CARLO CASINI
PER NON CONSENTIRE
SCORAGGIAMENTI
RISPOSTE A TRAVISAMENTI E FALSITA’
RIGUARDO AL MOVIMENTO PER LA VITA
SU TALUNI MEZZI DI COMUNICAZIONE
A PARTIRE DAL 7 GIUGNO 2010
ROMA, 9 OTTOBRE 2010
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Da molti vengo sollecitato a reagire agli attacchi portati contro il Movimento per la vita e
contro me negli ultimi mesi. Se non rispondi – dicono – lasci credere che quanto si scrive è vero:
per il bene del Movimento devi rispondere.
Altri suggeriscono di tenere un atteggiamento di indifferenza: di fronte ai fatti, le critiche più
o meno astiose cadranno da sé – dicono.
Io condivido, piuttosto la seconda linea, ma non voglio lasciare nella inquietudine e nelle
scoramento gli amici che mi domandano un chiarimento. Ho pensato che raccontare una piccola
storia prendendo come schema le critiche mosse, potrebbe servire ad evitare che il Movimento per
la vita sia reso più piccolo, come avverrebbe se questi amici perdessero entusiasmo nel sentirsene
partecipi.
Così ho deciso di scrivere qualcosa non per il pubblico, ma per gli amici che mi chiedono
chiarimenti. Non so quale insinuazione abbia fatto breccia nel loro animo. Quindi sono costretto a
rispondere puntigliosamente a tutte le critiche: i miei amici leggeranno il punto che loro interessa.
In qualche passaggio ho dovuto un po’ aprire il mio animo, ma ho voluto essere sincero proprio su
tutto.
Naturalmente i numerosi attacchi da giugno in poi sulla stampa nazionale, non fanno
piacere. Ma non sono tanto le insinuazioni e le autentiche bugie dei media a stringermi il cuore.
Sono abituato. Sono nulla gli articoli di Libero, Foglio, Giornale rispetto alle bufere giornalistiche
che mi avvolsero quando procedetti da Pubblico ministero contro la “clinica degli aborti” e arrestai
la Bonino, la Faccio, Spadaccia, Aglietta e incriminai Pannella; quando procedetti contro vari
direttori di giornali per lenocinio; quando mi trovai alla guida del referendum contro l’aborto;
quando, quasi da solo in Parlamento, fermai il tentativo di legalizzare la violenza sessuale sui
minori e gli incapaci. No, non sono le calunnie… a far male è il danno che si produce al Movimento
per la vita.
I fraintendimenti, le incomprensioni e persino le falsità pubblicate non solo su quotidiani ma
anche su vari siti internet (di “Verità e Vita”, della “Federazione piemontese del Mpv”, di “Libertà
e Persona”, di “Corrispondenza romana”), non hanno certamente aiutato la “causa della vita”. È
possibile che qualche lettore che stava maturando – tanto per fare un esempio – il proposito di
finanziare Progetto Gemma abbia cambiato idea. È possibile che qualcuno o qualcuna dall’animo
aperto ad ascoltare le parole dei volontari operanti a livello periferico locale o nazionale, abbia
voltato le spalle. Di certo, molti che non conoscono i fatti, possono essere rimasti turbati e
l’entusiasmo di qualcuno, chiamato a servire la vita, può essere stato frenato.
Giovanni Polo II ci ha detto nel giugno 2003: «Dio voglia che strettamente uniti tra di voi
continuiate ad essere una forza di rinnovamento e di speranza nella società». In precedenza ci
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aveva detto: «La storia dimostrerà la grande importanza dei Movimenti per la vita nel mondo».
Prima ancora, nel 1987, ci aveva incoraggiato dicendo: «Non vi spaventi la difficoltà del compito,
voi lavorate per restituire all’Europa la sua vera identità». E Benedetto XVI nell’udienza
concessaci il 12 maggio 2009 ha confermato: «Il 22 maggio 1998 Giovanni Paolo II vi esortava a
perseverare nel vostro impegno […] Dieci anni dopo sono io a ringraziarvi per il servizio che avete
reso alla Chiesa e alla società […] proseguite su questo cammino e non abbiate paura perché il
sorriso della vita trionfi sulle labbra di tutti i bambini e delle loro mamme».
In definitiva, questo scritto vuole essere una testimonianza per continuare il cammino
nell’unità, nella verità e nella fedeltà al grande compito che ci è stato affidato.
Il nostro è un bel movimento, non un crogiolo di ambizioni e di litigi come – il diavolo sa
perché – si vorrebbe far credere.
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1.
LA PROPOSTA DI LEGGE POPOLARE DEL 1977-1978: UN CEDIMENTO?
Sul Foglio di giovedì 30 settembre u.s. Francesco Agnoli, in un articolo intitolato “Divisi per la
vita”, ha scritto che il Movimento per la vita fin dalle origini avrebbe dimostrato la sua disponibilità
al compromesso e al cedimento con la proposta di iniziativa popolare del 1977 intitolata:
“Accoglienza della vita umana e tutela sociale della maternità” la quale avrebbe sostanzialmente
depenalizzato l’aborto, tanto da suscitare le critiche di taluni ambienti cattolici.
Forse nel 1977 Agnoli aveva tre anni. In effetti, in un altro articolo comparso sul Foglio del 21
settembre, a proposito del Movimento per la vita, racconta di conoscerne “la storia, fin dalle origini,
per tradizione familiare”. La verità è che nessuno ha mai sollevato queste critiche se non coloro che
allora si chiamavano “cattocomunisti” o persone ad essi vicine. Il mondo cattolico fu compatto. In
40 giorni furono raccolte 1.087.000 sottoscrizioni. Il lancio avvenne il 5 novembre con la presenza
dei massimi dirigenti di tutte le associazioni cattoliche italiane, da Cl all’Azione cattolica, dai
Focolarini all’Opus Dei. L’episcopato fece sapere il suo gradimento (“iniziativa legittima,
intelligente, opportuna ed urgente” ci fu scritto). Avvenire dedicò a tale proposta di legge un intero
supplemento (“Avvenire Speciale”, supplemento al n. 276 del 27 novembre 1977). Queste sono le
testuali parole dell’allora direttore di Avvenire, Angelo Narducci, a commento della proposta: «La
proposta nasce dall’impegno generoso e attento dei cattolici più impegnati nella difesa della vita e
si avvale anche dei contributi dei non cattolici che riconoscono nella tutela della vita umana un
valore da salvaguardare perché non legato soltanto ad una concezione religiosa, ma anche alla più
elementare etica naturale. È una iniziativa volontaristica cui desideriamo dare subito tutto il nostro
pieno consenso e la nostra piena solidarietà. […] Immaginiamo che questa iniziativa popolare sia
destinata a suscitare polemiche pretestuose, violente accuse da parte di chi pretende di voler
tutelare la donna e la vita solo attraverso l’aborto: è inutile dire che non bisogna lasciarsi
scoraggiare, né intimidire, ma cercare di andare avanti con perseveranza e con coraggio. La posta
in gioco è troppo grossa e non si può mancare questa occasione storica per viltà o per tiepidezza”
(A. Narducci, “Un impegno generoso e attento per tutti”, nel supplemento ad Avvenire n. 276 del 27 novembre 1977,
pagine II-III).
Non solo, dunque, sul quotidiano cattolico fu pubblicato l’intero testo con un
commento estremamente favorevole ad esso, ma anche successivamente Avvenire seguì con grande
attenzione lo svolgersi dell’evento. Merita ricordare inoltre che risalto alla proposta di legge
“Accoglienza della vita nascente e tutela sociale della maternità” fu dato anche dalla rivista Studi
Cattolici che ne pubblicò il testo nel n. 203 del gennaio 1978 alle pagine 29-33. Il testo, con
commenti favorevoli circolò anche in un libro (Padova 1978) intitolato “Concepito per vivere”,
curato dall’Associazione difesa famiglia, alle pagine 247-255.
