Con il patrocinio
RegioneLombardia
Il WWF Trezzo ringrazia Adriana Bruzzese per i disegni della copertina e del retro copertina.
L’Oasi Le Foppe merita particolare attenzioni a partire dal suo percorso di esistenza,
perché è una zona di interesse naturalistico recuperata su un’area precedentemente
degradata e compromessa.
Proprio il ripristino della biodiversità nelle Foppe è stato l’elemento basilare per il
recupero ambientale dell’Oasi, il segno che ne caratterizza la vita.
La biodiversità, infatti, è la varietà di forme viventi necessaria a garantire l’equilibrio
di un ecosistema. Conservare o addirittura aumentare la biodiversità di un’area
significa riuscire a mantenere un’adeguata varietà di specie animali e vegetali, in
grado di svolgere funzioni diverse nel ciclo biologico complessivo. Questa ricchezza
non fa che rafforzare la capacità di vita di un ecosistema, rendendolo più resistente
anche a eventuali condizioni di criticità di origine naturale (siccità, aggressioni di
parassiti, ecc.) o di origine antropica e umana (inquinamento).
Come ha scritto Vandana Shiva, scienziata e filosofa indiana di fama internazionale,
… “la scomparsa della biodiversità fa scomparire le alternative.
Conservare la diversità è prima di tutto tenere in vita forme alternative. Il punto
debole della nostra epoca è l’uniformità in contrapposizione alla diversità, non solo
rispetto alla terra e alla natura, ma anche nei modi di vivere e di pensare”.
Ma la biodiversità la si misura anche istintivamente: è un concetto percepito e
apprezzato anche dai non addetti ai lavori perché è bellezza, è natura, è il piacere
di una passeggiata in mezzo al verde, accompagnati dai rumori e dai profumi del
bosco.
Un elogio sincero per questo esempio di vero ripristino ambientale, di impegno per
la biodiversità nell’Oasi Le Foppe, va riconosciuto al WWF, che nel territorio trezzese
è particolarmente presente e attivo.
Da tutto il Parco Adda Nord quindi un ringraziamento al WWF e un augurio (reciproco)
di poter continuare a collaborare proficuamente per il comune obiettivo di valorizzare e salvaguardare il patrimonio naturalistico ambientale del nostro territorio.
Dott. Agostino Agostinelli (Presidente Parco Adda Nord)
Dott.ssa Simona Colzani (Delega risorse naturali)
Dott.ssa Luisa Ghidini Comotti (Delega educazione ambientale)
Scrivo queste righe mentre si preparano le celebrazioni per la concessione del
titolo di città a Trezzo sull’Adda. Insieme al logo Natura 2000 ed a quella sigla (SIC
IT2050011) che compaiono in questo volume, esso riconosce la cura per il proprio
territorio che ha caratterizzato Trezzo nella sua storia remota e recente.
Il riconoscimento, da parte dell’Unione Europea, dell’Oasi Le Foppe è il frutto del
lavoro di tanti che, come ci racconta Fabio Cologni nella sua introduzione, ha portato
un’area degradata, sottratta all’abbandono dopo un utilizzo produttivo, ad essere
un gioiello nel nostro territorio. Un gioiello del quale questa pubblicazione ci racconta la ricca biodiversità, ma del quale ci evidenzia anche la fragilità, come una
piccola isola immersa nel mare di una Provincia sempre più fitta di costruzione ed
infrastrutture, nella quale le aree naturali si frammentano sempre più, rischiando
così progressivamente di vanificarne il ruolo a difesa della biodiversità.
La scelta della comunità trezzese di sostenere il riconoscimento dell’oasi Le Foppe
come Sito di Importanza Comunitaria (questo è il significato della sigla SIC), non
rappresenta solo la volontà di valorizzare la qualità del luogo, ma soprattutto la
scelta di porsi e di affrontare una sfida.
Un aspetto chiave nella conservazione dei siti, previsto dalla Direttiva europea Habitat, è infatti la procedura di valutazione di incidenza, che ha il compito di tutelare
la Rete Natura 2000 dal degrado o comunque da perturbazioni esterne che potrebbero avere ripercussioni negative sui siti che la costituiscono. La presenza di
un Sito di Importanza Comunitaria, così vicino al centro abitato, ci impone così di
subordinare la gran parte dei piani e progetti alla valutazione di incidenza e, quindi,
alla prioritaria tutela del ruolo dell’Oasi.
Questa tutela non può essere considerata in termini puramente difensivi, ma richiede
un impegno nella ricostituzione di una rete ambientale di aree protette, corridoi ecologici, aree naturali o rinaturalizzate. Un primo passo in questa direzione è la proposta di ampliamento del Parco Regionale Adda Nord sul nostro territorio, contenuta
nel nostro Piano di Governo del Territorio e recentemente approvata dall’assemblea
dell’Ente Parco, limitando così ai pochi ambiti individuati la valutazione di possibili
future costruzioni.
Solo se riusciremo a proseguire sulla strada intrapresa con questo primo passo,
senza recedere di fronte alle pressioni di uno sviluppo incontrollato, saremo in grado
di consegnare ai nostri figli quel gioiello di cui questo volume ci parla.
Dott. Luca Rodda
Vicesindaco Comune di Trezzo sull’Adda
La prima volta che vidi le Foppe Radaelli fu nel Giugno del 1990, quando fui guardia
ecologica del Parco Adda Nord. Durante un servizio una collega GEV mi invitò a
visitare quest’area nella quale si praticava saltuariamente il motocross, si cacciava,
si pescava, si tagliavano gli alberi e i rifiuti regnavano ovunque nelle foppe (buche
con l’acqua). Nonostante ciò questo luogo riusciva ancora a trasmettere un fascino
particolare che pochi sono riusciti immediatamente a capire, tra questi un gruppo
di volontari del WWF, ai quali avevo segnalato l’importanza. Ci siamo impegnati
a ripristinare l’area bonificandola dai rifiuti, piantando alberi e arbusti autoctoni e
creando nel tempo un raro esempio di riqualificazione naturalistica.
La capacità e la voglia di impegnarsi hanno in questi anni dato pienamente ragione
a quei pochi che iniziarono i lavori di riqualificazione, complici anche le istituzioni
che hanno sostenuto questo lavoro dei volontari in primis il Parco Adda Nord e il
Comune di Trezzo S/Adda, che attraverso il suo vicesindaco il Dott. Luca Rodda
hanno sempre appoggiato il WWF e le iniziative proposte.
L’oasi le Foppe Radaelli è oramai conosciuta in un ampio contesto territoriale, le
molte iniziative naturalistiche e culturali che si svolgono nell’oasi, l’educazione
ambientale svolta sia per le scolaresche che per i gruppi di persone ne sono una
conferma tangibile.
Il lavoro svolto ha fruttato il riconoscimento di SIC (Sito di Interesse Comunitario)
infatti gli studi e le ricerche effettuate ne confermano le alte naturalità faunistiche
e vegetali presenti. Da parte nostra continueremo con volontà e passione ad occuparci di questo territorio, saremo vigili custodi con l’obiettivo di traghettare questa
ricchezza che appartiene a tutti nel tempo affinchè tutti continueranno ad apprezzarne le caratteristiche.
L’opuscolo realizzato con il contributo del Comune di Trezzo S/Adda e del Parco
Adda Nord, arricchirà e completerà una bibliografia di studio sull’area (impensabile solo pochi anni fa), frutto delle ricerche di due persone che stimo il Dott. Luca
Gariboldi per la rara vegetazione presente e il Dott. Livio Leoni per gli anfibi, a
queste due persone vanno riconosciute la passione e la capacità di raccogliere ed
evidenziare tutte le potenzialità faunistiche e vegetali presenti negli stagni dell’oasi,
a testimonianza che non si conosce mai abbastanza della grande Biodiversità della
vita che si può trovare e scoprire in un’area di pochi ettari confermando l’unicità di
questo importantissimo sito.
Fabio Cologni
Responsabile Oasi Foppe Radaelli
(*)
Luca Gariboldi
(SIC IT 2050011)
nel comune di Trezzo sull’Adda
Indagine condotta nel 2008
(Salvinia natans, Utricularia vulgaris e Hydrocharis morsus-ranae)
(*) Consulente botanico e collaboratore del Museo Civico di Storia Naturale, Via Zamenhof 12, 20136 Milano.
E-mail: [email protected]; [email protected]
Il seguente lavoro vuole essere un contributo alla conoscenza della flora delle zone
umide dell’Oasi Wwf “Le Foppe”; sito di interesse comunitario (SIC), ai sensi della
direttiva 92/43/CEE per la conservazione della natura e della biodiversità, identificabile con il codice “IT2050011”. L’Oasi che ricade entro i limiti amministrativi del
Comune di Trezzo sull’Adda, in provincia di Milano, è completamente inclusa entro
il perimetro del Parco Naturale Regionale dell’Adda Nord.
Con il termine zone umide si identificano in generale ambienti aventi una triplice
natura di zone d’acqua, zone di terra e zone di transizione acqua-terra (terreni ripari
o palustri).
La ricerca svolta tra marzo e agosto di quest’anno, ha interessato in particolar modo
gli habitat acquatici e palustri. Essa si è articolata in due fasi ben distinte:
- la prima di “campo”, dove sono state effettuate diverse uscite durante il periodo
della fioritura (primavera ed estate) per individuare le specie tipiche di questi
habitat;
- la seconda di “laboratorio” dove le entità trovate (fotografate e/o raccolte) sono
state determinate con l’utilizzo delle flore più comuni quali: ”Flora d’Italia” (PIGNATTI
1982) e “Flora Europea” (TUTIN et al. 1964-1980, 1993), integrate da successivi
aggiornamenti sistematico-tassonomici riguardanti diversi gruppi (Utricularia, Eleocharis e Nymphaea). Si è proceduto poi a un’analisi floristica della flora censita con
lo scopo di individuare, sia le specie di maggior pregio e di interesse conservazionistico per l’area esaminata, sia quelle di “disturbo”; che potrebbero cioè arrecare
danno, se non controllate, alla biodiversità dell’ambiente studiato.
La scarsa accessibilità di alcune zone e il livello dell’acqua degli stagni, quest’anno
eccezionalmente alto per le frequenti e abbondanti precipitazioni atmosferiche, non
hanno permesso una perlustrazione completa di tutte le aree umide presenti; tuttavia le informazioni raccolte sono da considerarsi altamente rappresentative.
L’Oasi “Le Foppe” si trova a nord-est di Milano, in una delle aree più urbanizzate e
industrializzate del suo hinterland; ha una superficie nel complesso pianeggiante
di poco più di 5 ettari e presenta una lieve escursione altitudinale che va da circa
207 m s.l.m. a circa 213 m s.l.m.
