Mensile di informazione e cultura di Camino e frazioni
Anche loro vanno
in vacanza
Aut. Tribunale di Casale Monf. n.258 del 16/01/2009
Anno II - N.3 (9) - Maggio - Giugno 2010
stampato su carta riciclata
Il Picchio
[email protected]
Foto di Roberto Lavagno
Editoriale
A
volte bisogna guardare le cose da lontano per vederle meglio.
Nel mio caso qualche mese fa ho sentito il bisogno di prendere una pausa dal
giornale. Ero arrivata ad un punto in cui
non capivo che direzione avessimo preso, così ho chiesto un momento per capire meglio. Le voci che Il Picchio fosse
un giornale di parte si sprecavano, ma da
esterna ne ho sentite di tutti i colori. Si
diceva che Il Picchio fosse nato per aiutare
l’attuale amministrazione, per contro altri
sostenevano che fosse schierato con la tale
lista di minoranza... poi ho avuto un po’
di tempo per riflettere e mi sono resa conto di quale sia la realtà: ovviamente ogni
persona all’interno di questo gruppo ha
le proprie idee che vengono rispecchiate
da quello che dice e fa, ma è anche vero
che siamo esseri pensanti, non si può essere del tutto neutrali. Anzi, proprio per il
tentativo di essere neutrali, di cercare assolutamente di non immischiarsi in affari
“politici”, spesso i nostri “scrittori” (perchè
nessuno di noi si definisce “giornalista”)
hanno moderato i toni, hanno mediato, o
sono stati moderati da tutto il gruppo. E
a quanto pare Il Picchio resiste anche alle
malelingue perchè arrivano in redazione
sempre più lettere di persone interessate a dire la propria o a collaborare con il
giornale, così spesso dobbiamo decidere
cosa pubblicare e cosa no. Diamo la precedenza ad articoli e lettere che possano
avere un interesse pubblico, chiaramente
non ci mettiamo a pubblicare la lettera di
tizio che litiga col vicino per un metro di
terreno, nemmeno vogliamo pubblicare
ciò che riteniamo pura polemica sterile,
fortunatamente ne abbiamo cestinate ben
poche e ne abbiamo apprezzate moltissime! Grazie per il coraggio di uscire dal guscio, di chiedervi: “cosa posso fare io per
migliorare le cose?” Continuate così!
Mara Begnini
2
Il Picchio - N. 3 (9) - Maggio - Giugno 2010
attualità
Amianto: monitoraggio e bonifica
La situazione del censimento e le modalità di intervento
B
enché sia obbligatorio per ogni proprietario di immobile procedere alla manutenzione periodica sul fabbricato con presenza di amianto, secondo il D.M. 06/09/1994,
a pena di sanzioni (da 3.600 a 18.000 euro), basta guardarci attorno per osservare che permane
la presenza di amianto in pessime condizioni. E
questo motiva il vademecum, destinato ad ogni
cittadino, che vi è stato consegnato. Questo
piccolo opuscolo, pubblicato dall’assessorato
Ambiente del Comune di Casale Monferrato e
distribuito nei 48 comuni dell’ ex Usl 76, spiega
in modo chiaro le varie procedure ed a chi rivolgersi quando si intende bonificare il proprio
tetto di fibrocemento, i feltri, piuttosto che
bonificare il “polverino” che veniva utilizzato
come miscela con il cemento per realizzare le
pavimentazione dei cortili e per isolare i sottotetti e le intercapedini.
Questo fa parte delle numerosi iniziative intraprese dal Comune di Casale, vero e proprio
primo attore suo malgrado di una politica di
risanamento, con l’attuazione dei primi provvedimenti importanti sul suo territorio in materia di amianto ancora prima che ci fossero
leggi nazionali. Alcune tappe: nel 1987 con
un’ordinanza si vietò l’utilizzo dell’impiego di
lastre manufatti in cemento-amianto; solo nel
1992 fu votata dal parlamento la legge 257 che
vietò questo impiego. Al 1989 risale l’adozione,
a Casale, di misure come l’obbligo di osservare
precauzioni nello smontaggio e rimozione coperture e l’obbligo per i proprietari di edifici
pubblici, locali aperti al pubblico e di utilizzazione collettiva, di blocchi di appartamenti, di
singole unità abitative, degli edifici destinati ad
attività produttive, commerciali e terziarie di dichiarare ovvero censire i fabbricati presso l’Asl. Il
comune ancora una volta superava la norma regionale che imponeva l’obbligo del censimento
solo per gli edifici pubblici. Nello stesso modo il
Comune di Casale ha implementato dal 1989
gli incentivi alle bonifiche. Un servizio di ritiro
a domicilio con trasporto e smaltimento fino a
200 mq venne inaugurato nel 1997; dal 2001 lo
stesso servizio fu portato fino a 500mq per i siti
in Casale. Dal 2006 è stato esteso su tutto il territorio dell’Asl 76. E nel 1994 su iniziativa del
Comune di Casale sono stati acquistati i magazzini Eternit e poi lo stabilimento, nel 1995, per
essere bonificati. L’elenco è lungo e potete consultarlo sul sito stesso del Comune di Casale.
Per quanto concerne gli aiuti ai cittadini, sono
già stati aperti tre bandi da parte del comune
stesso per poter consentire l’inserimento in una
graduatoria e accedere a contributi, nel 2005,
nel 2007 e poi nel 2009. Per ottenere questi
fondi bisogna prima procedere al censimento
della propria casa…
Ma la vera novità che ci illustra l’opuscolo riguarda la nuova misura attuata, che consiste nel
poter procedere direttamente in proprio, per
ogni proprietario, alla rimozione per delle piccole quantità, seguendo la debita procedura; si
pensa in particolare a chi ha piccole coperture
come quella di un pollaio o di una rimessa (vedere dettagli nell’opuscolo).
Al momento tanti sono ancora in graduatoria
e aspettano di ricevere i contributi. E quindi
si potrebbero avere dei dubbi sull’efficacia di
questa azione e sulla possibilità di ricevere i fondi. Abbiamo interpellato la dott. Coggiola del
Servizio Ecologia che sul tema ci ha rassicurato
e gentilmente fornito alcuni dati: “Per quanto
riguarda le pratiche avviate dal 2006 al 2010,
compreso lo scorrimento graduatorie appena
approvato, abbiamo un totale di 1054 bonifiche, per circa 420.000 mq (41% delle richieste) e un impegno di 11,4 milioni di euro. La
maggior parte delle bonifiche è stata eseguita,
le ultime avviate ora (224) sono previste entro
dicembre 2011. A Camino ci sono 23 richieste,
corrispondenti a 3.650 mq”.
Il totale delle richieste sui tre bandi finora pubblicati è di 2125, per un totale di mq
1.025.890,40 e 26,5 milioni di euro. Finora
il Ministero ha assegnato fondi per un valore
di 12 milioni di euro mentre ad ottobre 2009
sono già stati richiesti nuovi fondi per continuare le attività (si tratta della 3a integrazione dopo
quelle del 2006 e del 2008.
Dai dati si rileva che nel nostro comune le pratiche aperte rispetto al numero degli abitanti
sono poche: all’amministrazione comunale il
compito non facile di informare di più e attuare
strategie per farci passare nell’elenco dei comuni
più attenti all’ambiente.
Purtroppo per risanare ci vorrà del tempo, diversi decenni o forse più. L’amianto è una sostanza ampiamente diffusa non solo qua da noi
ma su tutto il territorio nazionale, senza parlare di tutti gli altri Paesi interessati dallo stesso
problema. A ciò si aggiungono impedimenti di
entità finanziaria, di natura sanitaria e di sicurezza. Non si riescono a svolgere più di un certo
numero di attività di bonifica in una stessa zona;
preso atto delle numerose domande, si era quindi deciso in un primo tempo di dare priorità agli
Le news in materia di
bonifica amianto
pacchetto di servizi certificati per la rimozione dell’amianto e l’installazione del
fotovoltaico, dall’altra creerà un elenco
degli istituti bancari che diano prodotti
di finanziamento a condizioni favorevoli
per i cittadini che affronteranno le spese
di bonifica e di interventi per il risparmio energetico». Il cittadino, consultando il sito internet del Comune di Casale,
potrà infatti scegliere una delle ditte ivi
indicate; queste, oltre alla bonifica del
tetto, garantiranno anche la realizzazione del manto sostitutivo e l’installazione
dell’impianto fotovoltaico; la compilazione delle pratiche amministrative e delle
autorizzazioni necessarie; una consulenza finanziaria per la copertura dell’investimento ed infine la manutenzione
dell’impianto con garanzia assicurativa.
Oltre a ciò, il Comune ha poi coinvolto
alcuni istituti bancari al fine di ottenere
prodotti di finanziamento (ovvero mutui
e prestiti) a condizioni favorevoli per gli
utenti. «I cittadini – ha continuato l’Assessore Vito De Luca – potranno quindi
bonificare i loro tetti ed avere un impianto
fotovoltaico per la produzione dell’energia elettrica, solamente con una firma:
la ditta espleterà tutte le incombenze
tecnico – amministrative e il finanziamento ottenuto dalle banche potrà essere coperto con i soldi ricevuti dal conto
energia (la vendita dell’energia elettrica
prodotta dal fotovoltaico al gestore)». A
tutelare ulteriormente il cittadino ci sarà
l’A. P. E. V. V. ovvero l’Agenzia Provinciale per l’Energia del Vercellese e della Valsesia che, oltre a fornire supporto
tecnico per la qualificazione delle ditte
alle quali rivolgersi, valuterà la completezza e la congruità dei preventivi che le
stesse sottoporranno ai richiedenti. Per
diffondere in maniera capillare questo
importante progetto, con la speranza di
ottenere in tempi brevi la rimozione definitiva dell’amianto dal nostro territorio,
l’iniziativa sarà presto illustrata in specifici incontri nei 48 comuni che compongono l’ambito territoriale della A. S. L.
21, tra i quali, ovviamente, figura anche
Camino.
Elisa Massa
Dopo aver fatto circolare, nell’aprile scorso, un vademecum informativo in materia di bonifica dell’amianto, ora il Comune di Casale segna un altro importante
punto nella sua battaglia contro la permanenza nel proprio territorio di questa
pericolosa fibra minerale. Si è così realizzato il protocollo “Amianto + fotovoltaico”: un progetto articolato per dare un
aiuto molto concreto a tutti quei cittadini
volonterosi di liberarsi delle coperture in
cemento – amianto ancora presenti nelle
proprie case. Al fine di presentare questa
iniziativa, mercoledì 21 luglio, si è svolta una conferenza stampa in Comune
a Casale, alla quale hanno presenziato
l’Assessore all’Ecologia Vito De Luca ed
il sindaco Giorgio Demezzi. Queste le
parole di De Luca per spiegare il progetto: «Da una parte il Comune creerà un
elenco (disponibile sul sito istituzionale
www.comune.casale-monferato.it) delle ditte che si impegnano a fornire un
3
edifici pubblici su quelli privati, e tra i pubblici
alle scuole, nel privato all’uso residenziale rispetto alle aziende e così via.
Ricordiamo che in applicazione della legge 257
del 27 marzo 1992, il D.P.R. 8/8/94 stabiliva
che le Regioni e le Province autonome predisponessero un censimento puntuale dell’amianto sul territorio di propria competenza e un
conseguente piano di bonifica e gestione dei
rifiuti. Il Ministero dell’Ambiente e Tutela del
Territorio (MATT) con legge 23/3/2001 n.93,
art. 20, ha stabilito che doveva essere realizzata una mappatura completa della presenza di
amianto sul territorio nazionale e degli interventi di bonifica urgente. Il successivo D.M.
n.101 del 18/3/2003, ha fissato il regolamento
per la realizzazione di tale mappatura e dei relativi interventi. Tale decreto prevedeva inoltre
che le Regioni, anche avvalendosi della collaborazione di organismi tecnico-scientifici tra i
quali l’ISPESL dovevano definire la procedura
per la determinazione degli interventi di bonifica ritenuti urgenti.
La realtà è ben diversa poichè esistono alcune
lacune del sistema di monitoraggio: il mancato
censimento sistematico e obbligatorio dei privati che porterebbe ad una mappatura certa dei
luoghi e delle quantità di amianto sul territorio.
Al momento la mancata denuncia non viene
sanzionata poiché evidentemente si è scelto di
optare per una azione volontaria da parte del
cittadino per ora condizione obbligata per ottenere i fondi. Questa campagna d’informazione
dovrebbe incentivare il censimento. Però è chiaro che gli abbandoni abusivi rilevati da noi in
aperta campagna, ci danno dei segnali evidenti
che bisognerà a un certo punto passare ad un
livello superiore.
Il censimento obbligatorio potrebbe essere
eseguito dai singoli comuni che hanno diretta
conoscenza del loro territorio. Con l’ausilio di
persone competenti si otterebbe una mappatura
efficace e una visione più aderente della dimensione del problema quindi una migliore pianificiazione finanziaria, delle bonifiche ecc.