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Del clima di quegli anni ho dato ampiamente conto nel volume “La ricomposizione dell’area
cattolica dopo il referendum sull’aborto” (Editoriale LCA, Milano 1981). Tale libro è stato
ripubblicato venti anni dopo per i tipi della Ares, con il titolo “Diritto alla vita e ricomposizione
civile. 1981: referendum sull’aborto. Riflessioni e risorse per il tempo presente” con un’appendice
contenente scritti risalenti a quel periodo. È fondamentale tenere presente la storia di quegli anni e
l’aria culturale e politica che si respirava per capire la portata e lo stile dell’impegno del Movimento
per la vita italiano. Anni di terrorismo e di “unità nazionale” in cui incombeva il referendum
promosso dal Partito radicale dopo che era stata smascherata la sua rete di aborti clandestini
(Firenze, 9 gennaio 1975) con il conseguente arresto di Bonino, Faccio, Aglietta, Spadaccia e
l’incriminazione dello stesso Pannella. La legge 194 è anche figlia della paura di quel referendum
(si temeva non solo la sconfitta, ma anche la crescita del terrorismo che le polemiche referendarie
avrebbero favorito – così si diceva) per evitare il quale vi fu uno scioglimento anticipato delle
Camere (1976) e in seguito (già fissata la data per lo svolgimento della consultazione popolare, il 15
giugno 1978), prevalse nella stragrande maggioranza del Parlamento e del Paese la decisione di
evitare a tutti i costi quel referendum approvando una legge che cambiasse quel titolo X del Codice
penale che i mezzi di informazione falsamente qualificavano “fascista” (ma non lo era, perché era
identico, fino alle virgole, a quanto era già nel Codice del 1889!).
La proposta popolare “Accoglienza della vita nascente e tutela sociale della maternità”
voleva proprio mantenere il principio della illiceità anche penale dell’aborto, accompagnandola,
peraltro, con misure promozionali come la costituzione di centri di aiuto alla vita, l’educazione nelle
scuole al rispetto della vita, un fondo nazionale per le madri in difficoltà economiche alimentato da
una imposta volontaria, l’adozione prenatale. Quella proposta apparve allora l’unico modo di
impedire l’approvazione della legge abortista. In effetti, la legge 194 non ci sarebbe se essa fosse
stata approvata. E forse sarebbe stata approvata se l’iniziativa fosse partita un anno prima, nel 1976,
quando la proposi nel convegno ecclesiale “Evangelizzazione e promozione umana”. Però, il freno
fu messo da quelli che dicevano “è troppo tardi!”.
Quella proposta, dunque, non fu approvata, ma essa forgiò lo stile del Movimento per la vita:
mai arrendersi, mai scoraggiarsi; accompagnare il “No” all’aborto con un “Sì alla vita”; cercare di
influire anche a livello politico; cercare ciò che unisce; essere, anzi, forza unitiva almeno nel mondo
cattolico.
5
2.
LEGGE 40, LEGGE PER “ELUANA”, LEGGE 194. CEDIMENTI DEL MPV?
Sul Foglio del 23 settembre u.s., Mario Palmaro (“Verità, vita, litigi”) ha indicato a nome di
“Verità e Vita” le posizioni molto precise che marcano una differenza evidente rispetto ad altre
espresse dal Movimento per la vita.
Esse riguarderebbero in primo luogo l’atteggiamento nei confronti della legge 40, con derive
compromissorie anche riguardo alla stessa legge 194 e alla legge sulle Dichiarazioni anticipate di
trattamento (DAT). Che dire ancora, dopo anni ed anni di discussioni, di voti che sempre a
grandissima, pressoché unanime, maggioranza hanno delineato e approvato la linea del Movimento
per la vita, dopo riconoscimenti anche solenni e scritti della validità di ciò che il Movimento ha
detto e fatto da parte di Giovanni Paolo II, della presidenza e della segreteria della Cei di singoli
vescovi (ci sono ancora e sono controllabili i testi di discorsi e le lettere inviate al presidente Mpv)?
Per cercare di dialogare e ragionare praticamente con i pochi dissidenti (quelli che ora fanno
parte di “Verità e Vita”) è stato fatto tutto il possibile, proprio tutto. Tutto inutile. Ma, almeno, che
essi non facciano insinuazioni non vere!
NON È VERO che il Movimento per la vita abbia mai fatto, faccia o voglia fare l’apologia
della fecondazione omologa. Per rendersene conto, basta rileggere la numerosa mole di scritti (libri,
articoli, dossier, “appelli”, “manifesti”, opuscoli, comunicati stampa, corrispondenza…) sul tema
della procreazione artificiale scaturiti dalla riflessione del Movimento per la vita.
Palmaro è giurista e sa che prima della legge 40 nell’ordinamento giuridico italiano era tutto
permesso: vi erano delle norme che consentivano il “far west”, “provetta selvaggia”. Perciò, una
legge era necessaria per limitare nel massimo grado possibile un ordinamento follemente ingiusto.
Non una legge qualsiasi, ma una legge che contrastasse “provetta selvaggia” ponendosi con
determinazione ed esplicitamente dalla parte del concepito e non da quella degli adulti a danno dei
figli concepiti. Non si può non ricordare che i vari progetti e disegni di legge presentati alla Camera
e al Senato, andavano esattamente nella direzione di cristallizzare e consolidare ipocritamente
quanto già l’ordinamento giuridico ampiamente permetteva. È stato fatto tutto il possibile per
togliere il massimo dell’ingiustizia. Di più non ci è stato permesso dal voto parlamentare. Nella
legge, certo, resta un’ingiustizia (l’abbiamo sempre detto, scritto e ripetuto!), perché la
fecondazione artificiale non è stata totalmente vietata. Ma è bene, è lodevole aver operato per
ottenere la legge 40. Il Movimento per la vita continua a ripetere che anche la procreazione
omologa offende la dignità della procreazione umana, la dignità della vita umana e la vita stessa.
Ma non può che giudicare positivamente il modo con cui esso ha operato negli anni che vanno dal
1989 e il 2004. Nel 1989, infatti, dopo un faticoso lavoro, feci approvare una risoluzione europea
sulla procreazione artificiale, anticipatrice della legge 40, che aveva l’ambizione di indicare una
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strada a tutte le legislazioni europee che ancora non erano state fatte. Lo stesso Mario Paolo Rocchi,
ora vicepresidente di “Verità e Vita”, lodò con grande entusiasmo quella risoluzione nel suo articolo
“Il significato del voto europeo sulla dignità dell’embrione”, pubblicato in SiallaVita aprile 1989,
pagine 2 e 4. (Nel suo articolo Mario Paolo Rocchi sottolineava il “linguaggio chiaro e difficilmente adulterabile» con il quale si
riconosce «la dignità del concepito fin dal primo istante del suo esistere come zigote, e i diritti umani che a questa dignità competono
per natura”. Più avanti si legge: “È una vittoria della cultura, del linguaggio, dello stile del nostro Movimento, propiziata da un
insonne impegno, coraggioso e lungimirante di Carlo Casini, dall’efficace azione svolta dai pro-life inglesi, dall’incontro con persone
come il socialista tedesco Rothley, aperte al dialogo, pensose dell’uomo, libere da preoccupazioni di schieramento. Un risultato
fondato sulla razionalità e credibilità degli argomenti e delle proposte. Una limpida conferma che mettendo al centro del dibattito la
verità sull’uomo, le diverse opzioni politiche possono trovare un’unità vincente su alcune esigenze fondamentali della convivenza
civile”. Infine: “Non possiamo poi che rallegrarci del capovolgimento che questo dibattito ha determinato proprio sul piano del
formarsi della maggioranza. Le proposte elaborate di concerto da Casini e da Rothley si sono fatte accettare come base per il dibattito
grazie alla loro razionalità, obiettività e universalità. […] È l’inizio di una svolta. Ricordiamocene, al prossimo appuntamento
elettorale europeo”).
