Spedizione in abb. postale art. 20 lett. C - Legge 662/96 Filiale di Perugia - Periodico di comunicazione interna dei Collegi IP.AS.VI. di Perugia e Terni
anno XII n.2/11
Collegi IPASVI
Perugia-Terni
sommario
1 editoriale
DI PALMIRO RIGANELLI
3 ilcollegioinforma
NOTIZIE FLASH
A CURA DI MANUELA DORMENTONI, LAURA CAPRASECCA
7
EVENTI FORMATIVI
A CURA DELLA COMMISSIONE PER L’AGGIORNAMENTO E LA RICERCA
9
IPASVI
anno XII n. 2/11
EVENTO FORMATIVO
L’ECOGRAFIA
NELLE PROCEDURE INFERMIERISTICHE
DI MARIO AMICO
Federazione Nazionale Collegi Infermieri
Periodico di comunicazione
interna dei Collegi IP.AS.VI.
di Perugia e Terni
CORSI DI AGGIORNAMENTO
11
COSTITUZIONE NUCLEO PROVINCIALE
C.I.V.E.S. PERUGIA
A CURA DEL NUCLEO C.I.V.E.S. DI PERUGIA
13 BEATI GLI ULTIMI...
A CURA DEL NUCLEO C.I.V.E.S. DI TERNI
Editore:
Coordinamento Regionale
dei Collegi IP.AS.VI.
di Perugia e Terni
Direttore Responsabile:
Renata Buono
Responsabile di Redazione:
Nora Marinelli
15 lerubriche
DISPENS@TORE DI STIMOLI INFERMIERISTICI
BLOCKNOTES
DI GIAN DOMENICO GIUSTI
17 PREVENIRE GLI ERRORI,
IMPARARE DAGLI ERRORI
A CURA DI MARCO ZUCCONI
Segreteria di Redazione:
Serenella Bertini
Angela Castellani
20 spazioaperto
Comitato di Redazione:
Palmiro Riganelli
Ambra Proietti
Giusti Gian Domenico
Laura Caprasecca
Grafica:
Punto Editoriale
Stampa:
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Questo numero
è stato chiuso in tipografia:
il 15/7/2011
LE CURE PALLIATIVE NEI PAZIENTI
CON INSUFFICIENZA TERMINALE
DI MAURO MAZZOCCHI
25 CONTENZIONE FISICA O FARMACOLOGICA?
LE RIFLESSIONI DEGLI INFERMIERI
DI VINCENZO RAUCCI
29 IL TRIAGE INFERMIERISTICO
UNA NUOVA SFIDA DALLE RADICI ANTICHE
DI MICHELE BELLAVEGLIA
III lasegreteriainforma
FORMAZIONE E AGGIORNAMENTO
Autorizzazione:
GLI APPUNTAMENTI
Registrato presso
il Tribunale di Perugia
n. 45 del 24/11/1997
A CURA DEL COLLEGIO DI TERNI
1
PRESIDENTE DEL COLLEGIO IP.AS.VI. DI PERUGIA
EDITORIALE
UNA FORZA INDISPENSABILE PER UNA
NUOVA CULTURA
l sistema sanitario della Regione Umbria
viene considerato uno tra i più virtuosi
del nostro Paese. Tutto questo è stato ottenuto
grazie ad un impegno e ad un contributo importante
e sostanziale di tutte le istituzioni e delle professioni
sanitarie, prima tra tutte quella infermieristica.
La realtà sanitaria Umbria per alcuni aspetti
si presenta assolutamente sovrapponibile
alle altre realtà regionali con qualche differenziazione
che necessita di essere tenuta in considerazione.
La popolazione della Regione Umbria ha raggiunto,
nell’anno 2010, quota 900.790 abitanti (Istat 2010).
L’andamento demografico della nostra regione
ci pone tra le prime in Italia con il tasso più alto
di invecchiamento della popolazione (11,4%),
secondi solo dopo la Liguria (12,8%).
Questo trend, in aumento tendenziale,
da una parte significa migliore qualità della vita e,
dall’altra, necessariamente determina un andamento
epidemiologico caratterizzato da una popolazione
che vive di più e che di conseguenza va incontro
a maggiori necessità assistenziali.
Nella popolazione umbra sono in continuo aumento
bisogni assistenziali derivanti da condizioni di disagio,
da abuso di sostanze, da disturbi psichiatrici
e da disturbi del comportamento alimentare.
Per questo l’attuale Piano Sanitario Regionale richiama
in maniera forte la necessità di un grosso sforzo,
nella risposta a queste necessità assistenziali
anche in termini di investimenti sul territorio
al fine di migliorare la presa in carico,
la continuità delle cure, l’appropriatezza
degli interventi assistenziali e la sostenibilità del sistema.
A tal fine si rende assolutamente necessario
e prioritario perseguire l’inversione dei pesi
della bilancia ospedale/territorio ed in questo senso
le professioni sanitarie, quella infermieristica
I
prima di tutte, rappresentano formidabili vettori
di cambiamento. I servizi territoriali non possono essere
limitati all’assistenza e alla riabilitazione domiciliare
ma ci deve essere una sempre maggiore attenzione
all’aspetto della prevenzione. In questo senso
si rende necessario un concreto,
moderno ed effettivo coinvolgimento
di tutti i professionisti in ogni fase di definizione
del processo di erogazione dell’assistenza
al fine di meglio individuare strategie adeguate,
efficaci ed appropriate per rispondere ai bisogni
di salute delle persone nel posto più vicino possibile
a dove questi bisogni si manifestano.
La popolazione umbra, ad oggi, è assistita
da 5.771 Infermieri italiani e stranieri iscritti agli albi
Professionali della Provincia di Perugia e di Terni
con una media regionale di circa 6,4 infermieri
per 100 abitanti. I dati OCSE raccomandano,
per i paesi Europei, una presenza media
pari a 8,9 infermieri per 1000 abitanti.
Sulla base di quest’ultimo parametro in Umbria
mancherebbero circa 1.200 infermieri.
Una ulteriore considerazione merita di essere fatta
rispetto alle caratteristiche della popolazione
infermieristica attiva che mette in evidenza
come il 10,3% di questa popolazione appartiene
alla fascia di età che va oltre i 55 anni e se si
considera anche la fascia che va da 50 a 54 anni
questa percentuale arriva al 22,6%.
Questi pochi elementi, associati alla esiguità
dei posti disponibili per l’accesso al corso di Laurea
in Infermieristica dell’Università degli Studi di Perugia,
sono sufficienti ad evidenziare in modo inequivocabile
che da qui a poco la nostra profession
andrà incontro ad una vera e propria emergenza.
Da tutto quanto esposto risulta evidente
editoriale
D I PA L M I R O R I G A N E L L I
2
editoriale
la necessità di investire in maniera significativa
anche sulla professione infermieristica
al fine di mettere a disposizione del sistema
le competenze professionali necessarie ed il numero
di professionisti adeguato per rispondere
in maniera appropriata ai bisogni dei cittadini
ed alla sostenibilità del sistema sanitario regionale
e nazionale. Si deve dare piena applicazione
alle disposizioni contenute nella legge n. 251/00
anche nella nostra Regione.
Non possiamo più attendere quel processo
di valorizzazione professionale che da dieci anni
aspettiamo nella nostra Regione, istituendo
e assegnando la responsabilità della direzione
delle professioni sanitarie. La stessa legge n. 251/00
già nella su fase transitoria aveva identificato
chiaramente il principio della identificazione
delle responsabilità. Mentre in numerose regioni
si stanno adottando modelli dove si individuano
ed istituiscono macrostrutture attraverso le quali
le professioni sanitarie garantiscono appropriatezza
e governo di processi assistenziali complessi,
nella nostra regione si assiste
ad uno smantellamento sistematico
di questi strutture previste per altro nei documenti
di programmazione sanitaria regionale
capaci di contribuire in maniera determinante
al raggiungimento di quei risultati di eccellenza
in termini di qualità delle risposte assistenziali
e di sostenibilità del sistema sanitario regionale
che ancora oggi ci vengono riconosciuti.
All’interno delle aziende sanitarie della regione Umbria,
solamente la ASL n. 3 Foligno,
ha dato piena applicazione alla Legge n. 251/200
attribuendo la funzione di Dirigente Unico
delle Professioni sanitarie in ottemperanza
a quanto previsto dalla normativa vigente.
In altre aziende la direzione dei servizi
delle professioni sanitarie è affidata in maniera
diversa e diversificata, o con incarico a termine
secondo quanto previsto dall’art 15 septies
del Dlgs n.502/92, o con posizioni organizzative,
o addirittura, ultima novità, con l’attribuzione
della funzione di dirigente del servizio
al direttore sanitario. Secondo i principi della norma
istitutiva, la dirigenza delle professioni sanitarie,
dovrebbe essere funzionale allo sviluppo professionale
e al miglioramento la qualità dell’assistenza.
Dovrebbe, cioè, favorire la definizione
di modelli organizzativi e gestionali che valorizzino
appieno le potenzialità professionali superando
progressivamente la duplicazione di ruoli e funzioni
attraverso la costruzione e migliorando percorsi
di crescita e ricerca. Dovrebbe consentire
di promuovere approcci basati sulle prove
di efficacia in contesti operativi a sempre maggiore
integrazione professionale che costituiscono
solidi investimenti per risultati sempre più sicuri
all’interno di processi sempre più sostenibili.
La valorizzazione dell’impegno, della competenza
professionale e dei meriti, inserita in questo senso,
non rappresenta un costo ma un’opportunità
di investimento unica che valorizza il capitale
professionale a favore della salute dei cittadini.
Tutto questo legittima alcune semplici domande:
Per quanto tempo ancora si potrà fare a meno
delle potenzialità che la professione infermieristica
in Umbria può mettere a disposizione in termini
di miglioramento della qualità e della sostenibilità
dei servizi? Fino a quando potremmo continuare
a fare a meno di una politica sanitaria regionale
senza guida e senza riferimenti e che dimostri
con i fatti di volere mantenere e sviluppare servizi
e risorse assolutamente necessari alla sua
sopravvivenza? Per quanto tempo ancora
potremo fare a meno, dentro le nostre aziende,
di servizi delle professioni sanitarie
che non esistono o che non sono messi
nella condizione di governare al meglio processi
assistenziali complessi che rappresentano
la principale strategia di miglioramento della qualità
dell’assistenza e della sostenibilità del sistema?
Noi crediamo che non sia più possibile rinviare,
è tempo di liberare queste risorse, di valorizzarle
a tutti i livelli di responsabilità professionale in modo tale
che ognuna possa con il proprio contributo specifico,
divenire il volano del miglioramento della qualità
della salute dei cittadini anche, e soprattutto,
in periodi di grande difficoltà economica
come quella che stiamo vivendo.
Gli infermieri in Umbria vogliono essere la forza
di una nuova cultura per il nostro sistema di salute.
Buona estate a tutti. ●
3
INFERMIERA ASL N. 2 - CORI PASSIGNANO SUL TRASIMENO, INFERMIERA ASL N. 4 PRESIDIO OSPEDALIERO DI ORVIETO
NOTIZIE FLASH
LA NUOVA
AMBULANZA
Nasce in Italia
la prima ambulanza
antibatterica del mondo
renderlo possibile è un materiale innovativo, brevettato a Prato dalla Next Technology Tecnotessile (istituto
fondato dal Miur), che abbatte costantemente la crescita dei
batteri presenti sulle superfici.
“Non ha controindicazioni per
le persone e il suo costo varia
di poche migliaia di euro rispetto ai mezzi tradizionali”, spiega
il direttore dell’istituto, Solitario Nesti. Una rivoluzione presto applicabile a tanti altri ambienti e mezzi di trasporto, compresi treni, autobus e aerei.
A
(Tratto da Quotidianosanità.it)
versalmente considerata la fondatrice dell’infermieristica. Per
questa ragione il 12 maggio è
stato scelto come data per celebrare la Giornata internazionale degli infermieri, che quest’anno in tutto il mondo si svolge sotto il titolo Closing the gap.
