Concorso
L’esegesi dell’INNO di
MAMELI
di Roberto Benigni
Nel corso del Festival di
Sanremo, grande manifestazione
canora
nazionalpopolare, una serata è stata
dedicata in anteprima alla
celebrazione
del
150°
anniversario dell’Unità d’Italia,
toccando così un aspetto
importante
della
nostra
nazione: la musica.
Infatti, tutti gli artisti partecipanti sono sfilati sul palco,
interpretando canzoni storiche
italiane che hanno fatto provare
nell’animo di quanti hanno
seguito la trasmissione una
profonda commozione. Travolgente ed emozionante è stato,
però, in particolare, il momento
di Roberto Benigni, trionfalmente entrato nel teatro
dell’Ariston su un cavallo
bianco, sventolando la bandiera
italiana.
1
AVIS
“Fratelli d’Italia”
Il famoso e geniale si è esibito
in una vera e propria lezione di
storia,
analizzando
e
commentando con grande
patriottismo e passione il testo
dell’inno di Mameli, trovando
degli spunti interessanti per
parlare della storia d’ Italia,
l’unico Paese in cui è nata
prima la cultura della nazione.
Non sono mancati gli elogi a
Goffredo Mameli, paroliere
dell’Inno e al maestro Michele
Novara che ne ha scritto la
musica. Più volte poi ha
sottolineato la morte di
Mameli, avvenuta a soli
ventuno anni, una giovane vita
sacrificata per l’Italia unita.
“Siamo pronti alla morte”
allora non lo si diceva tanto per
dire, poiché “chi ha fatto il
Risorgimento, ha imparato a
morire per la patria, affinché
noi potessimo vivere liberi”.
Passo dopo passo, poi, egli ha
esaltato gli eroi che hanno reso
l’Italia indipendente: Mazzini,
Cavour e Garibaldi ed ha
lanciato vari appelli a tutti gli
italiani: “ Fratelli d’Italia,
l’Italia s’è desta” svegliamoci,
svegliatevi! L’unico modo,
infatti, per realizzare i propri
sogni, è svegliarsi. Infine, il
grande artista ha concluso la
sua esegesi trasformandosi in
un giovane soldato pronto a
morire in guerra per la sua
patria cantando a cappella, cioè
senza l’accompagnamento di
uno strumento musicale, l’Inno
di Mameli. Roberto Benigni,
quindi, si è congedato tra gli
applausi di un pubblico che,
alzatosi in piedi ed alquanto
commosso, gli ha manifestato
tutta la sua ammirazione. Tale
intervento, sicuramente, è
servito a far vivere più
profondamente e a livello
popolare la grande ricorrenza
celebratasi il 17 Marzo, per
ricordarci non solo chi siamo
stati, ma per dire chi siamo,
grazie a quegli Italiani che
hanno sacrificato la loro vita
per l’ardente amor di Patria.
Anna Maria Maisano IV Dp
La bandiera tricolore
(Ongaro)
E la bandiera di tre colori
sempre è stata la più bella:
noi vogliamo sempre quella,
noi vogliam la libertà!
E la bandiera gialla e nera
qui ha finito di regnare,
la bandiera gialla e nera
qui ha finito di regnare
Tutti uniti in un sol patto,
stretti intorno alla bandiera,
griderem mattina e sera:
viva, viva i tre color!
Mariagrazia Federico IV Dp
Il nostro tricolore
Un’antica poesia trovata nei
sussidiari delle scuole elementari di molti alunni fa,dice che
nel vessillo italiano, il verde
rappresenterebbe i nostri prati,il
bianco le nostre nevi perenni ed
il rosso il sangue versato dai
soldati che sono morti durate le
tante guerre. Ciò che di certo
Istituto Magistrale “Tommaso Gulli” - Unità d’Italia: 1861-2011
Concorso
sappiamo sulla bandiera italiana è che è nata nel 1794
quando due studenti bolognesi,
Giovanni Battista De Rolandis
e Luigi Zamboni,animarono
una sollevazione contro il
potere che governava la città da
quasi 200 anni,cioè quello
assolutista. I due usarono come
distintivo una coccarda tricolore: verde,bianco e rosso; si
pensa ispirata alla coccarda
rivoluzionaria
francese
e
sacrificarono la loro vita per
sostenere gli ideali in cui
credevano. Questo tricolore era
inteso come traguardo di una
nazione che mirava ad avere
Giustizia,Uguaglianza e Fratellanza e riassumeva i diritti
dell’uomo e le aspirazioni di un
popolo di cui ancora oggi si
sente la necessità.