Il 1995 è l’anno della proposta di modifica dell’articolo 1 del Codice Civile e del febbraio
2004 è la legge 40, approvata dopo anni di estenuanti fatiche per contrastare le aggressive spinte
culturali e legislative allora in corso che negavano il riconoscimento del concepito come soggetto.
Il ripudio delle scelte fatte sarebbe la negazione della stessa identità e delle radici del
Movimento per la vita.
NON
È VERO che il Movimento per la vita dica “La legge 194 è una buona legge, ma
applicata male”. Da nessuna parte abbiamo mai detto una cosa del genere per accettare una legge
che resta “integralmente iniqua” come abbiamo detto, scritto e ripetuto centinaia e centinaia di
volte. Se qualcuno, magari chiamato a svolgere ruoli politici importanti, dice che la legge è “buona”
o “giusta” o “equilibrata” (purtroppo sono molti!) non si può attribuire al Movimento per la vita
qualcosa che dicono persone ad esso estranee. E se per caso una operatrice di un Centro di aiuto alla
vita che ha generosamente da sempre donato la propria vita per salvare la vita dei bambini ha
(forse) detto, sbagliando, una frase simile in un’intervista, allo scopo di farsi spalancare le porte di
un ospedale, non si può stare col fucile puntato e soprattutto non si può attribuire al Movimento per
la vita un mutamento individuale di valutazione. Anzi, proprio il Movimento per la vita ha
contribuito e contribuisce potentemente e talora solitariamente a contrastare la logica perversa della
194. Certamente, chi non si rassegna alla legge 194 deve strappare all’avversario il terreno
possibile. Laddove un bambino può essere salvato evitando che si superino i limiti della legge 194,
facciamolo. Laddove la legge attribuisce ai consultori il compito di offrire alternative all’aborto,
lavoriamo perché questo realmente avvenga. Soprattutto, è doveroso cercare di cambiare la legge
non appena si veda un pertugio in cui introdursi, per esempio facendo sì che i consultori familiari
divengano davvero strumenti di difesa del diritto alla vita.
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NON È VERO che il Movimento per la vita abbia mutato idea riguardo alle dichiarazioni
anticipate di trattamento. È mutato l’ordinamento giuridico per effetto della sentenza gravissima
delle sezioni unite della Corte di Cassazione (sentenza n. 21.748 del 16 ottobre 2007) seguita dal
decreto della Corte d’Appello di Milano (9 luglio 2008) che sono andati ben oltre le dichiarazioni
anticipate, condannando a morte Eluana Englaro per fame e per sete. Sappiamo che a nulla sono
valsi i nuovi disperati ricorsi alla Cassazione e alla Corte Europea dei diritti dell’uomo, le denunce
penali, i conflitti di attribuzione sollevati dinanzi alla Corte Costituzionale, gli appelli al giudice
tutelare, gli atti di indirizzo ministeriale. Inutili anche le bottiglie di acqua simbolicamente
depositate sul sagrato del Duomo di Milano per suggerimento di Giuliano Ferrara dalle colonne del
Foglio. Inutili le veglie di preghiera nelle Chiese di varie città d’Italia. Inutili, perché Eluana è stata
condannata a morte in nome dell’ordinamento giuridico. Da allora una legge è divenuta necessaria
per riportare nell’ordinamento giuridico il principio dell’assoluta indisponibilità della vita umana.
Ma “Verità e Vita” sembra non rendersi conto della realtà, al punto da attaccare con un suo
comunicato il presidente della Conferenza episcopale italiana, card. Bagnasco (comunicato n. 53 del
23 settembre 2008: “Testamento biologico: l’autogol della Conferenza episcopale”).
Le questioni sollevate da Palmaro e ultimamente da Agnoli sono questioni serie, nel senso
che riguardano l’identità del Movimento per la vita. Liberi tutti di non ritrovarvisi. Ma allora non si
può pretendere di essere Movimento per la vita. Che cosa avrebbe detto madre Teresa di Calcutta
alle Suore del suo istituto, pur buone e sante, che avessero dissentito dalla sua scelta di povertà
assoluta e avessero preteso di riportare l’intera congregazione in conventi modernamente e
confortevolmente attrezzati?
3.
IL CASO COTA. ESISTE DAVVERO?
Veniamo alle questioni meno importanti, ma che tuttavia provano una animosità che fa velo alla
verità. Libero, per evidente suggerimento di qualcuno, si è occupato del Movimento per la vita due
volte con due articoli a firma A.M. totalmente non veri fin dai titoli falsi e offensivi.
Il primo risale al 20 giugno 2010: “La vendetta di Carlo Casini: chi stava con Cota alle
elezioni deve andarsene”; il secondo è del 1° luglio 2010: “Carlo Casini torna in Piemonte per
rimediare ai pasticci politici”. Alla base c’è l’affermazione falsa che il presidente del Movimento
per la vita, a causa della sua elezione al Parlamento europeo nella lista dell’Udc, nelle ultime
elezioni regionali avrebbe sostenuto la candidatura Bresso e contrastato quella di Cota. NON È
AFFATTO VERO. Non vi sono soltanto i discorsi chiarissimi da me fatti negli organi responsabili
dell’Udc, prima e dopo le elezioni. Vi sono anche le lettere inviate a molti dirigenti Udc. Vi sono
soprattutto le pubbliche prese di posizione di SiallaVita e di Avvenire. Merita rileggere l’articolo
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“Finalmente al cuore della politica” (SiallaVita, aprile 2010, pagine 16-18) in cui si plaude a Cota
(“basta pensare alla coraggiosa dichiarazione del nuovo presidente della Regione Piemonte sulla
Ru486”) e si manifesta soddisfazione per la bocciatura elettorale della Bonino e della Bresso,
“radicali in pensione”, “che più hanno pagato in termini elettorali – si legge – le loro posizioni
anti-vita”. Avvenire ha pubblicato nella “Pagina Vita” del 4 febbraio 2010 un appello (“Elezioni
regionali. Appello a partiti e candidati”) rivolto dal Movimento per la vita ai capi dei partiti, agli
aspiranti governatori, a tutti i candidati, «di assumere l’impegno di fare tutto il possibile per
iscrivere negli statuti regionali il riconoscimento del diritto alla vita di ogni essere umano fin dal
concepimento». Nella “Pagina Vita” del 4 marzo 2010 (“Anche in Italia le Regioni possono
riaffermare il diritto alla vita”) segnalai come primo aderente il nome di Roberto Cota e nella
“Pagina vita” del mese successivo (8 aprile 2010), attribuii il merito della sconfitta della Bonino e
della Bresso ai pro-life («D’altronde nessuno può negare che il pugno di voti che ha impedito il
successo della cultura radicale nel Lazio e nel Piemonte sia stato proprio quello dei pro-life»).
Il primato delle scelte per la vita rispetto a quelle di partito è sempre stata la mia scelta
centrale, sempre attuale, mai tradita (anche su questo punto la documentazione è abbondantissima).