Dal punto di vista geologico-geomorfologico il territorio delle Foppe si estende in
quella zona della Pianura Padana denominata “pianalto” o “alta pianura”, costituita
da un sistema di terrazzi fluvioglaciali a lieve pendio che si dipartono dagli anfiteatri
morenici pedemontani degradando verso la pianura con la quale si raccordano più
o meno bruscamente. Studi effettuati sugli anfiteatri morenici e sui terrazzi fluvioglaciali, nel territorio che si estende a nord di Milano tra i fiumi Adda e Olona, hanno evidenziato come i depositi fluvioglaciali attribuiti a una glaciazione, prendono origine,
a monte, nell’area delle fronti glaciali di quella stessa glaciazione, in altre parole tra
le morene frontali della stessa età (CASTIGLIONI, 1991). Si evince così che l’Oasi
è impostata principalmente sopra i più antichi depositi fluvioglaciali mindeliani, e in
particolare sul “Terrazzo ferrettizzato di Trezzo” (fig.1).
Dal punto di vista pedologico il substrato tipico del territorio è il ferretto, un suolo
argilloso, molto acido, povero di nutrienti ed impermeabile, e quindi molto selettivo
nei confronti delle specie vegetali; nell’Oasi non mancano tuttavia suoli più addolciti
o arricchiti, in particolar modo sotto i boschi mesofili (con querce, carpino e robinia)
o meso-igrofili (con frassino maggiore, olmo e pioppo), e suoli subacquei che si
formano in corrispondenza degli stagni da cava.
Fig.1 – Inquadramento geografico, geologico-geomorfologico dell’Oasi Le Foppe (shapefile
Regione Lombardia, modificati). Legenda colori: blu = SIC2050011; crema = terrazzi antichi mindeliani; mattone = alta pianura (terrazzi recenti wurmiani); verde sporco = terrazzi fluviali.
Il clima del territorio, in base ai dati climatici reperiti dall’Ufficio idrografico del Po
(UIPO) e riferiti alle stazioni meteorologiche più prossime all’area in esame quali
Brembate e Monza, in quasi un ventennio di osservazione meteorologica (19781994), può essere definito “moderatamente continentale” (ROSSI, 2006). Si tratta cioè di un clima che, sia dal punto di vista termico sia della piovosità, risente
notevolmente dell’azione mitigatrice delle masse d’aria caldo-umida provenienti
dall’area insubrica limitando così il grado di continentalità, generalmente più elevato,
tipico della bassa pianura padana e delle Alpi interne.
Il clima, caratterizzato da precipitazioni ben distribuite nel corso dell’anno con due
massimi in primavera e autunno (ROSSI, op. cit.), insieme con il substrato tipico del
territorio, duro, compatto e impermeabile, sono i fattori cui si devono la presenza e
l’attuale permanenza nell’Oasi di nove stagni di origine artificiale (ex cave), alcuni
dei quali di grosse dimensioni.
La flora di un dato territorio (o ambiente) è rappresentata dall’insieme delle specie
vegetali che lo popolano. Nel milanese con il termine “foppa” si intende una buca
piena d’acqua ed è sovente utilizzato per indicare degli stagni o più in generale delle
zone umide. Le specie individuate nelle foppe dell’Oasi durante il lavoro svolto tra
marzo e agosto del 2008, sono 29; l’elenco finale ottenuto considerando anche le segnalazioni di SAIANI (2000) e ROSSI (2006) è invece di 31 entità, ripartite in 31 specie, 24 generi e 22 famiglie. Nell’elenco floristico riportato in fondo al testo, le specie,
per semplicità di lettura, sono state ordinate in ordine alfabetico. La nomenclatura è
conforme a CONTI et al. (2005) e BANFI et al. (2005).
Per ogni entità osservata, è riportato:
• Il binomio o il trinomio latino con l’eventuale sinonimo.
• La famiglia
• La forma biologica (PIGNATTI 1982, AESCHIMANN et al. 2004).
• Il tipo corologico (PIGNATTI 1982; AESCHIMANN et al. 2004); per le specie
esotiche è indicato, tra parentesi, l’areale d’origine.
• La frequenza nel territorio secondo la seguente scala: RR = molto rara, R = rara,
PC = poco comune, C = comune, CC = molto comune, loc = localizzata.
• La categoria IUCN delle specie a rischio di estinzione in Lombardia, seguendo le
Liste Rosse Regionali delle piante d’Italia (CONTI et al. 1997; SCOPPOLA & BLASI
2005).
• Lo stato di tutela delle specie considerando sia le normative internazionali recepite
dall’Italia (le Convenzioni di Berna, di Washington, di Barcellona e la direttiva 92/43
CEE), sia le normative regionali (L.R. 10/2008 e succ. mod.).
• Le segnalazioni di SAIANI (2000) e ROSSI (2006) non osservate durante questo
lavoro, indicate rispettivamente con la sigla (SA) e (RO).
Tra le specie trovate, come evidenziato dal seguente diagramma (fig.2), oltre alle
idrofite in s.s., (ad esempio: Lemna minor, Utricularia vulgaris e Hydrocharis morsus-
ranae) sono state osservate numerose elofite s.l. (Typha latifolia, Iris pseudacorus,
Carex pseudocyperus, Persicaria dubia ecc.) e diverse igrofite, tra cui anche alcune
“legnose” (arbusti o giovani alberi) quali Salix spp. e Alnus glutinosa.
Igrofite
26%
Elofite
48%
Pleustofite
13%
Rizofite
13%
Fig.2 – Macrogruppi della flora delle foppe: a) idrofite s.s.= piante adattate ad ambienti acquatici che
vivono quindi immerse nell’acqua che si distinguono in: pleustofite = fluttuanti liberamente sulla superficie dell’acqua, e rizofite = ancorate al fondo del corpo d’acqua; b) elofite s.l. = piante che vivono sulle
rive perlopiù fangose e/o immerse nell’acqua per parte o quasi tutto l’anno; si tratta di quelle specie ±
marcatamente anfibie delle formazioni riparie; c) igrofite = piante che amano i suoli umidi e tollerano
anche periodi ± brevi di sommersione.
Gli elementi floristici di un’area sono ritenuti di pregio se esclusivi di essa o comunque di distribuzione assai ridotta (endemiti) o se, pur presentando un’ampia distribuzione, nel territorio in cui sono inseriti, sono rari, localizzati o a rischio di estinzione e
quindi protetti dalle normative vigenti nazionali o internazionali. Tra le entità censite
sono degne di nota:
- L’erba pesce (Salvinia natans (L.) All.)
Felce acquatica annuale, natante (pleustofita), a distribuzione eurasiatica temperata.
In Italia è rara sulle Alpi e nella Penisola; è invece comune nella Padania anche se in
via di scomparsa a causa della progressiva eutrofizzazione delle acque interne.
Predilige acque stagnanti o a debole corrente e ambienti di risaia, 0-400 m s.l.m.
Ama acque oligo-mesotrofiche, pienamente illuminate e calde, soggette a forte riscaldamento estivo. Salvinia natans (fig.3 a) è l’unica specie in Europa appartenente
alla famiglia delle Salviniaceae. È protetta dalle normative internazionali (Convenzione di Berna) e nazionali (L.R. 10/2008); ed è segnalata, inoltre, nella lista rossa della
Lombardia e dell’Italia come entità “Vulnerabile (VU) ”. Nel territorio indagato è poco
comune e localizzata.
- L’erba vescica comune (Utricularia vulgaris L.)
Pianta acquatica perenne, natante (pleustofita), a distribuzione circumboreale.
In Italia è rara e in molti luoghi scomparsa. Molte segnalazioni della specie in
Lombardia e in Italia sono risultate erronee e riferibili invece all’affine U. australis R.Br., che risulta quindi più comune. La presenza di U. vulgaris (fig.3 b) rende
“Le Foppe” un sito di notevolissimo valore floristico-ambientale e conservazionistico,
essendo l’unica stazione “confermata” attualmente in Provincia di Milano e forse per
l’intera Lombardia. Utricularia vulgaris è una pianta carnivora appartenente alla famiglia delle Lentibulariaceae che predilige ambienti palustri (stagni, paludi), 0-1000 m
s.l.m. Vive in acque basse, oligo-mesotrofiche (raramente anche eutrofiche), in piena
luce o in ambienti parzialmente ombreggiati. La specie è protetta ai sensi della L.R.
10/2008 nel territorio indagato è comune e localizzata.
Fig.3 – a) Salvinia natans; b) Utricularia vulgaris (Foto: Luca Gariboldi)
- La poracchia dei fossi (Ludwigia palustris (L.) Elliott)
Pianta erbacea annuale o perenne (elofita s.l.), a distribuzione subcosmopolita (in
particolare Europa, America e Africa). In Italia è rara e quasi ovunque estinta a causa
della quasi totale scomparsa degli habitat prediletti quali: stagni, fossi, acque lente,
fanghi, anche in condizioni di maggiore nitrofilia del suolo, 0-800 m s.l.m. La poracchia dei fossi (fig.4) ama acque perlopiù mesotrofiche e ± pienamente illuminate.
La sua presenza nell’Oasi è di sicuro interesse floristico-ambientale e conservazionistico essendo una delle poche stazioni ancora presenti in Lombardia. È protetta
dalla L.R. 10/2008 e rientra nella lista rossa per la Lombardia e l’Italia come entità
“Minacciata (EN)”. Nel territorio indagato è comunissima.
Fig.4 – Ludwigia palustris in foppa 2 (Foto: Luca Gariboldi)
- Il morso di rana (Hydrocharis morsus-ranae L.)
Pianta acquatica perenne, radicante (rizofita) (fig.copertina), a distribuzione eurasiatica temperata. In Italia è diventata rara a causa delle bonifiche degli ambienti
umidi operate dall’uomo. Predilige acque calme, fossi e paludi, 0-500 m s.l.m. Ama
le acque stagnanti, meso-eutrofiche, poco inquinate, da luminose a mezz’ombra.
Rientra nella lista rossa della Lombardia come entità a “Minor Rischio (LR)”. Nel
territorio esaminato è poco comune e localizzata.
- Il giaggiolo acquatico (Iris pseudacorus L.)
Pianta erbacea perenne (elofita s.l.), con areale eurasiatico temperato. In Italia è
comune. Preferisce ambienti quali fossi, sponde e paludi, 0-300 m., max. 1000
m s.l.m. Predilige suoli intrisi o sommersi d’acqua, con una buona disponibilità di
nutrienti; ama la luce ma non disdegna la penombra.
Nel territorio in esame è comune.