Maria Mallimaci IV Dp
Garibaldi e i pescatori di
Melito
L'Europa era in fermento,gli
echi del congresso di Vienna,
che
dopo
la
parabola
napoleonica, non avevano
sortito gli effetti sperati:
ovunque rivolte, i moti,
promossi dalle società segrete,
erano spinti da un unico ideale:
quello di nazione. Era l’epoca
del Romanticismo e del
2
AVIS
“Fratelli d’Italia”
sentimento di amor patrio e i
giovani
italiani
furono
coinvolti da questo vento
che
spirava
da
tutto
il continente europeo. L’Italia?
Sì era l’Italia dei Savoia, ritirati
nella loro villa di caccia a
Sturpiningi, era il Lombardo Veneto sotto gli Asburgo
della principessa Sissi, era la
Roma dei Papi,era il Sud dei
Borboni. Era L'Italia dei
giovani Mameli,Mazzini e
Silvio Pellico che nella libertà e
nell’unità
ci
credevano
davvero. Era l’Italia di tutti
coloro che nel ’48 morirono per
l’ideale di nazione e per il loro
amor patrio. E l’unità era cosa
fattibile.
Il re Vittorio Emanuele II di
Savoia
dava
il
suo
benestare,Cavour era la mente
ed un certo Garibaldi era il
braccio. Giuseppe Garibaldi si
mise quindi a capo di un
gruppo di uomini,la storia li
ricorda come i Mille,e partì da
Quarto con un unico obiettivo:
sbarcare in Sicilia e risalire
l’Italia liberandola ed unendola.
“Qui si fa l’Italia o si muore”
scrisse Garibaldi quando fu
vicino a Marsala e fu quello
che successe di lì a poco. Dopo
aver liberato la Sicilia,
l’obiettivo era Teano. Per
arrivarci era necessario liberare
la parte sud continentale
dell’Italia dai Borboni, impresa
non facile, ma i Mille non si
scoraggiano e pianificano lo
sbarco.
Nottetempo un gruppo di
duecento volontari agli ordini
di Benedetto Musolino attacca
a sorpresa il forte di
Altafiumara, mentre Garibaldi
col resto della compagnia si
accinge ad attraversare i 3 Km
che separano lo stretto per
raggiungere
Melito.
Conquistare questo piccolo
paesino arroccato nel lembo più
estremo dell’Italia non era cosa
facile, lì abitavano i vinti di
Verga,pescatori che vivevano
del loro lavoro quotidiano,
legati a vincoli feudali con i
Borboni. Erano troppo lontani
dal Piemonte,dai Savoia,dai
teorici dell’Italia unita. Non
conoscevano le cinque giornate
di Milano, non avevano mai
avuto notizie della battaglia di
Solferino e quel Garibaldi non
sapevano neanche chi fosse. Un
liberatore, così era presentato.
il liberatore di quella terra arida
e troppo povera,nella quale
ideali come libertà,unità e
nazionalità era sconosciuti ai
più.
Ma la Calabria e Melito non
erano poi così diversi da quella
Sicilia descritta da Tomasi di
Lampedusa:una terra arida in
cui la calura impediva di agire.
Ma la storia non si ferma,entra
Istituto Magistrale “Tommaso Gulli” - Unità d’Italia: 1861-2011
Concorso
prepotentemente nella vita dei
pescatori melitesi e,nella figura
di Garibaldi,la sconvolge.