Ho personalmente incontrato Cota subito dopo la sua elezione, gli ha presentato le concrete
richieste del Movimento per la vita e lo ho invitato all’incontro dei governatori svoltosi a Roma il
21 maggio 2010 (tema dell’incontro: “Regioni: quali politiche per la vita?”). Il presidente del
movimento per la vita di Torino, Walter Boero, ha smentito più volte di aver fatto propaganda in
favore della Bresso e contro Cota, da lui conosciuto e stimato personalmente.
L’idea di una mia “vendetta” è, quindi, del tutto fuorviante. L’intervento dei probiviri a
proposito di Federvita Piemonte riguarda altro, come risulta dal documento di incarico, dal verbale
del Direttivo nazionale, dal carteggio tra Marisa Orecchia e Carlo Casini, dallo stesso intervento di
Mario Palmaro su Foglio, come sopra riassunto, ed ha le serie motivazioni sopra indicate.
È poi davvero incredibile la tesi che il 3 luglio 2010 il presidente nazionale sia andato a
Torino “per rimediare i pasticci elettorali”. Chi ha passato all’esterno la notizia (fatto in sé
riprovevole) della richiesta di incontro rivolta da me a tutti i Cav e movimenti del Piemonte o non
ha letto o non ha voluto leggere il dichiarato scopo di fraterno chiarimento sul tema della crescente
separatezza della dirigenza del Movimento per la vita piemontese dalla federazione nazionale e
della contemporanea commistione con “Verità e Vita”. Padre Angelo Del Favero, Giuseppe Anzani
e Paola Mancini, presenti all’incontro, sono testimoni dell’acredine manifestata da alcuni
partecipanti all’incontro che, sebbene minoranza, con il tono delle loro parole (“avete le mani
sporche di sangue!” - uno ha gridato) hanno impedito la ricostruzione di quella unità che ancora una
volta – dopo anni e anni di tentativi – avevo cercato di ricostruire, chiedendo - io per primo 9
l’incontro con questa parole: «ho il desiderio di incontrarvi fraternamente [...] È solo l’invito di un
amico ad amici che da anni lavorano insieme per servire la vita umana. Se volete, in tutta libertà,
incontriamoci. Io lo desidero ardentemente [...] Ma voglio parlare soprattutto di cose positive e
belle, così come è bello quanto Giovanni Paolo II ci disse il 22 maggio 2003: “Dio voglia che,
strettamente uniti tra di voi, continuiate ad essere una forza di rinnovamento e di speranza nella
nostra società”».
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4. “ESPULSIONI”?
Le denigrazioni pubbliche contro il Movimento per la vita nazionale sono cominciate il 7 giugno
scorso quando contemporaneamente “Verità e Vita” e Federvita Piemonte hanno diffuso uno scritto
comparso in pari data sul sito di “Libertà e persona” firmato con lo pseudonimo Caius nel quale si
accusava il presidente di una “gestione personalistica” del Movimento per la vita e di avere perciò
allontanato di volta in volta: «Migliori, storico presidente; il fondatore del telefono verde, Giuseppe
Garrone; il fondatore di Progetto Gemma, Silvio Ghielmi; il fondatore del primo Cav, l'ing. Rocchi
di Firenze.».
Non sappiamo chi si nascondesse sotto lo pseudonimo Caius. Federvita piemontese ha
attribuito lo scritto ad Agnoli, ma Agnoli lo ha negato, sebbene abbia dichiarato in seguito di
condividerne il contenuto e di avere ricevuto informazioni da persone del Movimento per la vita
(Filardo, Ghielmi, Rocchi) ed abbia rincarato la dose negli interventi successivi sul Foglio del 16
settembre (“Toc, toc c’è vita nel Movimento?”) e del 21 settembre (“Agnoli spiega come nasce la
sua espulsione dal Movimento per la vita”).
Sta di fatto che il 9 giugno Mario Paolo Rocchi ha scritto un testo dove ha sostenuto la
«conduzione sempre più verticistica» e la «sudditanza del Movimento per la vita di Casini (sic!) al
nichilismo della cultura egemone della c.d autodeterminazione» e che il 23 settembre sul sito del
Foglio Silvio Ghielmi ha parlato di «emarginazione di Francesco Migliori» e di una sorta di
vocazione di Carlo Casini ad appropriarsi del Movimento e delle sue opere fino al Progetto Gemma
(www.ilfoglio.it/soloqui/6286). Analoghe accuse sono state ripetute da De Matteo su “Famiglia
domani”, con la solita diffusione ad opera di “Federvita Piemonte” e “Verità e Vita”.
Da questo complesso materiale risulta l’insinuazione che Casini avrebbe espulso tutti i più
autorevoli fondatori: Migliori, Ghielmi, Rocchi, Agnoli, Filardo, Palmaro, Tarzia.
TUTTO QUESTO È FALSO, perché il Movimento per la vita non ha mai espulso nessuno.
Ho fatto di tutto per evitare gli abbandoni. Quando Ghielmi, da me stimatissimo (tutt’ora e
nonostante tutto), ha manifestato l’intenzione irremovibile di lasciare il consiglio di
amministrazione di VitaNova, l’opera che gestiva e gestisce ProgettoGemma, il cui consiglio di
amministrazione è interamente nominato dal direttivo del Movimento per la vita, vi sono stati
ripetuti incontri e lettere affettuosissime per scongiurare l’abbandono. Filardo e Palmaro si sono
dimessi dal Consiglio direttivo, perché non ne condividevano la linea, con lettere, che,
naturalmente, si conservano. In un sistema democratico accade che qualcuno non sia eletto, ma non
si può dire per questo che sia stato “espulso”.
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In ogni caso, per quanto riguarda Olimpia Tarzia, bravissima consigliere regionale del
Lazio, tutt’ora attiva nel movimento per la vita romano, già efficiente e lodevole segretaria della
Federazione nazionale, tanto poco vi è stata emarginazione da parte mia che, andando oltre i limiti
della convenienza, sono intervenuto per segnalare – senza successo – l’opportunità che ella fosse
eletta nel direttivo di FederLazio, presupposto necessario per una sua eventuale successiva elezione
nel direttivo nazionale.
Francesco Agnoli non è mai stato dirigente del Movimento per la vita e fino a pochi giorni
fa non mi era neppure noto che egli fosse membro del Movimento per la vita di Trento. È dunque
totalmente fuorviante il titolo del Foglio.
Con Francesco Migliori vi è sempre stato un rapporto di affettuosa, costruttiva, amicizia. Chi
dice il contrario getta semi di divisione. In un cordialissimo colloquio tra lui e me nella sua casa a
Milano egli palesò la sua intenzione, per varie e serie ragioni anche di salute, di non ripresentare la
sua candidatura a presidente del Movimento per la vita. Vero è che divenuto presidente onorario nel
momento in cui si svolgeva la travagliata vicenda del ProgettoGemma (vedi sotto) e diveniva
virulenta la contestazione interna riguardo alla legge 40. Migliori assunse il ruolo di mediatore per
la prima vicenda e – probabilmente per le pressioni di alcuni che oggi costituiscono “Verità e Vita”
– criticò aspramente la presidente del Forum, Luisa Santolini, che a Radio Maria qualificò una
“buona legge” la legge 40. Ne è nato un carteggio – anche con me e Liverani - nel quale è rimasto
intatto il tono affettuoso e costruttivo, anche se talora con toni decisi. Ad ogni modo resta vero che
avere diversità di opinioni non significa emarginare, anche se un’opinione ha il consenso della
grande maggioranza degli organi sociali e un’altra è largamente minoritaria.