Increasing access and equità.
È questo infatti il tema scelto
dall’International Council of
Nurses (Inc), l’associazione che
riunisce le rappresentanze nazionali degli infermieri di 130
Paesi del mondo, ovvero circa
13 milioni di professionisti dell’assistenza. Inc sollecita gli infermieri ad un ruolo attivo per
migliorare l’accesso e l’equità
dei servizi sanitari, suggerendo
di sviluppare un ruolo di pressione a tutela delle popolazioni, soprattutto dei più fragili e
svantaggiati.
(Tratto da MondoProfessionisti.eu)
NUOVO PORTALE
DELL’IP.AS.VI.
I valori non cambiano
i modi per condividerli sì
l 12 maggio è stata celebrata
la Giornata internazionale degli infermieri. E in Italia l’IP.AS.VI.
lancia un nuovo portale con lo
slogan: “Infermieri. I nostri valori non cambiano. I modi per
condividerli, sì”.
Il 12 maggio del 1820 nasceva Florence Nightngale, uni-
I
professioneinfermiereumbria2/11
UMBRIA:
L’OSPEDALE
DI PANTALLA
Presentato
il nuovo ospedale unico
della Media Valle del Tevere
uattro anni di lavori e circa 42 mln di euro investiti, il nuovo ospedale, costruito
a Pantalla, sostituisce gli ospedali di Todi e Marsciano poten-
Q
ziando e riqualificando l’offerta sanitaria sul territorio, per
garantire al massimo la continuità assistenziale.
“È un ulteriore tassello verso la completa riorganizzazione e riqualificazione della rete ospedaliera regionale e dei
servizi territoriali, che realizza
gli obiettivi posti dalla programmazione regionale e configura un nuovo modello organizzativo, capace di garantire
una offerta di grande qualità
del servizio ospedaliero umbro,
l’efficienza della spesa e la soddisfazione delle esigenze e dei
bisogni dei cittadini”. Lo ha detto la presidente della Regione
Umbria, titolare della delega
alla Sanità, Catiuscia Marini,
intervenendo stamani a Pantalla di Todi per la presentazione alla stampa del nuovo Ospedale Unico della Media Valle
del Tevere, che verrà ufficialmente inaugurato sabato 21
maggio […].
(Tratto da Quotidianosanità.it)
PROFESSIONI
SANITARIE
L’8 settembre
i test d’ammissione 2011
scita la data della prova di
ammissione al corso di laurea ad accesso programmato per
U
ilcollegioinforma
A CURA DI MANUELA DORMENTONI, LAURA CAPRASECCA
indicazioni per la lettura
4
ilcollegioinforma
MANUALE TASCABILE
DELLE DIAGNOSI
INFERMIERISTICHE
A CURA DELLA REDAZIONE
uesto manuale pratico
si caratterizza per un formato
e per un’organizzazione
che si propongono di aiutare
il lettore a trovare l’esatta diagnosi
con rapidità e sicurezza.
Q
le professioni sanitarie anno accademico 2011-2012. La prova
di ammissione al corso di laurea per le professioni sanitarie è
stata fissata il giorno 8 settembre 2011. Si svolgerà attraverso
ottanta quesiti a risposta multipla. Le risposte possibili sono
5 e solo una quella corretta. Verrà assegnato 1 punto per ogni
risposta esatta, sottratti 0,25
punti per ogni risposta sbagliata, nessun punto verrà assegnato o sottratto per ogni risposta.
(Tratto da MondoProfessionisti.eu)
Prima e seconda parte
La prima e la seconda parte
comprendono le diagnosi
infermieristiche appartenenti
alla nota tassonomia
di NANDA International
(con alcune modifiche e aggiunte dell’autrice),
per ognuna delle quali sono presentati la definizione,
le caratteristiche definenti, i fattori contribuenti e di rischio,
gli interventi generali e quelli rivolti a popolazioni specifiche.
La terza parte
La terza parte, novità di questa edizione, descrive
28 problemi collaborativi.
La quarta parte
La quarta parte presenta raggruppamenti diagnostici relativi
a situazioni cliniche di frequente riscontro con le diagnosi
infermieristiche e i problemi collaborativi a esse associati.
Questo testo utilizza un linguaggio infermieristico standardizzato
messo a punto secondo le indicazioni di gruppi di lavoro
formati da numerosi professionisti della disciplina infermieristica
di varia provenienza, al fine di utilizzare un linguaggio coerente,
che favorisca anche la ricerca e il confronto in seno
alla comunità professionale del nostro paese.
Descrizione
Lynda Juall Carpenito-Moyet
Manuale tascabile delle diagnosi infermieristiche
Quinta edizione, Casa Editrice Ambrosiana
Distribuzione esclusiva Zanichelli 2011
Volume unico
Pagine 912
Formato cm. 10,5 x 19
ISBN 9788808186881 ●
DOLORI:
LA CRONICITÀ
A volte soffrire è inevitabile
ma sopportare è dannoso
l dolore ha vittime ovunque,
con oscillazioni che vanno
dall’8 al 60% della popolazione: in Europa ne soffrirebbero 50 milioni di persone. In Italia il 26% della popolazione e
più della metà sono donne;
ma soltanto il 2% si rivolge a
centri specialistici per il trattamento.
“Il dolore è un salvavita, allerta e protegge l’organismo, i
guai cominciano quando non
viene bloccato subito, perché
il cervello lo memorizza e più
dura l’esperienza negativa, più
il dolore viene immagazzinato - spiega A. Sabato terapista del dolore dell’Università di
Tor Vergata - contollarlo completamente è quasi impossibile, una parte sfugge sempre,
a causa del sistema di controllo della “glia” che spara sulle
cellule intontite dagli oppiacei
e se non riesce a svegliarle attiva delle sostanze dolorifiche
dette chinasi”.
I
5
professioneinfermiereumbria2/11
Zucco dell’ospedale Salvini di
Garbagnate Milanese - oppioidi deboli e forti, vecchi e nuovi, analgesici e antinfiammatori abusati in Italia, antiepilettici, antidepressivi e cortisonici, o anche elettrostimolazione e infiltrazioni fino alla chirurgia mini invasiva e al supporto psicologico”.
(Tratto da La Repubblica Salute)
GLI OPPIODI:
“VERI” ANALGESICI
Finalmente cresce l’utilizzo
termine con
“R ivoluzionaria”
cui viene definita la Leg-
ge 38/2010, ad un anno dalla
sua approvazione trova d’accordo medici, associazioni di
pazienti e politici, la Legge che
stabilisce finalmente il diritto
a non soffrire, l’accesso uniforme alle cure palliative e alla terapia del dolore e l’auspicata
appropriatezza terapeutica.
Per Guido Fanelli, coordinatore della commissione per
l’attuazione della Legge 38, la
vera novità è la creazione di
due reti per le cure palliative
e per la terapia del dolore. “La
prima - dice Fanelli - è operativa da anni sul territorio nazionale per l’impegno del volontariato e dei medici palliativisti; la seconda, parte adesso con il riconoscimento del
dolore quale malattia, e si farà carico dei pazienti con dolore cronico”.
Ad oggi la rete delle cure
palliative dispone di circa 136
hospice pubblici e privati, che
riescono ad assistere circa il
50% dei 151 mila malati on-
cologici, dei quali un terzo muore ancora in ospedale.
Secondo un’indagine dello
scorso anno, la conoscenza delle cure palliative tra la gente è
migliorata anche se spesso viene identificata con la terapia
antalgica. Tutta da organizzare è invece la rete del dolore
cronico, costruita secondo il
modello dello “spoke and hub”:
medico di famiglia – centro territoriale di primo livello – ospedale di secondo livello. In dieci regioni l’80% delle Asl assicura almeno un ambulatorio
dedicato. Poche le realtà dove
l’intensità del dolore si registra in cartella clinica, d’ora in
avanti sarà obbligatorio per
tutti i medici. La normativa inciderà sulla vita di milioni di
malati cronici.
Il primo successo è stato
l’aumento dell’uso di oppioidi,
in parte dovuto alla semplificazione prescrittiva di analgesici maggiori non iniettabili. I
giorni di trattamento sono passati da 6,7 a 11,7 con un tasso
di crescita del 15%. La spesa
pro-capite è raddoppiata (da
0,50 a 1,02 euro), sebbene resti molto indietro alla media
europea (4,4 euro).
“Un dato significativo considerato che l’Italia partiva da
una situazione senza uguali in
Europa, cioè un trattamento
basato sui FANS - dice Fanelli
- adesso la battaglia da fare è
sul dolore cronico benigno e sul
territorio. sarà creata la disciplina in palliazione e i medici
che in questi anni si sono impegnati nella rete delle cure
palliative saranno tutelati dalla legge e alle regioni che presenteranno progetti ad hoc verranno erogati fondi”.
(Tratto da La Repubblica Salute)
ilcollegioinforma
A volte soffrire è inevitabile ma sopportare è dannoso: più
dolori sente il cervello, più danni si fanno al corpo.
Il 5% della popolazione
europea soffre di un dolore
cronico severo,trattato male
o poco; alcune ricerche rilevano che tra lìinizio dei sintomi e la visita medica trascorrono dai 15 ai 56 mesi. Nel
frattempo recettori, circuiti
neuronali e aree cerebrali bersagliati dallo stimolo doloroso si modificano fino a produrre sostanze infiammatorie
o ad alterare l’equilibrio di alcuni neurormoni.
“La risposta al dolore è mediata da endorfine, catecolamine e altre molecole che creano
una sorta di difesa del cervello
– C. Bonazzi, IRCSS di Pavia –
ogni persona ha una soglia di
dolore che cambia in continuo
grazie agli oppiacei naturali”.
Il patrimonio genetico, la
quantità e il tipo di recettori
deputati a rilevare le percezioni dolorose, hanno senz’altro
un ruolo importante. I ricercatori cercano i geni degli antidolorifici naturali per modificarli e reiniettarli così da aumentarne i livelli. Anche la personalità e il temperamento
contano molto sulla percezione del dolore; lo stato mentale è influenzato da neurotrasmettitori quali serotonina,
adrenalina, noradrenalina e dopamina. un modo per tenere
in scacco l’esperienza dolorosa potrebbe essere quello di immaginare se stessi fuori dalla
sua morsa, sperimentando una
specie di training autogeno.
La raccomandazione dell’OMS è fermare subito il dolore cronico e preferire combinazioni di trattamenti. “Abbiamo molte possibilità - dice F.
6
indicazioni per la lettura
ilcollegioinforma
CELIACHIA
METODI E STRUMENTI
PER LA FORMAZIONE
NELLE AZIENDE SANITARIE
A CURA DELLA REDAZIONE
uesto testo è indirizzato
a tutti i formatori, a coloro che
frequentano il master in tutoraggio,
il corso di laurea magistrale in scienze
infermieristiche e a tutti coloro che
lavorano nei centri per la formazione
delle aziende sanitarie pubbliche
o private. Il testo introduce gli
elementi essenziali della formazione
continua agli adulti, nello specifico,
la formazione in ambito sanitario,
e offre a coloro che devono progettare
la formazione nelle aziende ospedaliere o sanitarie locali
alcuni preziosi strumenti già testati e comunemente impiegati
dalla stessa Agenzia per la Formazione - Azienda USL.
Q
Parte prima: modelli teorici di progettazione
1- I principali modelli teorici di riferimento per la progettazione
della formazione. 2 - Strumenti relazionali per l’autoformazione.
3 - Lo Human Resource Management. 4 - Indicazioni
per la progettazione di un Programma Annuale delle Attività
Formative (PAAF)
Parte seconda: catalogo degli strumenti
dell’agenzia per la formazione
5 - Il processo formativo. 6 - Risultati della formazione.
7 - Apprendimento. 8 - Performance. 9 - Impatto organizzativo.
10 - Bibliografia.
Gli autori
Danilo Massai è Direttore dell’Agenzia per la Formazione
“Azienda USL 11 Empoli” e membro del Comitato Centrale
della Federazione Nazionale Collegi IP.AS.VI.