Quella mattina i melitesi li
videro arrivare,con le loro
camice rosse e i loro occhi
pieni di ideali,la loro voglia di
fare l’Italia;videro il Grande
Torino incagliarsi a largo del
loro mare (dove ancora oggi si
trova il relitto); i Borboni
avevano sparso la voce per
tutto il regno che quelli fossero
briganti e la popolazione non li
accolse bene, fecero di tutto per
ostacolarli,era diffidenti, sapevano che vent’anni prima gente
come Paolo Pellicani,i fratelli
Romeo e molti altri avevano
tentato di aggregarsi a questi
moti di liberazione,ma erano
stati fermati e costretti a
rifugiarsi
tra
anfratti
dell’Aspromonte.
AVIS
“Fratelli d’Italia”
La Casina dei Mille li ospitò e
ancora oggi una palla di
cannone sulla balconata sta
indicare il loro passaggio;
l’avanzata verso Reggio viene
anticipata da Antonio Rossi che
dichiara decaduta la dinastia
borbonica, in quei giorni
Garibaldi entra a Reggio e con
la sanguinosa battaglia di
piazza Duomo si impadronisce
della città facendo entrare
finalmente Reggio Calabria nel
Regno D’Italia.
Mariacarmela Barreca IV Dp
La donna nel Risorgimento
La donna nel Risorgimento è
pensata come la compagna
dell’eroe:
Anita Garibaldi.
O femmina fatale:la contessa di
Castiglione.
O
<<Mater
dolorosa>>: Adelaide Cairoli
,madre di cinque figli; quattro
cadono
da
volontari,il
superstite diventa presidente
del
Consiglio
.Non
diversamente,la donna della
3
Resistenza evoca staffette
partigiane, fughe in bicicletta,
messaggi nascosti nei corsetti .
Nel risorgimento, le donne
spesso sono combattenti,armi
in pugno. O sono
leader
politici.
E’
consolatorio
pensarle come crocerossine
solerti, mamme premurose,
spose in pena .
Invece le donne influenzano gli
eventi,
stilano
proclami,
raccolgono fondi, prendono le
decisione. La donna di alto
rango, nel risorgimento italiano
era la “cortigiana” ovvero colei
che stava a corte ,ispirava i
poeti che componevano su di
lei. La cortigiana era amata
platonicamente da molti poeti ,
che anche se erano sposati
parlavano del proprio amore
per lei. Viveva in un ambiente
raffinato,impregnato
della
cultura
neoclassica
o
neoclassicista.
Tuttavia la sua emancipazione
era ancora molto limitata,infatti
la seguivano sempre un certo
numero di ancelle e non le era
permesso di fare determinate
cose. Tra le protagoniste del
Rinascimento spicca anche
Jessie
White,
giornalista
inglese, simpatizzante del
Istituto Magistrale “Tommaso Gulli” - Unità d’Italia: 1861-2011
Concorso
movimento mazziniano, al
quale finisce presto con
l’aderire, dedicandosi anima a
corpo alla raccolta di fondi e
alla scrittura di articoli per i
giornali inglesi e americani.
Fondamentale quello, apparso
sul Daily News nel 1856 con il
titolo <<Italy for italians >>
(l’Italia agli italiani). Nel
1854,a Nizza, presentata da
comuni
amici,
conosce
Garibaldi, dalla cui personalità
rimase così affascinata che
,insieme al marito Alberto
Mario, lo seguirà dappertutto
nelle sue varia spedizione,
diventando la sua biografia
Tuscano Miriam IV Dp
Il ruolo delle donne
nell’ Unità d’ Italia
AVIS
“Fratelli d’Italia”
persona come la moglie di
Crispi: Rose Montmason, Anita
Garibaldi, unica donna fra
mille o Adelaide, madre dei
fratelli Cairoli. Le più note
fecero una vera e propria
attività politica, soprattutto fra
le file mazziniane, come
Cristina Trivulzio di Belgioioso
o Giuditta Sidoli. Molte donne
durante
le
guerre
di
Indipendenza persero i beni, la
libertà, i figli, la loro stessa
vita, usarono la parola e
l’azione,
organizzarono
ospedali e curarono i feriti. Le
donne furono, dunque, presenti
nel primo 800 in una
prodigiosa
varietà
di
atteggiamenti, di scelte, hanno
saputo cogliere il senso
concreto e profondo delle
situazioni.
