilizzato dalla Federazione Italiana di Pesca Sportiva come
fologia è simile a quella di un corso d’acqua naturale, con andamento sinuoso, sezione irre- campo di gara.
golare, presenza di vegeta- • La Muzza alla fine del suo viaggio
• Il Derivatore Ca’ de Bolli (Archivio Cons. Muzza B. L.).
zione spontanea
sulle
sponde e, in alcuni casi,
persino in alveo.
Presso il ‘terminal’ del Canale della Muzza è stato
realizzato un parcheggio
per le autovetture, onde introdurre una netta separazione tra il traffico motorizzato e quello dovuto ad
una mobilità ‘dolce’. Il percorso può essere diviso in
due parti: la prima va dal
centro abitato di Muzza
71
Dalle Zelasche a Caviaga
Non osservai nulla…
«Partii da Milano in diligenza il 16 giugno,
che era un giovedì, verso le due del pomeriggio, e giunsi a Lodi, che ne dista
venti miglia, verso le nove di sera. In questo tratto non osservai nulla degno di
menzione, ma soltanto la trattura del lino, dal qual lino ricavano la fibra che
serve a fare tela fine per lenzuola, camicie, fasce, cortine per i letti, e tela più
grossolana di cui sono fatti i vestiti della
gente di campagna. Alla sera accadde un
incidente spiacevole. Essendo arrivato
tardi, le porte erano chiuse, così che non
potei aver accesso in città. Non avendo
dove alloggiare, mi fermai in una locanda nei sobborghi dove c’era tanto poco
posto, essendo il locale zeppo di forestieri, che fui costretto a stare tutta la
notte nella diligenza con la quale ero arrivato. Questa città è chiamata in latino
Lauda e Laus Pompeia, perché sorge a tre
miglia da una città di questo nome che
fu costruita dal padre di Pompeo Magno,
ma è ora totalmente in rovina»
(Thomas Coryat,
Crudezze, 1608).
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• L’itinerario nei pressi della Cascina Corsa
Secondo le fonti storiche tutte le terre,
attorno a San Martino e fino all’Adda
erano nei tempi antichi coperti dalla mitica Selva Litana, una foresta così fitta
da non poter lasciar passare la luce del
sole. Tito Livio sostiene che vi fu scon-
fitto il console romano Lucio Postumio
e che i Galli Boi, impossessatisi della sua
testa ne fecero una coppa «dove i sacerdoti, nei maggiori sacrifici, soli bevevano
dicendo: Silva erat vasta, Latina Galli
vocant».
I Romani arrivarono da queste parti negli
anni 223-222 a.C. scacciando verso nord
gli Insubri, popolazione spesso federata
con i Galli. Dai territori occupati sorsero
le colonie di Placentia (Piacenza) e di
Cremona. Dopo le guerre annibaliche, le
tribù indigene ripresero respiro ma per
poco tempo: un’ulteriore campagna, nel
197-196, li obbligò alla resa definitiva. Iniziò così un lento processo di assimilazione favorito dall’arrivo di numerosi coloni dall’Emilia e dalla costruzione dell’importante arteria stradale Placentia-Mediolanum, prolungamento transpadano
della Via Emilia.
Caviaga N (km 23.7 alt. 72) è un paesino
poco discosto dalla provinciale Lodi-Castiglione d’Adda che fino al 1869 ebbe il
merito di ergersi comune; poi passò sotto Cavenago d’Adda. Le cronache affer-
Trattoria dell’Antica
Barca
Piazza Carabinieri d’Italia 12, Cavenago
d’Adda, tel. 0371.70138.
Da Caviaga a Cavenago corrono meno di
3 km. Forse valgono la pena per assaggiare
i piatti di questa trattoria della tradizione:
eccellenti risotti e ravioli di magro e poi,
per gli stomaci di ferro, la ‘rustisciada’
misto di salciccia, lonza, fegato e cipolle.
Ma si può anche ripiegare sulla classica
cassoeula. Si chiude con la tortionata.
mano che vi dimorasse un certo Bassiano Fellato, notaio lodigiano, «che fu falsario, condannato a morte, decapitato e
abbruciato sulla piazza Maggiore di Lodi
nel giugno del 1490». Caviaga è per buona parte composta dalla Cascina Grande
che, oltre alle belle corti rustiche, possiede anche una villa neoclassica e un
giardino dove campeggia un imponente
cedro del Libano.
Facciamo punto qui, in attesa di riprendere la strada per l’ultima tappa che ci
porterà a Castiglione d’Adda.
• La Cascina Muzzetta
QUARTA TAPPA
Il Canale della Muzza - Tavola 8
Da Caviaga a Castiglione d’Adda
Da Caviaga a Castiglione d’Adda
L’ultimo tratto dell’itinerario del Canale della Muzza segue il corso del colatore fino a
Castiglione d’Adda. Lungo tutto il percorso esiste una bella pista ciclopedonale che facilita e rende sicura la vostra passeggiata. A Castiglione esistono poi varie possibilità: spostarsi verso l’Adda e raggiungere su stradine campestri la Tenuta del Boscone, oppure
continuare sulla pista ciclabile fino a Maleo e da lì, con un treno, fare ritorno a Lodi.
Avendo tempo si può anche fare una puntata a Pizzighettone, la celebre cittadina fortificata a cavallo dell’Adda.
Lunghezza: 16.7 km.
Dislivello: 12 metri in discesa.
Tempo di percorrenza: 1 ora e 15 minuti.
Condizioni del percorso: pista ciclabile provinciale Lodi-Castiglione d’Adda
interamente su asfalto, qualche breve tratto di strada asfaltata in vicinanza
di Castiglione d’Adda.
Il punto di partenza è a Caviaga, frazione di Cavenago d’Adda a 12 km da Lodi, situata
a brevissima distanza dalla pista ciclabile Lodi-Castiglione d’Adda.
Il punto di arrivo è fissato a Castiglione d’Adda, importante comune della sponda
destra del fiume, situato lungo la strada provinciale 26, a 20 km da Lodi.
Dove mangiare. A circa metà percorso s’incontra il ristorante Colombina
(tel. 0377.85189) nella località omonima. Altre occasioni di ristoro a Basiasco,
Castiglione d’Adda, alla Tenuta del Boscone, a Maleo e Pizzighettone.
Altre informazioni e indirizzi utili. Meccanici ciclisti: a Lodi, Dilie, piazzale Fiume 1,
tel. 0371.420619.
74
Strade asfaltate
Strade sterrate
Itinerario promiscuo su strada
a bassa densità di traffico
Itinerario promiscuo su strada
ad alta densità di traffico
Itinerario su pista ciclo-pedonale
protetta asfaltata
Itinerario su pista ciclo-pedonale
protetta sterrata
Itinerario alternativo
o diramazione interessante
QUADRO DELLE DISTANZE
E DELLE ALTEZZE
PROGR. PARZ. LOCALITÀ
58.9
0.0 Caviaga
59.7
0.8 C.na Dosso (inizio pista
ALT.