Ambra Amerini, Servizio analisi e valutazione dei bisogni
formativi e delle competenze professionali presso l’Agenzia
per la Formazione “Azienda USL 11 Empoli”.
Alessandra Corbani attualmente lavora presso la società
cooperativa Sintesi, occupandosi di attività inerenti la
gestione dei servizi per l’impiego e della gestione sportello
tirocini.
Alessandro Mancini è Collaboratore Sanitario Infermiere
Esperto “Progettista - Formatore” presso l’Agenzia per la
Formazione “Azienda USL 11 Empoli”. ●
Né allergici né veri celiaci,
l’ipotesi della sensibilità
al glutine
L’
ipotesi è del tutto empirica, legata solo all’osservazione dei pazienti, poiché non
esiste ancora un test per dimostrarla. Molti pazienti riferiscono dolori addominali, emicrania, astenia, diarrea, formicolio
o anche perdita di sensibilità degli arti; pazienti che arrivano dal
medico sospettando allergia al
glutine o celiachia, poi smentiti dagli esami sierologici.
L’ipotesi è che oltre a queste due diverse forme di malattia ne possa esistere una terza, una sensibilità al glutine che
non è una risposta immunitaria e con sintomi che in parte
coincidono con quelli della celiachia, ma che possono anche
far pensare al colon irritabile.
Secondo Carlo Catassi, dell’università Politecnico delle
Marche, la situazione non è confusa poiché le persone hanno veramente questi sintomi persistenti e importanti; non essendoci poi test sierologici specifici vengono fatti test di scatenamento con il glutine grazie a cui
si coglie il nesso causa-effetto.
In ogni caso sta per partire uno studio multicentrico in
doppio cieco in cui i soggetti
che partecipano non sanno se
assumono la pillola con o senza il glutine, grazie a questo studio sarà possibile avere risposte più precise. Per ora l’unica
strada da percorrere è quella
della dieta priva di glutine, poiché la maggior parte dei pazienti sta bene quando la segue. L’ipotesi è che a fronte di
un 1% di celiaci ce ne possa
essere un 6% di sensibili. ✑
(Tratto da La Repubblica Salute)
7
CORSI DI AGGIORNAMENTO
EVENTI FORMATIVI
I
l Collegio IP.AS.VI. di Perugia
organizza per il secondo semestre 2011 i seguenti corsi residenziali presso la propria sede di Ponte San Giovanni:
❚
L’INGLESE BIOMEDICO
Uno strumento per assistere
una società multietnica
Docenti:
– Jane R. Oliensis,
– Massimo Giovannoni
Periodo:
Ed. 2 il 4-11-18-25 ottobre
2-8-15-22-29 novembre
6 dicembre
Durata del corso:
25 ore in 10 incontri
❚
L’INTERFERENZA
DEL SINTOMO DOLORE
NELLA RELAZIONE D’AIUTO
Docenti:
– Marinelli Nora,
– Picciafuoco Maria Teresa,
– Tullio Marco Caprini,
– Alunno Monia
Periodo:
Ed. 2 Il 22-29 settembre
6 ottobre
Ed. 3 il 3-10-15 novembre
Ed. 4 il 24 novembre
1-9 dicembre
Durata del corso:
13,30 ore in 3 incontri
❚
E.B.P. E LA PRATICA
ASSISTENZIALE
INFERMIERISTICA
Aspetti etici della ricerca
Docenti:
– Palmiro Riganelli,
– Gian Domenico Giusti
Periodo:
Ed. 3 il 14-21 ottobre
Ed. il 4 il 25 novembre
2 dicembre
Durata del corso:
9,30 ore in 2 incontri
(riservato a coloro che non
hanno partecipato alle edizioni precedenti del medesimo corso.
professioneinfermiereumbria2/11
CHIUSURA
DELL’UFFICIO
Informazioni generali
I destinatari dell’evento
formativo sono gli Infermieri,
Assistenti Sanitari e Infermieri Pediatrici iscritti al Collegio
IP.AS.VI. di Perugia, in regola
con i pagamenti relativi alle
quote d’iscrizione all’albo professionale, per i quali è stato richiesto l’accreditamento E.C.M.
È stata inoltrata la richiesta
di accreditamento alla Commissione E.C.M. della Regione Umbria. Il conseguimento da parte
dei partecipanti dei crediti E.C.M.,
è subordinato alla frequenza del
90% delle ore previste come da
programma e al superamento
della verifica di apprendimento
(livello di sufficienza 80%). Gli attestati E.C.M. potranno essere ritirati presso la segreteria del Collegio IP.AS.VI dopo specifica comunicazione nella nostra rivista.
La partecipazione al Convegno è gratuita.
COLLEGIO DI PERUGIA
Modalità di iscrizione
i comunica agli iscritti
del Collegio di Perugia
che in concomitanza
delle ferie estive l’ufficio
resterà chiuso al pubblico
nelle seguenti date:
– dal 22 luglio 5 agosto
– dal 12 al 16 agosto
– dal 12 al 16 settembre ●
Per iscriversi è necessario
inviare via fax la scheda di
iscrizione debitamente compilata (vedi pagina seguente) in
ogni sua parte e sottoscritta
(n. 2 firme) al numero telefonico 075.599.78.32 segreteria
del Collegio IP.AS.VI. della provincia di Perugia, entro e non
oltre il 15 settembre 2011.
S
ilcollegioinforma
A C U R A D E L L A C O M M I S S I O N E P E R L’ A G G I O R N A M E N T O E L A R I C E R C A
8
S
I posti disponibili per ciascun corso sono n° 20.
L’assegnazione dei posti disponibili avverrà in base alla data d’invio della scheda d’iscrizione al Convegno.
Non saranno accettate schede di iscrizione incomplete o inviate ad altro numero di fax.
Qualora il numero degli Iscritti a partecipare sia superiore al
numero dei posti disponibili,
questo Collegio si rende disponibile a ripetere l’evento.
L’elenco dei partecipanti
regolarmente iscritti ai corsi
verrà pubblicato nel sito del
Collegio IP.AS.VI. di Perugia
(www.ipasviperugia.it). L’iscritto classificato utilmente nella
graduatoria verrà convocato
telefonicamente per la disponibilità definitiva alla partecipazione secondo il calendario
deciso dal Consiglio Direttivo.
L’Iscrizione dà diritto a:
❚ Attestato di partecipazione
❚ Attestato di assegnazione crediti formativi E.C.M. (a seguito di verifica questionario di
apprendimento e valutazione).
cheda di iscrizione da compilare in ogni sua parte
in stampatello ed inviare per fax al numero 075.5997832
❑ L’INGLESE BIOMEDICO
Uno strumento per assistere
una società multietnica
❑ L’E.B.P. E LA PRATICA
ASSISTENZIALE INFERMIERISTICA
Aspetti etici della ricerca
❑ L’INTERFERENZA DEL SINTOMO DOLORE
NELLA RELAZIONE D’AIUTO
(BARRARE IL CORSO INTERESSATO)
Nome: ____________________________________________
Cognome: ________________________________________
Nato/a: _________________________ il ______________
Qualifica: ❑ I.P.
❑ A.S.
❑ V.I.
❑ I.Pediatrico
Codice fiscale (obbligatorio):
__________________________________________________
❑ Iscritto collegio IP.AS.VI. di Perugia
Residenza: _______________________________________
Città: ______________________________________________
Recesso
Provincia: ___________________ C.A.P.: ______________
Tel.: ___________________ Cell.: _____________________
Collegio di IP.AS.VI. di:________________________________
Data: _______________
_________________________
FIRMA
Si autorizza a trattare, comunicare e diffondere i dati indicati nella presente scheda
solo per finalità inerenti all’evento formativo e, ove ricorre, per l’accreditamento E.C.M.
(ai sensi dell’art. 10 della L. 65/96)
Data: _______________
_________________________
FIRMA
RITAGLIA E INVIA PER FAX AL COLLEGIO DI PERUGIA
consapevole delle sanzioni penali, nel caso di dichiarazioni non veritiere, ai sensi del
D.P.R. 28.12.2000 n. 445 dichiaro di essere in regola con i pagamenti relativi alle quote
d’iscrizione all’albo professionale per il:
Data la limitatezza dei posti, chi, dopo l’iscrizione, non
può partecipare all’evento formativo, è pregato di darne immediata comunicazione telefonica alla Segreteria del Collegio onde permettere ad altri
colleghi di partecipare.
✃
scheda di iscrizione
ilcollegioinforma
Posti disponibili
Segreteria organizzativa
e sede dei convegni
Collegio IP.AS.VI. di Perugia,
Via Manzoni, 82 in Ponte San
Giovanni (Perugia):
❚ Tel. e fax 075.5997832
❚ [email protected] ✑
9
EVENTO FORMATIVO
L’ECOGRAFIA
NELLE PROCEDURE INFERMIERISTICHE
In diverse strutture sanitarie del nostro Paese, da tempo
l’ecografia infermieristica viene regolarmente eseguita, mentre per la maggior parte degli
infermieri della nostra realtà regionale era un’opportunità ancora sconosciuta.
Evento accreditato E.C.M.
I
l 18 maggio si è svolto a Perugia, presso la sede della nuova facoltà di Medicina e Chirurgia, un evento formativo dal
titolo: “Ecografia, nuove frontiere per l’infermiere”.
L’evento, organizzato dall’Ufficio Formazione dell’Azienda Ospedaliera di Perugia e dalla Struttura Complessa di Medicina Interna e VascolareStroke Unit, diretta dal Prof.
Giancarlo Agnelli, rientra nell’ambito delle iniziative formative aziendali, con accreditamento E.C.M.
Al convegno hanno partecipato infermieri provenienti
da tutte le Aziende Sanitarie
umbre e da strutture convenzionate.
Il programma
Il programma prevedeva due
relazioni, la prima dal titolo:
❚
“L’uso dell’ecografia nelle
procedure infermieristiche”,
è stata svolta dall’infermiera Isabella Brandino, dipendente della ASL Torino 5 Moncalieri, specializzata da
molti anni in ecografia infermieristica
professioneinfermiereumbria2/11
Obiettivi dell’evento
la seconda, dal titolo:
❚
“Tecniche di inserimento dei
CVC e dei Peripherally Inserted Central Catheters (PICC)”,
è stata\ svolta dal professor
Francesco Paoletti primario
anestesista dell’Azienda Ospedaliera di Perugia
Al termine si è tenuto un
ampio dibattito tra i partecipanti e i relatori. L’obiettivo principale dell’iniziativa era quello di
diffondere la conoscenza della
possibilità di utilizzare uno strumento come l’ecografo, per migliorare la tecnica e la sicurezza di alcune procedure infermieristiche, compreso l’incanulamento di una vena periferica
con i PICC.
L’evento organizzato aveva
quindi come unico obiettivo,
la promozione di uno stimolo
culturale per i professionisti interessati.
Negli ultimi decenni, l’ecografia, è divenuta un mezzo di
diagnosi e terapia multidisciplinare, impiegato non solamente da Medici Radiologi, ma
da Operatori diversi, accomunati da esigenze di approccio
rapido e non invasivo al paziente. Non è quindi fuori luogo
parlare anche di ecografia Infermieristica, quando l’Infermiere si trova nella necessità
di effettuare procedure che
rientrano nell’ambito della propria professione, ed impiega
l’ecografo non a scopo diagnostico, ma come ausilio per ridurre le difficoltà e la morbilità di certe manovre.
Non ecografia diagnostica,
quindi, ma una particolare forma di ecografia operativa.
ilcollegioinforma
DI MARIO AMICO
INFERMIERE COORDINATORE S.C. MEDICINA INTERNA E VASCOLARE - OSPEDALE SANTA MARIA DELLA MISERICORDIA DI PERUGIA
errata corrige
10
ilcollegioinforma
ERRATA CORRIGE
A CURA DELLA REDAZIONE
si riporta a seguire la prima pagina dell’articolo
S
“LA LIBERA PROFESSIONE INFERMIERISTICA,
Una nuova opportunità per il cittadino”
pubblicato dalla pag. 26 alla 29 del numero 1 del 2011,
con i nominativi degli autori completi e corretti, scusandoci
con gli autori stessi e i lettori per l’involontario errore di trascrizione.