5. C’È DEMOCRAZIA NEL MOVIMENTO PER LA VITA?
Nell’articolo “Agnoli spiega come è nata la sua espulsione dal Mpv” (Il Foglio, 21 settembre u.s.),
Agnoli elenca altre varie mie colpe che fanno sorridere, anche se è doloroso vedere accreditati
infondati sospetti e autentiche falsità.
Le elezioni nel Movimento per la vita “non sono sempre state limpidissime”? Quando?
Come? Vi sono verbali, garanti, scrutatori. Tutti gregari obbedienti o stupidi? Perché insinuare?
Egli scrive: “Vi sono persone che esordiscono dai vertici, cooptate dall’alto”. Che significa?
Cosa si vuole insinuare? Sì, certo, fino alla riforma dello statuto - resa necessaria dall’iscrizione
nell’albo delle associazioni di promozione sociale che non consente cooptazioni – la cooptazione
era possibile statutariamente. In precedenza, infatti, fin dalle origini lo statuto prevedeva la
possibilità di cooptazioni per un numero massimo di 8 in aggiunta ai 42 membri eletti. Lo scopo era
quello di coinvolgere altre associazioni nella difesa della vita e di avere con noi autorevoli esperti
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capaci di coinvolgere la società civile. Il Movimento per la vita non pretende monopoli, ma desidera
essere strumento di unità!
Vogliamo dire il nome di qualche cooptato? Nei primi tempi: Roberto Formigoni. Più
recentemente: Pino Noia, padre Gonzalo Miranda, PierLuigi Liverani… Talora sono stato cooptati
membri delle Federazione regionali che non erano riuscite ad avere direttamente un eletto nel
direttivo o i responsabili di taluni uffici (scuola, giovani,...). Dove stanno le “trame”?
6. APPROPRIAZIONE INDEBITA DI IDEE ALTRUI?
Agnoli non sembra contrario alla legge 40. Anzi, sembra trovare meritevole di encomio chi lavorò
per ottenerla, ma considera una «bufala» e una «mitologia» il ruolo da me svolto. Il merito della
legge andrebbe, infatti, attribuito ad Alessandro Cé “colui che introdusse nella legge i diritti del
concepito” e ad Alfredo Mantovano “uno dei registi della legge” che “non era un estimatore del
Movimento per la vita, bensì, da anni, un suo puntiglioso critico”. In realtà, grandi sono i meriti di
Cé e di Mantovano con i quali il dialogo e l’amicizia con me sono stati costanti. Ma l’introduzione
nella legge dei diritti del concepito è merito del Movimento per la vita ed io chiesi ed ottenni da Cè
la presentazione di un emendamento che ripeteva alla lettera il testo della proposta popolare del
1995. Com’è noto, il presidente Violante dichiarò inammissibile l’emendamento. Fu allora che, in
extremis, scrissi materialmente la formula divenuta poi l’ultimo comma dell’articolo 1.
Oggi, secondo Agnoli i “fondatori sarebbero messi alla gogna”. Questo discorso dei
fondatori è piuttosto antipatico perché nasconde l’origine collettiva e popolare della nascita del Mpv
e dei suoi servizi. La redazione burocratica di un documento notarile segue il precedente fiorire di
fatto di una realtà associativa.
È noto che dopo la scoperta a Firenze della “clinica degli aborti”, gestita dal Partito radicale,
i cui dirigenti tentarono di giustificarla sostenendo che si era trattato di “aiutare le donne”, nacque a
Firenze, nel marzo del 1975, nell’ambito del Consiglio pastorale diocesano, il primo Centro di aiuto
alla vita d’Italia, sul cui esempio altri in seguito furono costituiti. Il Cav fiorentino è stato sempre
considerato il primo germe del Movimento per la vita, che successivamente si andava costituendo
attraverso incontri tra le prime realtà associative locali: a Firenze si aggiunsero Milano, Roma,
Genova, Padova, Salerno. La stesura di un atto costitutivo notarile, di molto successiva, fu un
adempimento di rilievo soltanto formale, non adeguato alla realtà ben più ampia che si era
spontaneamente alzata in piedi.
Per quanto mi riguarda partecipai, ovviamente, alla costituzione del primo Centro e seguii
tutte le attività successive a livello nazionale, cercando di razionalizzare gli aspetti che richiedevano
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una dimensione giuridica (proposta di legge di iniziativa popolare, memorie alla Corte
Costituzionale, messaggi al Parlamento per non far approvare la legge 194).
Ma la mia qualità di magistrato che aveva scoperto la “clinica degli aborti”, che ne aveva
arrestato i responsabili e che stava conducendo il processo contro di loro, suggeriva di stare in
seconda linea. Questa scelta, peraltro, non mi impedì di partecipare alle più importanti
manifestazioni a Milano e a Firenze.
Ma quanti altri nomi affiorano alla memoria!
No, davvero. Non si può parlare di uno o di pochi fondatori. Il fondatore è stato il valore della vita
che come una scintilla si è illuminata qua e là e alla fine ha generato un fuoco unitario.
Quanto al “mettere alla gogna” forse sarebbe il caso di riflettere che non è stato il
Movimento per la vita e tanto meno io a scrivere sui giornali: semmai le posizioni si rovesciano.
Alla pubblica critica sono stato esposto io, che, accusato di essermi appropriato di tutto, in
particolare di SosVita”, delle Culle per la vita”, di ProgettoGemma.
Di ProgettoGemma parlerò dopo in modo specifico, perché secondo me quanto avvenne tra
il 1996 e il 2002, spiega, forse, ciò che oggi sta avvenendo. Ho sempre riconosciuto a Giuseppe
Garrone una grande generosità ed una difficilmente uguagliabile passione per la vita. Ma se
qualcuno ha un’idea che deve essere realizzata sull’intero territorio nazionale non può considerarla
cosa di sua proprietà. Di SosVita Garrone è stato confermato fino ai primi mesi di quest’anno
coordinatore nazionale, ma, certo, il Direttivo nazionale deve organizzare i centri di ascolto in varie
regioni e provvedere a sostenere le spese telefoniche. Del resto, su questo punto, non mi pare che
Garrone abbia mai formulato proteste. Anzi, con il sostegno del Movimento nazionale e con la mia
personale partecipazione ha organizzato corsi di formazione per gli operatori e ha pubblicato i primi
resoconti dell’attività telefonica per rendere più efficiente la quale il Movimento per la vita
nazionale, in accordo con Garrone, ha prodotto spot e ha ottenuto episodicamente la loro proiezione
su reti televisive nazionali (la mia partecipazione alla politica è servita a qualcosa….). Garrone ha
realizzato il primo Cassonetto per la vita e mi ha chiamato a difenderlo in Piemonte (due volte, mi
pare) di fronte alle incomprensioni e alle denunce. Poi l’esempi – come è successo per il Centro di
aiuto alla vita di Firenze – ha generato l’imitazione e spontaneamente decine di Cav e di movimenti
locali hanno promosso l’apertura di quelle che oggi chiamiamo Culle della vita.
Dov’è l’appropriazione?
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7. IL CASO ESEMPLARE: PROGETTOGEMMA
La vicenda di ProgettoGemma è esemplare. Ricordarla fa trovare la chiave che spiega la vicenda
attuale, altrimenti incomprensibile. Il servizio ebbe inizio nel 1994 e fu presentato in quell’anno a
Bergamo l’8 maggio in un incontro di giovani. In quello stesso anno, lo presentai insieme a
Francesco Migliori al Presidente della Repubblica. Mario Paolo Rocchi ne pensò le modalità, ma
che l’iniziativa fosse fin dall’inizio del Movimento per la vita è indiscusso. Risulta dalla
copiosissima e univoca documentazione di ogni tipo e nessuno ebbe a contestarlo palesemente.