72
ciclabile)
71
62.5
2.8 Basiasco
69
65.8
3.3 Turano Lodigiano
66
68.6
2.8 Colombina
68
69.9
1.3 Rotatoria di Bertonico 65
71.0
1.1
Ponte sul Colatore
65
71.2
0.2 Bivio per Castiglione
62
72.7
1.5 Castiglione d’Adda
62
75.7
3.0 Camairago
60
77.7
2.0 Cavacurta
60
80.7
3.0 Maleo (stazione Fs)
58
Limite parchi
Chiesa
Area di sosta
Zona umida
Cascina
Ristorante
Ponte
Villa
Scala 1:30.000 (1 cm uguale a 300 metri)
75
Da Caviaga a Castiglione d’Adda
D’
ora in avanti la nostra lunga pedalata nelle campagne lodigiane
sarà facilitata dalla bella pista ciclopedonale che collega Lodi a Castiglione d’Adda, una delle prime ad essere
state realizzate nel territorio provinciale.
Questa delle piste ciclabili è un’ottima
idea, portata avanti da alcuni anni con
successo dalla Provincia di Lodi.
Questo percorso, esclusivo per le due
ruote, utilizza il sedime della vecchia
Strada Cremonese, poi sostituita, negli
anni ’70 del secolo scorso, dalla nuova e
parallela provinciale 26. La ciclabile cor-
• Un suggestivo tratto del canale fra due fitte schiere di alberi
76
re vicino al colatore della Muzza e approfitta della sua cortina verde per celarsi alla vista. Anche l’andamento altimetrico è invitante con una serie di lievi
saliscendi lungo la scarpata del corso
d’acqua.
Lungo la ciclabile
Noi imbocchiamo la ciclabile subito dopo Caviaga 1 (km 0.0, alt. 72). Uscendo
dall’abitato, al bivio presso il cimitero, si
tiene a destra. Subito s’incontrano le
rogge Cotta Boggia e Bertonica che corrono parallele. Lasciata la strada rotabile
alla Cascina Dosso (km 0.8, alt. 71) si comincia a seguire la tranquilla ciclabile,
molto frequentata dai patiti delle due
ruote, specie nei giorni festivi. Ci sono
tutti i rappresentanti di questa tribù. Li si
potrebbe classificare a seconda della loro posizione in bicicletta. C’è il vecchietto del paese, che torna dall’orto o si dirige al bar, con il busto eretto sul sellino, il
cappellaccio in testa, i talloni sul pedale
e l’andatura pericolosamente sghemba.
E c’è il ciclo-agonista della domenica,
• La Parrocchiale di Caviaga
ignobilmente mascherato nella sua calzamaglia nera e inarcato sui pedali come
un ragno appena colto di sorpresa da un
nemico.
Fra i due li separa il tempo. Il primo non
ha fretta, il secondo ne ha troppa.
Ristorante
Armando’s
Piazza della Chiesa 5, Caviaga,
tel. 0371.487351.
Qualora intendiate compiere questa escursione nel pomeriggio il ristorante Armando potrebbe essere una buona premessa. Si assaggiano il risotto al lardo venato con la raspadüra e il luccio perca
aromatizzato al forno.
Esiste poi un mistero che mi ha sempre
affascinato: ci sono ciclisti che hanno il
raro dono di essere perfetti in sella. Di
loro si dice che hanno ‘classe’. Tutto ciò
non ha nulla a che vedere con le capacità atletiche. Possono essere stanchi o affamati, possono cavalcare una Colnago
da 5000 Euro o un ferrovecchio ma a vedersi sono sempre splendidi, dèi di un
immaginario Olimpo ciclistico.
A Basiasco e a Turano
Il primo abitato che s’incontra, dopo
poco più di un chilometro, è Basiasco
B (km 3.6, alt. 69), frazione di Mairago.
Sull’edificio che prospetta con un terrazzino sulla roggia, vicino alla chiesa,
L a l e p re
La si scorge al mattino, di buon’ora, fra i campi attenta e svelta. D’improvviso si ferma con gli occhi spalancati e le orecchie ritte, pronta a percepire ogni minimo segno di pericolo. Procede a balzi, corre velocissima e a volte la si scambia con un coniglio selvatico. In realtà la lepre comune
(Lepus europaeus) ha orecchie e arti posteriori più lunghi del cugino. La sua pelliccia è corta e molto folta.
Il genere Lepus è diffuso con circa 200 specie in tutto
il mondo salvo che in Australia e nel l’America Latina. Curiosamente la lepre non ha una tana ma si
accontenta di piccole nicchie che scava nel
terreno, anche in mezzo alle zolle di un
campo arato. Qui riposa perfettamente immobile e protetta dal
colore mimetico del pelo. Vive
solitaria e stanziale, non si
sposta di molto dal luogo dove è nata nutrendosi di erbe,
scorze e rametti.
«Tutte le qualità di rape e di
cavoli sono graditissime alla lepre - scrive A.E. Brehm nella sua
Vita degli animali
(1893-1902) - ma il
prezzemolo costituisce per questo anima-
le una vera ghiottoneria. In questo caso, circondata da ogni parte da una grande quantità di cibo, si abbandona al piacere di
gozzovigliare con somma delizia».
La lepre esercita un singolare fenomeno digestivo, il ciecotrofismo. Come i ruminanti essa ingerisce in fretta gli alimenti. Questi si accumulano nell’intestino, solo parzialmente digeriti, e vengono espulsi in forma di palline di feci rivestite di una particolare mucillagine ricca di vitamina B 12.
Queste palline forniscono nuovo cibo che, a questo punto, viene assimilato con un processo più lento.
Molto astuta, la lepre mette in atto, se
inseguita, incredibili strategie di fuga con
traiettorie circolari che tendono a confondere le
sue orme, repentini dietro front, improvvisi balzi laterali.
Per breve tempo riesce a correre velocissima, fino a 80
km/h. Purtroppo, spesso, la doppietta del cacciatore è molto più sbrigativa e crudele delle sue astuzie. La lepre del Lodigiano, come quella in genere della Pianura Padana, è un ibrido, conseguenza delle
massiccie reintroduzioni effettuate a
scopo venatorio con
soggetti provenienti dai
Paesi dell’ Europa orientale.
77
Da Caviaga a Castiglione d’Adda
• Turano Lodigiano, palazzo Calderara
campeggiano alcune lapidi. Informano
che Basiasco fu luogo natale di Bartolomeo Fanfulla, il condottiero protagonista della Disfida di Barletta (1503) dove
tredici cavalieri italiani sconfissero altrettanti cavalieri francesi. Nel paese si
trovano anche, lungo la diramazione per
78
Mairago, una bella cascina con giardino
padronale e un mulino con una ruota a
pale, che prende le sue acque dalla Roggia Tibera.
Oltre Basiasco la ciclabile s’infila sotto
una lussureggiante galleria ‘verde’. Le
fronde degli alberi proteggono lo stretto
nastro d’asfalto e rendono gradevole la
pedalata. Anche la leggerissima, ma avvertibile progressione in discesa, aiuta il
ciclista che si sente quasi trasportato in
avanti.
