A PAGINA 2
Catania - anno XXXI - n. 22 - 7 giugno 2015 - Euro 0,60 - www.prospettiveonline.it
“Poste Italiane s.p.a.” - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003
(conv. in L. 27/02/ 2004 no 46) art. 1, c. 1, DCB - Fil. di CT - Taxe perçue - Tassa riscossa - ISSN: 1720-0881
settimanale regionale di attualità
GENETICA.
LE CELLULE
STAMINALI
ADULTE
“In caso di mancato recapito rinviare al CMP/CPO di Catania, per la restituzione al mittente previo addebito. Il mittente si impegna a pagare la tariffa vigente”
Università, crollano gli iscritti e i laureati
La crisi
economica
genera crisi
culturale
xxxxxxxxx
L
’università italiana non invoglia i più i giovani. Lo certificano i dati dell’anagrafe
degli studenti pubblicati dal
ministero dell’Istruzione e il XVII
Rapporto AlmaLaurea. Stando alla prima ricerca, rispetto all’anno accademico 2004/2005 i diplomati che hanno
deciso di portare avanti gli studi sono
diminuiti del 27,5% su base nazionale.
Situazione peggiore poi a livello regionale, con il Sud delle università che perde in maniera vertiginosa immatricolati, iscritti e laureati. In Abruzzo sono il
56% in meno, in Molise il 50,7%, in
Basilicata il 49,4% e in Calabria il
43,8%. In dieci anni gli Atenei meridionali hanno perso 45 mila iscritti. È il
segno dei tempi, della crisi che non
lascia speranze per il futuro e che invoglia i ragazzi a cercare strade alternative ai corsi universitari. Tuttavia qualche
segnale di ripresa è fornito dalle università del Centro Italia (+1,58%
immatricolati, cioè gli iscritti al primo
anno) e da quelle del Nord (+1,25%).
Oltre al calo degli iscritti si registra
anche il calo dei laureati che sono soltanto 37.616 unità, il dato peggiore
dall’anno accademico 2003-04, il
12,72% in meno. In un anno, spiegano
i dati, si sono persi iscritti pari a 71.784
studenti. Oltre i dati ci sono le storie di
giovani che iniziano un percorso ma che
non lo finiscono per diverse ragioni.
Motivi economici, in primis, con il
costo dello studio diventato insostenibile per le famiglie che preferiscono
lasciare i propri figli a casa. Sono giovani che non credono serva studiare e
per i quali conseguire una laurea non è
più un valore aggiunto. Soprattutto,
sono giovani che preferiscono trovare
subito un lavoro piuttosto che restare
nel ‘pantano’ dell’Università. Questi ed
altre variabili sono alla base della crisi
che sta investendo l’università italiana.
Analisi che è stata confermata anche dal
recente XVII Rapporto AlmaLaurea sul
Profilo e la Condizione occupazionale
dei laureati. “La ricerca testimonia
ancora una volta come, dopo l’aumento delle immatricolazioni dal 2000 al
2003 (+19%), dovuto in gran parte
all’ingresso robusto nell’università
riformata di popolazione in età adulta,
negli ultimi anni si è registrato un vistoso calo delle iscrizioni all’università.
Dal 2003 (anno del massimo storico di
338 mila) al 2013 (con 270 mila) il calo
è stato del 20% ed è l’effetto combinato del calo demografico (il nostro Paese, nel periodo 1984-2013, ha visto contrarsi del 40% – quasi 390 mila unità –
la popolazione diciannovenne), della
diminuzione degli immatricolati in età
più adulta, del deterioramento delle
prospettive occupazionali dei laureati,
della crescente incidenza di figli di
sulla nostra capacità di trasmettere alle
nuove generazioni i valori in cui crediamo, capaci di un dialogo che tenga
conto della concreta situazione delle
persone».
Quando è cominciata questa rivoluzione culturale?
Il referendum irlandese è stato considerato una “questione civile” che non
coincide, però, con la civiltà di un
popolo e di una nazione, come qualcuno vorrebbe far intendere, percorrendo
la via dei compromessi.
George Bergoglio da cardinale a Bue-
nos Aires, nel 2010, affermava che la
questione non era «una semplice lotta
politica», ma le nozze gay rappresenta-
ARCHEOGASTRONOMIA
ALL’ISTITUTO
ALBERGHIERO
Maxwell
(segue a pag. 2)
L’evoluzione naturale si apre alla democrazia
l voto irlandese che ha
visto trionfare la maggioranza di «sì» in favore del matrimonio
omosessuale interroga la Chiesa.
Il cardinale Pietro Parolin, «primo
ministro» di Papa Francesco, definisce
l’esito del risultato referendario irlandese sul matrimonio gay «una sconfitta dell’umanità», mentre altri evidenziano la «rivoluzione culturale» che tale
evento caratterizza.
Il card. Bagnasco, presidente della Cei,
ha dichiarato che questi temi e l’esito
del voto irlandese «pone interrogativi
a pagina 7
a pagina 9
Il referendum dell’Irlanda interroga la Chiesa sull’efficacia della comunicazione dei valori cristiani
I
FORUM
PROVINCIALE
delle ASSOCIAZ.
FAMILIARI
Al BRANCATI
DEBUTTA
PIPINO
IL BREVE
vano «una pretesa distruttiva del piano
di Dio» e incoraggiava i laici a battersi
per i valori cristiani.
Da Papa, con un riferimento alla teoria
del gender, applicabile anche alle legislazioni che equiparano il matrimonio
tra un uomo e una donna alle unioni
omosessuali, ha parlato più volte di
«colonizzazioni ideologiche» e nella
catechesi delle udienze del mercoledì
ha presentato in modo positivo la belGiuseppe Adernò
(segue a pag. 2)
a pagina 11
2
Prospettive - 7 giugno 2015
sommario al n. 22
PRIMO PIANO
Pastorale della famiglia:
Risposte al Questionario
del Sinodo _______________3
Mons. Oscar Romero beato__4
Indietro nel tempo
intervistando Emilio Greco __5
INFORMADIOCESI
Notizie in breve ___________6
Corpus Domini: Indicazioni
del Vicario Generale _______6
Iniziative della Caritas______6
DIOCESI
Presentato il saggio
di Palcido Lavenia
su S. Barbara _____________7
Guglielmo Policastro
nel 60° anniversario
della morte_______________8
Belle Fiabe è il titolo
dell’ultimo libro
di Agata Bonanno _________9
Un saggio
di Mons. Giuseppe Sciacca
in preparazione al Giubileo_11
750° anniversario
della nascita di Dante _____12
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Questo numero è stato chiuso
alle ore 13.00 di giovedì 4 giugno 2015
Genetica. Le cellule staminali adulte
ell’uomo, come in tutte
le forme di vita pluricellulari, la rigenerazione dei tessuti è un
processo fisiologico di rinnovamento
cellulare necessario per la sopravvivenza dell’organismo. Alla base di questo processo rigenerativo vi sono popolazioni di cellule di riserva, le cellule
staminali (SC), localizzate nei diversi
tessuti, il cui numero dipende dalla
capacità e necessità generativa di ogni
tessuto. Sono cellule immature in grado
di moltiplicarsi all’infinito generando
sia cellule identiche a se stesse, sia i
diversi tipi di cellule differenziate e
mature dei tessuti e degli organi in cui si
trovano. Ed è proprio grazie a questa
doppia attività che le SC del nostro corpo si replicano e si specializzano ogni
giorno per sostituire le cellule logorate
e permettere all’organismo di sopravvivere. La pelle, ad esempio, si rinnova
continuamente grazie alle SC che in
essa si annidano; non guariremmo delle ferite né ci difenderemmo dai danni
recati alla pelle da radiazioni e sostanze
chimiche se non avessimo, in ogni età,
le SC che provvedono al ricambio della pelle. Esse salgono dallo strato germinativo (detto anche basale) fino
all’epidermide esterna in circa 25 giorni e ricambiano la pelle. E, grazie alla
loro accessibilità, le SC della pelle
sono state tra le prime staminali ad essere studiate per le applicazioni cliniche.
All’inizio dagli anni 70 Howard Green
al Massachusetts Institut of Tecnology
di Boston scoprì che era possibile coltivare lembi di pelle. In una diecina di
anni è stato possibile passare dal laboratorio alle applicazioni cliniche potendo curare le grandi ustioni e i danni cau-
N
(continua da pag. 1)
LA CRISI...
immigrati e di una politica del Diritto
allo Studio. Numeri alla mano, su 100
giovani di età 25-34 anni, i laureati
costituiscono solo il 22%; la media
europea a 21 Paesi è pari al 37%, la
media OCSE è pari al 39%. Questo
ritardo storico nei tassi di scolarizzazione avanzata permane nonostante i
miglioramenti registrati dalle nuove
(continua da pag. 1)
L’EVOLUZIONE...
lezza della famiglia, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna e la
necessità di sostenerla e proteggerla,
puntando a evangelizzare con esempi
che attraggono, piuttosto che ripetere
condanne. Certo, la «rivoluzione culturale» del referendum irlandese attesta la
difficoltà che la Chiesa ha di trasmettere il suo insegnamento anche in Paesi
un tempo «cattolicissimi», ma la risposta alla secolarizzazione difficilmente
potrà passare attraverso battaglie e sterili contrapposizioni.
La lunga “Lettera pastorale” della Conferenza Episcopale Australiana, intitolata: “Non creare confusione sul matrimonio” ribadisce l’importanza del
matrimonio tra uomo e donna.
Partendo da un principio essenziale: “Il
rispetto per tutti”, per ogni essere umano, in quanto creatura di Dio, le persone omosessuali “vanno trattate con
rispetto, sensibilità, amore” e “nessuna
ingiusta discriminazione, basata su sesso, religione, razza o età” può trovare la
Chiesa d’accordo; tuttavia, chiedere di
equiparare il matrimonio omosessuale
a quello tra uomo e donna “è sbagliato”,
perché si tratta di due situazioni diverse. “L’unione tra uomo e donna – infatti – è differente da altri tipi di unione:
essa è un’istituzione designata a sostenere persone di sesso opposto nella
fedeltà reciproca e nei confronti dei
Il segreto della giovinezza
sati da incidenti lesivi della pelle, e
quindi alla cura di pazienti con danni
alla pelle, prima senza rimedio. Oggi, la
ricerca è impegnata a migliorare le tecniche di coltura delle SC epidermiche,
e si riesce a produrre da un piccolo lembo di pelle anche metri di nuova pelle.
Le applicazioni cliniche nella medicina
rigenerativa possono essere parecchie,
come nelle ulcere diabetiche o piaghe
da decubito o ferite di origine traumatica, etc.. Un limite naturale delle SC della pelle come di ogni organo è che esse,
anche per fenomeni di epigenetica,
sono in grado di trasformarsi soltanto in
cellule adulte di quel dato organo. Inoltre, nei mammiferi e quindi nell’uomo,
una cellula differenziata come quelle
della pelle, in condizioni normali, non si
dedifferenzia, non ritorna, cioè, più a
essere SC. L’unica eccezione a questa
regola sono le cellule tumorali. Così, in
questo ultimo decennio, la ricerca
scientifica sulle SC dell’epidermide ha
preso differenti linee di sviluppo: Una,
basandosi sulle modifiche genetiche
delle SC, cerca di produrre cellule adatte a curare malattie genetiche della pelle, come la epidermolisi bollosa.
Un’altra si è sviluppata dagli esperimenti di Yamanaka e del suo gruppo
dell’Università di Kioto. Egli, studiando il fenomeno della pluripotenza
delle cellule embrionali di topo,
riuscì nel 2006 a identificare quattro geni, a introdurli mediante un
retrovirus in cellule epidermiche di
topo e riprogrammare l’identità di
queste cellule facendole diventare
staminali pluripotenti, capaci di
comportarsi come autentiche SC
embrionali. Tali cellule furono
chiamate “cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC)”. Con questo metodo sono stati fatti diventare iPSC circa una dozzina di diversi tipi
di cellule adulte. Con questa scoperta
Yamanaka ha trasformato sia la biologia delle SC sia la politica e l’etica che
riguarda l’uso controverso delle SC
embrionali. Per tale scoperta, nel 2012,
ottenne il premio Nobel per la Medicina.
Tale tecnica si basa sulla trasformazione da una cellula della pelle in una cellula nervosa attraverso la riprogrammazione genetica di una cellula adulta
differenziata, spegnendo in essa molti
geni che erano accesi e accendendone
altri che erano spenti attraverso l’azione di famiglie di geni, detti geni master,
generazioni e colloca l’Italia, in termini comparativi, al di sotto della gran
parte degli altri Paesi OCSE. Ma
riguarda anche i livelli di scolarizzazione inferiore: nel 2013, la quota di
popolazione adulta italiana con al più la
scuola dell’obbligo era pari al 64%, nettamente al di sopra della media europea
(39%) e alla quota tedesca (18%), Paese con il quale si è soliti confrontarsi
grazie alla similarità delle rispettive
strutture produttive. Infine prendendo
come riferimento gli indicatori OCSE
si evince che le risorse concrete che
vengono destinate in Italia all’Università – si legge nel rapporto – sono di
molto inferiori a quelle investite da Spagna, Francia, Germania e Svezia. E in
definitiva, un laureato italiano costa il
30% in meno della media europea,
metà di un parigrado tedesco.
®
figli”. Perciò, “non è una discriminazione” riservare il matrimonio solo a
questi, mentre le altre tipologie di unioni non possono essere denominati
“matrimonio”, manifestandosi come
una forzatura non già di una legge
umana, ma delle stesse leggi della natura. I vescovi australiani ribadiscono
che, “è ingiusto, molto ingiusto, legittimare la falsa affermazione che non c’è
distinzione tra un uomo o una donna, un
padre o una madre; è ingiusto ignorare
i valori peculiari portati avanti dal vero
matrimonio; è ingiusto non riconoscere l’importanza, per i bambini, di avere
una mamma ed un papà; è ingiusto
cambiare, in retrospettiva, le basi sulle
quali si sono sposate le persone in passato”. In questi giorni in Parlamento è in
discussione un emendamento al disegno di legge costituzionale giunto alla
terza lettura in Senato, al fine di introdurre un referendum d’indirizzo sui
temi eticamente sensibili. In grado di
strapparli ai logoranti dibattiti tra deputati e senatori e consegnarli alla volontà diretta dei cittadini che in questo
modo impegnano le Camere a produrre leggi in linea con l’effettiva volontà
della maggioranza degli elettori, “la
vera coscienza civile del Paese”.