Al vademecum deve seguire un contatto diretto
per far capire la gravità del problema. Ricordiamo ancora che gli interventi sul polverino possono essere affrontati nell’urgenza e totalmente
a titolo gratuito. Il tema “tetto d’amianto” è più
delicato perchè richiede un impegno finanziario
maggiore anche se in parte coperto, ma quanto
meno si può programmare.
Vi invitiamo ad informarvi presso gli sportelli menzionati e procedere al censimento della
propria casa nel caso di presenza di amianto e
soprattutto chiedere un sopralluogo nel caso si
sospetti la presenza di polverino d’amianto.
L’amianto non ha odore, non brucia, non è visivamente pericoloso ma dopo anni d’incubazione uccide e probabilmente questo risulta essere
il maggiore ostacolo. Non ci sono infatti segnali
evidenti che siamo a rischio.
In conclusione siamo doppiamente vittime:
vittime di una scelta edilizia che rischia di farci
morire e vittime perchè dobbiamo anche pagare
per smaltire l’amianto. Questo è il paradosso ma
non abbiamo scelta.
Cathy Bernard e Pier Iviglia
attualità
Il Picchio - N. 3 (9) - Maggio - Giugno 2010
L’antenna e il parroco
Una diatriba aperta e ingarbugliata
D
omenica 11 luglio 2010 alle 16.00 si
è svolta l’annuale processione della
comunità di Castel San Pietro presso
la loro chiesa di San Pietro Apostolo. Un fuori
programma si è verificato nei pressi di tale chiesa dove l’emittente cattolica Radio Comunità
possiede il traliccio con le antenne per le trasmissioni, attualmente in avaria. La chiesa e
relativo traliccio sono interamente circondati
dalla proprietà del sig. Barboro che è anche
priore della chiesa, nominato dalla curia. Il sig.
Barboro in passato recintò l’intera proprietà e di conseguenza anche la chiesa; l’accesso
all’antenna era comunque subordinato ad una
procedura per programmare la visita, in quanto sulla proprietà vi erano diversi cani liberi di
grossa mole. Il cambio delle serrature da parte
del Barboro, negli ultimi tempi ha reso vano
ogni tentativo di riparazione. Ecco che durante
la temporanea apertuta di domenica, tecnici e
Don Guido, presidente della radio, si sono recati presso il vano sotto la chiesa che ospita gli
amplificatori per tentare un ripristino; hanno
trovato il priore che fisicamente e verbalmente
si opponeva al loro passaggio; appurato che la
porta di accesso al vano era stata saldata, per
procedere alla rimozione del blocco si rendeva
quindi necessario l’intervento dei Carabinieri
della locale Stazione di Pontestura, il cui arrivo ha evitato che la situzione degenerasse. I
militari hanno peraltro preso atto di un grosso
scavo alla base del traliccio che andrebbe messo sotto attenzione. Alcuni fedeli mi hanno
evidenziato il loro disagio per la situazione:
nell’unico momento annuale in cui accedono
alla loro chiesa, non è certo edificante vedere
tali situazioni a margine. Di fatto, per parola
dello stesso priore, la chiesa è una “enclave”, ed
è vero visto che la parola deriva dal tardo latino inclavatus che significa “sotto chiave”, cosa
applicata alla lettera voltando le spalle al buon
senso. Si spera tuttavia si arrivi ad una più ragionevole interpretazione del termine.
Il Barboro, interpellato sulla situazione, si è
trincerato dietro un “no comment”, motivando
la posizione con il fatto che la curia di Casale, al
momento, non si è ancora espressa.
Intanto il parroco Don Maj, al quale più volte sono state chieste risposte, volge lo sguardo
alla curia stessa, attendendo numi e ispirazione.
Questi gli ultimi fatti. Precisiamo per la verità
che alla radio era arrivata una lettera datata 27
maggio 2008 che intimava una sorta di sfratto citando che ciò si rendeva necessario dati i
futuri progetti a cui l’area veniva destinata:
portava la firma del parroco di Camino e del
priore. Su tale colle esiste infatti un progetto
che prevede la costruzione di un complesso
con hotel di lusso e centro benessere e potete
prenderne visione all’indirizzo internet “www.
locchiodelmonferrato.com”. L’attuale amministrazione di Camino e la precedente si sono
dimostrati favorevoli a tale progetto. Di certo
possiamo rilevare che il priore ha dalla sua caparbietà e tenacia oltre che un indiscusso attaccamento per questi luoghi. Non la stessa cosa
si può notare per il resto della popolazione, a
parte poche persone.
Inoltre un traliccio addossato alla chiesa, qualora il luogo diventi visitabile non è un bel vedere; giusto valutare un suo trasferimento in
luogo di minor impatto, ma coi tempi necessari e senza interrompere le trasmissioni. Ancora
riflettendo... anche la processione dei fedeli di
domenica seppur vera e sentita dai presenti mi
ha dato una vena di malinconia: mi ricordava
i rituali concessi agli indiani delle riserve americane sotto stretto controllo delle autorità e
terminati i quali tutti a casa, se ne parla l’anno
prossimo. Vorrei ora cercare di distaccarmi da
queste vicende per fare alcune osservazione da
lasciare alla valutazione: si vede che il nostro
territorio agricolo è molto mutato e a trarre
vita da esso sono ormai in pochi irriducibili; la
ruralità legata alla vacca nella stalla è per noi un
vecchio ricordo; ora esiste il turismo verde che
ci potrebbe aiutare, agriturismi, piccoli ristoranti tipici, “letto e colazione”. Ma perchè la ricetta funzioni occorre metterci un’anima e crederci veramente dimostrandolo con la misura
degli interventi che si vanno a fare. Il benessere misurato a quintalate di cemento, ove non
obbligati da necessità strutturali, è già vecchio
come pensiero. Estetica e buon gusto si formano e non sono innati, se non per pochi eletti;
sulle nostre colline il semplice, l’essenziale, il
“non costruito” parlerà meglio del nostro impegno che le “grandi opere”. Ridiamo un valore
e vendiamo al viandante un pò di tranquillità,
una vacca, un asino, una gallina, un uovo… ma
nostro. Non svendiamo il nostro territorio per
poche lire: a Brusaschetto un anonimo notaio
di Varese aiutato da alcuni locali ha quasi comprato tutte le terre che circondano il paese: agli
abitanti rimangono le case e l’amata viabilità.
Tutto legale , ma non logico però, perchè una
volta i terreni passavano di mano, ma per essere
lavorati, per rendere, qui non si coglie lo scopo;
e poi, sarà poca cosa, ma quei terreni non sono
anonimi, hanno dentro l’anima dei nostri avi
che lì hanno sudato e vissuto. E questa energia
dei ricordi non è poca cosa; come l’energia di
un poeta dialettale locale non è solo folklore.
A cascina Maretto di Zizzano un imprenditore
privato compra terreni, li dissoda per 20 anni;
si vedono ruspe che vanno su e giù, finalmente
il cuore si allarga perchè infine si vedono nascere vigne, ma poi la strada frana, tanto, troppo
e rimane solo uno spettacolo desolante di capannoni rovinati; per ora nessuna prospettiva
se non una laconica e raggelante cifra per ripristinare il tutto; permettete che qualche dubbio sulle procedure, sulle autorizzazioni e sui
controlli ci venga? O è meglio che tutto nasca e
finisca al bancone del bar del paese.
Pier Iviglia
4
attualità
Progetto COE.SI al via
Più sicurezza: Camino cerca di entrare
F
orse non tutti sanno che… lunedì 17
maggio è iniziata la fase operativa del
progetto “COE. SI – coesione e sicurezza nel Monferrato casalese”. L’iniziativa,
approvata dalla Regione Piemonte lo scorso dicembre, consiste in un Patto Locale di
Sicurezza stipulato tra il comune di Casale
Monferrato, la cooperativa sociale Azimut
di Alessandria e tre grandi realtà territoriali monferrine: l’Unione dei comuni tra
Sture e Po; l’Unione dei comuni Terre di
Po e colline del Monferrato; l’Unione collinare del Monferrato. Le finalità prefissate
sono di diminuire le possibilità di reato,
promuovendo una maggiore presenza sul
territorio di forze di vigilanza; migliorare
il clima sociale nelle zone potenzialmente
a rischio fornendo punti di riferimento stabili e riconosciuti e far crescere nei giovani
e in quei gruppi ritenuti marginali un senso
di appartenenza alla comunità, attraverso
azioni informative, educative e di supporto.
Così, da maggio, quattro vigili del Comando di Polizia locale di Casale Monferrato
(due al mattino e due al pomeriggio) si recano a rotazione nei comuni delle tre Unioni, suddivisi per zone, per svolgere insieme
agli operatori di Polizia locale, il servizio
istituzionale previsto dal progetto. A beneficiare dell’iniziativa attualmente sono i comuni di Balzola, Coniolo, Morano sul Po,
Pontestura, Villanova, Borgo San Martino,
Bozzole, Frassineto Po, Giarole, Mirabello
Monferrato, Occimiano, Pomaro, Ticineto,
Valmacca, Cellamonte, Olivola, Ozzano,
San Giorgio, Terruggia e Treville. Dal prossimo mese di settembre, inoltre, una serie
di attrezzature tecniche ed informatiche di
ultima generazione faranno da valido supporto all’operato dei vigili. Il costo complessivo del progetto COE. SI ammonta a
€ 237.000,00 dei quali l’84,38% finanziato
dalla Regione Piemonte, il 9,35% dal Comune di Casale Monferrato ed il restante
6,27 % dagli altri partecipanti all’iniziativa. Soddisfatto il sindaco di Casale Giorgio
Demezzi che ha dichiarato: « Un sentito
ringraziamento a quanti hanno reso possibile in un così breve lasso di tempo l’avvio
della fase operativa di questo progetto che
attraverso le sinergie e le razionalizzazioni
che verranno espresse, renderà possibile
un miglior presidio sul territorio, particolarmente nei piccoli comuni. Un progetto
pensato e costruito per il
Territorio che ha come obiettivo la creazione di una nuova struttura sovra-comunale
denominata “Polizia Locale del Monferrato
Casalese”». A ben vedere, un obiettivo che
utile a tutti. Ci siamo quindi chiesti come
mai il Comune di Camino non figurasse
tra quelli partecipi. Le risposte a queste nostre perplessità, sono arrivate, puntuali, dal
sindaco Giorgio Rondano che, gentilmente, ci ha spiegato: « l’adesione all’iniziativa
COE.SI era da farsi entro il giugno 2009
come Unione Collinare, quindi in un periodo nel quale noi, come amministratori
di questo Comune, non eravamo ancora in
Pontestura fa già parte del progetto COE.SI
insieme ad altri 20 comuni monferrini.
carica. Ora, se Camino volesse aggregarsi come singolo Comune incorrerebbe in
una spesa troppo onerosa. Così, l’Unione
Collinare sta cercando la maniera migliore
per permetterci di rientrare in tale iniziativa e proprio in questi giorni il Presidente
Gianni Baroero ha un incontro al Comando dei Vigili Urbani di Casale Monferrato
per vedere in che modo poter partecipare
a COE. SI.. Intanto la nostra Amministrazione, dopo l’installazione delle telecamere
di video – sorveglianza, sta attuando una
continua stimolazione alle Forze dell’Ordine per un attento presidio del nostro
territorio. Come sempre, siamo, comunque, disponibili ad eventuali suggerimenti,
naturalmente accompagnati da un piano
finanziario sostenibile per il Comune di
Camino».
Elisa Massa
Il Picchio
Il Picchio
- N. 3- (9)
N. 2- M
-M
aggio
arzo--G
Aiugno
prile 2010
Il drenaggio delle acque
nei coltivi
Nelle scorse settimane abbiamo visto
come la pioggia possa fare danni sul nostro territorio. Ne avevamo già avuto una
dolorosa prova nel novembre 2008 quando diverse frane hanno interrotto, più o
meno momentaneamente, la viabilità.
Se è vero che una pulizia più frequente
dei fossati da parte del comune potrebbe
aiutare, anche noi possiamo fare qualcosa: chi è proprietario di un terreno dovrebbe prendersi l’impegno di eseguire
un minimo di manutenzione sullo stesso,
come tenere pulito e lavorare il terreno
per ridurre al minimo il suo dilavamento
da parte delle piogge: un terreno bel lavorato e ben tenuto assorbe l’acqua invece
di farla scorrere, inoltre esiste un modo
preciso per lavorare il terreno facendo sì
che la terra non “corra” verso valle.
Sui terreni con pendenza non troppo eccessiva si lavora in orizzontale il campo
(lungo le linee di livello) con l’aratro girato in modo da rivoltare la terra verso la
parte alta del campo, al giro successivo
le ruote del trattore sono posizionate nel
solco della lavorazione precedente dando
maggiore stabilità al mezzo (vedi fig. 1),
in questo modo (a differenza che nel metodo definito “a ritocchino”) si crea una
maggiore porosità del terreno.