In questo modo si perviene a un punto
dove da ogni direzione convergono rogge e fossi scavalcandosi l’un l’altro. Qui
torniamo a vedere il colatore che avevamo abbandonato a San Martino in Strada. L’area è suggestiva ma impenetrabile
per via della coltre di rovi, delle scivolose scarpate, dei vasi e dei cavi che ostacolano l’esplorazione. Sulla sinistra della
pista si nota la cabina di un ripartitore
che scarica nel colatore della Muzza parte delle acque della roggia Bertonica. Il
salto d’acqua è notevole, almeno cinque
o sei metri.
Seguendo sempre la ciclabile si arriva a
Turano Lodigiano C (km 9.9, alt. 66).
Se si vuole, lasciando per un attimo la
pista e volgendo a sinistra, verso il centro del paese, si raggiunge, oltre l’incrocio con la strada provinciale, il palazzo Calderara, antico castello trasformato in residenza patrizia nel XVIII
• Il leone in pietra
della Cascina
Mairaga
Trattoria
Vecchia Lanterna
Via Fanfulla 7, Basiasco di Mairago, tel.
0371.487477, chiuso lunedì sera e martedì.
Giusto a due passi dalla casa natale di
Fanfulla da Lodi si trova questo ristorante
di buona tradizione padana. Offre il
meglio di sé nei salumi.
secolo dai feudatari di Turano. Si tratta
di un complesso a pianta quadrata con
un un cortile centrale chiuso su tutti i
lati. Il corpo nobile si eleva per altezza
sugli altri e possiede un portico di tre
archi a tutto sesto. Questo motivo degli archi è ripetuto anche nei corpi di
fabbrica laterali.
Il palazzo, in passato, organizzava il disegno del paese. Da esso, infatti, si dipartivano viali alberati che si perdevano nella campagna, fra le tenute della famiglia
Calderara che ebbe il feudo nel 1675. Il
ponte sul colatore della Muzza era un
vero monumento con quattro leoni in
granito che dominavano i prospetti; una
volta distrutto, le statue andarono disperse. L’Agnelli, nel 1917, ne segnalava
• L’itinerario lungo il colatore della Muzza
due presso la vicina Cascina Mairaga
(ancora visibili), e le restanti, addirittura,
a Ospedaletto Lodigiano presso la Cascina Griona.
Una bella targa stradale, sull’angolo della via, segnala la Via Vecchia Cremonese
che corrisponde oggi alla nostra ciclabile. Si torna a lungheggiare il colatore
della Muzza, il cui letto scava un fossato
sempre più profondo. La pista invita alla
velocità con le sue leggere sinuosità,
con i brevi salti di quota, ma se vi attardate scoprirete cose interessanti, sempre legate alla storia dell’acqua come, a
un certo punto, verso destra, un lungo
ponte-canale fronteggiato da un cippo
in granito che indica il limite superiore
delle proprietà dell’Ospedale Maggiore
di Milano. Con quello lodigiano, questo
ente di assistenza era, ed è, proprietario
di vastissime estensioni agricole nella
Bassa Lodigiana.
I beni di Bertonico, che giungevano appunto fin qui, erano stati incamerati nel
1458 ed erano frutto di una donazione
fatta ancor prima, nel 1359, da tale Gira-
Ristorante
La Colombina
• Il ponte-canale poco prima della Colombina
Cascina Colombina, Bertonico,
tel. 0371.85189, ch. mercoledì.
La Colombina affaccia proprio sulla pista
ciclabile fra Turano e Castiglione. È un
piccolo tempio della cucina tradizionale
del Lodigiano con risotti, ottimi secondi
di carne, frittatine e la classica raspadüra.
dolo Pusterla, a nome di Bernabò Visconti, agli ospedali milanesi del Brolio e
di Santa Caterina. In quella donazione si
parlava dei luoghi e dei territori di Bertonico, Ceredello, Vinzasca e San Martino con le decime e di diritti di pesca sull’Adda e sul Serio, sull’acqua della Muzza, comprese le giurisdizioni feudali e
l’esenzione di ogni tassa. Solo la pertinenza di Bertonico misurava 28.355 pertiche, pari a circa 1850 ettari. Tutta questa vasta proprietà fu separata da Lodi e,
fino al 1786, anno dell’abolizione dei feudi, fu addirittura denominata ‘provincia’
con il privilegio di amministrare giustizia
da sé, mediante un Podestà eletto dall’Ospedale Maggiore. Insomma, uno Stato nello Stato!
79
Da Caviaga a Castiglione d’Adda
L a c a sc i n a l o d i g i a n a
Difficile trovare un lodigiano che non abbia avuto un parente nato e cresciuto in una ca- impiegato nella lavorazione del latte, il camparo era dedito alla regolazione delle acque nei
scina. Fino alla metà del secolo scorso la vita della gente lodigiana era vita di cascina e la campi, il caporale era il preposto alla cura dei prati. Nelle grandi cascine non mancavano
popolazione, eccetto qualche grande centro, come Lodi o Codogno, era sparsa in queste co- poi altre figure minori come il ‘bastè’ (sellaio), il ‘frè’ (fabbro e maniscalco), il ‘purché’ (admunità, autosufficienti sia per quanto riguarda la produzione, sia per quanto riguarda i ser- detto alla porcilaia) o il ‘seghisin’, colui che tagliava l’erba lungo le ripe dei fossi.
vizi, come scuole, chiese, dispensari medici, mulini e forni. Luogo di lavoro e residenza al Anche la distribuzione degli edifici nella cascina seguiva precise gerarchie. Alla corte patempo stesso, posta al centro di vaste tenute agricole, la cascina era il microcosmo entro dronale o del fittavolo, dove sorgeva la palazzina più nobile, spesso dotata di un giardino,
cui si consumava la quotidianità della gente di campagna.
facevano riscontro le corti dei salariati, con le basse case a schiera disposte attorno alle vaLe grandi cascine ‘a corte’ che si scorgono lungo la Muzza sono state il cuore dell’economia ste aie di lavorazione. Ma nel Lodigiano, un grande spazio era assorbito dalle stalle e dai
agricola lodigiana, specializzate nell’allevamento del bestiame e nella produzione di latte. fienili considerato l’orientamento foraggero dell’agricoltura. Ogni cascina, infine, possedeSi tratta di grandi complessi, sorti fra il XVIII e il XIX secolo, con la trasformazione in senso va qualche elemento distintivo: un portale ornato, una statua bovina sul frontone d’accescapitalistico dell’agricoltura. L’azienda era ceduta dal proprietario a un affittuario per un so, un particolare disegno delle grate di areazione dei fienili, grandi diciture sulle pareti
periodo compreso fra 9 e 18 anni. Quest’ultimo corrispondeva ogni anno un canone in de- esterne con il nome dell’azienda.
naro al proprietario provvedendo a sue spese alle scorte ‘vive e morte’ della cascina, cioè Oggi è difficile rivedere una cascina secondo il suo modello tradizionale. Le moderne traanimali e attrezzi. Alle sue disformazioni hanno comporta• Una cascina lodigiana con gli impianti per la stabulazione del bestiame
pendenze stavano i salariati
to l’eliminazione di molte
fissi, dimoranti con le famiglie
parti. Ad esempio è quasi
in cascina, e i giornalieri, utilizscomparsa la funzione resizati solo nei periodi di più indenziale con la riduzione deltensa attività. A cominciare
la manodopera necessaria aldal fattore, vero organizzatole lavorazioni. Queste ultime
re del lavoro agricolo, i salapoi necessitano di macchinari
riati svolgevano ognuno una
che occupano i vecchi portiprecisa funzione. I cavallanti e
cati. Le stalle sono all’aperto
i bifolchi si curavano degli anisotto lunghe tettoie metallimali, il bergamino si occupava
che e alti silos fanno le veci
della mungitura, il casaro era
dei fienili.
