LE LOTTE DEI LAVORATORI IN URSS
Aspetti sconosciuti del movimento operaio nell’ex Unione Sovietica
dal periodo staliniano all’epoca di Brežnev
Introduzione
I conflitti politici tra l’occidente ed i paesi del Patto di Varsavia, in primis l’Unione Sovietica,
hanno determinato una situazione per cui le strutture sociali e politiche dei due sistemi sono
diventati degli stereotipi nell’ “immaginario collettivo”. In generale nei paesi capitalisti occidentali
si aveva (e si ha tutt’ora) una immagine dell’ex Unione Sovietica simile a quella rappresentata dal
“Grande Fratello” nel romanzo di Orwell. Il cosiddetto totalitarismo sovietico veniva utilizzato dai
governi occidentali come una sorta di spauracchio per i loro lavoratori ma allo stesso tempo
costituiva un aspetto esaltante per il regime staliniano e per i suoi epigoni occidentali comprese le
“masse popolari” che li seguivano come buoi al macello. Eppure nel Paese della Grande
Menzogna1, in tutte le fasi che lo hanno caratterizzato, si sono verificate agitazioni, scioperi e
rivolte di massa che stanno a dimostrare le difficoltà in cui vivevano i lavoratori sovietici “liberi” e
coatti nelle fabbriche, nei campi e nelle colonie. Ormai il sistema sovietico è crollato miseramente
quando il 7 Febbraio del 1990 il Comitato Centrale del Partito Comunista ha rassegnato
definitivamente le dimissioni dal potere, senza che vi fosse stato alcun tipo di insurrezione, e alla
fine del 1991 la struttura del paese si è dissolta miseramente come un castello di carte, ma è
importante che una esperienza come quella non costituisca più una prospettiva per un futuro
movimento operaio che inevitabilmente dovrà sorgere visto lo stato comatoso dell’economia
moderna.
In passato sono stati pubblicati numerosi saggi sulla storia dell’URSS2 secondo i più disparati punti
di vista ma l’obiettivo di questa ricerca sta nel ripercorrere un viaggio nel passato con gli occhi
dell’operaio sovietico, anonimo e indaffarato a sbarcare il lunario, che era praticamente all’oscuro
delle battaglie politiche interne ai Comitati Centrali e delle varie “correnti” con leader impegnati a
dirigere delle minoranze3 . Per questo motivo sono stati solo toccati alcuni periodi “cruciali” come
1
Ci si riferisce al libro di ANTE CILIGA, Nel paese della grande menzogna. URSS 1926-1935, prima edizione integrale a
cura di Paolo Sensini, Jaca Book, Milano, 2007 nel quale l’autore afferma che:”La vita reale nell’URSS, le condizioni
sociali che vi regnano provano che in questo paese è l’evoluzione inversa che ha trionfato, evoluzione che tende a
consolidare la società sulla base di una nuova e tremenda oppressione e di una forma di sfruttamento rinnovata…
Sicchè non esiste in nessun altro luogo al mondo contraddizione così flagrante tra la teoria ufficiale e la realtà
sociale, tra le parole e gli atti. Ma l’ideologia ufficiale è la sola ammessa nell’URSS, per cui la vita politica e sociale è
compenetrata dalla menzogna a un grado inaudito”.
2
Oltre all’ormai noto volume di LEV TROTZKY La rivoluzione tradita, Milano, AC Editoriale, 2000, utile per i neofiti,
mi limiterò a citare i testi più importanti con un approccio critico come E. H. CARR, Le origini della pianificazione
sovietica, 1926-1929: t. I, Agricoltura e industria (in collaborazione con R. W. Davies), trad. it., Einaudi, Torino, 1972 t. II, Lavoro, commercio, finanza (in collaborazione con R. W. Davies), trad. it., Einaudi, Torino, 1974 - t. III, Il partito
e lo Stato, trad. it. Einaudi, Torino, 1978 - t. IV, L'Unione Sovietica, il Komintern e il mondo capitalistico, trad. it.,
Einaudi, Torino, 1978 - t. V, I partiti comunisti nel mondo capitalistico, trad. it., Einaudi, Torino, 1980. LUXEMBURG
R. La rivoluzione russa. Un esame critico - la tragedia russa, Massari, Bolsena 2004 SERGE VICTOR Da Lenin a Stalin.
1917-1937.. cronaca di una rivoluzione tradita. Trad. di Sirio Di Giuliomaria. Roma, 1973, La Nuova Sinistra-Savelli
SCHAPIRO LEONARD Storia del Partito comunista sovietico [traduzione a cura di Renato Gorgoni] Milano Schwarz,
1963. BORDIGA AMADEO. Russia e rivoluzione nella teoria marxista. Pref. di Giorgio Galli. Milano, 1975, Ed. Il
Formichiere, CONQUEST R Il grande terrore. Gli anni in cui lo stalinismo sterminò milioni di persone, Rizzoli, Milano
1999 MOSHE LEWIN Economia e politica nella società sovietica : il dibattito economico nell'URSS da Bucharin alle
riforme degli anni sessanta Roma Editori Riuniti, 1977. JACQUES SAPIR Il caos russo. Disordine economico, conflitti
politici, decomposizione militare Asterios 1997.
3
Su queste tendenze e battaglie interne esiste una bibliografia infinita. LEONARD SCHAPIRO, Storia del Partito
Comunista Sovietico Schwarz 1963; ALESSANDRA KOLLONTAI L'Opposizione operaia in Russia in "L'opposizione
operaia da Kronstandt a Danzica (1921-1971) Ed Azione Comune Milano; BONGIOVANNI BRUNO "L'antistalinismo di
sinistra e la natura sociale dell'URSS" Feltrinelli Milano 1975; JEAN BARROT La sinistra comunista in Germania La
Salamandra, Milano 1981; M. BRINTON I bolscevichi e il controllo operaio Jaka Book Milano 1976; SINIGAGLIA
1
quello della guerra civile, ad opera di eserciti rivali totalmente distaccati dalla massa di diseredati
che viveva in un clima allucinante, le carestie, come quella che ha colpito l’Ucraina nel 1932-334 e
le vicende relative alla Seconda Guerra Mondiale5 che in seguito all’occupazione nazista hanno
fatto vivere alla popolazione russa drammi che l’hanno segnata pesantemente.
In Italia risultano pressoché sconosciuti i movimenti, le lotte e le agitazioni dei lavoratori russi in un
periodo in cui l’Unione Sovietica veniva considerata da chiunque in condizioni di totale “pace
sociale” sia dai critici del sistema “comunista” sia dai marxisti che militavano nelle formazioni più
o meno ufficiali della sinistra parlamentare ed extraparlamentare. Persino le tendenze più critiche
del sistema sovietico non erano a conoscenza di reazioni radicali da parte di quella classe operaia
che “aveva preso il potere nel 1917” e si limitavano ad analizzare la società “comunista” come se
fosse regolata dalle polemiche interne al partito bolscevico e dalle scelte di “politica economica”
operate dallo stato. In realtà i sommovimenti sociali che hanno caratterizzato la storia “dal basso”
dell’operaio sovietico avevano configurazioni particolari e molto diverse ma tutti esprimevano una
reazione alle condizioni di vita in cui si dimenavano quotidianamente i lavoratori in quella che da
tutti veniva considerata la “loro patria”. E’ importante però cercare di collocare l’ “altro movimento
operaio” nell’ex URRS in un quadro economico ben preciso, cosa assai difficile da fare proprio per
la carenza di dati oggettivi sullo stato di una economia che tutti si sforzavano di classificare ma che
pochi hanno cercato di esplorare nelle sue caratteristiche ahimè molto simili a quelle dei paesi a
capitalismo classico pur presentando una organizzazione economica e sociale di sostanziale
arretratezza6. Non si tratta qui di esaltare la forma a capitalismo liberista nei confronti
dell’economia statalizzata (anche se è vero in parte specie se si considera il processo di
distribuzione dei beni) ma di vedere semplicemente con occhio attento i modi di produzione e di
riproduzione in un sistema che da molti veniva considerato superiore o addirittura ambito dai
lavoratori dei paesi occidentali. Tale ideologia ha comportato sacrifici inauditi per quei militanti
impegnati nella lotta politica e molti di loro hanno perso addirittura la vita per aspirare ad un
sistema che li avrebbe portati definitivamente alla rovina. Piuttosto che “un enigma avvolto da un
mistero” il sistema sovietico si è manifestato come una vera e propria regressione mettendo così in
discussione tutte quelle tesi che vedevano nell’economia dei paesi dell’est una sorta di capitalismo
di stato come ultimo passaggio ad una forma economica superiore per l’intero pianeta. Le
dissidenze comuniste si sono arrovellate per decenni nell’interpretare la struttura sovietica
formulando tutta una serie di posizioni e definizioni che in realtà restavano alla superficie del
problema sia per la totale mancanza di informazioni ma anche perché per le loro analisi
utilizzavano le categorie tipiche di una sinistra inquinata dal peso della rivoluzione di Ottobre7. In
effetti l’errore fatto da tutti i marxisti è sempre stato quello di intestardirsi nell’individuare lo strato
ROBERTO Mjasnikov e la rivoluzione russa Jaka Book Milano 1973; AAVV Storia della Sinistra Comunista in Russia
1918-1938 in Rivista Internazionale organo della CCI n. 2 1977.
GUIDO CACCIA L’altrocomunismo nella Rivoluzione russa Quaderni di Pagine Marxiste n. V 2007.
4
ANDREA GRAZIOSI Le carestie sovietiche del 1931-33 e il Holodomor ucraino. Storica, rivista quadrimestrale, n° 30,
2004
5
Per una conoscenza approfondita si consiglia BARBER JOHN e MARK HARRISON The Soviet Defence-Industry
Complex from Stalin to Khrushchev Macmillan 2000. Boffa G. Storia dell'Unione Sovietica, parte II, Mondadori, 1979.
RIGBY T H Il partito comunista sovietico 1917-76 Feltrinelli Milano 1977
6
GERSCHENKRON ALEXANDER Il problema storico dell'arretratezza economica. Torino, Einaudi, 1965
7
Per un esame delle teorie critiche sul sistema sovietico vedi BRUNO BONGIOVANNI, L'antistalinismo di sinistra e la
natura sociale dell'URSS, Feltrinelli, Milano, 1975, MARCEL VAN DER LINDEN Western Marxism and the Soviet Union:
A Survey of Critical Theories and Debates Since 1917 Haymarket Books April 2009 o l’articolo Il Marxismo
occidentale e l’Unione Sovietica Il dibattito 1917-2006 in “Un Omaggio a Paul Mattick”
H.H. TICKTIN Towards a political economy of the USSR' Critique No. 1, 1973 pp . 20-41 ; (1976) `The contradictions
of Soviet society and Professor Bettelheim', Critique No. 6, pp . 17-45 ; (1978) `The class structure of the USSR and the
elite', Critique No . 9, pp . 37-61 . ROSEMBERG A. Storia del bolscevismo Sansoni 1969. JEAN BARROT Communisme et
question russe, Société encyclopédique française et Éditions de la Tête de Feuilles, Paris, 1972,
BENVENUTI FRANCESCO, SILVIO PONS Il sistema di potere dello stalinismo Partito e Stato in URSS (1933-1953) F.
Angeli 1988. ARTURO PEREGALLI Stalinismo Graphos Ed Genova 1994 con un'ottima bibliografia finale
2
sociale che in Unione Sovietica si appropriava del plusvalore prodotto mentre l’attenzione andava
rivolta, come ci insegna Karl Marx, principalmente verso i rapporti di produzione. In generale il
modo di produzione capitalistico si basa su un aumento incessante di pluslavoro che garantisce un
plusvalore sempre crescente. Ora, i meccanismi che si possono generare perché tale pluslavoro
venga realizzato, in condizioni di un processo produttivo senza innovazione tecnologica, sono
sostanzialmente due: prolungando la giornata lavorativa oppure, avendo a disposizione forza lavoro
in eccesso, moltiplicandola.
In Unione Sovietica, una volta avviata l’accumulazione e rimanendo pressoché immutato il
processo produttivo, si è ottenuto pluslavoro inizialmente con il prolungamento dell’orario di lavoro
e in seguito con la costrizione ossia spostando, od obbligando, forza lavoro all’interno dei vari
settori produttivi. Tutto ciò è noto a coloro che hanno studiato la dinamica della forza lavoro negli
ex paesi socialisti ma pochissimi si sono addentrati nell’analizzare empiricamente la dinamica
dell’economia sovietica e l’organizzazione della produzione nella patria del socialismo, indagini
che ci possono permettere di collocare con una logica diversa le reazioni operaie nei vari periodi e
così di liquidare, spero una volta per tutte, il mito del “socialismo in un paese solo”.
3
I Rapporti di produzione capitalisti in URSS
La storia di ogni società sinora esistita è la storia di lotte di classi.[...]
in una parola oppressori e oppressi sono sempre stati in contrasto fra di
loro, hanno sostenuto un lotta ininterrotta, a volte nascosta, a volte
palese: una lotta che finì sempre o con una trasformazione
rivoluzionaria di tutta la società o con la rovina comune delle classi in
lotta. Karl Marx.
Plusvalore e Pianificazione
La semplice eliminazione giuridica dei rapporti di proprietà si è rivelata totalmente ininfluente sul
processo che ha portato alla accumulazione capitalista in Unione Sovietica, allo stesso tempo il
termine marxiano “libera associazione dei produttori”, citato da Marx nella Critica al Programma di
Gotha, non è mai stato utilizzato dal marxismo russo e non appartiene nemmeno al vocabolario del
leninismo in quanto il concetto di associazione presuppone l’autoorganizzazione e non il controllo
del partito sulle attività e sulla struttura sociale.
Come sottolinea P.Chattopadhyay in un suo articolo, citando Marx,8: “Sappiamo che il capitale è
«la separazione del lavoratore dalle condizioni della produzione». D’altra parte la proprietà (quasi)
unica dei mezzi di produzione «che forma un solo capitale nazionale», come l’avrebbe chiamato
Marx, lontano dall’aver eliminato la separazione funzionale tra le unità di produzione sovietiche ha
piuttosto facilitato tra queste ultime gli scambi dei prodotti del lavoro che prendono la forma di
valore e pertanto ha creato le condizioni essenziali della «concorrenza di capitali» nel senso di
Marx”. L’arretratezza dell’economia russa, prima e dopo la rivoluzione del 1917, richiedeva quindi
uno sviluppo rapido nonostante il paese si trovasse in una condizione piuttosto tragica. Infatti, come
conferma Girsh Khanin,: “A partire dalla I Guerra Mondiale la popolazione ha continuato a subire
pesanti perdite paragonabili a poche altre nella storia. Le stime parlano di 60 -70 milioni di persone
(più del 40% della popolazione russa prima della rivoluzione) e furono colpiti più duramente gli
strati più attivi e creativi”9, di conseguenza i lavoratori russi dovevano essere coinvolti a qualsiasi
costo per poter avviare un processo di sviluppo fondato su una accumulazione primitiva a costo di
stravolgere quelle che erano le aspirazioni operaie della fase rivoluzionaria.
A tale proposito è indicativo quanto afferma Simon Pirani10 sul ruolo assunto dai manager
comunisti negli anni venti: “I manager comunisti, che prendono via via il predominio
immediatamente dopo la guerra civile, costituivano già uno degli strati attraverso i quali l’elite di
Partito riusciva a mediare con la classe operaia. Gli storici, inclusi E.H. Carr e Diane Koenker11,
hanno rilevato la rapida crescita di questi manager, i loro obiettivi fondamentali finalizzati ai metodi
per far aumentare la produzione e la produttività, la facilità con la quale sono scivolati verso
comportamenti anti-operai e l’opposizione provocata nei membri del Partito che consideravano la
loro condotta come antisocialista”. Ciò sta ad indicare, indipendentemente dalle scelte politiche del
partito12, che l’economia sovietica per poter sopperire ai gravissimi ritardi nello sviluppo rispetto
8
PARESH CHATTOPADHYAY La dinamica dell’economia sovietica alla luce dell’analisi marxiana dell’accumulazione
di capitale in Plusvalore n 9 1991. Vedi inoltre NEIL C. FERNANDEZ Capitalism and class struggle in the USSR.: a
Marxist theory Ashgate 1997.
9
G.I. KHANIN Lo sviluppo economico degli anni ottanta nell’Unione Sovietica in Appendice
10
SIMON PIRANI L’Elite di Partito, i dirigenti delle Industrie e le cellule: i primi stadi della formazione della classe
dirigente sovietica a Mosca 1922-23 in “Un Omaggio a Paul Mattick” e in The Russian Revolution in Retreat, 192024: Soviet Workers and the New Communist Elite Routledge 2008.
11
E. H. CARR La morte di Lenin (l'interregno 1923-1924) 1° volume Einaudi Editore 1965; DIANE KOENKER Factory
Tales Narrative of Industrial Relations in the Transition to NEP Russian Review 55 n 3 1996
12
Le scelte “politiche” venivano realizzate dal Sovnarkom (Consiglio dei commissari del popolo), istituito nel
Novembre 1917 e presieduto da Lenin, attraverso la gestione amministrativa di tutti gli affari di stato. Una sua
appendice era il Soviet Supremo dell'Economia Nazionale o Vesenkha , istituito nel dicembre 1917 e presieduto da
Valerian Osinski, con il compito di controllare ed organizzare l’industria sovietica dopo le nazionalizzazioni. Esso era
4
alle economie occidentali doveva avviare un processo di accumulazione basato prevalentemente
sull’aumento della produttività del lavoro. Di conseguenza, vista l’impossibilità di introdurre in
breve tempo tecniche moderne in un processo produttivo arretrato e in condizioni di grave crisi
economica, come quella del 1921-23, una crescita rapida doveva essere realizzata attraverso il
progressivo utilizzo della forza lavoro disponibile. Nel 1926 venne quindi avviata la strategia
dell’espansione basata sulla trasformazione in una vera e propria classe operaia dell’80% dei
lavoratori russi allora occupati in un settore agricolo ancora primitivo; così i contadini, oltre a
fornire i beni di sussistenza alla popolazione operaia già esistente, dovevano trasformarsi allo stesso
tempo in salariati dell’industria sovietica. A tale proposito nel 1921 venne fondato il GOSPLAN13
con il compito di governare tale obiettivo e nel periodo che va dal 1929 al 1932 furono avviate
riforme economiche che tendevano a reintrodurre l’uso del denaro sia come forma di sostegno,
grazie alla riforma fiscale e del credito avviate nel 1930, sia come mezzo di scambio contro le
materie prime. Ogni azienda divenne un ente indipendente, formalmente essa si trovava in piena
autonomia finanziaria, possedeva dei fondi realizzati come percentuale sui profitti ricavati e poteva
ottenere dei prestiti esclusivamente dalla Banca Statale (Gosbank) che andavano restituiti con gli
interessi. Naturalmente ogni entità economica “sostenuta” doveva effettuare i pagamenti
deducendoli dagli utili di bilancio e gli importi derivati dal saldo disponibile “in eccesso” rispetto
alle esigenze dell’impresa non potevano superare il 10 %. Non c’è niente da fare, le categorie del
denaro e del profitto sono “invarianti” nell’economia in quanto presenti in ogni forma di
capitalismo.
Tale trasformazione economica venne soprattutto realizzata, come è noto, attraverso la
“collettivizzazione (forzata)” delle terre che passarono dall’1,7% del 1928 al 93% del 1937, mentre
la produzione cerealicola raddoppiava tra il 1928 ed il 1931. Tra il 1926 e il 1939 24 milioni di
contadini andarono ad ingrossare la popolazione operaia delle grandi città che nel giro di pochissimi
anni passò dal 17% al 33% grazie al famoso “reclutamento organizzato dei lavoratori”. Inoltre con
l’introduzione della “concorrenza socialista” venivano stimolati i lavoratori affinché realizzassero
pienamente i compiti assegnati nel processo di produzione trasformandola, come afferma Shapir14,
in un sostituto della “rivoluzione”.
Il sistema Sovietico
A fronte di un macchinario accresciuto e con una disponibilità di mano d’opera in eccesso,
l’occupazione tra il 1928 ed il 1932 era più che raddoppiata passando dagli 11,4 ai 24,2 milioni,
fino a raggiungere i 31 milioni nel 1940. “Un elevato saggio di accumulazione non può che
mantenersi se non mediante il prolungamento del lavoro sociale, con una intensità del lavoro più
alta accompagnata da una severa disciplina imposta ai lavoratori”15. Così nel 1929 venne introdotta
suddiviso in due dipartimenti: uno per la finanza e la pianificazione ed un secondo, istituito nel 1926, che si occupava
del settore industriale e i cui direttori erano noti come glavki (glavnye upravlenija). “I glavki avevano i loro organi
subordinati a quartier generali o centri provinciali ‘ciò rappresentava chiaramente un passo ulteriore verso il controllo
centralizzato di ogni branca dell’industria in tutto il paese da parte del suo glavk o centro a Mosca sotto l’autorità
suprema della Vesenkha’… Era indiscutibile che il burocrate sovietico di questi primi anni era di solito un ex membro
della intellighenzia borghese o della classe impiegatizia e portava con se molte delle tradizioni della vecchia burocrazia
russa” MAURICE BRINTON 17-21 I Bolscevichi e il Contollo Operaio Jaca Book 1974. La Vesenkha venne eliminata nel
1932 anche per i numerosi episodi di corruzione dei glavki ma venne ristabilita nel 1957 da Nikita Chruščёv (vedi nota
68).
13
Il GOSPLAN (Commissione Statale di Pianificazione Generale) era una emanazione diretta del Partito Comunista
Sovietico, fondato nel 1921, con il compito, a partire dal 1928, di governare l’economia attraverso dei Piani
Quinquennali coordinando i 60 Ministeri governativi che a loro volta dovevamo stimolare la produzione attraverso la
supervisione delle imprese e delle industrie rispettando le quote stabilite dal Piano. Tra il 1921 ed il 1923 venne
presieduto da Gleb Kržižanovskij affiancato da Georgy (Yury) Leonidovich Piatakov, vicino a Trotsky, e condannato a
morte nel 1937. A partire dal Febbraio 1931 il Gosplan venne subordinato al Sovnarkom.
14
JACQUES SAPIR Il caos russo. Disordine economico, conflitti politici, decomposizione militare Asterios 1997
15
PARESH CHATTOPADHYAY cit.
5
la settimana lavorativa continua (nepreryvka) con uno sfruttamento della forza lavoro distribuito
nell’arco delle 24 ore ed una intensificazione dei ritmi basata sulla “emulazione socialista” che
aveva fatto dello stakhanovismo16 (il lavoro a cottimo impregnato di ideologia socialista) 17 la sua
dottrina, rivelatasi poi un fallimento18. Nelle fabbriche i ritmi di lavoro erano aumentati
costantemente mentre i salari erano sempre insufficienti, è allora che fanno la comparsa gli
udarniki, ossia "i lavoratori d'assalto", i cui risultati, ben remunerati, venivano presi come
riferimento relativamente alle quote di produzione da raggiungere. Non bisogna poi tralasciare che i
dati sulla giornata lavorativa non tengono conto dell’aumento costante delle ore di straordinario
obbligatorie, spesso non pagate. Il movimento stackanovista in realtà incentivò molto gli accordi tra
i direttori e gli operai per evitare le pressioni sui ritmi e sull’intensificazione del lavoro, che
nessuno voleva, in quanto i risultati eccezionali conseguiti dagli stackanovisti mettevano in
discussione le capacità manageriali dei direttori di impresa che potevano essere accusati di
“sabotaggio”. L’ansia di “successo” degli stackanovisti portò anche a gravi squilibri nella
produzione, ad un deterioramento della qualità delle merci, spesso seriamente difettose, mise a dura
prova il macchinario, che si fermava in conseguenza della rottura dei suoi componenti, fece
aumentare le fermate e gli incidenti ed impedì ulteriori incrementi nella innovazione tecnologica.
A tale proposito è indicativo quanto accadde alle miniere di Kemerovo, nel bacino carbonifero del
Kunzbas, dove morirono nel settembre del 1936 dieci minatori e quindici rimasero feriti in seguito
alla esplosione avvenuta in un braccio della miniera causata dal grisou. A quel tempo nel complesso
minerario incidenti di questo genere erano frequenti e veniva riscontrato anche dagli organi di
stampa ufficiali nei quali veniva riferito che nelle miniere sovietiche erano utilizzati
equipaggiamenti piuttosto modesti, venivano violate regolarmente le norme di sicurezza ed i
minatori erano pressati perché aumentassero oltremodo la produttività. Per il grave incidente alla
miniera di Kemerovo nel mese di Novembre ebbe luogo a Novosibirsk il processo contro 9
ingegneri e tecnici, definiti controrivoluzionari trotzkisti ed agenti fascisti, accusati di sabotaggio e
di terrorismo contro il Governo Sovietico. L’atto di accusa venne poi allargato a Georgy Piatakov19
membro del C.C. del partito e ad altri dieci oppositori, per aver diretto tali azioni terroristiche. Il
governo sovietico faceva così ricadere sugli oppositori le responsabilità di ogni disfunzione del
sistema “socialista”20.
Inoltre il lavoro a cottimo stakhanovista generò all’interno della classe operaia sovietica
differenziazioni salariali tra un livello inferiore tipico di quei lavoratori che rispettavano bene o
male le vecchie norme ed un livello superiore costituito da coloro che praticando il cottimo
progressivo riuscivano ad ottenere paghe più elevate in conseguenza di un monte salari complessivo
stabilito dal Piano21.
16
Ci si riferisce al famoso minatore Aleksei Stackanov che nel 1935 aveva stabilito nel bacino carbonifero del Donbass
il record di carbone estratto in un turno di lavoro. Notizia riportata sulla Pravda del 5 settembre 1935. Molti osservatori
ritengono che il mito di Stackanov venne creato ad arte dal Governo ed il suo record sarebbe avvolto da numerosi dubbi
sulla sua realizzabilità.
17
In realtà il sistema del cottimo era stato avviato già nel 1925 come riferisce FRANCESCO BENVENUTI Stalinismo e
Stachanovismo (settembre dicembre 1935) in Problemi del Socialismo n 17 1980 ora disponibile sul web. FRANCESCO
BENVENUTI Fuoco sui sabotatori! Stachanovismo e organizzazione industriale in Urss 1934-1938", Levi, Roma, 1988
18
DONALD FILTZER Soviet Workers and Stalinist Industrialisation Pluto Press, London, 1986
19
Georgy (Yury) Leonidovich Pyatakov (1890–1937) fu un bolscevico della prima ora ed uno dei leader della
Rivoluzione d’Ottobre nella città di Kiev. Fece parte della opposizione di sinistra interna al partito bolscevico, legata a
Bucharin, che nel 1918 si batteva contro il trattato di pace con la Germania. Per le sue conoscenze in economia nel 1922
divenne un dirigente del Gosplan e nel 1923 membro a pieno titolo del Comitato Centrale del Partito Comunista dove si
legò alla opposizione di sinistra vicina a Trotzky e per questo venne espulso dal partito nel 1927 ma venne reintegrato
da Stalin nel 1929 per le sue competenze relative alla pianificazione e posto a capo della Gosbank. Nel 1936 venne
arrestato con Karl Radek, condannato a morte e fucilato a seguito delle Grandi Purghe, nel 1937.
20
Vedi inoltre Nouvelle d’URSS supplemento a Que Faire? Janvier 1937 disponibile nel sito La Bataille Socialiste.
21
Francesco Benvenuti Stalinismo e Stakanovismo
6
Alexej Grigorevich Stakhanov
Esisteva inoltre una piaga: i responsabili politici ammassavano di nascosto materiali e attrezzature
necessari alle imprese così i complessi industriali entravano in concorrenza tra loro per la
disponibilità di tali risorse ed erano costretti alla continua ricerca di quei beni che tra l’altro
scarseggiavano in tutta l'Unione Sovietica. Questa carenza favorì la nascita degli "spacciatori"
(Tolkachi) che, attraverso la corruzione, riuscivano a garantire alle imprese l’approvvigionamento22,
ma quando la mancanza dei pezzi di ricambio divenne cronica, molte aziende furono costrette a
dotarsi di un "proprio" impianto per la loro produzione che, in eccedenza, poteva assicurare ai
direttori un profitto supplementare sul mercato sommerso con altre imprese (blat)23. Ulteriori
guadagni per i dirigenti di partito, della GPU24 e per i direttori delle Kombinat25 venivano garantiti
dall’affitto di intere aree di terreno annesse al complesso industriale che i contadini potevano
coltivare in proprio producendo beni alimentari disponibili per il mercato nero con l’impresa stessa
e sul territorio.
Occorre poi sottolineare, con Donald Filtzer26, che la carenza di input necessari alla produzione e
per di più di qualità scadente, trasporti piuttosto arretrati e l’insufficienza degli impianti industriali
hanno caratterizzato non poco una crescita più che altro esaltata dagli stalinisti al governo e dai loro
seguaci in occidente. Il mito della “pianificazione socialista” andrebbe quindi totalmente rivisto in
quanto era un modo di produzione pieno di strozzature, che limitavano la realizzazione degli
obiettivi e provocavano, sin dalle fasi iniziali, continue crisi, accresciute da un comportamento
operaio caratterizzato frequentemente dalla estraneità27, se non di malcontento (volynka)28, e dalla
22
ALASTAIR MCAULEY Development Strategy, Welfare Regime and Poverty Reduction in the Former Soviet Union
paper 2008 disponibile sul web. Tale pratica veniva tranquillamente tollerata dalle autorità per snellire le attività
produttive.
23
Questo fenomeno veniva definito comunemente col termine di blat. Nell’Ottobre-Novembre 1922 venne inscenato un
processo-spettacolo nella più grande cittadina tessile della Regione di Mosca, Orekhovo-Zuevo, a carico dei dirigenti
del complesso tessile e dei commercianti che avevano tentato di frodare l’impresa. Vennero comminate tredici sentenze
di morte tanto che per definire la corruzione dei dirigenti locali venne coniato il termine (Orekhovozuevismo).
(orekhovozuevshchina). SIMON PIRANI op.cit.
24
GPU Gosudarstvennoe Političeskoe Upravlenie Direzione Politica di Stato.
25
Il Kombinat era un agglomerato di imprese organizzate in modo tale che gli output di una siano gli input di altre.
Tutte le imprese venivano rifornite da una centrale elettrica e allo stesso tempo costituivano con i loro quadri e direttori
un `blocco' socio-economico che provvedeva a difendere il loro posto nel sistema. Questi `blocchi' si confrontavano gli
uni contro gli altri a tutti i livelli; nei `negoziati ' (vere e proprie `contrattazioni ') fra i ministeri e i dipartimenti del
Gosplan o nei rapporti quotidiani con le imprese di altri kombinat.
26
DONALD FILTZER op.cit.
27
DONALD FILTZER Labor Discipline, the Use of Work Time, and the decline of the Soviet System, 1928-1991
disponibile sul web.
28
Nelle fabbriche veniva usato spesso tra gli operai il termine volynka per esortare ad “andare piano” come forma di
protesta contro l’autoritarismo . JONATHAN AVES, Workers Against Lenin I.B.Tauris, 1996.
7
inadeguatezza del management d’impresa che il più delle volte non riusciva a rispettare il piano.
Spesso venivano poi riprodotte a livello locale le carenze ed i limiti della direzione centrale, cosa
che metteva in gravi condizioni i direttori per le insufficienze nella distribuzione degli input
spingendoli a sottostimare regolarmente la capacità produttiva delle loro imprese e a sovrastimare le
necessità degli input stessi. Infatti l’inefficienza del sistema dei glavki nel riportare ed organizzare
le direttive economiche del Soviet Supremo dell'Economia Nazionale, spesso caotiche e
caratterizzate dalla totale misconoscenza dei problemi29, obbligava le imprese ad organizzarsi a
livello locale per procurarsi con ogni mezzo materie prime o semilavorati che i glavki non
riuscivano a garantire. Silvana Malle riporta che “la conseguenza più evidente…era che non veniva
assicurata l’allocazione delle risorse provenienti dal centro e la distribuzione dell’output a seconda
delle priorità… i materiali venivano consegnati alle fabbriche in proporzioni arbitrarie ed in alcuni
casi venivano accumulati in eccesso mentre in altri vi era carenza, Inoltre la lungaggine delle
procedure necessarie per ottenere i prodotti ne fece aumentare la scarsità in certi periodi.
L’inefficienza delle strutture centralizzate creò seri problemi alle attività economiche locali 30.
Secondo i rapporti ufficiali però “in alcune fabbriche la produzione raddoppiò o triplicò nei primi
mesi del 1918 e molti di questi rapporti accreditano apertamente tali successi al comitato di
fabbrica“31. Significativo il fatto che di fronte a tale disordine l’Armata Rossa aveva commissionato
a particolari fabbriche la produzione di equipaggiamenti scavalcando il sistema glavk obbligando
così i bolscevichi a garantire all’esercito approvvigionamenti adeguati a fronte di una
disorganizzazione ed una miseria generalizzati32.
Per sopperire al caos della “pianificazione” venne stimolata una continua domanda di forza lavoro
che, con l’esaurirsi dell’esercito industriale di riserva sin dai primi anni 30, portò, come abbiamo
visto, alla “collettivizzazione forzata”. Vladimir Sirotin33 rileva poi che nel 1934 si assiste anche ad
un certo indebolimento delle leve di comando centrale sull’economia sovietica. Infatti con
l’aumento della differenziazione sociale e con l’inasprimento della repressione vennero concessi
alcuni diritti agli imprenditori favorendo la profittabilità affinchè lo stato potesse ricavarne dei
benefici attraverso la tassazione. Con la metà degli anni 30 venne fatto poi uno sforzo "per
organizzare la produzione e lo scambio tra le imprese di Stato sui principi di un'economia
competitiva, sulla base di interessi personali e della redditività”34, anche se nel decennio successivo
le leve di comando sull’economia tornarono nelle mani dello Stato.
Nel 1928 l’industria sovietica era prevalentemente concentrata nelle regioni europee ma dal 1933
assistiamo al progressivo spostamento degli investimenti verso le nuove aree di sviluppo del
Caucaso e degli Urali. Infatti la centralizzazione pianificata aveva favorito, ai fini di un controllo
più efficace, la tendenza verso la realizzazione di grandi centri industriali disseminati per il paese e
molti al di là degli Urali dove veniva usata anche la forza lavoro proveniente dalla deportazione
concentrazionaria. Nella tabella 1 riportiamo la composizione di classe in termini percentuali
relativa alla popolazione in Unione Sovietica in vari anni35:
29
WILLIAM G. ROSENBERG, Russian Labour and Bolshevik Power, Slavic Review Vol. 44, No. 2. (Summer, 1985)
disponibile nel sito lib.com.
30
SILVANA MALLE, The Economic Organisation of War Communism, 1918-1921 Cambridge University Press 2002
31
CARMEN SIRIANNI, Workers' Control and Socialist Democracy Verso 1987.
32
SILVANA MALLE op.cit. In tal modo si ponevano le basi per la nascita di un Complesso Militare Industriale.
33
VLADIMIR SIROTIN Alcuni fatti poco conosciuti della Storia dell'economia sovietica disponibile in russo sul web.
34
VLADIMIR SIROTIN op. cit.
35
GEOFFREY A. HOSKING The first socialist society: a history of the Soviet Union from within Harvard University Press
1992.
8
Tabella 1
1913
1924
1928
1939
1959
1970
1979
1987
Operai
Contadini
individuali
Contadini
nelle
Collettività
Impiegati
Borghesia e
Latifondisti
14,6
10,4
12,4
33,7
50,2
56,4
60,0
61,8
66,7
75,4
74,9
2,6
0,3
-
1,3
2,9
47,2
31,4
20,5
14,9
12,0
2,4
4,4
5,2
16,5
18,1
22,1
25,1
26,2
16,3
8,5
4,6
-
Fonte: Naselenie SSSR, Moskow: Politizdat, 1980, pag 143. Narodnoe Khozyaistvo SSSR za 70 let, Moskow: Finansy i
Statistika, 1987, pag 12.
Vennero anche stabilite norme ferree sulla disciplina del lavoro volte alla militarizzazione degli
operai, e sostenute dai sindacati ufficiali, attraverso sanzioni penali contro l’assenteismo e le
soluzioni delle controversie direttamente sul posto di lavoro, con la spada di Damocle dell’accusa di
sabotaggio anti-socialista che gravava sugli operai, ricattabili anche creando difficoltà nell’avere o
mantenere l’assegnazione dell’alloggio aziendale. Nel dicembre del 1938 venne poi introdotto il
libretto di lavoro, una vera e propria schedatura che impediva ad ogni lavoratore di operare una
libera scelta sulla sua occupazione, utilizzabile come documentazione a disposizione della direzione
per ogni tipo di sanzione. A partire dal dicembre 1932 per potersi spostare all’interno dell’Unione
Sovietica era necessario il passaporto e le difficoltà nell’ottenere il visto obbligavano gli operai a
rimanere nello stesso posto di lavoro; alcune città, come Mosca, Leningrado, Kiev, Odessa, Minsk,
Kharkov, Rostov, Vladivostok, vennero addirittura dichiarate “chiuse”. La disciplina nelle fabbriche
veniva garantita inizialmente dai direttori che potevano tranquillamente comminare misure
disciplinari: dalla semplice “reprimenda” al trasferimento a mansioni sottopagate fino al
licenziamento. Il sindacato aziendale, che nel 1934 era passato direttamente alle dipendenze del
Ministero dell’Economia, poteva poi istituire, all’occorrenza, una sorta di “tribunale dei compagni”
che arrivava ad isolare gli elementi più “indesiderati” attraverso una pubblica “condanna”, secondo
lo stile del “centralismo democratico”, ed invitare la direzione ad applicare i provvedimenti che le
competevano.
Tra il 1938 ed il 1940 vennero poi introdotti per decreto dei provvedimenti che contemplavano
persino la deportazione nei confronti dell’operaio che arrivava ripetutamente in ritardo di 20 minuti
o che risultava ubriaco sul posto di lavoro. Secondo John Barber e Mark Harrison a partire dal 1940
ogni anno venivano perseguitati in media un milione di lavoratori accusati di assenteismo e 200
mila per aver abbandonato illegalmente il posto di lavoro ma vennero poi amnistiati nel 194436
Negli anni 50 venne istituita in ogni fabbrica la cosiddetta Pervoi otdel (Prima Sezione), legata
direttamente al KGB37, con il compito di segnalare ogni “operaio ideologicamente indesiderabile” o
che avesse partecipato ad attività “dissidenti” anche senza alcuna violazione delle leggi. Tutte
queste misure adottate dal Governo Centrale dovevano sopperire alle carenze di produttività spesso
determinate come abbiamo visto da una sorta di “accordo” tra la direzione della fabbrica e gli operai
che, in una condizione di “pieno impiego”, lavoravano male, autoriducendosi i ritmi o
36
JOHN BARBER; MARK HARRISON, The Soviet Home Front, 1941-1945: A Social and Economic History of the USSR
in World War II (London, 1991).
Social and Economic History of the USSR in World War II (London, 199
37
KGB Komitet Gosudarstvennoj Bezopasnosti Comitato per la Sicurezza dello Stato, attivo dal 1953.
9
interrompendo le attività con ogni scusa possibile, e spesso si assentavano dal lavoro.38 Nel solo
1940 dei 3,3 milioni di casi giudicati dal Tribunale del Popolo, che riguardavano gli operai, 2,1
milioni vennero sentenziati per scarso rendimento o per abbandono ingiustificato del posto di lavoro
con la condanna a sei mesi di lavoro coatto a salario ridotto del 25%, mentre 322 mila furono i
lavoratori mandati in carcere dai due ai quattro mesi. Nel 1949 vennero giudicati per
“comportamento criminale” quasi quattro milioni di operai 39.
L’accumulazione socialista
Nel 1928, come riferisce Robert C Allen40, l’Unione Sovietica aveva uno stock di capitale fisso
piuttosto modesto, ma col primo piano quinquennale (1928-1932) gli investimenti in capitale fisso
passarono dall’8% del 1928 al 20% con la metà degli anni 30, grazie anche alle importazioni, e
continuarono a crescere fino alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale41. In definitiva risulta
evidente una poderosa accumulazione di capitale nel corso dei primi tre piani quinquennali
nonostante le svalutazioni subite dal rublo in tutto il periodo.
38
ADRIAN KARATNYCKY/ ALEXANDER MOTYL/ ADOLPH STURMTHAL Worker's Rights, East and West: A Comparative
Study of Trade Union and Workers Rights in Western Democracies and Eastern Europe Transaction Pub 1980.
39
ANDREI SOKOLOV “Forced Labor in Soviet Industry: The End of the 1930s to the Mid-1950s” in PAUL R. GREGORY
AND VALERY LAZAREV, editors, The Economics of Forced Labor: The Soviet Gulag Stanford, CA: Hoover Institution
Press, 2003.
40
ROBERT C. ALLEN The Rise and Decline of the Soviet Economy The Canadian Journal of Economics / Revue
canadienne d'Economique, Vol. 34, No. 4. Nov. 2001.
41
Tra il 1926-27 ed 1931 l’importazione di macchinari e beni per l’industria crebbero del 243%. PARESH
CHATTOPADHYAY The Marxian Concepì of Capital and the Soviet Experience Praeger Publisher 1994 disponibile sul
web.
10
Nella tabella 2 possiamo osservare che gli incrementi percentuali relativi alla produzione di mezzi
di produzione in URSS dal 1928 al 1973 mostrano aumenti considerevoli tra il 1928 ed il 1940 ma
sempre più modesti a partire dagli anni 60 comunque decisamente superiori alla produzione di beni
di consumo.
Tabella 2
Incrementi percentuali nella produzione di capitale fisso rispetto alla produzione totale
1928
1940
1960
1970
1973
35.1 %
61.2 %
72.5 %
73.4 %
74.0 %
Narodnoe Khoziastvo SSSR, 1922-1972, 1972, p.130; CMEA, Statistical Ezhegodnik, 1974 p 71.
Occorre però far notare che secondo i criteri con cui venivano selezionati in Unione Sovietica i dati
statistici i valori relativi ai “mezzi di produzione” comprendevano anche alcuni beni di consumo,
come le auto, dando luogo ad una sovrastima42.
Secondo i dati presentati da Chattopadhyay a partire dalla metà degli anni 60 gli investimenti fissi
nella produzione subirono un andamento declinante rappresentato dalla Tabella 3, mentre le stime
di Khanin riportano un aumento medio degli investimenti tra il 1961 ed il 1985 pari all’1,59%.
Tabella 3
Saggi medi di crescita degli investimenti nel settore della produzione (1961-1985) in %
1961-65
1966-70
1971-75
1976-80
1981-85
6,2 %
7,5 %
7,0 %
3.4 %
3,6 %
Dai dati riportati in PARESH.CHATTOPADHYAY cit
Per quanto riguarda le innovazioni tecnologiche nel processo produttivo occorre premettere che
nella fase tra il 1928 ed il 1932 gli investimenti lordi, come abbiamo visto, raddoppiarono43 per poi
diminuire l’anno successivo mentre nel 1935 e nel 1940 tornarono ad aumentare anche perché
l’URSS importò mezzi di produzione dai paesi occidentali esportando in questi le materie prime.
Ma in realtà solo un quarto delle industrie sovietiche beneficiarono di tali innovazioni, i restanti tre
quarti utilizzavano macchinari piuttosto arretrati sopravvissuti alla devastazione del periodo della
guerra civile o di qualità scadente prodotti all’interno. Nonostante ciò assistiamo ad una crescita
veramente imponente nella produzione di risorse naturali come riporta la seguente tabella 4
Tabella 4
Crescita della produzione delle risorse naturali 1928-1940
Elettricità (milioni di Kwh)
1928
5,0
!932
13,5
42
1937
36,2
1940
48,3
Sul problema dei criteri organizzativi per le rilevazioni statistiche nell’ex Unione Sovietica e le distorsioni causate da
una pressante ingerenza “politica” è interessante MARTINE MESPOULET Statistique et révolution en Russie. Un
compromis impossible (1880-1930). Rennes, Presses Universitaires de Rennes, 2001 (Vedi nota 79).
43
Nel 1932 l’Unione Sovietica acquistò il 90% dei macchinari esportati dall’Inghilterra. La maggior parte del
macchinario industriale proveniva dall’Europa e in quell’anno vennero importate macchine utensili per 338 milioni di
rubli che rappresentavano il 78% di tutte le macchine utensili installate.
11
Carbone (milioni di tonn)
Petrolio (milioni di tonn)
Gas
(milioni di tonn)
Minerali di ferro (idem)
3,3
11,6
0,3
6,1
6,2
21,4
1,0
12,1
14,5
28,3
2,2
27,8
14,9
31,1
3,2
29,9
Fonte Narkhoz 1922-1972 pp 136 presente in Chattopadhyay (cit.)
Risorse che venivano sfruttate nelle nuove 1500 Kombinat progettate nel primo piano
quinquennale, come gli impianti chimici di Dneprogres, l’altoforno di Magnitogorsk,44 il più grande
d’Europa costruito grazie al contributo di Arthur G. McKee e della Company of Cleveland, quello
di Oural-Kuznetsk45, edificato grazie alla supervisione della americana Freyn Company, e di
Zaporozhye in Ucraina, il complesso minerario del Kunbass, le fabbriche di automobili di Mosca46,
di Gorky47, quelle di macchinari pesanti degli Urali e di Kramatorsk, quelle di trattori a Kharkov,
Stalingrado e Cheliabinsk e l’impianto di macchinari agricoli di Rostov. In tali complessi
giganteschi veniva sfruttata una classe operaia che passò dai 2,5 milioni del 1927 agli 8 milioni nel
1932, ai 10,1 del 1937 per raggiungere gli 11 milioni nel 1940 e in molte di queste kombinat
lavoravano ingegneri e dirigenti americani o tedeschi48 come John Calder a Magnitogorsk e a
Cheliabinsk49. Nonostante tutto ciò non si assiste ad un aumento rilevante della produttività
contrariamente a quanto viene sostenuto comunemente; ad esempio la capacità produttiva del
complesso mastodontico di Magnitogorsk era al 45% senza sottovalutare che il 25% della mano
d’opera era stata trasferita a forza ed il 15% degli operai erano deportati provenienti dai Gulag50.
Ferruccio Gambino, riferendosi agli esperimenti relativi all’applicazione del lavoro parcellizzato in
Unione Sovietica per incrementare la produttività nei primi due piani quinquennali, afferma che
“alla catena di montaggio dello stabilimento automobilistico di Gorky, grazie anche all'apporto dei
tecnici della Ford, si mantenne un livello di produttività di circa il 50% inferiore a quello delle
fabbriche statunitensi della Ford”51. La ripresa seguita alla II Guerra Mondiale è stata
sostanzialmente determinata dalla “ricostruzione”, come in altri paesi occidentali, visto che dopo la
Polonia l’Unione Sovietica è stata la nazione più devastata dal conflitto con la distruzione di 35
mila impianti industriali, 98 mila fattorie collettive, 6 milioni di edifici, tra i quali 40 mila ospedali
ed il 40% delle abitazioni delle città, inoltre venne distrutto quasi il 40% delle linee ferroviarie.
Nel 1945 il settore minerario e metallurgico era stato ridotto al 40% rispetto ai livelli del 1940
mentre la produzione di beni alimentari era al 60%. La ripresa dell’economia, come vedremo, durò
fino al 1960 ma senza sostanziali benefici per la classe lavoratrice e molti osservatori la paragonano
ad uno sviluppo tipico dei paesi del terzo mondo: l’Unione Sovietica continuava a fatica la
trasformazione da paese prevalentemente agricolo ad una forma economica “più moderna”. 52
44
J.SHAPIR L’industrialisation en Union Sovietique Comunications, vol 42. N° 1 ; 1985
JEAN-PAUL DEPRETTO Les Ouvriers en URSS, 1928-1941 Publications de la Sorbonne, Institut d'études slaves, Paris
1997. STEPHEN KOTKIN Magnetic Mountain: Stalinism as a Civilization, University of California Press, 1995.
46
Nel 1930 venne fondata a Mosca la "KIM" (ovvero l'attuale AZLK-Moskvitch; la sigla AZLK sta per "Avtomobilny
Zavod imeni Leninskogo Komsomola", in italiano "Fabbrica Automobili della Gioventù Leninista"
47
Con la GAZ (Gorkovsky Avtomobilny Zavod, (Fabbrica Automobili di Gorkyi) fondata nei primi anni '30 che era la
seconda fabbrica russa in termini di produzione,
48
Nel 1931 venivano utilizzati in unione Sovietica 2000 “specialisti” nel settore estrattivo del carbone, dei quali l’80%
erano tedeschi, che nel 1932 erano saliti a 6800 di cui 1700 erano americani.
49
Per il suo lavoro John Calder ricevette l’Ordine di Lenin.
50
Gulag è l’acronimo di Glavnoe Upravlenie Lagerei (Amministrazione Centrale dei Campi).
51
FERRUCCIO GAMBINO Critica del fordismo della scuola regolazionista, in Eugenia Parise (a cura di), Stato Nazionale,
lavoro e moneta, Napoli, Liguori, 1997, pp. 215-240. La Ford produsse nel 1932 il Modello B e ne venne realizzata una
versione su licenza in URSS alla Gaz.