Solo nel 1999 venni a sapere – e subito lo comunicai al Direttivo nazionale che, come me,
non ne era mai stato portato a conoscenza – che nel 1996, due anni dopo l’inizio del servizio,
Rocchi aveva depositato presso l’ufficio marchi di Firenze una domanda di registrazione di marchio
d’impresa denominata “Progetto Gemma, adozione prenatale a distanza, ADP. Adotta una madre,
aiuti il suo bambino”, dichiarandolo di sua proprietà e che nel luglio 1998 in Seiano di Vico
Equense, durante lo svolgimento dell’annuale seminario estivo dei giovani del Mpv, nel quale ero
presente insieme a vari dirigenti nazionali, a mia e loro totale insaputa, era stata costituita da cinque
persone – tra cui Rocchi, Tripoli, Baccaglini – una associazione “Progetto Gemma. Adozione
Prenatale a Distanza” avente lo scopo di gestire ProgettoGemma. All’epoca Rocchi e Baccaglini
erano anche membri del Direttivo nazionale e tutti partecipavano al seminario giovanile di Seiano.
In pari data, sempre ad insaputa mia e del Direttivo, Rocchi, con un atto scritto cedeva
all’Associazione Progetto Gemma la sua asserita titolarità del marchio e successivamente (22
novembre 1998) lo stesso Rocchi in una lettera a Migliori, presidente della Fondazione VitaNova,
dichiarava di rinnovare il comodato relativo alla gestione di ProgettoGemma e ne dettava le
condizioni. Va detto che già nel 1996 – come poi saputo nel 1999 – Rocchi, dichiaratosi
“proprietario del brevetto per marchio d’impresa Progetto Gemma” aveva per scritto “concesso”
alla fondazione “l’uso gratuito” del brevetto, rinnovabile di anno in anno ed aveva affermato, tra
l’altro, la responsabilità verso VitaNova dei Centri e Servizi di aiuto alla vita destinatari dei singoli
progetti.
Conosciuta nel 1999 la vicenda, la giunta esecutiva del Movimento chiese ed ottenne un
incontro chiarificatore con il Consiglio di amministrazione di VitaNova interamente nominato dal
Movimento per la vita (VitaNova – si ricordi – fu fondata dal Movimento per la vita negli anni 80).
L’incontro avvenne a Milano il 13 luglio 1999. Sembrava raggiunta una soluzione pacificatrice, ma
nel successivo settembre l’Associazione Progetto Gemma, con delibera del suo consiglio di
amministrazione, continuava a dichiararsi titolare del progetto, ne “concedeva” l’utilizzazione al
Movimento per la vita per soli 4 anni e ne ripeteva le condizioni dichiarate immodificabili.
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Ovviamente il Movimento per la vita, pressoché alla unanimità del suo Direttivo, non poté
accettare questa situazione sicché fino al 2002 si sono ripetuti incontri e discussioni. Alla fine, è
intervenuto il segretario generale della Conferenza episcopale italiana, mons. Giuseppe Betori, che,
dopo aver parlato prima con Migliori presedente della Fondazione, poi con me, in una lettera del 28
febbraio 2002, indirizzata allo stesso Migliori, a Filardo e a Rocchi dichiarava il «chiaro
collegamento» tra ProgettoGemma e il Movimento per la vita, sottolineava il rischio derivante
dall’uso della denominazione ProgettoGemma da parte di un’altra associazione, consigliava,
dunque, la rinuncia al nome di Progetto Gemma da parte dell’associazione così autonominatasi.
Da allora non vi è stata più discussione sulla titolarità di ProgettoGemma, che ha continuato
ad essere gestito dalla Fondazione VitaNova, ma per delega del Movimento per la vita.
A me pare che in questa vicenda da parte mia non vi sia stata appropriazione, ma, piuttosto,
una gestione responsabile della vicenda in vista di un più efficace servizio alla vita e del bene del
Mpv. Semmai, vi è stato un tentativo di sottrazione al Movimento per la vita di un servizio
attraverso la costituzione di un’associazione autonoma rispetto al Movimento, l’utilizzazione
parziale di strutture del Movimento per la vita (Fondazione VitaNova, Cav) all’insaputa degli
organi statutari del Movimento.
Una metodologia simile può ravvisarsi nella costituzione di “Verità e Vita”, costituita in
parte da persone che facevano parte della Associazione Progetto Gemma, che si dichiara autonoma
rispetto al Movimento per la vita, ma che si avvale di una federazione regionale del Movimento e
che cerca di tenere i contatti con Centri di aiuto alla vita e movimenti locali di tutta Italia.
8. C’È VITA NEL MOVIMENTO?
Il lungo intervento di Agnoli sul Foglio del 16 settembre u.s. dal titolo: “Toc, toc, c’è vita nel
Movimento? Un combattivo pro-life denuncia una storia agonizzante. E chiede le primarie”
riassume un’accusa ripetuta in quasi tutti gli interventi precedenti.
Il Movimento per la vita sarebbe assente dal dibattito pubblico. “Chi lo ha mai visto? – si
domanda Agnoli – si parla ormai da anni di bioetica e il Movimento per la vita in quanto tale
dimostra la sua estrema debolezza”. La colpa, come al solito, sarebbe mia perché avrei “soffocato
l’attività», «paralizzato l’innovazione e la creatività”, “cessato di portare avanti battaglie di
testimonianza, culturali, capaci di attrezzare ed educare i giovani agli altissimi valori del rispetto
della vita”. “Nel Movimento per la vita – insiste Agnoli – non sono sorti né pensatori, né opere
pro-life di rilievo... con il risultato che, alla fine, girano le medesime facce (o i più generosi o i più
carrieristi)”. Ci sarebbe, a quanto capisco, una attenuante: “per tanti anni nello stesso mondo
cattolico, certi temi sono stati tabù”. Alla radice del male vi sarebbe la mia qualità di parlamentare,
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che limiterebbe la mia “libertà di azione e di parola”. Il modello da seguire sarebbe quello
americano, perché “in America, ma anche in altri Paesi europei, il mondo pro-life appare più
attivo, dinamico, giovane”.
Credo che la risposta stia nei fatti. Non parlerò della miriade di incontri promossi e realizzati
dai 600 Cav e ovimenti locali, né della grande quantità di pubblicazioni da essi prodotte, della loro
presenza sui media locali, del loro collegamento con le realtà diocesane. Non parlerò neppure degli
oltre 100.000 bambini (noi, per la verità, ne calcoliamo ormai 120mila) restituiti al coraggio delle
loro madri che subivano la tentazione dell’aborto, sebbene si tratti di un risultato grandioso (della
vita umana concreta si tratta, non di discorsi teorici!) documentato ogni anni dalla Federazione
nazionale attraverso la Segreteria di Padova con un rapporto presentato all’opinione pubblica ed
inviato a tutti i vescovi e talora a tutti i parlamentari. È un lavoro – quello del Cav – che, a quanto
ne so, non ha l’uguale almeno negli altri Paesi d’Europa, che conosco abbastanza per aver
incontrato le varie realtà pro-life più volte nei loro stessi Paesi, da loro invitato. In qualche caso (per
esempio, in Albania) è stato proprio il Movimento per la vita a generare all’estero la costituzione di
Centri di aiuto alla vita. Certamente, l’annuale convocazione dei volontari dei Cav, dal 1980 ha
visto una partecipazione crescente e ha dato impulso al servizio alla vita nella sua forma più
concreta.