80
Fra una parola e l’altra, una pedalata e
l’altra, si arriva alla Colombina D (km
12.7, alt. 68), una manciata di case con
una reputata trattoria. La chiesuola è
del 1653, dedicata a Sant’Antonio. Come a confermare quanto appena detto,
il nome di questa località ricorda la ‘colomba’, simbolo dell’Ospedale Maggiore di Milano.
Si passa accanto alla centralina che utilizza il salto d’acqua del colatore per
proseguire oltre, ma la ciclabile ormai
si chiude nei campi. Nell’attesa che
venga fatta proseguire fino a Castiglione è gioco forza immettersi sulla vicina
strada provinciale. Si superano la rotatoria di Bertonico e il ponte sul colatore della Muzza che, a questo punto,
volge le sue ultime residue acque verso la non lontana Adda, e si perviene
alla diramazione (a sinistra) per Castiglione d’Adda.
Castiglione d’Adda E (km 16.8, m 60) è
situato su una vecchia strada di collegamento fra il basso Lodigiano e Crema,
ma, ciò che è più interessante, è che si
• La Colombina
con il ponte e la
chiesa
81
Da Caviaga a Castiglione d’Adda
affaccia sul terrazzo dell’Adda. Questo
ha comportato uno sviluppo dell’edificato lungo una strada centrale (oggi via
Garibaldi e via Roma) che bordeggia la
costa alta della pianura e raggiunge il sito dell’antico castello. Da questa strada
si dipartono vie secondarie che, in antico, non avevano altro sbocco se non i
cortili delle case o l’aperta campagna.
Noi entreremo a Castiglione dalla Strada
Cremonese che affianca subito la chiesa
di S. Bernardino, costruita all’inizio del
XVII secolo. Antistante alla chiesa c’è un
piccolo tempietto settecentesco che
nasconde un’area verde, ritenuto un antico camposanto.
Più avanti, sulla destra, nota l’alta platea
che regge la Parrocchiale, di origine cinquecentesca ma poi più volte ripresa e
rimaneggiata fino a farle perdere d’interesse architettonico. Forse è per questa
ragione che il Prevosto di Castiglione, a
titolo di risarcimento, è «insignito – come annotò l’Agnelli – di rocchetto con
mozzetta pavonazza, collana e fiocco al
cappello simili».
82
Chi non fosse edotto in tema di abbigliamento religioso sappia che la mozzetta è una sorta di bavero, che dal collo arriva al gomito, di vari colori a seconda del grado e della liturgia, mentre
il rocchetto è la classica sopravveste
bianca con pizzo, lunga fino a metà gamba, portata dai sacerdoti.
Quindi si raggiunge l’incrocio con via
Garibaldi: a destra si discende il paese
fra due schiere di basse case; a sinistra si
va verso il castello. Quest’ultimo era
isolato dall’abitato per via di un fossato
che utilizzava le scarpate naturali. La
primitiva costruzione risaliva all’XI secolo e subì, come molte altre costruzioni di questo genere, assedi, assalti, continui passaggi di mano e devastazioni.
All’inizio del XVI secolo, quando vi si insediò la famiglia Pallavicino, dell’antica
struttura doveva restare ben poco se
questi decisero di riconfigurarla in forma di residenza patrizia, compito al
quale si dedicarono, forse con maggior
vena, anche i successivi proprietari, i
conti Serbelloni. Alla fine di quel secolo
risale infatti l’attuale fronte d’ingresso,
in parte mascherato dal giardino, con il
paramento a bugnato, le grandi maschere allegoriche e il profondo cornicione sorretto da mensoloni. D’altronde ai Serbelloni non era chiesto di lesinare sulle spese, dato che potevano
contare sui prelievi del pedaggio al vicino ‘passo dell’Adda’.
Il cortiletto interno avrebbe una sua logica, con un portico a tre archi su colonnine binate, se non fosse per la confusione dell’abitazioni private, tuttora
occupate, che vi si sono giustapposte.
Ma anche questo è il bello delle cose
antiche, quando continuano a essere
vissute.
Se si vuole dare un’occhiata alle altre
parti che presentano ancora una parvenza di castello, si scenda per le vie laterali esterne. Nel castello di Castiglione,
Gerolamo, ultimo discendente dei Pallavicino, ebbe la stravagante idea di
«sposare la prima donna che si sarebbe
presentata a questuare alla sua porta»
(Agnelli). Fu Gerolama Viritelli, scesa dal-
Il Canale della Muzza - Tavola 9
Da Caviaga a Castiglione d’Adda
Strade asfaltate
Strade sterrate
Itinerario promiscuo su strada
a bassa densità di traffico
Itinerario promiscuo su strada
ad alta densità di traffico
Itinerario su pista ciclo-pedonale
protetta asfaltata
Itinerario su pista ciclo-pedonale
protetta sterrata
Itinerario alternativo
o diramazione interessante
Limite parchi
Punto panoramico
Cascina
Incrocio pericoloso
Alimentari
Impianto idraulico
Ristorante
Castello
Bar
Chiesa
Ponte
Scala 1:30.000 (1 cm uguale a 300 metri)
83
Da Caviaga a Castiglione d’Adda
I l m u n g i to re
Quella del mungitore era fra le mansioni più ingrate nelle cascine.
La sua vita si svolgeva letteralmente nella stalla che accudiva di
giorno e controllava di notte, dall’alto di una specie di pulpito in legno. Per questa ragione difficilmente un mungitore, o ‘bergamino’,
formava famiglia ma si trasferiva periodicamente di cascina in cascina offrendo ove capitava la sua forza-lavoro. I compiti erano incredibilmente duri. Al mungitore spettava il trasporto del letame, la
pulizia delle mangiatoie, delle lettiere e delle corsie, il rifornimento
del fieno, l’abberaveramento degli animali e, ovviamente, la loro regolare mungitura. Questa operazione, ripetuta due volte al giorno,
di pomeriggio e in piena notte, era molto faticosa, richiedeva una
notevole forza fisica. Ogni mungitore poteva, al massimo, dedicarsi
a 15-20 animali per turno. ‘El scagnel’ era il seggiolino di legno con
una sola gamba che l’uomo si legava alla vita con una cordicella, sistemandosi quasi sotto l’animale. Appoggiava la testa al suo ventre
tendendo le braccia per cercare le mammelle che venivano preparate a ‘tirare’ il latte sistemandovi sotto il secchio. Con un movimento regolare e alternato, muovendo il palmo e le dita della mano, premendo sui capezzoli, gli schizzi di latte riempivano il recipiente. Si doveva togliere tutto il latte per evitare alla mucca il danno
della mastite. Travasato nel ‘sigiòn’ e trasportato mediante due stanghe di legno, il latte veniva condotto al caseificio, che spesso si trovava nella cascina stessa. Oggi, con la mungitura automatizzata, un
solo operaio può accudire fino a 100 animali al giorno. Nonostante
questo, il lavoro di stalla rimane poco gratificante e ad esso si dedicano oggi per lo più lavoratori extracomunitari.