52
ROBERT C. ALLEN Farm to Factory:A Reinterpretation of the Soviet Industrial Revolution Princeton University Press
2003.
45
12
L’edificazione del complesso di Magnitogorsk
I Salari dell’operaio sovietico
Da una indagine effettuata nel 1924 risultava che 80 mila dirigenti statali ammettevano di percepire
un reddito nettamente superiore al tetto di cinque volte il salario operaio imposto dal governo nel
1920, 15 mila dichiararono di ricevere 15 volte il minimo stabilito e 1500 addirittura 30 volte53.
Nel 1927 le entrate medie dei due milioni e mezzo di operai delle industrie e delle miniere
corrispondevano a 62,2 rubli mensili, mentre il salario medio dei lavoratori era di 65,3 rubli, una
condizione migliore rispetto al quinquennio precedente ma non molto dissimile dalle entrate del
periodo antecedente la rivoluzione.
Il livello dei salari non seguiva le cifre positive dello sviluppo, infatti in tutto il periodo cha va dalla
fine degli anni 20 alla metà degli anni 50 i salari reali diminuirono. Agli inizi degli anni 30, con la
fase della industrializzazione, i salari subirono un declino del 30-40%, ad esempio nel 1937 i salari
reali, inclusi i benefit dello stato sociale, erano pari al 60-80% di quelli del 192854 e con una
53
SIMON PIRANI Notes from a Revolution Dying Against the Current n° 134, May-June 2008.
A Mosca nel 1937 il salario degli operai variava dagli 80 ai 400 vecchi rubli mentre funzionari, cattedratici ed artisti
percepivano dai 1500 ai 10.000 rubli mensili e certi appartenenti alla elite arrivavano a guadagnare mensilmente dai 20
ai 30 mila rubli. Sul salario occorre precisare che vi erano un numero considerevole di deduzioni come la trattenuta
fissa che andava dallo 0,7 al 3,3 % per entrate superiori a 150 rubli, l’imposta detta “culturale” per teatri, biblioteche
54
13
trattenuta complessiva che raggiungeva il 30% destinata allo Stato Sociale ma del quale non è mai
esistito un budget ufficiale eccetto quello pubblicato sulla Izviestia del 9 Luglio 1935 che era pari a
sei miliardi di rubli mentre il prelievo operato sui salari quell’anno ammontava a dodici miliardi di
rubli.55 Con il periodo bellico assistiamo ad un crollo dei redditi spaventoso infatti, come si nota
dalla successiva tabella 7, alla fine della Guerra il livello delle retribuzioni (1948) era nettamente
inferiore a quello del 194056, mentre con la ripresa del 1950 non erano più elevati del 1928; tra
l’altro, secondo le stime di Khanin, tra il 1928 ed il 1934 l’inflazione media era aumentata del
18,5% rispetto all’8,8% delle stime ufficiali. Khanin inoltre suggerisce un ulteriore 8,9% di
inflazione “occulta”, infatti i prezzi venivano stabiliti dall’alto ma tra le diverse imprese collegate
tra loro esisteva una sorta di mercato orizzontale. L’aumento del costo della vita, i due terzi del
salario era destinato all’acquisto di beni alimentari, favorì l’ingresso delle donne nel processo
produttivo per poter integrare il reddito familiare, così la forza lavoro femminile, che nel 1928-32
costituiva il 27% della popolazione lavorativa, nel 1940 salì al 39%. Victor Serge 57 riporta che la
struttura militare sovietica venne ristrutturata nel 1935 sulla base dei nuovi privilegi riemersi nella
società, infatti i salari potevano variare dai 70 rubli mensili di una operaia ai 1000-10.000 rubli per
gli alti funzionari di partito e per gli spetsy58 fino ad arrivare ai milioni di rubli percepiti dai pittori,
poeti e romanzieri che si trastullavano al culmine di questa piramide spaventosa. Il collaboratore di
un Istituto scientifico prendeva dai 300 ai 400 rubli mensili ma poteva lavorare in due o tre istituti
raggiungendo così i 1200 rubli. Un giornalista riusciva a portare a casa 250 rubli ma se collaborava
ad altre pubblicazioni poteva triplicare il suo reddito mensile. Il direttore di una fabbrica poteva
percepire dai 500 ai 1500 rubli ma riusciva a garantirsi un premio per aver raggiunto gli obiettivi
del piano (senza contare le entrate “nascoste”). Ufficialmente, il direttore della società che aveva
superato il piano del 10%, poteva aggiudicarsi, a seconda dello stipendio, fino al 70% dei premi.
Inoltre Serge aggiunge che “I funzionari di partito ed i leader comunisti potevano ricevere in dono
vestiti di ottima fattura, il partito garantiva poi alloggi nei migliori quartieri costruiti appositamente
per loro e ricevevano gratis, o a prezzi irrisori, benefit per le stazioni balneari del Caucaso e della
Crimea”59. Simon Pirani, rifacendosi ad un rapporto ufficiale del partito, riporta che nel 1923
Aleksei Gurevich, dirigente nazionale del sindacato metallurgici, percepiva un’entrata pari a 12
volte il minimo salariale ed il comunista ungherese Bela Kun, in esilio a Mosca, aveva salario a dir
poco vergognoso pari a 25 volte il minimo60.
In Unione Sovietica i livelli salariali tra gli operai comuni nel 1923 erano distinti in base alla
anzianità, ma tutte le categorie lavorative erano distribuite su 17 livelli. Comunque esistevano
sostanzialmente solo due fasce retributive base: quella più bassa percepita dagli operai occupati
nelle imprese più “tradizionali”, ossia i lavoratori manuali e non specializzati e quella degli
ingegneri e tecnici delle stesse imprese61. Vi erano poi differenziali salariali tra i lavoratori dei
piccoli centri e delle campagne rispetto a quelli delle grandi città (un operaio moscovita percepiva
un salario 35 volte superiore a quello di un operaio di un piccolo centro) e delle grandi kombinat
ecc dallo 0,8 al 2%, la quota sindacale (l’iscrizione era obbligatoria) dallo 0,93 al 2,8%, il “prestito” allo stato
(teoricamente libero ma praticamente obbligatorio) del 10%, la quota destinata a Società ed opere diverse (di fatto
obbligatoria) pari all’1% del salario. A queste imposte dirette bisogna aggiungere le imposte indirette sul tabacco,
l’alcool ecc.
55
M. YVON Ce qu’est devenue la Révolution Russe La Révolution Proletarienne 1936. disponibile sul sito la Bataille
Socialiste.
56
JANET G. CHAPMAN Real Wages in Soviet Russia since 1928 Cambridge-Mass: Harvard University Press 1963.
57
VICTOR SERGE Russia twenty years after Humanities Press, New Jersey 1996.
58
Molte fabbriche erano nelle mani degli spetsy (Specialisti) ossia dei vecchi direttori che le dirigevano prima della
rivoluzione vedi SIMON PIRANI op.cit. Inoltre dal censimento del 1926 si rileva che il numero di amministratori statali, i
direttori e gli spetsy ammontavano a 500 mila a fronte di una popolazione lavorativa di 86,2 milioni.
59
VICTOR SERGE op.cit.
60
SIMON PIRANI L’Elite di Partito, i dirigenti delle Industrie e le cellule: i primi stadi della formazione della classe
dirigente sovietica a Mosca 1922-23.
61
ABRAM BERGSON The structure of soviet wages: a study in socialist economics Harvard economic studies Volume 76
Harvard University Press, 1944. Disponibile sul web.
14
fulcro della realizzazione del Piano. I contadini occupati nelle aziende collettive ricevevano il
salario, o il corrispettivo in beni, solo dopo il raccolto e dopo il saldo dei finanziamenti ricevuti
dalla cooperativa agricola, ciò giustifica lo spostamento massiccio dei lavoratori agricoli dai Kolkoz
ai Sovkoz62 dove ricevevano un salario fisso simile a quello degli operai delle kombinat che negli
anni 70 oscillava tra i 70 e gli 85 rubli mensili. Non andava meglio per gli impiegati negli uffici che
percepivano un salario molto vicino a quello degli operai, ma naturalmente erano molti i lavoratori
che ambivano a questo tipo di occupazione per le migliori condizioni di lavoro. Nel 1933 il governo
sovietico emanò un decreto che regolava le norme sul salario e sulla produzione secondo le quali lo
stipendio di un operaio veniva determinato dalla quantità e qualità della produzione richiesta senza
alcuna garanzia di un salario minimo che venne introdotto solo nel 1957 e corrispondeva a 30 rubli
mensili, ma in seguito aumentò gradatamente.
Sulla base dei dati ufficiali e da quelli provenienti dai circoli dissidenti, come abbiamo visto, risulta
che il salario medio di un operaio delle industrie russe precedentemente il Primo Conflitto Mondiale
era pari a 60-70 rubli mensili. Mac Auley, utilizzando i dati ufficiali degli analisti sovietici, riporta
che nel 1956 le entrate medie dei lavoratori sovietici ammontavano a 62,2 rubli (nuovi) e nel 1958
veniva rilevato che la soglia minima di povertà era determinata da una entrata mensile di 30 rubli
che veniva percepita dal 32% dei lavoratori statali non agricoli63.
Alla metà degli anni 60 il reddito operaio era di 120-140 rubli (il doppio) ma i prezzi erano cresciuti
rispetto a quel periodo di 5 o 6 volte il che implica un salario reale due o tre volte più basso rispetto
al periodo che precede la rivoluzione..
Le giornate di lavoro, nonostante l’introduzione della settimana di cinque giorni, risultavano
maggiori (252) del periodo zarista in quanto le festività vennero ridotte ad otto rispetto alle
numerose feste religiose che riducevano il numero di giornate di lavoro a 237 e di conseguenza la
settimana lavorativa era di quattro giorni e mezzo. Se dividiamo il salario medio di 150 rubli
sovietici e i 70 rubli zaristi per il numero di giornate lavorative mensili (21 gg in URSS e 19,75
nella Russia zarista) otteniamo un salario giornaliero di 7,14 rubli per l’URSS e 3,54 rubli per la
Russia mantenendo però costanti i prezzi delle derrate alimentari fondamentali. Per fare un raffronto
possiamo notare che nel 1955 la settimana lavorativa nelle industrie sovietiche era di 47,8 ore ed i
giorni di ferie erano 18,5.
Secondo M. Holubenko64 nel 1967 è stato rilevato che il 20% degli operai “meglio pagati” nelle
industrie delle costruzioni, si trovavano al di sotto della soglia di povertà ed il 60% di quelli
impiegati nei settori industriali “meglio pagati” del tessile ed alimentare erano classificabili
anch’essi al di sotto di tale soglia corrispondente a 50 rubli mensili.
In un articolo apparso nell’Agosto 1974 sul Zhurnalist l’economista sovietico V. Perevedentsev
dichiarava espressamente che nel 1973 il salario di 135 rubli riportato dai rapporti ufficiali era in
realtà di 126 rubli (9 rubli venivano trattenuti per “garantire i livelli di vita”) mettendo in evidenza
sia le discrepanze tra i dati ufficiali relativi al salario sia le condizioni difficili in cui si dimenava il
lavoratore sovietico in un periodo in cui si decantavano le riforme. Se si ridimensionano i dati
ufficiali si scopre che due quinti degli operai e delle famiglie negli anni 70 vivevano in condizioni
di povertà65 mentre dilagava la corruzione legalizzata, la kremlyovka, tra l’elite dei politici, i
direttori delle imprese e degli uffici statali66, una sorta di cleptocrazia che durerà fino al crollo
dell’89. Per avere un’idea della stratificazione sociale in Unione Sovietica Atkinson e Micklewright
62
I Kolchoz erano le fattorie collettivizzate sottoforma di cooperative mentre i Sovchoz erano le aziende agricole
sovietiche alle dirette dipendenze dello stato.
63
ALASTAIR MCAULEY Development Strategy, Welfare Regime and Poverty Reduction in the Former Soviet Union
2008 paper disponibile sul web.
64
M. HOLUBENKO The Soviet Working Class: Discontent and Oppression, Critique n 4, 1975.
65
MERVYN MATTHEWS Poverty in the Soviet Union: the life-styles of the underprivileged in recent years Cambridge
University Press, 1986.
66
KONSTANTIN M SIMIS USSR: The Corrupt Society in ERIK P. HOFFMANN, ROBBIN FREDERICK LAIRD “The Soviet
Polity in the Modern Era” Aldine Transaction, 1984.
15
riportano che nel 1985 il coefficiente di Gini67 relativo alla distribuzione delle entrate pro-capite era pari
a 0.26 mentre nel Regno Unito nello stesso anno era 0.368. Bergson ha rilevato che per quanto
concerne le entrate “ vi è una notevole somiglianza tra l’Unione Sovietica ed i Paesi occidentali”69
Infine, come sottolinea Konstantin M Simis, tra i lavoratori era diffuso il cosiddetto “lavoro nero”,
shabashnichetsvo, praticato da una massa enorme di operai che al termine di turni, ma spesso anche
durante l’orario di lavoro ed utilizzando i macchinari della fabbrica, si trasformavano in meccanici,
muratori, idraulici, per sopperire alle gravi carenze delle imprese statali di manutenzione, o in
commercianti illegali di qualsiasi merce70.
Il Consumo Socialista
Durante la fase della NEP 71 (1921-1928) la nuova società russa, liberatasi dallo zarismo e dalle
penurie della fase “rivoluzionaria”, tendeva sempre più verso una società “socialista” dedita al
consumo che si manifestava apertamente nella città di Mosca con l’apertura sulla Piazza Rossa dei
67
Il Coefficiente di Gini misura la diseguaglianza di una distribuzione. È spesso usato per misurare la diseguaglianza
nella distribuzione del reddito o anche della ricchezza. È un numero compreso tra 0 ed 1. Valori bassi del coefficiente
indicano una distribuzione più uguale, con il valore 0 che corrisponde all'uguaglianza perfetta mentre il valore 1
rappresenta la massima disuguaglianza (ossia un individuo che possiede tutta la ricchezza).
68
ATKINSON, A.B. AND MICKLEWRIGHT, J.. Economic Transformation in Eastern Europe and the Distribution of
Income. Cambridge: Cambridge University Press. 1992.
69
ABRAM BERGSON Income InequalityUnder Soviet Socialism Journal of Economic Literature 22, n 3. September 1984.
70
MIKE HAYNES in The USSR and the Crisis (International Socialism, May 1976) riferisce che negli anni 70 alla
Zhiguli ed alle officine di manutenzione vi era una notevole carenza dei pezzi di ricambio per cui si era sviluppato un
mercato nero di tali ricambi a livello di massa e gli interventi di manutenzione erano totalmente in nero.
71
La Nuova Politica Economica, istituita nel 1921 dal X Congresso del Partito Comunista, doveva momentaneamente
favorire la ripresa economica in Unione Sovietica dopo la fase della Guerra Civile attraverso un parziale ripristino della
proprietà privata, della concorrenza tra le imprese, statali e non, e del libero mercato.
16
famosi magazzini GUM72 attraverso i quali si intendeva avviare una “lotta rivoluzionaria” contro le
imprese di distribuzione privata, perchè venissero socializzati i consumi alla classe operaia e per
stabilire norme efficaci sulla vendita, l’acquisto ed il consumo di beni secondo uno “stile
socialista”. I magazzini statali, nel frattempo sorti anche in altre grandi città, dovevano quindi
svolgere un ruolo “politico”, nel bel mezzo di una ripresa della concorrenza capitalista in una
economia mista, in quanto avevano la funzione di stimolare il cittadino sovietico a valorizzare il
ruolo dello stato anche nella distribuzione dei beni. Inoltre la guerra ai piccoli commercianti doveva
realizzarsi attraverso la differenza dei prezzi in quanto questi ultimi erano inclini, come sempre, ad
aumentarli considerevolmente. Infine nei grandi magazzini venivano esposti manifesti e cartelli che
inneggiavano ai traguardi conseguiti sulla strada del socialismo con lo scopo di “educare ed
informare la classe operaia”.
I magazzini Gum sulla Piazza Rossa
Nelle aree più decentrate e nelle regioni rurali fiorirono invece le Cooperative di Distribuzione
statali anch’esse finalizzate ad una razionalizzazione della distribuzione e ad una “corretta
acquisizione dei beni e per favorire una educazione di massa verso un consumo moderno, dignitoso
ed efficiente”. I grandi magazzini statali delle grandi città erano visitati da una folla enorme di
lavoratori ma col tempo divennero sempre più meta del nuovo strato di privilegiati e dei turisti in
grado di poter acquistare le merci esposte in bella vista, ma dai prezzi piuttosto elevati rispetto al
salario medio di quel periodo. In una prima fase in alcuni magazzini statali vennero proposte delle
linee di credito per l’acquisto di una serie di beni di consumo per quei lavoratori che percepivano un
salario inferiore ai 70 rubli mensili. L’ammontare di tale credito al consumo non doveva superare la
metà della retribuzione e l’acquisto prevedeva il versamento di un acconto pari al 10% del totale
della spesa. Il debito doveva essere estinto entro cinque mesi ma per le merci di primaria necessità il
termine poteva essere derogato; resta il fatto che ben pochi lavoratori riuscivano ad estinguere il
debito con le gravi conseguenze che ciò comportava.
Il livello dei consumi dopo la caduta del periodo 1929-33 riprese a salire, ma i dati ufficiali forniti
dai vari istituti confermerebbero una crescita inferiore al periodo della NEP, fenomeno che è durato
fino alla vigilia della II Guerra Mondiale. Un nuovo rilancio è rilevabile solo cinque anni dopo il
razionamento introdotto nel 194773, ma occorre sottolineare anche l’estremo divario dei livelli di
consumo tra le città (specie quelle europee come Mosca e Leningrado) e le zone rurali caratterizzate
da livelli salariali decisamente inferiori. Ad esempio la quota dei consumi relativa alla città di
Mosca tra il 1933 ed il 1952-55 era aumentata in maniera significativa comprendendo una varietà di
beni irraggiungibili dal resto dell’Unione. Inoltre va precisato che nel decennio successivo alla
guerra alcuni strati “privilegiati”, come gli scrittori più famosi, i ballerini e l’elite, che costituivano
72
Gosudarstvennyi Universal'nyi Magazin ossia il Magazzino Universale di Stato. I Magazzini Gum vennero creati dal
Sovnarkom (Consiglio dei commissari del popolo, una sorta di Consiglio dei ministri) nel Dicembre 1921. Dopo una
fase iniziale molto promettente, le vendite in seguito declinarono fino al 1924, anno nel quale entrarono nei magazzini
solo 1 milione di rubli contro i 5 milioni pianificati. Dopo qualche anno di sopravvivenza i magazzini GUM chiusero i
battenti nel 1931 per essere riaperti nel 1953. HILTON MARJORIE L. Retailing the revolution: the State Department
Store (GUM) and Soviet society in the 1920s. Journal of Social History June 22, 2004.
73
JULIE HESSLER The Birth of a Consumer Society: Consumption and Class in the USSR, 1917-1953” University of
Oregon 2002.
17
la nomenklatura, hanno visto aumentare considerevolmente i loro consumi di “lusso”grazie al gap
salariale. Bisogna poi aggiungere che più della metà del denaro destinato all’acquisto di un bene di
consumo veniva prelevato dallo stato sottoforma di tassazioni e che i differenziali dei prezzi al
dettaglio fecero aumentare la propensione al consumo dei prodotti base, come il pane, un bene a
buon mercato, che, secondo le autorità governative, “rappresentava la soddisfazione delle necessità
primarie a costi minimi per lo stato”, e non si devono sottovalutare le periodiche svalutazioni del
rublo che vedremo in seguito. Secondo i dati riportati da Mervyn Matthew74 alla metà degli anni
sessanta in una famiglia di quattro persone con una entrata di 51,4 rubli (in seguito alla svalutazione
del 1961 il nuovo rublo valeva 10 dei vecchi) , il 56% era destinato al mantenimento del livello di
vita secondo il paniere di quel periodo, una percentuale simile a quella dei paesi in via di sviluppo.
Un samizdat75 del 1979 (Women and Russia: An Almanack to Women about Women) riportava che
negli anni 60 il livello salariale medio delle donne era pari alla metà di quello dei lavoratori maschi
che svolgevano la stessa mansione, cosa che evidenzia chiaramente la struttura patriarcale della
famiglia sovietica forse più conservatrice rispetto ai paesi occidentali (si pensi ai paesi scandinavi).
Nella tabella 5 riportiamo alcuni dati sul “livello di vita” nell’Unione Sovietica tra il 1965 ed il
1978.
Tabella 5
Salario mensile
Numero di medici
Famiglie con un apparecchio televisivo
Famiglie con un frigorifero
Spazio vitale pro capite (aree urbane)
Consumo pro capite di carne e affini
Consumo pro capite di vegetali
Consumo pro capite di patate
Consumo pro capite di pane e farine
1965
96.5 rubli
554,000
24 %
11 %
10 m2
41 Kg
72 Kg
142 Kg
156 Kg
1978
159.9 rubli
929,000
82 %
78 %
12.7 m2
57 Kg
90 Kg
120 Kg
140 Kg
(Fonte: The Guardian, 17/8/81. Riportato in F. Halliday, The Making of the Second Cold War, p.139.)
La produzione di beni di consumo continuò a declinare sin dal 1928 come si nota dalla seguente
tabella 6 che riporta i dati percentuali rispetto alla produzione totale.
Tabella 6
Produzione di beni di consumo sul totale
1928
1940
1960
1970
1973
64.9 %
38.8 %
27.5 %
26.6 %
26.0 %
Narodnoe Khoziastvo SSSR, 1922-1972, 1972, p.130; CMEA, Statistical Ezhegodnik, 1974 p 71
74
MERVYN MATTHEW Class And Society In Soviet Russia Allen Lane 1972.
Samizdat vuol dire "edito in proprio", e indica la produzione spontanea di pubblicazioni illegali che esplose in Unione
Sovietica tra la fine degli anni '50 e i primi anni 60’. Per maggiori informazioni vedi FERDINAND JOSEPH MARIA
FELDBRUGGE Samizdat and political dissent in the Soviet Union BRILL, 1975.
75
18
Il livello dei consumi era cresciuto del 10% nel periodo 1928-37 ma tali aumenti comprendevano
anche lo sviluppo dei servizi pubblici (sanità, scuola, ecc) garantiti dal governo, allo stesso tempo
tra il 1928 ed il 1940 il consumo per operaio ha subito un declino del 27%, un valore che mostra
chiaramente una propensione al consumo esclusivamente a favore degli strati privilegiati.
Nel periodo successivo alla guerra i salari tornarono ai livelli del 1940 solo nel 1949 per cui i
consumi in questa fase erano piuttosto modesti. Dei 247 miliardi di rubli stanziati nel piano
quinquennale del 1946-50, 163 miliardi erano destinati all’industria pesante, 53 miliardi allo
sviluppo dei trasporti e delle comunicazioni e 25 miliardi alla produzione di beni di consumo.
Philip Hanson 76 riporta che le condizioni di vita nel 1945 erano decisamente miserevoli e negli anni
50, nonostante le gravi perdite umane subite durante la guerra, la crescita dei consumi è stata
piuttosto modesta raggiungendo un livello di poco superiore a quello del 1940.
Nella tabella 7 riportiamo in rubli i dati relativi alle entrate ed ai consumi del periodo 1937-55
(1937= 100) secondo le stime di Jasny77 e Chapman78:
Tabella 7
1940
1944
1948
1950
1952
1955
Entrate reali pro-capite a prezzi 1927-28
Jasny
Consumo pro-capite a prezzi 1937
Chapman
86
74
97
113
135
96
66
114
159
I dati della Chapman riguardano esclusivamente gli operai ed i lavoratori nelle grandi città
industriali, comunque l’incremento dei consumi a partire dagli anni 50 è dovuto anche all’ingresso
delle donne sul mercato del lavoro.
Nella tabella 8 si può notare come l’incremento percentuale dei consumi nel periodo 1966-78 vada
comunque diminuendo considerevolmente, infatti il tasso di inflazione nel periodo 1969-76 era del
13-16%.
Tabella 8
1966-70
1971-75
1976-78
5%
2.9 %
2.1 %
(Fonte: The Guardian, 17/8/81. Riportato in F. Halliday, The Making of the Second Cold War)
Ma se analizziamo il dato relativo al consumo di beni alimentari scopriamo un declino sconcertante
degli incrementi come si nota in tabella 9.
Tabella 9
1966-70
1971-75
1976-78
4.2 %
1.7 %
0.6 %
(Fonte: The Guardian, 17/8/81. Riportato in F. Halliday, The Making of the Second Cold War)
76
PHILIP HANSON The rise and fall of the Soviet economy: an economic history of the USSR from 1945. Pearson
Education, 2003.
77
NAUM JASNY Soviet industrialization, 1928-1952 The University of Chicago Press, 1961.
78
JANET G. CHAPMAN Real Wages in Soviet Russia since 1928 Harvard University Press, 1963.
19
Per avere un’idea dei prezzi di alcuni generi alimentari possiamo raffrontare il costo del pane che
nel 1976 era di 18 Kopeki79 al chilo mentre nel 1913 era pari a 6,5 “vecchi” Kopeki,80 lo zucchero
90 Kopeki al chilo (nel 1913 ci volevano 30 Kop) mentre un chilo di burro costava 3,6 rubli contro
1 rublo del 1913. Un chilo di carne costava 2,5 rubli nel 1976 mentre nel 1913 solo 40 kopeki.
Igor Birman81 sottolinea che i consumi in Unione Sovietica nel 1981 erano un quinto di quello degli
Stati Uniti tenendo conto anche delle preferenze nell’acquisto espresse nei due paesi messe a
confronto. Inoltre occorre considerare anche il diverso metodo utilizzato per determinare i prezzi
non dimenticando la sostanziale differenza di qualità; ma se teniamo conto solo dei beni di primaria
necessità, come gli alimenti, beni durevoli, i servizi, l’educazione scolastica e la sanità allora i
livelli di consumo dell’ex URSS, nel decennio che precede il crollo, possono essere paragonati a
quelli della Colombia e del Brasile. La disponibilità di beni per il consumo di lusso era appannaggio
dello strato di privilegiati (nomenklatura) che comprendeva oltre ai funzionari governativi, del
KGB e del Complesso Militare, anche i dirigenti e gli intellettuali. Per i lavoratori dei grandi
complessi industriali veniva invece stabilito un elenco dei beni disponibili, a richiesta, una
settimana prima che giungessero alle Cooperative di distribuzione previa ordinazione ma, quando
arrivavano, il più delle volte i prodotti richiesti erano di qualità scadente o erano di tipo diverso82.
La grande menzogna della disoccupazione
Un altro mito da sfatare è che nella Russia di Stalin non esistesse la disoccupazione, infatti molti
osservatori autorevoli ritengono che questo fattore abbia comunque seguito un andamento analogo a
quello osservato nei paesi occidentali. Negli anni 20, nonostante le stime ufficiali relative al tasso di
disoccupazione in Unione Sovietica fossero estremamente approssimative, si assiste ad aumento dei
disoccupati che nel 1924 ammontavano ad 1.340.00083 e solo nel settore industriale di Mosca venne
stimato nel 1925 un tasso di disoccupazione pari al 25%. Dal censimento del 1926 si rileva che i
disoccupati scesero ad 1 milione, ma dati più reali, ottenuti recentemente dai documenti ufficiali,
riportano un numero pari a 1,4 milioni, il 14% della popolazione lavorativa, mentre nel 1913 i
disoccupati erano 500 mila84. Non esistono dati sul tasso di disoccupazione per gli anni successivi,
sia per la “scelta” operata dalle autorità sovietiche, che utilizzavano la macchina della propaganda
per condizionare la realtà dei fatti con una rilevazione dei dati accompagnata da interpretazioni
piuttosto arbitrarie, sia per le misure intraprese nell’ambito della distribuzione del lavoro “dall’alto”
che possono portare a distorsioni nella rilevazione quantitativa.85; comunque si è rilevato
recentemente che nel 1927 i disoccupati ammontavano a due milioni. Nei primi anni 30 il turnover
della forza-lavoro era estremamente elevato anche per effetto della migrazione dalle campagne di
nuovi operai, alla continua ricerca di un miglioramento salariale, che vagavano continuamente da
una fabbrica all’altra. Nel 1931 un operaio in media cambiava lavoro ogni sei-sette mesi, nel settore
delle costruzioni e nelle miniere la permanenza media di un lavoratore andava dai quattro ai sei
mesi.
Per questo motivo nel 1932 vennero introdotte delle disposizioni che imponevano la rigidità sul
posto di lavoro, così con il 1936 la situazione venne “stabilizzata” in quanto un operaio doveva
resistere in una miniera almeno 14 mesi mentre nelle costruzioni il turnover rimase molto elevato
79
Un rublo equivaleva a 100 kopeki.
Nel 1937 a Mosca un Kg di pane costava 1,70 vecchi rubli, lo zucchero 4,70 al Kg e un Kg di burro 16 rubli.
81
I. BIRMAN Personal Consumption in the USSR and the USA, St. Martin's Press New York, 1989.
82
KATHERINE BLISS EATON Daily life in the Soviet Union Greenwood Press 2004.
83
CHARLES BETTELHEIM Le lotte di classe in URSS 1917/1923, Milano, Etas Libri, 1975. In cui viene sottolineato che i
dati ufficiali venivano “purgati” escludendo coloro che erano in cerca di prima occupazione, i disoccupati negli ultimi
tre anni ecc. Per cui al dato ufficiale andrebbero sommate altre 848 mila persone.
84
ROBERT WILLIAM DAVIES, MARK HARRISON, S. G. WHEATCROFT The Economic Transformation of the Soviet Union:
1913-1945. Cambridge University Press, 1994.
85
J. PORKET Work, Employment and Unemployment in the Soviet Union, St. Martin's Press, New York, 1989. Vedi
inoltre D. LANE Labour and employment in the USSR, Wheatsteaf Books, Brighton 1986.
80
20
nel decennio con un cambiamento medio di due posti di lavoro all’anno86. Nella seconda metà degli
anni 30 per controllare ed impedire i flussi migratori verso le città, che potevano essere invase da
una massa di “indesiderati”, la OGPU ricevette ordine da Jagoda87 di “condurre sistematiche
operazioni di pulizia nei mercati e nelle stazioni delle città” e coloro che non erano in possesso dei
documenti dovevano immediatamente subire la deportazione nei Campi di Lavoro.
Tali disposizioni durarono sino all’epoca di Chruščёv 88, così con l’eliminazione delle norme
staliniane nel 1958 riprenderà vigore la mobilità della forza lavoro, fenomeno che si rivelerà come
una delle piaghe del sistema sovietico negli anni 60-70, infatti la perdita di ore di lavoro dovuta a
tale fenomeno era molto più elevata di quella conseguente agli scioperi che avvenivano nello stesso
periodo negli USA. Secondo Nikolaï Dragosch, fondatore del movimento di Unificazione
Democratica in URSS, nella fabbrica dove lavorava, che contava 560 lavoratori, più di 500
lasciarono il lavoro nel 1973. In generale secondo i dati per il 1987 del Narkhoz, se si esclude la
migrazione dei lavoratori delle fattorie collettive, quasi un quinto della forza lavoro in Unione
Sovietica cambiava annualmente il posto di lavoro e nella maggior parte dei casi in conseguenza del
salario e delle condizioni lavorative.
Durante il primo piano quinquennale, come abbiamo visto, ai lavoratori non fu permesso alcun
cambiamento di occupazione. Chiunque chiedesse un lavoro diverso veniva inviato nei cantieri di
costruzione “socialista” situati nelle regioni più remote del paese così il governo abolì ufficialmente
la disoccupazione e con essa il pagamento del sussidio, condannando milioni di persone alla miseria
ed alla fame. Così per realizzare l’obiettivo della “lotta alla disoccupazione” venne fatta “sparire” la
forza lavoro in eccesso nelle regioni più popolose avviandola verso i campi e le colonie di lavoro, e
a partire dal 1928 il governo centrale “favorì” la “migrazione” di 700 mila russi dalle regioni
europee verso il Turkestan, la penisola della Kamchatka, l’isola di Sakhalin nel Pacifico
settentrionale, la Bashkiria nei monti Urali e le regioni del Buryat-Mongolia, in ogni caso un
numero ancora insufficiente per poter inneggiare al “pieno impiego”.
Secondo i documenti recentemente consultabili, i direttori dei Gulag segnalavano alle autorità
centrali le esigenze di mano d’opera che subito venivano “soddisfatte”. Nel periodo Chruščёviano 89,
tra il 1953 ed il 1965, vennero rimosse tutte le legislazioni finalizzate al controllo della classe
operaia tra le quali l’inamovibilità dal posto di lavoro, favorendo l’aumento del turnover che nel
periodo crebbe del 19-22% l’anno, i lavoratori sovietici potevano inoltre essere licenziati infatti il 34% perdeva annualmente il posto di lavoro. Tra il 1959 ed il 1960 il termine trudoustroistvo
appariva sempre più di frequente sugli organi di stampa e stava ad indicare “l’assistenza del
governo e degli organi sociali destinata a diverse categorie di cittadini perché ricevessero in breve
tempo e senza indugio un lavoro adeguato”, ossia una forma di “diritto al lavoro”. Questa tendenza
sarà determinate nel favorire il trasferimento di forza lavoro in eccesso dalle grandi città alle regioni
orientali.
Centinaia di migliaia di giovani in cerca di occupazione vennero così spinti verso le “Terre Vergini”
dell’est che assorbirono anche moltissimi lavoratori “incentivati”. Questa massa di migranti si
ritrovò a vivere in condizioni insopportabili tali da provocare, come vedremo in seguito, vere e
proprie rivolte di massa. Secondo alcuni osservatori nel 1960 la disoccupazione ammontava a 3 o 4
86
DONALD FILTZER Soviet Workers and Stalinist Industrialisation .
Genrich Grigor'evič Jagoda fu membro della Ceka, della GPU e poi capo del Commissariato del Popolo degli Affari
Interni (NKVD) dal 1934 al 1936. In seguito fu sostituito da Nikolaj Ivanovič Ežov che dette il via ai processi delle
Grandi Purghe. Jagoda venne a sua volta condannato durante i processi di Mosca e fucilato nel 1938.
88
Nikita Chruščëv emerso dalla lotta per il potere alla morte di Stalin divenne capo del partito e al XX° Congresso del
PCUS del 25 febbraio 1956 fece un intervento durissimo denunciando il culto della personalità di Stalin ed i crimini
commessi dal partito sotto la sua dirigenza. Divenuto premier avviò le “riforme” del 1958 e nel 1961 appoggiò la
costruzione del muro di Berlino. Divenne famoso per la questione dei “missili” di Cuba nel 1962 e lo scontro con gli
Stati Uniti durante l’amministrazione Kennedy. Il 15 Ottobre 1964 si dimise dalla massima carica e si ritirò a vita
privata fino alla morte nel 1971.
89
FILTZER, DONALD Soviet Workers and De-Stalinization: The Consolidation of the Modern System of Soviet
Production Relations, 1953–1964. Cambridge, UK: Cambridge University Press. 1992.
87
21
milioni pari al 2-3% della forza lavoro attiva, a questi vanno sommati i giovani in attesa di lavoro,
gli stagionali, i contadini kolkoziani e i lavoratori dei Sovkoz che dopo i raccolti erano in attesa di
essere inseriti temporaneamente nelle industrie locali. Nei dati ufficiali inoltre non venivano inseriti
i lavoratori a tempo parziale, così se per queste figure sommiamo un 1% della popolazione sovietica
raggiungiamo un ammontare di disoccupati pari a quello della recessione nella Germania Ovest del
1966-67 o a quello degli Stati Uniti dopo la Seconda Guerra Mondiale. Nel decennio 1965-75
durante la “Riforma Kosigyn” in tutte le maggiori città del paese vennero riesumati gli Uffici di
Disoccupazione che avviavano ancora una volta i lavoratori in cerca di lavoro nella Russia
settentrionale ed in estremo oriente. Agli inizi degli anni 70 i campi di lavoro e le « colonie di
pionieri » della Siberia divennero ancora una volta la valvola di sfogo per tamponare l’esplosione
della disoccupazione e l’esodo dalle campagne. Con il Piano quinquennale del 1971-75, per effetto
delle “razionalizzazioni”, ben 20 milioni di operai persero il posto di lavoro, a questi si debbono
sommare 10 milioni di stagionali tanto che nel 1976, come riporta Porket90, l’esercito industriale di
riserva ammontava al 10-15% della forza lavoro mentre nel 1980 altri osservatori hanno rilevato un
tasso di disoccupazione del 15-20%.
Crisi ripetute ovvero una politica economica fatta di illusioni
Le crisi sono sempre solo delle temporanee e violente soluzioni
delle contraddizioni esistenti, violente eruzioni che ristabiliscono
momentaneamente l’equilibrio turbato. Karl Marx
Dopo il crollo dell’Unione Sovietica la disponibilità di dati, seppur modesti, e i numerosi studi
prodotti negli ultimi decenni91 hanno permesso di mettere definitivamente in discussione il mito di
una crescita indefinita in un paese dove si stava costruendo il “socialismo” sostenuta da una
continua sovrastima dei dati. I metodi utilizzati per ricalcolare il PIL sovietico sono piuttosto
complessi e il raffronto dei tassi di crescita con quelli dei paesi occidentali presenta serie difficoltà
in quanto la nozione di “prezzi comparabili”, come viene utilizzata negli annuari sovietici, non tiene
conto, come rileva Marc Harrison92, dell’ ”inflazione nascosta” determinata dalla sostituzione di
vecchi prodotti con quelli nuovi. Oltre a tener conto della qualità scadente per certi beni di consumo
occorre prendere in considerazione i prezzi applicati dalle imprese che erano diversi da quelli
stabiliti dal Goskomcen (Agenzia Statale dei Prezzi). Infatti, come rileva Walter Daum93, poiché
alle imprese sovietiche veniva impedito di aumentare i prezzi, esse operavano delle lievi modifiche
ai loro prodotti distribuendoli poi come nuovi a prezzi maggiori. Poiché i manager sovietici
operavano in un “mercato favorevole alle vendite” e venivano ricompensati quando queste
crescevano, si determinavano le condizioni che incentivavano l’aumento dei prezzi.
Comunque i metodi adottati dai vari osservatori, anche grazie ai lavori di Robert J. Gordon sui
criteri di misurazione dei prezzi relativi ai beni durevoli negli USA94, hanno permesso di ottenere
attualmente delle cifre significative.
Girsh Itsikovich Khanin95 è uno degli studiosi più attenti dell’economia russa che, utilizzando criteri
corretti, ha cercato di valutare empiricamente l’andamento economico del suo paese rilevando che
nell’URSS la crescita di lungo periodo (1928-1987) è stata mediamente di 6,9 volte mentre i dati
90
J. PORKET cit.
Possiamo citare tra i tanti quello di VLADIMIR KONTOROVICH Economic System and the Valuation of National Income
Department of Economics, Haverford College, Haverford 1988-89 che contiene una bibliografia abbastanza completa
sugli studi prodotti relativi alla economia sovietica.
92
MARK HARRISON Soviet Economic Growth since 1928: The Altervantive Statistics of G.I. Khanin Europe-Asia
Studies vol 45; N 1. 1993. Il testo di Harrison è interessante in quanto mette a confronto i criteri di rilevazione statistici
sia ufficiali sia di altri studiosi. Inoltre è presente una parte interessante sui metodi di rilevazione dei prezzi.
93
WALTER DAUM The Life and Death of Stalinism Socialist Voice Pub Co (April 1990) ora disponibile sul web.
94
GORDON ROBERT J. The Measurement of Durable Goods Prices. Chicago, IL, and London: National Bureau of
Economic Research, 1990.
95
A cui fa riferimento MARK HARRISON cit.
91
22
ufficiali riportano 89,5 volte. In particolare un certo sviluppo si è verificato, secondo Khanin,
prevalentemente nel periodo tra il 1928 ed il 194096 al quale seguono incrementi piuttosto
“normali”, specie dopo il 1960, mentre dai primi anni 70 assistiamo ad un vero e proprio ristagno
dell’economia. Sempre secondo Khanin nei piani quinquennali che precedettero la guerra (dal 1929
al 1938) la crescita economica annuale fu in realtà del 3,2% contro i dati ufficiali che riportavano un
14% annuale. L’economista russo ha verificato addirittura un declino del 20% durante il primo
piano del 1928-1932 confermato da Boris Kagarlitsky il quale, analizzando la documentazione degli
Archivi economici del Governo Russo (e i vecchi Archivi economici del Popolo), ha scoperto che la
Grande Depressione ha avuto pesanti conseguenze per l’intera fase della industrializzazione
sovietica basata sulla esportazione di grano per poter importare dai paesi occidentali la tecnologia
necessaria allo sviluppo97. Maurice Dobb rilevava infatti che le importazioni sovietiche venivano
comunque limitate dai prezzi piuttosto bassi delle derrate alimentari scambiate sul mercato
mondiale in quel periodo cosa che ha esercitato un certo freno al processo di industrializzazione
iniziale, in quanto, mentre i prezzi delle materie prime esportate crollavano, si mantenevano costanti
quelli dei beni importati98.
Il Grafico 1 riporta l’andamento percentuale della crescita in Unione Sovietica 1928-1987 ricavato
dai dati, presenti nella tabella 1 del saggio di Harrison, secondo il TsSU99 e Khanin.
96
Secondo Khanin la crescita economica nei piani quinquennali che precedettero la guerra (dal 1929 al 1938) fu solo di
1,5 volte.
97
BORIS KAGARLITSKY Russia and the global revolution 2006 in www.countdownnet.info. Le considerazioni fatte da
Kagarlitsky sono in netto contrasto con la vulgata comune secondo la quale la Grande Depressione non avrebbe avuto
alcuna influenza sull’economia sovietica.
98
MAURICE DOBB Sviluppo economico e pianificazione, Roma, Editori Riuniti [1960], 1963.
99
Tsentralnoe Statisticheskoe Upravlenie (TsSU) era la Direzione Centrale di Statistica dell’Unione Sovietica sorta nel
1918 (il primo direttore fu Pavel Ilich Popov) e sciolta al 1985. A partire da quell’anno fino al 1998 la Direzione
Centrale di Statistica venne sostituita dal Goskomstat. Come riferisce G Khanin: “Dopo le catastrofi economiche
verificatesi nel periodo del “comunismo di guerra”, durante il quale dominavano statistiche inattendibili, il potere
sovietico riorganizzò l’Ufficio Centrale di Statistica dell’URSS (U.C. S.) sia al centro che alla periferia del paese
epurando tutti i funzionari delle statistiche che praticamente erano oppositori politici in quanto tutti menscevichi.
Questo cambiamento fece della statistica economica sovietica una delle migliori al mondo sia per quantità di dati forniti
sia per qualità grazie alla loro attendibilità. Nel 1927 le statistiche relative alla produzione venivano prodotte con
difficoltà per cui l’Ufficio Centrale di Statistica, di sua iniziativa, cercò di trovare il modo di risolvere il problema ma
non ci riuscì.
Prima che si verificasse il passaggio dalla NEP all’economia pianificata l’UCS venne ristrutturato con l’eliminazione
dei principali statistici sovietici di quel periodo sostituiti da giovani, politicamente allineati perché sostenessero ed
appoggiassero il potere centrale e quello periferico, che immediatamente fecero abbassare la qualità dei dati a livelli
così modesti che era impossibile credere a qualsiasi stima calcolata e persino molti parametri naturali ponevano seri
dubbi sulla loro attendibilità. La verità venne a galla verso il 1932 quando invece dello sviluppo economico promesso
dai piani quinquennali e delle condizioni di benessere per la popolazione dell’URSS, milioni di persone soffrivano la
fame e l’economia era in enorme difficoltà. Apparve evidente che le statistiche e la realtà di ogni giorno erano troppo
diverse e gli organi dirigenti passarono al contrattacco. Risultò conveniente cambiare coloro che gestivano il sistema
statistico sovietico ed a capo dell’UCS fu messo Nicolaj Osinski, uno dei maggiori economisti dell’URSS ed eterno
oppositore del partito bolscevico, che pur non essendo uno statistico per formazione e specializzazione era in grado di
capire bene quali fossero le necessità per una normale rilevazione statistica e cominciò subito dichiarando guerra al
vecchio metodo a favore di dati veritieri. Fu grazie a lui che venne frenato il continuo afflusso di statistiche errate
anche se non riuscì ad eliminarlo completamente. Lo zelo mostrato da Osinski nel sistemare le procedure produsse dei
buoni risultati e dopo pochi anni, con il superamento della crisi che gravava sull’economia sovietica, il suo contributo
non fu più necessario e persino temuto per cui gli venne revocato questo incarico e dopo pochi anni (1938) venne
fucilato per le sue vecchie attività di oppositore. I governi sovietici, dopo aver fornito un flusso decennale di statistiche
macroeconomiche travisate, continuarono a comportarsi allo stesso modo fino a quando le condizioni economiche non
furono nuovamente critiche alla fine degli anni 80. In tali condizioni si levò un’ondata di critiche al sistema statistico da
parte degli economisti sovietici (tra i quali l’autore di questo intervento), di quelli occidentali e delle organizzazioni
economiche internazionali.
Per qualche tempo l’UCS respinse tali critiche, ma la realtà si impose ed alla fine del 1989 fu posto a dirigere l’UCS
Vadim Kirichenko, anch’egli non esperto di statistica ma grande economista, che riconobbe, assieme a tutti i dirigenti
dell’UCS, come valide le critiche alle rilevazioni statistiche dell’Unione Sovietica. Con l’arrivo di Kirichenko iniziò
una vera e propria “perestrojka” dell’attività di questo organismo nel favorire le condizioni per fornire statistiche
23
GRAFICO 1
Crescita delle entrate nazionali in Unione Sovietica dal 1928 al 1987: stime
alternative (cambiamento % per anno)
16,0
TsSU
Khanin
14,0
tassi di crescita
12,0
10,0
8,0
6,0
4,0
2,0
-8
7
19
85
-8
5
19
80
-8
0
19
75
-7
5
19
70
-7
0
19
65
-6
5
19
60
-6
0
19
50
-5
0
40
19
19
28
-4
0
0,0
periodi
Fonte: MARK HARRISON Soviet Economic Growth Since 1928: The Alternative Statistics of G.I. Khanin Europe-Asia
Studies vol 45 n° 1; 1993
Come si nota poi dal Grafico 2, nella fase di accumulazione tra il 1928 ed il 1940 lo stock di
capitale fisso è aumentato dell’5,3 % l’anno mentre la produttività, contrariamente ai dati ufficiali,
declinava del 2% garantendo un incremento della produzione per operaio solo dell’1,3% l’anno
mentre i dati ufficiali riportano aumenti dell’11,9%.
Per evitare il crollo economico le autorità sovietiche avviarono la confisca dei prodotti agricoli non
per garantire le necessità primarie al proletariato delle città, che era tornato agli incubi della fame
patita nel periodo della guerra civile, ma per utilizzarle nella esportazione sul mercato estero a
prezzi minimi. Infatti il primo piano quinquennale, completato nel 1933, venne realizzato con una
spesa di 1,5 miliardi di rubli ottenuti dalla esportazione di oro e di grano per pagare i macchinari
importati e l’intervento degli esperti occidentali.
Nel terzo piano quinquennale, che va dal 1938 al 1941, si registra poi una stagnazione per cui la
crescita nell’era staliniana sarebbe concentrata solo nel periodo 1933-1937. In generale si può
affermare con Khanin che l’espansione economica relativa ai primi cinque piani quinquennali, che
precedono la Seconda Guerra Mondiale, sia di 1,5 volte (come si nota dal grafico 1) contrariamente
ai dati esaltanti del TsSU. Parallelamente, nello stesso periodo, assistiamo ad una inflazione
rampante che addirittura è pari al doppio di quella riportata dalle statistiche ufficiali.
attendibili”. G . KHANIN Perchè siano disponibili dati autentici: le statistiche dell’economia russa, attività e politica
economica 2005 (Traduzione a cura dell’Autore).
24
Con la fine dell’incubo della guerra, negli anni 50, si osserva, come risulta dal grafico, una vera
crescita economica, pari al 7,2% l’anno, dovuta logicamente alla ricostruzione e con una inflazione
che oscillava tra l’1,6 ed il 2,6% l’anno, ma da quel periodo fino agli anni 80 i dati reali mostrano
un ritardo ininterrotto rispetto a quelli delle economie occidentali, mentre le cifre ufficiali
evidenzierebbero una lieve crescita dovuta, secondo la vulgata degli economisti sovietici, alle
riforme introdotte da Kosygin100 che vedremo in seguito. I dati relativi all’andamento del PIL procapite poi ci mostrano che una percentuale decisamente bassa veniva destinata al consumo
interno101.
Rispetto al capitale fisso tra il 1928 ed il 1987 Khanin ha calcolato una crescita media inferiore al
4% l’anno, notevolmente differente dal 7,2% annuale riportato dal TsSU.
Nel Grafico 2 seguente, ottenuto dalla tabella 3 del saggio di Harrison, viene rappresentato
l’andamento relativo alla crescita degli input, della produttività, del capitale fisso e di altri fattori
suddiviso negli intervalli compresi tra il 1936 e il 1987, secondo i dati ufficiali del TsSU e di
Khanin, nel quale si notano chiaramente le discordanze relative alle singole voci analizzate.