Non dimentichiamo poi che sui terreni
argillosi, è facile che lavorazioni ripetute
negli anni alla stessa profondità determinino la formazione della cosiddetta “suola
d’aratura”. È possibile risolvere questo inconveniente provvedendo saltuariamente
ad una ripuntatura del terreno capace di
rompere lo strato di suola, senza il rivoltamento. Il risultato di questa lavorazione (rippatura) permetterà una maggiore
profondità delle radici, un incremento
dell’acqua assorbita dal terreno e lo sfruttamento delle falde profonde.
In ogni caso risulta utile anche, al termine dei lavori di preparazione del terreno,
effettuare dei solchi di drenaggio delle
acque che vengono in questo modo incanalate anziché trascinare via la terra che
finisce nei fossati lungo le strade, intasandoli e facendoli straripare com’è accaduto recentemente in val Dardagna. I
solchi vengono fatti in reticolati diagonali
o verticali lungo il terreno, a distanze prestabilite, che vanno calcolate a seconda
del tipo di terreno e della pendenza.
Esiste anche la possibilità (però più dispendiosa) di installare dei tubi di drenaggio fatti in fibra di cocco ad una profondità
di 2,5 metri in modo da non infastidire le
lavorazioni. I tubi in questione hanno una
durata di 10 anni circa. Sarebbe però già
molto utile effettuare le lavorazioni seguendo i criteri sopraindicati per tamponare i danni e per non perdere parte del
raccolto a causa delle piogge torrenziali
sempre più frequenti.
Mara Begnini e Paolo Bianco
5
attualità
Apre “Billybau” a Rocca
Nuova gestione per lo storico ristorante rocchese
N
uova gestione per il ristorante di
Rocca delle Donne! Noi de “Il Picchio” abbiamo potuto vedere il locale a pochi giorni dall’apertura e promette
molto bene. I due titolari, Marta e Gabriele,
sono giovani ma hanno le idee molto chiare
e mi sono piaciuti subito. Il ristorante, completamente ristrutturato e rinfrescato dà
l’idea di voler unire semplicità e ricercatezza e, incredibile, ci riesce molto bene!
A confermare questa mia prima impressione
le parole di Marta quando abbiamo iniziato
l’intervista:
Al momento non ancora, ma non è detto che
più avanti si possa iniziare con un discorso di
pizza d’asporto e vedere come va
E per quanto riguarda il bar?
Vogliamo che anche il bar sia un punto di
forza, con aperitivi ed intrattenimento musicale: ci piacerebbe riuscire a miscelare cucina,
cultura e musica creando qualcosa di speciale. Sfrutteremo anche il giardino retrostante
perchè è un posto con un grande potenziale,
ci piacerebbe mettere delle chaise longue sotto
Come mai un nome così strano?
Il termine Billybau è nato tempo fa un po’ per
gioco, poi è diventato un termine che definisce
una filosofia di vita: rappresenta un po’ l’essenzialità, l’essere semplici e se stessi e badare
alle cose concrete ma anche quella parte di te
che ti fa essere spontaneo. Billybau è un marchio registrato e cerchiamo di portarlo in vari
settori, per esempio metteremo una libreria
con vari libri e dei vini vicino che si abbinano.
Come avete deciso di intraprendere
quest’avventura?
In realtà ci è sempre piaciuta l’idea di un locale poi abbiamo saputo per caso che il precedente proprietario voleva vendere e ci siamo resi
conto che era un’occasione d’oro, anche perchè
l’investimento, vista la precedente gestione
degli ultimi due anni che non aveva esaltato
il locale, è stato molto contenuto così abbiamo
colto la palla al balzo e ci siamo lanciati!
I locali sono molto moderni, sarà una cucina completamente innovativa? cosa dobbiamo aspettarci?
La nostra idea iniziale era questa ma ci siamo resi conto che in questa zona è moto forte
la tradizione locale per cui abbiamo scelto di
mantenere i piatti della tradizione come panissa e fritto misto ma abbiamo pensato di
inserire anche qualcosa di particolare...
...qualche anteprima?
Ad esempio la carne cotta su pietra ollare, con
la pietra portata direttamente in tavola, con
tre tipi di carne differente e varie salse, oppure
il polletto in grano che viene cotto in un guscio di terracotta da rompere al momento per
gustarlo.
Piatti molto scenografici oltre che sfiziosi!
sono anche molto buoni, siamo riusciti a trovare un cuoco veramente in gamba! è un professore dell’istituto alberghiero di Gattinara.
Qualcuno parlava di pizzeria...
Info e prenotazioni: tel. 0142
469014 - [email protected] www.billybau.com
al porticato dove uno si possa rilassare in pace
con se stesso.
E gli orari di apertura?
Per la stagione estiva faremo sia pranzo che
cena, invece il bar apre da mezzogiorno e resta aperto fino a sera e saremo chiusi il lunedì.
Per la stagione invernale vedremo più avanti
ma probabilmente il ristorante sarà aperto
solo di sera.
Ringrazio i titolari per questa intervista
e per avermi aperto le porte in anteprima,
auguro loro il successo che meritano e credo di rispecchiare il pensiero dei rocchesi
felicitandomi del fatto che abbiamo nuovamente un locale pubblico, che può portare
un po’ di vitalità al paese.
Mara Begnini
Il Picchio - N. 3 (9) - Maggio - Giugno 2010
Il carretto passava e
quell’uomo gridava...
“prosciutti!”
Quand’ero piccina e passavo le mie
estati alla Rocca ricordo che a volte
andavo a fare la spesa in piazza. C’era
semplicemente un furgoncino che aveva generi alimentari ma era una grande
comodità per chi non avendo la macchina non poteva andare nei negozi.
Oggi il furgoncino non passa più ma
sono convinta che sarebbe una buona
idea cercare di ripristinare il servizio.
Se è vero che esistono commercianti
che previa richiesta telefonica portano a
casa la spesa, è anche vero che per un
anziano sarebbe sicuramente più stimolante uscire di casa, fare due passi, incontrare altre persone e poter scegliere
personalmente i prodotti da acquistare,
lasciandosi anche ispirare dalla disponibilità del momento..
Avevo in mente questi pensieri quando
un mercoledì mattina mi sono trovata
casualmente in piazza a Murisengo dove
stazionava un furgoncino del pesce che
ha un grande successo (ha avuto clienti
per tutta la mattinata). Facendo alcune
ricerche ho scoperto che esiste un regolamento comunale per i mercati ambulanti anche Camino e che in base al
decreto legislativo 31 marzo 1998, n.
114 è la Provincia che si occupa della
regolamentazione del commercio su
area pubblica, con possibilità da parte
dei comuni di istituire un proprio regolamento. Sarebbe bello che il comune
di Camino cercasse di creare i presupposti per incentivare il ritorno di questo
genere di attività, magari rivedendo il
regolamento municipale (che fa riferimento alla legge 112 del 28/3/1991, al
D.M. 248 del 4/6/1993, al D.M. 350 del
15/5/1996 e all’ordinanza ministeriale
del 26/6/95, tutte normative, quindi,
precedenti alla legge attualmente in vigore) individuando i luoghi destinabili
ad aree di mercato che potrebbero anche essere utilizzati per eventuali fiere
straordinarie, valutando quale o quali
giorni sarebbe più utile la presenza di
bancarelle, anche in relazione ai passaggi della corriera per Trino.
Si potrebbero contattare degli ambulanti che siano disponibili ad effettuare
il servizio mezz’ora o un’ora per frazione.
Abbiamo già ottenuto parere positivo
da molte persone, ci piacerebbe sapere cosa ne pensano i nostri lettori. Se
volete potete scriverci o telefonare ai
recapiti in ultima pagina, nel frattempo
attendiamo anche il parere del Sindaco
sulla fattibilità e sulla disponibilità ad
intraprendere un simile progetto.
Mara Begnini
6
Il Picchio - N. 3 (9) - Maggio - Giugno 2010
cultura, territorio e natura
Il “secondo battesimo” dei Caminesi
Panoramica sugli stradinòm, i vecchi e pittoreschi soprannomi di Camino
T
di Cesare Lusona
utti, o quasi tutti, noi Caminesi ab- ovvero il mitico Michele Ceresa); Ausarun
biamo ricevuto un secondo battesi- (maniscalco); Cerighët (che sembrava un
mo, cioè siamo conosciuti oltre che chierichetto); Papòt-Tutù-Tambià (suonacol nome e cognome ufficiale, anche con vano nella banda, rispettivamente: il bomsoprannomi più o meno decenti, fantasio- bardino, il clarino e il tamburo); Dal Postin
si, curiosi, insoliti o cattivi. Per buon gusto (postino); Savatin dal Ré (ciabattino “del
e quieto vivere trascuriamo questi ultimi, re”, poichè aveva servito in un’occasione il
ma gli altri ci raccontano un po’ del nostro re); Al Baldi (cantoniere); Al Giuseppe Tapassato. Questi stradinòm evocano persone, bachin (ovvio).
situazioni, circostanze note a noi anziani Soprannomi dovuti ad attributi fisici: Al
e sono la finestra su un mondo ormai tra- Sop ad Vilanova (zoppo che abitava a Villanova); Al Vigin Rus (il rosso, in ogni senso);
montato per i più giovani.
Analizzando la congerie dei soprannomi, Al Giaiòt (il biondino); Durus (dai capelli
potremo dividerli in varie categorie.
Storici, ossia inerenti agli ultimi eventi,
anche nazionali: Garibaldi (forse uno dei
“mille”); Baldissera
(che militò sotto questo generale); Radetzky (di origine bergamasca poi trapiantato
a Camino, combattè
nelle fila austro-ungariche); Bastopoli (cascinale tra Fabiano e
Cornale ora rudere:
qualcuno evidentemente partecipò alla
guerra di Crimea del
1863, ove si svolse
l’assedio di Sebastopoli); Bersagliere (significato ovvio); Macinate (si riferisce agli
Il forno di Cornale in una foto d’epoca
esattori dell’imposta
sul macinato ai tempi
rossi); Bachè (molto alto); Mureta (bruno);
di Quintino Sella).
Soprannomi dovuti alla professione: Bari- Cisi (“Pistolino”); Sese (balbuziente, che
còt (barcaiolo); Purtnà (traghettatore sul diceva sempre “sese”); Al Grandu (l’Alto);
Po che utilizzava il Porti, cioè il traghetto); Saiét (Saetta); Picinin (Piccoletto).
Bugiàt (che scavava buche); Camaré-Cu- Di origine animale: Rat (topo); Fain (faisiné-Giardiné-Pulé (indicavano coloro che na); Gat (gatti, dovuto all’omonimo colavoravano nelle varie mansioni al servizio gnome); Tas (tasso); La Vulp (la volpe);
del marchese Ferdinando Scarampi e della Muschin (moscerino); Vus e Piumi (voce e
figlia: cameriere, cuoco, giardiniere, alleva- penne); Galét-Pichin-Fasan (tre fratelli così
tore di puledri); criade (termine spagnolo ribattezzati dal padre, il Grignò); Basuri
per indicare governanti e serve, che a Cami- (bassotti).
no servivano presso i marchesi); Tulé (lat- Soprannomi di fantasia: Barbera Rissa (un
toniere); Funtané (colui che sorvegliava la tipo di vino barbera molto forte); Domino
rete dell’acquedotto); Magnan (stagnino, (origine incerta); Ciabòt (legato all’origi-
ne valdostana del personaggio); Stampa
(Franco Pinòt, mio zio); Cinbert (LorenzoAlberto); Santamentu (intercalare usato
troppo spesso, gli è rimasto); Sediurà (“se
Dio vorrà”, frase usata spesso dalla Marina
che prese questo soprannome); Muraniña
(di Morano); Muietta (molletta); Bucadusa
(boccadolce); Tumbu (significato sconosciuto); Grignò; Gherva; Gianghetta; Piurèt
(qualche pio tra gli ascendenti); Gramigna
(molto espressivo); Battarola; Gianesu (originari di Genova); i Rok, i Maiolica; i Prot;
i Brusk, i Badö.
I cognomi ufficiali davano origine a parecchie
omonimie, per cui alcuni si attribuivano un
soprannome per distinguersi (vedi Gianghetta). Diffusissimi
i Biginelli Lorenzo,
come pure i Bertiglia
Lorenzo. I cognomi
vecchi di Camino si
sono quasi completamente persi; erano:
Zanera,
Sandrino,
Biletta, Biginello che
è rimasto come Biginelli.
Se vogliamo citare i
soprannomi collettivi, dovremo ricordare
Rabatun dal Castè
(Castello), Brava Gent
Vilanova (Villanova,
in senso ironico), Livara (Luparia) e Gaiota (il quartiere che sta
tra Luparia e Villanova, nella zona del municipio) si disputano Scianca Čuende (dal
latino cloendia, chiusura fatta con canne, e
quindi gli “spacca recinti”). Noi di Cornale
eravamo i Pulôt, cioè i pezzenti, così chiamati da quelli della frazione Castello che,
loro, si sentivano nobili in quanto sciacquapalle dei marchesi.