Fig.5 – Iris pseudacorus (Foto: Luca Gariboldi)
- Il crescione di Chiana (Rorippa amphibia (L.) Besser)
Pianta erbacea perenne (elofita s.l.) a distribuzione eurosiberiana. In Italia è comune nella Padania, nel resto è rara. È tipica nei corsi d’acqua, fossi e stagni,
0-800 m s.l.m., dove perlopiù è sommersa con la base. Predilige suoli sommersi,
tendenzialmente neutro-basifili e con una buona disponibilità di nutrienti. Ama la
piena luce, ma spesso si trova anche in ambienti a luminosità ridotta. È segnalata
nella lista rossa della Lombardia come entità a “Minor Rischio (LR) ”. Nel territorio
in esame è rarissima.
- La lisca maggiore (Typha latifolia L.)
Pianta erbacea perenne (elofita s.l.) a distribuzione cosmopolita. In Italia è comune
ma localizzata in ambienti come stagni, fossi e paludi, 0-2000 m s.l.m. La presenza di questa specie generalmente indica lo stadio finale d’interramento di un corpo
d’acqua lentico. La lisca maggiore è a protezione totale in provincia di Milano (L.R.
33/1977). Nell’Oasi la specie è comune.
- La carice spondicola (Carex riparia Curtis)
Pianta erbacea perenne (elofita s.l.), a distribuzione euroasiatica. In Italia è comune
nella Padania e Alpi, nel resto della Penisola è rara. È tipica delle sponde dei canali,
corsi d’acqua e sulle rive degli stagni, 0-600 m s.l.m. È segnalata nella lista rossa
della Lombardia come entità a “Minor Rischio (LR)”. Nel territorio è poco comune
e localizzata.
- La felce palustre (Thelypteris palustris Schott)
Felce perenne (igrofita) a distribuzione subcosmopolita. In Italia è rara nella Padania, mentre è comune sulle Alpi e sull’Appennino centrale. È tipica nelle paludi e
boschi umidi, 0-1350 m s.l.m. È segnalata nella lista rossa della Lombardia come
entità a “Minor Rischio (LR)”. Nel territorio la specie è da riconfermare.
- Il ceratofillo comune (Ceratophyllum demersum L.)
Pianta acquatica perenne, radicante (rizofita), a distribuzione subcosmopolita.
In Italia è comune nella Padania e valli alpine, nel resto è rara o assente. Predilige
acque stagnanti o lentamente fluenti, 0-500 m s.l.m. Nel territorio la specie è da
riconfermare. È segnalata nella lista rossa della Lombardia come entità a “Minor
Rischio (LR)”. Nel territorio la specie è da riconfermare.
- Il crescione palustre (Rorippa palustris (L.) Besser)
Pianta erbacea annuale o perenne (elofita s.l.) a distribuzione subcosmopolita.
In Italia è rara e tipica di ambienti periodicamente inondati, quali: stagni, fossi,
sabbie umide e fanghiglie degli alvei fluviali, 0-1000 m s.l.m. (raramente sale fino a
1700 m s.l.m.). Nel territorio la specie è rarissima.
- La giunchina comune (Eleocharis palustris (L.) Roem. & Schult)
Pianta erbacea perenne (elofita s.l.) a diffusione subcosmopolita. In Italia è rara.
Predilige ambienti palustri, 0-1600 m s.l.m. Nel territorio indagato è comune e
localizzata.
Tra le altre piante acquatiche e palustri destano interesse per motivi autoecologici,
per la rarità nel territorio indagato o anche solo per motivi estetici: la mestolaccia
o piantaggine acquatica (Alisma plantago-aquatica) (fig.6 a); la lenticchia d’acqua
comune (Lemna minor) e la carice falso-cipero (Carex pseudocyperus) (fig.6 b).
Fig.6a – Alisma plantago-acquatica; Fig.6b – Carex pseudocyperus (Foto: Luca Gariboldi)
Si tratta di tutte quelle specie rinvenute nelle aree umide dell’Oasi, non originarie
del territorio italiano. Tali specie dovrebbero essere costantemente monitorate per
impedire che arrechino danno all’ambiente naturale in cui sono inserite; infatti, se
non controllate, potrebbero diventare invasive e dominare sulle altre entità “autoctone”,
sostituendole. Esse sono:
- la forbicina peduncolata (Bidens frondosa L.): Pianta erbacea annua (elofita
s.l.), originaria dell’America settentrionale. È oramai comune in quasi tutta Italia,
segnalata dapprima in Toscana e poi diffusasi al nord (segnalata in Liguria intorno
al “1937” e nel milanese intorno al “1943”). Forma popolamenti quasi puri in consorzi di
erbe annuali o bienni dei luoghi umidi e ricchi di nitrati (formazioni dei Bidention
tripartitae), ed ha quasi del tutto soppiantato la congenere europea, forbicina comune
(Bidens tripartita). Nelle aree umide dell’Oasi è rara; quindi la sua presenza non
desta attualmente alcuna preoccupazione. La specie è inserita nella lista nera (L.R.
10/2008), delle specie alloctone vegetali oggetto di monitoraggio, contenimento o
eradicazione.
- il poligono mite (Persicaria dubia (Stein) Fourr.): Pianta erbacea annua (fig.7)
(elofita s.l.) a distibuzione europeo-caucasica. In Italia è comune nella Padania, nel
resto è rara o assente. Il poligono mite, come la forbicina americana, fa parte di quelle
cenosi erbacee infestanti i luoghi umidi (Bidention tripartitae) caratterizzate da
specie tipiche delle sponde sabbiose, dove l’umidità ristagna ed è consistente il
disturbo antropico e l’apporto di nutrienti. Nell’Oasi è comunissima e localizzata.
Se non fosse per la presenza sporadica della lenticchia d’acqua comune (Lemna
minor), il poligono mite sarebbe l’unica specie presente nella foppa cinque.
- la peste d’acqua di Nuttall (Elodea nuttallii (Planch.) H.St.John)
Pianta acquatica perenne, radicante (pleustofita), originaria dell’America settentrionale. In Italia Centro-Settentrionale è segnalata Elodea canadensis anch’essa di
origine nordamericana, ma sembra che E. nuttallii stia graduatamente sostituendo
la prima, in tutta Europa. Nell’Oasi la peste d’acqua di Nuttal è rara, e perciò per
ora non desta alcuna preoccupazione per la conservazione della biodiversità acquatica delle foppe. La specie è stata rinvenuta durante l’indagine preliminare dello
scorso anno (Gariboldi 2007), senza essere stata riconfermata in questo lavoro.
È inserita nella lista nera regionale, ai sensi della L.R. 10/2008.
- la lenticchia d’acqua minuscola (Lemna minuta Kunth): Pianta acquatica
perenne, natante (pleustofita), originaria delle zone temperate e subtropicali dell’America. È attualmente in espansione in tutta Europa; è già segnalata in Francia,
Belgio e Svizzera. La distribuzione in Italia è ancora da accertare. Nell’Oasi è poco
comune e localizzata.
- la ninfea ibrida (Nymphaea × marliacea Marliac): Splendida pianta acquatica perenne (fig.8), radicante (rizofita), di origine ibrida (cultivar); si tratta, infatti,
dell’ibrido tra l’autoctona ninfea comune (Nymphaea alba) e l’esotica ninfea messicana (Nymphaea mexicana). È nota e comunissima come pianta ornamentale nei
giardini con laghetto. Nell’Oasi è piuttosto comune.
Negli stagni dove è stata osservata, si presenta in un preoccupante stato di espansione, coprendo in alcuni casi, con le sue grandi foglie galleggianti, anche più del
50% della superficie della foppa, riducendo così lo spazio vitale per le altre specie
acquatiche. Nei prossimi anni si dovrebbe intervenire con urgenza per controllare
tale espansione.
Fig.7 – Persicaria dubia in foppa 5 (Foto: Luca Gariboldi)
Fig.8 – Nymphaea × marliacea (Foto: Luca Gariboldi)
Dal punto di vista corologico (ossia della distribuzione delle specie sulla superficie
terrestre) una flora è costituita da una serie di elementi (o gruppi) corologici, ciascuno
dei quali comprende un gruppo di specie aventi la stessa area d’origine, oppure
la stessa distribuzione. Nel primo caso si parla di elemento genetico, nel secondo
di elemento geografico. Spesso il centro di origine di una specie coincide con la
sua area di distribuzione, come nel caso di molte specie ad areale ristretto, perciò
l’elemento genetico si identifica con quello geografico. In altri casi i due elementi
risultano ben distinti; infatti, cambiamenti climatici avvenuti in epoche passate hanno
provocato numerosi spostamenti di specie che, dal loro areale d’origine, sono state
costrette a migrare verso zone ecologicamente più favorevoli. Non va poi dimenticato che anche l’intervento dell’uomo può aver apportato variazioni nella distribuzione naturale della flora. L’individuazione del centro di origine di una specie è
quindi difficoltosa, se non addirittura impossibile; richiede, infatti, complessi studi
di revisione tassonomica di generi o di intere famiglie. Per questo motivo in una
trattazione corologica ci si riferisce generalmente solo all’elemento geografico, la
cui definizione è basata semplicemente sull’areale di distribuzione attuale.
I principali gruppi corologici individuati nel territorio in esame sono:
• Specie Circumboreali: specie delle zone fredde e temperato-fredde dell’Europa,
Asia e Nordamerica.
• Specie Eurosiberiane: specie distribuite nelle zone fredde e temperato fredde
dell’Eurasia.
• Specie Eurasiatiche s.s.: specie che occupano tutte le zone temperate dell’Europa
al Giappone.
• Specie Paleotemperate: specie eurasiatiche in senso lato, ossia presenti anche
nel Nordafrica (temperate-calde).
• Specie Europee-Caucasiche: specie distribuite nelle zone temperate dell’Europa
e Caucaso.
• Specie Cosmopolite: specie diffuse in tutti i continenti; senza lacune importanti.
• Specie Subcosmopolite: specie distribuite in quasi tutti i continenti.
• Specie Esotiche e Cultivar: specie estranee alla nostra flora o coltivate, la cui
distribuzione sul territorio italiano è perlopiù dovuta, volontariamente o involontariamente, all’uomo.
Per valutare l’incidenza dei diversi elementi geografici nella composizione della
flora delle zone umide delle “Foppe”, è stato calcolato lo spettro corologico. Questo
rappresenta un dato sintetico di fattori ecologici e di storia delle flore, dal momento
che la distribuzione di una specie denota da una parte la concordanza dell’ambiente
con le esigenze della specie e dall’altra, è il risultato di caratteristiche genetiche e
di eventi storici che ne hanno ampliato o limitato l’estensione. È di seguito riportato
lo spettro corologico globale (fig.9), ottenuto calcolando la percentuale del numero
di specie appartenenti ai singoli tipi corologici sul totale delle specie censite di cui
è nota la corologia (31).
