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01/07/2006
Un amico per la santità: il testamento
spirituale di Antonio Rosmini
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di Loris Lauretano
Rosmini appartiene a quel gruppo di maestri spirituali dalla mente acuta e dal cuore vasto, i cui insegnamenti non si lasciano esaurire
dal piccolo mondo di amici o figli spirituali cui sono originariamente
diretti, perché posseggono una vitalità ed un respiro capaci di raggiungere l’intera comunità cristiana e l’uomo di tutti i tempi. Chi entra in questo stile di vita spirituale, si sente gradualmente portato ad
amare e promuovere ogni bene possibile. Diviene questa una ricerca
ad ampio respiro, che scava fino alle radici comuni della vita spirituale (le fondamenta). In questo senso, la spiritualità rosminiana segna
non la nascita di una nuova peculiare dottrina spirituale, ma l’ampio
recupero di un insegnamento comune, universale, un crocevia di spiritualità classiche e moderne, dove ogni pietra poggia sull’unico
fondamento che è il Cristo; e sebbene possa anche manifestarsi in
forme diverse queste rimangono fra loro armoniche: questa spiritualità respira con il respiro della Chiesa. Dal desiderio di far risplendere, al tempo stesso, la semplicità e la profondità del messaggio evangelico, scaturisce un’altra peculiarità della spiritualità rosminiana: la sua santità intelligente. Non si vuole qui dire che la santità rintracciabile nella vita e negli scritti di Rosmini sia praticabile dalle sole persone colte, ma che per Rosmini l’amore testimoniato dal cristiano
dev’essere espressione di tutto l’uomo, quindi partendo della sua intelligenza e della sua volontà, che sono i
più grandi doni ricevuti da Dio.
Si può anche pregare, edificare, amare, soffrire, ecc. senza capire quel che si sta facendo, cioè senza impegnarvi l’intelligenza e la ragione; ma più il cristiano impegna cuore e mente nelle sue azioni, più cioè agisce con volontà intelligente, più la sua unione con Dio risulta piena ed il suo esempio illuminante per gli altri. La volontà intelligente, inoltre, non indica una volontà che si basa sulle sole ragioni umane, ma quella volontà che unisce in un tutto armonico ragioni dell’intelletto e ragioni della fede: luce naturale e luce soprannaturale (cfr. Enciclica Fides et Ratio).
Accenni alla santità di vita
Le virtù del Servo di Dio Antonio Rosmini sono attestate dai 36 testimoni al Processo diocesano in perfetto accordo con gli oltre 300 testimoni diretti del Servo di Dio, a lui contemporanei, le cui attestazioni autografe sono custodite nell’Archivio Rosminiano di Stresa. Molte di queste testimonianze costituiscono
un’indiscussa garanzia delle virtù del Servo di Dio: sono quelle di Santa Maddalena di Canossa, di San Giovanni Bosco, di San Ludovico da Casoria, del Beato Pio IX, di San Vincenzo Pallotti, di San Gaspare Berto1
ni, di San Leonardo Murialdo, del beato don Luigi Orione, del beato Contardo Ferrini, di San Giovanni Calabria. Le testimonianze tutte concordano nel dire che: il Servo di Dio Antonio Rosmini ha espresso costantemente, nella vita e negli scritti, virtù pienamente evangeliche, in grado eroico, magnanimo, estremo. Egli
ha lasciato esempio luminosissimo di perfezione morale, sacerdotale e religiosa in ogni tipo di azione e in
ogni condizione di vita: civile, religiosa, sacerdotale, pubblica e privata. Ha espresso virtù sia agendo che
scrivendo, effondendosi generosamente nel comunicare a chiunque verità divine e sincero amore di Dio e del
prossimo, ma prima ancora premurandosi di impegnarsi per primo sulla vita stretta della santità, essendo così
d’esempio al prossimo nella: fede, speranza, carità.