Autori
– GABRIELE SANTORELLI, Laureato in Infermieristica
presso l’Università degli Studi di Perugia
Facoltà di Medicina e Chirurgia di Terni
– Prof.ssa DANIELA GHIONE, Docente Corso di Laurea
in Infermieristica presso l’Università degli Studi di Perugia
Facoltà di Medicina e Chirurgia di Terni
Abstrat
La libera professione infermieristica oltre a rappresentare
un’innovazione professionale ed occupazionale permette
di improntare un tipo di assistenza sempre più volta ai bisogni
fisici psichici e sociali della persona.
Parole chiave
Libera Professione, infermiere di famiglia, case management,
case manager, “Salute 21”, counseling, persona.
L’infermiere oggi è chiamato in prima persona a dimostrare
la propria professionalità, acquisita con la formazione universitaria,
nel rispetto della deontologia professionale e basata sulla capacità
di giudizio, l’autonomia e la responsabilità individuale.
Un infermiere in grado anche di “uscire dalle mura
di un istituto ospedaliero” per offrire al cittadino una risposta
specifica ai suoi molteplici e diversificati bisogni di salute.
Un infermiere che, proprio per questo, si propone al cittadino,
come libero professionista, offrendogli di fatto una nuova
opportunità assistenziale.
Infatti è proprio nella libera professione che l’infermiere può
finalmente realizzare una assistenza di tipo olistico alla persona,
consapevole più che mai, di intervenire non solo sulla sua
dimensione fisica ma anche psichica e sociale.
È inevitabile, quindi che oltre a una richiesta di assistenza tecnica,
la persona manifesterà un bisogno di ascolto per ansie e paure
ed in generale per tutto quello che rientra nel suo stato emotivo
legato alla malattia.
L’infermiere, inoltre ha la possibilità di relazionarsi con lui,
direttamente nel suo contesto sociale venendo così a conoscere
i suoi rapporti interpersonali, il “suo mondo”, elementi
imprescindibili per la conoscenza dell’altro.
Il cittadino ancora è legato ad una “immagine” dell’infermiere
prevalentemente legata all’erogazione di prestazioni di tipo tecnico
ed al ruolo dell’infermiere che lavora in regime di dipendenza,
ma impegnandosi nella libera professione, l’infermiere acquisterà
una maggiore e più specifica considerazione sociale. ●
La figura dell’infermiere sta
assumendo sempre più il ruolo di professionista di health
care, e l’assunzione di tale responsabilità non può prescindere dall’utilizzo di nuove tecnologie.
Un ruolo fondamentale
L’ecografia in ambito professionale infermieristico trova numerose applicazioni, dal
nursing in area critica fino alle
degenze ordinarie medico-chirurgiche.
Spaziando in queste aree,
si evidenzia il ruolo fondamentale dell’ecografia specialmente nella gestione del
patrimonio vascolare del paziente e nel nursing del cateterismo vescicale.
Queste applicazioni necessitano ovviamente di un percorso formativo particolarmente articolato e strutturato, con esercitazioni pratiche
guidate da parte di professionisti diversi. Inoltre le varie
Strutture di degenza dovranno disporre di ecografi, anche
portatili di minor costo, per
sperimentare sul campo la validità della procedura e l’addestramento sistematico.
Conclusioni
Esistono degli studi già pubblicati, che dimostrano ad esempio, la minor incidenza di infezioni da cateterismo vescicale
utilizzando l’ecografia durante
la manovra.
In conclusione si può affermare che l’utilizzo dell’ecografia, migliora la qualità delle
prestazioni infermieristiche,
con benefici per i pazienti e
ripercussioni positive sul governo clinico dei processi assistenziali.
✑
11
COSTITUZIONE NUCLEO PROVINCIALE
C.I.V.E.S. PERUGIA
6
maggio 2011... una data
importante, finalmente nasce C.I.V.E.S. (Comitato Infermieri Volontari Emergenza Sanitaria) a Perugia.
Volontariato, Protezione civile, area sanitaria, maxi emergenze, tutti termini che si possono collegare ad un unico
acronimo C.I.V.E.S.; costituita
nel 1998 per volontà della Federazione nazionale collegi
IP.AS.VI., C.I.V.E.S. è un’associazione di volontariato nazionale su base provinciale formata
da infermieri iscritti ai Collegi
provinciali IP.AS.VI.
Tutti gli eventi disastrosi che
hanno colpito l’Italia e non solo negli ultimi 50 anni (vedi il
terremoto in Irpinia o l’alluvione di Firenze), hanno sottolineato che a mancare non era la so-
professioneinfermiereumbria2/11
lidarietà delle persone ma un sistema pubblico organizzato che
sapesse valorizzarla ed utilizzarla al meglio, offrendo uno strumento organizzato capace di ottimizzare la disponibilità di professionisti in area sanitaria in
caso di interventi in emergenze e collaborando con gli altri
organi di Protezione civile.
Con la legge 225 del 24 febbraio del 1992, nasce il sistema
Nazionale della Protezione Civile e le organizzazioni di volontariato hanno finalmente assunto il ruolo di “strutture operative nazionali”, volontariato e
solidarietà riassumono le finalità del C.I.V.E.S.
Gli infermieri come professionisti hanno responsabilità
morali e legali quindi debbono
e vogliono rispondere adegua-
tamente al fabbisogno di salute che la popolazione richiede.
Possono iscriversi al C.I.V.E.S.
tutti gli infermieri inseriti negli
albi provinciali IP.AS.VI. chiedendo di essere soci operativi,
disponibili quindi ad essere mobilitati in caso di necessità alle
attività di protezione civile in
Italia o all’estero.
Ogni volontario può dare la
propria disponibilità ed ha la facoltà di decidere:
❚ sul luogo della missione (missioni provinciali, regionali, nazionali o internazionali)
❚ sui tempi di preavviso (partenza immediata o preavviso di 6
ore, 1 giorno, 1 settimana)
❚ la durata della missione (breve da 1 a 7 gg, intermedie da
15 gg ad 1 mese o lunghe).
ilcollegioinforma
A CURA DEL NUCLEO CIVES DI PERUGIA
notizie in breve
12
ilcollegioinforma
INAUGURAZIONE
DEL NUOVO REPARTO
PSICHIATRICO DI PERUGIA
A CURA DELLA REDAZIONE
La professione infermieristica deve essere presente con tutte le sue aree di competenza al
fine di garantire al meglio l’assistenza durante ma anche dopo l’emergenza (aree di salute
mentale, aree traumatologiche,
aree pediatriche, chirurgiche
mediche e di terapia intensiva).
Un particolare ringraziamento per il sostegno dato a
questo importante progetto va
al Consiglio Direttivo del Collegio IP.AS.VI., al presidente
Dr. Palmiro Riganelli ed alla provincia di Perugia nella persona del suo vicepresidente il Dr.
Aviano Rossi da sempre attento agli stimoli che arrivano dalla comunità degli infermieri.
Consiglio direttivo
❚
❚
❚
❚
PERUGIA: alcuni momenti dell’inaugurazione del nuovo reparto di psichiatria
❚
l Giorno 20 giugno 2011 presso l’Ospedale
“Santa Maria della Misericordia di Perugia”, si è avviata
in maniera definitiva l’attività del nuovo reparto di Psichiatria
(SPDC – Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura)
concretizzatasi con il trasferimento dei pazienti dalla vecchia
struttura di Villa Massari a quella nuova del Polo Unico.
La realizzazione del nuovo reparto era stata più volte sollecitata
dalle istituzioni e rappresenta un’importantissimo investimento
della città e delle azienda sanitarie per l’offerta di servizi
al passo rispetto agli orientamenti sociali e sanitari
di gestione del disagio psichico. Una gestione che punti
al reinserimento precoce ed in sicurezza della persona
con disagio psichico, una restituzione al vivere sociale
condiviso, in famiglia e nei normali contesti di vita.
Questi obiettivi divengono perseguibili solo se si stabilisce
e si mantiene un rapporto continuo e sinergico tra strutture
ospedaliere e territoriali; presupposto che sembra costituire
l’attualità e il futuro dei servizi a difesa della salute mentale
dei cittadini. ●
I
Presidente
MICHELE FIORUCCI
Vice Presidente
SOFIA BONISOLO
Segretario
FILOMENA NOCERA
Tesoriere
FAUSTO RUGGIERO
Direttore Provinciale
SABRINA ADAMI
Revisori dei Conti
❚
Presidente
SIMONA CASTOLDI
❚ Membro effettivo
SARA URLI
❚ Membro effettivo
MIRCO PAGNOTTA
Comitato di Garanzia
❚
Presidente
PALMIRO RIGANELLI
❚ Membro effettivo
MASSIMO GIOVANNONI
❚ Membro effettivo
MICHELE BELLAVEGLIA
✑
13
BEATI GLI ULTIMI...
G
ioventù: sinonimo di vivacità e vitalità... e noi: così
giovani e così vitali!
Quello di Terni è l’ultimo arrivato in ordine di tempo tra i
Nuclei Provinciali C.I.V.E.S. –
Coordinamento Infermieri Volontari per l’Emergenza Sanitaria e, sicuramente, si propone di essere tra i più vivaci e
propositivi.
La sua costituzione è infatti datata 7 maggio 2011 dalla
volontà di un gruppo di infermieri cittadini da anni impegnati nel “volontariato attivo”
nell’ambito di varie associazioni a carattere regionale e locale ed all’interno della stessa Associazione Nazionale C.I.V.E.S.
- ONLUS e grazie al determinate contributo di tutti i componenti del Consiglio Direttivo
del Collegio IP.AS.VI. di Terni
“capitanati” dalla Presidente
Dott.ssa Ambra Proietti.
professioneinfermiereumbria2/11
La formalizzazione del Nucleo ternano, è giunta a margine del Convegno “Etica e deontologia: guida per l’infermiere impegnato nel volontariato
rivolto all’emergenza” svoltosi
presso la Sala Conferenze dell’Azienda Ospedaliera “S. Maria” di Terni ed organizzato dallo stesso Collegio IP.AS.VI. di Terni in occasione dell’ Assemblea
Ordinaria degli iscritti ed alla
quale hanno partecipato circa
150 colleghi infermieri.
L’obiettivo del Nucleo Provinciale ternano, è di riprodurre a livello regionale-locale, un
sistema di intervento volontario che, “organizzando lo spirito di solidarietà dei professionisti sappia esaltare la competenza e le specializzazioni che gli
infermieri sono in grado di esprimere”, anche attraverso l’instaurazione di un proficuo rapporto sinergico con il Nucleo
Provinciale “dei cugini” di Perugia capace di sfatare inutili e
sciocchi campanilismi.
L’attuale composizione del
Nucleo Provinciale C.I.V.E.S. di
Terni vede la presenza di quaranta unità infermieristiche
iscritte – il 70% delle quali “operative” – ed il trend delle adesioni in costante crescita, lascia
presupporre il superamento a
breve della soglia dei cinquanta infermieri associati.
Gli organi di amministrazione e gestione del Nucleo sono:
Comitato Direttivo
❚
Presidente
CAMUZZI MIRIO
C.I.F.P. - A.O. Terni/ASL 4
❚ Vice Presidente:
BARTOLUCCI ROBERTO
C.O. 118 - ASL 4
❚ Segretario
SANTURO EMANUELA
Blocco Operatorio - A.O. Terni
ilcollegioinforma
A CURA DEL NUCLEO CIVES DI TERNI
14
ilcollegioinforma
❚
Direttore Operativo
LUCIDI CLAUDIO
C.O. 118 - ASL 4
❚ Tesoriere
ROMANI NADIA
Sala Operatoria
Ospedale Narni - ASL 4
Comitato di Garanzia
❚
Presidente:
PROIETTI AMBRA
❚ Componente:
BERTINI SERENELLA
❚ Componente:
SABINA LEONARDO
Revisori dei Conti
❚
Presidente:
CRESTA ROSSELLA
❚ Componente:
PETRALLA GASTONE
❚ Componente:
RUFFINELLI EMANUELA
L’elemento della vitalità permea integralmente il Nucleo e
fin dai “primi vagiti” è stato caratterizzato dal prezioso contributo che ogni singolo iscritto
(non solo i componenti dei vari organi) è stato capace di apportare al fine di concorre “all’arricchimento” del gruppo.