Esotiche e cultivar
Cosmopolite
Subcosmopolite
Paleotemperate
Europeo-Caucasiche
Euroasiatiche
Circumboreali
Eurosiberiane
0
5
10
15
20
25
30
35
40
%
Fig.9 – Spettro corologico generale delle aree umide
L’esame dello spettro evidenzia una netta prevalenza di due contingenti di specie:
le cosmopolite s.l. (Cosmopolite, Subcosmopolite, Esotiche e Cultivar), il cui elevato
valore complessivo (51%) è da mettere in relazione sia all’habitat acquatico oggetto
di questo studio, sia al passato utilizzo antropico del territorio. Tali entità sono, infatti,
legate ad ambienti ecologici ben determinati, che si ripetono nelle varie parti del
mondo, come le zone umide o gli habitat sinantropici (PIGNATTI, 1994); e le eurasiatiche s.l. (Eurasiatiche s.s., Paleotemperate ed Europeo-caucasiche) il cui alto
valore complessivo (39%) è dovuto al fatto che rappresentano il contingente tipico
dei climi temperati delle medie latitudini. Discreto è anche il contingente boreale
s.l. (Circumboreale, Eurosiberiano), dove sono raggruppate le specie dell’emisfero
ssettentrionale appartenenti ai climi freddi e temperato-freddi. La loro presenza,
nonostante le basse quote in cui rientra il territorio studiato, è legata ad ambienti dal
particolare microclima come le formazioni erbacee meso-igrofile e palustri.
Le forme biologiche secondo la concezione classica di Raunkiaer (1934), sono
categorie in cui le piante vascolari sono state ripartite in base agli adattamenti ai
quali ricorrono per proteggere le loro gemme durante la stagione avversa.
Nel nostro clima la stagione avversa per le piante è l’inverno, periodo in cui la
temperatura troppo bassa determina il blocco delle attività metaboliche.
Le principali forme biologiche individuate nell’ambiente esaminato sono (AESCHIMANN et AL., 2004):
• Terofite (T): erbe annuali che superano la stagione avversa in forma di seme.
• Geofite (G): erbe con gemme sotterranee.
• Idrofite (I): erbe acquatiche con gemme poste sotto il pelo dell’acqua durante la
stagione avversa, e foglie immerse o natanti (solo alcuni fiori possono emergere di
poco).
• Elofite (He): erbe acquatiche come sopra, ma con una parte delle foglie e i fiori
che emergono distintamente.
• Emicriptofite (H): erbe con gemme situate a livello del terreno.
• Fanerofite (P): piante legnose con gemme situate sugli apparati aerei a oltre 50
cm di altezza dal suolo.
L’insieme dei valori percentuali con cui le diverse forme biologiche entrano a formare
la flora di un determinato territorio (o ambiente) è definito spettro biologico (fig.10).
Lo spettro biologico esprime in modo sintetico l’aspetto di una flora e permette di
rendere più facilmente confrontabili fra loro florule di località o di ambienti diversi.
T
I
13%
26%
G
6%
P
16%
He
26%
H
13%
Fig.10 – Spettro biologico generale
Dall’analisi dello spettro biologico si evince come nell’ambiente esaminato le specie erbacee (H, T, I, He =84%) siano dominanti, rispetto alle arboree o arbustive
(P= 16%); e in particolare, come del resto atteso, esso mostra una netta prevalenza
di idrofite (I= 26%) ed elofite (He= 26%), ciò infatti è da collegare agli stagni e zone
palustri presenti nel territorio, i quali rappresentano gli habitat adatti allo sviluppo
delle specie con queste forme biologiche. Seguono le emicriptofite (13%) e le terofite
(13%) rispettivamente tipiche delle regioni temperate/temperato-fredde e delle zone
basse a clima caldo-arido. Bassa è la presenza delle fanerofite e delle geofite, spiegabile più che da fattori climatici particolari, dagli ambienti presi in considerazione
in questo lavoro.
L’Oasi “Le Foppe”, in base ai dati raccolti, può essere considerata un vero e proprio
serbatoio di “fitodiversità acquatica”; infatti, nonostante la modesta superficie degli
ambienti acquatici e palustri presenti, si osserva una buona richness floristica. Sono
state individuate 29 specie di piante vascolari, 31 specie considerando anche le
segnalazioni passate, ripartite in 24 generi e 22 famiglie.
Tra le peculiarità floristiche rinvenute citiamo: l’erba pesce (Salvinia natans), l’erba
vescica comune (Utricularia vulgaris), la poracchia dei fossi (Ludwigia palustris), il
morso di rana (Hydrocharis morsus-ranae), il giaggiolo acquatico (Iris pseudacorus)
e altre ancora elencate in questo lavoro. Tali specie hanno sia un elevato valore bioecologico/naturalistico, trattandosi di entità specializzate a sopravvivere in ambienti
acquatici e/o palustri, sia un elevato valore conservazionistico. Queste specie, infatti,
nonostante siano entità ad ampia distribuzione (come evidenziato dallo spettro corologico di fig.9), in Italia e in particolare nella Pianura Padana sono rare e a rischio di
estinzione perché legate ad ambienti che sono stati e sono tuttora fortemente stressati dall’attività antropica (bonifiche, inquinamento chimico o biologico) e da quella
naturale (crescente aridità climatica). Ricordiamo per esempio che la poracchia dei
fossi (Ludwigia palustris) in Lombardia è attualmante confermata solo in quattro stazioni (2 in Provincia di Milano, 2 in Provincia di Brescia e 1 in Provincia di Varese) (GARIBOLDI & BRUNI, 2007), mentre la presenza dell’erba vescica comune (Utricularia
vulgaris), nonostante le diverse segnalazioni in Lombardia, ad oggi è confermata
solo in una stazione in Provincia di Milano (Oasi “Le Foppe”).
Per preservare le notevoli valenze naturalistiche presenti nelle zone umide dell’Oasi,
esse dovrebbero essere soggette ad un regime di conservazione e protezione totali.
Futuri studi specialistici, riguardanti la variabilità genetica delle specie acquatiche
più rappresentative delle foppe, potrebbero essere il passo successivo da compiere,
indispensabile per la tutela e la conservazione della fitodiversità acquatica delle Foppe.
Un’elevata variabilità genetica entro una popolazione indicherebbe una specie in
salute; invece una bassa variabilità genetica corrisponderebbe a un forte segnale di
pericolo per la sua sopravvivenza. È noto, infine, come anche le attività didattico-divulgative possano contribuire alla conservazione degli ambienti naturali perché sono
l’unico strumento per far accrescere la sensibilizzazione della popolazione alle tematiche ambientali e quindi a una maggior consapevolezza del rispetto e della tutela
dell’ambiente naturale che li circonda.
Si ringraziano sentitamente il gruppo dell’Oasi “Le Foppe” e in particolar modo il
responsabile Fabio Cologni oltre che l’attivissimo Stefano Bernini per la disponibilità
e l’aiuto durante il lavoro di campo. Si ringrazia inoltre il Dr. Enrico Banfi per i sempre utili consigli e il Dr. Mario Beretta per la conferma della determinazione dell’erba
vescica comune.
Alisma plantago-aquatica L.
ALISMATACEAE
He; Subcosmopolita; R
Lysimachia vulgaris L.
MYRSINACEAE
H scap; Eurasiatica; PC
Alnus glutinosa (L.) Gaertn.
BETULACEAE
P scap; Paleotemperata; R
Lythrum salicaria L.
LYTHRACEAE
He (H scap); Subcosmopolita; PC
Bidens frondosa L. ASTERACEAE
T scap; Esotica (N-America); R
Lista nera (L.R. 10/2008)
Carex pseudocyperus L.
CYPERACEAE
He/ H caesp; Subcosmopolita; RR
Carex riparia Curtis;
CYPERACEAE He/G rhiz; Eurasiatica; PC
Lista rossa: LR (Lom)
Cerathophyllum demersum L. (SA) (RO)
CERATOPHYLLACEAE I RAD; Subcosmopolita; da riconfermare - Lista rossa: LR (Lom)
Eleocharis palustris (L.) Roem. & Schult.
CYPERACEAE
G rhiz; Subcosmopolita; PC (loc)
Elodea nuttallii (Planch.) H.St.John
HYDROCHARITACEAE I RAD; Esotica
(N-America); RR - Lista nera (L.R. 10/2008)
Hydrocharis morsus-ranae L.
HYDROCHARITACEAE I RAD/I nat; Eurasiatica;
PC (loc) - Lista rossa: LR (Lom)
Iris pseudacorus L.
IRIDACEAE He/G rhiz;
Eurasiatica temp.; C
Juncus effusus L.
JUNCACEAE
H caesp; Cosmopolita; CC
Lemna minor L.
ARACEAE
I NAT; Subcosmopolita; C
Nymphaea × marliacea Marliac (alba x mexicana)
NYMPHACEAE
I RAD; Cultivar; C
Persicaria dubia (Stein) Fourr.
(=Polygonum mite Schrank)
POLYGONACEAE; T scap; Europeo-Caucasica; CC (loc)
Phragmites australis (Cav.) Steud.
POACEAE
He/G rhiz; Subcosmopolita; PC
Rorippa amphibia (L.) Besser
BRASSICACEAE H scap; Eurosiberiana; RR
Lista rossa: LR (Lom)
Rorippa palustris (L.) Besser
BRASSICACEAE
T scap; Subcosmopolita; RR
Salix alba L.
SALICACEAE
P scap; Paleotemperata; C
Salix caprea L.
SALICACEAE
P caesp; Eurasiatica; C
Salix cinerea L.
SALICACEAE
P caesp; Paleotemperata; R
Salix purpurea L.
SALICACEAE
P caesp; Eurasiatica; CC
Lemna minuta Kunth
ARACEAE I NAT; Esotica (America temperata e
subtropicale); PC
Ludwigia palustris (L.) Elliott
ONAGRACEAE T rept; Subcosmopolita; CC
Lista rossa: EN (It, Lom) - Protezione (L.R. 10/2008)
Lycopus europaeus L.
LAMIACEAE
H scap (I rad); Circumboreale; PC
Lysimachia nummularia L.
MYRSINACEAE
H scap; Circumboreale; PC
Salvinia natans (L.) All. SALVINIACEAE I NAT;
Eurasiatica temp.; PC (loc) Lista rossa: VU (It, Lom);
Protezione: Convenzione di Berna e L.R. 10/2008
Thelypteris palustris Schott
(SA) (RO)
THELYPTERIDACEAE G rhiz; Subcosmopolita;
da riconfermare - Lista rossa: LR (Lom)
Typha latifolia L.
THYPHACEAE He/G rhiz; Cosmopolita; C
Provincia di Milano - Protezione: L.R. 33/1977
Utricularia vulgaris L.
LENTIBULARIACEAE I NAT; Circumboreale;
C (loc) - Protezione L.R. 10/2008
AESCHIMANN D., LAUBER K., MOSER D. M. & THEURILLAT J.-P., 2004 - Flora alpina, Haupt
Verlag, Bern.