GRAFICO 2
Input e produttività nell'Unione Sovietica (variazioni %
annuali)
14,0
stock di capitale
fisso TsSU
produttività
TsSu
produzione per
operaio TsSU
intensità dei
materiali TsSU
stock di capitale
fisso Khanin
produttività
Khanin
produzione per
operaio Khanin
intensità dei
materiali Khanin
12,0
tassi di crescita
10,0
8,0
6,0
4,0
2,0
-4,0
-8
7
19
85
-8
5
19
80
-8
0
19
75
-7
5
19
70
-7
0
19
65
-6
5
19
60
-6
0
19
50
-5
0
40
19
28
19
-2,0
-4
0
0,0
periodi
Secondo i dati riportati da Harrison la composizione dello stock di capitale fisso è passata dal 16%
del 1928 al 47 % del 1941 con numerose oscillazioni durante il periodo. Tra 1928 ed il 1932 gli
investimenti lordi (a prezzi costanti del 1937) raddoppiarono, quindi fecero un passo indietro per
poi riprendere nel 1934 con un aumento registrato nel 1936 pari a quattro volte il valore del 1928.
L’anno successivo crollarono nuovamente e si mantennero a livelli piuttosto bassi fino allo scoppio
100
Aleksej Nikolaevič Kosygin, membro del Politburo nel 1960, ha ricoperto la carica di Premier dell’Unione Sovietica
dal 1964 al 1980, dopo la destituzione di Chruščёv, in quella che inizialmente fu una troika con Leonid Breznev come
segretario generale e Anastas Mikoyan, poi Nikolaj Podgornyj, presidente del Presidium del Soviet Supremo (il nuovo
nome dato al Politburo).Venne rimosso dalla sua carica nel 1980 e morì poche settimane dopo.
101
V. SELYUNIN E G. KHANIN, 'Lukavaya tsifra' (La furbizia dei dati). Novyi mir, 1987 No. 2,
25
della guerra. Khanin mostra poi un declino degli incrementi relativi allo stock di capitale fisso a
partire dalla fine degli anni 50 che è continuato fino al crollo del sistema sovietico.
Un dato molto interessante è quello relativo al grado di obsolescenza del capitale fisso nell’industria
riferito da Chattopadhyay102 che dimostra l’assenza nell’economia sovietica di una “metamorfosi
continua” relativa al processo di produzione a causa del “bassissimo saggio di sostituzione del
capitale fisso”.
I dati sul tasso di sostituzione, nell’arco dei periodi riportati nella tabella 10 sottostante (Narkhoz
1970), sono calcolati come percentuale del valore iniziale dello stock di capitale fisso103.
Tabella 10
1965
2,1 %
1970
1,8 %
1975
1,6 %
1980
1,4 %
1984
1,3 %
1985
1,4 %
Risulta evidente un progressivo deterioramento dei macchinari dovuto all’età ed all’usura così la
quota di capitale fisso con meno di cinque anni rispetto all’insieme delle industrie è diminuita solo
dell’ 11% tra il 1974 ed il 1985. La quota di equipaggiamenti vecchi di 20 anni è passata dall’8% al
14% tra il 1970 ed il 1979. Occorre poi aggiungere che tra il 1961 ed il 1985 si è verificato un
continuo declino medio nel grado di utilizzo della capacità produttiva in molti settori dell’economia
sovietica104.
Di conseguenza si assiste ad una sorta di stagnazione continua dell’intensità della produzione
rappresentata nella Tabella 11 nella quale vengono riportate le variazioni percentuali relative alla
intensità della produzione materiale nel periodo 1951 -1990.105
Tabella 11
1951-55
-0,3
1956-60
0,0
1961-65
0,0
1966-70
-0,4
1971-75
0,6
1976-80
-0,1
1981-85
0,0
1986-90
0,6
Dopo la morte di Stalin vi furono diversi tentativi per riformare l’economia sovietica: prima
Berija106 e poi Malenkov107 cercarono di ripristinare qualche forma di mercato senza risultati
tangibili. Nel 1957, in piena era Chruščёv , venne avanzata la proposta di creare 150 Consigli
Economici Regionali (sovnarkhozy) che sostituissero i ministeri competenti affinché venisse
reintrodotta una sorta di economia di mercato, ma tale “riforma” non provocò alcun cambiamento
sostanziale rispetto al periodo precedente, così fino alla fine degli anni 60 le risorse naturali
continuarono ad essere utilizzate sia per coprire i costi dell’accumulazione sia per le esportazioni.
102
PARESH CHATTOPADHYAY La dinamica dell’economia sovietica alla luce dell’analisi marxiana dell’accumulazione
di capitale in Plusvalore n 9 1991 pag 21.
103
Riportato da Chattopadhyay art. cit.
104
PARESH CHATTOPADHYAY cit. tabella 8 pag 23 Nel Settembre 1965 Alexiey Kosygin lamentava che nel complesso
chimico di Voskresensk il grado di utilizzo della capacità produttiva fosse solo del 17 % e nella fabbrica di alluminio di
Volkhov del 32 %. In pratica nei nuovi complessi industriali appena costruiti si manifestava una obsolescenza del
capitale fisso molto prima che diventasse operativo.
105
PARESH CHATTOPADHYAY The Marxian Concepì of Capital and the Soviet Experience
106
Lavrentij Pavlovič Berija era un alleato di ferro di Stalin durante la scalata al potere e membro del Comitato Centrale
del Partito Comunista nel 1934. Divenne il capo della polizia segreta sotto Stalin e dal 1938 al 1945 presiedeva
l’NKVD. Dopo la morte del dittatore venne fisicamente liquidato durante una drammatica e misteriosa riunione del
Comitato Centrale del PCUS nel 1953. Berija era famoso per le “Grandi Purghe” degli anni 30.
107
Georgij Maksimilianovič Malenkov, alleato di Stalin ma in seguito avversario di Berija, nel 1946 entrò nel Politburo
e nel 1952 fu membro del Comitato Centrale. Alla morte di Stalin divenne Presidente del Consiglio e Segretario
generale del PCUS ma subito dimesso a favore di Nikita Chruščёv. Venne espulso dal Partito nel 1961 e relegato nel
Kazakistan a dirigere una centrale idroelettrica fino alla morte.
26
All’inizio degli anni ‘70 però l’estrazione di materie prime e di petrolio iniziarono a diminuire per
effetto dell’ipersfruttamento verificatosi nel decennio precedente con il conseguente calo degli
investimenti e del reddito nazionale. Ormai si era entrati in una fase di stagnazione nonostante
l’illusione delle riforme Kosigyn del decennio 1965-75108, attraverso le quali il leader “riformista”,
seguendo le idee di Evsei Liberman109 intendeva garantire maggiori diritti alle imprese, che sono
durate fino alla fine degli anni 70. Si nota infatti nel decennio 62-73, del Grafico 1, un periodo di
stagnazione determinato più che altro dall’andamento decrescente negli incrementi
dell’occupazione nelle industrie parallelamente ad una produttività cresciuta anch’essa di meno. Tra
il 1973 ed il 1981 la produttività risultava pari all’1,2% in media a fronte di incrementi medi del
3,1% nel periodo 1966-73 e del 3,8 % nel 1928-37. I dati sugli aumenti di produttività proposti da
H.S. Levine110 sono ancora peggiori: questo studioso riporta incrementi dell’1,7% nel periodo 195058, un declino degli stessi pari allo 0,7% tra il 1958 ed il 1967 e valori addirittura negativi pari a
- 0,7% per l’intervallo 1967-73.
Quando Alexei Kosigyn emerse con Leonid Brežnev come uno dei protagonisti della purga di
Nikita Chruščëv l’economia sovietica stava già vivendo una svolta che nelle dichiarazioni ufficiali
avrebbe dovuto portarla a superare le economie occidentali attraverso un progresso tecnico e
qualitativo della produzione industriale. Secondo David Granick111 l’Unione Sovietica importava
una massa crescente di capitali dall’Occidente più di quanta ne riuscisse ad utilizzare negli
investimenti ed un ammontare di tecnologia superiore a quella che poteva assorbire l’industria del
paese.
Tale tendenza però cozzava con le permanenti difficoltà relative alla produttività del lavoro che,
come abbiamo visto, non cresceva adeguatamente nonostante qualche innovazione nel macchinario
(Bergson112). Molti osservatori imputano il fallimento di tale rinnovamento alle tensioni interne tra i
lavoratori e l’organizzazione dell’impresa, come vedremo in seguito, mentre altri lo attribuiscono
alle eccessive spese militari che gravavano sull’economia del paese. In realtà secondo la tesi di
Stephen Kotkin113 l’Unione Sovietica nei primi anni 70 avrebbe subito un grave tracollo che fu
evitato grazie alla scoperta di ben 60 giacimenti petroliferi nella Siberia Occidentale grazie ai quali
il paese si trasformò in esportatore di greggio in una fase critica come quella dello shock petrolifero
del 1973.
Con l’avvento nel 1964 dell’era Brežnev, ed il ripristino delle funzioni ai Ministeri del Governo
centrale, si assiste ad un ritorno alla gestione dell’esistente che ha comportato un continuo
peggioramento economico114. Tale declino è proseguito nel decennio successivo alla morte del
nuovo leader, avvenuta nel 1982, in cui il sistema economico ha subito una lenta asfissia in quanto
108
JAQUES SAPIR Alexiei Kossiguyne et le destin de l’URSS Nouvelle Fondation 2007/2, N° 6. Per una analisi
dettagliata delle riforme vedi PHILIP HANSON The rise and fall of the Soviet economy: an economic history of the USSR
from 1945 Pearson Education, 2003.
109
Evsei Liberman (1897-1981) era un economista sovietico di origine ucraina che intendeva introdurre alcune
caratteristiche del capitalismo all’ìnterno della teoria marxista affinché si potesse incrementare la produzione
industriale. Tale processo poteva essere introdotto secondo Liberman attraverso il metodo del centralismo democratico.
Le sue tesi vennero esposte in un suo articolo, divenuto famoso, apparso nel Novembre 1965 sulla Pravda dal titolo
“Piano, collegamenti diretti e profittabilità” nel quale Liberman sosteneva che la redditività “socialista” sarebbe stata
conseguita attraverso incrementi salariali garantiti solamente dalla vendita delle merci e non con la copertura attraverso
sussidi statali di una parte della produzione. Il sistema Liberman venne applicato sperimentalmente a 400 industrie
sovietiche mentre il resto dell’economia non effettuava alcuno scambio diretto.
110
H.S. LEVINE An American View of Economic Relations with the USSR, The Annal of the American Academy of
Political Science, 1974, p.4.
111
DAVID GRANICK Soviet metallurgy, Soviet Metal-Fabricating and Economic Development, University of Wisconsin,
Madison, Wis., 1967.
112
BERGSON ABRAM Productivity and the Social System: The USSR and the West Cambridge, MA: Harvard University
Press 1978.
113
STEPHEN KOTKIN Armageddon Averted: The Soviet Collapse, 1970-2000 Oxford University Press US, 2003.
114
Uno studio molto interessante sulla organizzazione del lavoro e la legislazione relativa all’ultimo periodo che va
dall’era di Brežnev fino all’epoca di Gorbachev e quello di BOB ARNOT Controlling Soviet labour: experimental change
from Brezhnev to Gorbachev M.E. Sharpe, 1988.
27
tutti i proventi della rendita petrolifera vennero assorbiti dal Complesso Militare, dalle esigenze di
finanziamento indirizzato ai paesi satelliti e per sostenere in parte l’impresa in Afghanistan, fino al
tracollo finale del 1992 . E’ la fine di una esperienza rivelatasi fallimentare dimostrando
inequivocabilmente che l’economia pianificata non è certo superiore alla forma occidentale.
Nel capitalismo occidentale il declino dei tassi di crescita è caratteristico dell’andamento di lungo
periodo cosa che si riflette nella tendenza alla caduta del saggio del profitto. Poiché tale caduta
corrisponde al declino dell’accumulazione sembrerebbe che nell’economia sovietica tale dinamica
non dovesse verificarsi. Nel sistema sovietico abbiamo però rilevato una continua obsolescenza del
capitale fisso e di conseguenza le imprese, che manifestavano una produttività sempre insufficiente,
venivano mantenute in vita attraverso iniezioni di capitale “fittizio”, generando un continuo
indebitamento delle imprese stesse. Tale dinamica comporta automaticamente un declino del saggio
del profitto dell’economia sovietica paragonabile a quello dei sistemi economici occidentali115.
Possiamo citare a tale proposito le considerazioni veramente profetiche esposte nel lontano 1977
in un bollettino del gruppo parigino GLAT sulla natura della crisi sovietica:”Le contraddizioni che
fanno precipitare il capitalismo in una crisi non sono privilegio esclusivo dei paesi più avanzati, o
dei più sottosviluppati, del pianeta, Esse sono allo stesso modo inerenti al capitalismo di stato, come
mostra l’esempio dell’URSS, centro mondiale di questo sistema, che al pari dei paesi occidentali
conosce attualmente i guasti di una caduta non più tendenziale ma effettiva del saggio del profitto
che risulta sostanzialmente dall’aumento del coefficiente di capitale. Ma se la crisi si sviluppa
parallelamente nelle due branche del capitalismo mondiale, quella che mina il capitalismo di stato si
manifesta con delle forme relative alla specificità del suo sistema di produzione. La caratteristica
principale della crisi in URSS è il suo aspetto continuativo, in assenza di fenomeni ciclici più o
meno periodici come quelli presenti nel capitalismo di mercato…. Ma l’assenza di crisi cicliche non
impedisce al capitalismo di stato una lenta ma ineluttabile progressione verso una crisi profonda”116
Sostanzialmente, a fronte del declino della crescita economica a partire dalla fine degli anni 50,
Khanin ha dimostrato che si sono verificate due ondate di distorsioni statistiche dei livelli di
produzione in Unione Sovietica: una nel periodo precedente la II°G.M. per effetto dell’eccesso di
ottimismo di Stalin ed un altra verso la fine degli anni 80 durante la fase di disintegrazione
economica e politica della perestroika 117.
Il sistema bancario in Unione Sovietica
La grandezza del capitale esistente condiziona il volume del
processo di produzione, e questo condiziona il volume del
capitale merce e del capitale monetario, in quanto essi operano
accanto al processo di produzione K. Marx
La Gosbank118, la Banca Centrale dell’Unione Sovietica, venne istituita nel 1923 ed era la sola
banca commerciale del paese, ma già nel 1921 erano state avviate delle operazioni finanziarie
attraverso le istituzioni sorte con la NEP tra le quali la Banca Statale della Repubblica Socialista
Federativa Sovietica Russa (RSFSR) che ricevette il capitale iniziale sottoforma di sovvenzioni da
parte del Governo119. La Gosbank doveva sostenere, attraverso il credito ed altre operazioni
finanziarie, lo sviluppo dell’industria e dell’agricoltura, la circolazione dei beni e la concentrazione
115
WALTER DAUM op. cit. cap 5. Esistono molti studi empirici sulla caduta tendenziale del saggio del profitto nelle
economie occidentali, purtroppo manca una analisi empirica sulla dinamica per l’ex Unione Sovietica.
116
Lutte de Classe (Pour le Pouvoir des Travailleurs) Gennaio 1977 (Trad. dell’Autore)
117
Letteralmente “ricostruzione" introdotta da Mikhail Gorbačëv nel 1987 perché venissero avviate riforme economiche
anche grazie ad una maggiore trasparenza nella vita pubblica, definita glasnost.
118
Acronimo di Go-sudarstvennyy bank ossia la Banca Statale.
119
Per una analisi relativa alla nascita ed allo sviluppo del sistema finanziario in Unione Sovietica vedi ALEXANDER
BAYKOV The development of the Soviet economic system: an essay on the experience of planning in the U.S.S.R. CUP
Archive, 1946, in particolare il Capitolo VI “Public Finance, Credit and Money”e SILVANA MALLE The Economic
Organization of War Communism 1918-1921 Cambridge University Press 2002.
28
di valuta; doveva inoltre applicare tutte quelle misure proprie della circolazione monetaria in quanto
essa aveva la responsabilità di finanziare industrie e imprese commerciali di qualsiasi tipo.
La Gosbank faceva parte del Narkomfin120 (Commissariato delle Finanze del Popolo) che per
coprire il deficit aveva emesso nel 1922 il nuovo rublo scambiato con 10.000 rubli in circolazione,
ma il persistere del deficit rese necessaria l’anno successivo una nuova ridenominazione, così il
“nuovo rublo” del 1923 valeva 100 rubli emessi l’anno precedente. Tra il 1919 ed il 1924 circolava
anche il Sovznak121, una sorta di moneta temporanea che avrebbe dovuto guidare la transizione
verso l’eliminazione completa del denaro nella nuova economia socialista, ma per evitare continue
svalutazioni la Banca Centrale lo eliminò riesumando una vecchia moneta dell’epoca zarista: il
chervonet, l’equivalente di 7,74232 grammi di oro fino pari a 10 rubli del periodo antecedente la
Prima Guerra Mondiale, che, entrato in circolazione nel 1922-24, veniva usato prevalentemente per
gli scambi con l’estero; al Narkomfin restava ancora il compito di emettere moneta a seconda delle
esigenze. Nel marzo 1924 la riforma monetaria venne realizzata definitivamente ed il nuovo rublo,
corrispondente ad un decimo di chervonet, veniva scambiato con 50.000 rubli del 1923 o addirittura
con 50 miliardi di rubli del vecchio conio, di conseguenza la Russia entrò in una spirale di
inflazione paragonabile a quella della Germania nello stesso periodo.122 Nessuna delle due divise
monetarie sovietiche poteva essere convertita in oro.
Dopo tre anni dalla sua nascita la Banca Statale poteva praticare direttamente le sue linee di credito
verso tutti i settori economici secondo un modello pianificato. Le “riforme” monetarie consentirono
nel 1925 di risolvere i problemi di liquidità di cui soffrivano la stessa Banca Statale ed il
Narkomfin, ma nella seconda metà degli anni 20 l’accelerazione della industrializzazione ha
comportato un radicale cambiamento della Gosbank in quanto le industrie di base avevano bisogno
di una quantità esorbitante di investimenti in capitale e in tempi brevissimi. In tali condizioni
l’industrializzazione non poteva essere garantita, come avviene comunemente, dalle risorse
finanziarie interne e nemmeno attraverso prestiti dall’estero, i paesi occidentali stavano vivendo la
tremenda crisi del 29-30, di conseguenza, oltre alla esportazione delle materie prime, furono
necessarie nuove emissioni di moneta. La Banca Statale nel Giugno 1927, in seguito ad una stretta
dei flussi di capitale a breve termine, ebbe la responsabilità di esercitare un controllo quotidiano su
tutto il sistema del credito mentre il Narkomfin aveva la funzione di regolarne generalmente i
movimenti, comunque la Gosbank doveva supervisionare tutte le attività creditizie rispettando le
direttive governative del piano divenendo così il core di tutto il sistema finanziario dell’Unione
Sovietica.
Nel 1926-27, durante la fase iniziale del processo di industrializzazione forzata, sorsero seri
problemi di finanziamento alle imprese in quanto le richieste avanzate risultavano chiaramente
sovrastimate dai dirigenti delle kombinat. Un fenomeno del genere si verificò nella fabbrica
metallurgica Kerch in Crimea la cui direzione nel 1928 aveva richiesto un finanziamento di 66
milioni di rubli aumentando di tre volte e mezza gli investimenti previsti dal piano. Ma il caso più
eclatante si è verificato nella fabbrica della Gomma a Mosca il cui direttore aveva ottenuto i
finanziamenti per la costruzione di un nuovo stabilimento e quando i funzionari si recarono sul
luogo per verificare la fattibilità dell’opera scoprirono che la fabbrica era già stata costruita,
120
Il Narodnyi komissariat finansov faceva parte del Sovnarkom ed il primo commissario nel 1917 era Ivan SkvortsovStepanov. Nel 1922, con l’introduzione della Nep, divenne commissario Grigory Sokolnikov che, in seguito all’arresto
e alla condanna durante le Grandi Purghe a dieci anni, venne assassinato in carcere. Dal 1926 -1930 divenne
Commissario Nikolai Pavlovich Bryukhanov colpito anch’egli dalle Grandi Purghe del 1938 e a sua volta sostituito da
Hryhoriy Fedorovych Hrynko fino al 1937. Anch’egli processato e condannato venne sostituito da Vlas Yakovlevich
Chubar che fece la stessa fine. Arseny Grigoryevich Zverev fu Ministro delle Finanze fino al 1960.
121
Sovetskiye znaki si può tradurre con “gettone sovietico” forse in riferimento al ticket proposto da Marx nella sua
Critica al Programma di Gotha Editori Riuniti 1976.
122
STEVE H. HANKE, LARS JONUNG Russian currency and finance: a currency board approach to reform Routledge,
1993.KORNAI JANOS The Socialist System. Oxford: Oxford University Press. 1992. NOVE ALEC The Soviet Economic
System 2nd edition. London: Allen & Unwin. 1977 L'economia sovietica Edizioni di Comunità, Milano 1963.
29
svelando così le enormi risorse di cui disponeva la direzione123. In quella fase si verificarono molti
casi di irregolarità finanziarie qua e là nel paese, ma fece molto scalpore quanto avvenne nel 1928
alla miniera di Shakthy, nella regione del Donbass, la cui dirigenza, legata a G. Lomov, venne
processata per “deliberata attività controrivoluzionaria”, in quanto “traditori e sabotatori impegnati
a distruggere il piano di ricostruzione dell’economia nazionale”, per aver richiesto finanziamenti
sempre più onerosi destinati alla costruzione del nuovo impianto minerario e “spreco di capitali
esteri” in quanto venne coinvolto nel finanziamento il Belgio. Molti studiosi ritengono che l’affaire
Shakthy nascondeva in realtà il tentativo di rompere definitivamente con la NEP ed avviare la fase
delle purghe tra i direttori senza partito diffusi in molte industrie dell’Unione Sovietica 124.
Nel febbraio 1928 la Gosbank venne nuovamente riorganizzata così furono concentrati nelle sue
mani molti crediti a breve termine ed assunse nel contempo il controllo di una serie di istituti di
credito che erano sorti in ausilio alle esigenze dell’economia. I crediti a lungo termine vennero
garantiti dalla Prombank (Banca per i Crediti a Lungo Termine dell’Industria e dell’Energia BDK)
creata specificamente come società di capitali tra le istituzioni statali e le imprese, dalla
Tsekombank (Servizi Centrali e Banca per le costruzioni) e in parte dalla TsSKhbank (Banca
Centrale dell’Agricoltura). Vennero istituite poi nelle grandi città una serie di banche locali, come la
Banca della Città di Mosca, con tutte le caratteristiche delle banche private occidentali, che
ricevettero il loro capitale iniziale sottoforma di sovvenzioni, sborsate dal Ministero del Tesoro, con
la funzione di garantire un credito per integrare il budget assegnato precedentemente alle industrie
ed alle imprese statali. Tali banche potevano accettare depositi sia dalle imprese e dalle istituzioni
statali sia da enti e cittadini privati che potevano essere utilizzati, a discrezione del depositante, per
scontare le tratte, come garanzia per i prestiti sul conto corrente e quelli a lungo termine; possibilità
simili ai correntisti delle comuni banche occidentali.
Nell’agosto del 1928 alla Gosbank venne assegnato il compito di fare i bilanci di cassa in modo da
concentrare presso di se tutte le operazioni di pagamento effettuate nell’economia socialista, infatti i
salari venivano remunerati solo in contanti come tutte le operazioni di pagamento all’interno
dell’Unione Sovietica125.
Nel 1929 venne quindi adottato il primo Statuto della Banca Statale che le dava autorità sulla
regolamentazione della circolazione monetaria e dei prestiti a breve termine secondo gli sviluppi
generali del Piano. La partecipazione della Gosbank ad ogni transazione finanziaria era in realtà
piuttosto virtuale in quanto nell’Unione Sovietica erano allora pochissimi i conti correnti ed esisteva
una sorta di “conto corrente” delle imprese che in realtà era una “contabilità monetaria”, intesa
come acconto della Gosbank, che costituiva l’unico tipo di moneta utilizzata tra loro. Quando
l’output di una impresa veniva trasferito (come input) ad un'altra, la contabilità dell’output di
suddetta impresa veniva accreditato sul conto della Gosbank mentre quella relativa all’ input della
seconda veniva messo a debito. In tal modo i beni fluivano nel processo produttivo senza alcun
scambio di denaro, se non occasionalmente. Col tempo le imprese bypassarono sempre di più la
Banca Centrale e risolvevano gli scambi dei prodotti tra di loro utilizzando direttamente come
forma di pagamento la “contabilità monetaria” che avrebbe dovuto essere garantita dalla Gosbank.
Accanto a questa forma di contabilità esisteva il denaro contante utilizzato da una impresa per il
pagamento dei salari (che veniva messo a debito presso la Gosbank) e dai cittadini per l’acquisto dei
beni e che in seguito veniva trasferito alla Gosbank sottoforma di contabilità a credito per il punto
di vendita statale. Ma questo sistema piuttosto arzigogolato non garantiva la realizzazione del piano
in quanto eventuali carenze di un bene o qualsiasi differimento nel processo di produzione o di
consumo, unitamente alla diffusione del mercato nero, crearono non poche distorsioni all’economia
123
HIROAKI KUROMIYA Stalin's industrial revolution: politics and workers, 1928-1932 Cambridge University Press,
1990.
124
Nell’affare Shakthy vennero processati 53 ingegneri che lavoravano nel bacino carbonifero e condannati per
sabotaggio perché accusati di essere al soldo delle potenze straniere. 11 vennero condannati a morte ed i restanti inviati
ai campi di lavoro.
125
Non esistono dati ufficiali relativi all’ammontare della liquidità delle Banche.
30
pianificata. Per ovviare a tutto ciò venne introdotto, assieme ad una severa restrizione dell’uso della
moneta, una sorta di “controllo attraverso il rublo” che avrebbe permesso di scoprire ed indagare
qualsiasi malfunzionamento per poter risolvere in qualche modo il problema. Il “controllo
attraverso il rublo” oltre alle severe restrizioni nell’uso della moneta e del credito nel paese impedì
la dinamica del credito tra le imprese attraverso le loro contabilità per il pagamento delle merci
ricevute. Infine vennero bloccati i conti correnti delle imprese presso la Banca Centrale ad
eccezione del pagamento degli input specificati nel piano. Alle imprese fu praticamente vietato di
utilizzare denaro contante se non per il pagamento dei salari e quello ricevuto dai centri di vendita
statali doveva essere depositato presso la Gosbank ad eccezione del denaro destinato ai salari dei
lavoratori del settore. In tal modo si intendeva anche favorire un controllo ferreo sui prezzi stabiliti
a livello centrale. Infine il “controllo attraverso il rublo” ha consentito di controllare l’ingresso di
valuta straniera nel paese in quanto tutti i beni prodotti destinati alla esportazione venivano
“venduti” alla Vneshtorgbank126 che accreditava all’impresa la relativa contabilità in rubli. In
seguito la Vneshtorgbank provvedeva a vendere i prodotti all’estero, ricevendo valuta estera
utilizzata direttamente per pagare le importazioni, che a loro volta venivano venduti all’impresa
sovietica secondo la contabilità in rubli accreditata. In tal modo le autorità, oltre a controllare il
flusso di moneta estera nel paese, potevano assicurare che non circolasse “moneta forte” (come
dollari americani o marchi tedeschi). Questo meccanismo del “controllo attraverso il rublo”
contribuì non poco al fallimento del piano in quanto i manager delle imprese, non appena si
manifestavano distorsioni nel piano, ad esempio una fornitura insufficiente di un input o un eccesso
di output prodotto, provvedevano ad ovviarle utilizzando il baratto come forma di scambio cosa che
ha comportato un enorme spreco di risorse umane sottratte alla produzione e determinando un
ulteriore inefficienza al già precario sistema pianificato 127. In tali condizioni si svilupparono
inevitabilmente una serie di pratiche semilegali o addirittura illegali, tollerate dalle autorità, come il
blat, riferito ad accordi informali tra le imprese per lo scambio di beni e servizi fino alla pratica del
mercato nero, e si moltiplicarono i Tolkachi ossia agenti che intervenivano affinché venissero
assicurare le richieste avanzate da una azienda alle autorità del piano, spacciandole come “priorità
assoluta”, che spesso truccavano i bilanci dell’impresa e falsificavano la registrazione dei prezzi e
delle quantità di merci prodotte o ricevute.
Così con la riforma creditizia del 1930-32, portata avanti da Georgy Piatakov, allora a capo della
Gosbank, e da A M. Fushman, che faceva parte del Rabkrin128, fu totalmente eliminato il credito
commerciale in seguito alla diffusione del credito all’esterno del sistema bancario. Infatti le singole
imprese statali, oltre al baratto, effettuavano prestiti a vicenda anche sottoforma di cambiali contro
beni e servizi e tale sistema di credito “parallelo” sfuggiva al controllo della Banca Statale. Inoltre i
grandi complessi industriali ed i consorzi statali garantivano direttamente i crediti alle singole unità
produttive attraverso i loro uffici eludendo così il controllo della Gosbank. Di conseguenza vennero
pianificate (Promfinplan) tutte le risorse relative ai flussi monetari e del credito più in generale,
eliminando tutte le “storture” che si erano sviluppate.
Nel 1930 vennero bandite tutte le operazioni di acquisto in oro o in divise monetarie estere contro
chevronet a cambio fisso da parte dei privati ed il tasso di cambio con le monete estere veniva
stabilito dal Comitato della Banca Statale.
Nel 1931 furono introdotte le cambiali che divennero l’unica forma utile per operare transazioni non
liquide, inoltre ogni unità produttiva entrò in rapporto diretto con la Gosbank grazie all’apertura di
un conto corrente attraverso il quale avvenivano tutte le operazioni finanziarie, anche quelle
126
La Vneshtorgbank venne fondata nel 1924 per le transazioni relative alle esportazioni ed importazioni nell’ex
Unione Sovietica.
127
Per un approfondimento sulle dinamiche interne al sistema delle imprese sovietiche ed agli interventi connessi vedi
DAVID SHEARER Wheeling and dealing in Soviet industry : Syndicates, trade, and political economy at the end of the
1920's Cahiers du Monde Russe n. 36, 1995 disponibile sul web.
128
Il Rabkrin, Raboche Krest'ianskoi Inspektsii RKI (Ispettorato degli Operai e dei Contadini), istituito nel 1920, aveva
rimpiazzato Il Commissariato del Popolo per il Controllo dello Stato. Venne sciolto nel 1934 e le sue funzioni
passarono al Sovnarkom.
31
transazioni in atto tra le singole unità produttive129. Nel mese di Giugno il capitale d’esercizio delle
imprese venne suddiviso in capitale proprio e capitale prestato e lo stesso criterio venne stabilito
anche per le banche di credito. Quando una fabbrica entrava in possesso di un capitale di esercizio
allora era possibile stabilire l’entità del credito che poteva ricevere, così le imprese statali
riuscivano ad ottenere un prestito a breve solo per finanziare in itinere i pagamenti progressivi delle
riserve relative alla produzione stagionale, l’accumulazione delle scorte di materie prime e del
combustibile, la produzione di materiale ausiliario, gli aumenti di capitale destinati ai progetti in via
di realizzazione, la produzione di beni e prodotti finiti e le altre necessità legate alla produzione e
alla circolazione delle merci (come le Cooperative di consumo o la costruzione di case ecc.). Spesso
le imprese non riuscivano a realizzare il piano e quindi non potevano sanare il credito ricevuto dal
piano stesso per cui la Banca Centrale, trovandosi in deficit di liquidità, ricorreva a nuova stampa di
moneta con l’inevitabile inflazione che ne seguiva.
Oltre a garantire i crediti, la Gosbank effettuava i pagamenti dei salari ai lavoratori statali, così nel
1932 vennero delineate definitivamente le sue funzioni e quelle delle Banche di investimento a
lungo termine cui fece seguito, nel 1933, una nuova riforma per migliorarne le attività attraverso il
decentramento dei bilanci a livello dipartimentale per poter rispettare il piano del credito. Questo
sistema del credito una volta stabilito rimase in vigore per 55 anni senza subire sostanziali
modificazioni.
Quando la Russia entrò nella Seconda Guerra Mondiale scoppiò una nuova inflazione che portò alla
riforma monetaria del 1947 attraverso la quale si intendeva ritirare dalla circolazione l’eccesso di
moneta applicando un tasso di cambio di 10 a 1 tra il vecchio ed il nuovo rublo130, parallelamente
vennero confiscati i magri risparmi della popolazione russa. Nel 1961 si verificò una nuova
svalutazione e nuovamente il cambio tra la vecchia moneta e la nuova era di 10 a 1, quindi con la
stagnazione economica degli anni 70 i pesanti deficit di bilancio statale venivano regolarmente
coperti dalla Gosbank attraverso l’emissione di nuova moneta con la relativa creazione di inflazione
che si manifestava attraverso la drammatica carenza dei beni a prezzi controllati131 e di conseguenza
il risparmio ristagnava.
Secondo i dati del Narkhoz, riportati da Chattopadhyay132, il credito a breve e a lungo termine
concesso dalle banche alle imprese sovietiche è passato dai 64 miliardi di rubli del 1940 ai 521
miliardi del 1985 che dimostra una crescita incessante dello scambio di merci tra le imprese stesse.
Negli anni 80 la Banca Statale assunse sempre più il ruolo che svolgono le Banche Centrali dei
paesi occidentali e nel Luglio 1987 venne riorganizzato ancora una volta il sistema del credito
attraverso la creazione di nuove banche specializzate come la Vneshekonombank, che aveva
assorbito la vecchia Vneshtorgbank, la Promstroibank, la Zhilsotsbank e la Sberbank e la Banca
Statale iniziò a svolgere la funzione di elaborare il piano del credito e pianificare la distribuzione di
fondi e di investimenti creditizi a tutte le banche.
Il Complesso Militare Industriale dell’ex URSS133
Tanto più lo scopo della guerra verrà a coincidere con il fine
politico e tanto più puramente militare e meno politica sembrerà
essere la guerra. Karl von Clausewitz.
129
MARC LIEBERMAN "Banking in the Former Soviet Union," in The Road to Capitalism, (David Kennet and Marc
Lieberman, editors), Harcourt Brace Jovanovich, 1992.
130
STEVE H. HANKE The Case for a Russian Currency Board System paper disponibile sul web.
131
STEVE H. HANKE op. cit.
132
PARESH CHATTOPADHYAY The Marxian Concepì of Capital and the Soviet Experience disponibile sul web
133
Occorre precisare che il concetto di Complesso Militare Industriale per l’ex Unione Sovietica è ancora oggetto di
dibattito in quanto, differentemente dagli Stati Uniti, le industrie destinate alla produzione militare non erano separate
dall’economia nel suo complesso. Interessante lo studio di IRINA BYSTROVA The formation of the Soviet militaryindustrial complex Stanford University, Centre for International Security and Arms Control 1996.
32
Dopo la metà degli anni 30 l’economia sovietica venne condizionata dall’espansione del complesso
militare (Voenno-promyshlennyy kompleks)134, infatti tra il 1928 ed il 1937 il budget statale
destinato alla difesa era passato dal 2% al 6% 135 mentre l’anno seguente raggiunse il 9% del PIL;
da allora è cresciuto continuamente passando dal 11,5% nel 1936 fino al 15% nel 1940. Le industrie
legate al Complesso Militare erano spesso in concorrenza tra loro e con le altre imprese per
l’acquisizione delle quote del Piano, ma poiché ad esse veniva destinato quasi tutto il macchinario
contribuivano per i tre quarti della produzione industriale in generale. Per poter ottenere gli
ordinativi dal Ministero della Difesa, e i più redditizi, ogni impresa aveva istituito un settore sempre
più imponente legato alla progettazione abbinato ai centri di ricerca in ambito militare136. Si venne
così a costituire una sorta di lobbyng tra il Complesso Militare e le imprese ad esso collegate grazie
al quale le richieste sempre maggiori di beni collegati al Complesso potevano garantire maggiori
guadagni per entrambi137. Si potrebbe affermare con Mikhail Agursky e Hannes Adomeit che “ Gli
Stati Uniti hanno un Complesso Militare Industriale, l’Unione Sovietica è un Complesso Militare
Industriale”138.
In sostanza a partire dalla metà degli anni 30 si era consolidato un sistema produttivo separato dal
resto delle attività industriali, che subirono un notevole declino, costituito da imprese legate ad un
Complesso Militare che assumerà un ruolo sempre maggiore nel tempo. Di conseguenza il settore
della Difesa subì le reazioni negative del governo centrale che attraverso un vero e proprio periodo
di epurazioni nei confronti degli alti gradi dell’esercito, stranamente proprio alla vigilia della
guerra, intendeva contrastare il ruolo sempre più preponderante dei militari nel sistema sovietico.
Secondo Robert C. Tucker139 durante le purghe vennero arrestati 91 ufficiali dei 101 membri che
costituivano l’Alto Comando Militare Sovietico e tra questi ne furono uccisi 80; vennero inoltre
condannati a morte 3000 ufficiali della marina.
134
Il progetto di un Complesso Militare Industriale venne avviato, senza molto successo, da Mikhail Nikolayevich
Tukhachevskii il famoso generale dell’Armata Rossa. Arrestato nel 1937 per presunta “attività antisovietica legata al
trotzkismo ed ai nazisti” venne fucilato nel giugno dello stesso anno. Il progetto venne poi sostenuto e realizzato
definitivamente, dopo la morte di Stalin, dal Generale D.F. Ustinov, ministro degli armamenti, dopo una lotta contro i
dirigenti civili di Mosca legati al Ministero della Difesa. La direzione di Ustinov durò quarant’anni. MARK HARRISON
Soviet industry and the Red Army under Stalin: a military-industrial complex? Cahiers du monde russe 2003/2-3 (Vol
44) .
135
Secondo Harrison i dati ufficiali vennero corretti al ribasso in vista delle negoziazioni sul disarmo di Ginevra nel
febbraio 1932.
136
Vladimir Sirotin op. cit.
137
Ad esempio una richiesta sempre maggiore di beni alimentari destinati al Complesso Militare ha determinato una
collusione tra l’Armata Rossa e le aziende agricole.
138
A, GURSKY, MIKHAIL- A, DOMEIT, HANNES The Soviet military-industrial complex and its internal mechanism
National Security Series, 1/78. Queen’s University, Centre for International Relations, Kingston, Ontario 1978.
139
ROBERT C. TUCKER Stalin in Power: The Revolution from Above, 1928-1941 W.W. Norton & Co. 1992.
33
Immagine di Felix Dzerzhinsky ad una parata del 1936
Tra il 1940 ed il 1945, come riferisce Mark Harrison140, le spese militari aumentarono più di quattro
volte a discapito di tutti gli altri settori. Nel 1940 la quota destinata alle spese per la difesa in
Unione Sovietica era salita al 15% e nel 1941 raggiunse il 28%, mentre tra il 1941 ed il 1942 la
percentuale del PIL destinata alle spese militari negli Stati Uniti passò dall’11 al 31%. Il Complesso
Militare ha beneficiato anche del contributo fornito dai lavoratori coatti dei Gulag che divenne
imponente nel periodo tra il 1947-48 in occasione dei progetti relativi allo sviluppo dell’industria
legata all’energia atomica. Infatti in quel biennio la quota di investimenti, gestiti dall’MVD 141, in
questi cosiddetti “impianti speciali” per la produzione di energia nucleare (legati al Complesso)
rispetto al volume di capitale destinato alla costruzione degli impianti industriali, passò dal 24,6%
del 1947 al 30,5% del 1948 mentre l’anno successivo fu del 21,3%.142
Negli anni 50 la quota della ricchezza destinata alle spese militari era calata al 9% e la produzione
nel settore degli armamenti conobbe un deterioramento della qualità anche perché il governo
centrale era strettamente legato ai manager del settore, superpagati, disponibili alla corruzione che
in quel periodo cresceva a dismisura. I guadagni percepiti dai direttori erano stellari in quanto i
salari dei coscritti erano più bassi rispetto a quelli dei lavoratori nei settori civili e vivevano sotto la
continua minaccia di essere accusati di diserzione o di sabotaggio.
Per poter effettuare la programmazione della produzione del Piano quinquennale i dirigenti del
Gosplan introdussero nel quarto Piano del 1946-50 una Terza sezione nella quale venne inserita la
produzione di armamenti separandola dalla Prima Sezione relativa alla produzione di mezzi di
produzione, che comprendeva quella dei materiali destinati al settore militare. La Seconda sezione
era quella destinata alla produzione di beni di consumo e delle riserve, ma a partire dal 1951 i
140
MARK HARRISON How Much Did The Soviets Really Spend on Defence? New Evidence From tha Close of Brezhnev
Era. Department of Economics University of Warwick and Centre for Russian & East European Studies University of
Birmingham 2003.
141
MVD Ministerstvo Vnutrennikh Del ossia Ministero per gli Affari Interni.
142
OLEG KHLEVNYUK “The Economy of the OGPU, NKVD and MVD of the USSR, 1930-1953” in PAUL R. GREGORY
and VALERY LAZAREV, editors, The Economics of Forced Labor: The Soviet Gulag. Stanford, CA: Hoover Institution
Press, 2003.
34
dirigenti del Gosplan decisero di reinserire la produzione di armamenti nella prima sezione “per
ragioni di convenienza”143. Sui criteri di separazione o di integrazione della produzione militare
nelle diverse sezioni del piano si ebbe uno scontro tra gli economisti accademici quali Stanislav
Gustavovic Strumlin e Alexander Trakhtenberg in quanto il primo intendeva sostenere la
separazione del settore militare dalla prima e seconda sezione, mentre Trakhtenberg condivideva la
scelta operata nei primi anni 50 dalla direzione del piano di inserirlo nella prima. I pianificatori
risolsero la questione facendo semplicemente sparire le spese militari dalle pubblicazioni
specializzate144, compresi i salari percepiti dai lavoratori del settore. Comunque gli studiosi sono
stati in grado, nel ventennio successivo, di risalire ai dati relativi alle spese militari utilizzando le
statistiche ufficiali dell’economia nel suo complesso.
Nel periodo della Grande Guerra Patriottica contro l’invasione nazista il Complesso Militare creò
una serie di nuove città dove vennero concentrate le attività produttive destinate alla difesa
(Naukograds) e centri di eccellenza destinati alla ricerca e sviluppo (Akademgorodok). Accanto a
questi centri sorsero una serie di città “segrete”, Zakrytye Administrativno-Territorial'nye
Obrazovaniia (ZATO), dove venivano prodotti beni ad alta tecnologia ed armamenti avanzati, nella
maggioranza delle quali lavoravano come schiavi i deportati dei Gulag145.
Nell’epoca Chruščёviana il budget della difesa, che subì delle fluttuazioni, costituiva una variabile e
non il settore fondamentale dell’economia in quanto veniva destinata una quota maggiore al
consumo di beni e servizi. Il settore dell’industria pesante divenne in seguito più complesso in
quanto era destinato a sostenere i programmi spaziali, che richiedevano una tecnologia più
sofisticata, e quelli relativi agli armamenti che avevano subito nel frattempo una trasformazione
con la produzione di armi sempre più moderne. Durante la Guerra Fredda molte città, anche le
maggiori, erano “chiuse” e per entrarvi occorreva il passaporto in quanto erano divenuti centri
strategici sotto il totale dominio del Complesso Militare. La forza lavoro ed i tecnici ricercatori,
sotto stretto controllo del KGB, utilizzava le tecnologie più avanzate nel campo delle armi nucleari,
biologiche e chimiche fino alla ricerca spaziale ed erano totalmente isolate dalla comunità
produttiva nazionale146. La mappa sottostante riporta i centri di produzione del Complesso Militare
sovietico.
143
DMITRI STEINBERG “Estimating total Soviet military expenditures: an alternative approach based on reconstructed
Soviet national accounts” in CARL G. JACOBSEN The Soviet defence enigma: estimating costs and burden Oxford
University Press, 1987.
144
DMITRI STEINBERG cit.
145
BROCK, GREGORY Public Finance in the ZATO Archipelago Europe-Asia Studies, 50, 6, 1998.
146
CENTER FOR POST SOVIET STUDIES Secret and Closed Cities in the Russian Federation .
35
Negli anni 70 le spese militari erano superiori a quelle degli Stati Uniti, infatti, secondo rilevazioni
operate dagli osservatori occidentali, nel 1974 ammontavano all’11-12% del PIL, rispetto all’8%
degli USA,147 corrispondenti ad un terzo o ad un mezzo degli investimenti sostenuti annualmente148,
cosa che determinò una pressione sugli standard di vita dei lavoratori per effetto di un declino dei
consumi pari al 2,7% nel 1976. Roy Medvedev riferisce che “nei ministeri e nell’establishment
militare il rapporto tra i salari più elevati e quelli più bassi era di 20 a 1 ma potevano anche
raggiungere un differenziale di 30 ad 1. Se poi teniamo conto dei numerosi servizi messi a
disposizione degli ufficiali a spese della collettività (buoni alimentari, cure mediche, vacanze,
trasporti personali ecc.) il valore totale in termini monetari saliva ad un rapporto di 50 ad 1 e a volte
di 100 a 1” 149. Nel 1980, utilizzando le metodologie occidentali per il calcolo del PIL, le spese
militari erano scese al 2,8% e da allora continuarono a declinare sino al periodo reaganiano che
diede un nuovo stimolo fino a farle innalzare nel 1988-89 al 16,1% (secondo Steinberg addirittura
al 20%)150 del bilancio statale complessivo portando, come sostiene Paul Kennedy151, l’economia
sovietica allo stremo. L’invasione dell’Afghanistan152 contribuì non poco al crollo definitivo. In
sostanza come sostiene Harrison le spese militari hanno sempre costituito un freno piuttosto che uno
stimolo allo sviluppo dell’economia sovietica.
147
TED GRANT Russia dalla rivoluzione alla controrivoluzione, Ac editoriale, Milano, 1998.
Alcuni dissidenti riferiscono che negli anni 70 più del 40% del PIL dell’Unione Sovietica era destinato agli obiettivi
militari.
149
ROY ALEKSANDROVICH MEDVEDEV: On Socialist Democracy W.W. Norton & Co Inc. 1975.
150
MARK HARRISON op.cit. e DMITRI STEINBERG cit.
151
KENNEDY PAUL The Rise and Fall of the Great Powers : Economic Change and Military Conflict from 1500 to
2000, London: Unwin 1988.
152
Le truppe sovietiche entrarono nell’Afghanistan nel Dicembre 1979 per affiancarsi alle truppe governative contro i
ribelli. Dopo dieci anni l’Armata Rossa si ritirò nel Febbraio 1989 pagando questa avventura con 3.310 morti e 35.478
feriti, a volte mutilati irreparabilmente.
148
36
Il Welfare State nel socialismo realizzato
Infatti questa lacerazione, questa infamia, questa schiavitù della
società civile sono il fondamento naturale su cui poggia lo Stato
moderno, così come la società civile della schiavitù era il fondamento
naturale dello stato antico. L’esistenza dello Stato e l’esistenza della
schiavitù sono inseparabili. Karl Marx
Il Welfare State è stato da sempre considerato come il contributo dello Stato nel garantire beni e
servizi per soddisfare i bisogni della collettività favorendo la “solidarietà”, l’attenuazione delle
tensioni e più che altro l’integrazione dei lavoratori. In realtà i lavoratori dei paesi occidentali lo
stato sociale se lo sono sempre profumatamente pagato, come dimostrano molti studi153, e la loro
integrazione è stata realizzata nella fase di sviluppo eccezionale che ha caratterizzato il dopoguerra,
più noto come Golden Age, in cui si registravano tassi di crescita eccezionali154.
Contrariamente a quanto si pensi, in Unione Sovietica lo stato sociale ha assunto quasi
immediatamente un ruolo subalterno allo sviluppo. Uno stato socialista dovrebbe garantire il diritto
alla casa, all’educazione, ai servizi sanitari e all’assistenza di vario genere ma il regime sovietico
sin dagli inizi ha utilizzato in maniera ambigua la famosa frase di Marx “Ognuno secondo le sue
capacità; a ognuno secondo i suoi bisogni!”155 non solo per giustificare una differenziazione nelle
attività lavorative, che portò ad una forbice salariale, ma anche il diverso contributo statale al
sostegno delle diverse categorie sociali. Nella società sovietica si sono manifestate due tendenze
rispetto al sostegno statale: una che spingeva perché venisse considerato come il contributo statale
alle imprese che realizzassero gli obiettivi economici ed un'altra secondo la quale il sostegno statale
dovesse coprire tutta la popolazione a seconda delle esigenze perché venissero superate le
differenze di reddito in seguito alla diversificazione degli standard di vita all’interno della società. Il
sistema sovietico, avendo concentrato inizialmente i suoi sforzi verso una accelerazione forzata
dello sviluppo, interveniva riservando il welfare prevalentemente a quegli strati sociali che
contribuivano maggiormente alla realizzazione degli obiettivi e in questo non si distingueva gran
che dai paesi capitalisti.
L’istruzione socialista
Il censimento del 1926 rilevava che il 50% della popolazione era analfabeta, ma il livello di
istruzione nel periodo 1926-39 crebbe considerevolmente, infatti la scolarizzazione aumentò più del
150% tanto che alla fine degli anni 30 i due terzi dei giovani in età scolare frequentava i sette anni
obbligatori156. Nel 1934 il tasso di alfabetizzazione raggiunse l’87,4% e nel 1960 il governo
dichiarava di aver eliminato l’analfabetismo in Unione Sovietica.