Alla luce anche del clamoroso risultato
arrivato dalla cattolicissima Irlanda,
dove la maggioranza degli elettori si è
dichiarata favorevole ai matrimoni gay
con lo storico referendum del 22 mag-
gio, l’on. Giuseppe Fioroni ha deciso di
rompere gli indugi, annunciando la sua
iniziativa: “L’idea è di far presentare da
alcuni nostri senatori un emendamento al ddl costituzionale che palazzo
Madama si appresta ad esaminare di
nuovo dopo che la Camera glielo ha
ritrasmesso. Mi sembra la cosa migliore giunti a questo punto: questioni
come matrimonio gay, eutanasia,
fecondazione, adozioni e tutte le altre
innescate dalla medicina più innovativa, sono problemi così intimi che mi
pare fuori luogo lasciare alla sola
determinazione degli eletti. Meglio far
decidere i cittadini attraverso referendum d’indirizzo ai quali il Parlamento
dovrà poi adeguarsi, elaborando le
relative proposte di legge”.
L’dea di sentire i cittadini e tener conto
della loro volontà è secondo Fioroni
indispensabile davanti al fatto che sui
problemi etici differenze di opinioni e
lacerazioni si rivelano sempre più marcate: “Anche all’interno delle famiglie“, spiega il parlamentare democratico, “si esprimono posizioni diverse,
spesso ci sono tante opinioni quante
sono le persone che le compongono”.
Che senso ha dunque lasciare la
responsabilità delle decisioni alle
Camere quando su questi temi i parlamentari rappresentano solo se stessi?
Il popolo, i cittadini sono pronti e maturi per decidere un fatto che rivoluziona
l’impianto tradizionale della famiglia
che hanno il potere di assumere il
comando di tutte le operazioni che
avvengono nelle cellule. Successivamente, Marius Wernig della Stanford
University, in California e Mick Bhatia
presso l’Università canadese McMaster
usarono una tecnica che supera quella
di Shinya Yamanaka a far regredire le
cellule adulte allo stato staminale. Essi,
partendo da cellule epidermiche, hanno
indotto direttamente la formazione di
cellule che a loro volta generano nel primo caso neuroni funzionali, nel secondo il sangue. Tali tecniche sono ancora
in fase sperimentale, ma l’obiettivo è
quello di ottenere neuroni e sangue a
partire da cellule della pelle. Così, un
giorno, non sarebbero più necessari i
trapianti di midollo, si potrebbe produrre sangue artificiale dalle cellule della pelle di ognuno di noi e quindi autologo, e si potrebbero con i nuovi neuroni curare le malattie neurodegenerative.
Tale approccio, ovviamente, richiede
ulteriori studi per chiarire gli esiti a lungo termine di questo processo di trasformazione, determinando, ad es., se
tali cellule diventate neuroni o sangue
restino tali per tutta la vita o si portano
con loro tracce del proprio passato di
cellula differenziata della pelle.
Oggi, i mass media impropriamente
pubblicano interviste a ricercatori e
clinici sulle cellule staminali come la
panacea contro tutte le malattie. Nella
realtà, se non vi è un protocollo che permetta di ottenere risultati verificabili
dalla comunità scientifica, sono trattamenti sperimentali ma non utilizzabili
per i pazienti e la loro somministrazione richiede grande cautela, perché si
somministrano cellule vive e non semplici farmaci. In Italia, ma soprattutto
nell’Est europeo, vi sono centri di produzione di SC. Molti si muovono sul
filo della illegalità. Si specula, spesso,
sulle disgrazie di famiglie con bambini
affetti da gravi malattie genetiche.
Filippo Uccellatore
italiana.
Se questa proposta verrà approvata
vien da chiedersi se i cittadini saranno
liberi di scegliere o i partiti e le fazioni
si renderanno promotori d’indirizzo
verso una o l’altra soluzione.
Sarà una risposta al voto referendario in
libertà di coscienza su senso e valore del
matrimonio o magari un’espressione di
relativismo che assegna a ciascuno la
libertà di agire come crede e non voler
compromettere la libertà degli altri?
Accettare la degradazione morale
come un’evidenza sociologia e la secolarizzazione come un processo irreversibile, non è da cristiani.
“È tempo di agire, perché il matrimonio
non è semplicemente un’etichetta che
può essere attaccata, di volta in volta, su
diversi tipi di relazione, secondo la
moda del momento”, come affermano i
Vescovi australiani. Il matrimonio ha
“un significato intrinseco, naturale,
antecedente alla legislazione statale”
che “riflette il piano di Dio per l’umanità, la crescita personale di ciascuno,
dei bambini e della società”. Da qui,
l’invito “a tutte le persone di buona
volontà a raddoppiare gli sforzi per
sostenere il matrimonio” tradizionale,
anche grazie alla testimonianza di coppie sposate.
La violazione della legge divina e naturale è un peccato sociale, di cui il popolo un giorno dovrà rendere conto a Dio.
®
3
Prospettive - 7 giugno 2015
Ufficio Diocesano per la Pastorale della Famiglia: Risposte al Questionario del Sinodo
fidanzamento” che sono I Promessi
sposi di Alessandro Manzoni. Un’opera, secondo il Pontefice, che tutti i
ragazzi dovrebbero conoscere e leggere, in quanto “capolavoro dove si racconta la storia dei fidanzati che hanno
subito tanto dolore, hanno fatto una
strada di tante difficoltà fino ad arrivare alla fine, al matrimonio”.
“Bellezza, sofferenza e fedeltà dei
fidanzati”, sono i fili da tenere ben tesi
ed intrecciarli per rendere ancora più saldo il
legame e l’unione dei
cuori che con il matrimonio costruisce l’edificio della famiglia.
“Il fidanzamento è un
percorso di vita che
deve maturare come la
frutta, è una strada di
maturazione nell’amore, fino al momento che
diventa matrimonio”. E
le “ricette” di Papa
Francesco sono appunto: la lettura e lo studio
della Bibbia, la preghiera liturgica e “domestica” e la “fraternità con i poveri, e con i bisognosi,
che ci provocano alla sobrietà e alla
condivisione”.
“Ti farò mia sposa, ti farò mio sposo”,
promesse d’amore durante il fidanzamento sono orientate ad un futuro,
gioiosa ricerca e sorpresa dei doni reciproci verso la tappa che si consegue con
il matrimonio e per questo è stato molto gradito ed apprezzato l’augurio del
Papa: “Buona strada di fidanzamento!”
della quale crescere armoniosamente. Le iniziative a tal riguardo sono
ancora molto poche, come pochi
sono i movimenti che hanno a cuore
la promozione della cultura dell’affido e dell’adozione, mentre è notevole l’impegno delle comunità e dei
movimenti cristiani che sopperiscono
alle difficoltà e alle esigenze delle
famiglie indigenti nel soddisfare i
loro bisogni primari. Nella catechesi
è poco valorizzata la vocazione alla
responsabilità generativa della coppia come espressione intrinseca dell’amore coniugale se non negli
incontri di catechesi battesimale, nei
corsi di cresima per adulti e in preparazione dei fidanzati al matrimonio, alla cui base vi è l’insegnamento del Magistero della Chiesa riguardo al valore morale dei metodi di
regolazione della natalità, all’adozione e all’affido, ove si esprime in
modo particolare la fecondità coniugale anche in caso di sterilità. Purtroppo l’incertezza economica e i
repentini e destabilizzanti mutamenti sociali contemporanei condizionano fortemente la scelta vocazionale
alla paternità/maternità, limitata
altresì dal rifiuto a vivere la propria
appartenenza a Cristo e alla Chiesa
anche attraverso l’apertura alla vita e
la prossimità verso il più bisognoso.
Si avverte, pertanto, l’urgenza di
valorizzare momenti di ascolto attraverso una formazione mirata e
approfondita dell’argomento e la
testimonianza durante gli incontri
per i fidanzati che si preparano al
matrimonio. All’interno della Chiesa, purtroppo, si avverte la mancanza
di coppie preparate che possano soddisfare gli interrogativi dei lontani
per accompagnarli responsabilmente
in un cammino di sincera conversione. Anche se si considerano i figli
come un dono della Provvidenza di
Dio alla famiglia, nella quotidianità,
purtroppo, non si riconosce la presenza costante dell’azione della grazia divina nel vissuto umano, non si
possiede una fede coraggiosa e forte
che sappia valorizzare il prezioso
dono della vita. È giunto il momento
in cui bisogna interrogarsi sulla propria disponibilità ad accompagnare i
fratelli bisognosi. Nella nostra diocesi si registra una sensibilità particolare verso le ragazze-madri, le cui
famiglie si fanno carico amorevolmente di accompagnare i figli che
vivono tale situazione di disagio,
compensando ogni mancanza e contrastando in tal modo la cultura dell’aborto. Oggi più che mai la famiglia è chiamata a educare e formare
nei figli la cultura della vita attraverso l’educazione all’amore, all’affettività, alla sessualità, facendo sì che i
genitori recuperino il loro insostituibile ruolo sull’uso di strumenti contraccettivi, recepiti erroneamente
dalle giovani generazioni come
metodi contro la fertilità. L’ascolto,
l’accoglienza e l’operatività diventano possibili solo a condizione di fare
il “vuoto” dentro di sé per poterlo
riempire con l’unicità e l’irripetibilità di chi ci sta accanto e ci chiede
aiuto, valorizzando la vita come
risposta concreta al sacrificio di Cristo sulla croce per la salvezza dell’umanità.
Il condottiero
Giuseppe e Mariella Magrì
Accogliere e promuovere
IL DONO DELLA VITA
l gravissimo dovere
di trasmettere la vita
umana, per il quale gli sposi sono
liberi e responsabili collaboratori di
Dio creatore, è sempre stato per essi
fonte di grandi gioie, le quali, tuttavia, sono talvolta accompagnate da
non poche difficoltà e angustie. In
tutti i tempi l’adempimento di questo
dovere ha posto alla coscienza dei
coniugi seri problemi, ma col recente
evolversi della società, si sono prodotti mutamenti tali da far sorgere
nuove questioni, che la Chiesa non
può ignorare, trattandosi di materia
che tanto da vicino tocca la vita e la
felicità degli uomini”. Questo l’incipit della Humanae Vitae, l’ultima
enciclica pubblicata dal Beato Papa
Paolo VI il 25 luglio del 1968 che,
ancora oggi, interpella la coscienza
del cristiano. Sono trascorsi quasi
cinquant’anni da allora e la Chiesa
s’interroga sui passi compiuti fin qui
per annunciare e promuovere efficacemente l’apertura alla vita e la bellezza della dignità umana del diventare madre e padre, sulla possibilità
di promuovere il dialogo con la
“I
scienza e le tecnologie biomediche
nel rispetto dell’ecologia umana del
generare. L’apertura alla vita dell’uomo e della donna è oggi più che mai
inficiata dalla pretesa dell’uomo di
sostituirsi a Dio nella volontà procreatrice. Riguardo alla procreazione
e alla genitorialità si registra un’apertura limitata solo a quella biologica e
non all’opportunità di “abbracciare”
bambini abbandonati al loro destino
attraverso l’adozione e l’affido. Ci si
accorge come nell’arco di questi cinquant’anni le famiglie e le coppie
non siano state accompagnate verso
la conoscenza e l’approfondimento
dei documenti post-conciliari, come
la Humanae Vitae e la Gaudium et
Spes, che rappresentano l’attenzione
e la sensibilità della Chiesa verso il
dono divino della procreazione della
coppia e la guida indispensabile per
creare una coscienza sensibile, protesa verso una procreazione responsabile. Molti coniugi, insegnanti dei
metodi naturali, sottolineano l’ecologia di tali procedimenti proprio
perché non si avvalgono di strumenti, permettono una più approfondita
conoscenza del proprio corpo e dei
ritmi naturali che lo governano e
soprattutto consentono l’espressione
di tutte le facoltà umane: libertà,
responsabilità della coppia, interpellata antropologicamente ad interrogare il proprio corpo. Da più parti ci
si chiede come la comunità cristiana
offre solidarietà e sussidiarietà attraverso strumenti e strutture per inco-
raggiare una paternità/maternità
generosa, come incoraggia all’affido
e all’adozione, segni altissimi di
generosità feconda di fronte alla
ritrosia di molte famiglie nell’accogliere la bellezza della novità dell’incontro con creature che, nonostante abbiano un’origine biologicamente diversa, hanno pur sempre
bisogno di una famiglia all’interno
Papa Francesco nell’udienza esorta i fidanzati a non bruciare le tappe
“Bellezza,
sofferenza
e fedeltà dei fidanzati”,
sono i fili da tenere
ben tesi ed intrecciarli
per rendere ancora
più saldo il legame
e l’unione dei cuori
che con il matrimonio
costruisce l’edificio
della famiglia
ell’udienza generale
del mercoledì, Papa
Francesco parla del fidanzamento,
invitando a viverlo come “cammino”
graduale di preparazione al matrimonio, senza cedere alla logica del “tutto e subito” andando controcorrente
alla prassi ordinaria di “bruciare le
tappe”. La cellula fondamentale della società nasce e si sviluppa nel suo
habitat e secondo le indicazioni biologiche della natura umana, un uomo
ed una donna che si incontrano, si
scelgono e decidono di condividere
l’avventura della vita nel reciproco
amore che diventa “legame” scelto
nella libertà e senza interruzioni.
Nel dialogo tra la chiesa e la modernità
Papa Francesco ribadisce alcuni con-
N
Un cammino non sempre facile
cetti che meritano la sottolineatura e la
riproposizione didascalica, capace di
produrre reale apprendimento e quindi
modifica dei comportamenti e del
modo di pensare, di sentire e di agire.
“Non c’è il matrimonio express”, dice
Papa Bergoglio, “bisogna lavorare sull’amore, bisogna camminare”. L’alleanza d’amore tra un uomo e una donna si può definire “un’alleanza artigianale”, che scaturisce quasi in “un miracolo della libertà e del
cuore, affidato alla
fede”.
Nel dare ordine alle
“coordinate sentimentali” che spesso deragliano, andando fuori strada,
Papa Francesco afferma
che “chi pretende di
volere tutto e subito”,
consumando l’amore
come una specie di
‘integratore’ del benessere psico-fisico alla prima occasione di cedimento, non trova la forza
di lottare e di rinsaldare
il legame che si sostanzia di fiducia e la
fedeltà del dono di sé.
Il fidanzamento mette a fuoco la volontà di custodire insieme qualcosa che
mai dovrà essere comprato o venduto,
tradito o abbandonato, per quanto allettante possa essere l’offerta.
La “distinzione tra l’essere fidanzati e
l’essere sposi”, ripropone il tema della
castità prematrimoniale prevista dalla
morale cattolica. Un aspetto che la
Chiesa da sempre ha custodito “in
vista della delicatezza e della profondità di questa verifica”.
L’alleanza d’amore tra l’uomo e la
donna, alleanza per la vita, non si
improvvisa, non si fa da un giorno
all’altro, ma si impara e si affina gradualmente.
Le statistiche percentuali indicano
come l’80% dei corsi di preparazione al
matrimonio è composto da coppie conviventi, magari con figli. Ecco perché il
fidanzamento merita di essere rivalutato come tempo di conoscenza reciproca
e di condivisione di un progetto. Il
cammino di preparazione al matrimonio va impostato in questa prospettiva,
avvalendosi anche della testimonianza
semplice ma intensa di coniugi cristiani. E certamente positiva l’esperienza
dei “corsi di preparazione al matrimonio” ben strutturati e svolti con responsabile impegno, così da consentire una
riflessione attenta e non banale sull’esperienza che si intraprende.