Fede
Dal lavacro battesimale Rosmini portò in ogni suo gesto una fede vivissima, manifestata fin da bambino,
approfondita e partecipata nella fiorente giovinezza, sempre più riflessa ed eroicamente offerta nell’età adulta. Fede che riespresse tutta intera sul letto di morte, recitando a chiara voce, con i fratelli e fedeli convenuti
al suo Viatico, il Credo, lo stesso che recitava ogni mattina al primo risveglio.
Speranza
Questa fede semplice e certa, continuamente attinta e sempre offerta nel seno della Chiesa, fu quella che
sostenne la sua ferma speranza, ammirevole nella lieta e imperturbata calma con cui aspettava e affrontava
tutti gli eventi, e negli eventi il volere provvidente di Dio. Il suo “costante dolce sorriso” fu ammirato dai testimoni anche nei momenti più tragici della prova. Quando si scatenò contro di lui la furibonda ira del nemico di Dio, egli non se ne meravigliò e non retrocesse dal cammino di bene intrapreso.
Carità
Tutta la sua vita fu vivissima carità di Dio e del prossimo: carità universale, aperta a tutto il bene, dovunque e in chiunque si trovasse; carità come la descrive San Paolo: «paziente, benigna, non invidiosa …»,
«vincolo della perfezione», unico e potente stimolo del suo agire e del suo patire. Compiva ogni cosa come
servo di tutti e per dare a Dio la maggior gloria che potesse. Secondo la sua individuazione delle forme della
carità, viveva la carità temporale sovvenendo alle miserie materiali di chiunque ricorresse a lui; viveva la carità intellettuale sovvenendo alla debolezza di mente e di erudizione delle persone, correggendo l’ignoranza e
insegnando la verità; e viveva la sua massima carità come carità spirituale, persuadendo gli uomini che il loro fine è quello di essere moralmente giusti e santi, e che solo con esso conseguono la felicità. Anche il suo
studio assiduo, ordinato, profondo era carità, avendo come unico oggetto la verità tutta intera, naturale e soprannaturale, e sapendo che solo la verità si esprime in carità. Carità operosissima: mentre pubblicava le numerose opere filosofiche del Sistema della Verità, si prendeva cura della Società della Carità che il Signore
lo conduceva a fondare; dava il suo contributo di amore illuminato anche alla società civile, per il bene della
Chiesa. Organizzò Collegi-Convitto e un Collegio di Educatori elementari; stese regolamenti per le scuole
teologiche, filosofiche, classiche, di metodo; mandò missionari in Inghilterra e vi propagò parecchie istituzioni di educazione e di cura d’anime. Formò e governò l’operoso e ampio sodalizio delle Suore della Provvidenza; predicò gli esercizi spirituali al clero di molte diocesi in Piemonte, in Lombardia e nel Veneto. In
tempi difficili, su richiesta delle supreme autorità, si impegnò con missione governativa e pontificia per dare
nuovi ordinamenti utili all’Italia e alla Chiesa; attività grandissima e faticosa quanto contrastata. Tutto questo
amore in poco più di un quarto di secolo. E come se non avesse altro da fare, mantenne una corrispondenza
epistolare oltre ogni immaginazione con ogni genere di persone.
Accoglienza, apprezzamento, attualità
La Prima Giornata verso la Beatificazione di Antonio Rosmini del 1° luglio 2002, celebrata annualmente
nelle comunità italiane per la presentazione della figura del Servo di Dio roveretano, non soltanto non aveva
trovato nessun ostacolo, nei vari ambienti, ma aveva invece registrato molta accoglienza e apprezzamento. A
Domodossola, a Rovereto, alla Sacra di San Michele, luoghi in cui il Servo di Dio Antonio Rosmini era presente, la partecipazione era stata incoraggiante. Ai sacerdoti e ai fedeli era giunto un messaggio chiaro. La
prima giornata annuale, con la ricchezza dei messaggi giunti in maniera coordinata da più fonti di informazione (pieghevole, periodici, trasmissioni alla radio e alla televisione, interviste omelie, conferenze), era stata
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molto efficace e aveva lasciato una luce per la fede di tanti, un’attesa per un santo ormai indiscusso e prezioso.