153
Contro i luoghi comuni dello stato sociale vedi ALAN FREEMAN Lo Stato sociale in Germania in Plusvalore n 12
e ALAN FREEMAN Il Welfare State in Gran Bretagna in Plusvalore n.10. Ora in www.countdownner.info. DIEGO
GUERRERO Lavoro, capitale e redistribuzione del reddito da parte dello stato: l’evoluzione dell’ ’imposta netta’ in
Spagna (1970-1987) in Plusvalore n 8. ANWAR SHAICK, E.AHMET TONAK Measuring the wealth of nations Cambridge
University Press 1994.
154
ANDREW GLYN I costi della stabilità: le nazioni capitalistiche avanzate negli anni ottanta in Plusvalore n 12, 1995
ora in www.countdownnet.info.
155
K MARX Critica al programma di Gotha Editori Riuniti.
156
Il Narkompros (Commissariato del Popolo per l’Educazione) venne istituito nel 1917 con a capo Anatoly
Vasilyevich Lunacharsky che si impegnò anche nello sviluppo della cultura in Unione Sovietica fino al 1930 quando
cadde in disgrazia per aver fondato con Alexander Bogdanov il movimento artistico indipendente Proletkult. Il sistema
scolastico in Unione Sovietica inizialmente era piuttosto semplificato ed era orientato. secondo le indicazioni di Lenin,
ad alfabetizzare il paese. Nel 1923 venne adottato un nuovo statuto scolastico ed i curricula relativi si svilupparono
secondo tre livelli di istruzione: quattro, sette e nove anni; questi ultimi corrispondenti alle scuole secondarie assai poco
frequentate. Chi concludeva il settimo anno poteva accedere alle scuole tecniche ma solo gli allievi che superavano il
nono anno potevano accedere all’università. Dopo la II Guerra Mondiale i bambini frequentavano la scuola a partire dai
7 anni e l’istruzione primaria durava dieci anni dei quali otto erano obbligatori. Con il decimo anno di studi si doveva
37
Il numero dei laureati passò dai 250 mila del 1928 (che corrispondeva al 70% in più rispetto al
1914) a circa un milione alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, ossia l’1% della forza lavoro.
Il sistema dell’Istruzione era organizzato al fine di ottenere figure professionali di vario genere che
fossero funzionali all’industrializzazione e ai settori chiave dell’economia sovietica, ma in generale
solo il 15% dei giovani studenti riuscivano ad avere accesso agli studi superiori157. Interessante è
l’analisi di Sirotin158 sulla trasformazione della pedagogia nel periodo rivoluzionario, che aveva
abolito l’uso delle punizioni nelle scuole, fino alle “innovazioni” introdotte tra gli anni 20 e 30 nel
sistema dell’istruzione, attraverso l’azione determinata di Anton Semyonovich Makarenko159,
fondate sull’antagonismo e sulla supremazia dei “migliori” rendendo la sua struttura simile a quella
spartana o gesuita basate sulla gerarchia di comando. In occasione di una qualsiasi infrazione da
parte di uno studente, questi veniva “processato” in una assemblea generale con l’ipocrisia del
“centralismo democratico” che di fatto metteva la maggioranza contro il singolo. Nel 1935 i giovani
a partire dai 12 anni potevano essere considerati ufficialmente dei “criminali” e quindi soggetti alle
stesse pene degli adulti non esclusa la sentenza di morte160; vennero addirittura istituite da
Makarenko le Colonie di Lavoro Correzionale e le Colonie di Lavoro Educativo, veri e propri
campi di lavoro coatto, per quei giovani studenti obbligati a lavorare nei periodi di festività, che non
venivano regolarmente pagati, e per coloro che rifiutavano l’autoritarismo dell’istituzione
scolastica161 .
In sostanza le strutture scolastiche ed universitarie erano organizzate come un apparato coercitivo di
irrigimentazione caratterizzando il sistema dell’istruzione sovietico come militaristico e simile a
quello dei Gulag: un sistema schiavistico. Con l’introduzione nel 1940 della legislazione sulle
Riserve Statali del Lavoro in URSS gli studenti venivano obbligati a frequentare le cosiddette
Colonie educative per i minori che avevano le stesse caratteristiche delle Scuole Tecniche o degli
Istituti Tecnici Speciali, come vennero ribattezzate nel 1964, dove gli studenti dovevano indossare
una divisa e nelle grandi città maschi e femmine studiavano in Istituti diversi. In questo tipo di
scuole vennero convogliati più di 200.000 adolescenti e 150.000 furono inviati negli istituti
psichiatrici, veri e propri manicomi criminali, perché si rifiutarono di frequentare tali Scuole
Speciali. Nel 1937 i minori costituivano il 19% dei prigionieri della Repubblica Socialista Sovietica
mentre nel 1939 erano il 15%. Nel periodo di Chruščёv, nonostante le politiche di
“proletarizzazione” degli anni 60, un terzo degli scolari non riusciva a completare gli studi superiori
sostenere una sorta di esame di diploma con lo scopo di orientare lo studente agli studi universitari. Esistevano poi delle
Scuole Speciali destinate a studenti in difficoltà, avviati al lavoro, o a studenti particolarmente dotati che potevano
accedere direttamente agli studi universitari. Le Scuole professionali invece permettevano di conseguire un diploma a
livello inferiore (operaio qualificato) o superiore (ad esempio tecnico specializzato o infermiere) e per accedere ad esse
occorreva un diploma di Primo grado (classe 8° o 9°) o di Secondo grado (classe 10° o 11°). La durata dell’istruzione
professionale era diversa a seconda dell’indirizzo.
157
Come riferisce McAuley, op.cit. nel periodo staliniano le spese scolastiche per l’istruzione superiore venivano
sostenute anche dalla famiglia mentre a partire dagli anni 60 l’istruzione era libera ed accessibile a tutti i giovani tra i 7
ed i 17 anni, solo le spese universitarie erano a carico della famiglia ad eccezione degli studenti più “qualificati” che
venivano sostenuti dallo stato e dalle imprese.
158
VLADIMIR SIROTIN Children and Adolescents in the USSR and Post-Soviet Russia Research and Analytical
Supplement No. 45 November 2009.
159
Anton Semyonovich Makarenko è stato un pedagogista ed educatore sovietico. Nel 1935 assunse la vicedirezione
della sezione delle colonie di lavoro ucraine che dirigeva aderendo ciecamente al marxismo-leninismo ed utilizzando i
metodi del centralismo democratico di Lenin.
160
Klim Voroshilov, membro del Politburo e Ministro della Difesa, nel 1935 lanciò un allarme contro il dilagare della
“delinquenza giovanile” deprecando le punizioni troppo lievi nei confronti di questi “teppisti” condannati dai tribunali a
pochi anni di reclusione. Nella città di Mosca erano stati individuati “3000 adolescenti dediti ad aggressioni di ogni
sorta” dichiarò Voroshilov, e proseguì affermando ” Non capisco perchè non spariamo a questi farabutti” . SHEILA
FITZPATRICK Everyday Stalinism: ordinary life in extraordinary times : Soviet Russia in the 1930s Oxford University
Press, 1999.
161
SARAH DAVIES Popular opinion in Stalin's Russia: terror, propaganda and dissent, 1934-1941 Cambridge
University Press, 1997. OLEG V. CHLEVNJUK Stalin e la società sovietica negli anni del terrore Guerra 1996.
38
e le stime ufficiali confermano che tra questi la maggioranza era costituita dai figli degli operai. 162. I
figli dell’intellighentia e degli specialisti avevano la possibilità di frequentare la scuola superiore in
una proporzione maggiore di tre o quattro volte rispetto ai figli dei lavoratori manuali e con la stessa
proporzione arrivavano al completamento degli studi universitari. In Unione Sovietica alla fine
degli anni 60 lo strato degli specialisti era pari al 12-13% della forza lavoro ed i loro figli
costituivano il 30% dei diplomati alle scuole secondarie con maggiori chance di conseguire una
occupazione di più alta remunerazione. Infatti uno studio effettuato in quel periodo dimostrava che
il 70% dei bambini che provenivano dallo strato degli specialisti entrava da adulti nella fascia
remunerativa più elevata mentre solo un terzo dei giovani provenienti dalle famiglie operaie
accedeva a mansioni “specialistiche”163.
Il sistema sanitario sovietico
Nel 1918 l’Unione Sovietica fu il primo paese a promettere la completa copertura sanitaria alla sua
popolazione grazie alla socializzazione della Medicina. Secondo le direttive formulate da Nicolai
Semashko164 il “diritto alla salute” divenne un “diritto costituzionale”.
Il sistema sanitario165, regolato da Commissariato del Popolo per la Salute istituito nel 1917 e poi
dal Ministero della Salute dal 1923166, doveva assicurare la salute in primo luogo alle fasce più a
rischio nel processo di produzione, così, grazie ad una legislazione piuttosto avanzata, in Unione
Sovietica il servizio sanitario veniva garantito nelle grandi metropoli europee ma nelle kombinat
industriali, sparse nelle regioni più disparate, esisteva un assistenza medica piuttosto generica
assicurata direttamente dalla direzione dell’azienda per sopperire immediatamente ai problemi di
salute che potevano creare impedimenti al lavoro cosa che comportava seri limiti alla qualità
dell’assistenza stessa. Nonostante l’alto numero di medici rispetto ad una unità di popolazione, non
esisteva in Unione Sovietica il medico di famiglia ma qualsiasi richiesta di cure passava attraverso
gli ospedali statali nei quali il ricovero era a spese del paziente e le medicine venivano pagate, pur a
prezzi accessibili; le cure mediche erano poi gratuite per alcune categorie di pensionati, per i
bambini al di sotto dell’anno di età e per i veterani dell’esercito. Il personale sanitario riceveva un
salario pari a quello di un operaio per cui erano frequenti i pagamenti sottobanco per prestazioni
particolari o per medicine difficili da trovare nelle farmacie pubbliche, rifornite in maniera
insufficiente (ad esempio una confezione di antibiotici provenienti dall’estero arrivava a costare 5
rubli), per cui era diffusissimo il mercato nero anche nel settore dei farmaci 167. Spesso negli
ospedali si potevano contrarre infezioni secondarie derivate dalle cattive condizioni di edifici in cui
la manutenzione era insufficiente e risultavano carenti di equipaggiamenti moderni168.
Ad esempio l’incidenza delle infezioni, che causavano malattie gravi come il tifo, la poliomielite, la
tubercolosi, la polmonite ecc., pur essendo diminuita tra gli anni 40 e gli anni 80 restava nettamente
162
MIKE HAYNES The Soviet Working Class Today International Socialism, November 1977.
ROGER DALE Education and the State: Schooling and the national interest Taylor & Francis, 1981
164
Nikolai Aleksandrovich Semashko venne nominato Commissario del Popolo per la Salute nel 1918 e ricoprì
l’incarico fino al 1930. THEODORE H. TULCHINSKY, ELENA VARAVIKOVA The new public health Academic Press, 2009
165
Per uno studio più completo della struttura sanitaria nell’ex Unione Sovietica vedi MICHAEL KASER Health care in
the Soviet Union and Eastern Europe Taylor & Francis 1976.
166
Tra il 1934 ed il 1936 venne nominato Commissario del Popolo per la Salute Grigory Naumovich Kaminsky.
Arrestato nel 1937 fu condannato a morte l’anno successivo per “attività antisovietiche”. Nel 1946 il Commissariato
venne trasformato nel Ministero della Sanità e affidato a George Miterev.
167
KONSTANTIN SIMIS The Machinery of Corruption in the Soviet Union Survey, Winter, 1977.
168
Vi erano naturalmente numerose eccezioni ma un caso assurdo è stato quello di Gorge Eliava, un microbiologo
georgiano, che era andato nel 1918-21 e nel 1926-27 a Parigi presso l’Istituto Pasteur dove sviluppò le sue conoscenze
sui batteriofagi e la cura delle malattie infettive con il Prof Felix D’Herelle. Nel 1923 Eliava aveva fondato a Tiblisi
l’Istituto di Microbiologia dove si facevano applicazioni e ricerche molto avanzate con risultati sorprendenti tanto che
D’Herelle rimase affascinato dal sistema rivoluzionario sovietico della ricerca in campo medico e decise di venire a
lavorare a Tiblisi. Nel 1937 Eliava venne arrestato nel periodo delle Grandi Purghe e condannato a morte con l’accusa
di spionaggio a favore della Francia. D’Herelle non tornò mai più in Unione Sovietica.
163
39
superiore a quella dei paesi occidentali. L’Unione Sovietica ha progressivamente diminuito la quota
di spesa destinata alle cure sanitarie infatti, secondo alcune stime, nel 1955 veniva destinato il 9,5%
del PIL alle spese mediche che scese al 7,5% nel 1977 e al 3% nel 1980169. Nel biennio che va dal
1939 al 1943 il tasso di mortalità infantile raggiunse il 250 per mille per le condizioni in cui si
trovava il paese nel Secondo Conflitto Mondiale ma dopo una diminuzione nel 1945-46 si registra
un nuovo picco di 125 morti per mille nati nel 1947. Dopo il 1952 il dato continua a declinare per
stabilizzarsi nel 1970 in cui la mortalità infantile era del 24,7 per mille che salì al 27,3 nel 1980,
mentre nello stesso intervallo negli Stati Uniti si registra il 20 per mille nel 1970 ed il 12,6 nel
1980170. Il tasso di mortalità infantile e quello relativo agli adulti è quindi aumentato in media tra il
1964 ed il 1980, con valori decisamente superiori a quelli dei paesi capitalisti, e con essi il tasso di
morbilità derivato da una alimentazione inadeguata e dall’alcolismo (dati reperibili mostrano
l’altissimo livello di consumo presso il percentile di popolazione occupato nei settori produttivi).
Nel 1926, dopo la fase drammatica del 1914-22, le aspettative di vita in Unione Sovietica, come
riportato da Vladimir M. Shkolnikov e France Meslé, era 39,3 anni per i maschi e 44,8 per le donne,
mentre nello stesso anno per gli Stati Uniti si registrano rispettivamente i valori di 55,5 e 58. In
seguito l’età media per i maschi è salita fino a raggiungere i 64 anni (72,1 per le donne) nel 1965.
Con la metà degli anni 60 le aspettative di vita in Unione Sovietica iniziano a diminuire e nel 1978
l’età media era di 62,5 anni.
Inoltre gli incidenti sul lavoro sono sempre risultati in numero superiore rispetto ai paesi
industrializzati dell’occidente e non si hanno statistiche sulle morti causate da una carenza cronica
di mezzi per salvaguardare una mano d’opera costretta ad accettare condizioni di lavoro disumane
lavorando su macchinari che invecchiavano progressivamente. Davis e Feshbach riportano che tra
gli anni 40 e la fine degli anni 70 più di un terzo degli incrementi del tasso di mortalità maschile era
imputabile agli incidenti sul lavoro.171
In realtà il livello di vita in Unione Sovietica dei primi anni 30 era veramente devastante, anche in
conseguenza della Grande Fame del 1932-33 che provocò la morte di più di 8 milioni di persone (di
cui 5 milioni erano ucraini)172, ed ebbe serie conseguenze nei decenni successivi. La dieta
alimentare è stata sempre messa a dura prova dalle carenze nella distribuzione dei beni alimentari e
spesso era condizionata anche da raccolti disastrosi e per effetto di una produttività carente in un
settore agricolo arretrato e funestato dal piano.
I sussidi nella patria dl socialismo
Il sussidio di disoccupazione in Unione Sovietica era praticamente inesistente, vista l’esaltazione
del pieno impiego presso lo stato socialista, per cui i senza lavoro non avevano alcun sostegno se
non l’emarginazione totale dalla società. Gli inabili, gli anziani e gli “inefficienti” spesso venivano
internati nei manicomi e negli Istituti di correzione.
Nel 1936 le pensioni degli operai in Unione Sovietica erano comprese tra i 25 e gli 80 (vecchi) rubli
mensili mentre gli alti funzionari e gli spetsy percepivano pensioni tra i 250 e 1000 rubli senza
contare i privilegi relativi agli appartamenti o alle ville per le vacanze e i buoni per l’istruzione per i
169
DIANE ROWLAND, ALEXANDRE V. TELYUKOV Soviet Health Care from Two Perspectives disponibile sul web
Per ulteriori approfondimenti è utile consultare l’ottimo lavoro di VLADIMIR M. SHKOLNIKOV FRANCE MESLÉ “The
Russian Epidemiological Crisis as Mirrored by Mortality Trends” in JULIE DAVANZO, GWEN FARNSWORTH Russia's
Demographic ''Crisis'' disponibile sul web. Non esistono dati reperibili sulla mortalità nell’ex Unione Sovietica e solo
per gli anni 60-70 si possono avere statistiche aggregate sulla mortalità provocata da problemi cardio-vascolari e dal
cancro per l’intero paese dal Vestnik Statistiki o dagli annuari statistici del Narodnoye Khozyaistvo SSSR e del
Naseleniye SSSR. Tra il 1974 ed il 1986 il governo sovietico non ha fornito alcun dato sulla mortalità e sulle cause di
morte. Occorre attendere il 1988 per avere nuove rilevazioni rese pubbliche durante la Glasnost di Gorbachev.
171
CHRISTOPHER DAVIS, MURRAY FESHBACH, ‘Life Expectancy in the Soviet Union’, Wall Street Journal, June 20,
1978.
172
ANDREA GRAZIOSI Le carestie sovietiche del 1931-33 e il Holodomor ucraino. Storica, rivista quadrimestrale, n° 30,
2004.
170
40
loro figli, con buona pace di quanto affermava Lenin sulla Pravda il 20 Aprile 1917 “Lo stipendio
dei funzionari - tutti eleggibili e revocabili in qualsiasi momento - non deve superare il salario
medio di un buon operaio”. Come riferisce McAuley173, nel 1940 la quota di spesa del welfare
destinato alle pensioni era solo del 6%, per raggiungere il 18% nel 1950. Dopo la riforma del 1956
la quota sale al 31% per rimanere quasi invariata fino al 1985.
I pensionati in Unione Sovietica sono cresciuti dal 1960174 al 1986 passando da 5,4 milioni a 40,5
milioni e l’età di pensionamento si raggiungeva a 65 anni per gli uomini e a 55 per le donne (a parte
i lavoratori dei settori usuranti che andavano in pensione anticipatamente), ma i livelli di
retribuzione pensionistica erano inferiori rispetto ai paesi occidentali presentando differenziali a
seconda delle mansioni lavorative175. Nel Marzo 1978, come riporta Boris Weil176, la situazione
dello stato sociale era piuttosto grave, molti pensionati ricevevano un sussidio inferiore a quello
istituito ufficialmente (50 rubli mensili) che veniva considerato ai limiti della povertà. Inoltre alcuni
strati della popolazione non avevano alcun tipo di sostegno statale.
Nel 1980 l’ammontare della pensione era in media di 64 rubli (45 nei primi anni 70) ma il 30% dei
pensionati riceveva meno di 60 rubli mensili. I lavoratori manuali, non manuali e quelli agricoli
delle imprese collettive percepivano un sussidio di 53,1 rubli (29 negli anni 70) mentre gli
impiegati governativi ricevevano 150 rubli a fronte dei 300 destinati agli ingegneri ed ai tecnici
delle fabbriche (120 negli anni 70), infatti molti continuavano a lavorare oltre i limiti anche per
cinque anni ed occorre poi notare che le pensioni non erano legate all’andamento dell’inflazione. I
livelli minimi di vita erano garantiti da una entrata di 75 rubli, ma dai dati ufficiali risulta che negli
anni 60 coloro che si ritiravano dal lavoro vivevano in condizioni di povertà. Nei primi anni 80 un
quinto della popolazione era indigente con una entrata di meno di 70 rubli mensili e bisogna
aggiungere che in Unione Sovietica la percezione della pensione era strettamente legata agli anni di
contribuzione per cui non esistevano le pensioni sociali o le cosiddette pensioni di anzianità. Nel
1970 più di due milioni di sovietici non ricevevano alcuna pensione ma nel 1980 si ridussero a
qualche migliaio.
Agli inizi del 1926 fu introdotta una legislazione sulla famiglia decisamente “conservatrice”, infatti
negli anni 30 venne ripristinato il culto della famiglia e con esso il concetto di “capofamiglia”, così
nel paese del “socialismo realizzato” venne promulgata nel 1936 una legge che impediva l’aborto e
nel 1944 venne proibito anche il divorzio. A partire dagli anni 30 lo stato garantiva un sussidio alle
donne con la nascita del terzo figlio per favorire la natalità (in un paese che soffriva la fame).
Ad esempio l’ammontare del sussidio destinato alle madri single con un figlio era assolutamente
insignificante mentre restavano gravi le condizioni economiche e sociali degli invalidi sul lavoro e
dei lavoratori impiegati nelle fattorie collettive per non parlare dei deportati nei campi di lavoro
forzato e nelle colonie. Dopo la morte di Stalin venne ripristinato l’aborto, dopo un decennio il
divorzio e nel 1959 anche le madri single con figli a carico ricevettero una sorta di sussidio e con la
riforma dello stato di famiglia del 1968-69 venne introdotto un certo egualitarismo.
Il perenne problema degli alloggi
Nelle grandi città dell’Unione Sovietica nel 1929 vivevano 29 milioni di persone177 mentre la
popolazione rurale ammontava a 125,3 milioni, ma con la continua migrazione dalle campagne
verso le metropoli industriali, durata un trentennio, tra la fine del 1950 e l’inizio degli anni 60
l’urbanizzazione era tale che la maggioranza dei sovietici risiedeva nei centri urbani. Dopo la
173
MCAULEY A. Economic Welfare in the Soviet Union. Poverty, Living Standards and Inequality. Univ of Wisconsin
Pr; 1979.
174
Nel 1940 secondo i dati ufficiali vi erano 4 milioni di pensionati.
175
MCAULEY A. cit.
176
BORIS WEIL The Current Opposition in the Soviet Union PRAXIS International issue: 1, 1981.
177
JEAN-PAUL DEPRETTO Les ouvriers en U.R.S.S: 1928-1941 Publications de la Sorbonne 1997. Il volume contiene
numerosi dati empirici sulle condizioni della classe operaia nei diversi centri industriali.
41
distruzione provocata dalla Guerra vennero costruiti nel 1950 un milione di appartamenti ma il
problema della casa, nonostante la crescita notevole delle costruzioni prevista dal sesto piano
quinquennale (1956-1960), resterà sempre legato allo sviluppo dei centri industriali nei quali tra
l’altro permaneva una carenza cronica di alloggi visto che una parte considerevole degli abitanti
viveva ancora in appartamenti “comunali” multiabitati (kommunalka) 178. Le case di proprietà
statale in realtà erano i casermoni delle grandi città come Mosca o Leningrado in cui la gestione
delle assegnazioni era legata al sistema burocratico oggettivamente corrotto e la manutenzione delle
case veniva affidata quasi totalmente agli affittuari. In alternativa esisteva la possibilità di ottenere
un alloggio attraverso la costituzione di cooperative che davano il via alla costruzione di
appartamenti grazie al finanziamento statale ma che comportava rate altissime (nonostante un tasso
bassissimo), pagabili per lo più dai dirigenti politici o di impresa.
Attorno alle industrie nascevano vere e proprie bidonville dove alloggiavano gli operai; come a
Magnitogorsk dove il 75% dei 220 mila abitanti viveva nelle baracche attorno al complesso
siderurgico e così per moltissime realtà industriali disseminate sul territorio sovietico. Nei centri
industriali i dirigenti, pur essendo attentissimi alle esigenze dei lavoratori non per filantropia ma per
poter realizzare i risultati previsti dal Piano visto che la responsabilità ricadeva totalmente sulle loro
spalle, non riuscivano a soddisfare le necessità più elementari per la mancanza di disponibilità
finanziaria. Sul giornale Za Indoustrializatsion del 14 e del 21 Luglio 1934, in merito alla fabbrica
di automobili di Gorki, veniva riportato che “il 22,3 % dei lavoratori, vale a dire 5.000 operai,
viveva nelle baracche. Durante l’inverno l’acqua, il gelo e l’estate le cimici la fanno da padroni e
come se non bastasse l’aria è resa irrespirabile dalle esalazioni delle fogne”179.
Secondo David Horowitz180 i due terzi delle case costruite in Unione Sovietica nel 1935 non
avevano l’acqua calda, un terzo nemmeno l’acqua corrente e nel 55% degli appartamenti non
esistevano nemmeno i servizi igienici. Negli anni 30 una piccola famiglia che occupava un locale di
15 metri quadrati pagava un affitto mensile che oscillava dai 12 ai 15 rubli se il salario ammontava
a 150 rubli mentre ne pagava solo 40 per un salario di 1000 rubli.181
In genere, come riportava il quotidiano Izvestia a quel tempo, una famiglia di quattro persone prima
di avere una sistemazione definitiva in un appartamento doveva aspettare ben otto anni durante i
quali era costretta a vivere in una stanza. Negli anni 70 quasi il 30% dei cittadini sovietici delle aree
urbane viveva ancora in abitazioni condivise con altri o nei dormitori delle fabbriche e per avere
l’assegnazione di un appartamento occorreva almeno un decennio e a volte anche più182. Inoltre ai
milioni di lavoratori che abitavano nei comuni limitrofi alle grandi metropoli sovietiche veniva
impedito per legge di spostarsi all’interno dei centri urbani. Nella patria del socialismo il problema
degli alloggi non è mai stato risolto definitivamente anche dopo il crollo del sistema.
Per avere una visione di insieme riportiamo nella tabella 11 le spese destinate allo Stato Sociale in
Unione Sovietica dal 1940 al 1986 nella quale si nota un certo incremento a partire dagli anni 50.
178
Per avere un’idea dei problemi che sorgevano in queste “comuni” forzate vedi STEVEN E. HARRIS, “‘I Know all the
Secrets of My Neighbors’: The Quest for Privacy in the Era of the Separate Apartment” in Borders of Socialism:
Private Spheres of Soviet Russia, ed. Lewis H. Siegelbaum New York: Palgrave Macmillan, 2006.
179
M. YVON op..cit.
180
DAVID HOROWITZ The Politics of Bad Faith New York: The Free Press, 1998.
181
In genere venivano assegnati dai 10 ai 20 metri quadrati ad una famiglia di 2,3,4 fino a 5 persone. Sui quotidiani
apparivano spesso degli annunci nei quali si richiedeva un “angolo di casa”, ossia una o due camere in comune. Avere
un piccolo appartamento di due camere era un privilegio mentre erano comuni le coabitazioni in grandi camere dove
dormivano 10, 20 e persino 40 persone. Come riporta M. YVON i litigi in tali condizioni di coabitazione erano
all’ordine del giorno.
182
KONSTANTIN SIMISIS, op. cit., riporta che negli anni 70 per avere l’assegnazione di un appartamento occorreva
pagare sottobanco 3000 rubli ad un dirigente del Comitato Distrettuale e 300 rubli ad un impiegato del Ministero delle
Comunicazioni per l’installazione di una linea telefonica.
42
Tabella 11
Spese destinate allo Stato Sociale in Unione Sovietica dal 1940 al 1986 (incrementi percentuali)
Totale
milioni
di
rubli
Pro
capite
rubli
per
anno
Pagamenti di
Welfare
e
assicurazione
sociale
Istruzione
Sanità
Sussidi per la
casa
1940
1950
1955
1960
1965
1970
1975
1980
1986
4,6
13
16,4
27,3
41,9
63,9
90,1
117
155
24
72,8
84,4
128,5
182,5
264,4
354
441
554
0,9
5,8
7,2
13,5
14,4
22,8
34,6
45,6
65,8
2,0
1,0
0,1
4,4
2,2
0,5
5,2
3,1
0,7
7,3
5.0
1,2
13,2
6,9
2,3
18,7
10,0
3,4
25,1
12,9
4,9
31,6
17,2
6,9
39,4
20,9
9,8
Fonte: A. MCAULEY Economic Welfare in the Soviet Union University of Wisconsin Press 1979, p 262 (parzialmente
ricalcolati); Narodnoe Khozyaistvo SSSR 1922-1987, pag 12., Moskow: Finansy i Statistika, 1982, pag 419; 1987 pag
435.
Forza lavoro coatta: la ribellione nei Gulag
Quando siamo rimproverati di crudeltà, ci stupiamo di come la gente
possa dimenticare anche il marxismo più elementare”. V. I. Lenin
Noi rappresentiamo il terrore organizzato e questo va detto con chiarezza
Felixs Dzerzinskij
Fino al 1928 i deportati nei campi di “rieducazione” garantivano una forza lavoro a basso costo che
produceva beni di scarsa utilità all’interno del sistema concentrazionario, ma in seguito questo
lavoro forzato venne sfruttato nelle aree destinate allo sviluppo industriale. I primi ad essere
utilizzati fuori dal Gulag183 furono nel 1926 i 20 mila deportati al Campo di Solovetsky184 nella
Karelia e da allora tutti i prigionieri divennero forza lavoro disponibile per realizzare gli obiettivi
ambiziosi del piano.
183
Per una analisi della organizzazione all’interno del sistema concentrazionario vedi PAUL BARTON DAVID
ROUSSET Le sens de notre combat. L' institution concentrationnaire en Russie 1930-1957. PLON. PARIS. 1959;
GALINA MIKHAILOVNA IVANOVA, DONALD J. RALEIGH, CAROL A. FLATH Labor Camp Socialism: The Gulag in the
Soviet Totalitarian System M.E. Sharpe, 2000; E. GUERCETTI Gulag. Storia e memoria Feltrinelli Editore, 2004.
184
Nel campo delle isole Solovetsky, a nord ovest della Russia nel Golfo di Onega sul Mar Bianco, vennero internati a
partire dal 1921 non solo gli oppositori al bolscevismo (socialisti rivoluzionari, socialdemocratici ed anarchici) ma
anche operai e contadini. Secondo le informazioni provenienti da fonti ufficiali del 1 Novembre 1920 dei 17 mila
internati il gruppo più consistente era costituito da operai e contadini pari al 34% e 39% rispettivamente. Tra i 40.913
prigionieri del Dicembre 1921 quasi l’84% erano analfabeti o con bassa scolarità ossia semplici lavoratori. GEORGE
LEGGETT, The Cheka: Lenin's Political Police Oxford University Press, USA 1987. Nel Dicembre 1923 i prigionieri
delle Solovetsky dettero vita ad una rivolta contro le condizioni di vita nel campo che portò all’uccisione di sei
deportati ed al ferimento di numerosi altri. Nel 1925 le Solovetsky vennero evacuate dalle autorità in seguito alle
continue proteste e tutti i prigionieri politici vennero inviati al campo di isolamento di Verkhny-Uralsk descritto da Ante
Ciliga nel suo libro. Nel 1926 le isole tornarono ad ospitare nuovamente dei prigionieri e grazie a Naftaly Aronovitch
Frenkel, un ex deportato divenuto misteriosamente direttore del campo, iniziò il sistematico sfruttamento della forza
lavoro coatta. Stalin accolse con entusiasmo questa iniziativa e promosse il sistema dei Gulag. ANNE APPELBAUM
Gulag Che cosa resta di quella tragedia La Repubblica 10 Novembre 2006. JURIJ BRODSKIJ, Solovki. Le isole del
martirio, La Casa di Matriona, 1998.
43
Deportati alle isole Solovetsky
Alla metà degli anni 30 si è stimato che gli internati (zeka o zek, compagno di cella, secondo la
terminologia del Gulag) nei cinque campi allora realizzati erano 662 mila, la maggior parte dei quali
erano contadini, ma nel 1937 il numero dei campi di “rieducazione”salì a 35185. Tra il 1930 ed il
1931 durante la famosa “guerra ai Kulaki” vennero deportati dalle campagne 381 mila persone
mentre nello stesso anno ne vennero “esiliate” 1,8 milioni. Con i deportati venivano trasferite anche
le famiglie, specie quelle contadine, obbligate a costituire collettività agricole nelle nuove regioni
siberiane che avevano l’obiettivo di sfamare le grandi città della Russia europea.
Non si hanno delle stime ufficiali sui morti nei Gulag, ma Rummel186 riferisce che tra il 1929 ed il
1935, il periodo della collettivizzazione forzata, 1.400.000 persone morirono per effetto delle
deportazioni e 3.306.000 furono i morti nei campi o durante il trasferimento. La deportazione
poteva riguardare non solo i dissidenti politici, i dirigenti delle kombinat che non rispettavano il
Piano o che venivano contestati dai lavoratori, dagli organismi sindacali e politici all’interno
dell’impresa, ma anche gli operai stessi. Infatti quando venne introdotta con la legislazione del 1940
la settimana lavorativa di sette giorni furono imposte norme rigide sull’assenteismo e sulla
disciplina e per effetto di tale decreto nel solo 1941 vennero deportati nei Gulag 23.995 operai.
Secondo Robert Conquest187 i prigionieri nei campi alla fine del 1938 erano 8 milioni, più un
milione di condannati a morte e 2 milioni morti di stenti nel biennio 37-38, mentre Rudolph
Rummel188 riferisce che alla fine degli anni 30 i deportati nei Gulag oscillavano tra i 7 e i 15
milioni. In pratica la dekulakizzazione189 fu il pretesto per accumulare forza lavoro a costi
bassissimi, un po’ come avveniva nello stesso periodo nei campi nazisti. Infatti negli anni 30 la
carenza di operai venne sopperita proprio con il lavoro coatto come a Magnitogorsk o nel
complesso minerario di Norilsk. Tra il 1931 ed il 1933 furono utilizzati 150 mila deportati anche
per la costruzione del canale sul Mar Bianco (Canale Stalin), durante la quale ne morirono decine di
migliaia, e per la costruzione della ferrovia Baikal-Amur. Nel 1940, come riportato da Harrison190,
i lavoratori coatti costituivano il 3,5% della popolazione lavorativa dell’Unione Sovietica, ma allo
scoppio della Seconda Guerra Mondiale vi fu una netta diminuzione dei deportati in quanto molti di
185
Dall’Enciclopedia pubblicata a Mosca nel 1998 risulta che tra il 1929 ed il 1960 il sistema concentrazionario era
costituito da 476 Campi di lavoro forzato.
186
RUDOLPH J. RUMMEL Stati assassini La violenza omicida dei governi Rubettino 2005.
187
ROBERT CONQUEST Il grande terrore, Milano, Mondadori, 1970.
188
RUDOLPH J. RUMMEL Stati assassini….
189
I kulaki, secondo la terminologia russa ed ucraina, erano i contadini che erano riusciti a comprare le terre dei nobili
per effetto della riforma Stolipyn del 1906. I bolscevichi li considerarono da sempre come i peggiori nemici dei
contadini poveri e dopo la rivoluzione del 1917 i kulaki vennero contrastati dal partito in quanto proprietari della terra e
quindi annoverabili alla classe borghese da abbattere. Negli anni 30 venne avviata la dekulakizzazione attraverso la
confisca dei loro terreni per destinarli alla realizzazione delle Fattorie Collettive. Durante questa fase la gran massa dei
piccoli proprietari contadini venne sterminata o deportata nei Gulag.
190
M. HARRISON Soviet Economic Growth since 1928 Europe-Asia Studies, Volume 45, Issue 1; 1993.
44
loro furono inviati al fronte per costituire i “battaglioni penali”191, infatti per sfuggire al regime duro
dei campi numerosi furono i volontari tra i prigionieri, mentre tra quelli rimasti il tasso di mortalità
fu elevatissimo: tra il 1941 ed 1945 ne morirono più di un milione.
Alla fine della guerra la deportazione verso i campi di lavoro, oltre ad interessare i militari tedeschi
e giapponesi, venne applicata all’80% degli ex prigionieri di guerra sovietici liberati dai campi di
concentramento nazisti, la maggioranza dei quali venne obbligata ad un “lavoro riabilitativo” di 1520 anni. Tra il 1945 ed il 1947 il numero dei campi di lavoro nell’ex Unione Sovietica era salito a
125, mentre secondo Edwin Bacon192 erano 131, ma ad essi andrebbero associate 475 “colonie” e
667 campi non annoverabili nella categoria classica del sistema del Gulag, mentre M.B. Smirnov193
elenca 476 campi di lavoro attivi tra il 1923 ed il 1960. Secondo Bacon tra il 1934 ed il 1952 il
numero di prigionieri dei Gulag e nelle “colonie” superava i 18 milioni. Nel 1951 Stepan
Mamulov194 propose di riorganizzare il sistema concentrazionario trasformando i deportati in
esiliati, così da limitare la spesa di 8 miliardi di rubli l’anno, mantenendo nei campi solamente i
criminali più pericolosi, ma questo progetto venne immediatamente accantonato in quanto il sistema
del lavoro coatto avrebbe perso il controllo di 1,8 milioni di prigionieri che avrebbero ricevuto un
salario, pur inferiore a quello degli operai sovietici, direttamente dai ministeri.
Tra il 1946 ed il 1950 i lavoratori coatti costituivano più del 18% della popolazione lavorativa
dell’Unione Sovietica ripartita nei vari i settori produttivi secondo la Figura 3.
Figura 3
Lavoro nel Gulag , investimenti e produzione come percentuale del totale dell’economia 1940 e 1951
120
100
80
1940
1951
60
40
Platino
Diamanti
Rame
Oro
Chromo
Cobalto
Stagno
Nickel
Investimenti
nelle
costruzioni
Investimenti
totali
Costruzioni
0
Forza lavoro
20
Fonte: Forza lavoro nei gulag Tabella 1.2. in PAUL R. GREGORY AND VALERY LAZAREV, editors, The Economics of
Forced Labor: The Soviet Gulag Stanford, CA: Hoover Institution Press, 2003
Il lavoro totale, incluso quello delle costruzioni, da Warren Eason, “Labor Force,” Economic Trends in the Soviet
Union, ed. Abram Bergson e Simon Kuznets (Cambridge: Harvard University Press, 1963), 77, 82. Il lavoro nelle
191
Il “reclutamento forzato” veniva garantito dallo SMERSH (Morte alle Spie) creato nel 1943 dall’Armata Rossa e
diretto da Viktor Semyonovich Abakumov. Nel 1946 lo SMERSH venne assorbito all’interno del Commissariato del
Popolo delle Forze Armate.
192
EDWIN BACON The Gulag at War: Stalin’s Forced Labour System in the Light of the Archives New York University
Press, 1994. OLEG V. CHLEVNJUK, Storia del Gulag Einaudi 2006.
193
M. B SMIRNOV, S. P SIGACEV, D.V SKAPOV Il sistema dei luoghi di reclusione in Unione Sovietica 1929-1960 in “Il
sistema dei lager in URSS” A cura di Marcello Flores e Francesca Gori MAZZOTTA. MILANO. 1999.
194
Stepan Solomonovich Mamulov era deputato e a capo del sistema dei Gulag per il Ministero degli Interni. Venne
arrestato nel 1953, condannato a 15 anni di reclusione e, ironia della sorte, deportato in Siberia in occasione della
depurazione di Beria ma la sua proposta venne applicata in occasione della amnistia dello stesso anno.
45
costruzioni dei Gulag è stato calcolato come il 75% del totale. I dati sugli investimenti nei Gulag provengono dal
GARF 9414-1-28, 9414-1-1312, 9414-1-188. I dati sugli investimenti globali provengono da Richard Moorsteen e
Raymond Powell, The Soviet Capital Stock, 1928–1962 (Homewood, Ill.: Richard D. Irwin, 1966), 391. Le quote di
produzione dei minerali da G. M. Ivanova, Gulag v sisteme totalitarnogo gosudarstva (Moscow, 1997), p. 97.
Si può notare che a fronte di una massa di forza lavoro coatta piuttosto limitata, che cresce del 2%
nel decennio 40-51, gli investimenti totali nel sistema concentrazionario aumentarono del 6-10% e
quelli relativi alle costruzioni del 20% nel 1951; ma ciò che salta subito agli occhi è la crescita
poderosa del 100% relativa alla produzione di diamanti e di metalli preziosi come il platino e l’oro.
La produttività del lavoro forzato rispetto a quella dei settori civili era inferiore del 50-60% e per
incrementarla il Consiglio dei Ministri nel 1948 garantì ai prigionieri un salario ma corrispondente
al 30% di quello percepito dagli operai “liberi” dello stesso settore. Nonostante ciò nel 1953
l’amministrazione dei Campi lamentava carenze di produttività che portarono al mancato realizzo
del piano. Si era costituita una vera e propria lobby separata rappresentata dalla struttura direttiva
dei Gulag, in mano alla MVD, che spesso si scontrava con i ministeri centrali in merito alle
richieste di forza lavoro coatta per la realizzazione delle opere previste dal Piano. Esistono
documentazioni che riportano le condanne subite dagli amministratori, che non effettuavano i
pagamenti dei salari ai deportati, accusati apertamente di corruzione e spesso i direttori dei Gulag
per poter ottenere ulteriori fondi dal Governo centrale esageravano il contributo fornito dal lavoro
coatto nei progetti civili.
Molti osservatori hanno rilevato che la vita media di un recluso destinato al lavoro forzato era di
due anni. Una volta terminata la commessa di lavoro, durante la quale un deportato poteva
alimentarsi e percepire un salario anche se misero, i lavoratori coatti rientravano nel Gulag e qui
vivevano in condizioni ancora peggiori con razioni di cibo ai limiti dell’inedia che li portavano
inesorabilmente alla morte195.
La denominazione dei capi sovietici era legata alla posizione geografica; ad esempio il Berlag era
un campo sulla costa e ne esisteva uno di tipo “speciale” a Kolima196 . Il Gorlag era invece un
campo di montagna come quello del complesso di Norilsk mentre il Pechalang era un campo in
zona sabbiosa, ne è un esempio quello di Karaganda nel Kazakhstan. Un tipico esempio di Rechlag
(campo di fiume), era quello di Vorkuta nella Repubblica di Komi mentre lo Steplag era un campo
nella steppa, come quello di Karaganda mentre l’Ozerlag (campo sul lago) era quello di Irkutsk sul
lago Baikal ecc.
Kolima
195
VAN DER LINDEN, M. “Forced Labour and Non-Capitalist Industrialization: The Case of Stalinism (c. 1929-c.
1956),” in BRASS. T. AND M. VAN DER LINDEN (eds.) Free and Unfree Labour. The Debate Continues Berne, 1997.
196
ROBERT CONQUEST. Kolyma: the Arctic death camps. London: Macmillan, 1978 JANUSZ BARDACH, KATHLEEN
GLESON, L’uomo del Gulag. Kolyma I ricordi di un sopravvissuto Il Saggiatore 2001 e VARLAM TICHONOVIČ
ŜALAMOV I racconti di Kolyma, trad. it., Einaudi, Torino 1999. RICHARD PIPES, Il regime bolscevico. Dal Terrore
rosso alla morte di Lenin Mondadori, Milano 2000.
46
Nel 1948 Stalin diede all’MVD istruzioni segrete affinché venisse creata una nuova categoria di
campi “speciali”, definiti Spetlag, destinati ai prigionieri politici “controrivoluzionari” e
caratterizzati da un regime particolarmente restrittivo. Tali campi dovevano essere costruiti nelle
vicinanze dei vecchi Gulag ma i prigionieri dovevano essere separati ed isolati rispetto agli altri
deportati. Questi Gulag avevano inoltre una amministrazione speciale, che doveva obbedire
ciecamente alle direttive di Mosca, e una propria milizia speciale (l’MGB197). Così i prigionieri
politici disseminati nei diversi campi vennero spostati verso questi Gulag speciali situati in regioni
dal clima insopportabile e senza alcun tipo di servizio dove i deportati dovevano lavorare in
condizioni impossibili. Uno di questi era il Kamyshlag nella regione di Kemerovo, istituito nel
1951, in cui vennero inviati “segretamente” molti “indesiderati”.
Non si hanno notizie precise sul numero e la tipologia delle rivolte scoppiate nei campi di lavoro
ma molti osservatori hanno poi confermato i racconti di Solgenitsin e di Sacharov secondo i quali
già nel 1947 in alcuni di essi si verificarono tentativi di fuga o di aperta rivolta, ma più
recentemente si hanno informazioni anche sulle sollevazioni dei lavoratori nelle “colonie
speciali”198 (spetsposelki) come quella di Pargib, nella Siberia occidentale, nel Luglio-Agosto 1931.
Il 29 Luglio, 200 rivoltosi armati di fucili e di mazze assaltarono l’ufficio del comandante per
appropriarsi delle armi. Nello scontro morirono tre internati ed un ufficiale sovietico. Il giorno dopo
una massa di 350 deportati presero il controllo di alcuni settori del campo e marciarono verso il
Quartier Generale di Pargib ma vennero respinti dalla OGPU. Molti prigionieri rientrarono nei loro
campi ma un gruppo di essi capeggiati da un certo Morev continuarono a resistere ma alla fine ne
vennero uccisi 79. I deportati però riuscirono ad impossessarsi di 63 fucili che risultarono utili in
più occasioni. La rivolta paralizzò per una settimana gli organismi locali del partito.199
197
MGB Ministerstvo Gosudarstvennoj Bezopasnost ossia Ministero per la Sicurezza dello Stato con a capo Viktor
Semënovič Abakumov noto per essere un ufficiale brutale, disposto a torturare i prigionieri con le proprie mani.
198
Le “colonie speciali” erano dei villaggi costruiti per i lavoratori coatti e le loro famiglie nelle località solitamente
impervie e inaccessibili dove erano destinati per l’edificazione di qualche infrastruttura o complesso industriale. La
OGPU “affittava” alle imprese i lavoratori speciali quando venivano richiesti pretendendo una percentuale sui salari che
nell’autunno del 1931 ammontava al 15% e a partire dal 1932 al 5%. JEAN-PAUL DEPRETTO Un Gran Chantier du
Premier Plan Quinquennal Soviétique : Kuznetsktroï Genèses 39, juin 2000.
199
LYNNE VIOLA The unknown gulag: the lost world of Stalin's special settlements Oxford University Press, 2007.
47
Belbaltlag 1932. Costruzione del Canale Stalin
Nello stesso anno avvenne l’insurrezione del Kunbass e di Vorkuta200 nel 1936, nuovamente nel
1939 e nel 1942 durante il secondo conflitto mondiale. Nel 1947 si verificarono una serie di rivolte
nei campi della Siberia settentrionale. A Jeleznodorjny numerosi soldati russi internati dai nazisti e
in seguito inviati in questo Gulag costituirono il Movimento Democratico della Russia del Nord, di
chiara matrice antistaliniana, che organizzò una rivolta in cui primeggiava lo slogan “Tutto il potere
ai Soviet” allargatasi poi ai campi di Promyshleny, Severny, Gornieki, Vorkuta. Inizialmente
vittoriosa, questa rivolta di massa venne repressa con le armi e gli attivisti processati e condannati a
pene severe201. Quella che passerà alla leggenda sarà la rivolta nel campo Ust-Usa nel complesso di
Vorkuta iniziata con la ribellione di qualche centinaio di prigionieri e dalla sollevazione dei
deportati alla sezione"Lesoreid" capeggiata da alcuni ex membri dell’armata rossa rientrati dai
Lager tedeschi, M. Reyutin, I. Zverev, M. Dunaev A. Makeev, e di altri prigionieri che stavano
lavorando alla costruzione della ferrovia. Gli insorti disarmarono le guardie e mossero in massa
verso la città di Vorkuta con l’obiettivo di liberare tutti i detenuti presenti nel carcere arrestati in
seguito alle rivolte precedenti; una volta conquistata la città il corteo si diresse verso Leningrado. I
rivoltosi riuniti in una armata, che ricorda quella degli schiavi guidati da Spartaco, sostennero una
battaglia nella tundra con i miliziani dell’MVD (L’ex NKVD prima del 1946)202 che durò diversi
200
Il campo di Vorkuta è stato fondato nel 1931 per sfruttare i giacimenti di carbone. I prigionieri vi venivano trasferiti
a bordo di slitte dalla città di Arcangelo sul mar Bianco ma alla fine degli anni 30 venne costruita una ferrovia dagli
stessi internati. A Vorkuta erano presenti dozzine di nazionalità diverse con una popolazione concentrazionaria pari a
200.000 persone. CRAVERI MARTA. The Strikes in the Norilsk and Vorkuta Camps and their Role in the Breakdown of
the Stalinist Forced Labour System; TOM BRASS AND MARCEL VAN DER LINDEN, (eds). Free and Unfree Labour: The
Debate Continues. Berne: Peter Lang, 1997. 363.
201
Dissenso Est-Ovest Gennaio 1979.
202
L’NKVD (Narodnyj Komissariat Vnutrennich Del) Commissariato del Popolo degli Affari Interni che governava la
Milizia dei Lavoratori e dei Contadini, aveva sostituito la vecchia polizia dopo la rivoluzione. Dal 1922 al 1934 una
sezione del NKVD era la famosa polizia politica, la tristemente nota GPU Gosudarstvennoe Političeskoe Upravlenie
Direzione Politica di Stato. La GPU nel 1923 divenne l’OGPU, Direttorato Statale Politico Unificato, sotto il Consiglio
48
giorni prima di essere sopraffatti. Vennero tutti massacrati nei pressi della città anche per
l’intervento dei carri armati e degli aerei militari che bombardarono il corteo. Non è noto se A.