Ma Agnoli parla di assenza culturale, pubblica, specie tra i giovani. Ecco, dunque, una
noiosa lista di iniziative a carattere nazionale e internazionale della Federazione nazionale già
realizzate o in corso.
• Dal 1987 ad oggi quasi un milione di giovani studenti coinvolti nel Concorso europeo;
7.000 vincitori hanno partecipato a Strasburgo ad un seminario la cui efficacia formativa
è testimoniata da loro stessi; circa due milioni di dossier che parlano del diritto alla vita
diffusi nelle scuole e messi a disposizione dei giovani e delle loro famiglie.
• Dal 2008 il premio europeo Madre Teresa di Calcutta conferito a personalità che si sono
distinte nel difendere il diritto alla vita dei bambini non ancora nati nello stesso giorno in
cui tutti celebrano l’anniversario della Dichiarazione Universale dei diritti umani,
dimenticando il diritto dei più deboli e poveri ed, anzi, rivendicando spesso l’aborto
come diritto umano fondamentale;
• Diffusione in altre 3.000.000 di copie e in 16 lingue della pubblicazione “La vita umana
prima meraviglia” e le analoghe videocassette e DVD;
• puntuale pubblicazione del mensile SiallaVita” e della pagina Avvenire Vita;
• 7 “Rapporti al Parlamento” di controinformazione sulla legge 194, presentati in
conferenze stampa ed inviati a parlamentari e vescovi;
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• 2 rapporti di controinformazione sulla legge 40 presentati in conferenze stampa ed
inviati a varie personalità;
• - pubblicazione di libri e saggi sui problemi bioetici di attualità
• CantiamolaVita: concorso annuale nazionale tra giovani cantautori con conclusione
largamente partecipata da giovani a Pavia;
• seminari estivi per giovani dal 1984;
• seminari invernali per giovani;
• partecipazione con propri stand ed interventi al Meeting di Rimini, alla Convocazione di
Rinnovamento dello Spirito, ad altri eventi culturali (mostra del libro di Torino, biennale
di Venezia con il premio di Gianni Astrei, FiuggiFamilyFestival) ecc.;
• impulso e partecipazione a manifestazioni pubbliche, come il FamilyDay, il referendum
sulla legge 40;
• Impulso e partecipazione a gruppi di coordinamento associativo (Forum delle famiglie,
Scienza&Vita, Forum degli operatori sanitari);
• petizioni pubbliche (quella intitolate “Per la vita e la dignità dell’uomo”- 2.300.000
firme - del 1987 che ha dato origine ad un dibattito di un mese in Parlamento; la
proposta popolare del 1995 – 200.000 firme legalizzate – per la modifica dell’articolo 1
del Codice civile; la petizione di appoggio alla proposta popolare; la petizione europea
per la vita e la dignità dell’uomo consegnata al Parlamento europeo nel 2009 con
500.000 firme);
• studio e elaborazione di progetti su temi bioetici di attualità (lavoro per la legge 40,
consultori familiari, legge di fine vita);
• Consulenze e costituzione in processi costituzionali, amministrativi e penali a sostegno
del diritto alla vita e dell’obiezione di coscienza (ultimo caso quello del Tar Puglia; in
precedenza l’annullamento del decreto ministeriale che autorizzava il commercio della
pillola del giorno dopo);
• progetti formativi su tutto il territorio nazionale: Bios e polis, Heptavium, Preferire la
vita;
• dossier e appelli alla ragione: famiglia, fecondazione artificiale, eutanasia, obiezione di
coscienza, dichiarazioni anticipate di trattamento;
• Diffusione dell’Evangelium vitae;
• iniziative per la Giornata per la vita;
• iniziative per la Settimana per la vita;
L’elenco è lungo, ma si tratta solo di una parziale esemplificazione.
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“Toc, toc…”, sì, il Movimento per la vita c’è eccome! Eccome se c’è!
Questo enorme lavoro si è svolto in mezzo a grandi difficoltà che Agnoli ricorda: nella comunità
cristiana vi è stato effettivamente un certo ritardo nella percezione dell’importanza della questione
antropologica e i padroni dell’informazione hanno da sempre steso attorno al Mpv malevolenza,
censure, persino menzogne. Eppure il Movimento per la vita ha impedito il silenzio e la crescita,
nonostante tutto, della consapevolezza della posta in gioco, accanto al formidabile impulso del
messaggio dei Pontefici e di tanti vescovi, è dovuta anche un po’ al Movimento per la vita.
Conosco, come ho già detto, gli altri pro-life europei. Oggi, in Spagna e un po’ in Francia vi
è una loro presenza maggiore che nel passato, ma ciò, a mio parere, è dovuto alla realizzazione di
un’unità tra i vari movimenti, prima spesso dispersi e in rivalità tra loro.
Il Movimento per la vita è stato sempre più consistente per la sua unità di cui è stato geloso
custode e per la sua continua tensione verso una più grande unità, anche al di fuori della sua
struttura.
Paragonare l’Italia all’America è improprio, perché grandi sono le differenze. Dal punto di
vista del “rumore” basti considerare che negli Stati Uniti la battaglia contro l’aborto è divenuta
pienamente politica, fatta propria dal Partito conservatore e addirittura da Presidenti dell’Unione
(Reagan, Bush). Ciò offre mezzi finanziari, strumenti di informazione, spazi di propaganda enormi.
In Italia, per ragioni che qui non è il caso di elencare, non è così. Anzi, la politica vuole
spingere la questione antropologica fuori dello spazio pubblico. Io proclamo continuamente la
“centralità politica del diritto alla vita” e chiedevo alla Dc, come ora chiedo all’Udc, di assumere
come propria identità la difesa della vita per misurare su questa programmi, alleanze, risultati. Ma
ora ricevo critiche proprio per la mia militanza politica… Sarebbe questa la ragione di una perdita
di incisività del Movimento per la vita!
9. PERSONALISMO? INQUINAMENTO DA POLITICA? DESTRA, SINISTRA? DIMISSIONI?
L’accusa di “personalismo” nella guida del Movimento per la vita è ricorrente nei testi che si sono
succeduti sui media e sui siti internet dopo il 7 giugno. Non replicherò. Può darsi che la mia
passione per la vita mi abbia fatto “straboccare” per riempire buchi organizzativi, garantire
efficienza, esprimere autorevolezza nei confronti di un mondo irridente. Ma non mi pare il caso di
insistere su questo aspetto. Basta rileggere i verbali delle varie elezioni, delle assemblee, dei
direttivi.
La questione seria riguarda la politica. In molte associazioni cattoliche vi è la regola della
incompatibilità tra cariche direttive e responsabilità politiche e partitiche. Per questo Luisa Santolini
Paola Binetti hanno lasciato i vertici del Forum delle Famiglie e di Scienza&Vita, dopo la loro
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elezione parlamentare. Anche io sono uscito da quei direttivi dopo il 2006, quando sono tornato al
Parlamento europeo. Ma nel Forum e in Scienza&Vita la regola dell’incompatibilità è scritta nei
relativi statuti. Per quanto riguarda il Movimento per la vita, invece, non vi è questa norma e le
volte in cui essa è stata proposta (da coloro che oggi la invocano sui giornali), il voto è stato
largamente contrario. Il fatto è che il Movimento ha una sua originalità che lo impegna
specificamente a lottare contro le leggi anti-vita, il che suppone una attenzione politica
particolarmente intensa. Personalmente ho dei dubbi, che più volte ho esternato, perché vedo il
rischio di una strumentalizzazione del Movimento per la vita, che renderebbe meno persuasivo il
suo messaggio nella coscienza individuale. Tuttavia, per quanto mi riguarda, la mia storia personale
dimostra inconfutabilmente che l’unica ragione del mio impegno politico è sempre stata la difesa
della vita e che semmai, mi si può accusare di avere “strumentalizzato” la politica, non il
Movimento.