84
Azienda agricola
Ravizzini
Cascina America, Mairago,
tel. 0371.487255.
Yogurt, formaggi a pasta tenera, ricotta e
altri prodotti caseari sono la preziosa
dotazione di questa cascina. Attenti agli
orari di vendita: dal mercoledì al venerdì,
dalle 15 alle 19; il sabato dalle 9 alle 12 e
dalla 15 alle 18.30.
• Un mungitore si dedica al suo compito quotidiano
le montagne del Piacentino. Il nobiluomo ebbe fortuna: la donna fu consorte
saggia e «degna di una corona», nonostante la sua umile origine. Narra la tradizione che, dopo molto tempo, riesumata la sua salma, la si trovò vestita di
stracci, ovvero della stessa veste che indossava il giorno in cui fu conosciuta dal
Pallavicino.
L’altro bene monumentale di pregio di
Castiglione si trova lungo via Roma, che
è il proseguimento di via Garibaldi. Si
tratta della chiesa dell’Incoronata, voluta da Carlo Fiesco, feudatario del paese
alla fine del XV secolo. La facciata possiede ancora l’autenticità delle antiche
chiese in cotto senza le giustapposizioni
dei secoli successivi. Ciò consente di apprezzare la semplicità e la chiarezza dell’impianto: una liscia superficie, inquadrata da due lesene laterali e da due
paraste che finiscono a mezza altezza;
un bel timpano triangolare con due torrette ai lati e una nicchia centrale; il rosone e i tre portali di stampo classico.
Nulla di più pacato e armonico ma già in
netto contrasto con il più tardo campanile che, specie nella parte superiore, cede alla tentazione dell’ornamento.
L’interno della chiesa conserva un polittico di Callisto Piazza, uno dei maestri
della pittura nel Lodigiano e nel Cremonese all’inizio del Cinquecento, raffigurante la Vergine Incoronata, la Crocifissione e santi.
L’itinerario che era partito a Cassano
d’Adda qui si conclude. Coloro che volessero rendersi conto di dove il colatore della Muzza torna nell’Adda non devono fare altro che imboccare la strada
per Montodine (strada statale 591), deviare a destra dopo il ponte sul colato• La chiesa dell’Incoronata a Castiglione d’Adda re, in direzione della Cascina Vinzaschi-
na e della successiva Cascina Bosco
Griffini; quindi avventurarsi nel pioppeto fra incerte tracce fino a raggiunge l’estuario della Muzza, se così possiamo
chiamarlo.
Agli altri si consiglia invece di proseguire lungo la pista ciclabile provinciale
per Camairago (a 3 km da Castiglione) e
Cavacurta (a 4.8 km da Castiglione). Rag-
Azienda agricola
Grazzanello
Cascina Grazzanello, Mairago,
tel. 0371.487261, www.grazzanello.it
Ecco una buona occasione per vedere una
tipica cascina lodigiana. È un po’ distante
dal nostro itinerario (a circa 5 km da Basiasco in direzione di Mairago) ma forse
vale la pena, anche perchè alla cascina è
annesso un museo contadino ben organizzato. Da vedere anche il vecchio mulino a pale.
• La chiesa di S.Bernardino a Castiglione d’Adda
giunto quest’ultimo abitato si può scendere verso l’Adda fino alla Tenuta del
Boscone, dove è possibile riposare e rifocillarsi, oppure proseguire verso la
stazione Fs di Maleo (a 8 km da Castiglione) dove un treno riporterà voi e la
vostra bicicletta a Lodi o a Milano.
Camairago fu antico feudo di Vitaliano
Borromeo, così ricompensato da Filippo
Maria Visconti per i meriti che si guadagnò sul campo. La posizione dell’abitato
sul ciglio della valle dell’Adda ne fece
un baluardo di difesa con un munito castello che proprio il Borromeo contribuì
a migliorare, se non a rifare completa-
85
Da Caviaga a Castiglione d’Adda
gna osservarlo dalla parte della campagna, lungo la via che conduce alla Cascina Bosco Trecchi - ricorda vagamente una struttura fortificata grazie alla
cornice di merli a coda di rondine. Un
tempo vi si conservava una ricca collezione di arredi che faceva da degna
compagna agli affreschi di Bernardino
Campi (1567), tuttora visibili.
La Tenuta del Boscone
• Il castello di Castiglione d’Adda e un dettaglio del portone d’accesso
mente su basi più antiche. Possiede tutt’oggi un aspetto arcigno con un rivellino anteposto al cortile interno, con le
tracce di uno scomparso ponte levatoio
e, di conseguenza, di un fossato. Conserva belle torri angolari che, viste dalla
86
campagna, sembrano inglobare l’intero
abitato.
Maleo, sulla strada per Pizzighettone la celebre cittadella fortificata - offre
al visitatore un leggiadro arco seicentesco, fatto erigere dai Trecchi in un
momento di grandezza. Questa famiglia
ebbe in feudo Maleo a partire dalla seconda metà del Seicento. Il loro palazzo, lungo lo spalto dell’Adda, è denominato anche castello per via delle
preesistenze. L’aspetto attuale - biso-
Tenuta del Boscone, C.na Isola,
Pizzighettone/Camairago, tel. 0377.59384
- 0377.700001.
La Tenuta del Boscone è una riserva naturale attrezzata di oltre 300 ettari all'interno del Parco regionale Adda Sud. Qui si
possono passare ore piacevoli in un ambiente protetto fra prati, canneti e fitte
boscaglie. Percorrendo le strade sterrate
della tenuta si raggiunge la Cascina Isola. Il
locale ristorante propone piatti tipici della zona, ma è anche possibile fare un semplice spuntino alla grigliera situata all'ingresso della tenuta. L'ingresso alla tenuta
è a pagamento.
• Filari di pioppi nella campagna lodigiana
La rete ciclo-ambientale della Provincia di Lodi
La Provincia di Lodi sta operando da alcuni anni per dotare il
Lodigiano di una rete ciclabile
integrata che copra l’intero territorio provinciale e che sia, nel
contempo, di livello regionale
(Progetto Rever Med, Rete Verde lombarda) ed europeo (Progetto Eurovelo).
La rete viene progressivamente
realizzata attraverso ‘dorsali portanti’, ovvero attraverso la costruzione di piste ciclabili in sede propria, quindi separate e
protette dal traffico degli autoveicoli. A tale reticolo principale
si affiancano numerosi altri percorsi di diversa natura (strade
minori, strade alzaie, strade interpoderali, sentieri, ecc.), che
nel loro insieme danno luogo al • Cicloturisti durante l’inaugurazione di una nuova pista ciclo pedonale
88
sistema più propriamente definito ‘rete ciclo - ambientale’.
Questo sistema consente i collegamenti tra i siti di maggiore
interesse naturalistico, culturale,
ricreativo della provincia e permette agli utenti che si muovono in bicicletta di godere del
paesaggio, dell’ambiente, delle
aree agricole e di un ricco e variegato patrimonio storico-culturale.