Spero che nessuno se ne abbia a male se ho
ricordato questa settantina di stradinòm.
Fanno parte del nostro patrimonio e servono a fotografare e far rivivere quell’atmosfera in cui, tutto sommato, si poteva vivere
bene e in buona armonia.
cultura e territorio
7
Democrazia e comunità
Ragionamenti in libertà dalla Grecia antica ad oggi
L
a democrazia ha origini molto antiche,
possiamo addirittura farla risalire al IV
secolo avanti Cristo. Aristotele in quel
periodo suddivideva le forme di governo in tre
tipi fondamentali: la monarchia o governo di
uno solo, l’aristocrazia o governo dei pochi,
ed infine la democrazia o governo del popolo
(da demos popolo e crazia governo). La città
per eccellenza di questa forma di governo fu
Atene, dove il popolo periodicamente si riuniva per eleggere i magistrati e i comandanti
militari e sovraintendere al governo della città.
Dopo l’esperienza greca per molti secoli questa
forma di governo divenne marginale e le forme
di governo più comuni furono la monarchia e
l’aristocrazia, sino a che alla fine dell’ottocento ricominciò a prendere vigore ed ora è la forma di governo per eccellenza e un criterio importante di giudizio sullo stato di salute di una
nazione o di un paese. Sulla democrazia e sono
stati scritti un grandissimo numero di libri e le
sue vicende storiche sono state esaminate e approfondite a fondo, quindi il nostro scopo ora
non è quello di riassumerle o di narrarle, ma
di fare qualche piccola osservazione e cercare
di collocare la democrazia, valore ormai quasi
universalmente acquisito e non in discussione,
nel nostro contesto.
Ora la democrazia non si esercita più da parte
del popolo direttamente partecipando all’assemblea di tutti i cittadini come nell’antica
Atene, ma per mezzo dell’elezione di rappresentanti che poi si riuniscono in un’assemblea
e deliberano su leggi da approvare e nomine
di governanti. Una delle difficoltà di questo
sistema è che spesso i rappresentanti eletti non
perseguono il bene degli elettori, ma tendono
a portare avanti interessi particolari; ma si sa la
carne è debole.
A questo proposito W. Churchill soleva dire
che la democrazia è una pessima forma di governo, però è la migliore che abbiamo a disposizione.
Nelle grandi nazioni lo spirito democratico
viene messo in crisi dall’eccessivo numero di
persone che vivono di politica e il rapporto tra
governanti e cittadini è difficile perchè il singolo cittadino ha difficoltà a fare udire la sua
voce.
Diversa potrebbe essere la situazione nei piccoli comuni (quelli di circa mille abitanti ad
esempio) dove il rapporto con l’istituzione è
personale, ci si conosce e se esiste la volontà di
farlo è possibile la comunicazione diretta tra
rappresentanti e rappresentati. Presumo che
questa possa essere la via da seguire per vivificare la democrazia, rivitalizzandola a partire
dal basso. è importante che tutti i cittadini si
informino sulle attività dei governanti locali
li controllino e non subiscano passivamente
le decisioni prese nelle stanze dei bottoni. Gli
amministartori, anche se legittimati nella loro
elezione dal voto popolare, non devono condiderare l’elezione una delega in bianco per
qualunque progetto che non sia stato prima
in qualche modo portato a conoscenza dei
cittadini e valutato, poiché in queste piccole
comunità è possibile valutare la volontà dei
cittadini su ogni singolo provvedimento importante che può modificare le condizioni di
vita dei medesimi.
Voglio narrare ora qualche piccola pillola di
democrazia all’opera. In un piccolo e ridente
comune del Monferrato qualche anno fa si dovevano sistemare in una frazione due fioriere
un lampione e due panchine. Assemblea dei
cittadini nel locale circolo ricreativo, discorso
fiume del sindaco sulla volontà di consultare i
cittadini e sui valori immortali della democrazia, dibattito acceso sull’orientamento delle
panchine e sull’ubicazione del lampione. Votazione e quorum raggiunto, proclamazione
della soluzione adottata. Lacrime negli occhi
dei presenti, tricolore che garrisce al vento,
gli osservatori dell’ONU si scambiano un’occhiata compiaciuta, due bambini e un diversamente abile innalzano cartelli con la scritta
“Suma mei dla Svesia”; poco per volta tutti i
partecipanti ritornano a casa con la gioia nel
cuore e per una volta pensano di vivere nel migliore dei mondi possibili. Ma la strega cattiva
era gelosa di tanta semplice felicità e cominciò
a pensare di trovare i mezzi per distruggerla
così consultò un mago famoso che le diede
le indicazioni giuste. Allora prese denti di
nutria,pungiglioni di api, vipere cornute, aspirine, zanne di cinghiale e bacche di sambuco e
le mise dentro un grande un grande calderone
a cui aggiunse anche del famoso vin dal bastun.
Fece cuocere tutto a fuoco lento ed all’aria
aperta e così i miasmi della pozione intossicarono a poco a poco tutta la popolazione. Così
nel felice e ridente paesino dopo un po’ sul più
bel colle venne costruito un megastadio da
60.000 posti con tre torri di 100 metri l’una,
una miniera di bauxite con migliaia di extracomunitari che lavoravano, un inceneritore
che serve tutto il nord Italia e il Ticino. Tutto
questo nel rispetto della legge perchè il consiglio comunale locale aveva approvato queste
opere in una seduta di sessanta secondi alle ore
ventitre dell’ultimo giorno dell’anno.
Questa storia (inventata e di fantasia) vuole
far riflettere sul fatto che la democrazia è un
fiore fragile che va curato con amore tutti i
giorni ed esercitato in modo non formale, con
un ossequio di maniera, ma praticato costantemente anche nelle piccole cose e soprattutto
nelle piccole realtà locali, le piccole patrie, non
delegando mai ad altri di decidere per noi ma
insistendo per essere informati, per partecipare anche se in modo minimo ai processi decisionali.
Khu-Nj-Shiun
Il Picchio - N. 3 (9) - Maggio - Giugno 2010
Nasce a Casale il Dipartimento per il Piemonte
delle Guardie Ambientali
d’Italia
Diventerà operativo nel giro di pochi
mesi il gruppo casalese delle Guardie
Ambientali d’Italia, associazione onlus
che gode del riconoscimento del Ministero dell’Ambiente.
”Siamo cittadini che abbiamo deciso di
mettere a disposizione della collettività
parte del nostro tempo libero, in modo
del tutto gratuito, al fine di tutelare l’ambiente, per la Vigilanza e il Monitoraggio
del territorio” ci dice il presidente Federico Cappello, che è anche il coordinatore
per l’Italia nordoccidentale.
“Il Progetto di ‘Vigilanza e Monitoraggio
Ambientale’ consiste in una campagna
educativa e di sensibilizzazione alla tutela del patrimonio pubblico, avente anche
caratteristiche di deterrente contro atti
di vandalismo” prosegue Cappello.
“Ma il compito principale delle Guardie Ambientali Onlus resta, comunque
sempre, lo svolgimento di una campagna educativa basata sul rivolgersi al
frequentatore o, più semplicemente, al
passante occasionale all’interno di una
determinata area che però non si attiene alle regole stabilite, ricordandogli,
con fermezza ma anche e sempre con
la massima cortesia, che il suo comportamento non è corretto e che se non lo
modificherà potrà incorrere a sanzioni
amministrative”. Dei tutori dunque del
rispetto verso le persone e la natura,
una figura di volontariato che di questi
tempi non può che essere benvenuta e
lodata.
Per info:
www.guardie-ambientali.org
[email protected]
cultura e territorio
8
Il Picchio - N. 3 (9) - Maggio - Giugno 2010
Estate 1929: nasce la nuova Camino
Quando Castel San Pietro e Brusaschetto cessarono di essere comuni
“N
on uso alle promesse ma ai fatti, fascisticamente dichiaro che
l’opera mia di esecutore degli
adempimenti necessari per la completa fusione dei suddetti Comuni sarà serena, giusta,
rettilinea e diretta a questo unico scopo: di
amalgamare gli animi e gli interessi delle cessate comunità in un blocco compatto, armonico, intaccabile e dotato di tanta forza e di tale
vitalità da primeggiare nella superba lizza che i
comuni rurali d’Italia corrono nel campo delle
magnifiche e gloriose realizzazioni fasciste...”.
In una calda giornata di luglio del 1929 i caminesi, i castelsanpietresi e i brusaschettesi lessero su di un grande manifesto listato di tricolore
queste retoriche e un po’ buffe parole a firma di
Antonio Vellano, ormai ex podestà di Camino,
ora commissario prefettizio di fresca nomina.
Il suo compito, preso in carico con baldanza e
un non troppo celato autocompiacimento, era
semplice: coordinare e dirigere nei tempi e nei
modi rapidi e oliati della burocrazia del regime
la transazione amministrativa dai precedenti
tre comuni ad uno soltanto.
Sì, perchè nemmeno tre mesi prima, per la precisione l’8 maggio, sulla Gazzetta Ufficiale del
Regno era stato pubblicato il Regio Decreto
del 28 marzo – firmato San Rossore, Vittorio
Emanuele III – che così recitava:”I Comuni
di Brusaschetto, Camino e Castel San Pietro,
nonché la parte della Frazione Isolengo, attualmente appartenente a Mombello Monf., sono
riuniti in un unico Comune con denominazione ‘CAMINO’ e capoluogo nella località
Castello di Camino”. Cessava così di esistere,
con questa formula che sarà quella ufficiale
di adozione del provvedimento, un’autonomia territoriale ed amministrativa che risaliva
all’alto medioevo, allorquando si erano formate le comunità di Brusaschetto, Castel San Pietro e Cornale/Camino, tutte tra loro indipendenti. Se anche, infatti, si voleva formalmente
che tutti e tre i comuni venissero soppressi per
crearne uno solo nuovo (e l’intenzione poi
non realizzata di trasferire il centro e la sede
comunale in località Castello di Camino ne
è prova), di fatto l’operazione costituì un’annessione a Camino dei due municipi vicini e
di una porzione del territorio di Mombello. É
peraltro da notare che all’epoca il comu-n e
di Castel San Pietro era più ampio e più popoloso di quello di Camino, come risulta dall’annuario generale del Touring Club Italiano
del 1929. Se Brusaschetto contava solo (per
l’epoca) 444 abitanti, Camino ne aveva 1110
e Castel San Pietro ben 1184, frazioni incluse.
Probabilmente tuttavia la migliore posizione,
la presenza della linea telefonica e qualche interesse particolare, oltre alla prolungata assenza del podestà di Castel San Pietro, giocarono
in favore di quest’ultimo.
Il 12 luglio si “adunavano” (come si usava dire
allora) ufficialmente, nella sede comunale di
Camino, “i maggiori e migliori esponenti delle nostre popolazioni” per affrontare – attraverso “un’intima ed efficace collaborazione”
– le “indispensabili provvidenze da adottare
per il miglioramento dell’illuminazione, per
la provvista di ghiaia, per una straordinaria
sistemazione delle strade, per la provvista di
combustibile per le scuole e gli uffici e per
l’eventuale collegamento telefonico dei principali centri abitati con questa sede comunale”
(novant’anni dopo i problemi da affrontare
per i nostri luoghi sono proprio gli stessi!). Si
procedeva insomma, sospinti dalla zelante premura del prefetto di Alessandria, l’Eccellenza
Domenico Milani, a dare corso a quella che
oggi chiameremmo “razionalizzazione delle ri-
Copia originale del manifesto che annuncia l’adunata del 25 luglio 1929 conservato
nell’archivio comunale.
sorse”, vale a dire la soppressione di quei piccoli
enti comunali ormai troppo esigui demograficamente per potersi autosostentare.
E arriviamo così alla data fatidica, almeno
per l’ufficialità celebrativa, ossia quella del 25
luglio 1929. Il Vellano aveva nei giorni precedenti inviato missive per chiamare all’adunanza tutti i maggiorenti del territorio, i podestà
interessati, ormai prossimi a decadere, i segretari politici del fascio dei tre comuni e i rappresentanti dei sindacati degli agricoltori (tra
i quali Giusto Opezzo per Castel San Pietro,
Giovanni Boido per Isolengo, Carlo Pattarino
per Rocca e Remo Coppo per Piazzano). Nè
si era risparmiato nei confronti della stampa,
facendo emettere un comunicato da inviarsi ai
direttori de Il Monferrato e de La Sesia (per la
cronaca De Ambrogio e Galardi) dove si assicurava che la nomina a commissario del Vellano non giungeva “nè inaspettata nè discara alle
popolazioni interessate”.