Alessia Marrara IV Dp
zione, a ruoli di impegno
sociale a beneficio delle donne
e dell'infanzia, per il riscatto
sociale delle classi disagiate,
per l'organizzazione e la
promozione
dell'educazione.
Si tratta di donne che tra i loro
impegni familiari trovavano
anche il tempo di dare una
mano giorno e notte negli
ospedali soprattutto durante gli
assedi nella città per curare i
feriti, fondando ricoveri per
bambini lattanti. Diedero vita a
numerose iniziative educative,
filantropiche e sociali, fondando scuole con l’intento di
offrire agli adolescenti indigenti o in difficoltà alloggio, mezzi
e possibilità di lavoro.
Il ruolo femminile e
l’educazione nel
Risorgimento italiano
Donatella Massera sottolinea
l’ importante ruolo che le
donne hanno avuto nell’età
risorgimentale. Ci furono,
infatti, personaggi della nobiltà
e dell’elite intellettuale che
scrissero e propagarono le idee
risorgimentali, oppure forti
personalità che si spesero di
4
Il ruolo femminile nella
costruzione
dello
Stato
nazionale italiano è sempre
stato considerato subordinato al
ruolo maschile. Ma le donne,
nonostante la poca o nulla
visibilità pubblica, non solo
ebbero un ruolo rilevante in
quel processo, ma furono
numerose, di diverse estrazioni
sociali, e si dimostrarono
volitive, determinate, con idee
e
progetti
da
costruire,
impegnate direttamente nelle
cospirazioni ma anche nelle
lotte vere e proprie, anche se in
genere
con
funzioni
di
organizzatrici o di infermiere
(una delle poche che imbracciò
il fucile fu Anita Garibaldi),
passate poi, dopo l'Unifica-
Trassero un profondo interesse
per l’educazione delle donne e
dei giovani, cui andava
inculcato il rispetto dei diritti e
dei doveri dell'uomo, e l'idea
che
solo
attraverso
l'emancipazione
e
la
partecipazione alla vita civile e
civica si poteva essere cittadini
e non sudditi, e partecipare
all'emancipazione della Patria e
del Popolo. A tali idee,
affiancarono una chiara visione
anche del ruolo della Donna,
che gode di Diritti e Doveri
pari a quelli dell’Uomo, ma che
Istituto Magistrale “Tommaso Gulli” - Unità d’Italia: 1861-2011
Concorso
si vede assegnata dalla natura
un ruolo ancora più importante:
formare i futuri cittadini.
Scelsero così di occuparsi in
primo luogo dell’educazione di
tutte le donne, prime e
fondamentali educatrici dei
propri figli. Improntarono la
vita di coppia sull’ideale della
pari dignità dei coniugi e sulla
condivisione di cure domestiche ed ideali politici all’interno
del matrimonio.
Maria Cuzzola IV Dp
Le rivolte di Reggio
L’ottocento fu definito il secolo
delle rivoluzioni politiche,
economiche, intellettuali e
sociali generate
dall’affermazione delle idee
illuministiche. La rivoluzione
francese aveva lasciato un
sapore di libertà quasi
sconosciuto in quel periodo.
Nonostante la caduta di
Napoleone e il ritorno degli
austriaci, i nostri avi non
5
AVIS
“Fratelli d’Italia”
rinunciarono a quei principi di
uguaglianza, fraternità e libertà
che avevano avuto il piacere di
assaporare. Ormai era nell’aria
la voglia di cambiamento. A
questa svolta contribuì anche
Reggio Calabria che si accinse
a combattere nuove poderose
battaglie. Da qui in poi molte
zone fumarono di sangue. Non
ci fu uomo che non abbia
offerto il suo cruento
contributo. Bisogna rendere
omaggio alle gloriose gesta di
chi si trovò a capo delle
imprese a costo di morire per
difendere una bandiera senza
ambizione di fama o libidine di
premio.