Ai fidanzati italiani, in particolare, oltre
alla Sacra Scrittura, il Papa raccomanda la lettura di “un capolavoro sul
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Prospettive - 7 giugno 2015
PRIMOPIANO
Mons. Oscar Romero beato
Martire in odio alla fede
l 23 maggio u. s a San
Salvador, capitale del
piccolo stato di El Salvador nell’America Centrale, di fronte a una folla
di 300mila persone è stato beatificato Mons. Óscar Romero, arcivescovo
di San Salvador, 35 anni dopo il suo
assassinio da parte dei paramilitari al
servizio del regime.
Personalmente l’ho conosciuto a
Roma in Piazza San Pietro nel
novembre del 1962, in occasione del
Concilio Vaticano II. Eravamo
entrambi segretari dei nostri vescovi,
io di Mons. Clemente Gaddi, vescovo di Nicosia, e lui di Mons. Miguel
Angel Machado, vescovo di San
Miguel.
Pochi mesi dopo il trasferimento di
Mons Gaddi alla sede arcivescovile
di Siracusa, come coadiutore con
diritto a successione di Mons. Ettore
Baranzini, fui nominato segretario di
Mons. Costantino Trapani, nuovo
vescovo di Nicosia. Lasciai la sede
di Viale S. Gregorio e andai ad abitare in Viale Marconi, dove mi fu assegnata una stanza accanto a quella di
Mons. Romero. Fu una grande gioia
per entrambi e iniziò la nostra collaborazione.
Per prima cosa notammo la grande
povertà dei Vescovi latino-americani
ivi alloggiati. Molti di essi erano
venuti a Roma per il Concilio, sicuri
che sarebbe durato pochi giorni perché si riteneva, essendo i documenti
stati preparati in precedenza dalle
varie Congregazioni vaticane, avrebbero solo dovuto firmarli e non avevano portato alcun ricambio di biancheria. Poiché, erano poverissimi e
non avevano la possibilità di procurarsela, insieme facemmo una raccolta presso altri Padri Conciliari per
dare loro la possibilità di cambiarsi.
In secondo luogo, poiché molti di
essi non conoscevano il latino, la lingua ufficiale del Concilio, li aiutammo a redigere i modi (gli emendamenti) da apportare ai nuovi documenti redatti ex novo dai Padri conciliari.
Terminate le Sessioni nel 1965 ci
separammo. In seguito ci scambiammo qualche cartolina di auguri in
occasione delle feste e alcune telegrafiche comunicazioni nel 1968,
quando egli diventò collaboratore
principale di Luis Chávez y González, uno dei protagonisti della Seconda conferenza dell’episcopato latinoamericano a Medellín, quando fu
nominato vescovo ausiliare di San
Salvador il 25 aprile 1970 e quando
venne nominato vescovo di Santiago
de Maria, il 15 ottobre 1974.
L’ho rincontrato, inaspettatamente,
nel settembre del 1979, durante un
viaggio in Terra Santa, in un albergo
di Amman, in Giordania, e tre giorni
dopo a Betlemme nella grotta dei
pastori.
Lo trovai molto provato e triste. Mi
confidò dell’incomprensione di Giovanni Paolo II per la teologia della
Liberazione, scambiata erroneamente in Vaticano come adesione alla
dottrina marxista, e mi disse che,
dopo la presa di posizione di Giovanni Paolo II, nel suo viaggio
pastorale in Messico nel gennaio del
1979: «La pastorale è bloccata, noi
Vescovi non sappiamo più come parlare ai tanti poveri». Riporto alcune
notizie della sua vita riferitemi da lui
stesso.
I
Mons. Romero era nato Óscar Arnulfo Romero y Galdámez in una famiglia di umili origini, il 15 agosto
1917 a Ciudad Barrios, un piccolo
comune del dipartimento di San
Miguel. A dodici anni lasciò la scuola e lavorò come apprendista presso
un falegname. L’anno successivo,1930, entrò nel seminario minore
di San Miguel, retto dai padri claretiani. Tuttavia dopo sei anni, viste le
difficoltà economiche in cui versava
la famiglia, lasciò gli studi e lavorò
qualche mese nelle miniere d’oro di
Potosì, per cinquanta centesimi al
giorno.
Nel 1937, ventenne, entrò nel seminario maggiore di San José de la
Montana a San Salvador, retto dai
gesuiti, i quali, notando la sua predisposizione agli studi, lo mandarono a
Roma, dove frequentò la Pontificia
Università Gregoriana. Si licenziò in
Teologia un anno dopo avere ricevuto l’ordinazione sacerdotale, il 4
aprile 1942.
Rientrato in El Salvador, si dedicò
all’attività pastorale e svolse per
qualche tempo il suo ministero come
parroco. In seguito divenne segretario di Mons. Miguel Angel Machado, vescovo di San Miguel.
Il 25 aprile 1970 fu nominato vescovo ausiliare di San Salvador e ricevette l’ordinazione episcopale il 21
giugno successivo dall’arcivescovo
Girolamo Prigione, nunzio apostolico in El Salvador. Il 15 ottobre 1974
venne nominato vescovo di Santiago
de María, uno dei territori più poveri
della nazione.
Il contatto con la vita reale della
popolazione, stremata dalla povertà
e oppressa dalla feroce repressione
militare, provocò in lui un profondo
cambiamento nelle scelte pastorali,
anche grazie all’influenza del gesuita John Sobrino, esponente di punta
della teologia della liberazione,
secondo la quale la salvezza cristiana incluse “una liberazione integrale” dell’uomo, anche economica,
politica, e sociale, come segni visibili della dignità umana. La situazione
attuale, si sosteneva, contraddice il
disegno divino e la povertà è “un
peccato sociale”. L’intero episcopato
doveva assumersi il compito di essere al fianco delle lotte di liberazione
del popolo.
La liberazione, conseguenza della
presa di coscienza della realtà
socioeconomica latino-americana,
era iniziata nel 1968 nella riunione
del Consiglio episcopale latinoamericano (CELAM) di Medellín
(Colombia). Fu successivamente
Il contatto
con la vita reale
della popolazione,
stremata dalla povertà
e oppressa dalla feroce
repressione militare,
provocò
in Mons. Romero
un profondo
cambiamento
nelle scelte pastorali,
anche grazie
all’influenza
del gesuita
John Sobrino,
le quali non sempre
furono condivise
dalla Santa Sede
concordata a Puebla nel 1979, nella
quale, molti vescovi brasiliani e latino-americani si pronunziarono per la
«Scelta preferenziale dei poveri», il
cosiddetto «Patto delle catacombe».
Giovanni Paolo II, non condivise
quelle scelte che erano state criticate
da molti Vescovi e in uno dei suoi
viaggi apostolici in Messico nel
1979 dichiarò che «la concezione di
Cristo come politico, rivoluzionario,
come il sovversivo di Nazareth, non
si compagina con la catechesi della
Chiesa».
I fatti di sangue, sempre più frequenti, che colpivano persone e collaboratori a lui cari, lo spinsero alla
denuncia delle situazioni di violenza
che riempivano il Paese. La nomina
ad arcivescovo di San Salvador, il 3
febbraio 1977, lo trovò pienamente
schierato dalla parte dei poveri, in
aperto contrasto con quanti lo sostenevano e volevano vedere in lui un
difensore dello status quo politico ed
economico. Romero rifiutò l’offerta
della costruzione di un palazzo
vescovile, scegliendo una piccola
stanza nella sagrestia della cappella
dell’Ospedale della Divina Provvidenza, dove erano ricoverati i malati
terminali di cancro.
La morte di padre Rutilio Grande,
gesuita, suo amico e collaboratore,
assassinato assieme a due catecumeni un mese dopo il suo ingresso in
diocesi, divenne l’evento che lo portò alla sua azione di denuncia profetica.
La Chiesa salvadoregna dovette
pagare un pesante tributo di sangue.
L’esercito, guidato dal partito al
potere, arrivò a profanare e occupare
le chiese, come ad Aguilares, dove
vennero trucidati non meno di 200
fedeli. Mons. Romero, indignato gridò all’esercito e alla polizia: “Vi supplico, vi prego, vi ordino in nome di
Dio: cessate la repressione!”.
Il 23 marzo 1980, l’arcivescovo invitò apertamente gli ufficiali e tutte le
forze armate a non eseguire gli ordini, se questi erano contrari alla morale umana. Disse: «Io vorrei fare un
appello particolare agli uomini dell’Esercito e in concreto alla base
della Guardia Nazionale, della Polizia, delle caserme: “Fratelli, appartenete al nostro stesso popolo, uccidete i vostri stessi fratelli contadini;
ma rispetto a un ordine di uccidere
dato da un uomo deve prevalere la
legge di Dio che dice “Non uccidere”. Nessun soldato è tenuto ad
obbedire ad un ordine contrario alla
Legge di Dio. Vi supplico, vi chiedo,
vi ordino in nome di Dio: “Cessi la
repressione!”».
Il giorno dopo, mentre stava celebrando la messa nella cappella dell’ospedale della Divina Provvidenza,
fu ucciso da un sicario degli squadroni della morte, su mandato di
Roberto D’Aubuisson, leader del
partito nazionalista conservatore.
L’assassino sparò un solo colpo che
recise la vena giugulare, mentre
Romero elevava l’ostia alla consacrazione. Morì alle 18,26 di lunedì
24 marzo 1980.
Il processo di beatificazione è stato
lento e complicato. La stessa Chiesa
cattolica è stata a lungo divisa su
come interpretare il suo messaggio.
Alcuni lo considerano un difensore
della popolazione locale contro l’oppressione di una dittatura militare,
mentre secondo altri fu un sacerdote
che ha avuto troppo a che fare con la
politica, arrivando ad appoggiare
ideali marxisti e rivoluzionari. La
sua causa di beatificazione, rimasta
ferma per più di vent’anni, fu sbloccata dall’intervento di papa Benedetto XVI il 20 dicembre 2012, e in
seguito da papa Francesco, che ne
desiderava una rapida conclusione,
in quanto sulla base delle testimonianza del capitano di polizia Alvaro
Rafel Saravia, l’unica persona condannata per il suo omicidio, Romero
era stato assassinato in odio alla
fede. Questa decisione fu comunicata personalmente dal papa al postulatore della causa, Mons. Vincenzo
Paglia, che in un incontro privato
aveva auspicato la contemporanea
beatificazione di Romero e di Pino
Puglisi, il sacerdote ucciso a Palermo dalla mafia.
Papa Francesco, con decreto del 3
febbraio 2015, ha infine riconosciuto
il martirio in odium fidei di monsignor Romero, che è stato elevato alla
gloria degli altari, come beato, in una
solenne celebrazione in San Salvador, il 23 maggio 2015.
Mons. Luigi Chiovetta
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Prospettive - 7 giugno 2015
PRIMOPIANO
l’intervista
Indietro nel tempo intervistando Emilio Greco
Gioire nel modellare e plasmare l’idea
resentare un vernissage e
raccontare l’anima degli
artisti attraverso le loro opere è come
fare un viaggio nell’interiorità di chi ha
realizzato un manufatto d’arte. È l’esperienza che ho vissuto qualche giorno fa a Catania, al Museo “Emilio Greco”, dove espongono le loro tele per la
durata di otto giorni le pittrici Nelly
d’Urso e Giuseppina Martinez. Curatore e organizzatore della mostra Fortunato Orazio Signorello, giornalista e
presidente dell’Accademia Federiciana.
E adesso, amabili lettori, vi devo confessare quello che ho vissuto in quella
contingenza, in quegli ambienti del
Palazzo Gravina Cruyllas che da anni
con gloria recano il nome del geniale
scultore catanese.
Avevo terminato di esporre il mio discorso esplicativo sulle tele ivi esposte,
quando, non volendomi coinvolgere
nella folla, mi ero isolata per sentire nei
silenzi della materia artistica il suono
dello spirito. E in quel momento si avvicina alla mia persona, un uomo di circa
quarant’anni che mi invita a visitare il
Museo e i disegni, le acqueforti e le
incisioni ivi esposti. Il suo sorriso è affabile e m’ispira fiducia. Sento che a questo personaggio a me sconosciuto
potrei confidare il mio vissuto, le mie
P
gioie e le mie preoccupazioni. A passi
lenti s’incammina per quei corridoi ed
è come se in ogni suo movimento fosse
condensata una formidabile esperienza
di vita.
<<Mi chiamo Emilio e questa città mi
ha dato i natali. Le mie origini sono
umili, la mia famiglia ha vissuto una
dimensione di povertà economica e di
forti disagi ma nella dignità. Ricordo
che mio padre si ammalò quando io
avevo tredici anni e fu in quel periodo
che dovetti lasciare la scuola; a casa
mia mancava il necessario per vivere e
allora per provvedere alle esigenze
legate alla sopravvivenza alimentare,
eravamo in otto tra genitori, figli e una
vecchia zia, m’impiegai nella bottega
di uno scultore che fabbricava statue
per il cimitero della città. Imparai
molto presto così l’arte dello sbozzare
il marmo e il mio lavoro sovente continuava fino a tarda ora, esprimendosi
nel modellare anche la creta per realizzare opere ispirate all’arte greca e
romana>>.
Mi perdoni, signor Emilio, quindi lei è
uno scultore e i primi rudimenti dell’arte li ha appresi e messi in atto realizzando monumenti funerari?
<<Proprio così, gentile signora, in
quel periodo scolpii una certa quantità di angeli, di meste figure ploranti e
una Vittoria alata per un
monumento ai caduti.
Trascorrevo tantissime ore
in bottega e i proventi del
mio sudato lavoro erano
minimi rispetto alla quantità dell’opera svolta, così
per fruire di un reddito
migliore mi presentai agli
esami d’idoneità all’Accademia di Palermo con lo
scopo di acquisire un pezzo
di carta che mi consentisse
di intraprendere il servizio
militare come ufficiale. E
così dopo un servizio regolare di
diciotto mesi, mi trovai arruolato nella campagna d’Africa e poi d’Albania.
Le lascio immaginare le insostenibili
condizioni di sopravvivenza che dovetti affrontare: una minestra calda e i
ritratti fatti ai soldati per sbarcare il
lunario. Gli americani mi trovarono
pelle e ossa.... >>
Lei parla di episodi della storia relativi
alla seconda guerra mondiale? Eppure
lei mi sembra molto giovane d’aspetto
fisico! Dimostra quarant’anni!
<<La nostra dimensione non ha tempo, noi artisti viviamo per sempre nelle nostre opere, non moriamo mai!>>
La prego, non intendo interromperla,
mi parli ancora di lei!