Da subito molti colleghi hanno deciso di essere presenti in
prima linea e l’esperienza accumulata nel corso degli anni anche mediante la loro partecipazione quali membri del Nucleo
Nazionale agli interventi di Protezione Civile Coordinati dal
D.N.P.C., è stata nuovamente
messa a servizio dei cittadini attraverso la disponibilità garantita dopo l’attivazione del 31 maggio u.s. da parte dello stesso
D.P.C.N. per la disponibilità di team infermieristici al fine di assicurare supporto alle attività di
assistenza sanitaria ai migranti
imbarcati sulle navi in partenza
dall’Isola di Lampedusa.
Tramite la predisposizione di
un sistema di rotazione volto ad
evitare potenziali risvolti negativi sul regolare svolgimento delle
attività lavorative istituzionali
delle strutture sanitarie di riferimento dei singoli professionisti,
il Nucleo ternano ha assicurato
la disponibilità di due proprie unità a settimana al Coordinamento Centrale ed ai Referenti Nazionali della Missione, per tutto
il periodo di pre-allertamento.
Lo sviluppo delle sinergie con
il Nucleo di Perugia, reso possibile dall’instaurazione di corrette e profonde relazioni umane e
dalla reciproca stima professionale tra i vari componenti dei due
gruppi, è il vero “fiore all’occhiello” della realtà C.I.V.E.S. di Terni ed ha già permesso l’ottenimento di “frutti” considerevoli.
Una prima testimonianza è
venuta dal grande spazio riservato alle attività del C.I.V.E.S. nell’ambito della Manifestazione
“Protezione civile aperta: dimostrazione di attività del sistema
regionalediprotezionecivile” che
si è svolta venerdì 8 luglio c/o il
Centro Regionale della Protezione Civile di Foligno alla presenza
tra gli altri dell’attuale Capo Dipartimento Nazionale della Protezione Civile, Franco Gabrielli,
del “Padre” della Protezione Civile Italiana , Giuseppe Zamberletti, del Presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini, del
Presidente della Consulta Nazionale del Volontariato, Simone Andreotti, del Presidente della Consulta Regionale del Volontariato,
Fabio Militoni e del Responsabile Regionale della Protezione Civile Umbra, Sandro Costantini.
In tale occasione una folta rappresentanza dei due Nuclei (12
professionisti) hanno curato un
Percorso didattico rivolto alla popolazione ed ai bambini delle
scuole umbre dal titolo “Sicuramente... in sicurezza” all’interno
del quale sono stati proposti momenti ludico-educativi utili al
trasferimento di nozioni, informazioni e tecniche adeguati alla prevenzione ed alla gestione
dei più comuni incidenti che possono determinarsi in ambito scolastico, domestico e di gioco.
Un ulteriore attestato di stima e “fiducia”, è arrivato dal pubblico encomio, riservato ai due
Nuclei Umbri da parte dei massimi rappresentanti della Protezione Civile, del C.I.V.E.S. Nazionale
e della stessa Presidente Nazionale della Federazione dei Collegi IP.AS.VI. Dott.ssa Annalisa Silvestro nel corso dei festeggiamenti per la Settimana Europea del
Volontariato tenutisi a Roma il 7
luglio 2011 durante i quali ha avuto luogo la presentazione alle
massime Autorità dello Stato del
Progetto S.A.R.I. - Sistema Avanzato di Risposta Infermieristica.
E le attività “in cantiere”? Tante! Nucleo in linea con i valori ed
i principi ispiratori del C.I.V.E.S. ha
in programma di realizzare a breve un evento informativo al comprensorio Narnese-Amerino, un
evento formativo con accreditamento E.C.M. ad Orvieto, la partecipazione all’Esercitazione di
Protezione Civile che si terrà nell’ambito provinciale ternano prevista per fine settembre/inizio ottobre all’interno della quale saranno simulati 4 scenari di intervento: disastro ferroviario,
emergenza a seguito di un devastante evento sismico, maxiincidente sulla 4 corsie ed un disastro ambientale a seguito di un
incidente industriale, ovviamente di concerto con il Nucleo di Perugia…e… ancora... quanto cercheremo di fare sulla base dei vostri suggerimenti.
✑
15
DISPENS@TORE DI STIMOLI INFERMIERISTICI
BLOCKNOTES
U
n progetto di ricerca ha dei
tempi di preparazione, organizzazione e diffusione a volte molto lunghi; preparare, inviare e presentare un abstract (riassunto) per un evento congressuale è una fase molto importante
della vita di questo progetto.
La pubblicazione dei dati di
uno studio, generalmente avviene attraverso le riviste scientifiche specializzate, ma i tempi a volta molto lunghi del processo di valutazione e dell’editing della rivista stessa, portano a dover ripensare il momento della diffusione. Da un po’ di
anni anche in Italia, come già
succede da molto tempo nel
resto del mondo accademico/scientifico, i congressi danno la possibilità a tutti, compatibilmente con il tema trattato,
di inviare la propria proposta di
partecipazione all’evento e di
effettuare una presentazione
dello studio effettuato. Questa
richiesta di partecipazione avviene attraverso l’invio di un abstract che verrà valutato dal comitato scientifico dell’evento,
ed eventualmente accettato per
essere presentato attraverso la
modalità della presentazione
orale oppure del poster. Il riassunto rappresenta il condensato della ricerca, ma prima di cominciare a scrivere è opportuno che l’autore si ponga alcune
domande:
professioneinfermiereumbria2/11
❚
Perché hai cominciato?
❚ Che cosa hai fatto?
❚ Che cosa hai trovato?
❚ Che cosa vuoi dire?
Le linee di indirizzo su come preparare un abstract sono
le stesse per ogni evento congressuale, sia nazionale che internazionale, per poter partecipare occorre attenersi alle indicazioni contenute nella richiesta di presentazione e cer-
la frase
why did you start?
what did you do?
what did you find?
what does you mean?
Pierson, 2004
care di essere pertinenti con il
titolo del congresso.
Il “Titolo” deve esprimere accuratamente il contenuto dell’abstract; non dovrebbe superare le 10-12 parole e contenere
lo scopo della ricerca, il disegno
dello studio ed il risultato. Non
vanno inseriti acronimi o parole
troppo tecniche o gergali.
La lista degli “Autori” dovrebbe esprimere chi ha partecipato alla costruzione del lavoro, e l’ordine di apparizione
esprime l’effettivo contributo di
ognuno; spesso però il primo nome è colui che presenterà all’interno del congresso il contributo e non necessariamente colui che ha collaborato in modo
significativo nella costruzione
della ricerca. Solo le affiliazioni
principali devono essere inserite (Titolo di studio più elevato,
Azienda, Reparto), non occorre
includere eventuali collaborazioni saltuarie con Università od
altre strutture accademiche.
La struttura del lavoro deve
seguire l’acronimo I.M.R.A.D. (Introduzione, Materiali e Metodi,
Risultati/Analisi, Discussione),
solitamente non deve superare
le 200 parole. Nell’“Introduzione”, che deve essere breve e concisa occorre spiegare il perché è
stato eseguito lo studio e qual’
è l’ipotesi alla base del lavoro.
Nella sezione “Materiali e Metodi” deve essere inserito il disegno dello studio, lo strumento
utilizzato per analizzare i dati, il
tipo di campione. Se la ricerca è
una revisione della letteratura
occorre inserire la strategia utilizzata e le fonti usate per reperire il materiale analizzato.
Nei “Risultati/Analisi” vanno inseriti solo i risultati più
significativi, dato che lo spazio è molto limitato. Se è stata fatta un’analisi statistica
vanno inseriti gli esiti dei risultati principali.
lerubriche
DI GIAN DOMENICO GIUSTI
DOTTORE INF. SPECIALISTA IN AREA CRITICA - U.T.I. OSPEDALE “SANTA MARIA DELLA MISERICORDIA” PERUGIA
mobilità
16
lerubriche
MOBILITÀ
A CURA DELLA REDAZIONE
D’anna Giovanni
cell. 347.3705056
[email protected]
Via dei Zeno
ROMA
Di Francesco Raffaele
cell. 333.2223603
[email protected]
Via C. Battisti
TERNI
da: Roma Policlinico
da: Azienda ospedaliera
Tor Vergata
a:
Azienda ospedaliera
Perugia
Terni
a:
Regione Campania
Antonini Roberta
cell. 338.2429342
[email protected]
Via Oberdan
FOLIGNO (Pg)
Stefanizzi Raffaele
cell. 338.6524928
[email protected]
Via Levante 8
MAGIONE (Pg)
da: Azienda ospedaliera
da: Azienda Ospedaliera
Perugia
Perugia
a:
ASL n. 3
Camanzo Ferdinando
cell. 339.6558279
[email protected]
Via Garibaldi
FOLIGNO (Pg)
da: Azienda ospedaliera
Perugia
a:
Regione Campania
Sacconi Daniela
cell. 328.1899274
[email protected]
ROMA
da: Ospedale
S. G. Addolorata
Roma
a:
Azienda Perugia
ASL n. 2
a:
Regione Puglia
Basilicata
Mongardini Susi
cell. 348.5126270
[email protected]
Via U. Foscolo
NOVA MILANESE (Mi)
da: Azienda Ospedaliera
San Gerardo - Monza
a:
Azienda Perugia
ASL nn. 1-2-3
Massoli Diego
cell. 338.5497924
MARSCIANO (Pg)
da: ASL n. 2 Marsciano
a:
Azienda Perugia
●
Nelle “Conclusioni” si definisce cosa è evinto dallo studio, e quali possono essere le
implicazioni per la pratica.
A volte possono essere inseriti 2-3 riferimenti bibliografici,
che devono essere strettamente pertinenti al lavoro e di recente pubblicazione; ed 1-2 tabelle/figure che possono aiutare a comprendere meglio la portata e l’impatto della ricerca.
Nonostante tutte le buone
intenzioni, solitamente c’è una
corsa ha completare l’abstract
entro la data finale di invio; questa corsa porta spesso a commettere alcuni errori. Per evitare questi è importante rileggere attentamente le istruzioni prima di inviare il lavoro, ed assicurarsi che queste siano state
seguite correttamente. Inoltre
per scongiurare la presenza di
errori grammaticali, o nella presentazione di dati e risultati occorre far leggere il lavoro ad una
persona estranea alla ricerca per
accertarsi della effettiva comprensione (gli errori spesso restano “invisibili” agli autori anche dopo numerose letture); prima della stesura definitiva ogni
autore deve leggere ed approvare il contenuto del lavoro.
La scrittura, l’invio, l’accettazione e la presentazione di
un abstract in un congresso
scientifico è parte integrante
del processo di ricerca. Per ottenere un successo occorre
concentrarsi sui temi principali del perché il lavoro è stato
svolto, come è stato effettuato, cosa si è ipotizzato e quali
implicazioni si potrebbero avere per lo sviluppo futuro della
propria professione.
✑
(Indirizzo e-mail dell’autore a cui
potersi rivolgere per informazioni:
[email protected])
17
PREVENIRE GLI ERRORI,
IMPARARE DAGLI ERRORI
I
n questo numero saranno presentati due importanti documenti, di recente pubblicazione.