Makeev sia caduto nella rappresaglia o sia stato condannato a morte.
Analoga sollevazione con lo stesso esito avvenne nel 1949 al Berlag di Kolima, una regione della
Siberia orientale203 e al Berlag di Nizhni Aturyakh, mentre al Minlag di Inta, nella regione di Komi,
vi fu uno sciopero di dieci giorni e a Suchan, nei pressi di Vladivostock, i prigionieri politici si
unirono ai criminali comuni in una rivolta che portò ad una evasione di massa. Anne Applebaum204
riferisce di alcuni episodi verificatisi in seguito come una fuga di prigionieri armati al Kraslag di
Krasnojarsk nel marzo 1951, uno sciopero della fame di massa al Ukhtizhemlag e al Ekibastuzlag di
Karaganda, dove alla fine di quell’anno avvenne una delle prime rivolte di massa come riferisce
Solgenitsin nel suo “Arcipelago Gulag”205. Nel 1952 al Pescanlag del Kazakistan i deportati che
lavoravano nelle miniere di carbone fecero uno sciopero della fame e del lavoro durato cinque
giorni. In seguito gli agitatori vennero arrestati e, secondo le testimonianze dei prigionieri,
avrebbero subito delle torture. I lavoratori tornati dalle miniere assalirono la prigione del campo per
liberare i compagni arrestati ma i militari li mitragliarono provocando 12 morti cosa che portò allo
sciopero di tre mila internati e in seguito molti di loro vennero pestati e trasferiti in campi a regime
più duro.
Deportati nel gulag
dei Commissari del Popolo dell'URSS, sciolta nel 1934. Nel 1941 venne costituito l’NKGB Commissariato del Popolo
per la Sicurezza dello Stato e nello stesso anno l’NKVD fu rinominato MVD Ministerstvo Vnutrennich Del ossia
Ministero per gli Affari Interni mentre l’NKGB, con a capo dal 1943 al 1946 Vsevolod Merkulov, venne trasformato
nell’MGB Ministerstvo Gosudarstvennoj Bezopasnost ossia Ministero per la Sicurezza dello Stato con funzioni di
polizia segreta che nel 1953 verrà fuso con l’MVD. Nel 1954 dall’ MVD venne scorporato da Lavrenti Berija un
servizio di sicurezza denominato KGB Komitet Gosudarstvennoj Bezopasnosti (Comitato per la Sicurezza dello Stato)
che sarà attivo fino al 1991. Nel 1960 MVD venne disciolto e le sue funzioni trasferite al Ministerstvo Ochrany
Obscesvennogo Porjadka (Ministero della Difesa dell’Ordine Pubblico) MOOP.
203
MARTA CRAVERI Resistenza nel Gulag: un capitolo inedito della destalinizzazione in Unione Sovietica Rubbettino
Editore srl, 2003 pag 189.
204
ANNE APPLEBAUM Gulag. Storia dei campi di concentramento sovietici Mondatori 2005.
205
Arnoldo Mondadori Editore 1974.
49
Sempre nel 1952 venne organizzata una rivolta armata al Minlag, nella Repubblica di Komi ad est
degli Urali206, nella quale ebbe un certo rilievo l’ucraino P.K. Vasilevs’kij. Durante l’agitazione
sorsero dei comitati con rappresentanti di tutte le nazionalità, ma la polizia arrestò 31 rivoltosi, dei
quali in seguito ne vennero fucilati 12. Nel settembre vi furono disordini all’ Ozerlag di Irkutsk in
Siberia, mentre a Pskov, al confine con l’Estonia, alcuni detenuti libertari spagnoli, deportati per la
loro opposizione allo stalinismo, erano alla testa dello sciopero.
Il sistema di Vorkuta era costituito da una serie di campi sorti attorno alla città e sparsi nella regione
tra i quali possiamo ricordare lo Steplag, il Peschanlag, il Luglag ed il Kamyshlag a “regime
speciale”. Un altro campo di questo tipo era il Karlag, famoso anche come Karlag 246, poiché a
partire dal 1951 era destinato esclusivamente ad accogliere i prigionieri politici, in cui vivevano
circa 30.000 deportati, di cui il 40% erano donne.
I prigionieri nel 1952 si opposero vigorosamente alle condizioni di lavoro e di vita disumane nel
campo così incrociarono le braccia e crearono dei Comitati di Sciopero. La lotta terminò ai primi di
Giugno con l’avvio di trattative che garantirono alla fine una riduzione della giornata lavorativa, il
miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, la possibilità di ricevere pacchi e lettere, la
liberazione delle donne, dei malati, dei vecchi e dei prigionieri politici rinchiusi nelle celle di
isolamento.
Ma fu nel 1953, dopo la morte di Stalin, che si verificarono le sommosse più imponenti.
Il complesso concentrazionario di Norilsk207, istituito nel 1936, era situato al di là del circolo polare
nel territorio di Krasnojarsk nella Siberia settentrionale sulle rive del fiume Yenisey. Norilsk, più
noto come Norillag, era uno dei siti più ricchi al mondo di minerali e garantiva
l’approvvigionamento di materie prime per molta dell’industria sovietica e del complesso militare e
per questo veniva considerato il Gulag più importante per l’economia sovietica. Nel 1940 a Norilsk
vi erano 12 campi in cui vivevano 27 mila prigionieri, praticamente in condizioni di schiavitù, che
lavoravano utilizzando strumenti piuttosto antiquati. Infatti per bonificare il terreno ghiacciato della
regione, col fine di coltivare qualcosa di commestibile, avevano a disposizione arnesi definiti dalla
direzione stessa del campo “antidiluviani”. Questa situazione aveva provocato delle proteste
nell’immediato dopoguerra ma persistendo condizioni di vita e di lavoro insopportabili fu
inevitabile lo scoppio di una rivolta nel maggio 1953. I 30 mila deportati del complesso
metallurgico scioperarono per 69 giorni, senza alcuna iniziativa violenta, chiedendo la giornata
lavorativa di 9 ore anziché 12. Questa agitazione venne giudicata dal Ministero degli Interni come
una “Ribellione anti-sovietica e controrivoluzionaria organizzata dai Banderoviti”208. All’interno
del campo esistevano due tipi di prigionieri: i suki, costituiti per lo più da criminali comuni sempre
pronti a collaborare con la direzione, ed i blatnye209 che rifiutavano ogni tipo di rapporto con
l’autorità e questi due gruppi frequentemente si scontravano apertamente all’interno del campo
anche in maniera violenta La rivolta maturò dopo uno sciopero contro l’introduzione di due ore di
straordinario non pagate e per l’uccisione di due scioperanti, così venne costituito un comitato di
sciopero, formato da rappresentanti di tutte le nazionalità, per avviare le trattative con la direzione.
Nel mese di Agosto tutti i lavoratori del complesso si sentirono rappresentati dai membri del
206
EKATERINA SHEPELEVA-BOUVARD Thése de Doctorat Culture et Propagande au Goulag Soviétique 1929-1953 Le
cas de la République des Komi 2007 disponibile sul web.
207
WILLIAM D. PEDERSON, Norilsk Uprising of 1953 in Modern Encyclopedia of Russian and Soviet History (Gulf
Breeze, Florida: Academic International Press, 1976) Vol. 25.
208
In riferimento a Stepan Bandera che nel 1932 riunificò tutte le tendenze nazionaliste in un movimento anti-sovietico
che combatteva per l’indipendenza dell’Ucraina. Venne arrestato e condannato all’ergastolo nel 1936. Durante la II
Guerra Mondiale, dopo una iniziale collaborazione coi tedeschi, organizzò la guerriglia degli ucraini contro i nazisti e
venne deportato in Germania nel 1944. Alla fine della guerra nel 1946 cercò di riorganizzare le fila del nazionalismo
ucraino e continuò a combattere per l’indipendenza. Venne ucciso nell’ottobre 1959 a Monaco di Baviera da un agente
del KGB.
209
Traducibile come “malavitosi”. Interessante il libro di MIKAÏL DIOMINE Le blatnoï Laffront 1975.
50
comitato che ottenne di incontrare una commissione governativa capeggiata da Kuznetsov210.
All’inizio delle trattative la delegazione governativa dichiarò immediatamente l’illegalità dello
sciopero ed in un incontro successivo più che negoziare i membri del comitato dovettero subire un
vero e proprio processo politico, ma in seguito all’arresto di Berija211, il 10 luglio, la delegazione
rientrò nella capitale. Agli inizi di Agosto il governo centrale decise di reprimere lo sciopero, che
nel frattempo era proseguito, facendo intervenire la polizia antisommossa dell’MVD che provocò la
morte di 78 scioperanti ed il ferimento di 150 (alcuni riportano 400 morti) e i membri attivi del
comitato vennero trasferiti in campi a regime più duro. In seguito alla repressione alcuni deportati
istituirono una sorta di Comitato di Autodifesa permanente contro le violenze dell’MVD , già attivo
in maniera embrionale dal 1947, impegnato ad organizzare i picchetti e la propaganda in tutte le
sezioni. Nei mesi successivi si verificarono altre rivolte, sempre represse nel sangue, ma che
costrinsero la direzione a pagare un salario “adeguato” al lavoro pesante dei deportati, ad aprire nel
campo uno spaccio di generi alimentari e ai prigionieri fu consentito di scrivere una lettera al
mese212.
Tra la fine di Aprile e nel Maggio 1953 scoppiò una rivolta nel Gulag di Karaganda, nel
Kazakhstan, la più vasta dopo quelle del 1947 e del 1951, che è rimasta nella memoria dei russi. La
regione di Karaganda è ricca di miniere di carbone e faceva parte del grande kombinat carbonifero
di Kuznets. I prigionieri che lavoravano nelle miniere scesero in sciopero per le condizioni di vita
divenute insopportabili urlando “Libertà o morte” ma la reazione delle guardie fu tremenda
causando l’uccisione di numerosi internati. Non si hanno notizie precise sui fatti accaduti ma molte
testimonianze riportano di massacri di massa operati dalle truppe antisommossa.
I disordini nel sistema concentrazionario di Karaganda si sono poi estesi a Mordovia, 500 km a sud
di Mosca, a Norilsk e a Vorkuta in seguito al trasferimento degli agitatori in quel campo.
Erik Kulavig nel suo libro Dissent in the years of Khrushchev : nine stories about disobedient
Russians riporta una sommossa avvenuta nel 1953 tra i deportati del Campo di Lavoro e delle
Riforme di Kargapolskii nella regione di Kurgan negli Urali per le continue ingiustizie e le
numerose uccisioni degli internati.
Ma la rivolta che creò seri problemi al Kremlino fu quella del Luglio 1953213, capeggiata da Igor
Dobroshtan, che scoppiò poco tempo dopo i disordini di Berlino Est e la morte di Stalin. Sette mila
prigionieri di Vorkuta214 entrarono in sciopero sull’onda delle agitazioni operaie della Germania
Orientale215. I deportati si organizzarono al di là delle nazionalità e delle opinioni politiche e per
molti di loro era la prima volta che partecipavano ad uno sciopero; alla fine del mese tutte le
cinquanta miniere del complesso erano ferme. A Vorkuta esisteva una organizzazione clandestina
strutturata su tre livelli: politico, informativo, formato da invalidi ed intellettuali col compito di
diffondere un bollettino con notizie provenienti da giornali e riviste che arrivavano al campo, e
210
Vasily Vasilyevich Kuznetsov nel 1944 era diventato presidente del Consiglio Centrale dei Sindacati di tutta
l’Unione e nel 1952 membro del Comitato Centrale del Partito Comunista, poi membro del Presidium nel 1952-53
211
Vedi nota 105. Tra il 1936 ed il 1938 venne nominato Commissario del Popolo agli Interni Nikolaj Ivanovič Ežov
che avviò una fase di dura repressione all’interno dei Campi con gravi conseguenze nell’utilizzo razionale della forza
lavoro coatta. Venne sostituito da Berija.
212
Per una cronaca dettagliata degli scioperi a Vorkuta e a Norilsk vedi ANDREA GRAZIOSI I grandi scioperi del 1953
nei campi sovietici nelle testimonianze di alcuni protagonisti in Quaderni Piacentini. Nuova Serie n 8 (1983).
213
J. SHOLMER La greve de Vorkuta Amiot-Dumont Parigi 1954. WILLIAM D. PEDERSON Norilsk Uprising of 1953
Modern Encyclopedia of Russian and Soviet History Gulf Breeze, Florida: Academic International Press, 1976 Vol. 25.
52. JOHN NOBLE I Was a Slave in Soviet Russia New York: The Devin-Adair Co., 1966.
214
A Vorkuta erano scoppiate delle rivolte nel 1937 e nuovamente nel 1939 e nel 1947 dove fu necessario l’intervento
degli aerei per bombardare i rivoltosi.
215
CAJO BRENDEL La Comune di Berlino L’insurrezione operaia nella Germania dell’Est – giugno 1953. La lotta di
classe contro il bolscevismo in “Un omaggio a Paul Mattick”. BENNO SAREL La classe operaia nella Germania Est
Einaudi, Torino 1959, ora in DANILO MONTALDI Bisogna sognare Scritti 1952-1975 Colibri, 1994. Secondo numerose
testimonianze pare che i prigionieri fossero venuti a conoscenza dei moti di Berlino e della morte di Stalin attraverso
degli apparecchi radiofonici costruiti da essi stessi.
51
militare, quest’ultimo costituito da ex appartenenti alla Armata Rossa 216. In realtà nel campo i
prigionieri si sentivano dei lavoratori salariati “obbligati” per cui erano frequenti le vertenze sul
lavoro, rispetto agli scontri politici, tra deportati e direzione217 e fu questa la condizione che favorì
la dichiarazione di sciopero. Inoltre i prigionieri erano venuti a conoscenza della rivolta di Berlino e
con la crisi del regime staliniano erano convinti che fosse vicina una liberazione generalizzata. Nel
mese di luglio una massa di 18.000 prigionieri dei vari campi si rifiutò di scendere nelle miniere di
carbone e venne immediatamente eletto un comitato di sciopero che dichiarò alla polizia del campo
di averne preso possesso pretendendo un incontro con i dirigenti di Mosca. La delegazione
governativa, con a capo il generale Derevianko218, arrivò immediatamente a Vorkuta ma i colloqui
con il Comitato ebbero un esito fallimentare nonostante le promesse di pasti migliori e condizioni di
lavoro più umane. Nella prima settimana si verificò una situazione di stallo con gli scioperanti da
una parte e le guardie del campo mobilitate in permanenza dall’altra. Il 31 Luglio la direzione
ordinò arresti di massa tra i detenuti con l’accusa di “sabotaggio” causando la reazione violenta
degli scioperanti, ormai diventati 500 mila, che eressero barricate. Visto l’atteggiamento piuttosto
disponibile di alcune guardie nei confronti dei manifestanti, il 1 Agosto la direzione ordinò alle
truppe speciali di aprire il fuoco sulla folla provocando 66 morti e centinaia di feriti. Gli arrestati
vennero messi in isolamento senza subire altre punizioni, ma da allora le condizioni dei deportati
furono migliorate, specie quelle dei prigionieri politici.
Vorkuta
Nel giugno 1954 avvenne la rivolta allo Steplag di Kengir, nel Kazakistan, in seguito alla uccisione
di un gruppo di prigionieri ed all’arresto di altri per le proteste contro le condizioni bestiali in cui
vivevano gli internati nelle miniere di Dzezhkazgan e la pratica continuativa della violenza sui
detenuti da parte delle guardie. Nello scontro vennero coinvolti tutti i reclusi che arrivarono ad
impadronirsi del campo per quaranta giorni durante i quali vennero organizzate direttamente tutte le
attività fino a creare una vera e propria Comune. I rivoltosi elessero dei delegati per le trattative
con la direzione e tra questi il capitano dell’Armata Rossa Kapiton Kuznecov, figura piuttosto
ambigua, che condusse personalmente i negoziati, ma molto più attivi erano elementi come Engel’s
Ivanovich Slucenkov e Gersa Iosifovich Keller. Col tempo l’autogestione nel Campo arrivò a
produrre una serie di organismi: un comitato per l’agitazione e la propaganda, capeggiato da una
216
Secondo quanto riporta Paolo Casciola riferendosi a BRIGITTE GERLAND La mia vita nei campi di lavoro sovietici
(1946-1953), «Quaderni Pietro Tresso», n. 45, gennaio-febbraio 2004, nel campo di Vorkuta esisteva un gruppo di
“studenti leninisti”, i cui componenti vennero arrestati a Mosca nel 1948-49, che ebbe un ruolo cruciale nella
organizzazione della rivolta.
217
vedi ANDREA GRAZIOSI op cit.
218
Il generale Kozma N. Derevianko era divenuto una delle figure di spicco del regime staliniano dopo aver firmato la
resa del Giappone alla fine della II Guerra Mondiale.
52
figura di spicco come Jurji Al’fredovich Knopmus, per i servizi di ogni genere, per la gestione dei
depositi di alimenti, per la sicurezza interna, viste le iniziative contrarie alla rivolta da parte di
alcuni deportati, di tipo militare per organizzare l’autodifesa dei rivoltosi ed un dipartimento
tecnico, costituito da ingegneri e tecnici di ogni genere che intervenivano con la loro professionalità
nelle officine create dai deportati all’interno del campo. Dopo quaranta giorni nello Steplag
entrarono i carri armati che misero fine alla rivolta; furono arrestati 436 prigionieri dei quali tre,
Slucenkov, Keller e Knopmus , vennero fucilati e mille furono trasferiti in altri campi219.
In seguito a queste rivolte, Berija , una volta succeduto a Stalin, promulgò nel 1953 una amnistia
per alcune tipologie di internati ma senza concepire un piano ben organizzato, per cui furono pochi i
prigionieri rimessi in libertà (alcuni storici parlano di qualche decina di migliaia), probabilmente
perché i direttori dei campi fecero delle resistenze nell’applicare l’amnistia per poter mantenere i
livelli di produzione imposti dal Piano. Anche dopo la morte di Stalin i prigionieri continuarono ad
essere utilizzati per i lavori più pesanti e sfruttati in ogni settore della produzione, in fondo le
priorità dell’economia prevalevano sulle condizioni di vita dei deportati, infatti nel 1953 il controllo
dei Gulag passò dall’MVD direttamente al Ministero dell’Economia, senza che il sistema
concentrazionario subisse alcun cambiamento, fino alle rivolte di Kengir ed alla nuova sollevazione
di Vorkuta nel 1955 che portarono ad un certo miglioramento delle condizioni di vita.
Con l’avvento dell’era Chruščëv, dopo il XX° Congresso del febbraio 1956, vennero liberati
moltissimi prigionieri politici e gli ex militari dell’Armata Rossa, deportati dopo aver vissuto il
dramma dei Lager tedeschi, ma una volta in libertà essi incontravano moltissime difficoltà: avevano
perso tutta una serie di diritti, non riuscivano ad ottenere i permessi di residenza e la possibilità di
trovare un lavoro per il regime di sospetto che aleggiava nella società sovietica e molti vennero
continuamente sorvegliati e perseguitati dal KGB.
Benché il sistema dei Campi avesse subito una radicale trasformazione, non vennero
completamente smantellati e quelli a regime speciale furono attivi fino agli anni 60; i prigionieri
politici continuarono ad essere arrestati ed utilizzati come forza lavoro ancora negli anni 80 fino alla
chiusura definitiva nel 1987 dell’intero “Arcipelago Gulag”, come veniva definito da Alexander
Solzenicyn, con l‘era Gorbacev. Dai dati recentemente usciti dall’archivio del KGB risulterebbe che i
Gulag hanno“ospitato” circa 29.000.000 di persone di cui 13.000.000 sono i morti.
Il sistema concentrazionario secondo i dati degli archivi ormai resi noti è costato più di quanto abbia
prodotto ed è stato inoltre responsabile della creazione di un vasto strato di criminali professionisti
Secondo gli ultimi calcoli (fonti ufficiali russe) le vittime del “comunismo” nella sola ex Unione
Sovietica sarebbero state circa 75.000.000.
Le lotte sconosciute dell’operaio sovietico
(L’uomo di marmo)
Il Capitale è lavoro morto, che, come i vampiri,
riesce a vivere soltanto succhiando il lavoro
vivente, e più lavoro succhia, più vive. Karl Marx
Il proletariato è scomparso Lenin
Solo dopo il crollo del sistema sovietico è stato possibile accedere ai documenti ufficiali redatti dal
Consiglio Generale dei Sindacati220 che riportano le interruzioni del lavoro in seguito a scioperi
operai nel periodo tra il 1918 ed il 1929; ma a partire dal 1930 tali informazioni spariscono di colpo
dai resoconti e le poche disponibili provengono dagli archivi del KGB o dalle pubblicazioni
clandestine dell’opposizione.
219
Oltre ai classici sull’Arcipelago concentrazionario si possono consultare MARTA CRAVERI op cit e ANDREA
GRAZIOSI op. cit.
220
Per una analisi sulla evoluzione dei Sindacati in Russia vedi SARAH ASHWIN - SIMON CLARK Russia Trade Unions
and Industrial Relations in Transition Basingstoke and New York; Palgrave 2002.
53
Sin dal 1920 erano maturate le prime dissidenze operaie nei confronti del governo specie con
l’introduzione della “disciplina al lavoro”, con il decreto del Maggio 1920, che aveva
ridimensionato le controversie in fabbrica risolte attraverso una trattativa con gli organismi centrali.
L’atmosfera divenne poi particolarmente difficile in seguito all’ondata di isteria che vedeva spie e
sabotatori in ogni fabbrica o ferrovia in agitazione tanto che il 20 maggio, come riferisce Richard
Sakwa221, vennero poste sotto legge marziale ben 24 province compresi i maggiori centri industriali
di Pietrogrado222 Tver223, Orel224, Rybinsk, Iaroslavl, Ivanovo-Voznesenk, Vladimir, Niz˘nij
Novgorod, Samara, Poltava, Izhevsk225, Mosca, Tula226. Nel maggio 1918 a Kolpino, nei sobborghi
di Pietrogrado, guardie armate, dietro ordine specifico di Zinovev, spararono contro gli operai in
lotta contro la mancanza di lavoro e di generi alimentari. In seguito all’assassinio del 10 Giugno di
V. Volodarskii, un dirigente bolscevico di spicco membro del Comitato Esecutivo del Soviet di
Pietrogrado, si verificò una ondata di repressione che portò all’arresto degli attivisti vicini ai
Socialisti Rivoluzionari tra i quali molti operai. La reazione dei lavoratori del distretto di Nevski
portò alla convocazione di una Assemblea dei Delegati di Fabbrica che dichiarò una giornata di
sciopero. Le truppe dell’Armata Rossa invasero il distretto imponendo la legge marziale ed
impedendo qualsiasi assembramento, inoltre la fabbrica Obukhov venne definitivamente chiusa 227.
Alla fabbrica Simens- Shukkert ed alla Obukhov, nel distretto di Nevski, si verificarono scontri
violenti con i disoccupati che bloccavano l’entrata degli operai, mentre alla fabbrica di armi di
Sestroresk vennero arrestati e malmenati numerosi scioperanti228. Il 2 Marzo 1919 alle officine
Erikson, nel bel mezzo delle agitazioni di Pietrogrado, gli operai cacciarono Zinoviev con la forza
mentre cercava di arringare gli scioperanti. In conseguenza dello sciopero generale di Pietrogrado i
bolscevichi reagirono attraverso “la repressione militare, gli arresti di massa ed altre misure
coercitive, come la chiusura delle fabbriche, l’espulsione della mano d’opera e la sospensione della
distribuzione delle razioni nei confronti degli operai licenziati”. Nel 1918 a Pietrogrado a seguito
delle proteste operaie contro il razionamento e l’aumento dei prezzi, si formò l’Assemblea Operaia
che divenne in breve tempo la maggiore organizzazione politica della città con 200 delegati in
rappresentanza di centomila operai ossia i due terzi dei lavoratori. Secondo i dati ufficiali nella
provincia di Pietrogrado si verificarono quell’anno 52 scioperi cui hanno partecipato 65.625
lavoratori mentre nel 1920 furono 73 con il coinvolgimento di 85.645 lavoratori mentre secondo
Aves furono 109.100 .
221
RICHARD SAKWA Soviet Communists in Power, A Study of Moscow During the Civil War, 1918-21 London,
Macmillan, July 1988; New York, St Martins, 1988.
222
JONATHAN. AVES, Workers Against Lenin: labour protest and the Bolshevik dictatorship, I. B. Tauris 1996
ALEXANDER RABINOWITCH, The Bolsheviks in power: the first year of Soviet rule in Petrograd Indiana University
Press, 2007.
223
L’attuale città di Kalinin a nord di Mosca dove si verificarono scioperi e marce di protesta contro l’imposizione della
legge marziale.
224
Dove si verificò una vera e propria “guerra civile”
225
Nel gennaio 1920 Lenin inviò un telegramma alla direzione del partito a Izhevsk, dove era avvenuta una vera e
propria rivolta operaia contro i bolscevichi, nel quale afferma: “ Sono sorpreso che… voi non stiate eliminando
immediatamente gli operai in sciopero per il crimine di sabotaggio” S.M. BERK The Class Tragedy of Izhevsk; Workimg
Class Opposition to Bolscevism in 1918 Russian History N.2 Vol 2 (1975).
226
Sul problema del razionamento e delle conseguenze in questo periodo vedi l’ottimo LARS T. LIH Bread and
Authority in Russia, 1914-1921 University of California Press 1990.
227
ALEXANDER RABINOWITCH Op.cit.
228
WILLIAM ROSENBERG, Russian labour and Bolshevik Power
54
L’armata rossa a Pietrogrado al centro Lenin e Trotzky
Alle mitiche officine Putilov di Mosca nel marzo 1919 la Ceka prese d’assalto la fabbrica
arrestando 900 operai e condannandone a morte 200. Gli operai delle Putilov, riuniti in assemblea
generale il 10 marzo, votarono una mozione che condannava il governo bolscevico, chiedeva libere
elezioni dei soviet e dei comitati di fabbrica, l’eliminazione del razionamento alimentare ed il
rilascio di quei “rivoluzionari autentici” arrestati dalla Ceka229. In tutti i centri industriali gli operai
venivano sottoposti ad una intensificazione del lavoro per sostenere la guerra civile sotto la
presenza minacciosa della Ceka, come alle fabbriche metallurgiche di Astrakhan, nel sud del paese,
dove gli operai dichiararono uno sciopero nel marzo 1919, che si trasformò in una assemblea
affollatissima, contro l’ultrarazionamento alimentare e l’aumento vertiginoso dei ritmi. I convenuti
vennero dispersi dalla polizia politica, capeggiata da Sergey Mironovich Kirov230, che mitragliò i
lavoratori mentre fuggivano in tutte le direzioni. Vennero uccisi due mila operai ed altrettanti
vennero arrestati231. Ogni manifestazione di dissenso operaio nei mesi successivi veniva repressa
con l’eliminazione sistematica degli operai più attivi232.
Nelle fabbriche di armi della città di Tula nel Novembre 1919 si verificarono degli scioperi, contro
il razionamento ed il lavoro alla domenica, che portarono alla applicazione della legge marziale ed
229
NICOLAS WERTH Crimes and Mass Violence of the Russian Civil Wars (1918-1921) Encyclopedia of Mass Violence
disponibile on line
230
Sergey Mironovich Kirov (1886 – 1934) nel 1926 era il dirigente del Partito Bolscevico a Leningrado. Negli anni 30
divenne oppositore di Stalin. Nel 1934 Kirov venne ucciso nel suo ufficio allo Smolny da un uomo armato che si
sospetta fosse un agente dell’NKVD su ordine di Stalin. In seguito all’assassinio di Kirov iniziarono le Grandi Purghe.
231
THOMAS F. REMINGTON, Building Socialism in Bolshevik Russia Univ of Pittsburgh October 1984
232
P. SILIN, "Astrakhanskie rasstrely", in Viktor Chernov, (ed), ChE-KA. Materialy po deyatel'nosti chrezvychaynykh
kommissiy, Iz.TsKPSR, Berlin, 1922, pp. 248 – 255.
55
al processo sommario di 23 operai da parte della Ceka233 che in seguito vennero condannati alla
deportazione234. Nel Marzo 1920, in merito all’arresto ed alla deportazione degli scioperanti,
intervenne sulla Pravda N. Osinskii, allora Commissario del Popolo per l’Approvvigionamento
Alimentare e già membro della opposizione del Centralismo Democratico235. Contro la repressione
scioperarono nello stesso anno i 5000 operai della fabbrica di locomotive di Sormovo, nel distretto
di Niz˘nij Novgorod. Gli scioperanti vennero aggrediti dall’Armata Rossa che impose il rientro in
fabbrica. In seguito agli scioperi dei lavoratori delle tipografie organizzati a Mosca nel Maggio
1920, la Ceka chiuse gli impianti e deportò in massa gli scioperanti in un campo di lavoro. Nel
Febbraio 1920 scoppiò una insurrezione, capeggiata da Levko Khristovoi, nella città ucraina di
Poltava in seguito alle requisizioni delle razioni alimentari, deprecate persino dal Soviet locale, e
per contrastare l’arruolamento coatto dei giovani imposto dall’Armata Rossa per inviarli sul fronte
polacco236
Nel Luglio del 1920 a Samara la rivolta scoppiò all’interno delle truppe della Armata Rossa, per poi
dilagare tra la popolazione, in seguito all’allontanamento di alcune figure di spicco, come
Alexander Sapozhkov, dal comando dell’Armata Rossa durante Guerra Civile contro i Bianchi
perché vicini ai socialisti rivoluzionari di sinistra. Il 14 Luglio 1920 tra i ranghi dell’Armata Rossa
4000 militari ribelli fondarono la Prima Armata Rossa della Verità, sostenuta dalla popolazione, alla
quale aderirono in seguito molti bolscevichi, come Fedor Dolmatov, che disertarono dall’Esercito
regolare. Lenin in un telegramma inviato al comandante del distretto di Zavolzhsky chiedeva
fermamente la totale eliminazione degli insorti e Trotzky dichiarava che :” Questi colpevoli devono
essere severamente puniti dalla base ai vertici” ed ordinò la fucilazione immediata per tutti quei
ribelli catturati con le armi in mano. Nel mese di agosto l’Armata della Verità venne sconfitta dalle
truppe regolari accorse a reprimere la rivolta, Sapozhkov venne ucciso e la sua testa inviata al
Quartier Generale della Armata Rossa. Dimitri Zubarev, un vecchio eroe della rivoluzione, venne
arrestato e fucilato per aver partecipato a quella che molti definiscono la Comune del Volga237
Scioperi di massa interessarono le città di Aleksandrov e le industrie metallurgiche di Briansk. Con
gli operai si rivoltarono anche i soldati cui si unirono i contadini della provincia. La rivolta si estese
a tal punto che il governo locale dichiarò lo stato di emergenza concedendo poteri assoluti alla Ceka
per esecuzioni sommarie o presa di ostaggi secondo il Decreto del Terrore Rosso. Vennero arrestati
152 operai e furono migliaia i feriti tra i soldati ed i contadini.238. Alla fine di maggio la città
ucraina di Ekaterinoslavl si trasformò in una “piccola Kronstadt” in quanto gli operai elessero un
loro Comitato di Lotta, formato da quindici persone, che avanzò delle richieste molto simili a quelle
dei rivoltosi del Baltico. Il 1 Giugno gli operai scesero in sciopero e si unirono ai lavoratori delle
ferrovie. Gli scioperanti utilizzarono dei cartelli affissi su un treno per propagandare l’agitazione
nelle città vicine mentre venivano inviati messaggi attraverso il telegrafo, occupato dagli attivisti,
alle fabbriche del territorio inneggiando alla creazione di “liberi Soviet”. I dirigenti del partito
locale invitarono la Ceka ad intervenire per reprimere i “controrivoluzionari”. Dopo gli arresti di
massa vennero fucilati 15 operai ed i loro corpi gettati nel fiume Dniepr239.
233
Čeka oVečeka (Commissione straordinaria di tutte le Russie per combattere la controrivoluzione e il sabotaggio) è
la prima polizia politica ideata da Lenin e Feliks Edmundovič Dzeržinski nel dicembre 1917 per combattere i nemici del
nuovo regime russo. Nel febbraio 1922 divenne la GPU (vedi nota 202). Dzeržinski dal 1921 al 1924 ricopri anche
l’incarico di Ministro delle comunicazioni e divenne capo della Vesenkha.
234
La rivolta fu talmente seria che Lenin ritenne necessario inviare il 3 Aprile un telegramma nel quale invitava
Dzerzhinskii a “liquidare lo sciopero” VLADIMIR BROVKIN op.cit.
235
VLADIMIR BROVKIN Workers’ Unrest and the Bolsheviks’response Slavic Review Volume 49 Issue 3 Autumn 1990.
236
NICK HEATH The Poltava uprising against the Bolsheviks, 1920 consultabile nel sito LibCom.
237
NICK HEATH 1920: The Sapozhkov Uprising and the Army of Truth. consultabile nel sito LibCom.
238
. JONATHAN AVES Workers against Lenin: labour protest and the Bolshevik dictatorship.
239
JONATHAN AVES cit.
56
Nel 1921 le statistiche ufficiali registrano 538 scioperi con 197.022 partecipanti mentre Tony Cliff
riporta che nel 1922 “i lavoratori coinvolti in conflitti di lavoro erano tre milioni e mezzo che nel
1923 scesero ad 1.592.800”240. Nel Novembre 1920 si verificò una rivolta contro la requisizione di
grano (razverstka) da parte dei bolscevichi241 nella cittadina ucraina di Ostrogozh, nei pressi di
Voronezh, capeggiata da Ivan Sergeevich Kolesnikov un ex comandante della Armata Rossa che
aveva disertato. Alla fine del 1920 un’altra rivolta contro le requisizioni interessò la città di
Veshenskaia nella regione del Don capeggiata da Iakov Efimovich Fomin. Le armate dei cosacchi
Rossi di Formin vennero sconfitte dall’ esercito il 18 Marzo 1922 e nel rapporto ufficiale venne
dichiarato che Formin si sarebbe “suicidato”242.
Alla fabbrica automobilistica AMO (Avtomobilnoye Moskovskoye Obshchestvo) di Mosca erano
attivi gruppi operai esterni al partito bolscevico, tra i quali spiccava Vladimir Petrzhek uscito dal
partito, che si battevano contro la NEP e sostenevano la rivolta di Kronstadt243. In seguito la
fabbrica prese il nome di ZIS (Zavod Imeni Stalina).
Dopo gli scioperi degli operai a Pietrogrado nel marzo 1919, il 24 Febbraio 1921 scesero in lotta i
lavoratori della fabbrica Trubochny di Pietrogrado, cui si erano aggiunti i contadini della zona. Si
formò un corteo di duemila persone che venne immediatamente disperso dai militari dell’Armata
240
TONY CLIFF State Capitalism in Russia www.marxists.org/archive/cliff/works/1955/statecap/index.htm .
LARS T. LIH: Bolshevik Razverstka and War Communism Slavic Review, Vol. 45, No. 4 (Winter, 1986), pp. 673-688
Published by: The American Association for the Advancement of Slavic Studies disponibile sul web. La politica delle
requisizioni venne introdotta decisamente da Alexander D. Tsiurupa (1870 – 1928) Commissario del Popolo per la
distribuzione degli alimenti alla riunione del Sovnarkom nel maggio 1918. Comunque le riquisizioni di grano erano
state introdotte negli ultimi mesi del regime zarista da A.A. Rittikh
242
PETER HOLQUIST Making war, forging revolution: Russia’s continuum of crisis, 1914-1921 Harvard University
Press, 2002
243
SIMON PIRANI The Russian revolution in retreat, 1920-24: Soviet workers and the new Communist elite Routledge,
2008.
241
57
Rossa. Il giorno successivo gli operai scesero nuovamente nelle strade coinvolgendo i lavoratori di
altre fabbriche tanto che il governo costituì un Comitato di Difesa, capeggiato da Zinoviev, che
proclamò la legge marziale. Di notte la città divenne un vero e proprio campo di battaglia con il
conseguente arresto di migliaia di insorti.
Nello stesso mese si fermarono i lavoratori delle ferrovie ad Aleksandrov , nel gennaio era
scoppiata l’insurrezione di Julianikh, in Siberia. La rivolta spontanea di Ishimsk, provocata dalle
requisizioni di grano effettuate dai bolscevichi, si allargò alla città di Tyumen, centro economico ed
industriale degli Urali, ad Omsk fino alla città kazaka di Akmola ed alle regioni orientali di
Chelyabinsk ed Ekaterinburg. I ribelli arrivarono a bloccare la ferrovia della transiberiana
riuscendo ad occupare numerose città della regione (Petropavlovsk Tobolsk - dove venne stabilito il
quartier generale degli insorti - Kokchetav, Voloshin, Obdorsk e Karkaralinsk) nelle quali, al grido
“Per i soviet senza i comunisti”, costituirono nuovi organismi di base indipendenti che gestivano
direttamente le zone liberate. La rivolta che coinvolse più di centomila uomini venne ribattezzata
come la Terza Rivoluzione Russa ed il governo bolscevico inviò immediatamente numerosi
distaccamenti militari e quattro armate capeggiate da Ivan Smirnov, presidente del Comitato
Rivoluzionario della Siberia (Sibrevkom), V. Shorin, Comandante in capo delle Forze Armate della
Repubblica della Siberia, e P. Pavlunovsky, capo della CEKA in Siberia, che riuscirono a sedare la
rivolta utilizzando treni armati di cannoni che bombardarono pesantemente le aree “liberate”. Gli
insorti si divisero in piccoli gruppi ed una volta dispersi nella taiga continuarono a combattere
praticando la guerriglia. I bolscevichi allora reagirono con una repressione violenta fucilando in
massa gli arrestati e la popolazione che li aveva sostenuti, ma la guerriglia proseguì fino al 1922244.
A Saratov lo sciopero partì il 3 marzo 1921 dalle ferrovie per poi estendersi alle fabbriche
metallurgiche, come la Pokrovsk, dove gli operai, dopo averle occupate, elessero dei nuovi
rappresentanti per la trattativa scavalcando il sindacato. Intervenne la Ceka che sciolse con la forza
la nuova commissione operaia. Venne nominato un Comitato Rivoluzionario Provvisorio che
introdusse la legge marziale nella città e decretò l’arrestò di 281 operai che in seguito vennero
condannati a morte245. Il 2 Marzo 1921 i lavoratori della fabbrica Bromlei a Mosca protestarono
contro i continui arresti di operai ed organizzarono una assemblea generale per il giorno 25 affinchè
venisse rinnovato, con una nuova elezione, il Soviet della città. La massa di operai convenuti venne
dispersa con la forza. Naturalmente furono immediatamente arrestati gli elementi più attivi246.
Nel frattempo il 1 marzo 1921 era scoppiata la rivolta di Kronstadt247 mentre una ondata di
agitazioni investì le miniere nel distretto di Anz˘ero-Sudz˘ensk, nel Kuzbass tra il 1921 ed il 1925
per miglioramenti salariali248, contro il dispotismo dei direttori e dell’organismo locale del partito,
244
Le requisizioni dei raccolti venne organizzata in questa regione da Jacob Mayers, Zakharovich un cittadino
americano rientrato in Russia nel 1917 che, ironia della sorte, era stato un militante anarchico e degli IWW.
Zakharovich divenne bolscevico nel 1919 e venne fucilato a Mosca nel 1937. MIKHAIL MAGID For the soviets without
communists! Anti-Bolshevik rebel movements in the Russian revolution disponibile sul web.
245
JONATHAN. AVES op.cit.
246
RICHARD SAKWA Soviet Communists in Power, A Study of Moscow During the Civil War, 1918-21
247
La sola ribellione al Governo bolscevico nota in occidente nella quale i marinai della base navale, “eroi della
rivoluzione d’Ottobre”, i soldati e la popolazione furono protagonisti di una insurrezione per la realizzazione di un vero
autogoverno basato sui Soviet attraverso la soppressione dei partiti. Il 7 Marzo 1921 il generale Tuchačevskij a capo
dell’Armata Rossa attaccò la fortezza di Kronstadt e dopo una decina di giorni ebbe ragione degli insorti molti dei quali
vennero passati per le armi. In seguito Lenin ed i principali dirigenti del partito furono obbligati a mettere fine al
Comunismo di Guerra ed avviarono la NEP. PAUL AVRICH, Kronstadt 1921 Mondadori, Milano, 1971; ISRAEL
GETZLER L’epopea di Kronstadt 1917-1921 Einaudi Torino 1982; IDA METT La rivolta di Kronstadt Partisan Roma
1970; JEAN-JACQUES MARIE Kronstadt 1921 Utet, Torino, 2007; ANTE CILIGA L’insurrezione di Kronstadt e il destino
della Rivoluzione russa (1938) in “Un omaggio a Paul Mattick”. Pressoché ignota è Repubblica Sovietica di Naissaar,
un’isola a largo di Tallinn in Estonia sorta nel dicembre 1917 ad opera di Stepan Petrichenko e dei marinai russi della
fortezza che dichiararono la nascita della Repubblica Sovietica dei Soldati e Costruttori di Fortezze che si opponeva sia
ai bolscevichi sia al governo tedesco. In seguito alla annessione nel 1918 dell’Estonia all’impero germanico i rivoltosi
di Naissaar abbandonarono l’isola. Stepan Petrichenko si rifugiò a Kronstadt.
248
S.V. MANOSKINA Vers une chronique du mouvement ouvrier dans le district d’Anz˘ero-Sudz˘ensken 1921-1925 in
Materialy k xronike obšc˘estvennogo dvis˘enija v Sibiri v. 1895-1917 gg., fasc. 2, Tomsk, 1995, p. 165-168. A.J.
58
mentre nel marzo 1921 scoppiò una rivolta nel distretto di Velsk, nella regione di Arcangelo sul
mar Bianco, in sostegno ai marinai di Kronstadt. Nella primavera del 1922 si verificò una nuova
ondata di scioperi nel distretto di Mosca, principalmente nelle industrie tessili, come alla fabbrica
Glukhovskaia dove 5000 operai scioperarono per 5 giorni mentre i 4000 lavoratori della
Voskresenskaia scesero in lotta per 6 giorni. Nel mese di maggio gli operai moscoviti reagirono in
massa per le carenze nella distribuzione degli alimenti ed i dirigenti della città lamentavano che in
24 giorni si erano verificate interruzioni del lavoro in 66 grandi fabbriche, come alla Krasnopresnia
dove venne organizzato un sit-in degli operai e degli ingegneri mentre il dissenso alla Bauman
culminò con lo sciopero e l’occupazione degli impianti249. L’ondata di scioperi nel biennio 21-22
erano accompagnati da forme di protesta meno radicali dettate da un malcontento generalizzato in
quasi tutti i distretti del paese che andavano dalle lettere indirizzate ai maggiori quotidiani del
partito sino all’autoriduzione dei ritmi di lavoro (volynka).
Operai che vanno al lavoro a Mosca
In questo clima il 22 Giugno 1922 dalle 200 alle 300 mila persone parteciparono a Mosca ad una
manifestazione indetta dalle opposizioni di sinistra per una maggiore democrazia partecipativa
ANDREEV Les conflits du travail en Russie soviétique pendant le « communisme de guerre » et la N.E.P. Le Mouvement
Social 2001/3 (no 196).
249
SIMON PIRANI The Russian revolution in retreat, 1920-24: Soviet workers and the new Communist elite Routledge,
2008. Nello stesso libro l’autore riporta una ondata di proteste e di scioperi organizzati dai lavoratori disabili nell’estate
del 1923 in occasione della eliminazione della gratuità dei trasporti. Migliaia di lavoratori, la maggior parte dei quali
aveva subito mutilazioni durante il periodo della guerra civile, si organizzarono al di fuori dei partiti e dei sindacati per
rivendicare i loro diritti in particolare nella città di Mosca dove vennero assediati gli uffici statali dei servizi pubblici.
Le lotte culminarono con una assemblea generale di massa del 2 Agosto dalla quale emerse non solo la richiesta della
gratuità dei trasporti ma tutta una serie di rivendicazioni perché venissero garantiti benefit a favore dei lavoratori
disabili che avevano eletto un loro soviet. A partire dall’8 Agosto non si hanno più notizie di questo movimento.
59
attraverso i soviet ed i sindacati250. Nella capitale vivevano allora 1 milione e 280 mila abitanti e tra
il 1921 ed il 1926 si verificarono scioperi selvaggi in tutti i settori e nelle industrie tessili sorsero
comitati di lotta che agivano parallelamente ai comitati di fabbrica251.
Negli anni 20 si registrano scioperi per aumenti salariali nelle fabbriche ferroviarie e metallurgiche
di Krasnojarsk, nelle tipografie della città di Enisejsk, in Siberia, nelle pelletterie di
Novonikolaevsk (Novosibirsk) e nelle miniere di Korkino a Celjabinsk252.
Poiché in quel periodo tutti i conflitti dovevano essere risolti con un accordo supervisionato dalle
Camere di Conciliazione e dal Tribunale per l’Arbitraggio è stato possibile risalire agli scioperi in
alcuni dipartimenti dell’Unione Sovietica e scoprire che nella sola città di Mosca nel 1923 vi furono
534 conflitti sul lavoro con 109 mila partecipanti, nel 1924 i conflitti scesero a 490 ma coinvolsero
206 mila lavoratori. I dati per l’intero paese indicano un progressivo incremento del numero delle
controversie e dei lavoratori coinvolti nel corso degli anni 1921-1925253. In generale si nota che la
maggior parte degli scioperi avevano caratteristiche locali ed erano legati alle particolari condizioni
di lavoro, inoltre la maggioranza delle fermate riguardava piccole fabbriche e alcuni grandi centri
industriali come la fabbrica di locomotive Profintern a Brjansk dove avvenne una rivolta operaia
nel gennaio 1925, causata dalla diminuzione dei salari, nella quale due mila operai si ribellarono
alla direzione e ad essi si unì la quasi totalità della cellula di partito presente nella fabbrica. In
seguito alle mobilitazioni vennero licenziati 62 operai della fonderia così molti tornarono ai loro
luoghi d’origine e gli altri ripresero il lavoro. Le agitazioni si estesero poi alla fabbrica meccanica
Ljudinovo, nella stessa città, dove gli operai scioperarono per mesi a gatto selvaggio contro
l’aumento dei ritmi di lavoro e nello stesso anno scoppiò uno sciopero nella città di Staraja Russa,
nella regione di Novgorod che coinvolse migliaia di lavoratori. Nei complessi industriali di Mosca e
di Ivanovo Voznesens si sono registrati in media 10 scioperi al mese come nei grandi centri
industriali di Leningrado254 o di Niz˘nij Novgorod; in particolare alla fabbrica Krasnyj Putilovec di
Leningrado nel 1926 si venne a determinare una situazione piuttosto difficile in quanto i 950
operai, dopo uno sciopero di due ore e mezza per la richiesta di aumenti salariali, danneggiarono
gravemente i manufatti di rame. Nello stesso anno gli operai alle fonderie di ghisa a Kasli, nei
pressi di Celiabinsk, scioperarono ben cinque volte per aumenti salariali e per i ritmi di lavoro
troppo elevati e alla fermata cha va dal 4 al 7 luglio aderirono 1800 persone ossia il 92% dei
lavoratori nelle tre fonderie contro il taglio salariale e l’imposizione di tabelle di rendimento
insopportabili. Duri conflitti hanno preso origine anche dal ritardo nel pagamento dei salari come lo
sciopero, durato dieci giorni, dei 35 mila minatori del distretto di Aleksandro-Gruševskij nel
Donbass dell’ottobre 1923. Per lo stesso motivo 300 lavoratori della fabbrica Cusovoj, nei pressi di
Perm, protestarono esigendo il pagamento immediato. Vennero immediatamente pagati dalla
direzione per evitare lo sciopero che invece durò due settimane alla fabbrica Trud nel distretto di
Murom (Vladimir) nel quale gli operai oltre a pretendere il pagamento dei salari lottarono contro
l’aumento dei ritmi di lavoro. Non si hanno informazioni precise sugli scioperi di 8 e 4 giorni che
nello stesso anno si verificarono alle stazioni ferroviarie di Termez e di Karši, in Asia Centrale, però
le autorità fecero appello perché intervenissero le forze armate. In una fabbrica privata nel distretto
250
La manifestazione venne organizzata dal Gruppo Operaio di Gavril Ilyich Myasnikov, un vecchio bolscevico che si
opponeva alle scelte del partito, cui aderirono l'ala sinistra dell'Opposizione Operaia di Alexander Shlyapnikov,
segretario del sindacato dei metallurgici, e Alexandra Kollontai ed il Partito Operaio e Contadino fondato nel 1921 da
Valerii Panushkin, un vecchio compagno di Lenin che aveva abbandonato il partito bolscevico. Sul Gruppo Operaio
vedi ROBERTO SINIGAGLIA, Mjasnikov e la Rivoluzione Russa, Il “ gruppo operaio ” e la rivoluzione degli Urali
durante la rivoluzione bolscevica. La polemica Lenin-Mjiasnikov, “ Le transizioni socialiste e libertarie ” Edizioni Jaca
Book, Milano, 1973.
251
JOHN B. HATCH “Labour Conflict in Moscow, 1921-1925” in SHEILA FITZPATRICK, ALEXANDER RABINOWITCH,
RICHARD STITES Russia in the era of NEP: explorations in Soviet society and culture Indiana University Press, 1991.