<<Lusingato, mia cara! Intanto avevo
raccolto un numero sufficiente di
lavori di opere grafiche per fare un’esposizione al Circolo di Catania e una
al Teatro Massimo di Palermo dove ho
trovato come acquirenti dei miei disegni l’editore Priulla. Poi approdo a
Parigi dove dipingo stoffe e disegno
gioielli e infine riesco a ottenere uno
spazio a Roma dove posso realizzare
sculture di grandi dimensioni. Progredisce così la mia fama di scultore e
le mie opere si cominciano a trovare
nei circuiti espositivi italiani francesi
e tedeschi>>.
Ha mai pensato di trasmettere per
esempio al mondo della scuola la sua
esperienza artistica?
<<Certo, sono stato assistente dello
scultore Quirino Ruggeri al Liceo
Artistico di Roma e poi nel 1955 ho
ottenuto la cattedra di scultura all’Accademia di Napoli, e intanto i miei
lavori erano richiesti a Londra, Lisbona, New York e Tokio, mentre in Italia
accumulavo onorificenze e premi>>.
Cosa pensa delle sue opere d’arte?
<<Non mi sono mai affezionato ai
miei lavori, ho solo gioito nel momento creativo, mentre modellavo e plasmavo l’idea, poi sono stato sempre un
severo critico di me stesso!>>.
Mi può citare qualche opera da lei realizzata?
<<Vai a Collodi figliola, e guarda il
monumento a Pinocchio, poi passa da
Orvieto, troverai ventisei sculture, sessanta disegni e poi medaglie e bassorilievi in un museo che porta il mio
nome, oltre le porte di bronzo del
Duomo... e poi non ti dico altro... mi
hai spinto a parlare troppo di me....!
Detto questo, mi fece un affettuoso cenno di saluto con la mano e scomparve.
Quella sera, curiosa mi collegai tramite internet col parco di Collodi e col
Museo di Orvieto.
Campeggiava un nome, Emilio Greco.
Rimasi senza parole.
Stefania Bonifacio
Chiesa Arciconfraternita Santa Maria Odigitria dei Siciliani in Urbe
a sera del martedì dopo
Pentescoste, 26 maggio,
nella storica chiesa romana della Venerabile Arciconfraternita Santa Maria
Odigitria dei Siciliani, di via del Tritone 82, è stata solennemente celebrata la
solennità patronale. A presiedere la
concelebrazione eucaristica è stato il
cardinale titolare, S.E. Paolo Romeo,
Arcivescovo di Palermo e Presidente
della Conferenza Episcopale Siciliana,
con l’Arcivescovo emerito
di Messina, Lipari e Santa
Lucia del Mela e ordinario
militare-castrense emerito
per l’Italia mons. Giovanni Marra, il Vescovo ausiliare di Roma est mons.
Giuseppe Marciante, originario dell’arcidiocesi di
Catania, il direttore della
Libreria Editrice Vaticana, prof. don Giuseppe
Costa, sacerdote salesiano
già responsabile dell’Oratorio catanese San Filippo
Neri, il primicerio mons.
Giuseppe Mario Blanda e
tanti altri sacerdoti delle diocesi di
Sicilia, compresa l’eparchia di Piana
degli Albanesi, residenti o dimoranti
per motivi di lavoro o di studio a Roma.
A rappresentare le confraternite siciliane è stato presente il dirigente, il confrate ing. Vincenzo Musumarra, governatore delle confraternite catanesi San
Cristoforo in Santa Rosalia alle Sciare
e Maria Santissima del Carmelo. Tanti
altri illustri laici hanno partecipato alla
liturgia eucaristica in onore della Patrona del popolo siciliano sparso nel mondo, tra cui il priore Andrea Judica e la
priora Carmelina Chiara Canta in Rizza, l’avv. Giuseppe Azzaro, già deputato sottosegretario catanese, la priora
emerita signora Marinella Mattarella,
sorella maggiore del presidente della
L
Devozioni dal sapore isolano
Repubblica.
A cura del comitato organizzativo
(Nicola Maria Busardò, Carmelina
Chiara Canta in Rizza, Giorgio Della
Longa, Vincenzo Giaccoto, Andrea
Iudica, Claudio Rossi, Alfonso Sapia) è
seguita l’inaugurazione della sala attigua alla chiesa, intitolata alla memoria
del senatore e generale di Corpo d’Armata dott. cav. Umberto Capuzzo,
comandante generale dell’Arma dei
Carabinieri, Capo di Stato maggiore
dell’Esercito, giornalista e pubblicista,
per 13 anni indimenticato priore dell’arciconfraternita, d’origine siciliana,
ammesso allo storico sodalizio laicale
siculo l’11 novembre del 1981 insieme
con la moglie Evelina De Lillis, su invito del prorettore mons. Lo Giudice,
quando era primicerio l’arcivescovo
mons. Antonio M. Travia. Negli anni
del suo priorato (1995-2008) è stato
fondato il Centro per lo studio della storia e della cultura in Sicilia “Mons. A.
Travia” presso la Facoltà teologica del-
la Sicilia. Da priore emerito il gen.
Capuzzo assieme alla consorte ha creato le condizioni concrete, con lasciti e
donazioni, affinché la chiesa potesse
essere restaurata con i lavori che oggi la
rendono maggiormente fruibile e più
bella.
I costi del restauro del Crocifisso di cartapesta che si
custodisce in chiesa e realizzato da un plastificatore dell’Italia centrale nella prima
metà del Settecento, invece,
sono stati sostenuti dal sig.
Alessandro Pagano.
In occasione dell “inaugurazione l’armonia della sala
Capuzzo”, scrive l’attuale
priora, “è esaltata dalla bellezza della vetrata artistica
che rappresenta le meraviglie della Sicilia con simboli della natura che richiamano l’Isola”. Autore della progettazione
artistica, realizzata da Lamberts di
Waldsassen, della Derix Glasstudios,
Taunusstein (Germania) è l’architetto
Nicola Busardò, mentre il progettista e
coordinatore dei lavori è stato l’arch.
Giorgio Della Longa. La bellezza della
sala -dove sono esposti le immagini delle sante e dei santi siciliani, Rosalia,
Agata, Lucia, i papi Agatone e Leone II
e il patriarca di Costantinopoli Metodio
Siculo- è stata completata dal nuovo
pavimento realizzato con mattonelle
ceramiche della tradizione artigiana di
Santo Stefano di Camastra (ditta Fratelli Fratantoni), dono dell’eminentissimo Romeo. Il legame con la Chiesa di
Sicilia è rappresentato dallo stemma
cardinalizio, posto al centro del pavi-
mento, con il motto “Caritas omnia
sustinet”, tratto dalla I Lettera di S. Paolo apostolo ai Corinti (13,7), e costituente una delle tre “C”, insieme a
Culto e Cultura, che esprimono le basi
operative del mondo confraternale e,
pertanto, a maggior ragione dei sodali
siculo-romani della Santa Madre di
Dio Odigitria.
A.B.
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Prospettive - 7 giugno 2015
Notizie in breve dall’8 al 14 giugno
Dall’Agenda dell’Arcivescovo
Lunedì 8 – Giovedì 11
• Torino: guida un pellegrinaggio
diocesano in visita alla Santa Sindone.
Venerdì 12
• Ore 10.00 Mascalucia, PIME:
incontra i sacerdoti in occasione
della Giornata Mondiale di Preghiera per la Santificazione sacerdotale.
• Ore 19.00 Piano Tavola, parrocchia S. Cuore di Gesù: celebra la
S. Messa.
Sabato 13
• Ore 11.00 Gravina, parrocchia S.
Antonio di Padova: celebra il
Pontificale in occasione della
Festa patronale.
• Ore 17.00 Belpasso, Villaggio del
Pino: celebra la S. Messa.
Domenica 14
• Ore 18.30 Catania, parrocchia
Spirito Santo: celebra la S. Messa.
Circolo Cittadino S. Agata
dona 590 euro alla Caritas
Rinsaldata la collaborazione al
volontariato con il Circolo Cittadino S. Agata. I soci hanno donato alla
Caritas Diocesana 590 euro.
500 euro ricavati dalla vendita
dei biglietti per il sorteggio di
5 quadri realizzati nell’estemporanea di pittura per la Festa
di Sant’Agata e 90 euro dalla
vendita dei ramoscelli d’ulivo
sul sagrato della Basilica Collegiata per la Domenica delle
Palme.
All’incontro per la consegna
della somma raccolta hanno
partecipato, mons. Barbaro
Scionti, delegato arcivescovile per la Basilica Cattedrale e
Amministratore Parrocchiale
della Basilica Collegiata S.
Maria dell’Elemosina, don
Piero Galvano, Direttore
Caritas, Salvo Pappalardo,
operatore Caritas, e il Commissario arcivescovile del
Circolo, Rosario Rizza e
numerosi soci.
Il ricavato delle due raccolte
sarà destinato per i lavori di
ristrutturazione dei nuovi
locali della mensa dell’Help
Center consegnati dal Comune di Catania lo scorso 16
maggio. Nelle prossime settimane si attendono le dovute
autorizzazioni comunali per
dare inizio ai lavori.
Tra i prossimi impegni in programma con il Circolo agatino ci sarà l’avvio di un ‘Gruppo Caritas’ composto dai soci
che vorranno svolgere volontariato alla mensa dell’Help
Center. Un gesto concreto di
solidarietà che esprime vici-
nanza verso i bisognosi della Città
sull’esempio del loro fondatore, il
Beato Cardinale Dusmet.
IL VICARIO
Carissimi,
la solennità del SS. Corpo e Sangue di Cristo, nel fluire
del tempo, è un momento di grande gioia, per tutta la
comunità ecclesiale, perché nell’Eucarestia celebriamo
il pegno della gloria futura, assaporandone il gusto, la
forza e la dolcezza nel nostro pellegrinaggio terreno.
L’anno della Vita Consacrata, la recente giornata di preghiera per le vocazioni, ci suggeriscono per quest’anno
il tema: “Vocazioni e Santità: toccati dalla Bellezza”.
Il programma sarà il seguente:
Ore 18.00 Nella Basilica Cattedrale Concelebrazione
Eucaristica, presieduta dall’Arcivescovo Mons. Salvatore Gristina. A seguire processione Eucaristica lungo
Via Etnea. Conclusione in piazza Stesicoro con la
Solenne Benedizione Eucaristica.
In Cattedrale ogni gruppo prenderà posto secondo le
indicazioni del parroco, Mons. Barbaro Scionti.
Fiducioso nella partecipazione di tutti porgo fraterni
saluti
Sac. Salvatore Genchi
Vicario Generale
N.B.: Per favorire la partecipazione dei fedeli non siano
celebrate SS. Messe Vespertine nelle altre chiese e parrocchie.
®
7
Prospettive - 7 giugno 2015
Forum Provinciale delle Associazioni Familiari
La Famiglia,
il Genoma
che fa vivere
la Società
l titolo del presente articolo riprende quello di un
saggio del prof. Pierpaolo Donati,
eminente sociologo e filosofo contemporaneo. Nel testo di Donati la
famiglia viene vista come un “soggetto sociale”. Sabato scorso, 23 maggio
2015, presso l’Aula consiliare del
comune di Trecastagni, si è tenuto il
primo incontro, dei tre previsti, del
Corso formativo organizzato dal
Forum delle associazioni familiari
della provincia di Catania, durante il
quale ha relazionato il professore di
Filosofia don Piero Sapienza, direttore della Scuola di Formazione all’impegno sociale e politico dell’Arcidiocesi di Catania, nonché Direttore della Pastorale al lavoro (CT). Erano presenti il sindaco di Trecastagni, Giovanni Barbagallo, il presidente del
Forum provinciale, prof.ssa Drago
Tiziana, vari esponenti di associazioni o movimenti che lavorano in
maniera diretta o indiretta per la
“famiglia”, nonché la coppia Amantia, responsabile per la Pastorale della
famiglia di Catania. Don Piero ha,
quindi, affrontato l’argomento analizzandolo a partire dal capitolo V del
Compendio della Dottrina Sociale
della Chiesa, cominciando con l’affermare che la famiglia non è semplicemente “il luogo degli affetti”, come
oggi la si definisce anche a livello
europeo, ma è soprattutto un fatto
sociale, con naturale finalità procreativa, per tutti, non solo per i credenti!
Il matrimonio nasce da un atto umano
e il consenso espresso diventa dono
reciproco, ma anche fatto pubblico:
riconoscere il matrimonio come fatto
naturale ci richiama a Dio. I mutamenti di ordine contingente ci sono e
ci saranno sempre, ma il dato naturale non può essere stravolto. La famiglia, quindi, è un “dato antropologico
naturale”(Levi Strauss). Don Piero,
proseguendo, ha affermato che la
famiglia è il “luogo dell’umanizzazione”, dove si cresce, per l’appunto,
nell’umanità. Senza famiglie forti
anche i popoli si indeboliscono! La
famiglia è la prima società naturale,
titolare di diritti, quindi è prima
rispetto alla società e prima rispetto
allo Stato. È lo Stato che deve riconoscere i diritti delle famiglie,
conoscerli e tutelarli. La Costituzione
europea dice che la famiglia è un
diritto privato. Nella Costituzione italiana, invece, preesiste. Una legge fatta da un governo non può essere una
norma che viola i “diritti naturali”, è
come se uno stato promulgasse una
legge a favore dell’omicidio! Da
quanto esposto, diventa facilmente
I
intuibile come, ad esempio, il registro
delle unioni di fatto presupponga una
visione individualistica dell’unione.
Così, riprendendo le parole di Papa
Francesco in Evangeli Gaudium al
cap. V: “La rimozione della differen-
za è il problema, non la soluzione”.
Infine, è stato richiamato il concetto
di “sussidiarietà” analizzato da Pio X
nell’enciclica Quadregesimo anno.
Esso afferma, sostanzialmente, che il
perseguimento dell’interesse generale
non è di esclusiva competenza delle
istituzioni pubbliche, ma riguarda
anche l’azione dei cittadini, singoli e
associati. Lo Stato non deve più riconoscere questa sfera di autonomia e le
realtà organizzative che nascono dal-
l’iniziativa dei cittadini, perché si
legittimano da sole, ma le aiuta ad
esprimersi, non sostituendosi ad esse.
La sussidiarietà, inoltre, sta alla solidarietà, come la canna da pesca sta al
pesce. Ovvero, bisogna adoperarsi
affinché le famiglie disagiate vengano
sostenute nei momenti di difficoltà
(solidarietà-pesce), con la finalità di
poterle mettere in condizione di poter
proseguire da sole (sussidiarietà-canna da pesca), evitando ogni forma di
dipendenza. Cogliamo l’occasione
per ringraziare il relatore per la ricchezza della sua esposizione e restiamo in attesa degli incontri successivi,
previsti per il 13 giugno (relatrice
Gianna Savaris, vicepresidente
Forum nazionale) e per il 5 settembre
(relatore prof. Giuseppe Butturini,
presidente nazionale di ANFN), che
avranno finalità propedeutiche ad
un’azione concreta a salvaguardia
della “famiglia”.