Quel giorno, intorno al tavolo della sala del comune, sedevano dunque il delegato prefettizio
cavalier Lorenzo Rossi, arrivato direttamente
da Alessandria, il neo commissario prefettizio
e podestà in decadimento di Camino Antonio
Vellano, il podestà in decadimento di Brusaschetto geometra Giuseppe Piccaluga, il podestà di Mombello dottor Giovanni Tornielli,
mentre il podestà in decadimento di Castel San
Pietro, cavalier ragionier Mossotti, residente a
Torino, non si faceva vedere in Monferrato da
un po’ se il suo segretario comunale (che era lo
stesso per i tre comuni), il geometra Edoardo
Leporati, lo sollecitava da mesi a “venire qui al
più presto” per dare disposizioni sul passaggio
amministrativo in corso. A questi si univano i
presidenti di un’istituzione ormai scomparsa e
dimenticata, eppure importante a quei tempi,
vale a dire le Congregazioni di Carità, che si
occupavano delle opere assistenziali verso la
popolazione povera: Romano Opezzi per Camino, Remo Coppo per Castel San Pietro e
Carlo Ricci per Brusaschetto.
La cerimonia, ove si ribadì la volontà concorde
di procedere il cammino tutti uniti, si concluse
sancendo la nascita del nuovo Comune di Camino, su quei confini che ancora oggi rimangono tali e che da allora inglobarono il cantone
Colli di Isolengo e la collina soprastante. Non
possiamo sapere come la popolazione accolse
l’evento in un periodo ove certamente provvedimenti di tale sorta giungevano direttamente
dall’alto senza essere tanto discussi.
Finita la guerra, non appena la vita potè ritornare nel solco della normalità, le popolazioni
dei due comuni soppressi immediatamente
fecero sentire la propria volontà di ricostituirsi
di nuovo in comunità autonome, muovendo
proteste contro l’“atto di arbitrio del governo
fascista”. A Castel San Pietro si raccolsero nel
1946 quasi duecento firme per chiedere il ripristino del comune, un atto “desiderato e
invocato dalla generalità della popolazione”.
Il documento, inviato alla Prefettura di Alessandria, venne per ironia della sorte autenticato dal notaio Giovanni Sbarrato di Pontestura
che aveva partecipato, in qualità di segretario
comunale di Mombello, alla famosa adunata
del 25 luglio del ’29. I Brusaschettesi non furono da meno, e protrassero la propria invocazione sino agli anni ’50 inoltrati, per voce
dei propri rappresentanti Ernesto Palazzolo,
Secondo Bertiglia e Quintino Brusasca. In un
documento informativo del 1953 sull’assetto
del paese si legge tra l’altro, non senza rilevarvi
la povertà dei tempi e una certa ingenuità “promozionale”: “Vi sono: l’Ufficio Postale, una
trattoria e due negozi di commestibili. Circa
9
il 50% delle case di abitazione sono lesionate, e
qualcuna è pericolante per il continuo cedimento del terreno. Il territorio della frazione è soggetto a continue grandinate per cui il reddito
agricolo è annualmente molto ridotto. La situazione della frazione è in genere buona (!) (...) La
frazione ha la propria casa comunale comprendente attualmente due soli vani utili. Lo stabile risulta seriamente danneggiato a causa del
cedimento del terreno. Necessita di importanti
riparazioni. Attualmente i due vani sono adibiti l’uno ad aula scolastica (!), ove sono riunite
cinque classi elementari, e l’altro ad alloggio per
l’insegnante”. Il paese allora contava poco più di
300 abitanti. Nell’archivio comunale di Camino, in ogni caso, è anche presente una petizione
di segno opposto, ove un numero di “elettori di
Brusaschetto dichiarano ad ogni effetto di legge di non volere la ricostituzione del soppresso
Comune di Brusaschetto”.
L’amministrazione comunale caminese del
dopoguerra, nella persona dell’allora sindaco
Pierino Francia, si mostrò favorevole al ritorno di Castel San Pietro e Brusaschetto a realtà
cultura e territorio
Il Picchio - N. 3 (9) - Maggio - Giugno 2010
Un’idea per il “piazzale alieno”
A tredici anni occuparsi del bene pubblico
Q
ualcuno avrà già notato gli esili
ramoscelli che emergono fra le erbacce che contornano l’“orribile”
spianata all’ingresso del paese di Brusaschetto…
Io non ho ben capito, tra l’altro, l’utilità di
questo spiazzo: si deve fermare il pullman?
Si può posteggiare liberamente? Si può giocare? Io non ho le idee ben chiare perché:
1. il pullman non si vede praticamente mai!
2. hanno messo un cartello che dice che non
si può posteggiare;
3. giocare è molto squallido…con tutti quei
sassi!
ste;
3. e poi le pianto in una stagione adeguata
che sarebbe il tardo autunno.
La maggior parte delle piante le trovo in
montagna, infatti nel piazzale ho piantato:
quattro frassini e due aceri ,di cui uno trovato a Brusaschetto.
E così, adesso, nel posteggio ci sono le mie
piante che abbelliscono un po’, ma non bastano solo le mie piante, ci vuole qualcos’altro, quindi chiedo l’aiuto di tutti (ah!!!, so
già dove andare a cercare delle piccole quercette…!!).
Michael ‘97
Lo spiazzo di recente allestimento a Brusaschetto con le piante di Michael.
Un vecchio cippo posto sull’antico confine
tra i comuni di Camino e Brusaschetto. Se
ne possono trovare ancora molti nei nostri
boschi.
autonome; ma le scarse condizioni socioeconomiche in cui versava il territorio e soprattutto la
burocrazia e la volontà dell’alto, come vent’anni prima, avevano deciso diversamente. La mole
di documentazione prodotta a seguito delle
molteplici richieste della Prefettura su bilanci,
previsioni di spesa, dati anagrafici e territoriali
ecc. giace in archivio a testimoniare la tenacia
della popolazione (o almeno di buona parte di
essa) a rivendicare le sue antiche tradizioni di
indipendenza, opposta alla purtroppo frequente abitudine del potere centrale a non ascoltare
la volontà dei propri cittadini.
Carlo Rosso
Ma allora a cosa serve?
Io sono solo un ragazzino di tredici anni e
non so rispondere a tali enigmi perciò ho
provveduto a mio modo ad abbellire quello
che fino a poco tempo fa era un bellissimo
frutteto e che ora è un triste spazio alieno:
ho piantato 6 piccole piante!
Non so se potevo farlo ma, dopo averci pensato, ho deciso di farlo perché:
1. sicuramente non danneggiano nessuno;
2. sicuramente abbelliscono un po’ il “posteggio”
3. sicuramente prima o poi diventeranno
grandi alberi e faranno un po’ di ombra.
Dovete sapere che io sono appassionato di
piante e, quando vado a fare qualche passeggiata e vedo delle giovani piante, non resisto
e allora decido di portarmele a casa, facendo
i seguenti passaggi:
1. le metto ognuna in un proprio vaso;
2. aspetto che diventino abbastanza robu-
Betulla al vento
Nel giardino c’è una dama,
la bellissima betulla,
di un bel colore bianco,
bianco come la neve.
Si muove leggiadra al vento,
come una danzatrice,
insieme alle sue morbide foglie.
Poi, di notte, si addormenta
Ma il suo tronco bianco brilla,
come le stelle in cielo.
Michael ‘97
10
cultura e territorio
Il Picchio - N. 3 (9) - Maggio - Giugno 2010
Boetti, alias “Mansur il Vittorioso”
Le incredibili avventure del frate piazzanese alla conquista del Caucaso
Q
ualche tempo fa ho letto il libro
di Claudio Galletto, In nome della
croce ( Cult editore, ottobre 2009,
Distribuzione RCS), recensito proprio da
Carlo Rosso sul Picchio.
Sono rimasta affascinata dai conturbanti
intrighi politico-amorosi di cui le protagoniste del libro sono state abili tessitrici nonché vittime, essendo io uno spirito romantico nell’accezione più nazional-popolare
del termine; sono rimasta altresì turbata ed
incuriosita dal fatto che tali misteri hanno
avuto come sfondo proprio il nostro Monferrato, anzi…proprio Camino…, essendo io
estremamente suggestionabile…
Oltre che mettere a nudo i miei punti deboli, attraverso un’approssimativa autoanalisi, la lettura mi ha indotta a cercare altri misteri di casa nostra , altri nostri “strani”
comportamenti, altre curiosità.
Ebbene, devo dire che nel giro di pochissimo
tempo, ho conosciuto un altro personaggio
nostrano molto più bizzarro e misterioso di
quelli del libro citato; ora, non so se questo
è accaduto perché il Monferrato ha un’aura
particolarmente adatta ai misteri o se siamo
noi, abitanti di queste colline, ad essere particolarmente esoterici , ma le notizie reperite
meritano, secondo me, di essere condivise.
Sicuramente tanti di voi conoscono le gesta
e la fama del personaggio che vi presenterò
ma ritengo che valga la pena rileggere la sua
storia, per ricordarla o riscoprirla, non certo
per capirla o decodificarla poiché, ancora
oggi, i tanti perché che suscita rimangono
senza risposta.
Mi sto riferendo a Giovanbattista Boetti da
Piazzano.
Rispetto ad altri noti avventurieri del Settecento, quali Casanova o Cagliostro, Boetti
presenta una figura complessa, poliedrica
e, a livello storico, poco conosciuta . Fu un
personaggio incredibile ed indecifrabile:
molti storici lo ricordano in modo diverso,
alcuni positivamente, altri lo descrivono
come un pazzo ed un avventuriero.
Si può citare il giudizio di un medico divulgatore dell’antropologia criminale in Italia,
Cesare Lombroso.
Egli afferma che il monferrino fu un Napoleone mancato, un condottiero al quale
venne meno la fede ed a cui non fu propizia la sorte. Sicuramente il Boetti non fu un
disonesto, mai pensò come altri condottieri di ventura di accumulare una ricchezza
personale. Il suo sistema di vita fu quello
di un uomo probo, non bevve mai vino né
liquori, mangiò solo legumi e disdegnò la
compagnia femminile. Era un idealista ed
un sognatore dotato di un forte carisma che
gli permise, pur non possedendo nozioni di
organizzazione e tattica militare, di guidare
un esercito di 8000 soldati.
La sua esistenza è un romanzo, così come poteva concepirlo la penna di Alexandre Dumas . Il teatro delle sue azioni fu vastissimo
e al contempo sorprendentemente attuale
: dal tranquillo natio Monferrato si spostò
nella Mitteleuropa, in Russia, in Turchia e
nei domini ottomani del vicino Oriente, e
creò un effimero impero nel Caucaso. Terminò i suoi giorni a Solovetsk, sul Mar Bianco .
Boetti nel suo percorso cambiò agevolmente identità e abiti : lasciò la divisa di cadetto
asburgico e indossò il saio dei domenicani,
esercitò la medicina in oriente, nell’ultima
parte della sua vita in “abiti turcheschi” fondò una nuova religione mischiando elementi presi dal cristianesimo e dall’Islam. Il suo
Il ritratto del Mansur
orizzonte aveva i confini dell’Eurasia, amò
la Vienna asburgica e Damasco, si trovò a
suo agio nella capitale ottomana, così come
nelle montagne della Ossezia. Era poliglotta, indisciplinato, scorretto e libertino: un
personaggio picaresco con tratti di genialità
e inaspettatamente attuale. Ma proseguiamo adesso con ordine.
Giovanni Battista Boetti nacque il 2 giugno
1743 a Piazzano Monferrato vicino a Castel
San Pietro, oggi frazione del Comune di Camino. La sua infanzia non si può dire che sia
stata felice perché caratterizzata dalla perdita in giovane età della madre e dalla lontananza dalla sua famiglia. Dall’ età di 7 anni
fino a 15 visse in collegio e crebbe malinconico e sognatore. Al compimento dei 15
anni lasciò il paese natio ed il collegio recandosi a Torino per proseguire gli studi che lo
avrebbero accompagnato ad intraprendere il
percorso per diventare medico come aspirava il padre, a differenza del suo desiderio di
divenire avvocato. Questa pianificazione del
suo futuro lo indusse a scappare dal collegio,
fuga che gli costò l’arresto e l’accettazione
del compromesso: la libertà a patto di finire
gli studi di medicina. Ma il desiderio di avere una vita tutta sua lo indusse a scappare di
nuovo e questa volta definitivamente. Dopo
diverse disavventure in cui conobbe anche
la fame, giunse a Loreto dove lo colse una
profonda crisi spirituale tale da indurlo ad
indossare l’abito religioso dei frati domenicani e a prendere i voti. Andò quindi a
Mossul, una città presso le rovine di Ninive.
Durante il lungo viaggio, il Boetti apprese
molto bene la lingua araba tanto che era in
grado di usarla nelle prediche pubbliche.
Volendo forse imitare il grande riformatore, Gerolamo Savonarola, fu molto severo
nel condannare i costumi degli abitanti del
luogo e ciò deteriorò i rapporti con gli stessi
che chiesero il suo allontanamento. Rimpatriato, venne a Roma dove non fu neanche
ricevuto dalle autorità religiose preposte
alle attività missionarie né fu accolta la sua
richiesta di intraprendere una crociata a favore della Chiesa nei paesi orientali. Questo
rifiuto lo indusse a disubbidire all’invito di
rientrare in convento. Tornato in Oriente si
diede da fare per riunire in una sola famiglia
religiosa i credenti e gli scismastici.