252
A.J. ANDREEV L. BORODKIN L. E L. KIR’JANOV J Les conflits du travail en Russie soviétique pendant le
« communisme de guerre » et la N.E.P .
253
ANDREEV A., L. BORODKIN L. E L. KIR’JANOV J op. cit.
254
Come venne ribattezzata la città di Pietrogrado nel 1924 in occasione della morte di Lenin.
60
di Lipeck, a sudovest di Mosca, gli operai scesero in lotta oltre per il ritardo nei pagamenti anche
per la mancanza di abiti da lavoro: sciopero accompagnato dalla distruzione dei macchinari. Tra il
18 Luglio ed il 24 Agosto del 1924 la fabbrica Probuz˘denie scioperò per gli stessi motivi ed ai
lavoratori si affiancano i membri del partito e del soviet.
Nel decennio 1917-1927 vennero arrestati 5000 operai maggiormente attivi negli scioperi di quel
periodo.
Nel resoconto al sesto Congresso del Consiglio Generale dei Sindacati del 1924 sulla questione
dello sciopero si legge “I sindacati sono partiti da questa tesi indiscutibile: in Russia, nelle imprese
statali, lo sciopero non può essere ammesso come un normale metodo di risoluzione dei conflitti. Al
limite gli scioperi nelle imprese dello stato non possono che prodursi a seguito di una degenerazione
burocratica di un organismo statale”255. Il resoconto prosegue poi sulla materia di risoluzione dei
conflitti nelle imprese statali sostenendo che “la principale tattica dei sindacati sta nel prevenirli,
tattica che deve essere determinata dal fatto che i sindacati, in tutti i conflitti in materia di lavoro
salariato, sono per la difesa degli interessi operai. Nella loro pratica i sindacati devono assumere
una posizione che permetta alle masse operaie di convincersi che il sindacato le difende
efficacemente. Allo stesso tempo i sindacati devono tener conto anche degli interessi della
produzione e, sull’esempio di qualche conflitto, spiegare agli operai il legame indissolubile tra le
loro condizioni materiali e la situazione della industria statale”. Si pongono così le basi per una
“integrazione” forzata nel processo di produzione che deve procedere nelle migliori condizioni.256
Secondo un rapporto pubblicato nel Naëmnyj trud v Rossii i na Zapade e nel volume
Professional’nye sojuzy S.S.S.R. 1926-1928. Otc˘ët VCSPS k VIII s’ezdu profsojuzov, in cui viene
fatta una sintesi annuale sui dati relativi agli scioperi ed al numero di adesioni in tutta l’Unione tra il
1922 ed il 1928, si può registrare che nel 1923 si erano verificati 437 scioperi nelle diverse branche
della produzione con il coinvolgimento di 153 mila lavoratori. Queste agitazioni hanno portato ad
una vittoria totale per il 17% degli scioperanti, il 37,6% conseguirono una vittoria parziale ed il
45,2% una sconfitta. Nel 1927 i risultati furono migliori con un 36,7% di vittoria completa, 32,1%
parziale e 32,2% una sconfitta. Ma la cosa interessante è che nel settore dell’industria privata il
numero degli scioperi era estremamente ridotto e che solo il 3,6% degli scioperanti aveva
conseguito una vittoria nel contenzioso.
Jean Paul Depretto257 riferisce sugli scioperi avvenuti nuovamente nel 1929 alle officine Putilov e
nelle industrie chimiche di Leningrado i cui protagonisti erano giovani operai per la maggior parte
provenienti dalle campagne o figli di quegli stessi operai che ebbero un ruolo di primo piano nella
Rivoluzione d’Ottobre. Nel 1929 l’età media degli operai nella Russia europea era di 31 anni ma se
si estendono i dati a tutte le regioni si rileva una media inferiore ai 30 anni; il che fa immaginare che
una vasta massa di giovanissimi, anche di età inferiore ai 16 anni, venisse sfruttata nelle fabbriche
del paese nonostante il Codice del Lavoro del 1922 ne impedisse l’utilizzo.
Le ripetute fermate e lo sciopero alle fabbriche tessili di Sereda, nella regione di Ivanovo, aveva
provocato allarme nella direzione poiché gli operai non riuscivano a sopportare i programmi di
accumulazione forzata imposti dal Piano; essa dichiarò inoltre che tali interruzioni avrebbero
comportato delle conseguenze in sede di contrattazione salariale cosa che alimentò un certo
malcontento. Le autorità sovietiche avevano assunto come banco di prova per la realizzazione del
Piano proprio i lavoratori della kombinat tessile tanto che erano stati inviati agenti della OGPU
specificamente impegnati in un controllo capillare della situazione.
Così, per poter sostenere i ritmi elevati, nelle fabbriche di Sereda venne riorganizzato il lavoro
proponendo la formazione di squadre su tre turni di sette ore, ma gli operai non intendevano
modificare l’organizzazione del lavoro a scapito della loro professionalità e soprattutto lamentavano
i bassi salari (un rublo al giorno) giustificati dalla direzione come conseguenza della bassa qualità
255
ANDREEV A., L. BORODKIN L. E L. KIR’JANOV J. Les conflits du travail en Russie soviétique pendant le «
communisme de guerre » et la N.E.P, Le Mouvement Social 2001/3, N°196, p. 41-62.
256
ANDREEV A., L. BORODKIN L. E L. KIR’JANOV J. op.cit.
257
JEAN PAUL DEPRETTO op. cit.
61
del cotone prodotto. Il 16 Agosto 1927, al rientro dalle ferie, gli operai della Lower, dopo aver
manomesso le macchine della filatura, entrarono in sciopero ed uscirono dalla fabbrica
rivendicando maggiori salari e dichiarando apertamente di non preoccuparsi minimamente della
produttività, ma subito vennero accusati da una apposita commissione di “opporsi allo stato
operaio” e di rivendicare una “operatività arretrata”. La lotta si concluse con una sconfitta che ha
mostrato i limiti nella solidarietà delle altre fabbriche tessili del kombinat in quanto la lotta alla
fabbrica Lower non riuscì a coinvolgere tutte le altre mettendo in evidenza l’inesistenza di una
identità di classe tra i lavoratori258. Di li a poco il malcontento degli operai tessili prima o poi
sarebbe scoppiato. Nel 1928 gli scioperi alle fabbriche tessili di Shuia, di Rodniki e di Perekop
ebbero come protagonisti gli operai radicali, che avevano partecipato in prima persona all’Ottobre,
ormai in aperta opposizione alle imposizioni del Piano. Nelle lotte operaie ebbero un ruolo
importante due dissidenti bolscevichi che manifestarono un atteggiamento diverso nei confronti del
Governo centrale. Kapiton Klepikov259, un poeta operaio attivo nelle agitazioni del 1907 e del 1914,
fu una delle figure più importanti negli scioperi di Rodniki in aperta opposizione alle scelte
staliniane che “tradivano le aspirazioni operaie dell’Ottobre” arrivando a criticare anche il
bolscevismo del periodo leninista, compresa la NEP. A Perekop, Vasilii Liulin, pur richiamandosi
apertamente al “tradimento” del partito, cercava invece di impostare un dialogo con la dirigenza
politica per una inversione di rotta.260. Nello stesso anno, a Vichuga, un altro centro del kombinat
tessile, un’ondata di scioperanti aggredì il comitato di fabbrica ed impose all’assemblea operaia di
respingere duramente l’intensificazione dei ritmi di lavoro, lo stesso accadde nelle fabbriche di
Ivanovo e di Kokhma.
Gli scioperi operai così passarono dai 732 nel 1929 ai 2930 nel 1930-31 e gli interventi dei
funzionari governativi in occasione dei conflitti sul lavoro furono 16 mila261. Lynne Viola262 riporta
inoltre che nel 1930 ebbero luogo 13.754 disordini di massa nelle regioni contadine in cui vennero
uccisi più di mille dirigenti sovietici di vario livello, come nella rivolta scoppiata in una ventina di
villaggi del distretto rurale di Pitelinskii Riazan, ad un centinaio di kilometri da Mosca, dove i
contadini si opposero alle milizie antisommossa nella fase della collettivizzazione forzata e in
seguito migliaia di manifestanti continuarono per sei giorni ad aggredire i membri del partito
reagendo a volte con le armi263. Nel 1929 presero parte a diverse forme di ribellione più di 244 mila
contadini che nel 1930 erano saliti a quasi due milioni e mezzo.
Hillel Ticktin264 in merito ai tentativi fatti dalla leadership per affermare il controllo sui lavoratori
sostiene che “essa non riesce a realizzarlo senza che vi siano delle fermate di massa da parte di una
forza lavoro che è sostanzialmente incontrollabile, lavorando in complessi industriali giganteschi e
vivendo praticamente l’uno vicino all’altro. L’idea di poter attaccare gli operai in simili condizioni
è impensabile senza una nuova strategia di contenimento”265.
Lo sciopero degli scaricatori a Samara, nella Russia europea, diede vita ad un Comitato
Rivoluzionario di Lotta, che vide la partecipazione di numerosi iscritti al partito, perchè avanzasse
258
CHRIS WARD Russia's Cotton Workers and the New Economic Policy Cambridge University Press, 2002.
JEFFREY J. ROSSMAN, Weaver of Rebellion and Poet of Resistance: Kapiton Klepitov (1880 - 1933) and Shop - Floor
Opposition to Bolshevik Rule, "Jahrbücher für Geschichte Osteuropas", 3, 1996.
260
Per una analisi di queste figure carismatiche interne alla comunità operaia delle industrie tessili della regione di
Ivanovo vedi JEFFREY J. ROSSMAN Worker resistance under Stalin: class and revolution on the shop floor Russian
Research Center Studies, volume 96.Cambridge, MA: Harvard University Press, 2005.
261
JEFFREY J. ROSSMAN op. cit.
262
LYNNE VIOLA Popular Resistence in the Stalinist 1930s Cornell University Press, 2002.
263
Per una cronaca degli avvenimenti vedi TRACY MC DONALD A Peasant Rebellion In Stalin's Russia: The Pitelinskii
Uprising, Riazan 1930 Journal of Social History, Fall, 2001.
264
TICKTIN HILLEL, Origins of the Crisis in the USSR. Essays on the Political Economy of a Disintegrating System
Armonk, NY: Sharpe, 1992.
265
Un analogo punto di vista si può riscontrare in RITA DI LEO, Operai e sistema sovietico, Bari, Laterza, 1970, nel
quale viene sottolineata la “estraneità operaia al socialismo realizzato nel proprio paese” ma fa un errore quando ritiene
che gli operai sovietici non erano subordinati “alle leggi oggettive dell’economia”. Lo erano eccome anche se si tratta di
una economia mostruosa rispetto ai modelli classici.
259
62
richieste di aumenti salariali. L’agitazione culminò con azioni violente contro i responsabili
economici. Nelle miniere di Anz˘ero-Sudz˘ensk nel Kuzbass (nella regione di Kemerovo) scoppiò
una rivolta che terminò con la cacciata del direttore di uno dei pozzi mentre in una fabbrica del
villaggio di Ljudinovo, nella regione di Kaluga, le agitazioni portarono all’uccisione di un
caporeparto famoso per le sue persecuzioni nei confronti degli operai. Nella primavera del 1931 a
Rodniki, nei pressi di Chelyabinsk, un centinaio di disoccupati marciarono verso i centri di
distribuzione degli alimenti, gli uffici del sindacato e la sede del soviet della città per protestare
contro il razionamento che aveva dimezzato l’ammontare delle provviste. Lo stesso accadde alla
fabbrica Pistovo di Shuya, nella Russia occidentale, dove gli operai affamati intervennero in massa
ad una assemblea sulla crisi impedendo ai quadri comunisti di prendere la parola per placare il
malcontento dei convenuti, nello stesso periodo a Sudogda, nella regione di Vladimir, vennero
distribuiti volantini in cui gli operai chiedevano “Pane” e “Libertà”. Le razioni già basse, da 350 a
800 grammi di pane al giorno e da 1 a 4 chili di carne al mese (burro e uova erano riservati soltanto
alle “categorie speciali”), furono ulteriormente ridotte a marzo-aprile del 1932 nello stesso periodo
a Vichuga un corteo di operaie tessili della fabbrica Nogin pretese che il comitato di fabbrica
distribuisse le razioni degli alimenti.
Alcuni ispettori del settore tessile hanno registrato, oltre a Sereda, agitazioni violente, anche a GusKrhustal’niy nella Russia europea e alla fabbrica Krasny Profintern sempre a Vichuga. Le
assemblee in molti complessi industriali, come in quello di Yaroslaw, erano infuocate e in esse i
responsabili di partito venivano regolarmente accusati di incapacità e di comportarsi come
“padroni”, di “essere dei mascalzoni, idioti” e di “bere il sangue degli operai”. In autunno si verificò
una nuova ondata di malcontento ad Ivanovo e a Kokhma dove i tagli nella distribuzione dei beni di
consumo portarono ad agitazioni che predisponevano allo sciopero. Nel kombinat di Teikovo
comparvero scritte sui muri “di carattere antisovietico”, quali “I comunisti stanno riducendo alla
fame gli operai” e “Abbasso il Piano Quinquennale”, che causarono non poche crisi tra i militanti e
nella OGPU266, intanto il Partito continuava con la sua propaganda affermando che “la crisi e la
fame colpivano i paesi occidentali mentre la classe operaia sovietica poteva vantare miglioramenti
mai visti prima”.
Nell’Aprile 1932 Nikolai Shvernik, Segretario Generale del Consiglio Generale dei Sindacati
dell’Unione Sovietica, informò Stalin e Kaganovich267 che in numerose regioni del paese gli operai
si stavano ribellando per la mancanza quasi totale di generi alimentari mentre i dirigenti ed i
funzionari locali godevano di facilitazioni nell’approvvigionamento. Shvernik informava i dirigenti
del partito che nelle industrie tessili della Regione Industriale di Ivanovo, nel Basso Volga, negli
Urali, nella Siberia occidentale, nelle miniere del Donbass268 in Ucraina e in Bielorussia “gli operai
si rifiutavano di far andare i macchinari”, denunciavano i dirigenti locali ed organizzavano
manifestazioni di massa contro la carenza di beni alimentari e sottolineava inoltre che: “In tutte le
città menzionate elementi controrivoluzionari e trotskisti cercano di sfruttare le difficoltà
temporanee nella distribuzione degli alimenti”. Occorre a questo punto ricordare che la
partecipazione a disordini di massa veniva considerata come “un crimine di stato” secondo
l’articolo 16 della legislazione sovietica “Sulla Responsabilità criminale per i crimini di Stato” e
dall’art. 79 del Codice Criminale dell’URSS, inoltre la partecipazione individuale ad eventuali
266
La Gosudarstvennoe Političeskoe Upravlenie o GPU, Direzione Politica di Stato era nata nel 1922 dalle ceneri della
CEKA ed aveva sede nel triste palazzo della Lubjanka a Mosca. Nel 1923 divenne OGPU Ob'edinënnoe
Gosudarstvennoe Političeskoe Upravlenie: "Direzione Politica di Stato generale".
267
Lazar Moiseyevich Kaganovich, “ Il lupo del Kremlino” uomo fortemente legato a Stalin, era a quel tempo
Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista, carica che coprirà fino al 1939, ed era Commissario del Popolo
per l’Industria Pesante.
268
In una lettera a Stalin di B.I. Magidov, segretario del Partito a Poltava in Ucraina, del 10 Novembre 1923 si legge
che i minatori avevano scioperato per 10 giorni a causa del mancato pagamento del salario e che “10 mila operai
preferivano scendere nelle miniere e vivere qualche giorno nelle gallerie alla profondità di 400,700 e 1200 metri. Là si
sentono meglio che nei loro “appartamenti”. ANDREEV A., L. BORODKIN L. E L. KIR’JANOV J op. cit.
63
disordini veniva punita secondo l’art 58 e in seguito dall’art. 70 del Codice Criminale del 1960 cui è
seguito l’art 206 che li giudicava atti di “teppismo”.
Nel 1932 a Leningrado (l’attuale San Pietroburgo) erano entrati in sciopero gli operai di otto
fabbriche mentre nella regione degli Urali ebbero luogo continue agitazioni operaie che durarono
sei mesi.
In realtà in molte fabbriche gli operai iniziarono a protestare contro il razionamento organizzando
assemblee di protesta di fronte alle quali la direzione non sapeva che pesci pigliare, come alla
fabbrica Iure’v-Pol’skii o alla Navoloki dove i lavoratori elessero una delegazione di senza partito
che doveva andare direttamente a Mosca per trattare affinché venisse ripristinata la regolare
distribuzione degli alimenti, mentre all’ assemblea della fabbrica Novje Gorki, oltre agli interventi
di numerosi operai che criticavano il partito per la sua totale incapacità, spiccò quello di Panava
quando affermò che “la vita è diventata peggiore di quella ai tempi dello zar”. Alla fabbrica tessile
del kombinat di Teikovo, nella regione industriale di Ivanovo, l’8 Aprile del 1932 gli operai diedero
via alle proteste269. I macchinisti, prevalentemente maschi, chiesero al direttore della fabbrica di
provvedere alla distribuzione delle razioni entrando immediatamente in sciopero. Il mattino
seguente le proteste continuarono e venne organizzata un’assemblea generale alla fabbrica Iur’evPol’skii alla quale non si presentò il comitato sindacale e tanto meno il direttore. Il giorno
successivo la direzione invitò gli operai ad interrompere l’agitazione e a rientrare nei reparti dato
che “non si poteva andare contro un decreto governativo”. Dopo un’ assemblea non autorizzata, che
non diede alcun risultato, entrarono in lotta anche le donne dei reparti filatura che, unitesi ai
meccanici, tra i quali erano molti gli operai senza partito, bloccarono gli ingressi della fabbrica con
dei picchetti molto duri e la protesta si allargò così ai duemila lavoratori che reagirono
spontaneamente e in maniera piuttosto violenta contro i dirigenti di partito e dell’impresa mentre
tentavano di indurli al lavoro; fece seguito una marcia verso il centro della città. A questo punto la
sezione del partito si dichiarò solidale coi manifestanti invitandoli però a rientrare nella fabbrica
mentre 170 dei 477 attivisti sindacali scesero in lotta a fianco degli operai e la metà dei membri del
comitato operaio dichiararono di essere dalla parte degli scioperanti, in realtà agendo da pompieri in
modo da far rientrare le proteste nell’alveo della “disciplina sindacale”. Nel frattempo la
manifestazione, con a capo Shishkin e Chernov, due vecchi operai del kombinat senza partito, si era
ingrossata fino a 4 mila persone accogliendo tra le sue fila anche i cittadini arrabbiati, cosa che
destò una ingenua meraviglia nel famoso giornalista bolscevico Nikolai Kochnev in un articolo sul
quotidiano della città. Il corteo si fermò davanti alla sede della cooperativa chiedendo un incontro
col direttore, che naturalmente si negò. Si diresse poi alla sede del soviet ricevendo il sostegno dei
suoi componenti ma con l’invito a rientrare nei luoghi di lavoro per cui i manifestanti, insoddisfatti,
si diressero verso il teatro della città dove avrebbe avuto luogo il negoziato. A questo punto un
vecchio operaio tessile, senza partito, un certo Lipin, dopo aver arringato la folla sulla piazza
antistante il teatro, entrò all’interno per incontrare i membri del soviet e quando uscì informò la
folla che veniva richiesta la elezione di un comitato di sciopero: Lipin immediatamente avvertì gli
scioperanti che tale richiesta avrebbe comportato la repressione degli operai eventualmente
nominati. In seguito venne egualmente eletto un comitato, costituito da Shishkin, Graduzov,
Khudiakov, Anan’ev, Mokeeva e Bagazhkova, che incontrò il Comitato distrettuale del partito ma
questi si rifiutò di incontrare Khudiakov accusandolo di tutta una serie di colpe che lo rendevano
“estraneo alla classe operaia” per cui egli stesso abbandonò la delegazione. Nonostante tutto i
colloqui non approdarono a nulla ed i membri del partito continuarono ad accusare il Comitato di
Sciopero di aver aizzato gli operai. A questo punto i delegati decisero di inviare un telegramma a
Molotov270 per avere delle rassicurazioni sulla distribuzione delle razioni alimentari mentre lo
sciopero continuava in attesa di una risposta. Il 12 Aprile gli impianti delle fabbriche ripresero a
269
JEFFREY J. ROSSMAN op. cit.
Vjačeslav Michajlovič Molotov dal 1930 al 1941 era Presidente del Consiglio dei Commissari del Popolo ed in
sostanza a capo dell’Esecutivo. Diresse la fase di “collettivizzazione forzata” in associazione con Lazar Kaganovič a
quell’epoca Commissario del Popolo all'Industria.
270
64
funzionare grazie al lavoro dei membri del partito, del Komsomol271 e dei crumiri, ma l’iniziativa
non ebbe successo perché un folto gruppo di operaie bloccò la produzione. Di nuovo la folla di
scioperanti si ritrovò nella piazza principale di Teikovo dove, frustrati per la mancata risposta di
Mosca, i leader del comitato di sciopero invitarono i manifestanti a marciare verso Ivanovo per
unirsi agli operai della città anch’essi in agitazione per raggiungere tutti insieme il Palazzo del
Lavoro. Dopo l’approvazione dell’ assemblea, non senza l’arretramento di qualche delegato, la
massa decise di affrontare i 30 km che distavano da Ivanovo, ma nella notte la OGPU arrestò alcuni
attivisti dello sciopero tra i quali Khudiakov cosa che provocò qualche timore tra i membri del
comitato che si accingevano a dirigere la marcia. La mattina del 14 Aprile tre mila dimostranti si
ritrovarono nella piazza del Teatro, quindi il corteo si diresse immediatamente verso la città di
Ivanovo e dopo averla raggiunta iniziarono le trattative con la delegazione di Mosca presso il
Palazzo del Lavoro. La delegazione operaia raggiunse un accordo attraverso il quale riuscì a
strappare miglioramenti nella distribuzione delle razioni e sull’orario di lavoro. I membri del
comitato subirono però una pesante repressione e Shishkin finì per essere deportato con la sua
famiglia in un campo della Siberia.
L’OGPU aveva registrato nel 1931 una dozzina di episodi di lotta nel complesso tessile di Vichuga
che nel 1932272 sfociarono nello sciopero di 16.000 operai di molte fabbriche che in breve assunsero
il controllo dell’intera città. L’agitazione prese piede dopo il razionamento del cibo introdotta
nell’aprile273 ma i lavoratori lamentavano anche salari troppo bassi, condizioni di lavoro e di vita
insopportabili e carenza nelle cure mediche per i bambini, condizioni che erano simili in molti altri
centri industriali del paese dopo l’avvio del Primo Piano Quinquennale. La OGPU aveva da tempo
segnalato dozzine di sospensioni dal lavoro nel complesso di Vichuga, l’aumento dell’assenteismo e
del turnover durante quell’anno ma senza alcuna reazione dei dirigenti di Mosca. Il 25 marzo
seicento operai iniziarono l’autoriduzione dei ritmi di lavoro e numerose interruzioni a seguito della
carenza di beni messi a disposizione dalla Cooperativa locale. Le autorità non risposero alle
richieste degli operai così il 31 marzo gli scioperanti marciarono verso il centro della città
chiedendo le razioni che spettavano loro. I dirigenti locali, dopo aver indetto un’ora di sciopero,
chiesero al Komsomol ed ai dirigenti sindacali di incontrare un piccolo gruppo di operai per
discutere le loro richieste provocando una reazione immediata dei lavoratori poiché pretendevano
che tutti fossero rappresentativi e alcuni chiesero che venisse convocata una conferenza generale di
tutte fabbriche per discutere i problemi del razionamento. Così il 3 aprile si tenne una assemblea
che portò alla conferenza generale di tutto il complesso tessile del 5 aprile in occasione della quale,
visto l’esito deludente, venne indetto lo sciopero che man mano dilagò in tutte le fabbriche del
kombinat. Il 9 aprile due operai molto attivi nella protesta, Iurkin, un comunista uscito dal partito
nel 1922, e Komarov chiesero una nuova conferenza generale ed assieme ai loro compagni di lavoro
marciarono verso la sede del Soviet mentre nelle altre fabbriche gli operai, già in sciopero,
praticavano azioni di sabotaggio ed aggredivano i crumiri così da bloccare completamente la
produzione. Gli operai formarono un corteo che andò nei vari complessi industriali per fermare il
lavoro scontrandosi con i membri del Komsomol e del Partito che cercavano di impedirlo, così 1500
operai uscirono da una delle fabbriche, unendosi ai manifestanti, e via via tutti gli altri lavoratori del
complesso tessile: ormai i rivoltosi erano divenuti 5000. La sera del 9 aprile Iurkin venne arrestato
dalla polizia e trasferito al carcere di Ivanovo. Il giorno seguente, domenica, lo sciopero continuava
e vennero bloccati altri reparti mentre un corteo raggiunse la piazza antistante la sede del Soviet
richiedendo a gran voce il ripristino delle razioni alimentari e la liberazione di Iurkin. Per tutta
271
Unione Comunista della Gioventù, organizzazione giovanile del Partito Comunista dell'Unione Sovietica, sorta nel
1918 nei grandi centri urbani con il compito di propagandare “un modo di vita corretto”, decretato dal Partito, secondo
il quale venivano banditi alcool, il fumo, il ballo, la religione e tutte quelle attività definite dai dirigenti come
“teppismo”. Il Komsomol è stato sciolto con il crollo del regime sovietico.
272
JEFFERY J ROSSMAN op. cit.
273
Secondo Filtzer la carenza dei beni alimentari veniva addirittura utilizzata coma forma di punizione nei confronti
degli operai in agitazione nei complessi industriali.
65
riposta venne inviata la polizia col compito di disperdere gli operai ma fu sopraffatta così il corteo
si spostò verso la stazione di polizia e, dopo averla devastata, furono aperte le celle di tutti i
prigionieri provocando negli scontri il ferimento di molti agenti. Il corteo si diresse quindi verso la
sede del Partito e della OGPU dove furono picchiati il segretario del sindacato locale ed il segretario
del partito e, dopo aver preso possesso delle loro sedi, fu il turno di quella della OGPU che venne
distrutta. Una decina di agenti riuscì però a riconquistarla restandone intrappolati all’interno mentre
i manifestanti continuavano a lanciare pietre. A questo punto gli agenti aprirono il fuoco sulla folla
uccidendo una persona e ferendone molte altre. I rivoltosi si allontanarono e si diressero verso
l’ufficio postale che venne occupato ed utilizzato per entrare in contatto con altre fabbriche. Nella
giornata di Lunedì lo sciopero proseguì e 2000 manifestanti tornarono nelle strade così, a questo
punto, i dirigenti del partito e del sindacato, ormai alle corde, chiesero loro di formare una
delegazione che sarebbe andata a Mosca per colloqui ad alto livello. Gli operai elessero
immediatamente un comitato di cinque persone. Nel frattempo ai manifestanti si erano uniti molti
contadini della regione di Vichuga. Da Mosca arrivò anche Kaganovich accompagnato da una
schiera di dirigenti che iniziarono a tenere conferenze in tutte le fabbriche in lotta impedendo
l’ingresso agli attivisti dello sciopero e ai membri del Comitato. Nonostante ciò il leader bolscevico
fu costretto a prendere atto delle legittime richieste dei lavoratori perché venissero ripristinate le
razioni e venisse garantita una maggiore distribuzione delle derrate alimentari. Kaganovich fu
obbligato a fare tutte le concessioni di cui beneficiarono tra l’altro anche i lavoratori di Mosca e di
altre città. Lo sciopero dei 16 mila operai del complesso industriale IPO 274 di Vichuga, di cui non si
è mai saputo nulla fino al crollo del sistema sovietico, rappresenta la fine del mito staliniano basato
sulla garanzia delle condizioni materiali della classe operaia nel paese dove si stava costruendo il
socialismo. In un periodo così critico gli scioperanti sono riusciti a prendere nelle loro mani la città,
le fabbriche ed il Soviet che avrebbe dovuto rappresentarli. Il comitato operaio che ha condotto le
trattative era formato da lavoratori che solo quindici anni prima avevano partecipato alla
Rivoluzione d’Ottobre ma che erano stati ridotti a chiedere migliori condizioni di vita 275. Dopo gli
accordi di Ivanovo il governo centrale si impegnò ad utilizzare le riserve per incrementare le razioni
alimentari ai lavoratori del complesso tessile. Gli operai avevano “vinto” ma in realtà avevano
ottenuto solo ciò che era un semplice diritto: quello di sfamarsi.
Nel 1932 i miliziani della OGPU si scontrarono con un gruppo di resistenti nell’Altai che da un
anno si erano ribellati al governo locale, cosa che era avvenuta nella regione di Tomsk e di Rostov
un anno prima. Nello stesso anno si verificarono rivolte nella Siberia occidentale e nell’inverno
scoppiò una sommossa nella regione rurale di Tichoreck nella regione di Krasnodar e in quella di
Kuban sul Mar Nero. Nell’Aprile venne repressa dall’ NKVD la terza rivolta in Cecenia. Nel 1933
ebbero luogo disordini provocati dagli operai, che durarono sei mesi, in dieci aree degli Urali, nelle
miniere, in dieci fabbriche di Pietrogrado e nuovamente nel complesso tessile di Ivanovo dove gli
operai organizzarono una marcia di protesta verso Mosca con a capo il vecchio partigiano Shubin.
Disordini scoppiarono a Serpukhov, Novosibirsk, Ivanovo-Voznesensk, Sormov, Balahna, Odessa,
Kherson e a Nikolaev. Secondo un rapporto della OGPU nella prima metà di agosto si erano già
verificate 22 dimostrazioni nelle strade delle città ucraine. Probabilmente proprio a causa di queste
ondate di scioperi nei primi anni 30 e con l’introduzione della “emulazione” e della “competizione
socialista” il Sindacato aveva utilizzato i “contratti collettivi” come strumento per incrementare la
produttività, ma visto il totale fallimento di questo obiettivo i contratti collettivi vennero aboliti nel
1934 e reintrodotti solo formalmente nel 1947 con la ripresa del dopoguerra276.
Durante la Seconda Guerra Mondiale con l’occupazione nazista i lavoratori russi boicottarono con
le loro azioni di resistenza l’avanzata dei tedeschi e lo sfruttamento delle ricchezze del paese, ma
nel 1941 le autorità registrano ancora scioperi e rivolte tra gli operai tessili della regione di Ivanovo
che protestavano contro lo smantellamento degli impianti, in seguito alla decisione delle autorità, di
274
Regione Industriale di Ivanovo.
JEFFERY J ROSSMAN op. cit.
276
Vedi SARAH ASHWIN E SIMON CLARKE op. cit.
275
66
fronte alla minaccia dell’invasione nazista. La rivolta comportò una pesante repressione con varie
condanne a morte degli scioperanti comminate da un tribunale militare. Marietta Chaguinian277
riporta dello sciopero di 15 mila operai nel 1945 alla fabbrica Kirov di Leningrado, dove venivano
prodotti i carri armati IS3, e nello stesso anno si verificarono una serie di fermate nella regione degli
Urali278 .
Nel 1955 il Ministero degli Affari Interni. dietro ordine del Comitato Centrale, adottò misure
repressive per ripristinare l’ordine nella Fattoria Statale Piatigorskii, nel distretto di Akmolinsk nel
Kazakistan, distrutta, secondo il rapporto ufficiale, “da atti di vandalismo ad opera di emarginati
ubriachi e dalla disorganizzazione del lavoro”279. Nello stesso anno uno sciopero “ordinato”, ossia
che non diede vita a forme di rivolta, si verificò tra gli operai degli impianti militari di Kemerovo e
coinvolse anche i soldati della base.
I minatori del Donbass ucraino hanno una tradizione di lotta e di opposizione che risale ai tempi
della maknovicina280 e ripresero le azioni di massa sull’onda delle lotte che nel 1956 avevano
interessato i paesi dell’Europa dell’Est 281. Il Bacino carbonifero del Donetz costituisce la più vasta
regione mineraria ed industriale della Russia europea ed è costituita da una comunità piuttosto
particolare formata in maggioranza da ucraini provenienti dalle campagne. La comunità russa si è
via via accresciuta per effetto della migrazione interna (44%) provocata dall’industrializzazione
forzata, dalla “fuga” di molti sovietici per tutta una serie di motivi e dalla necessità di
controbilanciare la comunità ucraina (51%) da sempre in opposizione al governo centrale e
277
MARIETTA CHAGUINIAN : 1945 : 15000 ouvriers en grève dans l’usine Kirov, dans l’Oural Les Cahiers du
CERMTRI n.14
278
JEAN-PAUL DEPRETTO Travail libre et travail forcé dans l’Oural pendant la Seconde Guerre mondiale Revue
d’histoire moderne et contemporaine 2011/2 (n° 58-2).
279
VLADIMIR A. KOZLOV Mass Uprisings in the USSR: Protest and Rebellion in the Post-Stalin Years. Armonk and
London: M.E. Sharpe, 2002.
280
La maknovicina, capeggiata da Nestor Machno, è il movimento di resistenza ucraino di matrice libertaria che dal
1918 al 1921 lottava contro tutti gli oppressori austro-tedeschi, bianchi e bolscevichi. Il movimento crebbe
enormemente e conseguì numerose e importanti vittorie, ma fu infine sconfitto dall'Armata Rossa. NESTOR MAKHNO La
rivoluzione russa in Ucraina (marzo 1917-Aprile 1918), ed. La Fiaccola – Ragusa 1971 PËTR ARŠINOV, La rivoluzione
anarchica in Ucraina. Storia del movimento machnovista (1917-21) Sapere Edizioni, Milano 1972. Successivamente
nel 1920-21 si verificò la rivolta contadina di Tambov contro la confisca del grano da parte dei bolscevichi, capeggiata
dal socialista rivoluzionario Alexander Antonov che aveva partecipato attivamente alla rivoluzione di Ottobre e per
questo definita Antonovschina, repressa duramente dalle truppe dell’Armata Rossa con a capo il generale
Tukhachevsky che non esitò ad utilizzare anche armi chimiche contro la popolazione. Antonov venne ucciso dalla
CEKA nel 1922.
281
Oltre alla rivolta di Budapest del 1956 (The Hungarian Revolution: 1956 di Anonimo reperibile nel sito Lib-com.
BILL LOMAX: The Working Class in the Hungarian Revolution of 1956 in 'Critique' No 12, Autumn 1979/WInter 1980
ed ANDY ANDERSON UNGHERIA '56 La comune di Budapest. I consigli operai Ed. Zero in Condotta 1990) ci si
riferisce agli scioperi spontanei, iniziati da 80 operai edili e all’insurrezione operaia verificatisi il 16 giugno 1953 in
Germania Est. In Polonia nel giugno 1956 a Ponzan avvenne la prima protesta di massa nel satellite di Mosca, che
assunse il carattere di sciopero generale con manifestazioni di piazza per ottenere il miglioramento delle condizioni di
vita e la libertà di organizzazione tra gli operai. In Cecoslovacchia, in seguito alla riforma monetaria, scesero in
sciopero, il 1° giugno 1953, i lavoratori degli stabilimenti Skoda a Pilsen, chiedendo una maggior partecipazione
operaia alla gestione delle fabbriche, l’abolizione del cottimo, le dimissioni del governo e libere elezioni. I lavoratori
presero il controllo della città ma immediatamente truppe provenienti da Praga misero a tacere la rivolta che aveva già
registrato l’adesione di soldati in uniforme e l’occupazione del municipio. In Bulgaria erano esplose nel 1948 e nel 1950
delle proteste contro la collettivizzazione e l’industrializzazione forzata represse duramente dalle milizie del Partito
Comunista Bulgaro che, sotto la dirigenza di Chervenkov, era il partito più legato ai dirigenti di Mosca. Il 3 maggio
1953 nei tabacchifici delle città di Plovdiv e Khaskovo (a 150 kilometri da Sofia) scoppiarono degli scioperi spontanei,
contro l’inasprimento delle norme sul lavoro introdotte quell’anno, che dettero il via a manifestazioni “caotiche” degli
operai. Il partito inviò Anton Yugov, un oppositore interno alla dirigenza Chervenkov che aveva lavorato nella fabbrica
di Plovdiv, per intavolare delle trattative che portarono a miglioramenti delle condizioni di lavoro. MARK KRAMER The
Early Post-Stalin Succession Struggle and Upheavals in East-Central Europe: Internal-External Linkages in Soviet
Policy Making (Part 1) Journal of Cold War Studies 1.1 (1999).
67
diventata l’obiettivo preferito del “Terrore staliniano”282. Infatti nel biennio 1937-38 in Ucraina
vennero arrestate 267.579 persone per motivi politici e ne vennero fucilate 122.237, più di 40.000
furono i perseguitati politici nella sola città di Donetz (ribattezzata Stalino nel 1924) dei quali 27-30
mila vennero condannati a morte. Nel Donbass vi è stato un terzo delle sentenze di morte di tutta
l’Ucraina quando nel 1937 solo il 16% della popolazione era costituita da ucraini, la fame del 193233 aveva poi provocato 4 milioni di morti tra i contadini generando un trauma che gli ucraini si
porteranno dietro sino ai giorni nostri283. Nelle miniere l’assenteismo era piuttosto elevato rispetto a
quello degli altri comparti industriali, accompagnato da un altissimo turn over che con
l’inesperienza dei tecnici, relativamente al macchinario utilizzato, provocava frequenti interruzioni
del lavoro. Inoltre la difficile sostituzione negli impianti delle parti danneggiate provocava un
sensibile calo della produttività (secondo i dati ufficiali nel 1931 veniva utilizzato solo un terzo del
macchinario) che comportava la decurtazione del salario, legato al cottimo “stakanovista”, che
diede il via ai disordini del 1933284.
Durante il periodo che segue il Secondo Conflitto mondiale, nonostante l’esaltazione della crescita
in occasione del Quinto Piano Quinquennale, lanciato nel 1946 da Voznesensky285 e caratterizzato
dalla fase di ricostruzione delle fabbriche e delle infrastrutture, la produzione di grano non riuscì
mai a decollare e nel 1952, un anno tra l’altro particolarmente favorevole, non vennero raggiunti i
livelli del 1940 tanto che la produttività per acro era inferiore a quella del 1913. In tali condizioni il
malcontento serpeggiava tra la popolazione per la solita mancanza cronica di alimenti disponibili
nelle Cooperative, per cui il mercato nero crebbe in maniera spaventosa. Nonostante la vittoria
della Grande Guerra Patriottica i lavoratori sovietici continuarono a manifestare il loro malcontento.
Interessante il caso della fabbrica di trattori MTZ di Minsk dove vennero convogliati migliaia di
giovani operai di età compresa tra i sedici e i diciotto anni con la promessa di condizioni di lavoro
ottimali. I giovani tempestarono di proteste il Komsomol per la mancanza di vestiario adeguato
(non avevano nemmeno gli stivali che potessero proteggerli dal freddo), per le condizioni di lavoro
impossibili (straordinari continuamente imposti), alloggi inesistenti (vivevano in dieci in una
baracca) e la mensa non garantiva una alimentazione adeguata. I giovani operai continuavano a
“disertare” il lavoro e per tutta risposta la direzione della fabbrica processò uno di essi
condannandolo a sei anni di Campo di Lavoro286 . Spesso gli scioperi sorgevano spontanei in
seguito al mancato pagamento dei salari oppure si rispondeva con l’assenteismo (progul) come nel
1948 alle miniere di carbone di Korkino dove 70 giovani minatori si rifiutarono di andare al lavoro
per non aver ricevuto la paga per due mesi. I casi di assenteismo per tale motivo erano molto
frequenti in quel periodo tanto che in un rapporto interno del Partito Comunista del 18 Marzo 1952
venne registrato che nel 1951 l’assenteismo era triplicato nelle miniere di carbone, raddoppiato
nelle industrie tessili e chimiche ed era aumentato del 50% nel settore petrolifero287.
Nel settembre 1955 scoppiò uno sciopero spontaneo nelle fabbriche di costruzioni militari a
Kemerovo. I giovani militari di leva, che dovevano essere congedati furono utilizzati, con un
prolungamento del servizio militare a seguito del decreto del maresciallo Z.K.Zhukov288, per
282
Gestito in maniera feroce da Nikolaj Ezov (Ezovshina) che aveva sostituito G. Jagoda a capo dell’NKVD dal 1936 al
1938. In Spagna la polizia di Ezov distrusse i vertici del Poum, assassinandone il leader Andrés Nin. Nel 1938 Ezov
sparì nel nulla.
283
ROBERT CONQUEST Harvest of sorrow: Soviet Collectivization of Agriculture and the Terror Famine, London,
Hutchinson, 1986.
284
WILLIAM G. ROSENBERG, LEWIS H. SIEGELBAUM Social dimensions of Soviet industrialization Bloomington:
Indiana University Press, 1993.
285
Nikolai Alekseevich Voznesensky era il presidente del Gosplan durante la guerra e nell’immediato dopoguerra.
Essendo legato ad Andrei Zhdanov , un vecchio bolscevico sostenitore del realismo socialista morto misteriosamente
nel 1948, cadde in disgrazia, venne “purgato” e condannato a morte nel 1950.
286
DONALD A. FILTZER Soviet workers and late Stalinism: labour and the restoration of the Stalinist system after World
War II Cambridge University Press, 2002.
287
PETER H. SOLOMON Soviet criminal justice under Stalin Cambridge University Press, 1996
288
Il generale Georgy Konstantinovich Zhukov (1896–1974) ebbe un ruolo fondamentale durante la II Guerra Mondiale
durante l’assedio nazista di Leningrado e fu alla testa dell’esercito sovietico nella conquista della città di Berlino.
68
costruire due nuove fabbriche nell’impianto chimico Novokemerov. I tre mila giovani militari
irregimentati di forza all’interno dei Battaglioni delle Costruzioni chiesero l’immediato pagamento
dei loro salari ed il ritorno a casa, ma di fronte alla totale subordinazione del direttore Stephanenko
e del Soviet della fabbrica alle direttive di Zhukov e del Comando Militare i giovani lavoratori
“coatti” entrarono in sciopero e distribuirono un volantino firmato Unione dei Giusti in cui
venivano denunciati i “borghesi” del Soviet e la natura “anticomunista” del partito. Le
manifestazioni di massa che ne seguirono coinvolsero gli altri operai del complesso e gli internati
dei gulag, utilizzati nella costruzione, e culminarono con la distruzione degli uffici della direzione e
l’aggressione fisica a molti dirigenti della fabbrica e del partito. Stranamente in questo caso i “capi”
del movimento furono puniti con pene piuttosto lievi in quanto la rivolta venne considerata un
“problema locale”. Si verificarono casi di insubordinazione tra le truppe dei giovani militari
coscritti anche a Novoshakhtinsk e nel villaggio di Sholokhovka nel Marzo dello stesso anno289.
A seguito della destalinizzazione avviata da Chruščёv con il XX° Congresso del Partito Comunista
nel 1956, gli attacchi al leader bolscevico vennero allargati a tutti i georgiani con l’accusa di
nazionalismo e per questo, ironia della sorte, molti di loro furono deportati. In conseguenza di
queste scelte, in puro stile staliniano, il 5 marzo del 1956 scoppiò la rivolta di Tiblisi, la capitale
della Georgia, che, in occasione del terzo anniversario della morte di Stalin, venne paralizzata da
manifestazioni spontanee cui seguirono scontri con le forze di polizia. Nei cortei veniva richiesta
l’indipendenza della Georgia dall’Unione Sovietica. Il 9 marzo un gruppo di studenti aveva istituito
dei picchetti davanti al Palazzo del Governo di Tiblisi così le truppe antisommossa aprirono il fuoco
sui giovani uccidendone alcuni. Il giorno seguente i manifestanti furono dispersi con i carri armati
mentre un gruppo di dimostranti cercò di invadere la centrale radiofonica per lanciare un appello al
paese; a questo punto intervenne l’Armata Rossa che provocò un bagno di sangue nel viale
Rustaveli. Non si è mai conosciuto il numero esatto delle vittime di questa carneficina anche perché
alle famiglie fu impedito di ritirare i corpi, comunque secondo la testimonianza di A. Baazova nelle
due giornate di rivolta i morti furono 27 e i feriti qualche centinaio. In seguito partirono le purghe
con l’arresto di 300 persone di cui 39 vennero processate con l’accusa di manifestazioni
antisovietiche e tra questi vi erano alcuni dirigenti del partito locale.
Nel 1957 si verificarono agitazioni di massa anche a Podolsk una città industriale nel territorio di
Mosca, mentre nell’agosto 1958 la rivolta di Grozny, in Cecenia, coinvolse più di 10 mila persone
che presero d’assalto la città in seguito ai numerosi episodi di aggressione delle bande giovanili
cecene e ingushezie costituite da disoccupati.
In seguito all’uccisone di un cittadino russo da parte di un gruppo di “teppisti”290 scattarono
immediatamente i disordini contro le forze di polizia anche in conseguenza del regime repressivo
che da tempo gravava sulla città e sulla repubblica autonoma. Durante la rivolta sono emerse le
antiche rivalità anti-cecene ma in realtà i lavoratori e le masse di manifestanti distribuirono migliaia
di volantini nei quali si chiedevano migliori condizioni di vita e di lavoro ed una occupazione per
quei giovani che vagavano per la città trattati come emarginati. Durante le manifestazioni, nelle
quali sventolavano le bandiere rosse, veniva richiesto semplicemente ai dirigenti locali di entrare in
contatto con il governo di Mosca per avviare delle trattative attraverso le quali venissero soddisfatte
le richieste, per tutta risposta venne ucciso un dimostrante. Una folla di 10 mila persone raggiunse
così la stazione di Grozny con l’intento di informare i viaggiatori e con scritte sui treni gli abitanti
degli altri centri nelle quali si accusavano le bande cecene di aver assassinato un russo e che le
autorità locali erano impegnate nella repressione dei lavoratori russi. Per tutta risposta la polizia ed
Zhukov venne acclamato come Eroe dell’Unione Sovietica. Nel 1955 venne nominato Ministro della Difesa ed un anno
dopo diresse l’invasione delle truppe sovietiche dell’ Ungheria per reprimere la rivolta.
289
VLADIMIR A. KOZLOV op.cit
290
Nel 1946 in Unione Sovietica si verificò una esplosione di criminalità in conseguenza del disfacimento sociale
provocato dalla guerra. In quell’anno vennero arrestate e condannate 70.000 persone per atti di “teppismo” che nel 1956
salirono a 200.000. Nel 1957 i casi di “teppismo! giudicati dai Tribunali del Popolo furono 500.000. VLADIMIR A.
KOZLOV op. cit.
69
il KGB291 arrestarono centinaia di manifestanti che in seguito furono condannati a decine di anni di
reclusione. Il plenum del CC del partito dovette discutere le vicende di Grozny ma senza alcuna
risoluzione dei problemi legati alle tensioni interetniche e alle richieste avanzate dai lavoratori,
problemi che si trascineranno nel tempo292.
Gli operai, dopo aver subito negli anni 50 un pesante declino dei salari, si illusero, dopo la
“destalinizzazione”, di poter finalmente dialogare con la dirigenza per migliorare le condizioni di
lavoro ma l’ipocrisia del partito giocherà un ruolo piuttosto macabro proprio per l’ambiguità di tale
“disgelo” che mascherava in realtà un nuovo stile repressivo.
In seguito alla spinta Chruščëviana del 1953-1965 verso le Terre Vergini, in perfetta continuità con
le scelte staliniane, 300 mila giovani volontari si spostarono in massa verso le regioni orientali del
Kazakistan, dell’Altai e della Siberia meridionale per trasformarle in aree di vasta produzione
agricola con l’obiettivo di sfamare i centri industriali del paese. Questa migrazione giovanile di
massa venne alimentata dal Komsomol ma senza alcuna organizzazione293, instillando così nei
giovani aspettative sulla qualità di vita che saranno presto deluse. Infatti questa massa di giovani
entusiasti, una volta raggiunte le regioni orientali più remote, si trovarono senza casa e senza servizi
igienici, costretti a turni di lavoro pesantissimi e sottoposti all’autoritarismo dei burocrati che al
contrario vivevano in condizioni ottimali. Non bisogna trascurare i problemi legati al nazionalismo
ed alla lingua che hanno spinto alla formazione di gruppi omogenei che col tempo si trasformarono
in vere e proprie bande giovanili. In seguito queste bande subirono anche l’ influenza delle
organizzazioni criminali, sempre pronte a scontrarsi tra loro, con la polizia locale e con le
organizzazioni di partito. Stranamente la dirigenza dell’MVD sottovalutò il problema ed evitò di
intervenire in varie occasioni più che altro per la lontananza di queste regioni dalle grandi città che
per questo venivano spesso abbandonate a se stesse. Ma il 2 luglio 1958 a Krivoy Rog si
verificarono incidenti tra giovani operai e la direzione della fabbrica fino ad interessare la sezione
del partito locale. Gli scontri proseguirono per due giorni, coinvolgendo un centinaio di persone,
provocando un certo numero di feriti tra le forze dell’ordine e l’arresto di nove giovani. In
settembre scoppiarono incidenti più gravi a Taiga, nella regione di Kemerovo, tra i nuovi giovani
operai, che arrivavano dalle varie parti dell’Unione, ed i lavoratori locali delle costruzioni; lo stesso
avvenne in una piccola cittadina nei pressi di Stalingrado dove una ottantina di giovani operai
assaltarono il centro ricreativo della fabbrica per procurarsi cibo e alcolici.