Tiziana Drago Stivala
Presentato a Paternò il saggio di Palcido Lavenia su S. Barbara
Donna che suscita una straordinaria
passione popolare
l saggio Santa Barbara
nella tradizione cristiana, nel mondo, nella memoria cittadina e nell’iconografia di Placido
Lavenia scaturisce felicemente da
caso, occasione e devozione. Presentato of course nella magnifica chiesa
cinquecentesca di impianto a croce
greca dedicata alla Santa a Paternò,
conclude una vicenda circolare nata,
alimentata e conclusa sin qui nell’ambito del prestigioso Rotary
Club “Paternò – Alto Simeto”. La
felice decisione del benemerito sodalizio di attendere al restauro dell’edicola votiva collocata nella via Strano
della cittadina pedemontana, incaricandone Lavenia, non poteva avere
epilogo migliore.
È noto che la prima cura necessaria ad
attendere ad operazioni del genere in
presenza di manufatti oggetto di
devozione e culto popolare è l’indagine filologica, la ratio che argomenta e guida l’impianto originale al
pari di quella riguardante la figura
celebrata. Così l’autore-progettista e
direttore dei lavori si è trovato alle
prese con materiale magmatico che
apriva strade diverse, tutte interessanti e plausibili, “utile lavoro di
approfondimento” come scrive l’Arcivescovo Mons. Salvatore Gristina
nell’introduzione al volume che
documenta e informa su festa patronale, intervento di riqualificazione e
restauro, vastità di culto, diffusione di
reliquie, iconografia, celebrazioni e
venerazione della Santa.
Barbaro è termine onomatopeico
coniato dai Greci sulla parlata
incomprensibile degli stranieri; Barbara è il nome tramandato della Santa martire, costante e determinata
nella sua Fede, esemplare nei disegni
di evangelizzazione dell’Oriente
prossimo ed estremo della Chiesa,
che suscita una straordinaria passione
popolare in tutta la cristianità di ogni
epoca a più riprese, con ieratica
I
attualità e modernità, come vedremo.
Dopo prolungate torture, sino alla
mutilazione dei seni (come la coeva
martire catanese Agata), pratica forse
d’uso corrente per segnare e mortificare le donne ostinatamente ribelli
che non si sottomettevano. Barbara
poi fu decapitata assieme all’amica
Santa Giuliana; esecutore del martirio proprio il padre che, subito dopo,
venne incenerito da un fulmine,
interpretato come castigo divino. La
decapitazione della Santa riprodotta
nella locandina richiama le raccapriccianti immagini trasmesse recentemente dalle televisioni di tutto il
mondo.
“Il Libro, spiega l’autore, consta di
due parti: nella prima la vicenda della martire prodromica del trionfo cristiano, la vergine di Nicodemia
modello di donna moderna nella
società e nella vita odierna; la seconda, con valenza iconografica, illustra
S. Barbara nell’arte, nelle immagini,
nella pluralità agiografica”. L’ossimoro ieratica attualità, rimarca l’importante ruolo che la Chiesa di ogni
tempo assegna ad alcune donne, prima fra tutte Maria madre di Gesù;
temerario però parlare, come fa l’autore, di “Femminismo ante litteram”:
la Chiesa definisce con rigore ruoli e
compiti; alcune donne hanno avuto
un riconoscimento speciale; nel martirologio vi è eguaglianza di genere.
Peraltro non sorprende che l’appassionata ricerca, l’analisi di simboli e
iconografia, il compendio dei diversi
patrocini, l’attenta disanima sui luoghi che si contendono le sante reliquie, le diverse tradizioni e fonti ed
un excursus sulla venerazione e la
devozione in Italia e nel Mondo
abbiano preso la mano.
Problematica la storicizzazione: luoghi e date non concordano nei due
Codici vaticani, quello capitolare di
Rieti e quello Alessandrino, “cospicue fonti di informazione” postume;
Lavenia ha inseguito coscienziosamente ipotesi, percorsi, sentieri e
camminamenti, ma alla fine ha dovuto arrendersi, astenersi da ipotesi preferenziali, mettere tutto per lasciare al
lettore ogni valutazione, considerazione, scelta. Concorde la tradizione
delle prove subite da Barbara perché
ben oltre le prime intenzioni, meriterebbe più ampia diffusione e ripresa
magari per i tipi di un editore più titolato; proprio in analogia con Barbara,
che con fermezza, umiltà, semplicità
sostenne il suo Credo, ignara di una
sorte tanto gloriosa, si auspica un percorso di diffusione del volume pre-
rinunziasse al suo esemplare adamantino incrollabile credo cristiano e
sugli episodi straordinari in conseguenza dei quali viene celebrata
patrona di studenti e sapienti, protettrice da patologie invalidanti e fenomeni meteorologici estremi, per analogia quindi, di artiglieri, vigili del
fuoco, minatori, petrolieri; straordinario il numero delle cittadine italiane che La hanno eletta loro patrona,
così come chiese, cappelle e santuari
dedicati.
L’elegante corposo fascicolo andato,
sentato: gli interventi dell’assessore
comunale alla cultura Valentina
Campisano, Francesca Coluccio
presidente di “Zona Franca”, p. Salvatore Magrì parroco in solidum
della chiesa ospitante, p. Salvatore
Alì e l’emozionato autore hanno convinto la folta platea della bontà e qualità di un’operazione editoriale intelligente ed utile, proprio come detto da
Mons. Gristina nell’introduzionepresentazione del volume.
Carlo Majorana Gravina
Avviso ai lettori
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È possibile consultare l’archivio completo dei numeri precedenti di Prospettive
inerenti all’intero anno 2012, 2013, 2014 e parte del 2015 direttamente sul sito
del settimanale diocesano ww.prospettiveonline.it. Mentre l’acquisto di copie
in archivio avviene solo nella sede del periodico.
Inoltre l’abbonamento può effettuarsi anche online.
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Prospettive - 7 giugno 2015
DIOCESI
Guglielmo Policastro nel 60° anniversario della morte
essanta anni fa moriva,
all’età di 73 anni, nella
casa di via Ventimiglia 138, Guglielmo
Policastro, storiografo, scrittore, musicologo, drammaturgo, critico letterario
e teatrale, giornalista di grande talento,
che si occupò di patrie memorie, apportando contributi preziosi alla letteratura critica ed artistica della musica e del
teatro catanese. Fornito di studi liceali e
di enorme erudizione, d’indole riservata, da giovane aveva interrotto gli studi
di farmacia per giurisprudenza com’era desiderio del padre. Abbandonata
l’Università, si dedicò al giornalismo.
Come asserisce Carmelina Naselli “si
tirò su da sé” e divenne frequentatore
assiduo di biblioteche e archivi. Antonino Germanà Di Stefano considera
Policastro un personaggio ammaliato
dal passato e dal multiforme ingegno.
Le notizie biografiche fornite dal pronipote Oscar Policastro, figlio del nipote Santo, anch’egli appassionato cultore di storia patria, ci permettono di affermare che Guglielmo seguì la scia di
Giuseppe De Felice, Giuseppe Simili,
Carlo Carnazza, Paolo Arrabito.
Lavoratore infaticabile, alla storia di
Catania ha dato un apporto notevole
basato sulla conoscenza delle fonti.
Secondo Salvatore Nicolosi, Policastro
“distillò in una quantità enorme di
volumi, opuscoli e articoli i segreti di
mille archivi, spesso mai prima esplorati”. Le sue opere affrontano tanti
argomenti anche di contenuto economico, sociale, politico. Palestra dei
suoi lavori furono giornali e editori di
grande prestigio come Archivio Storico
per la Sicilia Orientale, Catania Rivista
del Comune, S.E.I., Nicolò Giannotta,
ecc..
Importanti i volumi De Felice, con prefazione di Leonida Bissolati e Napoleone Colajanni, e Un uomo di Stato, il
marchese di Sangiuliano, con cui procedette ad “un esame sereno e minuzioso dell’opera di colui che è chiamato il ministro dell’ora presente e che
indubbiamente è una delle più gigantesche figure del mondo politico italia-
S
Un giornalista che
“si tirò su da sé”
no”. Sarebbero seguite ancora biografie: Angelo Majorana, Angelo Musco,
Francesco Di Bartolo, Ferdinando
Russo, Natale Attanasio, Vittorio Emanuele Orlando. Policastro scrisse la
vita di Giulia Cavallari Cantalamessa,
compagna di studi di Giovanni Pascoli
e Severino Ferrari e allieva di Giosuè
Carducci, prima fra le donne italiane a
laurearsi e ottenere la cattedra di latino
e greco. Altre riguardano Giovanni
Giolitti, Alfredo Oriani, Paolo Borselli, Enrico Corradini, Leonida Bissolati,
Gabriello Carnazza, Roberto Farinacci,
Benito Mussolini.
Le maggiori fatiche che lo impegnarono sono i due documentati volumi
Catania prima del 1693, prefazione di
Stefano Bottari e disegni di Santo Policastro, Catania nel Settecento costumi,
architettura, scultura, pittura, musica.
Solo la morte avrebbe impedito al Policastro il completamento della trilogia
con la stesura di Catania nell’Ottocento. Una menzione particolare merita
Bellini 1801-1819, apprezzato da Francesco Pastura perché approfondì gli
amori giovanili riportati dal poeta Hans
Peter Holst, con l’accertare la presenza
a Catania del notaio don Gaetano Politi, la cui figlia Marietta, primo amore di
Vincenzo, fu allieva del padre. Policastro, in concorso con Orazio Viola,
direttore della Biblioteca Universitaria
ed ordinatore della Civica, scoprì la partitura del “Gallus cantavit”, un mottetto sacro per soprano composto da Bellini a soli sei anni.
Tra le opere di storia: Lo stato d’animo
dell’Italia contemporanea, Giolittismo,
Il suffragio universale, La questione
siciliana, Figure della nostra Guerra,
Sicilia letteraria contemporanea. Delle
monografie di Storia patria: Il Teatro
siciliano, autori, repertori ed attori.
Alcune sue pieces, come Garibaldi,
furono rappresentate nei teatri cittadini.
Citiamo anche Musica e teatro a Catania e diocesi nel Seicento, con riferimento alle Cappelle Musicali del Duomo e di S. Nicola la Rena, delle quali
aveva trattato anche nella monografia
Cento anni di attività musicale a Catania nel Circolo delle Quarantore e nel
Convento di S. Nicolò, I cavalieri di
Malta a Catania, Ottocento musicale
catanese, Il Teatro comunale di Catania,
I cantanti e la festa di S. Agata, Il Teatro
del Principe Biscari, Il Seminario arcivescovile, Nel XVII centenario del
martirio di S.Agata. Lo studioso pose
molta attenzione anche ai canti profani
e religiosi del nostro popolo, soffermandosi sulla produzione artistica del
musicista Francesco Paolo Frontini.
L’eclettico giornalista fu redattore,
notista politico ed editorialista dei quotidiani catanesi La Sicilia, dove curò la
serie Profili di letterati e Intermezzi
d’arte, Il Corriere di Catania e La Gazzetta della Sera. Fu anche direttore delle riviste politico-letterarie Unica e La
Giostra a cui collaborò Verga e autore
del poemetto L’isola dei sogni. Collaborò con un’infinità di giornali: Marzocco, Lettura, Matelda, Il Resto del
Carlino, Carlino Sera, Sicilia, Giornale
dell’Isola, Popolo di Sicilia, Il Popolo di
Roma, Il Tempo, Il Mondo, Il Messaggero, La Gazzetta del Mezzogiorno, Il
Corriere d’Oriente, L’Unione di Tunisi,
Il Corriere di Rodi, Il Bollettino della
Sera di New York. Quale corrispondente del messinese Don Marzio, fu accreditato all’Esposizione Agricola Siciliana 1907. Nella Rivista letteraria scrisse
il saggio La missione della stampa ed il
diritto di critica nei giornalisti.
Policastro fece parte delle nuove leve
della letteratura catanese e nel 1910 fu
coinvolto davanti al Tribunale in un clamoroso processo per diffamazione a
seguito di querela sporta da Giuseppe
Villaroel nei suoi confronti in quanto
aveva messo in dubbio la paternità di
due sonetti considerati appartenenti ad
una raccolta rimasta inedita del poeta
Salvatore Giuliano. La causa provocò il
patrocinio di principi del Foro: per la
difesa di Policastro intervennero Ludovico Fulci e Francesco Simoncini Vita.
Per la parte civile Giuseppe Simili e
Arcangelo Paola; anche i testimoni
erano molto famosi: Luigi Capuana,
Gesualdo Manzella Frontini, Verga.
Quest’ultimo in udienza ebbe a definire Policastro onesto, moralmente e letterariamente, giovane molto intelligente. La vicenda ebbe felice epilogo perché Villaroel e Policastro si riconcilia-
rono, paciere l’amico Capuana.
Come drammaturgo Policastro scrisse
Oltre il potere umano, Il ponte della
vita, Lu secretu di Puddicinedda, U misi
di maiu, ecc.. Sue le commedie: l’ecloga Il Pomo e Il Giogo, i romanzi di
ambiente catanese come Il cortile di S.
Pantaleo, scene di vita siciliana, l’Inimica, Utilità del bene. Tra i tanti scritti:
La posta e la stampa, Il monopolio
postale, Dell’Arte, Lo sciopero, Decadenza parlamentare, La Sicilia com’è
oggi, Homo novus, Il Volto della nuova
Italia. Bisogna aggiungere che fu anche
autore di versi, novelle, poemetti. Il
nipote. Santo, il cui bisnonno Alfio era
fratello di Rosario padre di Guglielmo,
è ricordato per aver scritto La Sicula
Athenae, La Sicilia dall’era paleolitica
al 1960 d.C., la Regione siciliana dal
1946 al 1960; le isole Eolie, Pantelleria
e Ustica, Grandi ed illustri siciliani del
passato: dal 7° secolo a.C. al 1968, De
Veteribus recentioribusque rebus siculis.
Guglielmo fece parte di diverse accademie e ricevette da V.Emanuele III la
commenda della Corona d’Italia e la
Gran Croce dei Ss Maurizio e Lazzaro.
Nel 1937 aveva avuto concesso dalla
Prefettura di Catania, nella qualità di
corrispondente del “Popolo di Roma”,
il tesserino di autorizzazione per circolare liberamente in occasione di cerimonie e manifestazioni. Prima che
morisse, il Comune gli aveva affidato
l’incarico di ricostruire l’Archivio storico distrutto dall’incendio del 14
dicembre 1944, ma riuscì solo a recuperare la Giuliana del Basile, definita
importante gioiello del panorama culturale siciliano. Pochi giorni prima di
spirare completò un accuratissimo studio su Bellini a Parigi e a Londra.
Dopo una vita dedicata agli studi, Policastro fu stroncato da un male. Le sue
spoglie mortali riposano accanto a
quelle dell’amata moglie Agata nella
cappella cimiteriale S. Caterina al
Rinazzo.
Blanc
AVVISO AI SACERDOTI
DICHIARAZIONE DEI REDDITI 730 /2015
Anche quest’anno il patronato 50&Piu’ENASCO svolge il
servizio di assistenza e consulenza per la compilazione dei
modelli 730/15.