Già dal 1783 la Calabria
soffriva a causa di un
flagellante terremoto che
distrusse gli averi dei cittadini.
Su questo infierirono anche gli
sperperi del pubblico denaro da
parte degli amministratori e le
disuguaglianze davanti alla
legge tra nobili e contadini.
Tutto questo gravò
specialmente sulle spalle della
povera gente, come avviene
quando la produzione manca e
aumentano i bisogni. Ormai la
situazione divenne insostenibile
per gli abitanti di quel periodo
che si trovarono a dover
spartire gli averi con i capricci
della natura e dovettero perfino
rinunciare ai propri diritti a
causa di un governo
opportunista. Proprio per
queste motivazioni l’ottocento
fu un secolo cruciale che portò
tutti gli uomini a una presa di
coscienza rivendicando i diritti
che per millenni non gli furono
concessi. A Reggio il capo
della rivolta fu Domenico
Romeo che guidò i reggini in
piazza per combattere contro il
governo reggente. Importante
figura fu anche quella dei
fratelli Plutino, Paolo
Pellicano, Federico Genoese e
di molti altri patrioti che
contribuirono all’unità d’Italia.
Si ricorda la data del 2
settembre 1847 in cui il dottor
Romeo, assieme al fratello
Giannandrea Romeo, al nipote
Pietro Aristeo Romeo e al
cugino Stefano Romeo, alla
testa di cinquecento seguaci,
prese Reggio Calabria,
istituendovi un governo
provvisorio. Nel frattempo in
piazza dei Gigli veniva
promulgata la Costituzione.
Già dal 26 agosto il nostro caro
patriota lanciava il proclama
della rivolta, facendo
sventolare il tricolore italiano
sulla piazza di Santo Stefano in
Aspromonte. A causa di
fraintendimenti l’alleanza che
si era formata con le correnti
antiborboniche della Sicilia,
Basilicata e il resto della
Calabria non fornì il proprio
Istituto Magistrale “Tommaso Gulli” - Unità d’Italia: 1861-2011
Concorso
contributo come prestabilito,
concedendo alle forze armate di
concentrare la repressione sulla
nostra cittadina. Questa fu
durissima e nella data del 15
settembre Domenico Romeo fu
assassinato e barbaramente
decapitato, e la sua testa fu
esposta nel cortile delle carceri
di San Francesco a Reggio
Calabria, per due giorni, quale
monito per i tanti rivoltosi ivi
detenuti. La rivoluzione ebbe
successo solo con la venuta di
Garibaldi il 21 agosto del 1860.
Egli ebbe il merito, insieme ai
suoi compagni d’armi, di aver
contribuito alla caduta della
dinastia dei Borbone
specialmente con la spedizione
dei mille.
Reggio Calabria ebbe un ruolo
decisivo per l’unificazione
dell’Italia. Un’unità per cui si
lotta ancora oggi. Bisogna
ricordare questi uomini.
Uomini che hanno segnato con
il loro sangue le strade su cui
noi oggi camminiamo. Hanno
rinunciato di vivere nella
spensieratezza della loro
quotidianità solo per un ideale,
solo per rendere unita la nostra
terra! Un’ideale così forte che
riuscì, grazie alla caparbietà e il
coraggio dei nostri antenati, a
ottenere dei risultati che
6
AVIS
“Fratelli d’Italia”
portarono oggi a ricordare con
onore la data del 1861. Sotto il
segno dell’unità c’è un
significato più profondo.
Un concetto che è
comprensibile solo a chi ama
veramente la nostra Italia. La
lotta di questi patrioti non finì
nella lontana data del 61.