BANFI E., GALASSO G. & SOLDANO A., 2005 - Notes on systematics and taxonomy for the
Italian vascular flora. 1, Atti Soc. it. Sci. nat. Museo civ. Stor. nat. Milano, Milano, 146 (2): 219244.
CASTIGLIONI G. B.,1991 - Geomorfologia, Utet, Torino.
CONTI F., ABBATE G., ALESSANDRINI A. & BLASI C., 2005 (eds.) - An annotated checklist
of the Italian vascular flora, Palombi Editore, Roma.
CONTI F., MANZI A. & PEDROTTI F., 1997 (eds.) - Liste Rosse Regionali delle Piante d’Italia,
WWF, Società Botanica Italia, Camerino.
GARIBOLDI L., 2007 – Valutazione preliminare della flora delle zone umide presenti all’Oasi
“Le Foppe” di Trezzo sull’Adda (MI). Relazione inedita.
GARIBOLDI L. & BRUNI I., 2007 – Piante lombarde per la conservazione e l’estetica - Linee
guida per una proposta commerciale e di partnership ai florovivaisti. Progetto “Ingenio” Regione Lombardia, relazione inedita.
PIGNATTI S., 1982 - Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.
PIGNATTI S., 1994 - Ecologia del paesaggio, Utet, Torino.
ROSSI E., 2006 – Oasi Le Foppe WWF: vegetazione e valorizzazione ambientale. Parco
Adda Nord, Trezzo sull’Adda.
SAIANI D., MASTRORILLI S. & VILLA A., 2000 – La flora e la vegetazione delle Foppe, http://
web.tiscali.it/addawwf/aree/foppe.flora01.html
SCOPPOLA A. & BLASI C., 2005 (eds.) - Stato delle Conoscenze sulla Flora Vascolare in
Italia, Palombi editori, Roma.
TAYLOR P., 1989 – The Genius Utricularia: a taxonomic monograph. Londra, Her Majesty’s
Stationary Office.
TUTIN T. G., HEYWOOD V. H., BURGES N. A., VALENTINE D. H., WALTERS S. M. & WEBB
D. A., 1964 - Flora Europaea, 1 ed. Cambridge University Press, Cambridge, 1 (Lycopodiaceae-Platanaceae).
TUTIN T. G., HEYWOOD V. H., BURGES N. A., MOORE D. M., VALENTINE D. H., WALTERS
S. M. & WEBB D. A., 1968 - Flora Europaea, 1 ed. Cambridge University Press, Cambridge,
2 (Rosaceae-Umbelliferae).
TUTIN T. G., HEYWOOD V. H., BURGES N. A., MOORE D. M., VALENTINE D. H., WALTERS
S. M. & WEBB D. A., 1972 - Flora Europaea, ed. Cambridge University Press, Cambridge, 3
(Diapensiaceae-Myoporaceae).
TUTIN T. G., HEYWOOD V. H., BURGES N. A., MOORE D. M., VALENTINE D. H., WALTERS
S. M. & WEBB D. A., 1976 - Flora Europaea, 1 ed. Cambridge University Press, Cambridge,
4 (Plantaginaceae-Compositae (and Rubiaceae).
TUTIN T. G., HEYWOOD V. H., BURGES N. A., MOORE D. M., VALENTINE D. H., WALTERS
S. M. & WEBB D. A., 1980 - Flora Europaea, 1 ed. Cambridge University Press, Cambridge,
5 (Alismataceae-Orchidaceae).
TUTIN T. G., BURGES N. A., CHATER A. O., EDMONDSON J. R., HEYWOOD V. H., MOORE
D. M., VALENTINE D. H., WALTERS S. M. & WEBB D. A.,1993 - Flora Europaea, 2 ed. Cambridge University Press, Cambridge, 1 (Psilotaceae-Platanaceae).
(*)
Livio Leoni
(SIC IT 2050011)
nel comune di Trezzo sull’Adda
Indagine condotta nel 2008
(maschio di Hyla intermedia durante il canto) foto di Livio Leoni
(*) Livio Leoni, biologo, Via Cavallotti, 36 - 24047 Treviglio (BG)
Introduzione
Gli anfibi delle Foppe
- Inquadramento dell’area
- Risultati
- Discussione
Anuri
- Presentazione degli Anuri
- Rane Rosse e verdi
- Rana dalmatina
- Pelophylax kl. esculentus
Urodeli
- Triturus carnifex
- Lissotriton vulgaris meridionalis
Bibliografia
Introduzione
Il presente studio è una indagine conoscitiva della fauna ad Anfibi dell’Oasi WWF
“Le Foppe”, sito di interesse comunitario (SIC) ai sensi della direttiva 92/43/CEE
per la conservazione della natura e della biodiversità ed identificato con il codice
“IT2050011”, situata entro i limiti amministrativi del Comune di Trezzo sull’Adda, in
provincia di Milano. Per le caratteristiche dell’area si rimanda all’apposita sezione.
Tale ricerca è stata condotta durante la primavera e l’estate del 2008 (per un totale
di 20 uscite diurne e serali comprese tra febbraio e luglio) e vuole fornire una prima
stima quali-quantitativa delle popolazioni di anfibi presenti nell’area di indagine con
relativo rilevamento dei siti scelti per la deposizione. I metodi di indagine utilizzati sono stati:
- osservazione ed identificazione degli individui. Si tratta di una metodologia che
può essere considerata parte dei conteggi non census (ossia non finalizzati alla
determinazione della densità effettiva delle specie in oggetto) aventi come obbiettivi principali:
• la verifica della presenza della specie nei siti indagati;
• il rilevamento delle caratteristiche ambientali sensu lato degli stessi siti;
• il confronto di tali caratteristiche con quelle definite dalla stato attuale delle conoscenze erpetologiche come ottimali allo sviluppo di una popolazione numericamente consistente e dinamicamente stabile.
- conteggio delle vocalizzazioni nuziali. Tale metodo permette di ottenere dati
attendibili sulla consistenza dei cori di maschi per gli anuri;
- conteggio e determinazione delle ovature osservate. Si tratta di una metodologia
di ampio utilizzo per la stima di popolazioni degli anuri per la relativa semplicità
nella raccolta dei dati e per il grado di attendibilità della stima risultante. Una volta
localizzati i siti di riproduzione, viene effettuato il conteggio delle ovature e il valore
così ottenuto viene moltiplicato per due.
Nella sua semplicità tale metodo risulta particolarmente preciso in quanto raramente
le femmine degli anuri in età feconda non depongono o depongono due volte nella
stessa stagione riproduttiva (un caso per esempio è la raganella italiana che può
avere un periodo riproduttivo particolarmente lungo). Tale metodologia è stata applicata solo a Rana dalmatina, in quanto il tritone punteggiato ed il tritone crestato
italiano depongono uova singole.
Per quanto riguarda gli altri anuri, non è stato applicato tale metodo alla rana
esculenta in quanto le ovature sono di difficile reperibilità.
Fig.1 – Le pozze sono soggette a notevoli escursioni di livello.
In questo caso una parte della pozza 4 è prosciugata quasi totalmente (Foto: Livio Leoni).
L’Oasi WWF “Le Foppe” è situata nel Comune di Trezzo sull’Adda in provincia di
Milano e si estende su un’area di circa 5 ettari presentando alcune lievi escursione
altitudinali che variano dai 207 m s.l.m. ai 213 m s.l.m.. Essa ricade all’interno del Parco
Adda Nord, fa parte inoltre dell’Oasi di Protezione di Trezzo istituita dalla Provincia
di Milano e recentemente è stata inclusa nei Siti di Importanza Comunitaria (SIC) per
la presenza di due habitat meritevoli di tutela, tra cui quello prioritario “Foreste alluvionali di Alnus glutinosa e Fraxinus excelsior (Alno-Padion, Alnion incanae, Salicion
albae)”.
Le Foppe presentano una sorprendente diversità floristica tipica delle zone a boscaglia e degli ambienti umidi. Attualmente all’interno dell’area sono presenti un bosco
igrofilo, un frammento di bosco mesofilo e nove corpi d’acqua stagnante alimentati
dalle precipitazioni. A loro volta queste pozze presentano alcuni habitat interessanti
come il laminato-lemneto, il fragmiteto ed il tifeto. Il laminato-lemneto è l’ambiente
dominato dalla vegetazione galleggiante tra cui spicca la lenticchia d’acqua (Lemna
minor). Le Rizofite (gruppo di specie radicate al fondo) di questo habitat annoverano
Ceratophyllum demersum, il ceratofillo comune, e Nymphea sp., una ninfea ibrida.
Questa associazione vegetale è tipica di corpi d’acqua stagnanti ed eutrofici. Questo
habitat è presente nelle pozze n 2, 3, 4. Il fragmiteto è costituito quasi completamente
da Phragmites australis, la cannuccia di palude, ed è presente nelle pozze n 3, 4, 6
ed 8. L’ultimo habitat tipico delle zone umide è il tifeto, una cenosi individuata dalla
massiccia presenza di Typha latifolia, la mazzasorda. Il tifeto può essere osservato
nelle pozze n 3, 4, 6, 7. Le pozze presentano acqua per tutto l’anno, ma il loro livello
subisce notevoli escursioni: da 50 centimetri fino a quasi 2 metri. In base all’esposizione al sole, al tipo di vegetazione, alla profondità ed alle dimensioni del perimetro è
possibile suddividere le foppe in categorie omogenee. Alcune pozze presentano una
buona esposizione alla luce solare, ma la vegetazione acquatica è quasi assente:
n 1, 2, 8, 9. Le pozze n 3 e 4 sono aperte e ben soleggiate. Le pozze n 6 e 7 sono
parzialmente esposte alla luce e sono localizzate nel bosco. La pozza n 5 è riparata
dalla luce solare e non presenta vegetazione acquatica. Le Foppe confinano con un
sistema costituito da campi coltivati, prati polifiti e filari arboreo-arbustivi.
L’indagine ha consentito di rilevare 5 specie di anfibi che utilizzano l’area a scopo
riproduttivo e che vengono di seguito presentati. Negli ultimi anni la nomenclatura
degli anfibi è variata considerevolmente. Si fa perciò riferimento a quanto presentato
nel volume “Amphibia” della collana Fauna d’Italia.
Lissotriton vulgaris meridionalis (Tritone punteggiato)
Pur mostrando una buona diffusione in Lombardia, il tritone punteggiato sembra
essere scomparso in numerose aree di pianura dove in passato era abbondante. La
presenza stabile ed accertata da anni alle Foppe testimonia la corretta gestione dell’area. Le pozze in cui la specie è stata rinvenuta in maggiore quantità sono la n 3 e 4.
Altrettanto abbondante è la densità delle larve. Vive in sintopia con Triturus carnifex.
Il tritone punteggiato è protetto ai sensi della L.R. 10/2008.