Nel frattempo aveva imparato la lingua turca e, trasferitosi prima a Costantinopoli e
poi a Trebisonda, dove ottenne l’amicizia
del Pascià, riuscì a muoversi con facilità
tra la Georgia, la Persia e la Siria. Nella sua
mente prendeva corpo il progetto di portare
con le armi quei paesi alla fede di Cristo. Per
ottenere un appoggio al suo progetto, tentò
nuovamente di ottenere udienza presso le
autorità religiose romane ma, temendo di
venir imprigionato, rinunciò alla richiesta
di udienza pontificia e fuggì all’estero. A
Vienna lo raggiunse un severo ordine del
suo superiore che gli intimava di rientrare
in convento; demoralizzato dal fallimento
dei suoi tentativi di far capire le sue ragioni,
dopo un soggiorno nel convento di Vienna,
rientrò in Italia e precisamente nel convento
di Trino.
Nella mente dell’indomito frate l’idea di
una crociata religiosa in terra d’Oriente non
era svanita, quindi ricominciò ad errare in
Francia, Spagna, Inghilterra, Germania ed
in Russia dove inutilmente tentò di convincere la regina Caterina. Dal momento
che suo progetto veniva deriso e respinto da
11
tutti, egli tornò a Costantinopoli e, approfittando della ingenuità delle popolazioni
del Kurdistan, si proclamò profeta riformatore e subito attorno a lui si riunì una folla
di fanatici che il singolare frate organizzò
in un esercito. Da profeta a condottiero il
passo è breve, ed alcune vittorie sui piccoli
visir ribelli al potere di Costantinopoli gli
permisero di conquistarsi l’appellativo di
Piazzano: la lapide posta sulla casa natale del
Boetti.
“Mansur il Vittorioso”. Questo è l’inizio
della sua fama che lo portò a formare un
grosso esercito ed a conquistare un potere
sempre maggiore.
Il fatto di essere diventato un uomo potente fece sì che Costantinopoli lo temesse e
cercasse di farselo amico. Intanto il frate era
sempre in attesa del riconoscimento da parte della curia romana dell’idea di intraprendere una crociata religiosa in terra d’oriente
con la conquista della Turchia ma nessuno
accolse il suo appello. Intanto in modo inaspettato il suo segretario( probabilmente
una spia del sultano ) si recò a Costantinopoli portando con sè il diario di Boetti, dove
vi era annotata tutta la storia della sua vita
ma anche il suo progetto segreto. Il governo turco che già lo temeva apprese le vere
intenzioni del frate e gli inviò contro il suo
cultura e territorio
esercito. Boetti, che non era certo uomo
che si lasciava intimorire, attaccò e uscì vittorioso dalla contesa a Smirne. Forte della
vittoria, mosse contro Costantinopoli ed
il Sultano, temendo la sconfitta, gli offrì il
perdono in cambio di una campagna contro
i Russi. Boetti accettò e conquistò l’Armenia, il Caucaso,la Georgia, il Kurdistan e la
Circassia: per sei anni fu il padrone invincibile di quelle terre.
Convinto che questa nuova situazione potesse far cambiare atteggiamento a Roma
nei suoi confronti, ricominciò a sperare con
forza in un segno da Roma ma, deluso per
il silenzio delle autorità religiose Romane,
si scoraggiò, trascurò il suo esercito che divenne indisciplinato, evitando le battaglie
per le razzie, indebolendosi e permettendo
all’esercito russo di batterlo con facilità.
Boetti, preso prigioniero, fu condotto dinnanzi all’imperatrice Caterina che rammentò il colloquio avuto con lui anni addietro,
lo ascoltò, lo compatì e lo lasciò libero. Con
la libertà gli concesse pure una pensione e
Boetti si stabilì nella città di Solewesk sul
Mar Bianco, poco distante dal circolo polare artico, dove Lenin, dopo la Rivoluzione
d’Ottobre avrebbe creato il suo primo gulag. Qui morì ospite coatto di un convento
di Armeni cattolici.
Da tale luogo avrebbe scritto un’ultima lettera alla famiglia nel settembre del 1798. Il
parroco di Piazzano, che vide quella missiva, sostenne che in essa Boetti chiedeva
“perdono ai genitori, ai fratelli, alle sorelle
dei dispiaceri che loro aveva procurato e si
raccomandava caldamente alle loro preghiere, in quanto prossimo alla morte”. Questa è
l’ultima notizia riguardo la sua sorte.
Dopo la sconfitta del condottiero piemontese, i russi dovettero faticare molto per
conquistare il Caucaso. La Circassia cadde nel 1881, e così l’Ossezia. l’Abkhazia,
la Mingrelia, il Daghestan e il NagornoKarabak furono russi nel 1825. Georgia e
Armenia furono definitivamente occupate
nel 1855. A Boetti-Mansur rimase il merito
di avere per primo coniugato la resistenza
nazionalista al fattore religioso. Lo sceicco
rimane ancora oggi l’eroe del Caucaso: nel
1991, quando la Cecenia proclamò la sua
indipendenza, piazza Lenin, nel centro della capitale, divenne «piazza Al Mansur».
Piera Soldà
Il Picchio - N. 3 (9) - Maggio - Giugno 2010
Al centro polifunzionale
è comparsa la cassettina
del nostro giornale
Grazie alle migliorate condizioni ambientali nella nostra zona, meno umidità e
zanzare, presso il centro polifunzionale
potete ammirare il ritorno a nidificare da
noi del Picchio Nero; esemplare di rara
bellezza che ha avuto vita dal mirabile
senso artistico di Roberto Carelli a cui va
il nostro grazie; i vostri suggerimenti o
lamentele su tutto e tutti potrete lasciarli nel suo nido.
Pier
Nuova associazione a
Castel San Pietro
Si è concretizzata nei mesi scorsi una
nuova iniziativa sociale a Castel San Pietro: è infatti nata l’Associazione Tennis,
presieduta da Emanuele Soldà. Prima
attività del sodalizio è stata l’organizzazione del 7° Torneo di Tennis Doppio
Misto, che è in corso di svolgimento sul
campo della frazione e che è aperto a
tutti, classificati e non classificati. Sponsor dell’evento sono il Comune di Camino, la Provincia di Alessandria e la Farmacia del Dott. Restivo di Camino.
12
natura
Il Picchio - N. 3 (9) - Maggio - Giugno 2010
Vespe e calabroni un problema estivo
Conoscere i comportamenti e le abitudini per evitarne le punture
A
pi, vespe e soprattutto calabroni, non
di rado, in estate diventano un vero
problema, sia a causa delle loro dolorose punture sia per la sgradevole abitudine
di costruire i loro “nidi”nelle nostre case. Ma
chi sono veramente, fino a che punto sono
così pericolosi e come dobbiamo comportarci in caso di “attacco”?
Fanno parte dell’ordine degli Imenotteri che
comprende circa 100.000 specie; il nome
deriva dalla conformazione delle due paia
di ali trasparenti e membranose, da qui il
nome dell’ordine (Hymen = membrana).
Le dimensioni sono molto variabili: sono
comprese tra pochi decimi di mm e
40-60 mm.
Gli Imenotteri formano due sottordini: i Sinfisi, nei quali l’addome è
largamente collegato al torace, e gli
Apocriti, in cui l’addome è legato al
torace tramite un esile peduncolo,
detto peziolo: i “vespidi” sono dunque Imenotteri Apocriti.
Il calabrone è uno dei vespidi più
caratteristici delle nostre regioni; è
riconoscibile per le grosse dimensioni e per la tinta rossiccia della parte
anteriore del corpo; gli occhi sono
molto grandi e con una particolare
forma a “c”, il peduncolo addominale è breve, alcune macchie rosse
ornano la testa, mentre il resto del
corpo è nero, giallo e rosso. La femmina
può raggiungere i cinque centimetri di lunghezza, mentre maschio e operaie misurano
2-2,5 cm. Le femmine fecondate trascorrono l’inverno in condizioni di metabolismo
rallentato, nascoste nei tronchi o nel terreno, producendo anche glicerolo, che agisce
da “antigelo”. Quando esce dal lungo letargo
invernale, la femmina fecondata del calabrone va alla ricerca di un luogo adatto alla
costruzione del nido, che può essere sospeso
oppure nascosto in una cavità, con l’apertura
delle celle rivolta verso il basso; a volte può
approfittare di un alveare vuoto. Il materiale
usato per la costruzione è spesso la corteccia
ancora verde e tenera di varie piante (spesso
dei frassini giovani), che l’insetto impasta
con la saliva e, prendendolo tra le zampe, applica levigandolo a lungo con le mandibole;
durante la costruzione, che è molto rapida,
si reca spesso al più vicino specchio d’acqua
per bere abbondantemente.
Quando il nido è pronto la femmina del calabrone depone le uova, uno in ogni cella, introducendovi l’addome. Dopo cinque giorni
ne escono le larve, che rimangono fissate al
fondo della cella con l’estremità posteriore
del corpo. La madre le nutre dapprima con
nettare, poi con alimenti più sostanziosi:
come gli altri vespidi piomba sulla preda,
l’atterra e le spezza ali e zampe; poi mastica
il torace della preda, ricco di proteine per la
presenza dei muscoli del volo, afferra la pallottola con le mandibole e la porta alla prole. Dopo nove giorni la larva si trasforma in
ninfa, e dopo altre due settimane compare
una giovane operaia, sterile. Come gli altri
vespidi, i calabroni sono abbastanza aggressivi, sebbene non attacchino senza essere
stati disturbati. Il loro pungiglione, contrariamente a quello delle api, non è dentellato,
e rimane solo raramente nella ferita, ma la
puntura è molto dolorosa e spesso causa un
notevole gonfiore. Al contrario di quella delle api, la puntura del calabrone non ha come
bersaglio i vertebrati: le api devono difendere il nettare raccolto nell’alveare dagli animali che se ne vogliono cibare e insieme al
pungiglione lasciano nella pelle dell’animale
la ghiandola che continua a rilasciare il veleno (perdendo così la vita); i calabroni invece
usano la puntura sulle predi più difficili, che
sono comunque, di solito, insetti.
Il veleno degli Imenotteri è una soluzione
acquosa contenente proteine, peptidi e ammine vasoattive. Le proprietà tossiche del
veleno sono pertanto dovute a tutti i componenti collettivamente, ma solo alcune proteine che lo costituiscono sono allergeniche.
I calabroni sono i più pericolosi, perché una
sola puntura può causare la morte.
Ma è davvero così?
Certamente! Ma non bisogna avere eccessivo timore, perché l’esito fatale è raro, dal
momento che può essere favorito dalla puntura all’interno della bocca o di una vena.
E questo, per fortuna, non succede spesso…
Se le sostanze iniettate vengono assorbite
rapidamente, come nei casi di cui si parlava
prima, il soggetto colpito può andare incontro ad edema della glottide (formazione anatomica che regola l’afflusso di aria
nei polmoni), impedendo così il passaggio
dell’ossigeno e quindi l’asfissia.
Nel caso di puntura endovenosa, normalmente nelle vene superficiali degli arti e del
collo, il soggetto colpito può andare incontro ad edema polmonare e quindi ancora a
difficoltà di respirazione e di ossigenazione
che, nei casi più gravi, possono portare al
decesso.
Quanto descritto è molto legato alla sensibilità dell’individuo colpito.
I soggetti che soffrono di allergia a sostanze
diverse sono di solito più a rischio.
Si può arrivare, come conseguenza della puntura, fino allo shock anafilattico.
Abbiamo parlato finora della puntura del calabrone, perché, per quanto
riguarda le api e le vespe, una singola
puntura non provoca generalmente
dei quadri clinici molto gravi, mentre punture di più insetti, sommando
le quantità di sostanze introdotte,
possono essere egualmente gravi.
C’è da segnalare che api e vespe di
norma non attaccano, ma rispondono ad azioni di disturbo, spesso attivate inconsapevolmente.
A questo punto un suggerimento
per difendersi da un attacco di uno
sciame di api o di vespe è quello di allontanarsi più in fretta possibile e di
porsi al riparo al chiuso, se possibile,
oppure all’interno di un cespuglio, oppure,
nell’impossibilità di trovare altre vie di scampo, di mettersi a terra, avendo l’accortezza di
ricoprire con gli indumenti tutte le parti del
corpo, mani e testa compresi.
Quale è la conseguenza locale della puntura?
Quasi sempre si riscontra arrossamento e
gonfiore (edema), accompagnati da dolore
acuto trafittivo, seguito da bruciore e prurito. Possono associarsi manifestazioni di tipo
orticarioide, febbre, cefalea, dolori muscolari
e segni di insufficienza respiratoria e cardiocircolatoria.
Quale è la terapia?
Si deve iniziare dalla disinfezione della parte
colpita e dall’impiego di farmaci antidolorifici ed antiinfiammatori applicati localmente
(pomate antistaminiche o cortisoniche, applicazione di freddo, ammoniaca).