Percorsi in relazione
agli utenti
Il sistema dei percorsi ciclo-am-
bientali fa riferimento a due tipologie essenziali d’utenti: chi
utilizza la bicicletta per spostamenti sul territorio in alternativa
ad altri mezzi di trasporto (traffi-
co ciclistico) e chi la utilizza per il tempo libero (cicloturismo). Le sedi ciclabili proposte sono quindi differenti e permettono di sfruttare al meglio le potenzialità del territorio e delle strade minori.
In particolare, al traffico ciclistico, sono dedicate le strade, le piste e
le corsie ciclabili. Si tratta di percorsi riservati al solo transito di ciclisti (o pedoni), sono protetti e separati dal traffico a motore, e collegano secondo la via più breve i principali punti di origine e destinazione dei flussi (centri urbani, luoghi di interesse collettivo, ecc.),
spesso a margine delle grandi strade veicolari.
• Un tratto della rete verde europea (foto L. Merisio)
Per la pratica del cicloturismo, invece, troviamo gli itinerari ciclabili e
ambientali, simili a quello della Muzza, cui è dedicata questa guida.
Si possono sviluppare sia su sedi protette, che su altre strade minori, asfaltate e segnalate: strade intercomunali secondarie, interpoderali, strade alzaie e sentieri segnalati.
Il sistema fondamentale dei percorsi ciclo-ambientali
La rete ciclo-ambientale del Lodigiano attualmente esistente e gli interventi già progettati e programmati che la completeranno nei
prossimi 2/3 anni comprende circa 110 km di piste in sede propria, integrati da quasi 150 km di itinerari in sede promiscua su strade secondarie e quasi 130 km di strade d’argine lungo i tre fiumi ed i canali principali.
Il progetto di rete ciclabile che la Provincia di Lodi ha elaborato e sta
progressivamente attuando è costituito da alcune direttrici territoriali
fondamentali che attraversano tutto il territorio in direzione NE-SW,
parallelamente allo sviluppo dei corsi d’acqua principali (i fiumi Adda,
Lambro, Po e il Canale della Muzza) e da una serie di arterie ciclabili
che convergono sulla città di Lodi, capoluogo provinciale, in modo
da mettere in collegamento il territorio nella sua totalità.
Nell’ambito di questo sistema oggi si individuano con continuità:
• l’asse longitudinale orientale che va da Zelo Buon Persico fino a Lodi e prosegue poi fino a Maleo, correndo quasi parallelamente al
fiume Adda;
89
La rete ciclo-ambientale della Provincia di Lodi
• l’anello che circonda il territorio della • Mappe e guide sono i migliori amici del cicloturista
città di Lodi, sfruttando i percorsi ambientali lungo le strade alzaie del Canale della
Muzza, e che mette in collegamento le piste ciclabili che convergono radialmente
sul capoluogo lungo le strade provinciali;
• un secondo anello più ampio che mette
in collegamento Lodi con Codogno, passando da Casalpusterlengo, e che quindi
risale la golena del Po fino alla confluenza
con il fiume Lambro, per poi passare dagli
abitati d’Orio Litta, Livraga, Ossago Lodigiano, per tornare infine a Lodi.
I percorsi esistenti e di prossima
realizzazione
Presi per singoli tronchi, i percorsi principali che compongono (o che comporranno nei prossimi mesi) la rete territoriale
sono qui elencati di seguito, a partire da
nord verso sud:
• la pista ciclabile Lodi - Zelo Buon Persico
(circa 10 km) che corre lungo la strada provinciale 16 nel territorio del Parco Adda
90
Sud. L’itinerario proseguirà fino a Merlino
e Comazzo (4,3 km circa).
• il progetto della pista ciclabile denominata ‘Pandina’ (circa 7.5 km) lungo la strada provinciale 138, che congiungerà gli itinerari della Provincia di Milano con il territorio del Parco Adda Sud, da Dresano a
Villa Pompeiana, collegandosi con l’asta
ciclabile Lodi – Zelo Buon Persico sopra
citata.
• la pista ciclabile Lodi - Lodi Vecchio (circa 2.5 km), che tocca due centri storici
importanti, la ‘via verde’ lungo il Canale
della Muzza e la zona del nuovo polo universitario di veterinaria. Da Lodi Vecchio
si può proseguire lungo l’itinerario che
conduce alla frazione Domodossola di
Borgo San Giovanni, utilizzando le strade
intercomunali minori (circa 6 km).
• Da Domodossola è in progetto il prolungamento a Castiraga Vidardo e a S.Angelo Lodigiano (circa 5 km) che comprende una passerella ciclo pedonale sul fiume Lambro ed una analoga sul torrente
Lisone. Da S.Angelo sarà poi pos• La pista ciclabile Lodi – S. Marsibile proseguire con itinerari su
tino in Strada – Ossago Lodigiastrade minori verso la collina di
no (circa 6 km) che correrà a marGraffignana e S.Colombano (cirgine della strada provinciale 107,
ca 3.5 km) intercettando una delintersecando il sistema dei perle ‘strade del vino e dei sapori’,
corsi ambientali lungo la Muzza.
promosse dalla Regione Lombar• l’asse ciclabile cosiddetto della
dia (circa 10 km) .
‘Antica Cremonese’ (oltre 18 km)
• la pista ciclabile che porta da
che da Lodi arriva a Maleo seLodi a Pieve Fissiraga (circa 2.5
guendo per lunghi tratti il colatokm), in corso di realizzazione
re Muzza in un ambiente molto
parallelamente ai lavori di riqualisuggestivo; questa pista sarà prosficazione della strada statale 235,
simamente completata con il tratche interseca il percorso ambiento Bertonico - Castiglione d’Adda.
tale lungo le strade alzaie del Ca• da questo asse si diparte l’itinenale della Muzza.
rario ad anello Cavenago d’Adda • la pista ciclabile Lodi – BorTurano Lodigiano, che è costituito
ghetto Lodigiano - San Colom- • La bicicletta è miglior mezzo ecologico per avvicinarsi alla natura (foto L. Merisio)
da un tratto in sede propria (Antibano al Lambro (circa 11 km) che correrà a lato della riqualificata ca Cremonese – Cavenago – circa 1.5 km) e dal tracciato della strada
strada provinciale 23. Da qui ci si può ricongiungere alla ‘strada del provinciale 237 (ulteriori 6.5 km circa), una strada considerata minore.
vino e dei sapori’ citata oppure proseguire lungo la pista ciclabile • da Turano Lodigiano, percorrendo le strade intercomunali poco
Borghetto – Livraga (4 km) e l’itinerario lungo la strada provinciale frequentate dalle auto si raggiungono Secugnagno - Brembio e Livra206 (altri 2.5 km circa) che conduce ai percorsi nel settore sud del ga (strade provinciali 143-188 – circa 2.5 km) oppure Casalpusterlenterritorio lodigiano.
go (strada provinciale 222 – circa 6.5 km);
91
La rete ciclo-ambientale della Provincia di Lodi
• il sistema di piste ed itinerari, che collegano Orio Litta – Senna Lodigiana – Somaglia – Codogno (circa 11 km). Lungo questo
sistema si trovano l’antico tracciato della
Via Francigena, che porta allo storico
“transitum Padi”, il punto di attraversamento del fiume Po a Corte S.Andrea, e alla riserva naturale regionale delle Monticchie.