Non c’è accusa più ridicola di quella che io avrei “soffocato” il Movimento a causa della
mia presenza politica e attualmente del fatto che sono stato eletto al Parlamento europeo nelle liste
dell’Udc.
Il “compromesso”, il “cedimento” sono stati così lontani dal mio pensiero che non ho mai
perseguito e neppure immaginato ascese o incarichi prestigiosi, nonostante il costante elevato
consenso popolare.
Sono, viceversa, convinto che la mia presenza nei Parlamenti è stata molto utile al
Movimento per la vita, che è cresciuto anche per le relazioni rese possibili ed autorevoli dalla mia
qualità di parlamentare. D’altra parte, proprio essere considerato come il rappresentante del
Movimento per la vita, ha reso autorevole la mia parola, visto che deliberatamente ho rifiutato la
forza delle correnti e delle cariche partitiche.
Mi astengo dall’indicare i molti eventi e molteplici aspetti per cui la mia presenza al livello
politico è stata utile al Movimento.
Ma – si scrive – non avrei saputo generare altre militanze politiche. Può darsi che non abbia
adeguata capacità in questa direzione. Del resto io non ho mai concepito il Mpv come un partito e
tanto meno una corrente. Ma, aggiunge Agnoli, “Casini ha perseguito una sola carriera politica”.
Che brutta parola “carriera”! E’ una parola adeguata per chi nella politica pensa solo a se stesso ed
al successo, non alla difesa della vita a qualsiasi costo. Forse dovevo fare di più, ma credo che
debbano qualche cosa anche a me Pino Morandini, Olimpia Tarzia, Marco Carraresi, consiglieri
regionali; e prima ancora la stessa Vittoria Quarenghi, e Lucia Fronza, già parlamentari; Francesco
Spiazzi già nel consiglio comunale di Verona ed altri ancora.
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Ci sono poi i tentativi non riusciti di lancio e di sostegno di altre persone che non è qui il
caso di menzionare.
Rocchi conclude il suo intervento del 9 giugno offrendo la ricetta per “un auspicabile
superamento del malinconico approdo del Movimento per la vita”, rivolgendosi direttamente a me:
“scegli definitivamente il seggio parlamentare come luogo del tuo impegno e lascia la presidenza
del Movimento per la vita”. Ho già risposto pubblicamente: se il Movimento per la vita ravvisa
l’incompatibilità seguirò la direzione opposta: lascerò il Parlamento europeo, perché troppo amo il
Movimento.
Certo, gli anni passano anche per me, la nostra è un’associazione democratica e tra un anno
e mezzo ci saranno le nuove elezioni. Chi è pronto ad assumere la presidenza si faccia avanti. Basta
avere pazienza. Non ci sarà che da ringraziare.
Ho l’impressione che per alcuni degli scritti che in questi giorni hanno criticato il
Movimento per la vita siano stati usati occhiali partitici. Di certo è il caso dell’intervento sul
Giornale di Diana Alfieri. Già il titolo è significativo: “Non c’è più religione. Gli antiaboristi ora
vanno a sinistra” e altrettanto il sottotitolo: “Carlo Casini leader del Movimento per la vita fa
politica contro il governo. E la base protesta”. Il testo riprende i vari travisamenti già commentati,
ma li colloca nell’ottica di chi interpreta tutto con la logica partitica deformata della destra e della
sinistra, non con la logica della vita. Che cosa penso di questa logica dovrebbe risultare chiaro dai
miei numerosi scritti (si veda, per esempio, il volume: “Biopolitica: l’ora è venuta” del 2007 edito
da Cantagalli di Siena) nei quali ho continuamente battuto il tasto della “centralità politica del
diritto alla vita” su cui ho insistito in modo particolarmente pressante in questo momento di crisi
governativa. Diana Alfieri può andare a leggersi i miei ultimi articoli su Avvenire del 5, del 14 e del
31 agosto scorsi (rispettivamente: “Serve una svolta”, “Centrali nell’azione politica i valori di cui
non si fa mercato”; “Tre questioni prioritarie per l’agenda bioetica”); su Liberal del 7 settembre
u.s. (“La persona comincia dal concepimento. Una proposta etica per il Partito della Nazione”);
sul Foglio del 9 settembre u.s. (“Appello del leader del Movimento per la vita per un partito dei
valori non negoziabili”); su SiallaVita del settembre 2010 (“Il tempo della rifondazione”, pp. 2224); su Avvenire del 7 ottobre u.s. (“E’ questione di giustizia. Lettera aperta. L’agenda bioetica del
Governo è un banco di prova”; “La radice del welfare, il diritto alla vita”).
Diana Alfieri, non può, certo, conoscere le recentissime lettere inviate personalmente ai
dirigenti dell’Udc o i messaggi fatti pervenire al Presidente del Consiglio (nel cui intervento prima
del voto di fiducia vi è un passaggio sull’agenda bioetica e sulla vita in cui si sente l’eco della mia
nota), ma non dovrebbe essergli sfuggito il mio intervento al Convegno del 21 settembre u.s.
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“Primum vivere” promosso dal gruppo senatoriale della Pdl, dopo miei contatti con il senatore
Gasparri.
Io non uso le superatissime categorie di “destra” e “sinistra”, ma quella del diritto alla vita la
quale mi fa sognare che quanti ripetono la parola d’ordine della solidarietà verso i più poveri
(sinistra?), non la tradiscano programmaticamente riguardo ai più poveri tra i poveri e che quanti
gridano “libertà” (destra?), non considerino il tema della difesa della vita umana soltanto come uno
strumento (scomodo) per raccogliere consenso tra i cattolici, ma quello che impedisce la corruzione
della libertà e che costituisce la prima pietra del bene comune, che, come tale, è quello di tutti,
proprio di tutti e quindi anche di quelli che più hanno bisogno di solidarietà.
Tradotto in politica questo discorso mi fa trovare un muro nell’area ex comunista e radicale
(sinistra?) e una possibilità di dialogo con le forze politiche che, almeno, mostrano sensibilità
riguardo al valore che ispira l’azione del Movimento per la vita (destra?). Condivido il pensiero che
Madre Teresa di Calcutta mi scrisse: il diritto alla vita dovrebbe essere il valore che precede la
politica e perciò dovrebbe essere di tutti. Conseguentemente, per quanto ho potuto, ho sempre
cercato di costruire una trasversalità oltre le frontiere di partito (Ferrara e Amato ricordano
certamente i colloqui con cui li tormentavo quando ero parlamentare italiano) pur rendendomi conto
della forza dei partiti e quindi della necessità che almeno un partito faccia della “centralità del
diritto alla vita” la sua bandiera.
Rileggo il titolo del Giornale e mi viene da sorridere.
È successo che i “politici” mi hanno chiesto: “quando cominci a fare politica?” e che altri mi hanno
guardato con sospetto perché “faccio politica”. In qualche ambiente cattolico si sono prese delle
distanze perché il Mpv si autodefinisce “laico”, ma gran parte di nostri avversari continua a
chiamarci “movimento cattolico “ o “confessionale”.
Adesso capita che quelli di sinistra mi considerano di destra e quelli di destra mi
considerano di sinistra.
La vita è davvero al centro di tutto.
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