Nei casi più gravi, invece, è necessario ricorrere il più velocemente possibile a tecniche
di rianimazione cardiopolmonare da parte
di operatori specializzati. Sarà quindi opportuno rivolgersi al Pronto Soccorso o al 118.
Quanto ho descritto non vuole assolutamente “fare paura”, ma vuole cercare di darvi un
piccolo aiuto in situazioni d’emergenza.
Riccardo Longhi
natura
13
Il Picchio - N. 3 (9) - Maggio - Giugno 2010
Il “miracolo” della fotosintesi delle piante
Il processo chimico che permette la nostra sopravvivenza
N
oi sappiamo che tutti gli organismi
fino ad oggi conosciuti, uomo compreso, sono costituiti da parti correlate fra loro e formate da composti organici,
il cui anello fondamentale è definito da un
elemento molto importante, che sta alla base
della vita stessa: il carbonio, il cui simbolo chimico è la lettera C.
Perché è così importante questo elemento?
Tutta la vita sul nostro pianeta si basa sul carbonio e si capisce in particolar modo dalla
facilità con cui si lega velocemente con altri
elementi. Si formano in questo modo molecole anche molto complesse, sulle quali però
noi sorvoleremo per ragioni di spazio.
Qualunque organismo, per vivere, deve ricavare necessariamente energia e per poterlo
fare, svolge un processo essenziale: la respirazione cellulare. Ora, questo è un processo che,
negli animali, stabilisce complesse reazioni
molecolari che avvengono all’interno delle
cellule, ricavando energia dagli alimenti. In
questo modo, si consuma ossigeno (O2) e si
ha, come prodotto di scarto, biossido di carbonio (CO2). Entrambi sono gas. Vorrei però
soffermare la vostra pazienza su un tipo di respirazione cellulare, che opera con un percorso diverso rispetto a quello che avviene negli
animali: la fotosintesi dei vegetali.
Che cos’è la fotosintesi? Come si svolge? Soprattutto, morde? No, niente paura, cerchiamo di vedere come stanno le cose affrontando
il tutto con serietà scientifica. La fotosintesi è
un processo che consente di convertire (cioè
di trasformare) la CO2 (in cui troviamo,
come potete vedere, il nostro amico carbonio)
in zuccheri semplici. Spieghiamo meglio: le
piante, piccole o grandi che siano, catturano
le radiazioni solari emesse dalla nostra stella,
il Sole, e le utilizzano per attivare una serie di
complesse reazioni chimiche che fisseranno la
CO2 in carboidrati e daranno, come prodotti, zucchero, ossigeno e acqua. Se siete stati
attenti, vi sarete sicuramente accorti che la
fotosintesi, nel suo percorso, procede proprio
al contrario, inversamente alla respirazione
cellulare degli animali, nella quale si ricava O2
e come prodotto di scarto CO2. La fotosintesi
si può rappresentare con una formula chimi-
ca, che è la seguente:
Luce solare + 6CO2 + 12H2O → C6H12O6 +
6O2 + 6H2O
Il gruppo a sinistra della freccia sono reagenti,
quelli a destra sono i prodotti. Aggiungiamo
le radiazioni solari ai reagenti e interpretiamo
la formula in questo modo: la luce del Sole,
reagendo con sei molecole di CO2 (biossido di carbonio), e dodici molecole d’acqua,
dà come prodotti una molecola di zucchero
(glucosio), sei di ossigeno (O2) e ancora sei
di acqua. Perché possa svolgersi il processo di
fotosintesi, però, occorre ancora qualche particolare di estrema importanza, che non possiamo tralasciare: dobbiamo capire, giustamente, dove si svolge principalmente. Infatti,
noi sappiamo che i sistemi vegetali sono dotati di meravigliosi e precisi laboratori chimici
in miniatura, all’interno dei quali avvengono,
da centinaia di milioni di anni e con successo, le più strampalate reazioni biochimiche
che governano proprio la fotosintesi. Questi
laboratori silenziosi sono le foglie. In questi
organi è presente una particolare sostanza in
grado di assorbire la luce, un pigmento verde:
la clorofilla. Questa è una sostanza formata
principalmente da carbonio, idrogeno, ossigeno e azoto, contenuta in particolari organuli detti cloroplasti. Essi sono formati da un
doppio sistema di membrane, nel cui interno
sono presenti dei sacchettini appiattiti, simili
a degli hamburger imbottiti, detti tilacoidi,
immersi in una soluzione gelatinosa chiamata
stroma. Eccoci giunti a un punto importante:
proprio dentro i tilacoidi troviamo la nostra
clorofilla.
Ora che abbiamo capito dove si svolge, vediamo come avviene e quale importanza rivesta
la sintesi clorofilliana. Ciò che lascia stupefatti di questo processo, è osservare come la luce
solare sia convertita in energia biochimica e
potenzialmente sfruttata da tutti i sistemi viventi che consumano ossigeno e glucosio.
Vediamone il funzionamento semplificato.
La fotosintesi si caratterizza in due fasi: una
è detta luminosa e l’altra oscura. Mentre
nella fase luminosa ci saranno reazioni che
si svolgeranno solo in presenza di luce, nella
fase oscura non ci sarà bisogno di luce per
produrre sostanze. Molto interessante è che,
per aumentare l’efficienza della fase luminosa,
occorre un incremento di luminosità, mentre
per aumentare l’efficienza della fase oscura, ci
vuole un modesto incremento di temperatura. Continuiamo e vediamo che cosa accade
nella fase luminosa, dentro i cloroplasti.
Quando le radiazioni solari sono assorbite
dalla clorofilla, in questa sostanza si eccitano
le molecole che la compongono. Ciò provoca la scissione dell’acqua, cioè la molecola si
divide nei due elementi che la caratterizzano:
idrogeno e ossigeno. S’innesca così un flusso
di elettroni che forniranno l’energia necessaria per sintetizzare un composto di estrema
importanza, l’Atp (adenosintrifosfato, pronunciato tutto d’un fiato), una molecola di
alto valore energetico. Per non complicarci
la vita diremo che la reazione dell’Atp con altre sostanze, permetterà di rilasciare ossigeno
(O2) nell’atmosfera.
Le reazioni della fase oscura invece, avvengono nello stroma, dove intanto si è accumulata
energia (Atp e altre sostanze energetiche), così
da ridurre la CO2 in carbonio organico. Sempre nello stroma, avviene un processo chiamato ciclo di Calvin (tranquilli, non vi farò del
male nel capire come si svolge, mi avete già
sopportato fin troppo!), il quale utilizzerà le
nostre molecole energetiche per costruire, alla
fine, una molecola di glucosio cioè zucchero.
La fase luminosa in altre parole, serve per avere il flusso di elettroni che forniscano energia.
La fase oscura invece, con l’energia accumulata, produrrà lo scheletro dello zucchero. In
questo modo, la fotosintesi rifornirà gli organismi di zuccheri semplici per vivere.
Siamo giunti al traguardo! Lo so, è stato un
po’ impegnativo e per questo mi scuso con i
nostri lettori, ma ciò serve nel farvi riflettere
di quanto meraviglioso e nel frattempo complesso sia l’ambiente che vi circonda. Conservarlo il più possibile è dovere di tutti, perché,
vi ricordo, anche noi siamo inseriti nel contesto naturale, anche se i sempre più frequenti
disastri ambientali, legati molto spesso alla
nostra incompetenza e ingordigia, sembrano
farcelo dimenticare.
Alessandro Varvelli
14
Il Picchio - N. 3 (9) - Maggio - Giugno 2010
biblioteca a cura di Francesca Balestreri
Tranta quaranta, tutt al mond a canta
Scovare libri in biblioteca: i canti popolari monferrini dell’800
M
entre catalogavo i libri della biblioteca mi è passata tra le mani una
piccola perla, un libro del 1888
modestamente rilegato in carta e con le pagine debitamente ingiallite, che non ho potuto
fare a meno di sfogliare, leggere e poi ancora
rileggere. Mi ha subito colpita il titolo: Canti
popolari del basso Monferrato – raccolti ed
annotati da Giuseppe Ferraro. Poi la dedica:
“all’illustre conte Costantino Nigra, ambasciatore d’Italia presso l’Impero AustroUngarico, che fu tra i primi raccoglitori e
commentatori di canti popolari italiani”. A
questo punto vado a cercare l’editore, certa
di trovare un nome piemontese, e scopro che
il libro ha visto la luce a Palermo presso Luigi
Pedone Lauriel e fa parte della collana “Curiosità popolari tradizionali pubblicate per
cura di Giuseppe Pitrè”, appassionato demologo siciliano. Come se non bastasse, si tratta
di un’edizione di soli 200 esemplari “ordinatamente numerati”, di cui quello che ho tra le
mani è il numero 113.
Quando vado a leggermi la prima delle 43
canzoni popolari (seguita da 12 filastrocche
e canti fanciulleschi, 8 giochi infantili, 18 indovinelli e 79 strambotti in dialetto del basso Monferrato) scopro che racconta la storia
della Donna Lombarda che io già conoscevo
in un’altra variante popolare italiana. E’ la
storia della moglie che con l’amante cerca di
avvelenare il marito mettendogli un serpentello velenoso nel vino: “lo pijrumma, lo pistirumma, e j lo darumma da beivi ant al vin”.
Ma il figlioletto innocente ha visto tutto e lo
rivela al padre, che obbliga la moglie a bere
in sua vece il vino avvelenato: “mi m’ cherdija
d’fala a j aiti, anvece j aiti l’han fata a mi”.
Scopro che anche il tema della seconda canzone mi è familiare: è la storia del Bel Galant
che tornando a casa sente suonare il “campa-
non” e si domanda: “Omì sarà lo la mia spusota chi la van a stuterà?” Una nota dell’autore conferma che questo canto, intitolato
nell’Alto Monferrato “Amore Sfortunato”, è
noto anche a Ferrara, in Provenza, in Catalogna…
La bella canzone “La formica e il grillo”, quella che finisce con: “Omì, omì, omì! Dess ch’a
l’è mort al grillo i veui morì anca mì” mi ha
fatto tornare in mente quella che mi cantavano da piccola, e che faceva: “La formicuzza
in un campo di grano disse una volta al grillo:
teniamoci per mano”. E il Pelegrin che ven da
San Giacu non è forse un parente stretto del
Pellegrin che vien da Roma, che tutti conoscono?
Così di tante altre canzoni, filastrocche, conte e strambotti monferrini, il Ferraro che le
ha raccolte segnala le analogie con altre versioni regionali.
Ferraro era molto legato al suo luogo natio,
Carpeneto nell’Alto Monferrato, ma era anche uomo di scuola e dovette spostarsi per lavoro su e giù per l’Italia. In ogni nuova sede
si interessò del folklore locale e attraverso
comparazioni e confronti arrivò a scoprire
che tradizioni, canti ed usi ben lungi dal dividere gli italiani, li univano. E questo mi è
molto piaciuto: un punto di vista che valorizza il dialetto senza chiudersi nel localismo
e va alla ricerca dell’identità senza contrapporla all’unità.
Per il resto, canzoni, filastrocche e strambotti
sono una delizia, anche per me che sono Caminese solo d’adozione e non conosco bene
il dialetto.
Tanto affascinanti che mi è venuta voglia di
farli rivivere, per una volta. Recuperare le
musiche, mettere insieme qualche strumento
DA 0 A 99: UNA MOSTRA NELLA MOSTRA
Quest’anno la mostra dei “creativi della porta accanto” è arrivata alla sua
quarta edizione e per offrire una nuova attrazione abbiamo pensato di
creare una sezione speciale, che si chiamerà “da 0 a 99”. Una mostra nella
mostra dove verranno esposte fianco a fianco sia le opere di autori molto
giovani – bambini dell’asilo, ragazzini delle elementari e della medie – sia
quelli di persone avanti con gli anni, che per l’occasione si cimenteranno
con matite e pennelli. Soprattutto disegni, quindi, ma qualunque tipo di
lavoro creativo è ben accetto.
Le opere esposte saranno accompagnate da notizie sull’autore.
Non è mai troppo presto e non è mai troppo tardi per fare qualcosa di
creativo. E quando si è in là con gli anni può essere un bel modo per dare
valore al tempo e alle proprie – magari insospettate – capacità. Siete tutti
invitati a partecipare.
per suonare, qualche voce per cantare e un
po’ di gambe per ballare… Farne un piccolo spettacolo, con il bel galant, lo spazzacamino, il cacciatore, la sposa di Andorno, la
monachella, la formica e il grillo, la ragazza
soldato… Qualcuno coglie l’idea?
A proposito del libro: “è
facile smettere di fumare...”, l’esperienza di una
lettrice
Mi è capitato di richiedere un libro un
po’ particolare alla biblioteca, e fino a
qui nulla di strano. Avevo già cominciato
a leggerlo prima di Natale, prestatomi
da una collega di lavoro, poi ho dovuto
restituirlo perché serviva a un’altra persona e io non potevo proprio rimanere
lì senza sapere come finiva… Sono riuscita a catturare un po’ la vostra attenzione? Non è altro che il libro “è facile
smettere di fumare – se sai come farlo”!