I sacerdoti e quanti altri intendono avvalersi di tale servizio
dovranno rivolgersi o contattare il Sig. Ciraldo Steve, (ex dipendente del patronato FACI ) presso la sede del patronato
50&Piu’Enasco , via Dottor Consoli 76, tel. 095/315424 fax
095/2500684 nei giorni di lunedì, mercoledì e venerdi dalle ore
9,00 alle ore 12,30 e nei giorni di lunedì, mercoledì e giovedi
dalle ore 15,30 alle ore 17,00, oppure recarsi in Curia, nella
giornata di MARTEDI, dalle ore 10,00 alle ore 12,00 a partire dal giorno 05 MAGGIO fino al 06 LUGLIO.
Tale servizio sarà comprensivo di calcolo e compilazione del
modello f24 della nuova IMU E TASI sugli immobili, per
quanti lo richiedano.
Sempre a richiesta, congiuntamente al mod. 730, saràà rilasciata l’attestazione ISEE.
IMPORTANTE NOVITÀ
Già dallo scorso anno, l’INPS, per sé e per la gestione EX INPDAP, non manderà più ai cittadini la CU certificazione unica (ex
CUD) relativo alla propria pensione, i quali dovranno scaricarlo
dal sito dell’INPS, se provvisti di PIN, oppure richiederlo direttamente al Centro di Assistenza Fiscale, tramite il supporto dell’IDSC, che provvederà a rilasciarlo immediatamente.
Per tale richiesta dovranno essere sempre presentati:
- la fotocopia della carta d’identità;
- del codice fiscale o tessera sanitaria;
- delega firmato al patronato.
DOCUMENTAZIONE DA PRODURRE
- COPIA MODELLO 730/14
- MODELLO/I CU (ex CUD) 2015
- VISURE CATASTALI (PER TERRENI E FABBRICATI)
- RICEVUTE DEI CONTRIBUTI PAGATI NEL 2014 PER
COLF O DOMESTICI
- SCONTRINI CONTENENTI IL NOME DEL FARMACO E
CODICE FISCALE DI CHI LO HA ACQUISTATO E
DOCUMENTI COMPROVANTI ALTRE SPESE MEDICHE
(FATTURE E RELATIVA PRESCRIZIONE MEDICA)
- DOCUMENTAZIONE INERENTE INTERESSI PASSIVI
PER MUTUI RELATIVO ALL’ACQUISTO DELLA PRIMA
CASA,
- FOTOCOPIA CONTRATTO DI MUTUO ED ATTO DI
ACQUISTO DELLA PRIMA CASA ANCHE SE GIÀ INSERITE NELLE DICHIARAZIONI PRECEDENTI (OBBLIGATORIO)
- DOCUMENTAZIONE RELATIVA AD ONERI E SPESE
EFFETTUATE NEL 2014 RELATIVE ALL’ISTRUZIONE
ETC.
- FOTOCOPIA DELLA PROPRIA CARTA D’IDENTITÀ O
QUALSIASI ALTRO ANALOGO DOCUMENTO DI RICONOSCIMENTO IN CORSO DI VALIDITÀ
- FOTOCOPIA DELLA TESSERA SANITARIA
- DOCUMENTAZIONE INERENTE I LAVORI DI
RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA RIGUARDANTE GLI
ANNI PRECEDENTI ANCHE SE GIÀ DETRATTE NELLE
DICHIARAZIONI PRECEDENTI (OBBLIGATORIO)
ATTENZIONE
DA QUEST’ANNO NON È PIÙ DETRAIBILE IL
SSN PAGATO IN OCCASIONE DEL RINNOVO
DEL PREMIO PER L’ASSICURAZIONE AUTO
È importante comunicare qualsiasi variazione intervenuta
nell’anno 2014, dal cambio di indirizzo, al luogo di resi-
denza, dall’acquisto alla vendita di immobili, alla sostituzione e modifica del proprio codice fiscale, al fine di evitare in futuro spiacevoli inconvenienti derivanti dall’accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Si ricorda altresì, che il sig. Ciraldo Steve, per mezzo del patronato 50&Piu’Enasco, continua l’opera, iniziata tanti anni fa col
patronato Faci, di aiuto nei confronti di tutti i cittadini, lavoratori e non, i quali gli si rivolgono per l’espletamento di pratiche,
che spesso per la lungaggine della burocrazia o per la complessità della normativa, pone in difficoltà.
Inoltre il patronato 50&Piu’Enasco, assiste gratuitamente i
sacerdoti, pensionati, lavoratori, invalidi, nelle pratiche relative
alla pensione ed assicura la corretta informazione su tutta la
materia previdenziale e sanitaria.
Tra i tanti servizi del patronato, ricordiamo:
- PENSIONI DI VECCHIAIA ED INVALIDITÀ DEL FONDO CLERO;
- PENSIONI DI VECCHIAIA ED ANZIANITÀ;
- PENSIONI D’INVALIDITÀ ED INABILITÀ;
- PENSIONI DI REVERSIBILITÀ;
- ASSEGNI SOCIALI;
- RICOSTITUZIONI PENSIONI CONTRIBUTIVE E REDDITUALI;
- RICHIESTA, VERIFICA E RETTIFICA DELLE POSIZIONI ASSICURATIVE;
- COMPILAZIONE MODELLI RED – INPS;
- COMPILAZIONE E RILASCIO MODELLO ISEE;
- PRESTAZIONI AI MINORATI CIVILI, CIECHI E SORDOMUTI, QUALI PENSIONI, IND. DI ACCOMPAGNAMENTO ETC.;
- CONTENZIOSO AMMINISTRATIVO E LEGALE.
Sig. Ciraldo Steve
Patronato 50&più Enasco
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Prospettive - 7 giugno 2015
DIOCESI
Archeo-gastronomia all’Istituto Alberghiero “Karol Wojtyla” di Catania
ll’Istituto Alberghiero
“Karol Wojtyla” di Catania, nell’aula magna di via Lizio Bruno,
il Dirigente scolastico Daniela Di
Piazza ha presentato il progetto
“Archeo-cibo. Le origini…”, ideato
dallo chef Calogero Matina, docente
ITP dell’Istituto, in collaborazione con
Archeoclub di Aidone-Morgantina
(Enna), presente la dott. Alessandra
Mirabella per siglare l’inizio di una
sinergia tra storia arte e cucina. Sono
stati coinvolti 300 alunni delle classi
quinte per potenziare lo straordinario
patrimonio “archeo-gastronomico”
siciliano. L’Istituto, all’avanguardia,
strumento di storia e cultura, crea circuiti di turismo enogastronomico e
nuovi professionisti come sottolinea il
dirigente “il progetto si propone di
creare una rete territoriale che consenta rapporti sinergici con enti esterni,
associazioni di settore, per la promozione della cucina siciliana come unicum e vincente, riconciliarsi con la
natura e il recupero delle tradizioni, perché la cucina è cultura”. Ha arricchito
l’evento una mostra fotografica permanente sull’archeo-cibo e le sue origini,
realizzata da prestigiosi scatti, con il
contributo di personaggi di spessore nel
panorama della fotografia siciliana:
Erminio Gattuso di Piazza Armerina
(EN), il prof. Mauro Di Bella, l’arch.
Diego Mammo Zagarella di Favara
(AG). Una manifestazione che ha
riscosso ammirazione e successo con
una ricaduta positiva sul territorio in termini di attrattiva turistica. Una folta platea ha accolto con interesse e vivacità la
relazione dell’antropologo geoarcheologo, Alfredo Carannante dell’Università Orientale di Napoli, che
attraverso i suoi accurati studi scientifici ha sottolineato l’importanza dell’archeologia, come storia e recupero delle tradizioni gastronomiche; una scien-
A
Recuperare saperi e sapori
legati agli usi alimentari
za moderna, espressione di un’umanità
alla ricerca della propria identità con lo
studio del passato, e il cibo diventa protagonista, e richiamo attrattivo e identificativo per turisti italiani e stranieri,
con splendide immagini scientifiche
realizzate negli scavi. Incisiva e ben
argomentata la passeggiata nei secoli di
storia della gastronomia, che ha offerto
con la notevole ricostruzione dei monasteri in Europa occidentale, coniugandoli alle tradizioni culinarie, un quadro
interessante e articolato.
Ha evidenziato i rapporti delle comunità umane col mondo marino del Mediterraneo durante l’età del bronzo e la
ricerca ha portato alla costruzione di
una banca-dati informatica contenente
tutti i dati disponibili circa i resti di
organismi marini, fra cui oltre alle
modalità di pesca e raccolte marine, la
storia delle origini del pesce Garum,
l’odierna salsa di soia, ma anticamente
si faceva con la colata di alici, ottenuta
da un processo di miscelazione delle
alici sotto sale.
Un’attenzione particolare è stata riservata ai cerimoniali dei banchetti da
quelli imperiali romani a quelli intimi
greci e medievali; la sua ricca lezione ha
spiegato come gli elementi aria, acqua,
terra e fuoco nell’antichità corrispondevano ai fluidi e agli umori degli
uomini, adattandovi anche i cibi (umido, caldo, secco, freddo) l’aria/acido,
acqua/dolce, terra/amaro, fuoco/salato.
L’idea del progetto si propone di unire
le scoperte archeologiche col mondo
della ristorazione, che può proporre
ricette antiche su dati scientifici, con il
mondo dei prodotti tradizionali per
riscoprire le radici storiche dei prodotti. “Questa idea, osserva l’antropologo,
può trovare nell’Istituto Alberghiero,
una sede ricettiva per far apprendere la
storia e le tradizioni dei prodotti territoriali e delle ricette. Da 15 anni mi
occupo di analisi bio-archeologiche,
lavorando sui resti dei pasti trovati nei
siti archeologici dell’Egitto, Turchia,
Pompei, così ho imparato a ricostruire
ricette antiche e ho deciso di fare divulgazione”. Sta per essere pubblicato il
primo trattato di gastronomia e ricette,
un antico testo “Archestrato di Gela”
del IV sec. a. C., personaggio vissuto
alla corte di Siracusa.
Durante la relazione ha fornito affasci-
Belle Fiabe è il titolo dell’ultimo libro di Agata Bonanno
La FIABA metafora della vita
interiore
a rovistato nel cassetto
dei ricordi e lì si è rivista in un momento magico della sua
infanzia, ossia quando la mamma le
raccontava le fiabe. Fantasia e creatività che l’accompagnano da sempre
hanno fatto il resto. Dopo Nido
Famiglia? Detto – fatto! arriva Belle Fiabe (Algra edizioni) della scrittrice Agata Bonanno, presentato nei
giorni scorsi agli alunni dell’Istituto
Comprensivo “Ercole Patti” di Trecastagni. L’autrice conosce molto
bene il mondo dei piccoli, essendo
stata per ben ventidue anni insegnante all’Asilo Nido trecastagnese.
<<Per tanti anni ho lavorato con
bambini piccoli - dice -. Mi divertivo
a inventare per loro e poi raccontargliele storielle e filastrocche>>. Sei
le fiabe del volumetto. Ognuna di
esse ha la capacità di risvegliare quel
H
desiderio di poesia, di magìa e di
meraviglia che si trovano nella semplicità di una storia per bambini. La
fiaba come metafora e specchio della vita interiore. Oggetto di esplorazione che ci conduce nel mondo simbolico infantile e non solo. Strumento pedagogico per stimolare la persona a superare il proprio stato di disagio legato a varie forme di paura.
Ausilio per il bambino nella sua
costruzione etica del mondo. In questi racconti l’autrice ha proiettato il
suo universo, le sue più profonde
motivazioni, le riproposizioni del
suo quotidiano. <<Scrivo fiabe perché in questo genere vedo una grande possibilità espressiva, la facoltà di
sperimentare mondi magici e irreali
ma soprattutto ho la possibilità di far
riflettere e di trasmettere messaggi
positivi a chi legge >>. Il significato
delle parole di queste fiabe sono
rivestite di colore grazie alle bellissime illustrazioni artigianali realizzate
dalla dott. Elena Coco.
Grande è la responsabilità dell’illustratore che deve narrare la storia
attraverso le immagini, creando una
realtà parallela al testo scritto e
proiettando il piccolo lettore in un
mondo a sua misura: delicato, magico, tenero, fantasioso. <<Chi illustra
non si fa suggerire da nessuno, perché ‘illustrare’ è un’arte creativa personale – sostiene la Coco -. Chi illustra però non pensa di farlo solo per
sé stesso ma immagina una realtà più
ampia che supera l’individualità e
abbraccia la collettività. Prima di
realizzare le illustrazioni ho letto
varie volte ciascuna di queste fiabe –
continua –, poi le ho pensate e
immaginate con gli occhi della mente, con l’anima e con lo spirito che
sono la parte più profonda dell’essere umano.
Quello dell’infanzia è un mondo
delicato – conclude – perché in questi bambini risiederà, così speriamo,
una futura generazione di “Esseri
Umani” umanizzati, attraverso adeguati percorsi formativi offerti dal
mondo degli adulti>>.
Caterina Maria Torrisi
nanti e saporite ricette, protagonista la
ricciola “regina del mare” che anticamente veniva avvolta nelle foglie di fico
condita con sale, origano siciliano e cotta nella cenere. Ammirato e applaudito
il video “Archeo cibo.
Le origini …” prodotto da Calogero
Matina. Un parterre ricco di presenze
fra cui Rita Papale e Giusi Liuzzo,
presidente Archeoclub Catania e consigliera nazionale. Al termine della lectio magistralis di Carannante c’è stata
la consegna delle targhe, seguito da un
pregiato e prelibato buffet storico con
pietanze millenarie, rispolverando il
“de re coquinaria” di Apicio, che annovera numerose ricette a base di fegato
proveniente da animali ingrassati a
base fichi, da cui il termine fegato
“iecur” trasformato in “ficatum”, piatto gustoso e condiviso dagli ospiti; non
poteva mancare “agnello per Artemide
Muniachia” (con asparagi e uova) da
cui Munichia santuario eretto sul colle
che sovrasta l’omonimo porto di Atene
e nel mese di aprile si celebravano le
Munichione, feste in onore di Artemide, plakountes di Timachida, frittelle di
Rodi con ricotta e mandorle, (da una
catalogazione onirico-gastronomica di
Artemidoro): pescespada affumicato
su zoccoletto di pane, cannolicchi farciti e panelle. Hanno collaborato anche
gli assistenti di cucina: Musumeci
Giuseppe, Patanè Katia, Dambra
Francesco.
Il progetto è stato realizzato insieme a:
compagnia Kalos di Aidone “Morgantina Rivive” Enna, DSGA Liliana
Sciuto, Ass. amministrativa Enza
Percolla; i professori per l’enogastronomia: Giuseppe Floresta, Michele
Craparo, Fabio Fidotta, Mario Failla, Luca Nicolosi, Carlo Ciaramidaro, Mario Rinaldi; sala: Salvo Abramo, Mauro Di Bella, Tonino Nicotra, Giovanni Sapienza, Francesco
Leonardi; accoglienza turistica:
Marilena Del Genio, Carmelo Bucceri; Graziella Guerrera per i rapporti con gli enti museali parchi
archeologici, le Guide turistiche: Carmen Di Grazia, Serena Raffiotta,
Federica Trovato. Docenti accompagnatori Franco Pietrasanta e Alessandra Mirone.