Bisogna combattere tuttora per
eliminare il divario tra nord e
sud. L’unità d’Italia si
costruisce giorno per giorno,
non è solo un avvenimento
storico. Amiamo questa terra
ma soprattutto amiamo Reggio
Calabria che è arbitrariamente
giudicata.
Roberta Pellegrino IV Ep
2 SETTEMBRE 1847 –
Risorgimento Italiano: a
Reggio Calabria e
Messina scoppia la
rivolta anti-borbonica
Ordita dal patriota reggino
Domenico Romeo. « Pochi
sanno che la grande fiammata
rivoluzionaria del 1848 che
investì l'Italia e l'Europa, e
dalla quale ha inizio il nostro
Risorgimento nazionale, fu
accesa proprio a Reggio
il 2 settembre 1847 » ( Lucio
Villari: "La Repubblica"
8 dic. 1992).Fratello minore
di Giovanni Andrea Romeo,
Domenico Romeo crebbe in
mezzo alle dolorose agitazioni
che straziavano il suo paese,
sviluppando amor patrio e
avversione verso ogni forma di
tirannide. Svolse una
imponente opera al fine di
risvegliare i liberali, sfiduciati e
intimoriti dalle persecuzioni, in
tutto il meridione d'Italia. A
seguito del fallimento della
spedizione dei fratelli Bandiera,
decise di preparare una rivolta
che partisse proprio dalla
Calabria.
Organizzò quindi la rivolta del
settembre 1847, di cui è
considerato dagli storici come
l'ideatore, il promotore e il
Istituto Magistrale “Tommaso Gulli” - Unità d’Italia: 1861-2011
Concorso
capo indiscusso. Ordì una
trama tra Calabria, Sicilia e
Basilicata; la congiura
coinvolse i veterani della
Carboneria. Il 29 agosto
Domenico Romeo lanciava il
proclama della rivolta, facendo
sventolare il tricolore italiano
sulla piazza di Santo Stefano in
Aspromonte. Il 2 settembre,
assieme al fratello Giannandrea
Romeo, al nipote Pietro Aristeo
Romeo e al cugino Stefano
Romeo, alla testa di
cinquecento seguaci, prese
Reggio Calabria, istituendovi
un governo provvisorio.
Tuttavia, era mancata l'unità di
intenti, e il segreto era stato
tradito. A muoversi furono solo
i Romeo: a Messina,
addirittura, il comitato d'azione
locale si scisse in due tronconi,
e le teste più calde e i patrioti
più facinorosi tentarono, di
propria iniziativa, un'azione già
il 1º settembre: la rivolta era
prontamente schiacciata.
Mentre a Catanzaro non
scoppiava neppure. Le forze
regie poterono quindi
agevolmente concentrarsi su
Reggio. La repressione fu
durissima: il 15 settembre, a
seguito di un conflitto a fuoco,
in contrada Cicciarello di
Marrappà, nei pressi di
Podàrgoni, Domenico Romeo
fu assassinato e barbaramente
decapitato, e la sua testa fu
esposta nel cortile delle carceri
di San Francesco a Reggio
Calabria, per due giorni, quale
monito per i tanti rivoltosi ivi
detenuti. Scriverà il nipote
7
AVIS
“Fratelli d’Italia”
Pietro Aristeo, nel suo opuscolo
Cenni biografici sopra
Domenico Romeo, che lo zio
cadeva inneggiando
“All’Italia”.
Maria Cuzzola IV Dp
Forse, il nome di Aspromonte è
adatto a queste impervie
montagne i cui vertiginosi
profili rappresentano talvolta
una sfida per chi, impavido, per
qualche motivo,decidesse di
scalarli, soprattutto se sprovvisto dell’attrezzatura e delle
forze necessarie. Tutto questo
può raccontarcelo anche la
storia di questi monti che
videro il proprio suolo
calpestato dalla sconfitta di
Garibaldi durante la sua
spedizione alla conquista
dell’Italia.