• da Codogno il percorso si può chiudere
sulla pista ciclabile Antica Cremonese o
proseguire verso S.Fiorano – S.Stefano Lodigiano – Corno Giovine, in entrambi i casi
utilizzando un insieme di piste in sede propria e itinerari su strade intercomunali di
basso transito automobilistico (circa 11 km).
• Nella parte meridionale del territorio lodigiano è infine fruibile la vasta rete delle
strade d’argine dei fiumi Lambro, Po ed Adda, oltre che di diversi canali del Consorzio
Muzza Bassa Lodigiana (Ancona, Interno
Isolone, Berghente). Sono a tutti gli effetti
‘percorsi ambientali’, su strade per la gran
parte in terra battuta, piacevoli da affron• Il ponte ciclabile sul Canale Belgiardino
tare anche a piedi.
92
Le connessioni con il progetto europeo
Eurovelo
Oggi si parla seriamente di una rete ciclabile europea. Si tratta di un’idea che non ha
nulla di utopistico, ma che è ben radicata
presso la Commissione Europea che l’ha assunta come progetto d’importanza comunitaria. Curata dalla European Cyclists Federation, Eurovelo sarà una rete di 12 itinerari
transnazionali per complessivi 60 mila km
toccando ogni Paese dell’Unione. La Lombardia è solcata da tre itinerari: il 5 da Londra a Brindisi (Via Romea Francigena, 3900
km); il 7 da Capo Nord a Malta (Middle Europe Route, 6000 km); l’8 da Cadice ad Atene (Mediterranean Route, 5888 km). Il Lodigiano ha la fortuna di essere il crocevia degli itinerari 5 e 8. Il primo scende da Chiasso
attraverso la brughiera comasca, la Valle del
Lambro e il Parco di Monza. Raggiunta la
periferia di Milano si sposta sull’esistente
pista ciclabile della Martesana per avvicinarsi alla direttrice dell’Adda. Grazie alla ciclabile della Muzza potrà poi attraversare
93
La rete ciclo-ambientale della Provincia di Lodi
tutto il Lodigiano per uscire dalla nostra
regione a Piacenza. Il secondo, invece,
percorre tutta la frangia meridionale della provincia lungo il terrazzo e lungo l’argine maestro del Po. Per maggiori informazioni si può consultare il sito Internet
www.eurovelo.org
tratti prescelti più o meno brevi, con
punti di origine e destinazione presso le
stazioni ferroviarie.
I servizi per i cicloturisti
Al momento attuale solo alcuni luoghi
della rete ciclo-ambientale - che si localizzano, principalmente lungo le alzaie
I collegamenti con le province vicine
del Canale della Muzza - sono dotati di
e il Servizio Treno+Bici
parcheggi di interscambio auto/bici e di
I rapporti diretti con le reti ciclabili delle
attrezzature minime (qualche panchina e
province limitrofe avvengono in direziotavolo, bacheche informative).
ne di Cremona, principalmente attraverLa Provincia di Lodi ha comunque già
so i comuni di Codogno, Cavacurta/Caattivato alcuni progetti pilota per domairago e Pizzighettone e in direzione di
tare la rete ciclo/ambientale di ulteMilano, attraverso i comuni di Zelo Buon • La rete ciclabile lodigiana è riservata alla mobilità ‘dolce’
riori aree di sosta attrezzate, presso le
Persico e di Mulazzano.
quali sia possibile parcheggiare le proLa possibilità di percorrenza regionale è sostenuta dalla presenza prie automobili e proseguire in bicicletta lungo itinerari ciclabili
nel territorio lodigiano delle linee ferroviarie Milano-Bologna e consigliati. Questi progetti comprendono anche la sistemazione a
Mantova-Pavia. Alcuni servizi delle Ferrovie dello Stato offrono la verde, con valenza paesistico-ambientale, di queste aree e di alpossibilità di trasbordare biciclette da una città all’altra in modo cune aree cuscinetto fra i percorsi ciclabili e le adiacenti strade
agevole e frequente. Gli spostamenti ‘treno+bici’ ampliano le op- provinciali. Le troveremo presto in località Arcagna, lungo la pista
portunità d’uso della rete ciclo ambientale lodigiana, che può esse- ciclabile Lodi -Zelo Buon Persico e in località Basiasco lungo la pire percorsa, oltre che interamente ed in modo continuo, anche per sta ciclabile Antica Cremonese.
94
La rete verde europea e il progetto Rever Med
Il percorso lungo il Canale della Muzza fa parte della Rete Verde Europea definita da un progetto europeo denominato Rever Med, finanziato nell’ambito dell’iniziativa comunitaria Interreg IIIb per l’area del Mediterraneo Occidentale. Il progetto Rever Med, acronimo
di Rete Verde Europea del Medi- • La ciclabile del Naviglio della Martesana
terraneo Occidentale, mira a
completare la ‘Rete Verde Europea’ impostata con un analogo
progetto per il nord Europa. Al
progetto partecipano 32 enti
territoriali di Portogallo, Spagna,
Francia e Italia, coordinati dalla
Giunta di Andalusia. In Lombardia il progetto è coordinato dalla Direzione Generale Agricoltura della Regione.
L’obiettivo è di dar vita a una rete di percorsi ‘verdi’ attraverso
tutta la regione, fruibile con
mezzi ecologici, separata e protetta dal traffico veicolare. Que-
sti percorsi, oltre alla funzione ricreativa, avranno anche lo scopo di
ricreare una trama vegetale in spazi agricoli fortemente impoveriti
sotto l’aspetto forestale. Una particolare attenzione è rivolta al recupero di tutte le infrastrutture territoriali esistenti oggi in stato di
degrado, sottoutilizzate o abbandonate. Ad esempio le strade arginali dei fiumi e dei canali,
le ferrovie in disarmo, i tronchi
stradali dismessi. Il progetto
consentirà di predisporre una
banca dati con informazioni su
tutte le vie verdi costituenti la
rete europea, consultabile in internet (www.revermed.com).
A questo si aggiungono scambi
di esperienze tra gli enti territoriali e momenti di informazione
e valorizzazione dei percorsi verdi già realizzati, come la pubblicazione di questa cicloguida del
Canale della Muzza.
95
La rete verde europea e il progetto Rever Med
Presentato nei primi mesi del
quisito di essere integrate con la
2004, il progetto Rever Med
rete dei trasporti pubblici locali
prevede per la Lombardia l’indi(ferrovie regionali, autolinee,
viduazione di 25 percorsi prefeservizi di navigazione fluviale e
renziali della lunghezza comlacuale) e con quella della ricetplessiva di 1453 km, in grado di
tività diffusa (aziende agrituristicollegare fra loro tutti i capoche, Bed & Breakfast, alloggi di
luoghi provinciali.
campagna).