Fig.2 – Un tritone punteggiato (Foto: Livio Leoni).
Triturus carnifex (Tritone crestato italiano)
Il tritone crestato è una specie con popolazioni a rischio ed in forte contrazione nella
pianura lombarda a causa della distruzione degli habitat acquatici utilizzati per la
riproduzione, per l’introduzione di pesci predatori e per il disboscamento.
La presenza di questo anfibio alle Foppe assume una notevole importanza poiché il
tritone crestato italiano è stato dichiarato specie focale per la sottoregione Pianura
Padana e colline moreniche della regione Lombardia. Una specie può essere ritenuta
focale quando è rappresentativa di una determinata ecoregione, quando manifesta
particolari esigenze di conservazione e quando costituisce un buon modello per la
conservazione di interi insiemi di specie e dei loro habitat. In pratica una specie focale
ha un ambito di esigenze spaziali e funzionali che comprende quelle di tutte le altre
specie da mettere sotto regime di protezione. In quasi tutte le pozze indagate sono
state rinvenute larve di tritone crestato italiano (n 3, 4, 6), ma la pozza con densità
maggiore è stata la n 1. Diversi adulti sono stati osservati in tutte le pozze indagate.
La specie è protetta ai sensi della L.R. 10/2008 e dalla normativa internazionale all.
II° direttiva 92/43/CEE
Fig.3 – I tritoni crestati italiani passano buona parte dell’anno in rifugi nell’ambiente terrestre
a poca distanza dagli specchi d’acqua (Foto: Livio Leoni).
Hyla intermedia, Raganella italiana
Hyla intermedia è un anuro legato alle zone soleggiate con buona presenza di vegetazione arbustiva ed arborea. Questa specie, buona colonizzatrice, è caratterizzata
spesso da una struttura a metapopolazione, un insieme di popolazioni della stessa
specie tra loro isolate, ma tra le quali vi è un limitato scambio di individui, e la sua presenza è quindi indice di un mosaico ambientale di buona qualità e senza eccessive
barriere. Occorre sottolineare che pur essendo una specie ancora comune in regione
sono state segnalate diverse estinzioni locali.
La raganella italiana è presente in tutta l’area dell’Oasi, ma i canti dei maschi gravitano
particolarmente attorno alle pozze 1, 3, 4, 6 ed 8. I primi canti sono stati uditi a fine
marzo e la riproduzione è continuata per lungo tempo fino a luglio inoltrato. Il record
massimo di maschi al canto è di 15. Dato che il rapporto sessi è normalmente di 5
maschi per ogni femmina attiva dal punto di vista riproduttivo è possibile stimare una
popolazione di ridotta entità.
Tuttavia sono state osservate numerose ovature e larve, soprattutto nelle pozze n 3, 4
e 6. Queste sono le pozze che meglio si adattano alle richieste ambientali della raganella: ridotta copertura aboreo-arbustiva, bassa profondità dell’acqua e presenza di
vegetazione acquatica. Limitrofe all’Oasi vi sono altre zone umide colonizzate dalla
raganella italiana con le quali è possibile vi sia scambio di individui.
Fig.4 – Un neometamorfosato di raganella italiana (Foto: Livio Leoni).
Pelophylax kl. esculentus, Rana esculenta / Pelophylax lessonae, Rana di Lessona
Le rane verdi sono anuri dalle spiccate abitudini acquatiche che frequentano tutte
le pozze dell’Oasi indagate. Sono stati registrati più di 20 maschi in canto, dato che
testimonia della presenza di una popolazione vitale ed autonoma. In tutte le pozze
indagate era in sintopia con la raganella italiana.
Fig.5 – Un individuo di rana esculenta (Foto: Livio Leoni).
Rana dalmatina, Rana agile
Alle Foppe l’osservazione della rana agile si limita principalmente al periodo riproduttivo, mentre durante il resto dell’anno i contatti con la specie sono molto circoscritti e
si limitano principalmente ai giovani. Negli ultimi anni la deposizione è sempre iniziata
Fig.6 – Le rane dalmatine si distinguono
dalla rana di Lataste per avere la gola
poco o per nulla chiazzata
(Foto: Livio Leoni)
alla fine di febbraio con temperature dell’acqua
di quasi 8°C ed ha sempre avuto la durata di 4
settimane. Nel 2008 sono state censite 118 ovature (il valore massimo riportato per la settimana
dal 10 al 16 marzo,). Poiché ogni femmina depone un’unica ovatura, la popolazione di rana
agile che utilizza le Foppe per la riproduzione
può essere stimata in oltre 200 esemplari, ma
potrebbe essere anche di molto superiore se le
deposizioni avvenissero anche nelle pozze non
indagate. Tale dato è comunque comparabile rispetto a quello del 2006. La presenza di questa
anuro alle Foppe rappresenta un dato importante
vista la tendenza di generale regresso che si
evidenzia nelle aree di pianura della Lombardia. Protetta ai sensi della L.R. 10/2008 inserita
nell’all. IV° direttiva 92/43/CEE
L’Oasi Le Foppe di Trezzo sull’Adda accoglie una ricca comunità di anfibi con popolazioni vitali ed autonome che già in passato era stata oggetto di indagine (2002).
Allora erano state rilevate 8 specie di anfibi, ma di queste le segnalazioni del rospo
comune (Bufo bufo) e della salamandra pezzata (Salamandra salamandra) erano
antecedenti al 1999 e non sono state confermate in seguito. Per quanto riguarda la
salamandra pezzata la segnalazione si riferiva ad un unico individuo raccolto nel
1997. Per quanto sia possibile che le Foppe possano rispondere in parte alle esigenze
ambientali di questa specie, ambienti boschivi a latifoglie, e per quanto esistano rilevazioni recenti relative all’alta pianura friulana ed alle zone di transizione tra pianura
e collina piemontesi, la salamandra pezzata è ritenuta assente nella pianura padana.
Per spiegare la presenza alle Foppe di un individuo isolato è possibile ipotizzare che
si tratti di un esemplare trasportato da una piena del fiume Adda da altri comprensori
oppure arrivato il situ tramite un carico di legname. Non è da escludere che si possa
trattare di un individuo liberato da parte di un appassionato. L’assenza del rospo
comune, invece, è da ritenersi in linea con la tendenza al calo delle popolazioni
lombarde dovuta al traffico veicolare ed alle alterazioni ambientali. È possibile che
la strada Vimercate-Trezzo rappresenti una barriera importante per lo spostamento di questi anuri impedendo la colonizzazione dell’Oasi da parte delle popolazioni
limitrofe, oppure che la popolazione che gravita su Trezzo sull’Adda sia esigua e
quindi il numero di migranti molto ridotto. Un’assenza significativa tra le specie che
frequentavano l’area delle Foppe è quella della rana di Lataste (Rana latastei). Rana
latastei è un anuro igrofilo e stenoigro legato ai boschi umidi di latifoglie di pianura
e di collina. La specie è minacciata dalla frammentazione degli ambienti idonei alla
fase riproduttiva e dalla loro limitata estensione. In quanto endemita del bacino pa-
dano-veneto, la rana di Lataste assume particolare significato per la conservazione
ed è considerata specie di importanza comunitaria ai sensi della Direttiva Habitat. In
base ai dati raccolti è possibile affermare che sia nel 2008 che nel 2006 non sono
state osservate alle Foppe deposizioni di Rana latastei. Benché l’Oasi possa essere
ritenuta un’area idonea alla riproduzione della specie, non è noto se in passato la
rana di lataste la utilizzasse come sito riproduttivo. Forse la rana di lataste depone
nelle pozze che non sono state indagate. La presenza di Rana dalmatina non rappresenta un problema per R. latastei dato che spesso in Lombardia questi due anuri
sono presenti in sintopia. A causa del limitato periodo di tempo a disposizione per
la ricerca, non è possibile affermare categoricamente che la rana di Lataste non
utilizzi l’Oasi per la riproduzione; si reputa perciò necessario continuare le ricerche
nei prossimi anni, anche in periodi diversi da quello riproduttivo in modo da chiarire
questo aspetto. L’anfibiofauna delle Foppe assume un elevato valore per merito della
presenza di specie che richiedono la designazione di zone speciali di conservazione
come Triturus carnifex e di specie le cui popolazioni sono molto localizzate in pianura come R. dalmatina. Si confermerebbe anche in questo caso il giudizio dato in
studi precedenti che vedrebbe nelle Foppe un efficiente “stepping stone”, un punto
di collegamento tra aree limitrofe, da potenziare. Per migliorare il ruolo ambientale
dell’Oasi e provvedere a fornire ulteriori ambienti a disposizione degli anfibi presenti
occorrerebbe provvedere all’ampliamento della zona protetta (al di là della strada
provinciale esiste una zona umida di discrete dimensioni, mentre a poca distanza
dalle Foppe vicino alla “ex Fornace” è presente una ulteriore zona umida che accoglie una popolazione di Hyla intermedia) ed al rafforzamento ed alla piantumazione di
nuove siepi campestri che fungerebbero da corridoi ecologici per la fauna presente.
Questi interventi andrebbero a migliorare ulteriormente le possibilità di contatto tra
le diverse popolazioni di raganella italiana, una specie che, come già detto, mostra
una struttura costituita da tanti piccoli gruppi isolati tra loro e potrebbe agevolare la
diffusione nel territorio del rospo comune.
Si auspica che dopo questa indagine preliminare seguano altri studi tesi a valutare
l’andamento demografico di Rana dalmatina ed a determinare le dimensioni della popolazione di Triturus carnifex delle Foppe. Una indagine pluriennale potrebbe anche
chiarire se la rana di Lataste possa utilizzare l’area in momenti dell’anno diversi da
quello riproduttivo (nel periodo autunnale per esempio).
Fig.7 – Alcune ovature di rana dalmatina (Foto: Livio Leoni).
Gli Anuri, di cui fanno parte rane e rospi, sono uno dei tre ordini viventi della Classe
degli Anfibi e raccolgono la vasta maggioranza delle specie di Anfibi (88% circa)
per un totale di 5227 specie, 388 generi e 42 famiglie. Le caratteristiche più evidenti
degli Anuri sono la mancanza di coda, il corpo tozzo ed il capo indistinto, gli occhi
grandi e mobili, gli arti posteriori lunghi e robusti. Generalmente sotto il nome di rane
si intendono anuri con pelle liscia e umida e dal portamento gracile, mentre il nome
di rospo è dedicato alle specie con forme più corpulente e dalla pelle più asciutta e
verrucosa. La fecondazione è esterna ed il maschio abbraccia strettamente la femmina
sotto le ascelle o all’altezza dell’inguine per un periodo che può variare da giorni a
settimane. I maschi sono perciò dotati di arti anteriori robusti e di callosità sui pollici
ed appaiono di taglia piccola; le femmine invece sono generalmente più grandi e
massicce. Non appena le uova vengono deposte sono fecondate. Quando l’embrione esce dall’uovo rimane attaccato ad esso per mezzo di una ghiandola. Durante lo
sviluppo delle larve, compaiono dapprima gli arti posteriori e poi quelli anteriori, le
branchie si atrofizzano ed i polmoni diventano, insieme alla cute, gli organi deputati
alla respirazione. Le larve, girini nella parlata comune, sono fondamentalmente erbivore a differenza degli adulti che mostrano dieta insettivora. In alcune specie la
riproduzione è estremamente breve come nel caso del rospo comune e si parla di
riproduzione esplosiva. In altri anuri invece, come nella raganella italiana, la riproduzione può essere estremamente prolungata, anche 45 giorni.