Il primo, pubblicato dal Garante della protezione dei dati personali riproduce le domande più frequenti sulla privacy in sanità sottoposte al Garante. La privacy, termine inglese traducibile con “riservatezza”, è il diritto alla riservatezza delle informazioni personali e della propria vita privata ed in sanità assume particolare rilevanza proprio per
la delicatezza dei dati trattati, tutelati da specifiche disposizioni di legge. Quello sanitario è senz’altro uno dei settori più delicati tra quelli chiamati a misurarsi con le complesse problematiche applicative poste dalla normativa e
l’idea della riservatezza quale
elemento fondante nel processo di miglioramento della qualità della prestazione sanitaria erogata, deve necessariamente confrontarsi con la
complessità organizzativa del
sistema erogatore.
Il secondo documento, pubblicato dal Ministero della Salute, attraverso delle linee guida fornisce indicazioni sulla gestione della relazione tra strutture sanitarie e pazienti al verificarsi di un evento avverso.
professioneinfermiereumbria2/11
Il verificarsi di tele evento in
ambito sanitario richiede difatti un approccio consistente,
chiaro e definito sulla base di
una procedura condivisa da
parte di tutte le strutture sanitarie del SSN, basata sia sulla
gestione dell’evento che sulla
comunicazione aperta e tra-
la frase
Houston,
we’ve had
a problem
Houston,
abbiamo avuto
un problema
(Jim Lovell, comandante della missione Apollo 13, al momento dell’incidente che impedì l’allunaggio e rese estremamente difficoltoso il rientro sulla terra dell’equipaggio
(11/17 aprile 1970)
sparente con i pazienti ed i loro familiari rispetto a quanto
avvenuto, anche al fine di cercare di ridurre il contenzioso
medico-legale.
La scelta di presentarli insieme trae origine non solo dalla loro quasi contemporanea
pubblicazione, ma anche dal
fatto che la sicurezza del paziente non può prescindere dalla tutela dei suoi dati sanitari.
Inoltre, la cattiva gestione di un
evento avverso spesso aggiunge danno al danno in quanto
non solo non si garantisce la dovuta riservatezza circa l’accaduto (riservatezza non a tutela
dell’Azienda sanitaria, ma della
persona vittima dell’evento), ma
spesso sono proprio i difetti di
comunicazione da parte dei sanitari che “innescano” meccanismi di rivalsa da parte del paziente e dei suoi familiari.
Dalla parte del paziente:
garantire la privacy
È necessario chiedere il consenso al paziente prima di acquisire e utilizzare informazioni sulla sua salute? Da chi possono essere ritirate analisi e cartelle cliniche? Si possono installare telecamere in ospedali e
luoghi di cura? Il datore di lavoro può divulgare informazioni sulla salute dei propri dipendenti? Nelle sale d’aspetto il paziente può essere chiamato per
nome? Chi può consultare il fascicolo sanitario elettronico del
paziente? Cosa deve contenere il certificato medico per giustificare l’assenza dal lavoro del
dipendente? Sono tante le domande che vengono quotidia-
lerubriche
A CURA DI MARCO ZUCCONI
DOTTORE MAGISTRALE IN SCIENZE INFERMIERISTICHE ED OSTETRICHE, POSIZIONE ORGANIZZATIVA SICUREZZA E RISK MANAGEMENT, AZIENDA OSPEDALIERA DI PERUGIA
18
lerubriche
namente poste all’attenzione
del Garante per la protezione
dei dati personali dai pazienti
e dal personale sanitario.
I dati personali in grado di rivelare lo stato di salute delle persone sono di particolare delicatezza, e vengono per questo definiti “dati sensibili” (Dato sensibile: Qualunque dato che può
rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose o
di altra natura, le opinioni politiche, l’appartenenza a partiti,
sindacati o ad associazioni, lo
stato di salute e la vita sessuale dell’interessato), e non possono essere diffusi. Ad essi il Codice sulla protezione dei dati personali (Dlgs 196/2003 e s.m.i.)
attribuisce una tutela rafforzata e stabilisce le regole per il loro trattamento in ambito sanitario, tenendo sempre conto del
ruolo professionale degli operatori sanitari coinvolti.
Troppo spesso però le Aziende sanitarie ed i loro operatori,
principalmente per mala informazione, disattendono a tali regole, esponendo il paziente e i
suoi dati sensibili (in particolare quelli relativi allo stato di
salute), a rischi di intromissione di soggetti non autorizzati,
ed esponendosi alle sanzioni
previste dal Codice sulla protezione dei dati personali.
Il nuovo vademecum del
Garante, intitolato “Dalla parte del paziente. Privacy: le domande più frequenti”, intende
offrire indicazioni affinché alle persone che entrano in contatto con il personale sanitario
e con le strutture sanitarie, per
ricevere cure o prestazioni mediche o per svolgere pratiche
amministrative, vengano garantiti la più assoluta riservatezza e il rispetto della loro dignità. L’intento dell’opuscolo è
anche quello di agevolare le attività degli operatori del settore e di contribuire a migliorare
la qualità dei servizi offerti a chi
accede a studi medici, ospedali, farmacie e a qualunque altro luogo di diagnosi o cura.
Scritto con un linguaggio
semplice, il vademecum di venti pagine è suddiviso in sette
brevi capitoli che contengono
domande e risposte in forma
di FAQ:
❚ Il paziente informato
❚ Informazioni sulla salute
❚ In attesa
❚ Telecamere e internet
❚ La salute dei dipendenti
❚ Hiv
❚ Sanità elettronica
Al termine della guida è stato inserito anche un breve glossario che spiega i termini tecnici più utilizzati.
L’opuscolo è disponibile on
line sul sito del Garante (riportato in bibliografia), ma può anche essere richiesto in formato cartaceo all’Ufficio relazioni con il pubblico mediante una
mail ([email protected]).
Si consiglia vivamente di
scaricarlo e leggerlo con attenzione, anche perché il rispetto
della privacy dell’utente non è
solo un obbligo di legge ma anche un preciso dovere deontologico dell’infermiere (art. 26 del
Codice Deontologico dell’Infermiere, 2009). E solo una nuova
cultura che valuti la privacy come un “valore comune” di tutti
coloro che operano all’interno
del sistema sanitario può garantire effettività alle previsioni di
legge e alla tutela della dignità
dell’assistito in ogni momento
del percorso assistenziale.
Gestione della relazione
tra strutture sanitarie
e pazienti
Definire un quadro di riferimento per lo sviluppo e l’aggiornamento delle politiche e dei
processi operativi di una struttura sanitaria al verificarsi di un
evento avverso. Questo è l’obiettivo delle “Linee guida per gestire e comunicare gli eventi avversi in sanità”, elaborate dal
Ministero della Salute, in collaborazione con esperti di Regioni e Province autonome e di altre organizzazioni sanitarie nazionali e pubblicate nel mese di
giugno 2011. Il documento contiene delle raccomandazioni alle strutture sanitarie che riguardano sia la gestione dell’evento avverso che la comunicazione rispetto a quanto avvenuto,
con i pazienti ed i loro familiari, nonché con i mass media e
gli altri interlocutori esterni. In
particolare, le Linee guida individuano due fasi principali rispetto alle quali predisporre le
procedure per la gestione dell’evento avverso:
Fase 1
Analisi dell’evento con le seguenti azioni prioritarie:
❚ Segnalazione dell’evento
❚ Identificazione dei fattori causali e/o contribuenti
❚ Azioni di miglioramento e valutazione
Fase 2
Azioni di comunicazione e
di contenimento del danno e/o
di ristoro, con le seguenti azioni prioritarie:
❚ Esprimere rincrescimento e
relazionarsi con il paziente e
con i familiari
19
Attivare le azioni di sostegno
agli operatori
❚ Attivare una comunicazione
istituzionale esterna veritiera,
completa, seria ed esaustiva
❚ Favorire la definizione stragiudiziale
Ciascuna delle azioni previste nelle due fasi viene declinata in raccomandazioni (una
relativa alla prima fase e quattro relative alla seconda fase)
basate su evidenze di letteratura, che saranno oggetto di periodica verifica di aderenza a
standard raccomandati. L’approccio proposto, sviluppato per
il livello ospedaliero, può essere
utilizzato, con opportuni adattamenti, anche in ambito extra-ospedaliero.
Le Regioni e le Aziende sanitarie dovranno poi definire,
sulla base delle linee guida, le
proprie procedure operative,
conformi allo specifico contesto regionale, in considerazione delle necessità di allineamento con i diversi approcci seguiti, in particolare da un punto di vista assicurativo e di valutazione dei rischi. Le linee
guida sono anche oggetto di
un Forum (on line sul sito del
Ministero) che le sottopone ad
una consultazione aperta, favorendo il confronto tra operatori sanitari, pazienti, cittadini e tutti coloro che, in vario
modo, sono interessati alla problematica.
Relativamente ai contenuti è pregevole l’iniziativa del Ministero di fornire indicazioni su
due punti fino ad ora poco considerati: le azioni di sostegno a
favore degli operatori coinvolti e il tentativo di conciliazione
stragiudiziale.
professioneinfermiereumbria2/11
In particolare, l’operatore
coinvolto in un evento avverso
può diventare la cosiddetta “seconda vittima”. Infatti, oltre al
paziente che subisce il danno e
che rappresenta la “prima vittima”, anche l’operatore rimane colpito dall’evento, si sente
responsabile e mette in discussione le proprie capacità e conoscenze professionali. I sentimenti che l’operatore può nutrire a seguito di un evento avverso sono molteplici:
❚
❚
❚
❚
❚
❚
❚
❚
❚
❚
❚
rimozione
senso di colpa
stupore
incredulità
vergogna
paura
isolamento
timore per lo stato del paziente colpito e per la perdita di
fiducia da parte dei pazienti
preoccupazione per la propria reputazione e per le ripercussioni sui propri cari
apprensione per la diminuzione di stima da parte dei
colleghi e dei dirigenti
sfiducia nelle proprie capacità, timore di azioni disciplinari e possibili ripercussioni
sulla propria carriera
L’evento avverso può quindi avere conseguenze sugli operatori coinvolti, sulla équipe, sui
rapporti con le altre unità operative, creando disagio ed un
clima di colpevolizzazione e sospetto. Bisogna fare in modo
che, con il coinvolgimento costante di tutti gli operatori,
l’evento avverso costituisca una
opportunità di apprendimento
e miglioramento della sicurezza delle cure.
Infine, è utile ricordare che
un’efficace gestione del rischio
clinico in sanità, vista la complessità del fenomeno e la rilevanza assunta da questa tematica, deve prevedere forme di definizione stragiudiziale dei contenziosi che, attraverso soluzioni a vantaggio sia dei cittadini
che delle strutture sanitarie,
contribuiscano a mantenere un
clima di fiducia nel Servizio Sanitario Nazionale e a conseguire risparmi di gestione.
I principali strumenti per la
risoluzione stragiudiziale dei
contenziosi attualmente a disposizione delle Aziende sanitarie sono rappresentati dalla
transazione (contratto col quale le parti, facendosi reciproche
concessioni, pongono fine a una
lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere
tra loro; artt. 1965 c.c. e seguenti) e dalla conciliazione (procedura di risoluzione delle controversie in base alla quale una terza persona imparziale, il conciliatore, assiste le parti in conflitto guidando la loro negoziazione e orientandole verso la ricerca di accordi reciprocamente soddisfacenti; D.Lgs. 4 marzo 2010 n. 28, in vigore dal 20
marzo 2011).
Bibliografia
GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI,
Dalla parte del paziente. Privacy: le
domande più frequenti, Roma, maggio
2011. http://www.garanteprivacy.it/
garante/document?ID=1812198.
MINISTERO DELLA SALUTE, Linee guida per gestire e comunicare gli Eventi Avversi
in sanità, Roma, giugno 2011.
http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pub
blicazioni_1563_allegato.pdf.