In questo senso si sono privileI consorzi di bonifica della Lomgiati tutti i percorsi di servizio
bardia aderiscono a Rever Med
lungo i fiumi, i navigli e i canali
e vi hanno incluso diverse intedella Lombardia, come appunto
ressanti realizzazioni (vedi la paesemplifica questo itinerario lungina a fianco) che hanno come
go la Muzza. Basti pensare che
presupposto la minor incidenza
questo itinerario, se collegato
ambientale possibile, privilecon quello del Naviglio della
giando percorsi a fondo naturaMartesana, proveniente da Milale o con pavimentazione mode• Rever Med si dedica soprattutto al recupero dei percorsi lungo le vie d’acqua
no, e unito a quello che discende
ratamente stabilizzata. In tal
la valle dell’Adda consentirebbe di raggiungere il Po, con un percorso modo si evita di compromettere l’aspetto paesistico dei corsi d’acdi oltre 100 km interamente su strade precluse alle automobili.
qua. Per ottenere maggiori informazioni è possibile contattare la
Altri interventi di notevole importanza riguardano il tracciamento Regione Lombardia, Direzione Generale Agricoltura, Struttura Valodi un itinerario ‘verde’ unitario lungo l’argine maestro del Po che rizzazione dei sistemi rurali di pianura e di collina tel. 02.67652793,
consentirà di legare il Piemonte all’Emilia e al Veneto attraverso la oppure l’Unione Regionale dei Consorzi di Bonifica della Lombarpianura lombarda. Tutte queste proposte rispondono inoltre al re- dia, tel. 02.58325177.
96
Il progetto Vi.A.Ter. (Vie di Acqua e di Terra)
In Lombardia le iniziative per la realizzazione di ‘vie verdi’ (green- ‘vie verdi’ lungo i canali. Grazie anche ai fondi del Piano di Sviluppo
ways) hanno trovato terreno fertile lungo i canali irrigui e di bonifica. Rurale, alcune di queste, per un totale di 150 chilometri, sono già staDa alcuni anni, infatti, la Direzione Generale Agricoltura della Regio- te realizzate. Si possono citare: l’asse lungo il fiume Chiese nella piane Lombardia ha avviato un progetto di riqualificazione ambientale nura orientale bresciana nella zona di Calcinato - Ponte San Marco; il
e di utilizzo ricreativo delle strade di servizio e delle alzaie dei cana- percorso perimetrale che interessa le colline moreniche gardesane
li al quale partecipano diversi
consentendo il collegamento fra
• L’inaugurazione di un progetto Vi.A.Ter presso il Consorzio Medio Chiese
consorzi di bonifica e la loro
Brescia e il Parco del Mincio; la
Unione Regionale.
ciclabile dei navigli cremonesi
La salvaguardia del territorio e la
che unisce il Parco dell’Adda nord
valorizzazione del paesaggio
con Cremona; i percorsi ad anello
passa anche attraverso il coindell’Oltrepò mantovano legati alvolgimento del mondo agricolo,
l’osservazione degli impianti idrauchiamato oggi non soltanto a
lici disposti lungo il Po.
produrre beni alimentari, ma anSi possono ottenere informazioche a soddisfare esigenze semni presso la Direzione Generale
pre più sentite dalla società quaAgricoltura, Struttura Valorizzali la tutela dell’ambiente, il presizione dei sistemi rurali di pianura
dio del territorio e il mantenie di collina tel. 02.67652793 o
mento della biodiversità.
presso l’Unione dei Consorzi di
Con il progetto Vi.A.Ter. sono
Bonifica della Lombardia, tel.
stati progettati 430 chilometri di
02.58325177.
97
BIBLIOGRAFIA
Aa. Vv., Itinerari padani, La primavera, Electa, Milano 1992.
Aa. Vv., Itinerari padani, L’autunno, Electa, Milano 1992.
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C. Vignati, Il Canale Muzza e l’irrigazione nel territorio lodigiano,
Negro, Torino 1866.
INDICE DEI NOMI DI LUOGO
Albignano
- palazzo Anguissola
- Osteria le due colonne
Arcagna
Azienda agr. Cascina Rosina
- Casorati
- Dordoni
- Fasoli
- Grazzanello
- Il Torrettone
- Ravizzini
- Taverna
Basiasco
- trattoria Vecchia Lanterna
Canale Derivatore Lanfroia
- Saturno
Camairago
Cascina Baggia
- Bosco Griffini
- Casoltina
25
25
22
51
25
40
59
59
85
25
84
28
77
78
64
43
85
66
85
50
- Castiona
- Corsa
- Grande
- Dosso
- Isola Ponti
- Mairaga
- Martana
- Mongattino
- Muzzetta
- Nuova
- Sesmones
- Villambrera
- Vinzaschina
Casolta
Cassano d’Adda
- castello
- incile del Canale Muzza
- Linificio e Canapificio
Nazionale
- oratorio di S. Dionigi
30
64
72
76
23
79
64
51
59
30
61
40
85
50
20
21
22
21
20
- oratorio Ss. Aquilino e Carlo
- palazzo Berva
- Parrocchiale
- piazza Garibaldi
- ponte della Muzza
- stazione Fs
- via Bonifacio
- via Verdi
- villa Borromeo d’Adda
- villa Rosales Pallavicini
Castello de’ Roldi
Castiglione d’Adda
- castello
- chiesa di S. Bernardino
- chiesa dell’Incoronata
- Parrocchiale
- strada Cremonese
Caviaga
- ristorante Armando’s
Centrale Aem di Cassano
21
21
21
21
22
20
21
21
21
21
60
81
82
82
84
82
82
72
77
24
Centrale Endesa
Chiesa di S. Bassiano
Colombina (la)
- ristorante La Colombina
Comazzo
- villa Pertusati
Conterico
- Osteria dei cacciatori
Laghetto Airone
Lavagna
Levata Bolenzana
- di Quartiano
- Povera Vistarina
- Quaresimina
Levatone di Paullo
Lodi
Maleo
- castello Trecchi
Mulino Zibra
Muzza S. Angelo
51
60
81
79
30
30
32
31
43
30
43
45
56
60
40
68
86
86
51
61
99
indice dei nomi di luogo
Oratorio di S. Eusebio
Osservatorio ambientale
Osteria Tripoli
Paullo
- Porte di Paullo
Ponte del Canale Belgiardino
- della statale 9
- della Strada Pandina
- di Lavagna
- di Quartiano
100
43
60
63
35
38
51
51
45
31
46
Quartiano
Roggia Barbavara
- Cattanea Comazzo
- Codogna Alta
- Corneliana Bertola
- Cotta Bertonica
- Cotta Boggia
- Coppa Incassata
- Muzzetta
- Ospitala
45
59
29
29
26
76
76
25
39
60
- Sandona
- Somaglia
Rossate
- chiesa di S. Biagio
San Martino in Strada
Sfioratore Rottura Grande
Sottopasso Fs Milano-Bologna
- Milano-Venezia
Strada statale 9 Via Emilia
- 415 Paullese
59
64
30
34
64
23
23
24
70
35
Tenuta del Boscone
Trattoria del Cacciatore
- dell’Antica Barca
Traversa di S. Bernardino
Traversino
Tripoli
Turano Lodigiano
- palazzo Calderara
Via Vecchia Cremonese
Zelasche (le)
85
52
72
25
22
63
78
78
79
52
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