Da fumatrice per lo più scettica mi piaceva proprio sapere come sarebbe andata a finire. Prima di terminarlo, però,
l’ho parcheggiato sulla credenza. Tanta
fretta di leggerlo per poi dimenticarmene? Non proprio. Ho scoperto che man
mano che lo leggevo mi smontava e ne
ho avuto un po’ paura, perché è scritto
con una semplicità di concetto che oserei definire “devastante”. Insomma, ti
toglie ogni scusa! Ho finito di leggerlo
poi con accanimento perché mi sentivo
cambiare, quando ho letto l’ultima riga
erano già tre giorni che non fumavo.
Fantastico! è durato tre settimane: tre
settimane di libertà e benessere mentale, qualche regola da ricordare e il gioco
è fatto. Quando Francesca mi ha chiesto
di scrivere due righe su su questa esperienza, ho avuto paura di non essere la
persona più idonea, perché alla fine mi
sono fregata da sola e ho ripreso a fumare. Ma poi perché no? Io per un po’
ci sono comunque riuscita e posso dire
che il metodo funziona bene: è importante avere un appoggio morale e qualche volta ripassare quello che si è letto.
Io adesso ci riprovo e, chissà, spero di
trovare qualcuno di voi lettori in questo
spazio così da confrontarci, perché questo è molto importante, così come è importante non ascoltare chi ti dice “tanto
non ci riesci!”
Marisa Raiteri
rubriche del mese
15
Il Picchio - N. 3 (9) - Maggio - Giugno 2010
rubriche del mese
Rubrica d’arte
Fioritura sommersa
Suggestivi ornamenti floreali a pelo d’acqua
U
Li tagliamo appena sotto la corolla, lasciando un corto spezzone di gambo di
circa 1 cm. Avvolgiamo i sassi
freschi.
con filo colorato
o spago molto
1 - Leghiamo con
sottile, preferipassate incrociate
bilmente dello
il filo di lana o lo
stesso colore dei
spago ai piccoli
petali.
sassi che posereAiutiamoci con
mo sul fondo per
un ago in modo
fungere da ancoda passare sotto
raggio.
i fili e legarli con
un nodo ben sal2 - Per avvolgere
do.
facilmente il filo
Annodiamo
al sasso aiutiamol’altra estremità
ci con un ago da
del filo allo spezlana che consente
zone di gambo
di passare tra i
rimasto sulla cofili e fermarli ben
rolla.
stretti.
La lunghezza del
Elementi semplifilo deve essere
ci come l’acqua,
tale da non far
alcuni fiori e picraggiungere alla
coli sassi, tutti ricorolla la superuniti in un unico
ficie dell’acqua.
contenitore di
Adagiamo
le
vetro, per com- Ecco come si presenta il lavoro ultimato.
c omp o s i z i on i
posizioni flutall’interno del
tuanti simili a
palloncini colorati trattenuti da fili sottili. contenitore riempito d’acqua e la “legge
Scegliamo fiori piccoli ma robusti e co- d’Archimede” provvederà a spingere vermunque adatti alla dimensione del vaso in so l’alto le corolle mettendo in tensione i
cui verranno collocati: vanno bene mar- fili.
Simona Lazzarin
gherite, daliette, tagete, garofani ecc...
n insolito modo per decorare con
composizioni di grande effetto
di fiori
Concorso
fotografico del
Comune:
il promemoria
Il concorso fotografico creato e sponsorizzato dal Comune di Camino per artisti
non professionisti, aperto dal 1° gennaio, è giunto a metà dell’opera. C’è ancora
tempo, fino a novembre, quindi non scoraggiatevi e iniziate a portarvi dietro la
macchina fotografica quando andate in giro per il comune: potrebbe spuntare un
angolo suggestivo che prima d’ora non avevate notato! Sul sito internet del Comune (www.camino.comune.al.it) potete reperire il bando, in ogni caso sarà bene
fare un piccolo promemoria.
Il concorso resterà aperto undici mesi per permettere di fotografare il territorio
in tutte le stagioni. Il tema infatti è il Comune stesso, suddiviso in due categorie:
paesaggi e scorci.Il partecipante ha così la libertà di fotografare dai particolari di
vita quotidiana, naturali o artistico-architettonici, fino ai panorami nella loro interezza. Il nostro territorio si presta particolarmente a questo tipo di soggetto, per la
bellezza dei borghi e la ricchezza dei colori delle diverse stagioni
Una giuria composta da artisti e professionisti esaminerà e valuterà i lavori prodotti, per eleggere alla fine i vincitori, ai quali andrà un cospicuo premio in danaro. Le
fotografie saranno poi esposte in una mostra pubblica. In bocca al lupo a tutti!
Simona Lazzarin
Bed & Breakfast “Le
Birbantelle”, novità a
Castel San Pietro
Alla metà di luglio aprirà ufficialmente
l’agriturismo “Le Birbantelle” nella frazione di Castel San Pietro, gestito da
Simona, Walter e l’indispensabile aiuto
dei loro 2 bimbi a cui si sono ispirati per
il nome. Una bella casa di fine ottocento
con adiacente fienile che è stato interamente ristrutturato e adibito a bed &
breakfast, anche se loro mi dicono che
il termine corretto sarebbe “agriturismo
con pernottamento”, poiché è possibile
trovare oltre alla colazione con prodotti
confezionati come la legge impone, anche piatti preparati sul momento di produzione propria, dalle torte alle marmellate di tradizione monferrina, alle frittate
e piatti salati per accontentare anche i
gusti degli stranieri che sempre più frequentano le nostre colline e che sono
alla ricerca di luoghi come questo.
Il fienile in tufo è stato trasformato in
tre stanze con servizi indipendenti e una
cucina open space, in cui fare colazione
o rilassarsi dopo una passeggiata.
All’esterno un piacevole dehors e la spaziosa piscina incorniciano il quadretto di
questo delizioso angolo di monferrato.
Sapientemente curato nei minimi particolari, l’accoglienza familiare di Walter e
Simona fa di questo agriturismo un luogo assolutamente da non perdere.
S. L.
lettere alla redazione
16
Il Picchio - N. 3 (9) - Maggio - Giugno 2010
eventi
Comune di Camino
Brusaschetto
il 31 luglio, ore 21.30, Roberto Brivio
in: “GUFOLOGIA”
il 1° agosto, ore 21.30, Luca Maciacchini in : “Semaforo Rosso” (chitarra classica)
13 agosto, ore 21.30, spettacolo teatrale
14 agosto, ore 21.30, serata danzante con l’orchestra “La premiata
Band”
15 agosto, ore 20.00, cena sociale
Camino
7-8-9 agosto Ferragosto Caminese
7 agosto:
ore 13 - 29° edizione “Circuito dei
2 ponti”, gara ciclistica per amatori
UDACE;
ore 20 - Braciolata prenotazione entro
5/8 al 0142 469252 o 0142 469321;
ore 22.00 serata danzante orchestra
Archi Sound.
8 agosto:
ore 17 - processione per il patrono S.
Lorenzo con banda musicale;
ore 21.30 serata danzante orchestra
Federica Morandi.
Castello di Camino dalle 10 alle 19:
rappresentazioni medievali, visite guidate al castello e al parco secolare;
Marco Cardona, mangiaspade e incantatore di serpenti.
Durante la giornata: alle 11.00 messa nella Chiesa di San Gottardo; XXIX
Festa dell’Uva a cura della Pro Loco
Caminsport con stand di artisti, vini
e prodotti locali. è possibile pranzare
previa prenotazione (0142 469252).
Castel San Pietro
Mese di luglio, 7a edizione del Torneo di tennis Doppio Misto (info
3397036073/ 3389386271)
3 settembre, Casa Parrocchiale: Commedia “Non tutti i ladri vengono per
nuocere” di Dario Fo con la Compagnia Il Teatro della Nebbia di Casale.
Isolengo
Ciclo di incontri culturali a Camino
Sta prendendo forma in questi giorni il
programma definitivo di incontri che il
Gruppo la Nostra Camino proporrà a partire dal mese di settembre. Si tratta di un
calendario di appuntamenti aperti al pubblico, un progetto che nasce dall’obiettivo di creare occasioni di discussione, di
conoscenza e di scoperta, momenti di
formazione aperti a tutti e su tematiche
diverse. Gli incontri si terranno a partire
dal 17 settembre, il venerdì sera, dalle
ore 20.45 presso il locali del Centro Servizi di Camino, in via Roma, grazie alla
disponibilità del Comune che ne ha concesso l’uso. Il primo ciclo di incontri che si
terrà tra settembre e ottobre, avrà come
filone principale l’ambiente e il paesaggio
colto sotto diversi aspetti. Il primo appuntamento, che si terrà il 17 settembre,
alle ore 21, vedrà come protagonista la
scrittrice Luisa Pulcher che presenterà il
suo libro “Il tempo è un albero che cresce
- Racconto in giardino”. Durante la serata
verranno letti alcuni brani tratti dal testo
e sarà possibile interagire con l’autrice
con domande e risposte. Nei primi giorni
di settembre il programma definitivo verrà distribuito e affisso nelle bacheche del
Comune. Per info: [email protected]
5 settembre Medievalia
Mese di luglio, torneo di bocce aperto a tutti gli abitanti di Camino/Frazioni e giocatori dei paesi limitrofi
Mese di agosto, le sere del martedi e
del giovedi saranno dedicate al gioco
delle bocce
Mese di settembre, torneo di bocce
alla baraonda, aperti a tutti
4 settembre: presso Bocciofila XII
edizione passeggiata ecologica
tra i vigneti. Merenda Sinoira con la
partecipazione del Comitato della Panissa di Albano Vercellese - Concerto
del Corpo Musicale Mornaghese (Va)
L’Associazione Idea Valcerrina propone
anche quest’anno una serie di concerti che
coinvolgono diversi comuni nei dintorni.
Sabato 07 agosto, ore 17.30, Piazza del
Municipio Moncestino , Ensemble Galileo
Sabato 11 settembre, ore 16.30, Tenuta
Gambarello Mombello, Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi.
Bacheca
su due piani con cortile e terreno a Fabiano.Tel. 0142 944734
vizio di baby-sitting/dog-sitting. Tel.
320087936.
Vendesi n° 3 miscelatori - capacità: uno
di q.5; uno di q.20; uno di q.25 con attrezzatura completa. Si vendono anche singolarmente. Tel. 0142 85382 ore pasti.
Vendesi trattore cingolo fiat 605C Super, ottimo stato, poco usato, € 10.000
trattabili. Tel. 329 8404581.
A settembre, tuti i week-end, mostra
dei “Creativi della porta accanto”
presso la biblioteca
CONNESSIONE INTERNET IN ZONE
CON SCARSE LINEE ADSL.
Stiamo conducendo un sondaggio sulla
possibilità di connettere senza fili i nostri
comuni a internet. Preghiamo chi fosse interessato di comunicarlo al 3298404581
o alla email ilpicchio.camino@gmail.
com. Sarà così tenuto al corrente degli
sviluppi e degli eventuali finanziamenti ed
agevolazioni.
Vendo zona Moncalvo cucciolo bracco tedesco pelo forte 90 gg. vaccinato
microchip genitori campioni lavoro. Tel.
338.87.69 090
Il Gruppo Cultura ricerca testimonianze
sulle tradizioni, storie e leggende relative
alle chiese e capelle presenti nelle varie
frazioni del comune di Camino.
Contattare Simona al 340 9732759.
Affitto,settimanalmente in estate, a Cannigione (baia di Arzachena Sardegna)
un bilocale piano terra con piccola veranda
privata e un bel giardino comune. Tel. 338
6170047
Vendesi casa indipendente mq 150 circa
Ragazza 33enne automunita offre ser-
Valcerrina
Istruttore tecnico qualificato impartisce
lezioni di difesa personale anche a
domicilio, durante la settimana dalle ore
8 alle ore 19. Angelo Jemmola, tel. 340
7761285
Cercasi trattore
8404581.
cingolo.
Tel.
329
Salotto anni ’50 in stile chippendale composto da vetrinetta, comò con specchiera, comò, tavolo con otto sedie, in ottime
condizioni, vendo. Tel. 329 4543233.
Per contattarci e ricevere il giornale via mail:
[email protected]
oppure potete telefonare al 3476942699
Il Picchio
Mensile di informazione e cultura di Camino e frazioni
Autorizzazione del tribunale di Casale Monf. n.258 del 16/01/2009
Proprietario: Carlo Rosso
Direttore responsabile: Paoletta Picco
Stampa: Tipografia A.G.S. di Marchisio A. e Croce F. snc, via G. A.
Irico, 9 - 13039 Trino (VC)
Redazione: via Monastero, 10 - 15020 Camino (AL)
Logo de “Il Picchio”: Mauro Galfré
Scarica

IlPIcchioN009elet