✑
lerubriche
❚
20
spazioaperto
DI MAURO MAZZOCCHI
INFERMIERE PRESSO UOC NEFROLOGIA E DIALISI - OORR ANZIO-NETTUNO, ASL ROMA
LE CURE PALLIATIVE
NEI PAZIENTI CON INSUFFICIENZA
RENALE TERMINALE
Introduzione
C
on il miglioramento delle
tecniche di dialisi, l’accesso alle strutture permette a
molti pazienti con Insufficienza Renale Cronica (IRC) di essere possibili candidati alla terapia renale sostitutiva. Con il
progredire dell’età sono sempre
maggiori i pazienti anziani con
IRC che necessitano di trattamento dialitico. Molti di questi
presentano patologie associate e nonostante i continui progressi tecnologici i pazienti con
IRC hanno un tasso di mortalità del 23% all’anno proprio per
disturbi cardio-cerebro-vascolari(1). Non tutti i pazienti avranno benefici nell’iniziare il trattamento di dialisi poiché questa situazione potrebbe portare a una qualità di vita difficile da sopportare e accettare(2).
È evidente che questa popolazione di pazienti richiede un
approccio specifico per la valutazione dei sintomi e la gestione delle cure qualitativamente
efficaci. Importante è comprendere la storia personale di ogni
paziente senza escludere il vissuto, la cultura e rispettando
l’uomo in quanto persona unica. È importante inoltre riconoscere che la dialisi e il tra-
CREDITI ECM
GLI ATTESTATI...
COLLEGIO DI TERNI
evento formativo:
“La persona nel fine vita:
il pronunciamento della
federazione” tenutosi a Terni
presso la Sala Conferenze
dell’Azienda Ospedaliera
“S. Maria” il 21 aprile 2010,
assegnando all’evento stesso: 5 crediti formativi E.C.M.
per l’anno 2010 (Det. Dir.
n. 7513 del 1/9/2010).
Gli attestati devono essere
ritirati personalmente o su
delega scritta con copia
di un documento presso la
segreteria negli orari di apertura al pubblico (lunedi 9-11
martedi e giovedi 16-19). ●
L’
pianto renale sono trattamenti, e non cure; pertanto, l’insufficienza renale cronica può essere considerata una patologia
progressiva non guaribile. Le cure dovrebbero iniziare dalla diagnosi e aumentare con l’incremento della malattia.
Quando la prognosi non è
favorevole, la migliore decisione potrebbe consistere nella gestione dei sintomi escludendo
l’inserimento alla terapia dialitica(3). Tale scelta può essere intrapresa anche da pazienti che
già sono sottoposti a dialisi e decidono per qualsiasi motivo di
interrompere il trattamento.
Il team delle cure primarie in
genere ha un ruolo importante
nella gestione di questi pazienti
ed esige una attenta partecipazione nella scelta di interrompere il trattamento emodialitico.
Da quanto premesso si evince la pressante necessità delle
cure palliative e la necessaria attenzione agli aspetti etici, psicosociali e spirituali rivolti all’inizio
al rifiuto e allo stop della dialisi.
Nella nostra professione è
molto importante confrontarsi
con realtà forse lontane da noi
geograficamente ma vicine per
tematiche comuni.
La scelta della vita e della
morte rimane ancora un punto
cruciale, poiché la libertà di scegliere spetta sempre all’individuo. È doveroso quindi porsi alcune domande: la dialisi prolunga la qualità di vita o allunga
l’agonia della morte? Se il paziente non è in grado di decide-
21
Materiali e metodi
È stata eseguita una ricerca
elettronica della letteratura attraverso i seguenti database:
Medline e Pub Med; linee guida e fonti informatiche sull’EBM
e sull’EBN; visionati gli abstract
e previa valutazione ho approfondito il tema attraverso i fulltext per avere una visione completa e generale del lavoro svolto. Il materiale utilizzato è piuttosto recente. Ho cercato di
analizzare le pubblicazioni Review anche se ho avuto diverse difficoltà nel reperire il materiale, legato alla limitata fornitura della letteratura.
Key-word
❚
❚
❚
❚
❚
Palliative care
Nephrology
Dialysis
End of life
CRD (Chronic Renal Disease)
Un numero sempre maggiore di pazienti con filtrazione gloprofessioneinfermiereumbria2/11
merulare minore di 15 ml/ minuto sono gestiti senza dialisi o
per loro preferenza o perché la
dialisi non porta nessun vantaggio funzionale(4). Quando un paziente è affetto da Insufficienza
Renale Conica terminale (IRC),
bisogna decidere se iniziare la
dialisi soprattutto se la prognosi non è favorevole. Probabilmente la migliore decisione può consistere nella gestione dei sintomi. Questa scelta può essere presa anche da pazienti già sottoposti a dialisi e che decidono per
qualsiasi motivo di interrompere il trattamento. È importante
sottolineare che la dialisi e il trapianto renale sono trattamenti,
non cure. La disfunzione renale
cronica può essere considerata
una malattia progressiva, non
guaribile, e le cure palliative dovrebbero iniziare dalla diagnosi
e aumentarle con l’incremento
della malattia. In accordo con le
stime pubblicate dalla US Rena
Data System, oltre 300mila americani con IRC sono sottoposti a
trattamento dialitico tri-settimanale e circa 57mila di loro
sono in attesa di un trapianto di
reni(5). Le cure palliative intervengono, attraverso trattamenti terapeutici e assistenziali, sul controllo del dolore e degli altri sintomi. L’obiettivo è il raggiungimento della migliore qualità di
vita (QOL) possibile per i malati
e per le loro famiglie(6). La dialisi impegna sia fisicamente sia
psicologicamente tutto il team
delle cure, in particolare quando esistono condizioni di comorbilità dei pazienti.
L’aumento delle classi di età
è dovuto alla longevità e alle
migliorie della terapia che consentono di raggiungere traguardi più lunghi.
In questo scenario, medici,
pazienti e familiari hanno inizia-
to a domandarsi se l’emodialisi
in certi casi diventi più un accanimento terapeutico che un salva-vita, in quanto non offre un
reale vantaggio in termini di
qualità di vita. La multietnicità
e la transculturalità hanno determinato un cambiamento dell’assetto sanitario poiché la variabilità tra persone, religione e
etnia condiziona l’approccio delle cure e dei piani assistenziali.
Le comunità religiose hanno
abitudini e atteggiamenti particolari sulla vita e la morte; per
esempio gli Ebrei lottano contro
la morte per sopravvivere, anche
se malati terminali; i Musulmani invece considerano la morte
come scelta di Allah e lottare è
come mettersi contro di lui(7).
Nel Regno Unito i dati di
un’unità di dialisi dimostrano che
il 17,5% dei malati con IRC muore entro dodici mesi(8). Ai pazienti che non fanno dialisi possono
essere eseguite cure che, se attivate precocemente, danno una
qualità di vita migliore non riducendo la sopravvivenza(9). Nei
malati con comorbilità è importante considerare tutti i possibili interventi compreso quello
di non eseguire la dialisi. Attraverso una valutazione delle cure palliative nel Regno Unito è
emerso un dato incredibile: soltanto il 39% possiede uno staff
esperto in cure palliative e l’80%
non possiede nessun protocollo
operativo. Inoltre l’accesso agli
hospice è d’elezione solo per i
malati oncologici poiché le risorse economiche rappresentano il
problema maggiore per l’utilizzazione dei servizi, a discapito
dei malati nefrologici(10). Un altro studio americano ha evidenziato una mancanza di insegnamento in materia di cure palliative nei programmi di ricerca in
nefrologia e una disomogenei-
spazioaperto
re e non ha lasciato nessuna volontà in precedenza, chi sceglierà per lui è sicuro che farà la scelta adeguata? La scelta giusta con
quale criterio si formula? A tale proposito ho effettuato una
revisione della bibliografia proprio per evidenziare lo stato dell’arte rispetto alle “Cure Palliative in Nefrologia” e per sviluppare un’adeguata pratica clinica basata sulle evidenze. Non ci
saranno procedure di protocolli specifici, poiché lo scopo al momento è quello di evidenziare le
conoscenze in letteratura e descrivere in maniera precisa tutti gli aspetti che legano il trattamento dialitico alle cure palliative e gli interventi migliori
che si possono effettuare in situazioni di criticità.
22
spazioaperto
tà dei comportamenti rispetto
alle località geografiche e alle
politiche ospedaliere. Tutto ciò
conferma che in questo ambito
c’è ancora molto da lavorare(11).
Linee guida per aiutare
il processo di decisione
L’American Society di Nefrologia ha elaborato delle linee guida per sostenere le decisioni e i
processi nella continuazione o
interruzione della dialisi(12).
Le linee guida elencano 9
raccomandazioni, 15 prognosi
e 302 riferimenti. Viene raccomandato un rapporto con il malato che promuova la risoluzione di criticità per tutti i pazienti con IRA o IRC, seguito da un
consenso informato capace di
sostenere il processo decisionale sul trattamento di dialisi.
Il processo coinvolge il malato e con il consenso possiamo
includere anche i familiari, gli
amici e altre persone.
Se un paziente non ha la capacità di prendere una decisione, la soluzione dovrebbe essere presa in accordo con un tutore legale. Il paziente deve essere informato su diagnosi, prognosi e tutte le scelte del trattamento, includendo anche la
possibilità di eseguire trattamenti di prova limitati nel tempo. È difficile fare una valutazione di prognosi, ma vi sono evidenze in letteratura che dimostrano bassa aspettativa di vita
se esistono notevoli comorbilità. In tale circostanza, la prognosi può essere solo cura di sostegno. Questo dato è confermato
da un altro studio effettuato da
Chandra e Schulz dove è stato
visto che la sopravvivenza in dialisi dipende dal basso livello delle comorbilità(13,14). Il punto importante è che tutte le parti coin-
volte nel processo assistenziale
e familiare conoscano tutte le
opzioni disponibili per decidere
di eseguire o meno il trattamento di Dialisi(2,7).
Si consiglia al team nefrologico di ottenere ordini scritti da
tutti i pazienti in dialisi e che siano rispettati e attuati poiché il
testamento biologico rappresenta un vero documento giuridico. Tale documento comunica i
desideri alla famiglia, agli amici e agli operatori sanitari come
comportarsi nel caso in cui il paziente non sia in grado di intendere e di volere, permettendo
l’intervento sulle cure terminali con anticipo. Tutti siamo d’accordo che la dialisi può essere
effettuata o interrotta in qualsiasi momento e quindi dobbiamo considerare tutte le situazioni che si possono verificare.
❚
Pazie,nti capaci di intendere
e di volere che scelgono di
rifiutare o interrompere il
trattamento dialitico.
❚ Malati che non hanno la capacità di decidere ma che
hanno espresso precedentemente il desiderio di non eseguire dialisi con un consenso anticipato scritto o orale.
❚ Persone con danno cerebrale
che non hanno possibilità di
decidere, e il familiare o tutore legale chiede l’interruzione
o addirittura il non avvio(5).
Per tutti i pazienti che decidono di non eseguire la dialisi
dovrebbe essere predisposto un
piano di cure palliative e inoltre si dovrebbe dare la possibilità di scegliere dove essere assistito e dove poter morire, se
in casa, in hospice, in ospedale,
garantendo, sempre e comunque, al paziente e alla famiglia
cure e sostegno psicologico.
Cure terminali
di fine trattamento
Le complessità della malattia progressiva e terminale, come l’IRC, insieme alle conseguenze emotive e psicologiche,
richiede un coordinamento preciso tra i servizi infermieristici
medici e territoriali. Molti malati terminali vorrebbero trascorrere la maggior parte del loro
tempo in casa e una parte desidera morirci; è importante quindi investire tempo e risorse per
portare avanti questo progetto.
Per i pazienti in dialisi, la necessità di interrompere il trattamento può presentarsi in qualsiasi momento ed è importante
concentrarsi sul controllo dei
sintomi e sulla dignità dell’uomo, pianificando il luogo e le
modalità di intervento in modo
da rendere la morte pacifica e
dignitosa. Per il paziente che interrompe la dialisi, l’aspettativa
di vita è solitamente di 8-12
giorni e la prognosi dei malati
con sintomi di uremia che non
iniziano il trattamento è analoga. Uno studio svolto nel 2000
ha indagato sull’effetto delle cure terminali dopo l’interruzione
o il mancato avvio della dialisi,
mettendo in risalto l’importanza del controllo dei sintomi e
l’assistenza sia psicologica sia
spirituale. L’intervento effettuato ha reso possibile che il 15%
dei pazienti abbia avuto una
“brutta morte”, il 38% “buona
morte” e il 46% una “morte molto buona”(3). L’interruzione o il
mancato avvio della dialisi deve attivare immediatamente un
processo attivo svolto in equipe per agire sul controllo dei sintomi, sviluppando piani di assistenza sulla persona e non tralasciando gli aspetti sia psicologici sia spirituali.