Lella Battiato
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Prospettive - 7 giugno 2015
DIOCESI
Riflessioni sul Vangelo
L’ALLEANZA
SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO / B - Es 24,3-8; Sal 115/115,12-13.15-18; Eb 9,11-15; Mc 14,12-16.22-26
Il sangue dell’alleanza conclusa con Israele sul Sinai sancisce la comunione con
Dio: “Tutti i comandamenti che il Signore
ha dato, noi li eseguiremo”. Un particolare che non deve sfuggire: Mosè incaricò
alcuni giovani tra gli Israeliti per offrire
olocausti e per sacrificare giovenchi come
sacrifici di comunione”. Perché “alcuni
giovani”? Probabilmente perché il peso
della vita devono portarlo loro; quindi il
loro impegno nell’alleanza è importante,
indispensabile. L’adesione è totale, tutto il
popolo dice: “Quanto ha detto il Signore
lo eseguiremo e vi presteremo ascolto”.
Giovani ed anziani, tutti uniti, eseguono
quanto dice il Signore. È un sacrificio di
comunione, è una alleanza di comunione:
tutti sono uniti per rendere plasticamente
presente l’unità con Dio. Paolo dichiara
che Cristo è venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, attraverso una tenda
più grande e più perfetta, non costruita
da mano d’uomo, cioè non appartenente a
questa creazione. Ciò proietta l’azione di
Cristo in un sistema cosmico e sovrannaturale tale da superare tutte le angustie, le
divisioni, i particolarismi provocati dall’umanità dell’uomo. Immagina quindi una
“tenda diversa non fatta alla maniera
umana”. Inoltre Cristo è il sacerdote dei
beni futuri che niente hanno a che fare
con la contingenza presente, attuale: tutto
quello che Cristo ha fatto supera questa
creazione e proietta l’uomo in un’altra
creazione rappresentata dai beni futuri di
cui Cristo è sommo sacerdote. Mentre il
sangue dei capri purificava nella carne,
quello di Cristo purificherà la nostra
coscienza dalle opere di morte, perché serviamo il Dio Vivente. Cristo mosso dallo
Spirito Eterno offrì se stesso senza macchia per il servizio al Dio Vivente. Questa
sembra essere l’Eucarestia: la nuova
alleanza per servire il Dio vivente, liberi
dalle opere di morte. Quindi un servizio
per la vita eterna, superando tutto l’umano che contengono le opere di morte e
aspettando il ritorno di Cristo, che non
berrà mai più del frutto della vite fino al
giorno in cui lo berrà nuovo, nel regno di
Dio.
Leone Calambrogio
San Paolo in briciole
Molti insubordinati… Tt 1,10-15
I vv10-15 descrivono i personaggi che
sono all’origine della crisi della chiesa
cretese.
“Vi sono, infatti, soprattutto fra quelli
che provengono dalla circoncisione
molti insubordinati, chiacchieroni e
ingannatori”.
A questi tali bisogna chiudere la bocca,
perché sconvolgono intere famiglie,
insegnando, a scopo di guadagno diso-
nesto, quello che non si deve insegnare.
A conforto cita un poeta cretese, tale
Epimenide di Cnosso VI sec a.C., che
sostiene che i Cretesi sono sempre
bugiardi, brutte bestie e fannulloni.
Afferma Paolo che “questa testimonianza è vera: perciò correggili con fermezza, perché vivano sani nella fede e
non diano retta a favole giudaiche e a
precetti di uomini che rifiutano la veri-
tà.
Tutto è puro per chi è puro, ma per
quelli che sono corrotti e senza fede nulla è puro: sono corrotte la loro mente e
la loro coscienza.
Dichiarano di conoscere Dio, ma lo rinnegano con i fatti, essendo abominevoli
e ribelli e incapaci di fare il bene”.
L.C.
Dio immagina la sua Chiesa: capace di insegnare, guarire ,saziare, accogliere senza escludere nessuno
Siamo ricchi di ciò che doniamo
Un casa
Mandali via, è sera ormai e siamo in
un luogo deserto.
Gli apostoli hanno a cuore la gente,
ma solo in parte, è come se dicessero: lascia che ognuno si risolva i suoi
problemi da solo.
Gesù non li ascolta, lui non ha mai
mandato via nessuno, vuole fare di
quel deserto, di ogni nostro deserto,
una casa dove si condividono pane e
sogni.
«La Parola del Signore rimane in
eterno. E questa è la Parola del Vangelo che vi è stato annunziato» .
Con questa espressione della Prima
Lettera di san Pietro, che riprende le
parole del profeta Isaia, siamo posti
di fronte al mistero di Dio che comunica se stesso mediante il dono della
sua Parola.
Questa Parola, che rimane in eterno,
è entrata nel tempo. Dio ha pronunciato la sua eterna Parola in modo
umano; il suo Verbo «si fece carne» .
Questa è la buona notizia. Questo è
l’annunzio che attraversa i secoli,
arrivando fino a noi oggi: la Parola
di Dio nella vita e nella missione della Chiesa. È un ’esperienza profonda di incontro con Cristo, Verbo del
Padre, che è presente dove due o tre
si trovano riuniti nel suo nome .
Vita
Dovremmo richiamare alla memoria
la bellezza ed il fascino dell’ incontro con il Signore Gesù : «Vi annunciamo la vita eterna, che era presso il
Padre e che si manifestò a noi -,
quello che abbiamo veduto e udito,
noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione
con noi. E la nostra comunione è con
il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo».
L’Apostolo ci parla di un udire,
vedere, toccare e contemplare il Verbo della Vita, poiché la Vita stessa si
è manifestata in Cristo. E noi, chiamati alla comunione con Dio e tra
noi, dobbiamo essere annunciatori di
tale dono.
In questa prospettiva vogliamo testimoniare alla Chiesa e al mondo
quanto sia bello l’incontro con la
Parola di Dio.
Occorre riscoprire l’incontro personale e comunitario con Cristo, Verbo
della Vita che si è reso visibile, e farsi suoi annunciatori perché il dono
della vita divina, la comunione, si
dilati sempre più in tutto il mondo.
Infatti, partecipare alla vita di Dio,
Trinità d’Amore, è gioia piena. Ed è
dono e compito della Chiesa comunicare la gioia che viene dall’incontro con la Persona di Cristo, Parola
di Dio presente in mezzo a noi. In un
mondo che spesso sente Dio come
superfluo o estraneo, noi confessiamo come Pietro che solo Lui ha
«parole di vita eterna» .
Non esiste priorità più grande di questa: riaprire all’uomo di oggi l’accesso a Dio, al Dio che parla e ci comunica il suo amore perché abbiamo
vita in abbondanza .
La Chiesa si fonda sulla Parola di
Dio, nasce e vive di essa. Lungo tutti i secoli della sua storia, il Popolo
di Dio ha sempre trovato in essa la
sua forza e la comunità ecclesiale
cresce anche oggi nell’ascolto, nella
celebrazione e nello studio della
Parola di Dio.
Negli ultimi decenni la vita ecclesiale ha aumentato la sua sensibilità
intorno a questo tema, con particolare riferimento alla Rivelazione cristiana, alla viva Tradizione e alla
sacra Scrittura.
Si può dire che vi sia stato un crescendo di interventi atti a prendere
maggiore consapevolezza dell’importanza della Parola di Dio e degli
studi biblici nella vita della Chiesa,
che ha avuto il suo culmine nel Concilio Vaticano II, in modo speciale
con la promulgazione della Costitu-
zione dogmatica sulla divina Rivelazione Dei Verbum.
Essa rappresenta una pietra miliare
nel cammino ecclesiale: «I Padri
sinodali … riconoscono con animo
grato i grandi benefici apportati da
questo documento alla vita della
Chiesa, a livello esegetico, teologico,
spirituale, pastorale ed ecumenico».
In particolare è cresciuta in questi
anni la consapevolezza dell’ «orizzonte trinitario e storico-salvifico
della Rivelazione» in cui riconoscere
Gesù Cristo, quale «mediatore e pienezza di tutta intera la Rivelazione».
La Chiesa confessa incessantemente
ad ogni generazione che Lui, «col
fatto stesso della sua presenza e con
la manifestazione che fa di sé con le
parole e con le opere, con i segni e
con i miracoli, e specialmente con la
sua morte e la sua risurrezione di tra
i morti, e infine con l’invio dello Spirito di verità, compie e completa la
Rivelazione».
È a tutti noto il grande impulso che
la Costituzione dogmatica Dei Verbum ha dato per la riscoperta della
Parola di Dio nella vita della Chiesa,
per la riflessione teologica sulla divina Rivelazione e per lo studio della
sacra Scrittura.
Non pochi sono stati anche gli interventi del Magistero ecclesiale su
queste materie negli ultimi quarant’anni.
La Chiesa, nella consapevolezza della continuità del proprio cammino
sotto la guida dello Spirito Santo,
con la celebrazione di quel Sinodo si
è sentita chiamata ad approfondire
ulteriormente il tema della divina
Parola, sia come verifica dell’attuazione delle indicazioni conciliari, sia
per affrontare le nuove sfide che il
tempo presente pone ai credenti in
Cristo.
Nella XII Assemblea sinodale, i
Pastori provenienti da tutto il mondo
si sono riuniti intorno alla Parola di
Dio e hanno simbolicamente messo
al centro dell’Assemblea il testo della Bibbia per riscoprire ciò che nel
quotidiano rischiamo di dare per
scontato: il fatto che Dio parli e
risponda alle nostre domande.
P. Angelico Savarino
11
Prospettive - 7 giugno 2015
Un saggio di Mons. Giuseppe Sciacca in preparazione al Giubileo
PIETAS, MISERICORDIA, AEQUITAS
l Giubileo della Misericordia, indetto da Papa Francesco, con la Bolla Misericordiae vultus l’11 aprile 2015, è stato accolto
come segno e risposta della Chiesa alle
emergenze dell’oggi.
“La Chiesa in questo momento di
grandi cambiamenti epocali - ha detto
il Papa - è chiamata ad offrire più fortemente i segni della presenza e della
vicinanza di Dio. Questo - ha sottolineato - non è il tempo per la distrazione, ma al contrario per rimanere vigili e risvegliare in noi la capacità di
guardare all’essenziale. E’il tempo per
la Chiesa di ritrovare il senso della
missione che il Signore le ha affidato il
giorno di Pasqua: essere segno e strumento della misericordia del Padre”.
Come si legge nella Bolla, la Misericordia non è da considerarsi come una
parola astratta, bensì un volto da riconoscere, contemplare e servire, è “l’architrave che sorregge la vita della
Chiesa” e nel volto di Cristo “tutto parla di misericordia e nulla è privo di
compassione”.
Mons. Giuseppe Sciacca, Vescovo tit.
di Fondi, Segretario Aggiunto del
Supremo Tribunale della Segnatura
Apostolica, ha pubblicato, per i tipi del-
I
la Libreria Editrice Vaticana (LEV),
un breve saggio dal titolo “Pietas,
Misericordia, Aequitas” offrendo ai
tre termini, a volte adoperati come
sinonimi, una specifica accezione ed
una gradualità in crescendo, intersecando le implicite valenze lessicali.
Nella società contemporanea, caratterizzata dal nichilismo, “segno dei
tempi da saper leggere, cercando di
andare oltre la sua negatività” come scrive Mons. Sciacca - solo la
Religione e la Morale possono dare
una risposta ed anche “un supplemento d’anima” in forza del principio della Pietas.
Il termine evoca il pius Eneas virgiliano che si fa carico del padre
anziano quale “metafora del passato” e richiama la pietas classica
disegnata da Cicerone nella triplice
articolazione “verso la patria, verso i
parenti ed anche verso se stessi”; valori, questi, che la scienza teologica ha
incorporato nel Diritto e nella prassi
pastorale, tracciando le linee dell’umanesimo rinascimentale, che oggi
viene riletto alla luce del “nuovo umanesimo” che in Cristo ha ricevuto il
dono della benevolenza divina, tema
Sicilia-Mondo
XIX Giornata
Siciliano nel Mondo
a avuto luogo a Catania la XIX giornata
“siciliano nel mondo” organizzata da
Sicilia Mondo in contemporanea con
le associazioni aderenti, nella 69°
anniversario della promulgazione
dello Statuto speciale dell’Autonomia della Regione siciliana, passato,
purtroppo, inosservato persino dalle
istituzioni.
La manifestazione è stata introdotta
dal presidente dell’istituto di storia
dello spettacolo siciliano, Enzo Zappulla, che ha rivolto al presidente
Mimmo Azzia gli auguri per il compimento dei suoi 90 anni. A presiedere è stato chiamato Giuseppe Portogallo, siciliano eccellente, da 35
anni a Pechino, imprenditore, manager, portatore di tecnologie italiane
in Cina, che ha testimoniato che
Sicilia Mondo è l’unica voce dell’Isola che si ritrova in tutti i continenti dove i siciliani, moltissimi i giovani, sono tenuti in grande considerazione per il loro lavoro.
L’avv. Azzia ha affermato come la
sicilianità come cultura venga da
lontano, dalle sovrapposizioni di
antiche civiltà e dalla mobilità dei
popoli di diverse estrazioni: “Il culto
della famiglia, dell’amicizia, dell’ospitalità, della solidarietà, della tradizione e dell’amore alla propria terra i siciliani se lo portano d’appresso, lo trapiantano e lo diffondono,
facendone una cultura apprezzata
ovunque. È la vera forza della Sicilia! Fuori dalla nostra regione c’è
H
un’altra Sicilia viva operosa, fortemente orgogliosa che auspica una
Sicilia della legalità che imbocchi il
percorso della crescita e dello sviluppo”.
“La Sicilia”, ha concluso Azzia,
“possiede il patrimonio di una cultura di valori e tradizioni che la globalizzazione non è riuscita ancora ad
omologare. Senza dire del patrimonio turistico-culturale definito dall’Unesco pari a quello di un intero
continente. La serata, dopo la presentazione della rassegna stampa
2014 di un volume di 510 pagine e la
pubblicazione “15 anni di Sicilia
Mondo nel Nord Italia”, si è conclusa con un brindisi in onore del presidente Azzia.
Memorex
del V Convegno Ecclesiale che verrà
celebrato a Firenze dal 9 al 13 novembre 2015.
La Pietas si legge nella prassi come
Charitas, e quindi “dono di sé agli
altri”, motivazione sociale di crescita e
di sviluppo nella costruzione della
comunità umana, che il nichilismo
tende a soffocare nel buio della solitudine.