La vicenda di Antonio Rosmini viene stimata in quanti si accorgono di doverlo imitare nel non rassegnarsi a una mentalità dominante contraria al vangelo, nel cercare le ragioni profonde di una fede e le strade giuste per riproporla ancora nella sua completezza. Se un rammarico si nota negli interlocutori è quello dovuto
non solo al fatto di non conoscerlo come pensatore, cosa non accessibile a tutti, ma come maestro di vita cristiana. Ci si accorge che la sua spiritualità può aiutare molto. Dove la presentazione è fatta in maniera accessibile e aggiornata ai temi attuali si avverte il segno inconfondibile dell’interesse, cioè la richiesta di saperne
di più. Anche la venerazione aumenta. In una parrocchia vicina a Stresa, curata dal clero diocesano, ogni
domenica la celebrazione eucaristica si conclude con la preghiera per la Beatificazione di Rosmini.
I cristiani sono stimolati alla santità più da testimoni che da esortazioni. Rosmini va presentato per quello
che è: un testimone di statura eccezionale, perciò sempre attuale, come San Francesco. Non si riesce a imitarli in tutto, ma chi si avvicina sente di essere sulla strada giusta del vangelo.
Il titolo del “libretto” del “prete roveretano” (come amava firmarsi Antonio Rosmini) richiama direttamente le parole di Gesù: «Siate perfetti, come è perfetto il vostro Padre celeste» (Mt 5,48). Oggi cambia il
linguaggio, ma non l’obiettivo. Giovanni Paolo Il nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte invita a
«non accontentarsi di una vita mediocre, vissuta all’insegna di un’etica minimalistica e di una religiosità
superficiale». Ricorda che «questo ideale di perfezione non va equivocato come se implicasse una sorta di
vita straordinaria, praticabile solo da alcuni “geni” della santità», affermando che «è ora di riproporre a
tutti con convinzione questa “misura alta” della vita cristiana ordinaria».
La frase più famosa del testo potrebbe essere questa: «Tutti i cristiani, cioè i discepoli di Cristo, in qualunque stato e condizione si trovino, sono chiamati alla perfezione, perché sono chiamati al Vangelo, che è
legge di perfezione». La ritroviamo, ammirati, quasi “stella normale” tra tante luminose affermazioni, nella
Costituzione Lumen gentium del Concilio Vaticano II e, nella Lettera del papa, quasi “stella polare” per la
navigazione della barca di Pietro nel terzo millennio (“duc in altum”). Antonio Rosmini, autore di queste pagine, viene indicato da Giovanni Paolo II nell’enciclica Fides et Ratio quale maestro per un itinerario spirituale che tragga capacità dall’utilizzo di ambedue le ali date ai cristiani, la fede e la ragione, per innalzarsi verso la verità e la santità.
Destinatari possono essere tutti, perché queste pagine, come si legge nel sottotitolo, sono «adattate ad ogni condizione di persone». Infatti, sono state meditate ed apprezzate anche da molte persone illustri, tra cui Manzoni, Newman,
don Orione, Clemente Rebora, papa Giovanni XXIII, Von Balthasar. Possono
fare del bene anche a chi le legge e le medita ai nostri giorni.
Il messaggio essenziale delle sei massime può essere così sintetizzato: il desiderio vero di felicità diventa desiderio di santità, di unione con Dio attraverso
Cristo (1); occorre coltivare un amore operoso (2) e sereno, nella Chiesa (3); tale serenità (citando Von Balthasar) «è sostenuta dalla fiducia che la Provvidenza divina conforma la vita del cristiano» (4) e che noi siamo «argilla nelle sue
mani plasmatrici» (5); infine, la stessa serenità è la prova che i semi di bene
stanno moltiplicandosi sotto «l’azione dello Spirito, graduale ed ordinata, ed intimamente trasformante la vita data a Dio» (6).