Siamo nel 1862, a seguito della
questione romana si era ormai
capito che il governo italiano
voleva mantenere un basso
profilo ed, intanto, la penisola
italiana grazie all’accordo
stretto con Napoleone III,
vedeva il proprio territorio in
balia dai Francesi
L’occupazione straniera non
però infervorava gli animi degli
italiani, il cui sentimento, per la
nazione si rafforzava ormai di
giorno in giorno, così come la
consapevolezza di un’identità
nazionale.
Ecco allora che, per la prima
volta in Calabria, si fa sentire la
presenza del rampante
Giuseppe Garibaldi: salpano
durante la notte dalle coste
della Sicilia, la mattina del 25
agosto 1862 con il preciso
intento di giungere alle porte di
Roma, sbarca nella punta
estrema della Calabria
accompagnato da 300 seguaci
volontari. Avvistati e
bombardati ancora prima di
poggiare piede sulle coste
calabresi, i garibaldini si
vedono costretti a deviare
quindi per terre dell’Aspromonte, ma anche qui la loro
posizione venne intercettata e
segnalata. La reazione dei
francesi è veloce e risoluta, lo
scopo è uno solo: fermare i
garibaldini; Urbano Rattazzi si
Istituto Magistrale “Tommaso Gulli” - Unità d’Italia: 1861-2011
Concorso
vede così costretto ad inviare,
perché provvedesse, il generale
Enrico Cialdini nelle terre
dell’Aspro-monte.
Ma Garibaldi preferisce evitare,
per il momento, lo scontro a
fuoco e, assieme ai suoi
seguaci, la sera del 28 agosto,
raggiunge una posizione ben
difendibile a pochi chilometri
da Gambarie, proprio nel
territorio di Sant’Eufemia
d’Aspromonte. Il giorno
seguente, le condizioni del
piccolo esercito di Garibaldi
sarebbero potute definirsi
disastrose: il numero di soldati
si era praticamente dimezzato a
causa delle diserzioni e degli
arresti, ed in più si preparava
ad affrontare l’arrivo di una
grande armata del Regio
Esercito.
Eppure, Garibaldi, cosa che poi
si rimproverò a lungo, decise di
attendere la truppa, dato che la
prospettiva di un’infinita ed
infruttuosa fuga non sembrava
la soluzione migliore. Lo
scontro tra i due eserciti
avvenne così lo stesso giorno
proprio tra le montagne dell’
Aspromonte e, purtroppo per
Garibaldi ,volse a favore del
Regio Esercito. Garibaldi
8
AVIS
“Fratelli d’Italia”
venne infatti ferito ed
imprigionato assieme ai suoi
seguaci, per poi essere
rimpatriato nella sua residenza
di Caprera.
Ad oggi, nella
località di Sant’Eufemia
d’Aspromonte in cui Garibaldi
fu ferito, sorgono un mausoleo,
recante un busto dell’eroe e
delle lapidi in memoria dei
valorosi garibaldini.
I giovani donatori di
sangue
Maria Cuzzola IV Dp
Donare il sangue:opera di
volontariato per se e per gli
altri.
Donare il sangue è un gesto di
solidarietà. Chi decide di
diventare donatore di sangue
stabilisce con il “ricevente” un
patto di fiducia ed è una
responsabilità del donatore a
garantire il proprio stile di vita .
Prima di donane i volontari del
AVIS sono tenuti , per non dire
obbligati , a controllare la
salute del donatore .Quindi non
solo doniamo facendo un opera
di bene verso gli altri ma anche
verso noi stessi ,anche perché
Tutti potremmo avere biso-gno
di sangue per qualche motivo.
Per donare bisogna avere delle
credenziali come l’ età ,
peso,ecc.
Molte sono le domande che
ognuno di noi si pone quan-do
si sente parlare di donatore
come :
sono troppo vecchio ? se
siamo tra i 18 ed i 60 anni di
età e godiamo di una buona
salute, no . Abbiamo tutte le
carte in regola per diventare
donatori; mi sentirò debole
quando donerò il sangue ?dopo
la
donazione
possiamo
immediatamente riprendere la
nostra routine. Il nostro corpo
rigenera il sangue estratto in un
periodo molto breve di tempo
Istituto Magistrale “Tommaso Gulli” - Unità d’Italia: 1861-2011
Concorso
sono troppo magro per donare
il sangue ?Se pesi più di 50kg
no.