Le specie presenti in Italia sono 26 di cui in Lombardia 12 ed alle Foppe 3.
Tradizionalmente le rane europee possono essere suddivise in due gruppi privi di
valore sistematico: rane rosse e verdi. Le rane rosse appaiono di colore bruno-ocra
sul dorso, presentano occhi ben separati ed una macchia temporale di colore scuro
ai lati del capo. Le rane verdi hanno occhi ravvicinati e mancano della macchia temporale. I maschi delle rane verdi, inoltre, presentano sacchi vocali esterni che sono
assenti nei maschi delle rane rosse. Oltre alle differenze anatomiche presentate, tra i
due gruppi di rana esistono anche notevoli diversità comportamentali. Le rane rosse
o brune si avvicinano all’acqua solo durante la stagione riproduttiva, che è in genere
precoce, e per il resto dell’anno frequentano ambienti terrestri più o meno diversificati
con umidità molto variabile a seconda della capacità di adattamento della specie.
Le rane verdi invece sono maggiormente legate all’acqua dove passano gran parte
della loro vita attiva ed amano temperature più elevate. Per questo motivo il risveglio
dall’ibernazione delle rane verdi avviene più tardi e di conseguenza la riproduzione è
molto tardiva rispetto alle rane rosse.
Rana agile / Rana dalmatina BONAPARTE 1840
Riconoscimento
Rana rossa di taglia media la rana agile presenta una colorazione dorsale abbastanza
uniforme che può variare dal marrone chiaro al rossastro. La stria biancastra o crema situata sul labbro superiore non termina sotto l’occhio ma raggiunge sfumando
l’apice del muso. La macchia temporale è molto nitida e contrastata. Dietro al capo è
quasi sempre presente un disegno a forma di V rovesciata. Ventre e gola degli individui adulti sono sempre bianchi e possono presentare lievi punteggiature che il più
delle volte sono assenti. Ad arto ben disteso, l’articolazione tibio-tarsica oltrepassa
la punta del muso.
Distribuzione
R. dalmatina è diffusa ampiamente in Europa centro-meridionale. In Italia è presente
in tutta la penisola ed è la rana rossa più diffusa. In Lombardia la rana agile è ben
distribuita nelle zone collinari e pedemontane dell’arco alpino, nei boschi planiziali del
Ticino e lungo la dorsale Appennica.
Biologia
Rana dalmatina è la rana rossa meno legata all’acqua che frequenta solo durante il
periodo riproduttivo; nel resto della vita attiva popola prati, incolti, radure e boschi
di latifoglie anche in condizioni di aridità. Lo svernamento è limitato generalmente
al periodo compreso tra ottobre e gennaio. Al risveglio gli individui migrano verso
le aree riproduttive e possono compiere consistenti spostamenti della lunghezza superiore al
chilometro. I maschi raggiungono i siti riproduttivi prima delle femmine e rimangono in acqua
per alcune settimane. Le femmine invece lasciano l’acqua subito dopo la deposizione delle
uova. Ogni femmina depone una unica massa
di uova di forma sferica generalmente costituita
da circa 800 uova che viene fissata alla vegetazione sommersa. L’ovatura con il passare del
tempo si gonfia per la produzione di gas che
Fig.9 – Ovatura da poco deposta
avviene a causa dei fenomeni putrefattivi e del
di rana agile (Foto: Livio Leoni).
metabolismo algale e cambia forma assumendo
un aspetto discoidale ed arrivando a galleggiare sulla superficie dell’acqua. Lo sviluppo embrionale si compie in circa tre settimane, mentre quello larvale è più lungo ed
impiega 2-3 mesi dopo la schiusa. Rana dalmatina può arrivare a 7 anni di età, ma la
longevità media è di 5-6 anni.
Rane verdi
Le rane verdi sono anuri legati talmente legati all’ambiente acquatico da non abbandonare quasi mai i corpi d’acqua ferma o debolmente corrente in cui vivono. Oltre ad
apparire di colorazione tendenzialmente verde, le rane di questo gruppo possono
essere riconosciute per l’assenza della macchia temporale scura tipica delle rane
rosse. Il gruppo delle rane verdi europee ed asiatiche, cui appartengono le specie del
genere Pelophylax presenti in Italia, è costituito da circa 20 specie tra cui sono pre-
senti anche specie ibride derivanti da una particolare forma di ibridazione chiamata
ibridogenesi emiclonale. Nonostante il progredire delle conoscenze, la situazione tassonomico-sistematica delle rane verdi è tuttora confusa. Basti sapere che gli esperti
fino a tempi molto recenti presumevano che in Italia fossero presenti solo due specie
di rane verdi, Pelophylax lessonae e P. ridibunda, ed il loro ibrido fertile P. klepton
esculentus. Semplificando il complesso fenomeno alla base del sistema riproduttivo
delle rane verdi, basta sapere che P. ridibunda contiene alcuni fattori genetici che entrano in competizione con i geni di P. lessonae distruggendoli. Durante la formazione
dei gameti l’ibrido elimina una parte del proprio corredo genetico, generalmente quello
derivante da P. lessonae, e produce a sua volta, incrociandosi con P. lessonae, altri
ibridi fertili. L’ibrido si comporta così da parassita genetico perché si accoppia con P.
lessonae senza mai produrre figli con corredo genetico del partner. Per sottolineare
questo fenomeno l’ibrido riceve il nome klepton (dal verbo greco klepto che significa
rubare). Allo stato naturale in Italia settentrionale esistono solo popolazioni miste di P.
lessonae e P. kl. esculentus. Recentemente è stato scoperto che l’Italia peninsulare e
insulare sarebbe popolata da un altro sistema ibridogenetico chiamato P. bergeri e P.
kl. hispanica.
Pelophylax klepton esculentus (Linneo, 1758) / Rana esculenta
Pelophylax klepton lessonae (Linneo, 1758) / Rana di Lessona
Riconoscimento
Il riconoscimento delle diverse specie del gruppo lessonae-esculentus attraverso l’uso
esclusivo delle caratteristiche morfologiche è opera difficile e destinata a produrre
errori anche nel caso sia eseguita da esperti del settore. P. lessonae è generalmente
di dimensioni ridotte e di colorazione vivace, ha sacchi vocali bianchi ed il tubercolo
metatarsale grande. P. ridibundus, una specie assente in Lombardia, invece, è di
taglia grande, di colorazione più scura e possiede sacchi vocali neri ed un tubercolo
metatarsale piccolo. P. kl. esculentus ha caratteristiche intermedie. L’unico modo per essere
certi dell’identità di una rana verde è tuttavia
l’analisi genetica e per questo motivo in questa
sede si preferisce riferirsi all’intero gruppo con
il termine comprensivo synklepton (Pelophylax
synkepton esculentus) senza distinguere tra le
diverse specie. Le popolazioni lombarde sono
costituite esclusivamente da P. lessonae e P. kl
esculentus.
Distribuzione
Fig.10 – Le rane verdi passano quasi
Le rane verdi del synklepton esculentus sono
tutta la vita attiva in acqua (Foto: Leoni).
diffuse nell’Europa centro-settentrionale.
In Italia è presente nella Pianura Padana. In Lombadia P. syn. esculentus frequenta
tipicamente le aree planiziali dove mostra una distribuzione pressoché continua.
Biologia
Le rane verdi sono generalmente eliofile ed idrofile e sono diffuse negli ambienti più
disparati a corrente lenta o ad acqua ferma anche degradati. La presenza dei pesci
limita le probabilità di sopravvivenza delle rane verdi poiché questi vertebrati predano
le forme giovanili delle rane e le uova. La vita degli adulti è prevalentemente acquatica
e la loro attività è indifferentemente sia diurna che notturna. Il risveglio dal periodo di
ibernazione avviene in base alla temperatura e nelle zone di pianura può verificarsi
dal mese di marzo. Gli accoppiamenti si susseguono a partire da marzo-aprile e la
metamorfosi delle larve ha luogo generalmente in luglio-agosto.
Hyla intermedia Boulenger, 1882 / Raganella italiana
Riconoscimento
Lo status specifico della raganella italiana è stato riconosciuto solo nel 1995. Anuri di
piccole dimensioni, le raganelle possono essere facilmente identificate per il possesso
di dita terminanti con dischi adesivi molto evidenti che permettono loro di arrampicarsi
anche su pareti lisce e verticali. Il colore della raganella italiana può variare dal verde
olivastro al giallo, al grigio oppure anche al bruno. Generalmente le raganelle italiane
sono di colorazione uniforme, ma possono anche presentare macchie grigie lungo il
dorso. I fianchi sono sempre percorsi da una stria grigiastra che segna il confine fra il
dorso ed il ventre che appare di colorazione biancastra.
Distribuzione
Hyla intermedia è una specie endemica dell’Italia continentale e peninsulare dove
appare comune e ben distribuita. In Lombardia frequenta sia il territorio planiziale che
quello collinare.
Biologia
Le raganelle sono Anuri adattati alla vita arboricola grazie ai dischi digitali adesivi
ed ai lungi arti posteriori. I maschi emettono un
canto molto potente, può essere sentito anche
a decine di metri di distanza, che ha la funzione
principale di delimitare il territorio riproduttivo e
che può essere emesso indifferentemente sia in
vicinanza dell’acqua che dall’alto delle fronde degli
alberi su cui i maschi soggiornano. A differenza
delle rane rosse che hanno un periodo riproduttivo
limitato, le raganelle si possono riprodurre più
volte l’anno (da marzo fino ad agosto).
La vita attiva delle raganelle si concentra magFig.11 – Un giovane di raganella italiana
giormente nelle ore notturne, ma può anche
(Foto: Livio Leoni).
avvenire durante il giorno e non è insolito osservare degli esemplari di Hyla intermedia che termoregolano su mazzesorde o cannucce
di palude oppure su alberi e arbusti in vicinanza dei biotopi riproduttivi. La femmina
depone un ammasso di qualche centinaio di uova che viene debolmente fissato a
supporti sommersi. Le larve della raganella italiana si comportano come piccoli pesci
nuotando attivamente nelle pozze d’acqua e soggiornando soprattutto in vicinanza
del pelo dell’acqua. La metamorfosi delle larve si compie in 2-3 mesi (in giugno e
luglio), ma le larve a nascita tardiva possono passare l’inverno in acqua. Le raganelle
possono essere ritenute organismi pionieri che abitano ambienti di margine.