Nel 1959 lo sciopero nella fabbrica Thalman a Voronesch ebbe il sostegno dell’intera città.
Ma la rivolta più grave avvenne tra maggio e luglio dello stesso anno a Temir-Tau, nella regione di
Karaganda294, durante la quale vennero uccise 16 persone in seguito alle violente proteste della
popolazione per le pessime condizioni di vita e di lavoro imposte dalla edificazione del nuovo
centro siderurgico Kazmetallursgtroi . Molti giovani lavoratori, di età compresa tra i sedici ed i
trent’anni, vivevano in squallide tende in prossimità dello stabilimento, spesso senza acqua, cibo,
vestiario adeguato ecc. In conseguenza di tutto ciò gli operai scioperarono per tre settimane ma la
direzione si rifiutò di ascoltare le loro legittime proteste così il loro salario venne decurtato delle
giornate di “assenza dal lavoro”. La rivolta scoppiò il 1 agosto dopo una serie di assalti ai
magazzini, con gli inevitabili episodi di vandalismo, che portarono all’ arresto di due giovani. Il 3
291
Komitet Gosudarstvennoj Bezopasnosti (KGB) Comitato per la Sicurezza dello Stato ossia la polizia segreta attiva
dal 13 Marzo 1954 che prese il posto del vecchio NKVD. Per avere un’idea della composizione delle milizie speciali
basta riferirsi ad una relazione del Ministro degli Affari Interni Nikolaï Pavlovitch Doudorov del Marzo 1956 nella
quale rivelava che il 46 % dello staff della milizia aveva frequentato la scuola primaria ed il 42 % non aveva completato
l’istruzione secondaria. Nel 1959 nacquero i Druzhinniki ossia milizie popolari, una sorta di ausiliari di polizia,
costituite da cittadini sovietici che contribuivano a sedare le sommosse. I Druzhinniki salirono a 6 milioni nel 1964.
292
VLADIMIR A. KOZLOV cit.
293
Persino i trasferimenti effettuati attraverso la ferrovia non erano ben organizzati. Si verificarono molte sollevazioni
spontanee nelle stazioni di transito che videro protagonisti i giovani operai che assaltavano le città perché mancava
addirittura il rifornimento di cibo per i viaggiatori come accadde ad Oremburg nel luglio 1956 assaltata da 1700 operai
in cerca di alimenti dopo un viaggio allucinante.
294
VLADIMIR KOZLOV op. cit.
70
agosto un migliaio di operai, con a capo un certo Manyshin, assaltò la stazione di polizia con
l’intento di liberare i loro compagni e i giovani ribelli che partecipavano alla rivolta mostrarono
solidarietà con i deportati dei campi inviati al lavoro forzato nelle Terre Vergini cercando di
liberarli.
In seguito a tutto ciò ebbe luogo una feroce repressione della protesta, messa in atto da 5 mila
soldati con a capo il generale Mikhail Aleksandrovich Zapevalin, che provocò 28 feriti tra le forze
di polizia, 27 feriti tra gli insorti e l’arresto, con deportazione, di 70 rivoltosi. Negli anni seguenti,
nonostante la sconfitta, gli operai di Temir-Tau continuarono a ribellarsi, ad effettuare saccheggi, a
sabotare il lavoro con incendi dolosi rispondendo sempre in maniera violenta alla continua
repressione della milizia295.
A Krasnodar, una delle maggiori città caucasiche, nel gennaio 1961 scoppiarono disordini in
seguito all’arresto di un militare nella piazza del mercato, probabilmente perché aveva rubato
qualcosa dai banchi. Immediatamente la massa di persone presenti al fatto organizzò una
manifestazione spontanea diretta al Quartier Generale della città dove era stato imprigionato il
giovane soldato. All’ingresso della caserma i militari di guardia uccisero un giovane manifestante
così il corteo attraversò le strade della città, ingrossandosi via via fino a raggiungere qualche
migliaio di persone, per dirigersi verso la sede del partito dove i “provocatori”, come vennero
immediatamente definiti, organizzarono un’ assemblea pubblica nella quale la popolazione
lamentava l’aumento dei prezzi e le difficoltà nell’approvvigionamento; così venne inviata una
petizione al governo di Mosca. I dirigenti del partito si nascosero nelle cantine della loro sede e
vennero liberati il giorno dopo grazie all’intervento repressivo dei militari contro la folla296. A
Kirovobad (oggi Ganja) all’interno dell’Azebaijan, un gruppo di donne che erano state in fila per
giorni nella vana attesa di acquistare il pane si ribellò scagliando sassi e mattoni contro la polizia; la
carenza di pane era dovuta all’eccesso di zelo mostrata dai membri del partito locale nei confronti
del governo dichiarando che l’Azerbaijan era “autosufficiente”297. Il 30 Giugno 1961 scoppiò una
rivolta nella città di Murom in conseguenza dei funerali di un certo Kostilov un operaio della
fabbrica Ordzhonikidze, fermato per ubriachezza dalla polizia e morto nel commissariato. La folla
intendeva vendicare la morte del malcapitato assaltando il commissariato, vennero liberati 26
prigionieri, ed i rivoltosi si impossessarono delle armi e delle munizioni degli agenti del KGB la cui
sede venne data alle fiamme. In seguito i miliziani del KGB spararono sulla folla, provocando
molti feriti, riuscendo così a sedare la rivolta e molti dissidenti attivi nei disordini furono processati
sommariamente subendo severe condanne. Sempre nel mese di Giugno avvenne la rivolta di Biisk
nel sudovest della Siberia scoppiata improvvisamente in una giornata di mercato. Un mese dopo ad
Alexandrov, a qualche centinaio di km ad est di Mosca, 600 dimostranti, tra cui gli operai della
fabbrica metallurgica, attaccarono ed incendiarono la sede della polizia urlando “attacchiamo i
fascisti”o “attacchiamo la milizia” per protestare contro la carenza nella distribuzione degli alimenti
e le continue molestie degli agenti contro i giovani. L’Armata Rossa intervenne provocando un
centinaio di morti e 19 feriti.298
Sempre nel maggio dello stesso anno entrarono in sciopero per tre giorni gli operai delle fabbriche
di Tula, contro l’inasprimento dei ritmi di lavoro e per la riduzione dell’orario a parità di salario. Il
comitato di sciopero eletto dagli operai riuscì a strappare alla direzione le richieste avanzate. Nel
settembre 1961 a Petrozavodsk, in Carelia, entrarono in sciopero i lavoratori di una fabbrica di
legname per aumenti salariali mettendo in discussione le registrazioni operate dalla direzione che in
295
V. BELOTSERKOVSKY Workers’ Struggles in The USSR in the Early Sixties Critique, Vol 10 Issue 1 Sprimg 1979
ERIK KULAVIG Dissent in the years of Khrushchev: nine stories about disobedient Russians Palgrave Macmillan, 2002
296
VLADIMIR KOZLOV op. cit.
297
GEORGI M. DERLUGUIAN Bourdieu's secret admirer in the Caucasus: a world-system biography University of
Chicago Press, 2005.
298
VLADIMIR KOZLOV op. cit. YORAM GORLIZ Policing post-Stalin society. The militsiia and public order under
Khrushchev Cahiers du monde russe Vol 44. 2003.
71
seguito venne costretta a garantire aumenti del salario e una corretta contabilizzazione del lavoro.
A dicembre una rivolta di massa scoppiò nella città di Chita nella Siberia orientale.
Tra il 1960 ed il 1970 il Governo pagò dei cospicui bonus a quei lavoratori che accettavano di
sottoporsi al programma per la riconversione, in seguito alla chiusura di molte industrie nella Russia
europea, in operai delle miniere di carbone o nelle imprese di estrazione del gas e del petrolio in
Kazakistan, ma per quelli che accettarono il trasferimento subentrarono immediatamente seri
problemi di integrazione in un territorio completamente diverso e in condizioni sociali ed
ambientali veramente difficili. Così tra il 1960 ed il 1962 si registrarono una serie di scioperi nelle
fabbriche metallurgiche del Kazakistan e nelle regioni minerarie del Donbass e del Kuzbass, ma nel
giugno 1962 si verificherà quella che viene definita “la tragedia di Novocherkassk”299. Nelle
fabbriche di locomotive Budënnyj della città, nella regione di Rostov, gli operai avevano subito un
taglio ai salari del 30- 35% e nelle acciaierie le diminuzioni della paga erano maggiori. Il 1 giugno
il governo aveva inoltre annunciato un aumento del 35% dei prezzi della carne e del burro senza
contare che a Novocherkassk persisteva il grave problema degli alloggi “statali” (gli operai
vivevano nelle baracche a fianco della fabbrica) e in quelli privati poichè gli affitti ammontavano al
30% del salario. Immediatamente gli operai delle fonderie si riunirono spontaneamente per
discutere sulle nuove condizioni di vita ma non esisteva nella fabbrica alcuna organizzazione
operaia anche perché i lavoratori vivevano ancora nel terrore imposto da decenni di stalinismo. Le
lamentele arrivarono alle orecchie del direttore Kurochkin e dei membri della sezione del partito
che si precipitarono nei reparti per arringare gli operai con il solito atteggiamento minaccioso ed
arrogante provocando la reazione immediata dei lavoratori. Gli operai si divisero in gruppi ed
andarono in ogni fabbrica a fermare il lavoro inneggiando allo sciopero e tutto ciò avvenne
spontaneamente senza alcuna forma di organizzazione, così man mano che i gruppi più accesi
accennavano alla fermata la massa degli operai scendeva immediatamente in sciopero andando ad
ingrossare un corteo diretto agli uffici della direzione. La vicina ferrovia venne bloccata con
barricate sulle quali sventolavano dei drappi rossi per evitare che i dirigenti del partito potessero
stravolgere i reali contenuti della lotta e vennero anche innalzati dei manifesti nei quali si
chiedevano “Carne e burro” e “Case agli operai”. Gli abitanti dei sobborghi raggiunsero la piazza
Lenin dove erano concentrati i manifestanti ma la direzione rifiutava ogni colloquio e, come
prevedibile, arrivò la milizia antisommossa, un centinaio di uomini schierati ai margini della
ferrovia, che immediatamente diede luogo a caroselli dei blindati contro la folla. La massa era così
imponente che non era possibile disperderla con le camionette cosi i miliziani spaventati si
ritirarono ma due di essi vennero catturati dai manifestanti senza subire alcuna violenza. Durante i
disordini si aggiravano tra la folla agenti del KGB che filmavano e fotografavano gli elementi più
accesi per accumulare prove utili ad un processo che inevitabilmente sarebbe stato celebrato ancora
una volta per esaltare la potenza del partito. Nel frattempo a sostegno delle truppe speciali nella
repressione della rivolta arrivarono in città i militari dell’esercito, i soldati però fraternizzarono
immediatamente con gli scioperanti cosa che i loro ufficiali non riuscirono ad evitare. Dopo un
ulteriore tentativo di Basov, dirigente locale del partito, di arringare la folla, che rispose con il
lancio di pietre, arrivarono nella piazza di Novocherkassk i carri armati guidati dagli ufficiali, visto
che i soldati si rifiutavano di aggredire i manifestanti, ma la reazione della folla inerme provocò il
panico tra gli ufficiali costringendoli ad allontanarsi sui loro carri. Gli scioperanti acquisirono così
una forza maggiore e attraverso messaggi inviati dall’ufficio postale, ormai sotto il loro controllo,
299
Per le informazioni sui fatti di Novocherkassk è stato utilizzato l’articolo di Piotr Siuda, militante libertario russo,
The Novocherkassk Tragedy, June 1-3 1962 apparso nel 1988 sul samiszadt Obschina. Per le lotte operaie dei primi
anni 60 ALEX PRAVDA Spontaneus Workers‘ Activities in the Soviet Union in ARCADIUS KAHAN E BLAIR RUBLE
Industrial Labor in USSR Pergamon Press New York 1979. VADIM BELOTSERKOVSKY Workers Struggles in USSR in
the Early Sixties Critique n 10-11 (1978-79).VLADIMIR A. KOZLOV, ELAINE MCCLARNAND MACKINNON Mass
uprisings in the USSR: protest and rebellion in the post-Stalin years M.E. Sharpe, 2002, SAMUEL H. BARON Bloody
Saturday in the Soviet Union: Novocherkassk, 1962 Stanford University Press 2001.
72
invitarono tutti gli operai delle altre città a seguire il loro esempio. Si era sull’orlo di una guerra
civile. Dopo la manifestazione del mattino seguente, alla sera gli insorti occuparono gli uffici della
direzione e utilizzarono le suppellettili per fare un falò sul piazzale visto che il Governo Centrale
rimaneva indifferente alle loro richieste. Il giorno seguente i carri armati e nuove truppe regolari
avevano occupato la cittadina invitando minacciosamente gli operai a riprendere il lavoro. Al netto
rifiuto iniziarono i rastrellamenti e gli arresti ma ai manifestanti della fabbrica di locomotive si
unirono i lavoratori provenienti da altri impianti e dalle piccole fabbriche del territorio dando vita
ad un corteo imponente, costituito da 10-30 mila persone, diretto verso la città sventolando le
bandiere rosse ed i ritratti di Lenin. Il corteo era affiancato dai carri armati che spesso trasportavano
alcuni manifestanti e, una volta raggiunto il Gorkom (la sede del comitato di partito) nella piazza
principale e dopo averne invaso i locali, vuoti per la fuga dei funzionari, i manifestanti invitarono
un dirigente del partito a parlare ma questi si rifiutò. Nacquero così delle scaramucce ed i militari
presenti nella sede del partito aprirono il fuoco sulla massa, addensatasi al suo interno, provocando
87 morti e un certo numero di feriti. La folla era in preda al panico ma i militari sparavano ad
intervalli regolari così i manifestanti in fuga venivano schiacciati da quelli che cercavano di entrare
nel piazzale. Subito si formò una delegazione di nove operai, alla cui testa era B. Mokrousov, per
incontrare A.I. Mikoyan e F.R. Kozlov300, due membri del Governo giunti nel frattempo sul luogo
dei disordini, ma la trattativa non ebbe successo. Mikoyan parlò attraverso il microfono di una radio
invitando i rivoltosi a ristabilire l’ordine mentre i carri armati erano pronti ad aggredire la folla ed
un elicottero volava sul piazzale minacciando i convenuti. La vicenda si era così conclusa e furono
116 gli arresti tra scioperanti301 e cittadini. Dopo un processo farsa, condotto da un tribunale
speciale, vennero condannate a morte sette persone e 14 vennero deportate con l’accusa di
banditismo o per malattia mentale mentre i feriti vennero spediti in Siberia con le loro famiglie.
Una rarissima immagine della rivolta di Novocherkassk
L’ondata di reazioni tra i lavoratori contro il carovita interessarono anche le città di Donetsk,
Yaroslav, Ivanovo, Gorki e di Mosca, dove nella fabbrica di automobili Morkvitch venne
300
Anastas Ivanovič Mikojan e Frol Romanovich Kozlov erano allora membri del Presidium del Comitato Centrale del
Partito sotto la presidenza di Chruščëv.
301
Tra questi l’anarchico Petr Petrovič Sjuda condannato a 2 anni di reclusione.
73
organizzata una assemblea di massa per protestare contro le condizioni di lavoro, mentre i portuali
di Odessa si rifiutarono di caricare sulle navi il burro destinato a Cuba e a Vladivostok lo sciopero
spontaneo contro i razionamenti si trasformò in una sollevazione di massa 302. Nella città mineraria
di Krasnodar la protesta dei lavoratori contro il razionamento e la corruzione dei dirigenti portò alla
formazione di un Soviet. I manifestanti disarmarono le forze dell’ordine e si ammassarono nella
piazza principale, quando ai militari di stanza nella città venne ordinato di sparare sulla folla questi
si rifiutarono ribellandosi ai superiori. Venne mobilitata la Guardia Nazionale che, una volta
ristabilito l’ordine, arrestò tutti i militari ribelli.
Nel Giugno 1963 scioperarono gli operai di Kryvoi Rog, vicina a Dnipropetrovsk, per protestare
contro l’aumento dei prezzi dei generi alimentari ed il loro razionamento, in seguito si verificò una
rivolta, capeggiata da un certo Aleksei Tarenenko, simile a quella di Novocherkassk che provocò 7
morti, 12 feriti e 600 arresti ma si hanno poche notizie sui fatti303. In seguito a tutte queste
agitazioni nel Novembre del 1963 Chruščёv fu costretto ad importare per la prima volta il grano dal
Canada e dagli Stati Uniti come soluzione temporanea alla grave mancanza di alimenti di primaria
necessità e le importazioni continuarono in seguito regolarmente.
Nell’aprile 1964 scoppiò una rivolta contro le violenze poliziesche a Stavropol, dove 700
manifestanti cercarono di liberare alcuni giovani arrestati dalla polizia assaltando il commissariato,
che culminò con la repressione violenta dei partecipanti e con numerosi arresti. Nello stesso anno si
verificarono dei disordini tra manifestanti e polizia a Bronnitsy, una cittadina nei pressi di Mosca, e
a Breslan nell’Ossezia del Nord. Gli operai della fabbrica automobilistica ZIL (come venne
ribattezzata la AMO) di Mosca entrarono in sciopero nel 1964 richiedendo un bonus di 50 rubli per
ogni lavoratore. Il direttore protestò affermando “non potete scioperare contro un governo operaio”
cosa che provocò la reazione degli operai che urlarono “ Questo è un governo di burocrati”.
Nel Novembre 1967, come riporta Peking Review304, entrarono in sciopero migliaia di operai alla
fabbrica di trattori a Kharkov nell’Ucraina orientale e a Pryluky e nello stesso anno scoppiarono
rivolte di massa contro la repressione a Chimkent in Kazakhistan305.
Tra il 1965 ed il 1969 per la prima volta vennero organizzati dagli operai numerosi scioperi di
massa nei grandi centri urbani della Russia europea, come nelle industrie chimiche di Leningrado,
nelle fabbriche metallurgiche e dell’auto a Mosca. Sono pochissimi i riferimenti relativi ad una
manifestazione di protesta piuttosto consistente306 avvenuta a Mosca nel 1965 in occasione
dell’anniversario della Costituzione Sovietica. I manifestanti vennero caricati brutalmente dalla
polizia e molti attivisti, dopo essere stati arrestati e torturati dal KGB, vennero inviati nei Campi di
Lavoro o internati negli ospedali psichiatrici.
302
CHANVIER JEAN-MARIE La classe ouvriére et les syndicats dans les compagnies soviétiques citato in « Class struggle
in Eastern Europe (1970-80) » International Review n 28 – 1st Quarter 1982.
303
Qualche informazione sulle rivolte dei primi anni 60, una decina, è stata fornita, come riferisce Vladimir Kozlov, a
suo tempo ad un giornalista francese da un alto dirigente sovietico. Introduzione a Mass Uprising in USSR…
304
Peking Review N 4 Jan. 25, 1974, pp. 12-14.
305
L’unica fonte relativa alle lotte del periodo 1960-1964 è ALBERT BOITER When the Kettle Boils Over Problems of
Communism 13, No. 1 (1964): 33-43 basato su testimonianze orali.
306
La massa che costituiva il corteo è stata filmata dalla polizia e le cariche sui manifestanti sono state utilizzate per un
film sulla Rivoluzione del 1917. CORNELIA GERSTENMAIER The Voices of the Silent. Hart Publishing New York 1972.
74
Una immagine rarissima dei disordini avvenuti forse a Mosca negli anni 60
Nell’agosto del 1968 una manifestazione organizzata nella Piazza Rossa per protestare contro
l’invasione della Cecoslovacchia venne repressa duramente e Vladimir Dremliuga, un elettricista
che lavorava alle ferrovie di Leningrado, venne arrestato con altre sei persone.
Nel maggio 1969 un gruppo di operai diede vita ad uno sciopero in una fabbrica di impianti elettrici
a Chervonograd, nell’Ucraina occidentale, che durò tre mesi. La milizia uccise tre attivisti ed i
leader della lotta vennero arrestati e deportati, uno di essi lavorava nella fabbrica da 24 anni. Nello
stesso anno in seguito allo sciopero alla Centrale Idroelettrica di Kiev, causato dalla condizione
disperata degli alloggi destinati agli operai che vivevano ancora nelle baracche e nei vagoni
ferroviari, venne arrestato Ivan Hrushchuk un operaio molto attivo durante la lotta poi internato in
un ospedale psichiatrico. Eppure i lavoratori protestavano al grido di “tutto il potere ai soviet”!307
Un anno prima, come riferisce un samiszad ucraino, nella centrale di Kyivska sul fiume Dniepr,
vicino a Vyshhorod, il KGB arrestò gli operai Nazarenko, Kondriukov, e Karpenko semplicemente
perché distribuivano dei volantini. Nel 1969 si verificano scioperi alla centrale idroelettrica del
villaggio di Berizka in Ucraina mentre a Sverdlovsk ebbe luogo una sorta di insurrezione operaia
sia per la mancanza di cibo sia per i tagli del 25% ai salari dopo l’introduzione della settimana di
cinque giorni. Le milizie anti-sommossa furono ritirate e vennero concesse tutte le richieste
avanzate dagli operai. Nello stesso anno vi furono interruzioni del lavoro anche nelle fabbriche di
Gorki e di Krasnodar, nella regione di Kuban, dove gli operai si rifiutarono di entrare nelle
fabbriche finchè non vi fosse stato un adeguato approvvigionamento delle derrate alimentari.
Alcuni osservatori, come il dissidente Vladimir Borisov, hanno stimato che solo il 10% delle lotte
operaie in Unione Sovietica sono state rese note in occidente. Ad esempio, risulta ormai accertato
che nella regione mineraria del Donetz esisteva una vera e propria opposizione organizzata sin dai
primi scioperi scoppiati proprio in coincidenza della rivolta di Novocherkassk. I minatori
avanzarono critiche per la mancanza di organizzazione emersa nello sciopero e nelle manifestazioni
307
PETER REDDAWAY Uncensored Russia: The Human Rights Movement in the Soviet Union American Heritage Press
1972.
75
di piazza capeggiate dagli operai della Budënnyj a Novocherkassk contrariamente a quanto
avvenuto nelle agitazioni di Rostov, Urgansk, Tagourog ed in altre città dove esistevano gruppi di
opposizione operaia ben organizzati.
Nel 1969 i salari in Unione Sovietica si erano riportati ai livelli di dieci anni prima ed il governo
Breznev aveva appesantito la repressione dopo le lotte dei minatori del bacino minerario del
Donbass e degli operai a Kharkov nel 1967. L’anno successivo vi furono manifestazioni di massa a
Krivoy Rog e una sollevazione popolare a Taškent in Uzbekistan. La polizia caricò brutalmente
anche una manifestazione di massa ad Alexandrov organizzata proprio contro le brutalità che
quotidianamente la stessa esercitava sulla popolazione.
Nel 1969 secondo un rapporto del KGB si sono verificati scioperi in 20 collettività di produzione
cui presero parte in media un migliaio di lavoratori. La stampa ufficiale non ha riportato le
sollevazioni operaie del complesso siderurgico di Nizhni-Tagil, nella cittadina ucraina di Lubny a
Kuybyshev (l’antica città di Samara), a Yaroslavl, a Kemerovo etc per la mancanza di alloggi e per
aumenti salariali.
Gli scioperi nel 1970 dei portuali ai cantieri navali Lenin di Danzica e a Stettino308, in Polonia,
ebbero una eco tra i lavoratori di Kaliningrad, Lwow (Leopoli) e di altre città nella Bielorussia,
nonché in Ucraina, dove gli operai scioperarono in solidarietà con i loro compagni polacchi e nello
stesso anno si verificarono scioperi in gran parte delle fabbriche a Vladimir un centro industriale
della Russia europea a nord est di Mosca309.
Nel 1971 lo sciopero alla fabbrica Kirov di Kopeyske, vicino a Chelyabinsk, la più grande impresa
di equipaggiamenti dell’ex URSS, portò all’arresto degli attivisti da parte del KGB310. I disordini
più gravi però sono avvenuti nelle città di Dniepropetrovsk e Dniprozerzkinsk, in Ucraina, dove
erano concentrate le fabbriche metallurgiche. Nel settembre 1972 migliaia di operai scesero in lotta
a Dniepropetrovsk per miglioramenti salariali e dei livelli di vita ma le forze di repressione
provocarono numerosi morti tra i manifestanti. In una cittadina delle vicinanze, un mese più tardi, la
popolazione si ribellò contro la milizia, che si accingeva ad arrestare alcuni scioperanti, mettendo in
sacco la città. I manifestanti in seguito marciarono verso la sede del partito di fronte alla quale la
308
Nel dicembre 1970 Wladislaw Gomulka, leader del Partito Operaio Unificato al governo in Polonia dalla fine della
guerra, aveva decretato un aumento dei prezzi dei beni alimentari. Lunedì 14 dicembre gli operai dei Cantieri Lenin di
Danzica incrociarono le braccia ed in corteo si diressero verso la sede del partito cantando l’Internazionale. La
delegazione operaia venne ricevuta dai membri del partito ma per dichiararne l’arresto dei suoi componenti.
Immediatamente il corteo operaio si impossessò della radio della milizia per lanciare slogan contro il governo ed il
partito comunista al potere. In seguito le manifestazioni, nelle quali venivano chiesti aumenti salariali, riduzione dei
prezzi e la libertà per gli arrestati, diverranno sempre più dure con ripetuti scontri con la polizia durati tutta giornata.
Alla sera si registrarono 16 feriti e altrettanti arresti operati dalla milizia. Il giorno dopo le proteste si allargarono ai
cantieri “La Comune di Parigi” a Stettino con gli operai che uscirono immediatamente nelle strade della città cantando
l’Internazionale e urlando “ pane, pane e pane secco per Gomulka”. Si formò un comitato spontaneo che doveva
rappresentare gli operai nella trattativa con la dirigenza locale. Una volta riunitisi nei locali della fabbrica Dalmor
vennero arrestati in massa durante la notte dalla milizia antisommossa. Il giorno dopo a Danzica le manifestazioni si
trasformarono in una vera e propria rivolta con 20.000 manifestanti che attaccarono e incendiarono la sede della milizia;
questa iniziò a sparare sulla folla provocando morti e feriti. Nei giorni successivi le manifestazioni si diffusero in
numerose città della Polonia ma con l’intervento dell’esercito verranno sedate nel sangue provocando nel complesso più
di 400 morti. Le trattative in seguito furono avviate da Edward Gierek, il nuovo segretario del partito una volta
esautorato Gomulka, attraverso le quali vennero soddisfatte in parte le richieste degli operai. In occasione di un nuovo
rialzo dei prezzi nel 1976 gli operai della fabbrica di trattori ad Ursus, vicino a Varsavia, della fabbrica metallurgica
Walter a Radom e del Petrolchimico di Plock entrarono in sciopero contro il governo; furono i prodromi della rivolta
polacca del 1980. INTERNAZIONALE SITUAZIONISTA 1970 Danzica e Stettino come Detroit edizioni International Savona
1972 JEAN-YVES POTEL Les émeutes populaires de Gdansk Gavroche n 2 février-mars 1982. ICO Capitalisme et lutte
de classes en Pologne (1970-1971) Spartacus 1975.
309
Peking Review N 4 cit.
310
ADRIAN KARATNYCHY, ALEXANDER J. MOTYL, ADOLF FOX STURMTHAL Workers' rights, East and West: a
comparative study of trade union and workers' rights in Western democracies and Eastern Europe Transaction
Publishers, 1980.
76
milizia armata aprì il fuoco uccidendo dieci dimostranti ma provocando la reazione della folla che
linciò due miliziani311.
Nel dicembre 1972 in conseguenza di uno sciopero contro l’eccessivo carico di lavoro a KamentsPodolsk, in Ucraina, vennero arrestati trenta operai che lavoravano in quella fabbrica da vent’anni,
accusati di essere gli istigatori alla lotta312. Nel 1973 nella più grande kombinat di Vytebsk, in
Bielorussia, gli operai bloccarono le fabbriche contro le norme sul lavoro e i tagli al salario del 20%
ma il KGB non riuscì ad identificare e reprimere gli attivisti dello sciopero313, mentre a Kiev gli
operai della fabbrica automobilistica entrarono in lotta per aumenti salariali che in seguito vennero
concessi. Nello stesso anno si verificò una rivolta popolare a Kauna, una cittadina della Lituania,
culminata con l’erezione di barricate e combattimenti per le strade che portarono ad una feroce
repressione, lo stesso accadde in occasione della manifestazione del 1 maggio 1974 a Tiblisi in
Georgia314. Nel maggio 1973 migliaia di operai della fabbrica di macchinari sulla via di
comunicazione tra Brest-Litovsk (oggi Brest) e Kiev scioperarono per 11 ore chiedendo aumenti
salariali. Il direttore telefonò immediatamente al CC del partito comunista ucraino così nel giro di
poche ore i lavoratori ottennero gli aumenti richiesti e gran parte della direzione della fabbrica
venne licenziata. Come sottolinea Holubenko il successo immediato di questa lotta è dovuto al fatto
che i lavoratori erano ben organizzati e che il governo centrale temeva che gli scioperi potessero
investire la stessa Kiev, la “Stettino ucraina”. Nell’inverno 1973, l’ondata di lotte investirà le città
di Mosca e Leningrado con continue fermate nelle fabbriche e nei cantieri di costruzione.
A parte pochissimi casi gli scioperi e le agitazioni erano totalmente isolati ed avevano un carattere
estremamente spontaneo e disorganizzato ma spesso gli operai erano convinti che un’ azione
radicale fosse l’ultima risorsa per raggiungere l’obiettivo sfruttando la paura dei direttori e dei
dirigenti di partito. In genere le richieste dei lavoratori venivano in parte o totalmente esaudite dalla
dirigenza ma gli operai più attivi nella lotta venivano regolarmente perseguitati ed allontanati dai
compagni di lavoro, attraverso un trasferimento obbligato, ma il più delle volte “sparivano” perché
deportati in un campo di lavoro o internati negli ospedali psichiatrici. Nei rapporti ufficiali si nota
che ogni iniziativa di sciopero o di agitazione veniva tacciata o di boicottaggio anti-comunista,
accentuando l’accusa di nazionalismo vista la miscellanea di provenienze tra i lavoratori nelle
grandi kombinat, o semplicemente classificata come azione teppistica provocata da emarginati.
Negli anni 70 però qualcosa stava cambiando, i dissidenti tendevano ad organizzarsi e a divulgare le
notizie sulle lotte e sulle repressioni effettuate dal governo sovietico rompendo in parte l’isolamento
dei lavoratori sia per ragioni geografiche sia per l’organizzazione del lavoro estremamente
atomizzata.315 Inoltre i lavoratori sovietici più sensibili erano attenti a quanto stava accadendo nei
paesi satelliti, specie in Polonia dove si andava sviluppando un movimento operaio organizzato in
aperto contrasto con lo “Stato socialista”. Nel frattempo, come afferma il giornalista sovietico
Konstantin Simis316, i comportamenti della maggioranza degli operai sui posti di lavoro erano
sempre più caratterizzati da una sorta di apatia e di mera sopravvivenza, spesso vagavano per la
fabbrica con un pretesto qualsiasi pur di evitare il lavoro, quando non rubavano pezzi o prodotti
finiti perché fossero venduti sul mercato nero emulando nel loro piccolo le ruberie e la corruzione
dilagante tra i burocrati della fabbrica e del partito.
Nel 1975 i portuali di Riga scesero in sciopero per la mancata distribuzione dei beni alimentari e
nello stesso anno vi furono continue proteste nelle miniere del Donbass contro l’imposizione degli
straordinari. Come riferisce Anatolii Rusnachenko i minatori del Donbass venivano pagati per una
giornata di lavoro di sei ore ma in realtà lavoravano dalle 10 alle 11 e a volte anche sedici ore al
311
ANDREW FEDYNSKY Stirrings in the Soviet Ukraine The Washington Quarterly, Volume 4, Issue 4 September 1981.
ADRIAN KARATNYCHY, ALEXANDER J. MOTYL, ADOLF FOX STURMTHAL cit.
313
M HOLUBENKO: The Soviet Working Class Opposition Critique, Vol 4 Issue 1 Spring 1975.
314
M HOLUBENKO cit. e CCI Lutte de classe en Europe de l'est (1970-1980) Revue Internationale no 28 - 1e trimestre
1982.
315
CORNELIA GERSTENMAIER The voices of the silent Hart Pub. Co. (New York) 1972.
316
KONSTANTIN M. SIMIS USSR the Corrupt Society Simon and Schuster 1982.
312
77
giorno317, buona parte di loro non aveva abitazioni decenti e viveva in condizioni igieniche
decisamente precarie. I fumi prodotti dalle diverse industrie ammassate nel centri urbani della
regione avevano provocato una devastazione ambientale che perdura da moltissimi anni.318 Le
miniere del Donbass, come abbiamo visto, sono sempre state al centro di scioperi riuscendo a creare
forme di opposizione organizzata al sistema sovietico bollate regolarmente dal Governo e dai
sindacati ufficiali come azioni dei nazionalisti ucraini. Sin dalla rivolta ungherese del 1956
esistevano tra i minatori voci di dissenso che più volte si erano organizzate clandestinamente 319.
Vladimir Klebanov venne perseguitato più volte sin dal 1958 per aver dato voce al malcontento
nelle lotte dei minatori e regolarmente sospeso dal lavoro fino alla condanna del 1968 per la quale
venne internato per cinque anni in un ospedale psichiatrico. Di fronte alle tragiche condizioni dei
lavoratori Klebanov cercò di dare vita nel 1977 alla Libera Associazione Sindacale dei Lavoratori
Sovietici, più nota come l’Unione dei Disoccupati in quanto i suoi esponenti vennero
immediatamente allontanati dal lavoro, cui aderirono 200 operai. I leader della Libera Associazione
Sindacale dei Lavoratori Sovietici, oltre a Vladimir Klebanov, erano Valentin Poplavsky , Gavriil
Yankov, Chagen Akopovitch Oganessian, Varbara Kutcherenko, Alexei Nikitin, espulso dal partito,
ed altri.
Il libero sindacato venne naturalmente sciolto dalle autorità nel 1978 ed i suoi leader rinchiusi in un
ospedale psichiatrico. Comunque, l’anno precedente, Vladimir Klebanov320 era riuscito a tenere una
conferenza stampa di fronte ad alcuni giornalisti occidentali nella quale presentò una petizione
indirizzata agli organismi internazionali perché venissero fatte pressioni sul governo sovietico, in
occasione del cinquantesimo anniversario della nascita dell’URSS, per le pessime condizioni in cui
viveva la classe operaia. Klebanov sottolineò più volte di non far parte del movimento dei dissidenti
filo-occidentali ma che le sue azioni erano finalizzate allo sviluppo del comunismo contrastando la
burocrazia del regime. Dopo essere stato interrogato dal KGB, nonostante avesse chiarito i suoi
intenti in favore della classe operaia, venne internato in un ospedale di Mosca e quindi al centro
psichiatrico di Donetz, ma nonostante tutto il documento di fondazione dei sindacati liberi riuscì ad
arrivare alla International Labour Organization che immediatamente riconobbe il nuovo organismo
come interno alla ILO. Una volta riabilitato nel 1988 Klebanov tornò immediatamente alla sua
attività sindacale ricostituendo il vecchio sindacato libero e, dopo il tentativo fallito di integrare la
sua organizzazione nello SMOT, continuò la sua militanza sindacale321.
317
citato in VLAD MYKHNENKO From Exit to Take-Over: The Evolution of the Donbas as an Intentional Community
I lavoratori del Donbass sono scesi in sciopero nell’estate del 1989 per aumenti salariali, un migliore
approvvigionamento di alimenti, una maggiore sicurezza sul lavoro e chiedevano l’allontanamento delle organizzazioni
di partito dai luoghi di lavoro. I minatori costituirono immediatamente un Comitato di Lotta col compito di dirigere e
coordinare tutte le azioni operaie che divenne il nucleo del nuovo sindacato fondato da Klebanov più di dieci anni
prima.
319
HOLUBENKO op. cit.
320
VIKTOR HAYNES E OLGA SEMYONOVA Workers Against the Gulag London, Pluto. Press, 1979.
321
Occorre precisare che in Unione Sovietica esistevano da tempo organizzazioni di opposizione clandestina. Sulla base
delle informazioni di cui si è in possesso risulta che le prime forme di opposizione al sistema sovietico di matrice
marxista, che imputavano a Stalin stesso il fallimento della rivoluzione di Ottobre, si costituirono già nell’immediato
dopoguerra. Tali gruppi assumevano delle denominazioni piuttosto tradizionali come il Partito Comunista dei Giovani,
il Circolo del Pensiero Marxista e l’Unione degli Studenti Leninisti o l’Unione per la Lotta della Causa della
Rivoluzione di Maya Ulanovskaya ed Evgenii Gurevich. Negli ambienti universitari moscoviti sono sempre state attive
forme di dissidenza radicale che hanno prodotto un fenomeno come quello di Ernst Neizvestnyi ed il suo gruppo, nato
in polemica con l’accordo Hitler-Stalin, che rimase attivo dal 1949 al 1960. Nel 1954 presso l’Università Statale di
Mosca era attivo il gruppo di Boris Grushin, Aleksandr Zinov'ev, Merab Mamardashvili e Georgii Shchedrovitskii, che
fondò in seguito il Circolo Metodologico di Mosca attivo ancora oggi, che negli anni 60 agiva parallelamente al Circolo
nato attorno a Grigorii Pomerants. In occasione dei fatti di Ungheria nel 1956 l’Unione dei Comunisti, animata da
Viktor Trofimov, celebrava la rivolta ungherese presso gli studenti dell’università di Leningrado distribuendo volantini
alla cittadinanza. Vedi MICHAEL URBAN Regime and opposition in the pre-political period in "The Rebirth of Politics in
Russia", Cambridge University Press 1997. Molto interessante è stata l’esperienza della Comune di Leningrado, fondata
nel 1976 da alcuni studenti ed animata da Alexandre Skobov, Arkady Tsourkov, Andrei Reznikov, Alexis Khavine,
Victor Pavlenkov ed altri. La Comune era frequentata da molti studenti “erranti” provenienti da Mosca, da altre città e
318
78
Nel Ottobre 1978 nacque il sindacato SMOT (Svobodnoe mezhprofessional'noe ob'edinenie
trudiashchikhsia)322 ossia il Libero Sindacato Intercategoriale dei Lavoratori il cui leader era
l’elettricista Vladimir Borisov di Leningrado che era stato internato negli anni 60-70 in un ospedale
psichiatrico per nove anni. Inizialmente lo SMOT era costituito da otto gruppi autonomi in cui
erano attivi un centinaio di lavoratori che nel 1979 raddoppiarono. Contrariamente al sindacato di
Klebanov lo SMOT era legato al movimento dei dissidenti e pubblicava un bollettino sulle
condizioni operaie e sulle persecuzioni subite dai personaggi più in vista della nuova intellighenzia
russa. In seguito ai numerosi arresti e repressioni degli esponenti del sindacato indipendente, nel
1980 Borisov venne espulso dal paese.
Nel 1975 oltre quello dei minatori del Donbass, contro gli straordinari obbligatori, vennero
registrati dagli organi ufficiali scioperi tra i ferrovieri della Baikal-Amur sulle condizioni di vita e di
lavoro e nel 1976 tra i portuali di Riga per la mancanza di carne e di beni alimentari. Dimostrazioni
di massa si verificarono nel mese di settembre a Krasnodar, Naltschyk, Krivoy Rog.
Alla fabbrica di gomma di Kaunas in Lituania nel 1978 gli operai scioperarono contro la riduzione
del salario323 e nel settembre dello stesso anno i conducenti di autobus a Stravopol (Togliattigrad)
bloccarono i trasporti richiedendo i bonus del lavoro festivo non pagati dalla amministrazione, forse
per gli stessi motivi scioperarono anche i conducenti di autobus a Shauliai in Lituania324.
Nel 1980 in Unione Sovietica si ripresenta lo spettro della mancanza di distribuzione delle derrate
alimentari, come la carne ed il burro, e nel maggio i conducenti degli autobus a Togliattigrad, la
Detroit Sovietica, scioperarono spontaneamente per una giornata subito seguiti dagli operai della
VAZ325 che organizzarono fermate a gatto selvaggio per due giornate dando vita ad un comitato
operaio clandestino, molto influente sulla maggioranza dei lavoratori, come reazione sia all’arresto
di un attivista durante uno sciopero improvviso del 1979 (che ha visto la partecipazione di 70 mila
operai) sia alla totale assenza di risposta da parte dei sindacati ufficiali alle loro richieste 326. In
seguito entreranno in sciopero per due giorni anche gli operai delle fabbriche automobilistiche di
Gorky, che occupavano 200 mila lavoratori; una quantità esorbitante di operai fermò gli impianti
cui fece seguito l’arresto di quattro attivisti dello sciopero327. L’impianto di Gorky, che ha una
tradizione di lotta piuttosto rilevante specie dopo il disgelo, venne costruito tra gli anni 20 e 30
grazie al contributo della Ford ed entrò in attività nel gennaio 1932 producendo automobili e
persino della lontana Siberia, che riproducevano in Unione Sovietica comportamenti diffusi presso i giovani occidentali
ed intendevano costituire un nucleo della “nuova società comunista”. In seguito la Comune si trasformò in un vero e
proprio gruppo politico, nel quale convivevano marxisti, anarchici e democratici radicali, denominato Opposizione di
Sinistra (Gruppo anarco-comunista) che pubblicava clandestinamente il bollettino “Prospettive” nel quale venne
riportata la notizia di una manifestazione spontanea di 15 mila giovani contro la guerra verificatasi nel luglio 1978 sulla
Prospettiva Nevsky nel centro della città. Allorché il gruppo cercò di organizzare una conferenza a Leningrado
intervenne la milizia del KGB per arrestare tutti gli attivisti che vennero condannati a vari anni di manicomio criminale
ed alla deportazione. Alcuni rifugiarono all’estero. Dalla Comune di Leningrado sorse anche il gruppo dei Comunardi
Rivoluzionari, sigla già utilizzata in passato dalle tendenze leniniste interne al Komsomol, animato da Vladimir
Mikhailov, Aleksei Stassevitch ed Alevtina Kotchneva, in cui erano presenti marxisti, trotzkisti ed anarchici. I tre
attivisti, che spesso collaboravano con il gruppo di Skobov, verranno arrestati nel 1979 con l’accusa di teppismo per
scritte sui muri ed attacchinaggio di manifesti contro il sistema sovietico La commune de Léningrad Iztok n°3 (mars
1981).
322
BORIS WEIL The Current Opposition in the Soviet Union PRAXIS International issue: 1 / 1981,
323
Ā. ŠILDE Resistance Movement in Latvia Latvian National Foundation, Stockholm, 1972.
324
BETSY GIDWITZ Labor unrest in The Soviet Union Problems of Communism n 31 Nov Dec 1982. Non mancano
forme di ribellione giovanile. Nel 1978 in occasione della cancellazione del concerto dei Rolling Stones e di Joan Baez
le truppe dell’MVD furono mobilitate per sedare una rivolta di mille giovani delusi che inneggiavano alla “libertà”
mentre venivano arrestati.
325
VAZ Voljskij Automobilnyj Zavod (acronimo di Fabbrica Automobilistica del Volga), costruita nel 1967, dove
viene prodotta la famosa Zhiguli. BETSY GIDWITZ, Labor Unrest in the Soviet Union Problems of Communism, vol. 31,
Nov.-Dec. 1982.
326
ANDY BLUNDEN The Crisis of the Soviet Working Class in “Stalinism: It's Origin and Future”1993 disponibile sul
web.
327
BETSY GIDWITZ, cit.op.
79
camion, durante la guerra gli impianti vennero convertiti per produrre mezzi militari. Negli anni 80
dalle fabbriche di Gorky uscivano le Volga e le Chaika, automobili di lusso utilizzate dai burocrati
del partito e del governo.
Sempre nel 1979 in piazza Voda, nel centro di Tallin in Estonia, quasi 5 mila studenti parteciparono
ad una manifestazione di protesta innalzando cartelli con le scritte “ Dove sono il pane ed il burro?”
“Dov’è la carne?” “Cacciamo Breznev!”
Gli operai della fabbrica di materiali elettrici Leninets a Leningrado, sull’onda degli scioperi
polacchi, organizzarono una fermata nel 1980, ma scioperi vennero registrati anche nella fabbrica di
trattori a Pechenga nei pressi di Minsk e in quella di Tartu in Estonia che durarono due giorni. Dopo
una nuova fermata alla VAZ di Togliattigrad nella primavera del 1981, nell’agosto vi è stata una
ondata di scioperi alla fabbrica di camion Kama ed alla Pripat di Kiev per la carenza di carne e
burro, di case ma soprattutto contro i tagli del salario effettuati sul lavoro a cottimo, e nelle
numerose fabbriche automobilistiche di Cheliabinsk e di Ordzhonikidze, sempre in Ucraina, che
coinvolsero decine di migliaia operai. Ad Ordzhonikidze, in seguito agli scioperi, scoppiò una
rivolta nella quale i cittadini accusarono di corruzione la dirigenza del partito locale. Il Comitato
Centrale inviò M.S. Solomentsev328 per arringare la folla. In tutta risposta i manifestanti impedirono
al dirigente moscovita di parlare e venne costretto a prendere atto delle prove avanzate da alcuni
attivisti329.
A Sepurkov e a Mosca si sono verificate nello stesso periodo agitazioni contro il razionamento che
hanno messo in allerta le truppe dell’MVD. Nel maggio 1982 durante lo sciopero contro l’aumento
dei ritmi alla fabbrica di autobus a Gorky fu distribuito un volantino nel quale veniva minacciato
che “se le nuove norme sul lavoro dovessero essere introdotte faremo come in Polonia”. La fabbrica
automobilistica di Gorky manteneva a sue spese un settore criminale della milizia di circa 40
persone che durante i controlli quotidiani confiscava l’equivalente di 20 mila rubli in attrezzi e in
parti della produzione. La disperazione tra gli operai era tale da spingerli a tagliare con la fiamma
ossidrica le carrozzerie della Volga riducendole in piccole parti che gettavano al di là delle mura per
poi risaldarle e rivenderle330. All’impianto metallurgico Kirov di Leningrado gli operai scioperarono
contro l’amministrazione della fabbrica. Nel Gennaio 1982 a Krasnoyarsk il KGB intervenne per
arrestare gli attivisti durante lo sciopero di 200 operai che chiedevano maggiore rappresentanza e
migliori condizioni di lavoro, mentre a primavera scoppiò uno sciopero nei trasporti perché
venissero distribuite le razioni alimentari che in seguito vennero garantite dal governo centrale. Tra
il 1970 ed il 1980 si verificarono 281 “incidenti” dei quali 111 dimostrazioni di piazza, 103
scioperi, 39 forme di opposizione di natura politica e 24 rivolte di massa.
Ormai tutti questi scioperi erano progettati e mostravano una crescente volontà degli operai di darsi
forme di organizzazione indipendenti dai sindacati ufficiali331.
Una Mirabile Disgrazia
La tradizione di tutte le generazioni scomparse pesa come un incubo sul cervello
dei viventi e proprio quando sembra ch’essi lavorino a trasformare se stessi e le
cose, a creare ciò che non è mai esistito, proprio in tali epoche di crisi
rivoluzionaria essi evocano con angoscia gli spiriti del passato per prenderli al
loro servizio; ne prendono a prestito i nomi, le parole d’ordine per la battaglia, i
costumi, per rappresentare sotto questo vecchio e venerabile travestimento e con
queste frasi prese a prestito la nuova scena della storia. Karl Marx
328
M.S. Solomentsev era Presidente del Consiglio dei Ministri.
KONSTANTIN M. SIMIS USSR the Corrupt Society.
330
SCHWENDTKE ARNOLD Arbeiter-opposition in der Sowjetunion Rowohlt-Taschenbuch-Verlag, 1980.
331
Per le lotte operaie negli anni 80-90 sino al crollo del sistema sovietico vedi ANDY BLUNDEN The Class Struggle in
Russia in “Stalinism: It's Origin and Future” 1993 disponibile sul web.
329
80
Jacques Camatte nel 1972 affermava che “La rivoluzione russa e la sua involuzione è stato uno
degli eventi più importanti del nostro secolo; grazie ad essa un’orda di pensatori, scrittori e
politicanti non sono rimasti disoccupati”.332 La produzione delle più disparate teorie sulla natura
dell’ex Unione Sovietica, in un mercato soprassaturo di ideologie, piuttosto che contribuire a
chiarire il reale funzionamento del sistema sovietico era finalizzata alla creazione di particolari
formazioni politiche (o di gang come le giudicava Camatte), in contrasto tra loro, alle quali si
aderiva o meno a seconda della “posizione teorica” relativa alla natura dell’URSS.