Quante volte all'anno posso
do-nare il sangue ? L'intervallo
minimo tra una donazione di
sangue intero e l'altra è di 90
giorni.
La frequenza annua delle
donazioni non deve essere
superiore a 4 volte l'anno per
gli uomini e 2 volte l'anno per
le donne.
Un tempo però il dono del
sangue veniva identificato
come un atto che potevano
compiere soprattutto gli uomini
ma per fortuna da molto tempo
non è più cosi . Basta pensare
che una delle prime Dirigente e
fondatrice del' AVIS in
Calabria è stata proprio una
donna .Da allora il percorso è
stato difficile ma, oggi,
possiamo dire che il numero
delle donne che donano il
sangue sono notevolmente
aumentate, e molte di loro sono
alla guida di tante sedi
associative".
Non solo le donne hanno avuto
grande importanza ma anche i
giovani.
Possiamo ricordare i gruppi
scout
che
rappresen-tano
proprio il movimento educativo
importante per veicolare i
valori del dono del sangue che
mira ,anche , a recuperare la
grandezza dell’altruismo e
della solidarietà.
Soprattutto il gruppo scout
del’ Agisci è stato fortemente
voluto dai vertici del’ AVIS a
testimonianza
dell’aspetto
sociale della donazione del
sangue
in
una
società
multiculturale”.
AVIS
“Fratelli d’Italia”
Il 14 di giugno, si celebra
la Giornata Mondiale del
Donatore di Sangue, una
ricorrenza che, istituita
nel 2004.
Perché ha deciso di continuare a donare il sangue ?
Dalla 2° o 3° donazione che ho
fatto, un signore, adesso mio
amico , mi ha pregato di
donare il sangue a sua figlia
che aveva solo 9 mesi; oggi la
bambina
ha
44
anni.
Orgoglioso di aver salvato una
vita,
ho
deciso
donare
periodicamente.
Intervista a un ex donatore
L' esperienza di un donatore
che ha servito la nostra
comunità per circa 40 anni.
L’importanza della donazione nella vita di ogni singolo
cittadino:
Salvare delle vite umane oggi è
molto importante, perché una
persona può avere bisogno del
nostro sangue, anche noi un
domani potremmo
averne
bisogno, ed essere donatori
significa donare qualcosa che
abbiamo dentro e non parlo
solo della linfa vitale.
Da quanto tempo è donatore
di sangue ?
Avevo 16 anni, (all’epoca si
poteva donare da quell’età)
andavo ancora a scuola e un
giorno è venuta per un incontro
una signora di una associazione
di volontari che ci ha spiegato
cosa significasse “donazione” e
mi ha convinto con le sue
parole a provare questa esperienza. L’ultima mia donazione
è stata due anni fa, all’età di 60
anni.
Prima ha detto di aver donato fino all’età di 60 anni, so
che è il limite massimo che un
uomo di buona salute può
raggiungere, lei quindi ha
smesso per l’età o per altri
problemi ?
Dopo aver fatto circa 120
donazioni di routine ,durante
un controllo periodico come
avviene per ogni volontario, ho
scoperto di non poter più
donare a causa della glicemia
(diabete ).
Ora che lei non può più
essere donatore, ancora si
interessa di donazione in
qualche altra maniera ?
Si, saltuariamente. Mi interesso
trovare nuovi volontari. Ed
inoltre ho trasmesso ai miei
figli ed a qualche parente il
valore delle donazioni.
Grazie per la disponibilità e
per salvato delle vite umane.
Lombardo Francesca Dp
9
Istituto Magistrale “Tommaso Gulli” - Unità d’Italia: 1861-2011
Scarica

giornalino AVIS