La Misericordia, “cantus firmus” del
Magistero di Papa Francesco intreccia
una profonda e umanissima pietas
attraverso i gesti di particolare attenzione ai profughi (come a Lampedusa),
agli ultimi, agli emarginati, ai barboni,
ai senza tetto, ed anche con ripetuti
appelli e messaggi forti, sollecita e
indirizza verso una saggia aequitas,
che - ricorda l’Autore - seguendo la
riflessione giuridico-canonistica, si
manifesta nella Giustizia “dulcore
misericordiae temperata”.
L’equità canonica è, infatti, “la regola
delle regole, in virtù della quale l’ordinamento supera continuamente se
stesso nel suo assetto storicamente
dato”.
L’aequitas, che costantemente mitiga il
rigor iuris, origina, infatti, gli istituti
della dispensa e del privilegio.
Citando il Venerabile Pio XII, di cui è
noto cultore, Mons. Sciacca ribadisce
che la “potestà giudiziaria non cadrà
mai nella rigidezza e nell’immobilità,
ai cui istituti puramente terreni, per il
timore della responsabilità o per indolenza o anche per una malintesa cura
di tutelare il bene, certamente alto, della sicurezza del diritto, vanno facilmente soggetti”.
Linea pastorale seguita anche dal Beato Paolo VI, il quale auspicava che la
giustizia ecclesiastica, animata dall’equità, fosse sempre “più agile, più
dolce, più serena”.
La malvagità umana può aprire nel
mondo come delle voragini, dei grandi
vuoti: vuoti di amore, di bene, di vita e
solo Dio, “ricco di misericordia”, può
colmare queste piaghe, queste voragini, che il male apre nei cuori e nella storia dell’umanità.
“L’abisso del peccato si colma con l’abisso della sua misericordia” ha detto
Papa Francesco, presentando il “volto
della misericordia” e annunciando il
Giubileo universale che si estende a
tutte le Diocesi, alle Chiese cattedrali,
ai santuari e ai luoghi di culto.
La pietas e l’aequitas s’intrecciano nel
sentiero dell’homo viator che con il
“suo carico di fragilità si dibatte e
combatte la propria vicenda terrena” e
quel Dio di manzoniana memoria che
“perdona tanto per un’opera di misericordia”, si rende presenza e immagine di misericordia, volto radioso della
Chiesa di oggi che guarda e legge nel
profondo del cuore.
Giad
Ucsi Messina. Sezione intitolata
al giornalista Carmelo Garofalo
a sezione messinese dell’Unione Cattolica Stampa Italiana è stata intitolata a Carmelo
Garofalo, decano dei giornalisti italiani d’origine catanese, scomparso nel
giorno della festa di San Francesco
d’Assisi di 3 anni fa. La commovente
cerimonia si è svolta nel capoluogo
peloritano presso la chiesa “Maria e
Gesù delle Trombe” di via San Giovanni Bosco, il santo dei giovani tanto
amato dal carissimo collega e maestro
promotore in Sicilia dell’associazionismo dei giornalisti cattolici.
L’incontro di famiglia ha avuto inizio
con la s. messa presieduta dal consulente ecclesiastico della sezione mons.
Giò Tavilla che ha ricordato il giornalista cattolico Garofalo, uomo di grandi
virtù morali e professionali. Il presidente Crisostomo Lo Presti ha esaltato
la figura del prestigioso fondatore e della guida autorevole dei giornalisti cattolici siciliani. Il vicepresidente dell’Ordine dei Giornalisti Santino Franchina ha elogiato l’iniziativa dell’UCSI
in memoria e in onore di un grande
giornalista, insigne educatore ed uomo
di cultura. La consigliera provinciale e
regionale Laura Simoncini ha riposto
alcuni stralci della lectio magistralis
tenuta da Garofalo, uomo senza padroni e padrini, nell’auditorium della
“Gazzetta del Sud” il 18 ottobre del
2011, in occasione dei suoi 70 anni d’iscrizione all’Ordine.
L’ucsina Mimma Cucinotta, componente dell’Associazione Giornalisti
Europei presieduta da Nuccio Fava, ha
letto il messaggio del segretario nazionale Carmelo Occhino e ha ricordato il
maestro insieme a Lorenza Mazzeo,
Demenica Pulcio e Maria Chiara Luca
L
che hanno lavorato nella redazione de
“L’Eco del Sud”, giornale storico fondato e diretto dal prof. Garofalo. Sono
seguiti brevi interventi, coordinati da
Marco Grassi, a cominciare dal presidente dell’Università della Terza Età
Basilio Maniaci, dal presidente Club
Unesco di Messina Santina Schepis e
dalla direttrice della casa di riposo “Pro
Senectute” della Città del Ragazzo
Enza Trovato. Tra i presenti anche il
segretario dell’Assostampa peloritana
Peppino Gulletta e il vice presidente
Ucsi Sicilia Domenico Interdonato. Il
presidente Lo Presti ha consegnato la
tessera di socia onoraria alla giornalista
Rosalba Garofalo, figlia del compianto
decano che, molto commossa, ha proceduto alla scoprimento della targa
dedicatoria.
A.B.
12
Prospettive - 7 giugno 2015
RUBRICHE
Palazzo Madama: commemorazione del 750° anniversario della nascita di Dante
apa Francesco, per la
commemorazione del
750° anniversario della nascita di
Dante che si è svolta nell’aula parlamentare di Palazzo Madama, ha
inviato un messaggio al cardinale
Gianfranco Ravasi, presidente del
Pontificio Consiglio della cultura.
Dopo aver rivolto i saluti al Capo
dello Stato, Sergio Mattarella, e al
presidente del Senato della Repubblica, Pietro Grasso, il Pontefice ha
definito il divino poeta una delle
figure più eminenti dell’umanità dal
momento che l’autore della “Divina
Commedia” è per la cultura mondiale un profeta di speranza e annunciatore della liberazione e del cambiamento profondo di ogni uomo e donna, che invita a ritrovare il senso
offuscato del percorso umano e a
sperare di rivedere l’orizzonte luminoso in cui brilla in pienezza la
dignità della persona. Le celebrazioni sono state inaugurate dalle massime autorità, alla presenza di parlamentari, rappresentanti della Società
Dante Alighieri, studiosi di Dante,
artisti e studenti, con l’impareggiabile intervento dell’attore Roberto
Benigni, che ha recitato il 33° canto
del Paradiso.
L’illustre esponente della Santa Sede
ha letto il messaggio con cui il Papa
si è unito al coro di quanti “considerano Dante un artista di altissimo
valore universale, che ha ancora tanto da dire e da donare, attraverso le
sue opere immortali, a quanti sono
desiderosi di percorrere la via della
vera conoscenza, dell’autentica scoperta di sé, del mondo, del senso
profondo e trascendente dell’esistenza”. Il Papa ha ricordato i documenti dei suoi predecessori per solennizzare le ricorrenze dantesche con le
quali veniva riproposta la figura del
sommo poeta proprio per la sua
attualità e per la sua grandezza non
solo artistica ma anche teologica e
culturale.
“Benedetto XV”, scrive il Santo
Padre, “in occasione del VI Centenario della morte pubblicò l’Enciclica
‘In praeclara summorum’ con cui
intendeva evidenziare ‘l’intima unione di Dante con la Cattedra di Pietro’. Ammirando ‘la prodigiosa
vastità ed acutezza del suo ingegno’
il Pontefice invitava a riconoscere
che ‘ben poderoso slancio d’ispirazione egli trasse dalla fede divina’ e
a considerare l’importanza di una
non riduttiva lettura dell’opera di
Dante soprattutto nella formazione
scolastica ed universitaria”.
“Il beato Paolo VI”, aggiunge il
Papa, “ebbe particolarmente a cuore
la figura e l’opera di Dante, a cui
dedicò, a conclusione del Concilio
Ecumenico Vaticano II, la bellissima
Lettera Apostolica ‘Altissimi cantus’, con cui indicava, con grande
sensibilità e profondità, le linee fondamentali e sempre vive dell’opera
dantesca. Paolo VI con forza ed
intensità affermava che “nostro è
Dante! Nostro, vogliamo dire, della
fede cattolica . Paolo VI affermava
anche: “Il fine della Commedia è
primariamente pratico e trasformante. Non si propone solo di essere
poeticamente bella e moralmente
buona, ma in alto grado di cambiare
radicalmente l’uomo e di portarlo
dal disordine alla saggezza, dal peccato alla santità, dalla miseria alla
felicità, dalla contemplazione terrificante dell’inferno a quella beatificante del paradiso”.
“Anche san Giovanni Paolo II e
Benedetto XVI”, prosegue Papa
P
Protési a “l amor che move
il sole e l’altre stelle”
Francesco, “si sono spesso riferiti
alle opere del Sommo Poeta. E nella
mia prima Enciclica ho scelto
anch’io di attingere a quell’immenso
patrimonio di immagini, di simboli,
di valori. Per descrivere la luce della
fede, luce da riscoprire e recuperare
affinché illumini tutta l’esistenza
umana, mi sono basato
proprio sulle suggestive
parole del Poeta, che la
rappresenta come ‘favilla,/ che si dilata in fiamma poi vivace/ e come
stella in ciel in me scintilla’ (Paradiso XXIV
145-147).
Alla vigilia del Giubileo
Straordinario
della
Misericordia, il Papa
auspica che le celebrazioni del 750°, come
quelle in preparazione
al VII centenario della
morte di Dante nel
2021, “possano far sì
che la figura dell’Alighieri e la sua opera siano nuovamente valorizzate, anche per accompagnarci nel nostro percorso personale e comunitario. La Commedia
può essere letta, infatti, come un
grande itinerario, anzi come un vero
pellegrinaggio, sia personale e interiore, sia comunitario, ecclesiale,
sociale e storico. Essa rappresenta il
paradigma di ogni autentico viaggio
in cui l’umanità è chiamata a lasciare quella che dante definisce ‘l’aiuola che ci fa tanto feroci’ (Paradiso
XX, 151) per giungere a una nuova
condizione, segnata dall’armonia,
dalla pace, dalla felicità”. “Onorando Dante”, conclude il Papa, “noi
potremmo arricchirci della sua esperienza per attraversare le tante selve
oscure ancora disseminate nella
nostra terra e compiere felicemente
il pellegrinaggio nella storia, per
giungere alla méta sognata e desiderata da ogni uomo: ‘l’amor che move
il sole e l’altre stelle”.
Antonino Blandini
Al teatro “Brancati” di Catania debutta la felice edizione di Pipino il breve con Tuccio Musumeci
Un mix di momenti tragicomici ben conditi
n classico del teatro
italiano, una commedia evergreen che affonda la proprie
radici nel passato ma propone anche
messaggi di attualità. Pipino il breve
chiude la stagione 2014 – 2015 del
teatro “Brancati di Catania. Grande
successo per la celeberrima commedia musicale di Tony Cucchiara,
spettacolo simbolo del teatro siciliano nel mondo, che viene rappresentata da una compagnia del tutto nuova guidata da Tuccio Musumeci e
composta da più di venti artisti, tra
attori, cantanti, musicisti e ballerini.
Un allestimento ancora vivo nella
memoria, nonostante siano trascorsi
trent’anni dal suo debutto. Pipino il
Breve nasce infatti nel 1978 e l’autore Tony Cucchiara porta a Mario
Giusti, direttore dello Stabile etneo,
il canovaccio di una storia tratta dai
volumi di Giusto Lo Dico, che trattava in maniera esauriente della siciliana “Opra dei pupi”, caratteristiche
marionette chiamate, attraverso la
tradizione orale del racconto, a rievocare la “chanson de geste”. Ossia
l’epopea dei Paladini di Francia, di
Orlando e Rinaldo, di Angelica, di
Carlo Magno. Il Mito dei Paladini di
Francia nasce nel racconto della vittoria del Bene che resiste al Male,
all’invasione degli Arabi, chiamati
Saraceni, che risalivano dalla Spagna verso la Francia. Il racconto di
“Pipino il Breve e Berta la Piedona”
fa un passo indietro e narra la nascita di Carlo Magno, che Cucchiara
declina sotto forma di commedia
musicale. Musiche e parole, in siciliano, sono dell’artista agrigentino
(con la collaborazione, per il testo, di
Renzo Barbera). Le canzoni sono di
una bellezza unica, sia per il ritmo
poetico che per la ricerca sofisticata
del linguaggio, al punto che alcuni
critici hanno ritenuto Tony Cucchiara uno dei re-suscitatori della
poesia siciliana. La prima rappresentazione avvenne al teatro “Verga”,
riscuotendo subito accoglienze
U
trionfali. Lo spettacolo farà quindi il
giro del mondo, con sette anni consecutivi di tournée in Italia, approdando quindi a Broadway, in Sudamerica e in Australia. A coronare un
successo senza precedenti; la rappresentazione di Pipino il Breve è stata
inserita nella rassegna “Italy on stage”, dedicata alla cultura ed allo
spettacolo italiano. Il divertente e
brillante musical è ambientato nel
Medioevo, in Francia. Il re Pipino il
Breve, vecchio e senza figli, vuole
sposare Berta, figlia del re d’Ungheria. Durante il viaggio verso la Francia per le nozze, però, la malvagia
figlia del conte Belisario, Falista,
che assomiglia moltissimo a Berta,
ordina al suo scudiero di uccidere la
promessa sposa per sostituirsi a lei.
Dopo sette anni, non avendo mai
avute notizie della figlia, i re d’Ungheria si recano in visita in Francia e
scoprono l’imbroglio.
Che fine avrà fatto Berta? Sarà davvero morta? Una tela portata a corte
da un mercante rivelerà che è ancora
viva. Ristabilita la verità e la giustizia, Pipino e Berta convolano finalmente a nozze.
Dalla loro unione nascerà Carlo
Magno. Pipino il Breve è uno spettacolo dove l’attore e il cantante si fondono, accompagnati da folli danze
che coinvolgono lo spettatore ed
emozionano grazie alla vitalità della
musica, utilizzando tecniche che
ricordano l’opera dei pupi. Nel Prologo, infatti, la compagnia di attoripupi si prepara per lo spettacolo. Il
cantastorie annuncia che sarà rappresentata la vicenda dell’avventuroso
matrimonio. Seguono 13 quadri
caratterizzati da vicende vivaci e
colorate che si susseguono seguendo
un ritmo incalzante e coinvolgente.
fessionisti che lo mettono in scena
non stanca mai, anno dopo anno, ma
risulta invece sempre più richiesto a
testimonianza di quel teatro d’eccezione che sta ormai scomparendo dal
panorama artistico teatrale contemporaneo.
Gli attori si muovono su una scenografia medievale, in armonia tra un
Tra sonorità magiche si racconta una
storia allettante e stimolante, attraverso attori del calibro di Tuccio
Musumeci, uno dei grandi capocomici del teatro italiano, un musical
con radici antiche ma sempre attuale, che grazie alla compagnia di pro-
susseguirsi di momenti tragicomici
ben conditi, grazie alla presenza di
colpi di scena che ricevono gli
apprezzamenti di un pubblico sempre più affezionato
Artemisia
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N° 22 Domenica 7