Gli Urodeli sono uno dei tre ordini viventi della Classe degli Anfibi. Accolgono salamandre e tritoni per un totale a livello mondiale di 548 specie, 60 generi e 9 famiglie.
L’aspetto più evidente delle specie di quest’ordine è la presenza della coda e di un
corpo lacertiforme. La fecondazione è generalmente interna per mezzo di spermatofore, strutture che racchiudono gli spermatozoi e che vengono rilasciate all’esterno
per essere raccolte dall’apertura cloacale della femmina. Dalle uova, che generalmente sono deposte singolarmente, fuoriescono larve con branchie esterne e corpo
allungato. A differenza delle larve degli anuri, gli arti che si sviluppano per primi sono
quelli anteriori. Una caratteristica curiosa di questo gruppo è che talvolta si ha un
prolungamento della fase giovanile. Si parla in questo caso di neotenia. In Italia sono
presenti 17 specie di cui in Lombardia 7 ed alle Foppe 2.
Lissotriton vulgaris meridionalis (Linneo, 1758) / Tritone punteggiato
Riconoscimento
Tritone di piccola taglia (7-9 cm in media) e dalla pelle liscia, il tritone punteggiato
presenta alcune caratteristiche che lo rendono facilmente riconoscibile: testa con
striature longitudinali scure, cresta dorso-caudale che negli individui in fase acquatica inizia subito dopo la nuca e continua senza interrompersi anche sulla coda, fitta
macchiettatura su tutto il corpo, ventre bianco-giallastro ai lati e frequentemente giallo
o arancione rossastro al centro con chiazze scure, coda che si assottiglia per finire
con un filamento. Durante la fregola i maschi, che sono generalmente più piccoli
delle femmine, presentano una cresta molto sviluppata ed una cloaca notevolmente
dilatata ed estesa.
Distribuzione
Il tritone punteggiato è una specie con
un areale molto vasto che occupa gran
parte dell’Europa. Non è presente nella
Penisola Iberica, nella Francia meridionale e nella regione settentrionale della
Penisola Scandinava. Si spinge anche
in Turchia, nel nord dell’Anatolia e in
parte della Comunità degli Stati IndipenFig.12 – Una tritone crestato
denti. In Italia occupa gran parte dell’Ita(Foto: Marco Fava).
lia settentrionale e centrale anche se la
distribuzione appare frammentata soprattutto per quanto riguarda il versante adriatico.
In Lombardia Lissotriton vulgaris medionalis è ampiamente diffuso ed è presente quasi
dovunque frequentando sia gli ambienti di pianura che quelli collinari.
Biologia
Il tritone punteggiato è una specie ad ampia valenza ecologica che popola ambienti
acquatici e terrestri molto diversificati ed in alcuni casi anche antropizzati: fossi, pozze
di piccole e medie dimensioni con acqua ferma e profondità limitata, teste di fontanili,
abbeveratoi, cisterne.
Nelle zone di pianura il periodo di attività dei tritoni può essere precoce ed iniziare
a gennaio-febbraio. Generalmente la permanenza in acqua si limita ai mesi primaverili
e terminato il periodo riproduttivo gli individui si dirigono verso l’ambiente terrestre. Il
corteggiamento avviene nell’ambiente acquatico attraverso cerimonie complesse al
termine delle quali il maschio depone una spermatofora che viene raccolta dalla femmina. Le uova sono deposte singolarmente nell’incavo di una foglia. In Lombardia è
spesso in sintopia con Triturus carnifex.
Triturus carnifex (laurenti, 1768) / Tritone crestato italiano
Riconoscimento
Il tritone crestato italiano è una specie di tritone di grandi dimensioni (i maschi possono raggiungere i 15 cm, mentre le femmine i 21) con lunghezze comprese generalmente tra i 10 ed i 15 cm. Le caratteristiche che permettono il riconoscimento di
questo tritone rispetto alle altre specie sono: corpo robusto, cresta vertebrale dei
maschi in fregola molto sviluppata ed a margine dentellato o seghettato, corpo di
colore bruno o grigiastro nelle parti superiori con macchiettatura scura, ventre giallo,
arancio o rossastro, gola bruno-nerastra o nerastra più o meno fittamente punteggiata
di bianco. I maschi in fregola presentano una banda bianco-argentata laterale.
Distribuzione
Il tritone crestato italiano è diffuso nell’Italia continentale e peninsulare, nel Canton
Ticino, in Slovenia, Istria, parte dell’Austria e della Repubblica Ceca. In Lombarda la
specie appare ad ampia distribuzione nelle zone della pianura ed in quelle prealpine.
Nel settore alpino invece le popolazioni segnalate sono poche e localizzate.
Biologia
Il tritone crestato italiano è una specie dotata di notevole plasticità ecologica che
rispetto agli altri tritoni italiani sembra essere meno legato all’ambiente acquatico.
Durante il periodo riproduttivo popola ogni tipo di corpo d’acqua ferma o debolmente
corrente come stagni, pozze, acquitrini, abbeveratoi, cisterne, anse più tranquille di
fiumi, fontanili intermittenti. In genere tende ad occupare le aree centrali del corpo
d’acqua a profondità maggiore libere dalla vegetazione. In occasione dell’estivazione e dell’acclimatazione invernale è possibile rinvenire la specie soprattutto a terra
sotto pietre, radici e vegetali marcescenti a poca distanza dall’acqua in fessure o
tane scavate da micromammiferi dato che la debolezza degli arti impedisce loro di
scavare efficacemente. L’attività inizia al principio della primavera con il risveglio e la
migrazione verso i siti riproduttivi. La riproduzione può protrarsi fino al termine della
primavera. Come il tritone punteggiato, anche il tritone crestato italiano mostra un
vivace comportamento di corteggiamento al termine del quale il maschio depone sul
fondo dello stagno una spermatofora che viene prontamente raccolta dalla femmina
con le labbra cloacali. Le uova sono generalmente deposte singolarmente su foglie
di piante acquatiche che vengono ripiegate con le zampe posteriori per proteggerle.
La plasticità ecologica del tritone crestato italiano non si evidenzia solo nella possibilità di colonizzare ambienti molto diversificate, ma anche nel plasmare l’inizio e la
fine dell’attività riproduttiva. In alcune aree di pianura della provincia di Bergamo, per
esempio, Triturus carnifex sfrutta le teste fontanili intermittenti che presentano acqua
solo a partire dalla fine di maggio o dall’inizio di giugno.
La riproduzione si avvia così molto in ritardo rispetto ad aree anche poco distanti che
dispongono di acqua a partire da febbraio-marzo.
La dieta dei tritoni è fondamentalmente
opportunista e dipende dalla disponibilità alimentare del momento e dell’area.
Non esistono molti dati per i tritoni
italiani e la maggior parte si riferiscono
a zone montane. Una popolazione dell’Appennino Piacentino mostrava una
dieta costituita da invertebrati acquatici e terrestri. Una popolazione di uno
Fig.13 – Una larva di tritone crestato italiano.
stagno dell’Appennino ligure, invece,
Anche durante lo stadio giovanile, i tritoni crestati
manifestava nella dieta una predomisono facilmente riconoscibili (Foto: Leoni).
nanza di Ditteri Culicidi e larve di Rana
temporaria. In uno studio condotto su una popolazione della pianura bergamasca che
popolava la testa di una risorgiva intermittente, la dieta del tritone crestato italiano ha
mostrato un ampio spettro alimentare formato prevalentemente da insetti acquatici
(larve e immagini) e da altri invertebrati acquatici. Nonostante l’ampia varietà di prede,
poche categorie hanno concorso in maniera determinante al numero di prede consumate: larve e ninfe di chironomidi, crostacei e molluschi. Considerevole è l’importanza
alimentare rivestita dalle larve di coleotteri acquatici rappresentati per lo più da ditiscidi che sembrano essere gli unici insetti diversi dai ditteri predati con regolarità.
Nei tre mesi di studio la dieta dei tritoni è variata considerevolmente; probabilmente
a causa della diversa disponibilità in acqua delle prede.
Fig.14 – Un tritone crestato in spostamento da una pozza ad un’altra (Foto: Livio Leoni).
Fig.15 – Il ventre dei tritoni crestati italiani è colorato in modo appariscente e permette di
differenziare ogni esemplare da un altro (Foto: Livio Leoni).
- Andreone F. 2005. Rane rosse e rane verdi: dilemmi fra tassonomia, sistematica zoologica e
conservazione. Le Rane in risaia. Tradizione, scienza e risorsa. Provincia di Vercelli.
- Barattieri M., Cologni F., Mastrorilli M. 2002. Indagine conoscitiva sull’erpetofauna dell’Oasi
WWF “Le Foppe” di Trezzo s. Adda (Lombardia, Provincia di Milano). Pianura, 15: 149-159.
- Bernini F., Bovini L., Ferri V., Gentili A., Razzetti E., Scali S. (a cura di). 2004. Atlante degli
Anfibi e dei Rettili della Lombardia. Monografie di Pianura n5. Provincia di Cremona.
- Bogliani G., Agapito Ludovici A., Arduino S., Brambilla M., Casale F., Provetto G. M., Falco
R., Siccardi P., Trivellini G. 2007. Aree prioritarie per la biodiversità nella Pianura Padana
lombarda. Fondazione Lombardia per l’Ambiente e Regione Lombardia.
- Lanza B., Andreone F., Bologna M., Corti C., Razzetti E. 2007. Amphibia. Fauna d’Italia.
Calderini.
- Leoni L. 1990-91. Aspetti biometrici ed alimentari di Triturus carnifex (Laurenti, 1768) e note
morfologiche su Rana latastei (Boulenger, 1879) di due fontanili della pianura bergamasca.
Tesi di Laurea, Università degli Studi di Milano.
- Schiavo R. M. 2001. Gli anfibi in provincia di Cremona. Provincia di Cremona, Settore ambiente.
- Sindaco R., Doria G., Razzetti E., Bernini F. 2006. Atlante degli Anfibi e dei Rettili d’Italia.
Societas Herpetologica Italica. Edizioni Polistampa.
Ringrazio Stefano Benini, Marco Franzoni e Paolo Vassalli per il generoso aiuto fornito
durante il lavoro di campo.
Come raggiungere le Foppe Radaelli:
Associazione WWF “Le Foppe”
Piazza Crivelli, 2 - 20056 TREZZO SULL’ADDA (MI)
info@oasile foppe - www.oasilefoppe.it
www.oasilefoppe.it
Scarica

guarda la versione in