La caduta dell’Unione Sovietica ed il definitivo superamento di questa esperienza, divenuto ormai
un luogo comune, ha letteralmente spazzato via la sovietologia e gli intellettuali orfani di un sistema
economico e sociale che li vedeva come potenziali protagonisti. A questo punto occorre finalmente
superare anche quelle misconoscenze che hanno caratterizzato, a mio avviso, quasi tutte le
pubblicazioni uscite sull’argomento nel nostro paese. Innanzitutto va messo definitivamente in
discussione il concetto, molto caro ai nostalgici ma anche a certi intellettuali, secondo il quale la
Rivoluzione d’Ottobre ha visto come protagonisti i “proletari” mentre essa è stata prodotta in realtà
dalla disperazione in cui versavano i lavoratori e la popolazione oppressa dallo schiavismo zarista e
soprattutto dalle condizioni in cui versava la Russia durante il Primo Conflitto Mondiale. Basta
consultare un semplice manuale di storia per capire che in ogni rivolgimento sociale sono sempre
state protagoniste le grandi masse che in seguito hanno dovuto sostenere sulle loro spalle il nuovo
sistema sociale ed economico che veniva a prodursi. Come sottolinea Friedrich Engels nella sua
Introduzione del 1985 alle Lotte di classe in Francia:
Tutte le passate rivoluzioni hanno condotto alla sostituzione del dominio di una classe con quello di
un'altra; ma sinora tutte le classi dominanti erano soltanto piccole minoranze rispetto alla massa
del popolo dominata. Così una minoranza dominante veniva rovesciata, un'altra minoranza
prendeva il suo posto al timone dello Stato e rimodellava le istituzioni politiche secondo i propri
interessi. E ogni volta si trattava di quel gruppo di minoranza che le condizioni dello sviluppo
economico rendevano atto e chiamavano al potere, e appunto per questo e soltanto per questo
avveniva che la maggioranza dominata partecipava al rivolgimento schierandosi a favore di quella
minoranza, oppure si adattava tranquillamente al rivolgimento stesso. Ma se prescindiamo dal
contenuto concreto di ogni caso, la forma comune di tutte quelle rivoluzioni consisteva nel fatto che
esse erano tutte rivoluzioni di minoranze. Anche quando la maggioranza prendeva in esse una
parte attiva, lo faceva soltanto, coscientemente o no, al servizio di una minoranza; questo fatto
però, o anche solo il fatto dell'atteggiamento passivo e della mancanza di resistenza della
maggioranza, dava alla minoranza l'apparenza di essere rappresentante di tutto il popolo.
Inoltre risulta evidente che la “patria del socialismo”, ed il processo rivoluzionario spettacolare che
l’ha prodotta, ha affascinato solo una parte dei lavoratori dei paesi sviluppati, infatti il mito dell’
URSS era vivo tra quei militanti che aderivano ai partiti comunisti dell’occidente che si esaltavano
alla visione dei film di Eisenstein intrisi di spettacolarismo leninista333.
I rivoluzionari di ogni tempo (o presunti tali) hanno poi puntualmente preso dei grossi abbagli sulle
dinamiche dell’accumulazione perché, fedeli ai dettami di una religione pressoché identica a quella
cattolica, oltre ad aspettare il solito messia, si sono adoperati nel propagandare i dogmi contenuti
nel marxismo (in tutto il suo impianto) senza minimamente affaticarsi ad indagare meticolosamente
i fenomeni che li circondavano e in particolare quanto accadeva nel Paese della Grande Menzogna.
La propaganda costituiva l’essenza stessa dei rivoluzionari (fino alla perversione leninista dei
rivoluzionari di professione che puzza tanto di evangelizzazione) che usavano i lavori di Marx come
332
JACQUES CAMATTE Comunità e comunismo in Russia Milano, Jaca Book,1975.
E’ arcinoto che l’assalto al Palazzo d’Inverno rappresentato nel film propagandistico Ottobre non è stato così
spettacolare nella realtà. I rivoltosi entrarono da una porta laterale senza il clamore espresso nella pellicola del 1928
333
81
se fossero l’insieme del Vecchio e del Nuovo Testamento, con le conseguenti varianti di
interpretazione334.
Comunque il sistema ad economia “statale” ha avuto un certo consenso solo in aree in cui il
capitalismo doveva ancora svilupparsi pienamente e nei paesi del terzo mondo, infatti la stragrande
maggioranza dei lavoratori nelle nazioni a capitalismo avanzato, come gli Stati Uniti, il Giappone, i
paesi Scandinavi, la Germania e in parte la Francia, dove era in atto la loro integrazione335,
consideravano l’Unione Sovietica più che altro come un paese allucinante in cui non venivano
garantiti quei diritti che al contrario erano in atto nei paesi capitalisti, tanto è vero che in queste
nazioni non si sono mai sviluppati dei partiti comunisti che avessero una qualche rilevanza. Al
contrario, nei paesi dell’area mediterranea, in quelli latino americani, nel continente asiatico e in
alcuni paesi africani il modello socialista veniva visto, specie dagli intellettuali, come una possibile
evoluzione verso una economia superiore e più garantista; naturalmente gestita da loro. In effetti
tutte le tendenze ideologiche presenti nella sinistra, anche quelle più critiche, consideravano il
Sistema Sovietico superiore a quello capitalista e in grado di influenzare in qualche modo
l’evoluzione della società e dell’economia mondiale. Tesi che saranno miseramente demolite con il
definitivo crollo dell’URSS nel 1991.
L’economia sovietica era chiusa in un circolo vizioso: l’accumulazione del settore industriale
richiedeva una accumulazione nel settore agricolo grazie ad una eventuale rivoluzione tecnologica
garantita da una precedente accumulazione nell’industria, la sola ad assicurare la produzione dei
mezzi di produzione per l’agricoltura336. In queste condizioni, nonostante il “gigantismo” delle
kombinat, il sistema si fondava su un meccanismo che comportava la produzione per la produzione
con l’unico fine per ogni impresa di realizzare gli obiettivi del piano relativamente al suo prodotto.
Così, come rilevato da Ticktin337, “la ricchezza non si manifestava come una immensa
accumulazione di merci, come accade nel capitalismo, ma piuttosto come una immensa
accumulazione di prodotti difettosi” in una permanente condizione di “spreco”.
Con tali requisiti un’economia di questo genere era automaticamente destinata al fallimento sin
dalla sua nascita nonostante il periodo glorioso dei soviet che faceva presagire la possibilità per i
lavoratori di potersi organizzare direttamente in una nuova società338.
Inoltre il modello di sviluppo dell’organizzazione economica e sociale in Unione Sovietica aveva
favorito una sorta di atomizzazione della forza lavoro e della struttura familiare che spingeva gli
individui a preoccuparsi principalmente di sopravvivere e di procurarsi i beni di primaria necessità
per cui risultava difficile operare quel controllo capillare sulla società tanto esaltato dagli opinionisti
occidentali per contrastare il sistema “comunista”. L’economia sovietica come abbiamo visto era
caratterizzata da una stagnazione quasi permanente e le fasi di sviluppo nei primi anni ‘30 e nel
dopoguerra non hanno comportato un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro
contrariamente a quanto avvenuto nei paesi Occidentali. Gli operai sovietici nelle loro
rivendicazioni chiedevano una adeguata distribuzione delle razioni alimentari, un orario di lavoro e
dei ritmi sopportabili e spesso pretendevano adeguamenti salariali e servizi sociali dignitosi. Ormai
il loro ruolo totalmente subalterno li poneva nelle condizioni di schiavitù piuttosto che del salariato
in quanto reagivano solo quando lo stato o l’impresa adottavano tutte quelle misure atte a garantire
uno sfruttamento più intensivo. Ma occorre precisare che un processo di questo genere: “Non si
334
A tale riguardo potrebbe essere utile leggere PAOLO GIUSSANI 150 anni di solitudine (Il Manifesto del Partito
Comunista considerato oggi) 1998 in www.countdownnet.info.
335
L’integrazione della classe operaia giapponese ha avuto un percorso diverso. In Giappone per esempio lo stato
sociale veniva garantito a suo tempo direttamente dalle grandi imprese associate nel Keiretsu.
336
LOREN GOLDNER ll Comunismo è la Comunità Materiale Umana: Amadeo Bordiga Oggi e in Appendice a “L'
Avanguardia della regressione: pensiero dialettico e parodie "postmoderne" nell'epoca del capitale fittizio” Edizioni Pon
Sin Mor 2004. Il testo di Goldner è molto interessante se si concentra l’attenzione sul sistema economico sovietico.
337
HILLEL TICKTIN Origins of the crisis in the USSR : essays on the political economy of a disintegrating system
Armonk, N.Y. : M.E. Sharpe 1992.
338
OSKAR ANWEILER, Storia dei soviet: i consigli di fabbrica in URSS, 1905-1921, Laterza, 1972.
82
tratta di una subordinazione parziale del capitale allo stato, ma di una ulteriore subordinazione dello
stato al capitale" in accordo con quanto affermava A. Bordiga339 .
Se poi consideriamo gli scioperi e le rivolte dei lavoratori sottoposti a regime concentrazionario
notiamo che il denominatore comune era semplicemente quello di vivere la prigionia in condizioni
accettabili o al massimo di avere lo stesso salario dei lavoratori “liberi”. Solo i criminali avevano
ben chiaro l’obiettivo di conquistare la libertà, ad ogni costo, ed erano i più violenti durante le
sommosse, nonostante giudizi piuttosto convenzionali dati da molti studiosi sul sistema dei Gulag, e
molti di loro sono riusciti anche a sfuggire al regime dei Campi. Tra il 1932 ed il 1940 furono 629
mila i casi di prigionieri fuggiti dai Gulag registrati ufficialmente.
L’Unione Sovietica era poi talmente vasta che a fatica le direttive e gli interventi diretti degli
organismi centrali arrivavano per tempo nelle regioni della Russia europea, non appena si
varcavano gli Urali poi si entrava in un nuovo universo con una popolazione disseminata nelle
regioni più recondite che si potevano raggiungere a fatica e dal clima impossibile. Le
comunicazioni erano molto difficili e spesso le autorità, in occasione delle rivolte o degli scioperi
operai, intervenivano quando i disordini erano già cessati e solo per punire gli attivisti.
Un ulteriore mito da sfatare è quello della figura carismatica di Stalin. E’ certo che in Unione
Sovietica esisteva una propaganda martellante sul ruolo del “piccolo padre” nella costruzione del
socialismo, ma è importante sottolineare che il Partito ed il governo centrale non avevano un
controllo massiccio e assoluto della società. Guy Debord ne La Società dello Spettacolo sostiene
che la società sovietica era fondata sulla menzogna alla quale nessuno credeva e che veniva
rafforzata dalla polizia. “Così, nel momento stesso in cui la burocrazia vuole mostrare la propria
superiorità sul terreno del capitalismo, essa si riconosce come parente povera del capitalismo”340 Lo
stalinismo piuttosto che una ideologia rappresentava l’estrema vittoria dell’ideologia341.
Infine la dinamica sociale ed economica dell’Unione Sovietica ha prodotto, specie negli anni 60-70,
un’ influenza sul metodo di indagine tra gli intellettuali di partito e dell’ultrasinistra, legati più o
meno al marxismo, che li portò a sviluppare analisi secondo il modello regolazionista342. In
sostanza, se lo stato sovietico poteva, secondo la vulgata, dirigere e controllare l’economia e la
società d’oltrecortina, allora lo stesso meccanismo poteva avvenire anche nei paesi occidentali, di
conseguenza si diffusero tesi che imputavano alle scelte di politica economica l’eventuale sviluppo
o le crisi del sistema capitalistico, tesi che pervadono tuttora la pubblicistica analitica di ogni
genere.
Per concludere occorre ammettere con estrema lucidità che il cosiddetto “proletariato” del secolo
scorso non è mai stato protagonista di una “rivoluzione” e i numerosi tentativi rivoluzionari descritti
dallo storicismo della sinistra più radicale sono state in realtà delle sonore sconfitte come i
movimenti di massa del 1918-19 in Germania o il tentativo assurdo del 1923 ad Amburgo 343. Non
si può attribuire, come fanno ancora alcuni studiosi, la sconfitta dell’Ottobre semplicemente alla
mancata rivoluzione tedesca; è un errore che hanno fatto i leninisti e coloro che vedono un processo
di trasformazione come un fenomeno di “imitazione” e non una necessità determinata dallo stato
delle cose. Quando i rivoluzionari esaltavano le vittorie ed i fallimenti della Guerra Civile Spagnola
339
Prometeo, n.1, serie II, p. 22.
GUY DEBORD La Società dello Spettacolo (tesi 110) Massari Editore, 2002.
341
Per una visione semplice ma originale rispetto ai luoghi comuni della sinistra consiglierei l’Appendice “La
Rivoluzione d’Ottobre” all’opuscolo RICHARD JONES Le parole sono più forti dei fenomeni?Nel mondo dove vive la
sinistra, sicuramente sì Disponibile nel sito www.countdownnet.info.
342
La “teoria della regolazione” è stata introdotta dalla Scuola francese di M. Aglietta e Charles Boyer ma era già viva
nelle analisi degli intellettuali legati ai Partiti Comunisti e dei gruppi radicali. Per una critica alle teorie regolazioniste
Cfr. JOHN WEEKS “Le contraddizioni della competizione capitalistica: una alternativa all’ipotesi regolazionista e
dell’egemonia” in Un Omaggio a Paul Mattick . e PAUL MATTICK JR. Critica alla Regolazione, «Plusvalore», n. 11,
febbraio 1993.
343
VICTOR SERGE Germania 1923 La Mancata Rivoluzione GRAPHOS Genova 2003, PIERRE BRUÈ Rivoluzione in
Germania Giulio Einaudi, Torino, 1977.
340
83
del 1936-39 344 non facevano altro che alimentare le illusioni di piccole minoranze di fronte allo
spettacolo dei massacri subiti dai lavoratori spagnoli coinvolti in uno scontro che ha generato
quarant’anni di regime franchista. La rivoluzione cinese meriterebbe considerazioni più
approfondite ma resta il fatto che anch’essa è stata caratterizzata da una forma economica e sociale
decisamente lontana da quella prospettiva comunista, che prevedeva l’abolizione del salariato, e
condizionata da una accumulazione primitiva che ne ha segnato pesantemente il corso345
Di fronte ai fallimenti del secolo scorso ed in particolare alla mirabile disgrazia che ha prodotto il
sistema sovietico, l’unico fenomeno rilevabile chiaramente è stata l’integrazione dei lavoratori in un
sistema capitalistico che ha manifestato il suo dominio formale su tutto il pianeta 346. La progressiva
integrazione dei lavoratori all’interno delle istituzioni del capitalismo è stata sempre condizionata
dalla dinamica dell’accumulazione e le rappresentanze formali degli operai (partiti e sindacati) sono
sempre state lo strumento di questo processo, strumento che la forma politica del capitale si dà
quando la crescita economica e la ripartizione della ricchezza sociale sono possibili. E’ il capitale
stesso che produce al suo interno l’integrazione della forza lavoro, non è la crescita della forza
lavoro (sia in termini numerici sia come peso “politico”) che porta alla sua integrazione nel capitale.
Ma con il manifestarsi del declino economico a partire dai primi anni 70 i lavoratori hanno subito
un continuo processo di de-integrazione con le amare conseguenze che viviamo nei nostri tempi.
L’ideologia secondo la quale la classe operaia o il proletariato si possa trasformare da classe
subalterna ad antagonista è cosa tutta da dimostrare. Il marxismo in questo ha giocato un ruolo
particolare ed era semplicemente il vestito da mettere capitato per caso in quel momento e presso
alcuni paesi (in altri il marxismo ha fatto molta fatica, specie in seguito, ad apparire). Non c’è mai
stata alcuna “egemonia” nella società di chicchessia, tanto meno del proletariato, l’unica egemonia,
per usare un termine veramente modesto, è quella del capitale come processo di riproduzione della
società umana, preceduto da forme economiche dominanti nel passato. Possiamo quindi affermare
con Paul Mattick che “Dalla esperienza russa non si possono ricavare delle indicazioni positive che
abbiano una qualche relazione con la produzione e la distribuzione comunista, al massimo ci può
offrire solo degli esempi del modo in cui il comunismo non ha alcuna possibilità di svilupparsi.”347
Con il crollo del regime sovietico possiamo finalmente sperare nella nascita di un vero movimento
che abolisca lo stato di cose presenti, specie nelle condizioni di aggravamento del crash economico
attuale, e ponga le basi per una nuova forma economica e sociale superiore al capitalismo.
“Nel comunismo il processo di produzione non consiste in una ulteriore espansione del capitale, ma
in un processo lavorativo grazie al quale la società ricava dalla natura i beni di consumo di cui ha
bisogno, non vengono prodotte merci di valore maggiore ma solo beni d’uso. Il parametro che potrà
essere ancora utilizzato come unico criterio economico, indispensabile in quanto sia la produzione
che l’apparato produttivo debbono essere concepiti in conformità con i bisogni sociali, sarà il tempo
di lavoro necessario per la produzione di beni. In una economia comunista regolata la forma di
espressione delle merci non sarà più il «valore» ma il calcolo in termini di beni d’uso e di tempo di
lavoro immediatamente necessario per la loro produzione.”348 Ma non basta eliminare il mercato, il
lavoro salariato, il denaro ecc, perché si realizzi l’emancipazione dei lavoratori, come Marx afferma
nella “Critica del Programma di Gotha”349, occorre che tra questi si sviluppino “rapporti sociali
344
BARROT JEAN, Bilan, la contre-révolution en Espagne, Ed. UGE 10/18, 1979.
CHARLES REEVE La Tigre di Carta, Saggio sullo Sviluppo del Capitalismo in Cina dal 1949 al 1972, Ragusa,
Edizioni La Fiaccola 1974. BRUNO ASTARIAN Luttes de classes en Chine dans l’ère des réformes (1978-2009) Acratie
2009.
346
PAUL MATTICK I limiti delle Riforme in “Il Marxismo Ultimo Rifugio della borghesia?” Sedizioni Milano 2008
ANTONIO PAGLIARONE “Il Romanzo delle nostre origini” in Un Omaggio a Paul Mattick . ANTONIO PAGLIARONE La
Miseria dell'ideologia in GILLES DAUVÉ [JEAN BARROT], Le Roman de nos origines. Alle origini della critica radicale,
A cura di Fabrizio Bernardi, Dino Erba, Antonio Pagliarone, Quaderni di Pagine Marxiste, Milano, 2010.
347
PAUL MATTICK Che cos’è il comunismo in “Il Marxismo Ultimo Rifugio della borghesia?” Sedizioni Milano 2008.
348
PAUL MATTICK op. cit.
349
KARL MARX Critica del Programma di Gotha Editori Riuniti 1976. PARESH CHATTOPADHYAY “Il Contenuto
Economico del Socialismo: Marx Contro Lenin” in Un Omaggio a Paul Mattick di prossima uscita.
345
84
comunisti” attraverso i quali i produttori si riappropriano delle loro attività e possano instaurare una
organizzazione sociale funzionale ad una riproduzione della comunità umana capace di prendere in
gestione l’intera società350. Tali rapporti sociali non si stabiliscono a priori, non possono essere
teorizzati e non si possono accumulare. Essi emergono in occasione di crisi locali o generalizzate
del modo di produzione capitalistico in virtù di un comportamento dei lavoratori sui luoghi di
lavoro che li spinge alla coesione, al rifiuto di ogni rappresentanza formale e soprattutto tradizionale
(come i partiti e i sindacati). I rapporti sociali comunisti scompaiono e ricompaiono periodicamente
poiché la tendenza alla riappropriazione da parte dei produttori della azione sociale è determinata
esclusivamente dallo stato dei rapporti di produzione in un particolare momento allorché il sistema
capitalistico non è in grado di garantire la riproduzione della società. A quel punto i produttori si
organizzeranno in strutture deliberanti ed esecutive pur avendo eliminato la logica della delega e
della gerarchia. Tali organismi saranno molto più decisionali ed efficaci di un effimero partito
costituito da intellettuali separati dalla classe operaia351.
Non possono esistere, come credono alcuni, degli interstizi nella società capitalista in cui sia
possibile superare il modo di produzione esistente, una comunità di liberi produttori non può
realizzarsi a livello locale o parziale in quanto sarebbe costretta a stabilire rapporti economici di
tipo capitalistico con il resto della società.
Di conseguenza possiamo concludere utilizzando le parole di Marx:
Noi non ci presentiamo al mondo come dottrinari con un nuovo principio: ecco la verità, in
ginocchio di fronte ad essa! Noi mostriamo al mondo dei principii che il mondo stesso ha
sviluppato entro di sé. Noi non gli gridiamo: lascia le tue lotte, sono delle sciocchezze, le vere
parole d'ordine sono quelle che ti diciamo noi. Noi mostriamo semplicemente ed esattamente al
mondo il perché della sua lotta, e la sua coscienza sarà un risultato che dovrà acquisire, che lo
voglia o no. (Marx a Ruge, settembre 1843).
Nel frattempo coloro che hanno a cuore il destino dei lavoratori possono occuparsi dei fenomeni
che stanno davanti ai nostri occhi cercando di studiarli con la precisione delle scienze naturali, ma
con la modestia che caratterizza chi ha sempre dei dubbi e mai delle certezze. Il mondo che ci
circonda è assai brutto, ma ricco di contraddizioni che possono solo stimolare chi è animato dalla
curiosità anche perché nonostante i lavoratori siano oggi i veri sostenitori del modo di produzione
capitalistico una rivoluzione potrebbe scoppiare in qualsiasi momento.
APPENDICE
Lo sviluppo economico degli anni ottanta nell’Unione Sovietica
di G.I. Khanin
L’inserimento di questo testo di G. Khanin in appendice intende introdurre una serie di temi
particolari sulla società sovietica che hanno condizionato non poco il carattere stagnante di una
350
GLAT (Groupe de liaison et d'action des travailleurs) Sui rapporti sociali comunisti in “Autonomia e
Organizzazione” Crescita Politica Editrice 1975.
351
PAUL MATTICK Consigli e Partito in “Il Marxismo Ultimo Rifugio della borghesia?” Sedizioni Milano 2008. OTTO
RUHLE “La Rivoluzione non è affare di partito” e JEAN BARROT “Il Rinnegato Kautzky ed il suo discepolo Lenin” in
Un Omaggio a Paul Mattick di prossima uscita.

Tratto da “Problems of Economics a journal of translation from russian” Aprile 1992 . Il testo russo è uscito nel 1991
in “Nauka” Edizioni ed EKO “Ekonomicheskii rost v SSSR v 80 –e gody” Ekonomika i organisatssia promyshlennog
proizvodstva , 1991, n°. 5 pp 25-34. Una pubblicazione dell’Institute of the Economics and Organisation of Industrial
Production, Siberian Division, USSR Academy of Sciences. L’autore è Candidate of Economic Sciences e vive a
Novosibirsk.
85
economia “malata” anche per effetto delle dinamiche sociali. Khanin ci presenta quì una
fotografia del crollo economico dell’ex URSS che può essere utile anche se in alcuni passaggi finali
Khanin pecca non poco di ingenuità (A.P.)
Il drammatico peggioramento delle condizioni economiche della Russia negli anni ottanta è
conseguente a tutto il periodo precedente. I cambiamenti di breve periodo che hanno interessato un
po’ tutta la società e la politica economica sono riusciti solo a modificare l’impatto dei fattori di
lungo periodo, il più importante dei quali è stato un aggravamento delle prerogative morali,
professionali e fisiche della forza lavoro, tanto che agli inizi della perestroika furono lanciati degli
appelli perchè venisse valorizzato il ruolo del “fattore umano”.
L’opinione secondo la quale lo sviluppo della società sovietica venne influenzato in maniera
negativa e per un lungo periodo dalla Prima Guerra Mondiale e dalla Guerra Civile è stata avanzata
per la prima volta nel 1922 da Pitrim Sorokin352 sul giornale Ekonomist, immediatamente chiuso
anche per questo articolo, e poi difesa strenuamente negli anni 20 e 30 anche dall’eminente
genetista russo N.K. Kol’tsov. In se l’idea che vi sia una relazione tra il declino di una civiltà, dello
stato ed il degrado della popolazione non è nuova ed è stata utilizzata per spiegare il decadenza
dell’Impero Romano o di potenze come la Gran Bretagna e la Francia in seguito alle gravi perdite
verificatesi nella Prima Guerra Mondiale. La difficoltà sta nel riuscire a confermare tale opinione
attraverso dati statistici che non sempre sono accessibili ai ricercatori.
Vi furono perdite tra i migliori353
A partire dalla Prima Guerra Mondiale la popolazione ha continuato a subire pesanti perdite
paragonabili a poche altre nella storia. Le stime parlano di 60 -70 milioni di persone (più del 40%
della popolazione russa prima della rivoluzione) e furono colpiti più duramente gli strati più attivi e
creativi come ufficiali in carriera, operai specializzati, contadini ricchi, proprietari terrieri ed
imprenditori, ma più dolorose furono le perdite nell’intellighenzia che, tanto per intenderci, era
meno numerosa rispetto agli altri paesi. In seguito la repressione del 1937, diretta contro una
opposizione immaginaria all’interno del partito, furono annientati più dell’80% degli studenti di
economia più promettenti e vennero gravemente colpiti gli ingegneri e i soggetti più produttivi.
Il dominio degli individui più mediocri (risultato di una selezione negativa) nella leadership della
società e del mondo scientifico ebbe un impatto molto pesante sulla educazione delle nuove
generazioni. Per esempio dei nove scienziati sovietici segnalati per il premio Nobel solo due
(Basov e Prokhorov) avevano svolto i loro studi negli anni 30 e 40, mentre gli altri si erano formati
prima della metà degli anni 20. Tra il 1960 ed il 1980 nessuno scienziato sovietico è stato
segnalato per il premio Nobel.
Il crollo degli ideali e l’impossibilità di autorealizzarsi hanno provocato un aumento spaventoso nel
consumo di alcolici. Livelli di inquinamento altissimi, mal nutrizione e cure mediche di qualità
modesta hanno inoltre determinato un drammatico peggioramento delle condizioni di salute.
In Unione Sovietica dal 53 al il 60 % della popolazione, tra il 53 e il 70 % dei bambini e dei
giovani, risulta debilitato e predisposto alle malattie, cosa che sta ad indicare una degenerazione del
pool genetico (genofond). Quasi il 53% dei bambini nati a Mosca alla fine degli anni 60 erano
debilitati ed alla fine degli anni 70 si arrivò al 70 – 90% (il 20-25% dei quali erano ritardati).
Secondo i miei calcoli, tra il 1928 ed il 1985 si è verificata una crescita estensiva dell’economia
(con l’eccezione degli anni 50), l’aumento del capitale fisso e dell’utilizzo delle materie prime
superava abbondantemente la crescita delle entrate nazionali, mentre l’aumento della forza lavoro
352
Pitirim Alexandrovich Sorokin era un sociologo russo-americano membro del governo provvisorio Kerensky. Dopo
la Rivoluzione d’Ottobre venne condannato a morte dai bolscevichi in seguito commutata nell’esilio. Sorokin emigrò
negli Stati Uniti nel 1923 dove insegnò all’Università del Minnesota e ad Harward. (A.P.)
353
Sono state utilizzate le ricerche effettuate da B.I. Iskakov e coll in Demograficheskoe modelirovanie MINKh im.
G.V. Plekhanova (Moskva) 1982.
86
superava quello della produttività. All’interno di una struttura economicamente e politicamente
arretrata era questo l’unico modo di riproduzione possibile ma allo stesso tempo, verso la metà degli
anni 50, cominciarono a manifestarsi delle difficoltà. Il tasso di crescita della forza lavoro
continuava a diminuire. Tra la mano d’opera disponibile aumentò improvvisamente la quota di
coloro che provenivano dalle regioni meridionali con un livello di scolarizzazione, di
professionalità e di mobilità inferiori alla media nazionale. I “battaglioni delle costruzioni”
(stroibaty)354 potevano compensare solo in parte la riduzione della forza lavoro che era libera solo
virtualmente (in conseguenza della diminuzione delle pene per i criminali ed il rilascio in massa dei
prigionieri politici).
Il declino nella crescita delle risorse lavorative fece aumentare il gap tra l’occupazione disponibile e
la massa della forza lavoro. Di conseguenza vi fu un calo nell’incremento della forza lavoro sul
totale degli investimenti, diminuì improvvisamente l’efficienza nell’utilizzo delle risorse e fu
sempre meno necessaria l’espansione del capitale fisso. Una tendenza questa che veniva influenzata
dalla posizione privilegiata riservata al settore della difesa (i cui tassi di crescita erano
particolarmente elevati in quel periodo) e dalla carenza di beni materiali più moderni, così in
determinati periodi si verificò un declino assoluto della produttività ed un aumento notevole del
rapporto materie prime/prodotto.
Il deterioramento delle condizioni di riproduzione
La caduta degli investimenti nel loro complesso ed il cattivo uso delle risorse, prevalentemente
nelle nuove produzioni, rese difficile la modernizzazione del capitale fisso, inoltre non veniva
ritirato il capitale eccessivamente logorato. In realtà, alla fine degli anni 70, attivare nuovo capitale
equivaleva, e a volte nemmeno, ritirare ulteriore capitale nel settore della produzione di
energia elettrica, di metalli ferrosi e non ferrosi, di combustibili, nell’industria leggera, in quella
alimentare, nella costruzione di beni per l’industria e nelle ferrovie. Il declino nella qualità dei
prodotti, guasti sempre maggiori nella produzione e l’intasamento nel complesso delle riparazioni,
mostravano l’obsolescenza del capitale fisso.
Tutto ciò ha impedito lo sviluppo non solo dei settori tradizionali ma anche di nuove branche della
produzione, rallentando l’introduzione del progresso tecnico e la ristrutturazione dell’intera
economia. Non meno importante nel contribuire all’inefficienza è stato il ruolo giocato dall’uso
devastante delle materie prime, dell’apparato produttivo e della forza lavoro che, nonostante la
riduzione del volume di capitale fisso, ha permesso di raggiungere gli stessi risultati.
Tuttavia divenne necessario introdurre nuovo capitale fisso per il carattere “cannibalistico”
dell’economia.
Le difficoltà accumulate nel sostenere l’economia attraverso le materie prime, furono aggravate dal
fatto che queste costituiscono la base delle esportazioni. Si esaurirono più o meno velocemente i
giacimenti “più attivi” in particolar modo quelli delle materie prime utilizzate nel settore
metallurgico, chimico e nelle cartiere. Negli anni 70 la stabilità fu mantenuta principalmente grazie
ad un notevole aumento dell’estrazione di petrolio e di gas naturale nella Siberia Occidentale, che
possiede giacimenti molto ricchi, e per l’aumento vertiginoso dei prezzi delle materie prime sul
mercato mondiale. Ciò ha reso possibile l’incremento delle importazioni di beni di consumo e di
equipaggiamenti moderni, che permise un miglioramento del livello di vita della popolazione. Il
venir meno di queste risorse ha spinto l’economia sull’orlo del collasso.
354
Gli Stroibaty (battaglioni delle costruzioni) erano una specie di unità “militari” formate nel 1990 da coscritti ed ex
criminali con il compito di sopperire alle carenze di mano d’opera nel sistema delle costruzioni militari ma venivano
sfruttati anche dal Ministero dell’industria. La paga era bassa e le condizioni di lavoro erano pesanti e le condizioni
sanitarie veramente proibitive, tanto che numerosi ufficiali lasciavano il comando ai loro subalterni. Tali condizioni di
sfruttamento violavano i trattati internazionali e molti coscritti morivano di stenti. STEVEN LEE SOLNICK Stealing the
state: control and collapse in Soviet institutions Harvard University Press, 1998 (A.P.).
87
Tuttavia, lo sfruttamento sconsiderato verificatosi in quelle regioni nei primi anni ottanta ha anche
causato serie difficoltà nell’espansione dell’estrazione di petrolio greggio e di gas naturale. Si
verificò un drammatico peggioramento della qualità dei suoli, si ridusse lo strato di humus e quindi
della superficie coltivabile. Tra gli anni 60 e 70 crebbe continuamente l’inquinamento ambientale
per effetto della crescita dell’industria pesante e la sottovalutazione dell’impatto ambientale. I piani
decisi per la ricanalizzazione dei fiumi, per la bonifica dell’Asia Centrale e della Regione del Volga
furono progettati in condizioni di totale ignoranza dei problemi ambientali e di irresponsabilità nei
confronti dei problemi economici.
Dopo la defenestrazione di Chruščёv, la struttura dirigenziale che aveva una certa responsabilità nei
confronti delle massime autorità, cresciuta nella disciplina della produzione e formatasi durante il
periodo staliniano, cominciò nel corso degli anni a disintegrarsi. Aumentava la corruzione tra i
dirigenti che erano sempre meno qualificati; l’assenteismo e l’ubriachezza sul lavoro costituivano la
normalità e per mascherare il pessimo stato delle attività economiche si diffondeva sempre più la
pratica di gonfiare i dati delle rilevazioni e si cercava di nascondere il continuo aumento dei prezzi
al consumo.
Nel 1980, le tendenze sociali, le difficoltà che ci aspettavamo (come il cambiamento dei prezzi delle
materie prime sui mercati mondiali e l’interruzione dell’estrazione del petrolio) e l’impegno in una
analisi economica di lungo periodo non mi hanno consentito di prevedere un declino del 20% delle
entrate nazionali nell’ultimo decennio ed una diminuzione degli standard di vita del 30%.
Naturalmente non fui l’unico a riconoscere i pericoli che ci minacciavano, ma durante il periodo
brezneviano l’adozione di qualsiasi misura sostanziale per migliorare la situazione era fuori
discussione.
Tabella
Andamento degli indicatori fondamentali dell’economia tra il 1981 e il 1990
1981-82
0,96
Indice delle entrate nazionali
Indice della produzione di capitale fisso (basato sul
valore residuo)
Indice del rapporto output/capitale
Indice della forza lavoro utilizzata nella produzione
materiale
Indice della produttività del lavoro
Indice del rapporto tra materie prime/output
Indice di attivazione del capitale fisso
1983-88
1,11
1989-90
0,91
1981-90
0,98
1.12
0,99
1,14
0,93
1,01
0,99
1,03
0,92
0,99
0,85
1,02
0,95
1,05
0,96
1,09
1,04
1,01
0,92
1,07
0,79
0,96
1,17
0,76
1,03
* I calcoli relativi al 1989-90 sono previsionali. Le stime dell’andamento del capitale fisso sono corrette rispetto alle
previsioni sui dati che sono stati pubblicati.
La situazione in dettaglio ed in retrospettiva
La tabella mostra che il declino dei tassi di crescita iniziato alla fine degli anni 50 è proseguito negli
anni 80, ma ciò che lo differenzia rispetto al periodo precedente è il calo delle entrate nazionali.
Considerando la crescita della popolazione (pari a circa il 10%) ciò implica una riduzione delle
entrate pro-capite a livello nazionale del 12%. Il rapporto output/capitale è crollato del 15% e la
produttività del 4%, mentre il rapporto materie prime/output è aumentato del 17%. Era quasi cessato
l’aumento della forza lavoro nella produzione di merci e vi sono stati periodi in cui era finito del
tutto. Inizialmente il volume di capitale fisso tendeva a diminuire ma alla fine del periodo comincia
a ridursi in termini assoluti quantunque il fenomeno abbia un'influenza piuttosto modesta.
Per poter mantenere gli standard di vita precedenti, nonostante la drastica riduzione delle entrate
88
pro-capite (ed una decurtazione sempre più elevata del loro impiego), e per preservare la stabilità
sociale fu necessario sacrificare gli investimenti in capitale fisso che tra il 1989 ed il 1990
diminuirono quasi di un quarto. In questo periodo la produzione e lo sfruttamento delle materie
prime aumentarono molto più lentamente che in passato, infatti prima del 1989 crescevano in
maniera sostenuta ma in seguito subirono improvvisamente un notevole crollo. A mio avviso
sarebbe interessante confrontare le conseguenze dello sviluppo economico nell’Unione Sovietica
degli anni 30 e quelle degli anni 80355, ma anche se fosse possibile mettere a confronto questi
periodi, il peggioramento di tutti gli indicatori relativi all’efficienza, sarebbe completamente diverso
fare un raffronto più generale sulla natura dello sviluppo economico. Negli anni 30 l’utilizzo nella
produzione di una enorme quantità di nuove risorse (lavoro, capitale, materie prime) ha garantito
una crescita dell’economia, profondi cambiamenti strutturali ed un aumento della produttività
dovuto principalmente alle differenze che caratterizzavano i settori tradizionali rispetto a quelli
nuovi. La situazione negli anni 80 cambiò radicalmente: le riserve necessarie per attivare
nuove risorse erano pressoché esaurite.
Nel 1981-82 il declino del tasso di crescita, che durava da vent’anni, si trasformò in una riduzione
assoluta del volume delle entrate nazionali determinata dalla disintegrazione dell’amministrazione
Breznev. La paralisi pressoché totale che ha interessato gli organi del partito e dello stato si
allargò a tutta la società e coloro che occupavano posizioni di vertice pensavano solo ad arricchirsi
mentre la base era costituita da ubriaconi e da ladri; di conseguenza nella società crescevano la
sfiducia e l’apatia.
La diminuzione delle entrate nazionali è conseguenza dell' eccezionale e pesante declino
dell’efficienza nella produzione, infatti in soli due anni il rapporto capitale/output diminuì del 7%,
la produttività del 5% ed il rapporto materie prime/output aumentò del 5%. Una diminuzione dello
stesso tipo del rapporto capitale/output ed un aumento del rapporto materie prime/output si ebbe
solo nei cinque anni successivi alla fine della guerra, ma da allora non si era mai verificato un
declino della produttività. Nel periodo sovietico, solo durante il Primo Piano Quinquennale vi fu
una crisi simile a quella dei primi anni 80, dovuta al crollo dell’efficienza nella produzione, e più
precisamente nel 1931-32 con un declino dell’efficienza ancora più elevato a causa della
collettivizzazione dell’agricoltura e ad una industrializzazione disordinata. In quella fase il volume
delle risorse utilizzate aumentava ad un ritmo decisamente più lento che in precedenza ed il
rallentamento ebbe un impatto particolare sulla produzione di materie prime e sulle dinamiche del
capitale fisso per il declino dell’efficienza nella produzione del settore minerario e negli
investimenti. Nonostante l’insorgere della crisi economica, le entrate reali della popolazione non
subirono diminuzioni apprezzabili (anche se permanevano difficoltà nell’acquisto di alcuni beni di
consumo); l’aumento del prezzo del petrolio sul mercato mondiale consentiva poi di aumentare
l’importazione di beni di consumo.
La crisi imminente venne bloccata quando Andropov356 assunse la presidenza del paese grazie ad un
considerevole aumento del volume e dell’efficienza nella produzione. Il progetto del nuovo
presidente finalizzato a rinnovare il governo dell’economia fu continuato da Gorbachev nei primi
anni della perestroika.
Le misure politiche del 1983-88 (specie nel 1983-86) quali il rafforzamento della disciplina sul
lavoro, pretese sempre maggiori nella realizzazione del piano, la lotta alla corruzione, il rimpiazzo
dei quadri esecutivi e la campagna contro l’alcolismo costituirono un tentativo per normalizzare il
sistema amministrativo. Vi fu un notevole miglioramento dei trasporti ferroviari, della produzione
355
Le conseguenze dello sviluppo economico in URSS negli anni 30 sono stati pubblicati nell’articolo “Ekonomicheskii
rost:al’ternativnaia otsenka” Kommunist 1988 n 17.
356
Jurij Vladimirovič Andropov divenne Segretario Generale dell’URSS nel novembre 1982 subito dopo la morte di
Breznev e in seguito Presidente del Presidium del Soviet Supremo. Morì nel febbraio 1984. Gli successe Kostantin
Cernienko che morì nel marzo del 1985 Andrej Andreevič Gromyko divenne Presidente del Praesidium del Soviet
Supremo nel 1985 ma nel 1988 venne mandato in pensione e sostituito da Michail Sergeevič Gorbačëv che nel marzo
1990 verrà eletto alla Presidenza dal Congresso dei deputati del popolo, per la prima volta nominati in seguito a libere
elezioni. (A.P.).
89
nelle acciaierie, nel settore carbonifero e petrolifero che agli inizi degli anni 80 erano in difficoltà.
L’influenza di tali misure cominciò ad affievolirsi alla fine del decennio e già nel 1987 la crescita
risultò insignificante.
Tra il 1983 ed il 1988 un utilizzo sempre maggiore delle risorse ha garantito un aumento delle
entrate nazionali dell’11% e la produttività del lavoro crebbe del 9% (dopo il crollo del periodo
precedente), aumentarono allo stesso modo anche altri indicatori dell’efficienza. Così tra il 1982-88
il rapporto materie prime/output crebbe dello 0,6-0,7%, ma nello stesso periodo furono create le
premesse per il drammatico peggioramento che ne è seguito. I dirigenti si dimostrarono incapaci di
sviluppare una strategia per una crescita economica di lungo periodo e reagirono alle “normali”
difficoltà in maniera convenzionale.
Una serie di errori chiamati perestroika
La linea espressa dal Ventisettesimo Congresso del PCUS e dal Venticinquesimo Piano, in
cui venivano combinate accelerazione e perestroika sulla base di una modernizzazione delle
tecniche nell’apparato produttivo, si dimostrò subito erronea. Lo sforzo per aumentare a tutti i costi
gli indicatori era in contrasto con l’obiettivo di cambiare le dinamiche dell’economia, la
ristrutturazione del sistema, una produzione di qualità superiore e l’orientamento verso la
soddisfazione dei bisogni della società. La responsabilità di tale strategia va condivisa anche con gli
economisti ufficiali che l’hanno imposta insistentemente nella fase in cui veniva formulata, infatti
sia il sistema politico che gli economisti si sono basati sui dati forniti dal Comitato Statale di
Statistica (Goskomstat) che non consentivano di individuare correttamente la natura e la portata dei
problemi economici del paese.
La campagna contro l’alcolismo fu avviata quando il deficit dello stato continuava ad aumentare
(aggravato dalla prospettiva di un incremento delle voci di spesa e dalle difficoltà nel
commercio estero) e cresceva la produzione illegale di alcolici con l’immediato vanificarsi dei
buoni risultati ottenuti inizialmente, mentre aumentavano gli squilibri nell’economia. L’inflazione
distrusse ciò che era rimasto degli incentivi al lavoro, accelerò il crollo dei consumi e per lungo
tempo il paese continuò ad alimentare il settore militare, mentre forniva aiuti esteri al di sopra delle
sue possibilità. Ma gli organismi economici continuavano a sostenere delle misure che erano nello
spirito di una economia di comando (cambiali statali gospriemka, due o tre cambiamenti di
gestione, la lotta contro i redditi che non provenivano da lavoro).
La riforma economica adeguata in termini generali, proclamata tardivamente nel 1987, conteneva
già nei suoi aspetti essenziali delle mezze misure e non interessava tutti i settori dell’attività
economica. Il tristemente famoso pacchetto di decreti del giugno-luglio 1987, ognuno dei quali
conteneva una “mina” che minacciava gli aspetti positivi in essa contenuti, “arrivò” tra l’altro in un
momento favorevole.
Per la mancanza di esperienza, la democratizzazione, che inizialmente interessava la vita della
società, provocò la disorganizzazione nei rapporti economici. Nel 1987 la decisione di eleggere i
dirigenti delle imprese comportò un declino della loro autorità e l’eliminazione di quelli più
preparati e maggiormente richiesti e si dimostrò una scelta sbagliata. Infatti la disciplina nella
produzione cominciò a calare, inoltre gli scontri interetnici furono dannosi per l’economia. Lo
scontento, giustificato, della popolazione e l’inquinamento dell’ambiente portarono alla chiusura di
molte industrie ed all’interruzione nella costruzione delle centrali nucleari.
Lo sciopero generale dei minatori nell’estate del 1989 fu importantissimo per la perestroika. I
dirigenti iniziarono ad analizzare la crisi ma le iniziative che adottarono furono avventate, mal
concepite e non vennero accompagnate da un cambiamento radicale del sistema, da tagli al bilancio
militare o da una riduzione degli aiuti esteri. Il reddito nominale della popolazione e l’inflazione
aumentarono senza portare ad una crescita nella produzione di beni di consumo.
Le elezioni delle massime autorità e di quelle locali, i piani per eliminare i ministeri, la riduzione di
una parte dell’ordinamento statale e l’esclusione del partito dall’attività economica provocarono la
90
distruzione del sistema amministrativo senza che si realizzassero i rapporti di mercato. Il risultato fu
l’aumento del caos nell’economia, la disorganizzazione nel sistema dei rifornimenti di materiale
tecnico e l’uso del baratto nel commercio. L’influenza dei nuovi riferimenti nelle attività delle
imprese e le condizioni generali della dinamica economica causarono anche un rallentamento nel
progresso tecnico-scientifico nonostante fosse necessario. Le scienze applicate dovettero
preoccuparsi del controllo sui costi quando in precedenza venivano impiegate per la ricerca su
piccola scala che produceva effetti immediati. Gli accademici si orientarono verso la ricerca
applicata ed i lavoratori più qualificati furono spinti verso le cooperative. La riduzione degli
investimenti in capitale destinati alla produzione non permise di utilizzare la maggior parte dei
progetti tecnici già completati.
La mancanza di dati statistici attendibili rese difficile valutare realmente l’efficienza delle nuove
forme di gestione, la cooperazione, l’attività lavorativa del singolo, il leasing e le joint-ventures. Ma
non si poteva certo escludere che “complessivamente il loro bilancio” fosse negativo, dopo tutto,
ciò portò in molti casi alla transizione verso una produzione meno meccanizzata ed a condizioni
peggiori negli approvvigionamenti e nell’ organizzazione del lavoro.
La situazione economica dell’Unione Sovietica nella seconda metà degli anni 80 fu seriamente
compromessa dal pesante crollo dei prezzi delle materie prime e del petrolio sul mercato mondiale,
con la conseguente riduzione delle entrate di moneta forte derivate dalle esportazioni, dall’incidente
alla Centrale Nucleare di Chernobyl e dal terremoto in Armenia
A mo’ di conclusione
Gli effetti provocati da una tendenza economica di lungo periodo, gli errori di politica economica,
le inevitabili difficoltà tipiche di una fase economica e politica di transizione ed il sabotaggio che
avrebbe subito l’economia, portarono nel 1989-90 alla seconda crisi economica dell’Unione
Sovietica che fu molto più grave di quella verificatasi agli inizi del decennio.
Nel 1990 il declino delle entrate nazionali rispetto al 1989 fu del 9%, il rapporto output/capitale
diminuì dell’8%, la produttività dell’8%, il rapporto materie prime/output aumentò del 7% e
l’esaurirsi delle possibilità di espandere i fattori della produzione hanno giocato un ruolo molto
importante nel provocarne l’origine e l’evoluzione. Rispetto alla crisi verificatasi nella fase iniziale
del decennio: diminuirono bruscamente la forza lavoro ed il volume di capitale fisso nei settori
produttivi, vi fu un declino su vasta scala dell’output nel settore delle materie prime e diminuì in
maniera significativa la produzione nelle branche che le producevano. Così nel 1990 (nei primi sei
mesi complessivamente) l’estrazione di carbone crollò del 6%, quella del petrolio del 5% e del
legname del 10%.
Il declino nella produzione di metalli ferrosi e non ferrosi, dei prodotti chimici e delle costruzioni,
l’aumento del rapporto materie prime/output e la riduzione delle importazioni portarono molte
imprese ad utilizzare innovazioni al di sotto dei livelli accettabili, vennero chiusi di conseguenza gli
altiforni, i forni Siemens, le imprese del settore chimico e dei macchinari.
Nelle regioni a produzione agricola (la zona delle Terre non Nere [Nechernozen’e], la regione del
Volga [Povolzh’e], la Siberia e gli Urali) vi sono popolazioni che non riescono a sostenere la
benché minima attività agricola e con il crollo del sistema amministrativo le imprese sono riluttanti
nel fornire aiuti alle campagne.
Il continuo deterioramento della situazione finanziaria del paese ed il declino della moneta derivati
dalle esportazioni hanno portato ad un aumento dell’indebitamento verso l’estero senza peraltro
rinunciare completamente alle importazioni. Agli inizi del 1990 i pagamenti esteri erano fortemente
in ritardo cosa che ha portato ad essere inadempienti.
Per lungo tempo l’aumento del debito estero e le riserve monetarie ed auree hanno permesso di
bilanciare il calo degli utili provenienti dalle esportazioni ma queste fonti si sono ormai esaurite e le
importazioni hanno subito una riduzione nonostante avessero già provocato una interruzione della
produzione.
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Il calo degli standard di vita sta generando una sempre crescente insoddisfazione nella popolazione,
ma le riforme richiedono sacrifici che porteranno inevitabilmente a delle esplosioni fino a sfociare
in uno scontro generalizzato che renderà la situazione economica sempre più complicata.
Nel 1991 l’economia è entrata in uno stato di profonda crisi dalle dimensioni molto più gravi della
Grande Depressione del 1929-32 verificatasi nei paesi capitalisti e che potrebbe diventare
permanente. I gravi malanni della nostra società e la degenerazione della popolazione sono
fenomeni unici che non hanno nulla in comune con le condizioni dei paesi capitalisti. Il crollo
economico dell’URSS può essere evitato solo da misure straordinarie, ma queste non sono state
ancora proposte ed esistono quindi seri dubbi che una catastrofe possa essere evitata
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A. Pagliarone, Le lotte dei lavoratori in URSS, 2012 - Contra