Le massime di Antonio Rosmini secondo Giovanni XXIII (14 agosto 1961 Lunedì)
Quanto al fine da raggiungere nella mia vita io debbo:
Desiderare solo di essere iustus et sanctus e con ciò di piacere a Dio.
Rivolgere tutto, pensieri ed azioni all’incremento, al servizio, alla gloria della Santa Chiesa.
Sentendomi chiamato da Dio e appunto per questo, rimanere in perfetta tranquillità circa tutto ciò che
avviene non solo riguardo a me, ma anche riguardo alla Chiesa, pur sempre in atto di lavorare a pro di
essa e anche di soffrire con Cristo per essa.
4.
Tenermi sempre abbandonato alla divina Provvidenza.
5.
Riconoscermi sempre nel mio nulla.
6.
Disporre sempre la mia giornata con chiarezza di visione e con ordine perfetto.
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3.
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I principali tra i numerosi scritti
Opuscoli filosofici (1827-28); Nuovo saggio sull’origine delle idee (1830), la sua prima grande opera filosofica; Massime di perfezione cristiana (1830), piccolo per dimensione ma grande di contenuto, in cui vi è in
compendio tutta la sua dottrina ascetica; Principi della scienza morale (1831); Delle Cinque Piaghe della
Santa Chiesa (1832-33), un testo “scomodo” per molta gente e che costò tanti triboli al Roveretano; Il rinnovamento della filosofia in Italia (1836), una risposta alle critiche di Terenzio Mamiani; Storia comparativa
e critica dei sistemi intorno alla morale (1837); Antropologia (1848); Trattato della scienza morale (1839);
Filosofia della politica (1839); Filosofia del diritto (1841-1845), Teodicea (1845); Psicologia (1850); Introduzione alla filosofia (1850); Logica (1845). Alla quale massa di opere va aggiunta quella non meno imponente delle opere postume: Del principio supremo della metodica (1857); Aristotele esposto ed esaminato
(1857); Teosofia (1859-1874); Saggio storico-critico sulle categorie e la dialettica (1882); Antropologia soprannaturale (1884); oltre a un gran numero di scritti minori e lettere.
Chi ha letto o conosce Rosmini ben sa che la sua spiritualità va individuata nel patrimonio generale di tutto ciò che egli ha scritto e fatto. In ogni momento della sua vita egli sentiva e cercava di adempiere la vocazione ricevuta. Anche quando si trovava immerso in cavillosi studi filosofici, come anche in situazioni dolorosissime, ciò che lo spingeva e sosteneva era la consapevolezza di obbedire, così operando, alla volontà di
Dio. Ecco perché si può dire che tutte le imprese e gli scritti del roveretano, devono essere letti come momenti organici di un’unica testimonianza, cioè del suo vivere consacrato interamente alla gloria di Dio e
all’amore del prossimo. In Rosmini non esiste alcuna lacerazione tra pensare e credere, vita pubblica e vita
privata, lavoro e pietà, comportamento ecclesiastico e comportamento umano.
Riconoscimento delle virtù eroiche
Il 3 luglio 2001 la Congregazione delle Cause dei Santi, rilascia al postulatore il Nihil obstare per
l’ulteriore proseguo della Causa di Beatificazione del Servo di Dio Antonio Rosmini. Il 26 giugno 2006, nel
corso di un Udienza privata concessa al cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle
Cause dei Santi, il Santo Padre Benedetto XVI ha autorizzato la Congregazione a promulgare il decreto riguardante «le virtù eroiche del Servo di Dio Antonio Rosmini, Sacerdote e Fondatore dell’Istituto della Carità e delle Suore della Provvidenza, nato il 24 marzo 1797 a Rovereto (Italia) e morto il 1° luglio 1855 a Stresa (Italia)».
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