23
Le persone che decidono di
non eseguire i trattamenti sostitutivi o di interromperli, presentano, nella fase terminale
della malattia, la stessa sintomatologia delle popolazioni affette da malattia neoplastica,
ma spesso questi sintomi non
sono riconosciuti o sono sottovalutati(15,16).
I sintomi più frequenti sono
debolezza, prurito, sonnolenza,
dispnea, dolore da moderato a
forte, crampi, disturbi del sonno.
Il dolore può essere trattato
utilizzando la scala analgesica
proposta dall’OMS(18). I farmaci
quali paracetamolo, tramadolo,
fentanil sono quelli raccomandati. L’utilizzazione della morfina e della diamorfina sono sconsigliati poiché i metaboliti si accumulano nell’organismo. Per il
prurito in base all’entità è consigliabile l’uso di antistaminici
quali talidomide e ondasetron(4).
L’integrazione della medicina
palliativa nei programmi di dialisi offre l’opportunità di migliorare la qualità delle cure terminali
dei malati nefrologici tenendo a
mente che le funzioni delle cure
palliative devono comprendere:
❚ accettazione della vita e della morte come un normale
processo
❚ non accelerare né rallentare
la morte
❚ dare sollievo al dolore, allo
stress e agli altri sintomi
❚ considerare gli aspetti psicologici e spirituali nell’assistere il paziente
❚ dare supporto morale alla famiglia e aiutarle durante la
malattia del paziente e dopo
la morte. Dovremmo prendere in considerazione la possiprofessioneinfermiereumbria2/11
bilità di avere dei specialisti in
cure palliative in loco, sia per
l’ammissibilità dei pazienti alla qualità delle cure, ma anche in termini di competenza,
nell’attuazione del processo(17)
Conclusioni
In Italia la percezione del
problema è ancora viziata da
condizioni culturali. Spesso vige un rapporto unilaterale e sbilanciato tra paziente e personale sanitario che crea un affidamento alle cure a scapito delle reali necessità del paziente che
rimangono inascoltate. A volte
è addirittura il paziente stesso
che non riesce a considerare serenamente la sua situazione(19).
Molti obiettivi in sanità sono
cambiati, ponendo enfasi maggiore sul trattamento degli effetti indesiderati della malattia
cronica. Infatti ai professionisti
si chiede di confrontare l’inutilità di alcuni interventi di trattamento (come in alcuni casi la
dialisi). Diversamente dalla malattia acuta, la malattia cronica
non conduce a una morte rapida ed è quindi necessaria una
prolungata gestione dei sintomi a casa o in una struttura per
malati terminali. Il paziente e le
famiglie combattono contro una
malattia in cui la morte è inevitabile ed è importante anche
considerare la possibilità che la
morte sia dignitosa e serena.
Nella cura di malati nefrologici
tale situazione sviluppa un impegno di tutto il team multidisciplinare. È necessario sviluppare una base solida di evidenza per sostenere i professionisti
sanitari e le famiglie in situazioni delicate. Come già affermato, le cure palliative hanno
inizio dalla comprensione del
fatto che il paziente ha una sto-
ria personale, una cultura e uno
status sociale, ed è degno di rispetto come essere unico. Le conoscenze delle diverse scuole di
pensiero della scuola americana e canadese sono emerse in
maniera chiara. La prima è strettamente legata a linee guida e
protocolli operativi. Probabilmente il tipo di assistenza “privata” determina conflitti sociali o di opinione pubblica nell’interrompere la dialisi come nei
casi di demenza e incoscienza.
Nel caso di rifiuto del trattamento dialitico scelto con coscienza, non ci sono problemi perché
espressione di una volontà. Definire contrattualmente ciò che
è lecito consente la risoluzione
di diversi problemi legali, etici ed
economici. La scuola canadese,
invece, non è vincolata da linee
guida e da protocolli operativi
ed è garantista nell’eseguire il
trattamento dialitico anche ai
pazienti con demenza o incoscienti, rispettando le scelte della famiglia nel caso in cui non
vi siano volontà espresse.
La realtà canadese sembra
vicina a quella italiana; il tutto
è lasciato al libero arbitrio e all’esperienza del medico. Nel piano di cura, vi è coinvolta tutta
l’equipe, dagli infermieri allo psicologo, dal neurologo al geriatra. La riflessione considera un
duplice aspetto: cosa può fare
l’infermiere per la tutela del paziente quando le scelte non sono condivise con altri professionisti? Cosa deve fare l’infermiere per intervenire nelle scelte assistenziali? Il lavoro svolto potrebbe apparire poco interessante per l’organizzazione delle pratiche infermieristiche. Risulta invece evidente che, in qualche
modo, le politiche attuate all’interno di una unità di nefrologia influenzano le scelte di tut-
spazioaperto
Trattamento
farmacologico e sintomi
24
spazioaperto
ti gli operatori coinvolti nell’assistenza, compresi i pazienti stessi. Inoltre risulta poco chiara la
mancata presenza della letteratura Italiana sul problema trattato; mancano dati per capire
l’entità di tale fenomeno forse è
ritenuto un problema di scarsa
rilevanza? A tal proposito potremmo verificare quanto le scelte influenzino il piano di cura su
ogni operatore, ma soprattutto
cosa pensano i malati italiani rispetto alle decisioni di interruzione del trattamento. Il confronto con le altre realtà è fondamentale per creare processi
operativi nel rispetto della libertà, dell’uguaglianza e della dignità. Oggi, dobbiamo impegnarci affinché tali principi siano inclusi nella pratica quotidiana.
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SMITA GUNDA S., THOMAS M., SMITH S.,
National survey of palliative care in
RISCOSSIONE
QUOTE
DUEMILAUNDICI
COLLEGIO DI TERNI
i ricorda a tutti gli iscritti
al Collegio IP.AS.VI.
della Provincia di Terni
che a partire dal mese
di maggio 2011
l’Equitalia Umbria S.p.a.
ha provveduto all’invio
dell’avviso di pagamento
per il versamento
della quota annuale
di iscrizione all’Albo
Professionale.
Pertanto il pagamento
potrà essere effettuato
in tre rate utilizzando
gli allegati bollettini
prestampati rispettando
le date di scadenza riportate:
1° rata 31 maggio 2011
2° rata 31 luglio 2011
3° rata 30 settembre 2011
Oppure versando il totale
utilizzando il corrispondente
bollettino allegato
entro e non oltre il
30 settembre 2011.
Per coloro che entro
il termine predetto non
avessero ancora provveduto
al pagamento verranno
spedite successivamente
le cartelle esattoriali
di sollecito maggiorate
delle spese di notifica.
Per qualsiasi informazione
e chiarimento rivolgersi
alla segreteria del Collegio. ●
S
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http://www.renux.dmed.ed.ac.uk/EdREN/
EdRenINFObits/NoRRT.htlm
http://www.sin.it
✑
25
CONTENZIONE FISICA
O FARMACOLOGICA?
LE RIFLESSIONI DEGLI INFERMIERI
Abstract
C
ome devono comportarsi
gli infermieri quando si trovano ad assistere un paziente
contenuto al letto da molti giorni e verso il quale il medico curante sembra non fare nulla?
Come è possibile criticare le
scelte di un professionista senza invadere campi di competenza non propri?
Nel mio lavoro riporto un
caso realmente accaduto in un
Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura cercando di analizzarlo utilizzando il metodo per la
presa di decisioni etiche di S.T.
Fry e M.J. Johnstone.
Introduzione
Non è facile riflettere su dilemmi e conflitti che nascono
dal nostro quotidiano operare,
soprattutto se questi rivelano i
nostri limiti.
L’autostima vacilla e noi,
con un colpo di reni e un’alzata di spalle sopra l’asticella dell’umano orgoglio, proseguiamo
oltre nella convinzione che l’uva
sia ancora acerba e non valga
la pena proseguire oltre.
E invece è proprio la nuova sfida che deve risvegliare in
professioneinfermiereumbria2/11
noi l’orgoglio professionale: un
nuovo limite deve metterci in
condizione di confrontarci, discutere, ragionare e quindi reperire e utilizzare i mezzi necessari per superare tale osta-
la frase
L’agire etico di una persona
dipende in parte
dalla sua capacità
di riconoscere
che una certa situazione
presenta un problema
di natura morale,
di identificare in che modo
compiere l’azione
etica appropriata
se e quando necessario,
nonché all’impegno
personale, animato
da un desiderio autentico,
per il conseguimento
di risultati morali.
Megan-Jane Johnstone
colo, insormontabile solo all’apparenza.
In questo lavoro non ci sono ricette miracolose né risposte esaurienti in merito ai quesiti riportati nell’abstract, ma
spero di aver proposto utili spunti di riflessione a quanti intenderanno, da domani, mettersi in
discussione.
Quali sono i retroscena
dei conflitti di valori?
Il giorno 8 luglio entra in reparto Daniele, un paziente di
quarantatre anni, affetto da
Schizofrenia Ebefrenica(1) riacutizzatasi negli ultimi giorni.
Nell’ultimo periodo fattori
di stress ambientale (un fratello è in ferie, l’altro è molto impegnato al lavoro) hanno portato il paziente ad interrompere il tirocinio presso il Centro
Diurno e ad autosospendersi le
terapie farmacologiche.
All’ingresso in reparto il paziente risulta fatuo, dissintono,
i nessi associativi nelle frasi a
tratti risultano assenti. Appare
comunque collaborante e accetta il ricovero, comportandosi in maniera adeguata.
La notte dell’8 luglio si reca quindi a letto e si addormenta, dopo aver assunto regolarmente la terapia.
Alle ore 4,30 si sveglia allucinato e agitato; diviene urlante e clamoroso con gli opera-
spazioaperto
DI VINCENZO RAUCCI
INFERMIERE SERVIZIO PSICHIATRICO E DIAGNOSI E CURA, ASL SAN GERARDO - MONZA
26
spazioaperto
tori presenti in turno che cercano, invano, di rassicurarlo.
Si avvisa lo psichiatra di
guardia che prescrive una terapia statim ma che il paziente rifiuta. Questi intanto diviene sempre più aggressivo, colpisce con pugni due infermieri
e, nel tentativo di uscire, sfonda la porta di ingresso al reparto, rompendo i vetri e forzando, poi, anche le porte dell’adiacente Day Hospital.
Si chiamano le forze dell’ordine e al loro arrivo (ore 5,30)
si contiene il paziente al letto;
si somministra terapia sedativa.
Alle 5,40 Daniele sembra meno spaventato e si addormenta.
Si emette Trattamento Sanitario Obbligatorio.
Da questo momento inizia,
per Daniele, un calvario caratterizzato da lunghi periodi di
contenzione al letto, sofferenza psichica e fisica, dolore, sconforto in presenza, d’altro canto, di un grave stato dissociativo e florida ideazione delirante. Il medico a cui viene assegnato il paziente appare fin dall’inizio estremamente cauto in
ogni decisione clinica: usa la
prescrizione dei farmaci come
se si trattasse di bombe innescate, sembra temerne ogni
probabile effetto indesiderato.
Tale caratteristica è nota al
gruppo di lavoro da sempre, poiché metodica abituale di approccio operativo del medico in
questione.
Trascorrono i giorni ma la
blanda sedazione e il ritardo del
ripristino della terapia neurolettica precedentemente assunta
dal paziente fanno si che Daniele resti contenuto al letto a fronte di atteggiamenti afinalistici,
delirio franco e forte agitazione.
Il nervosismo tra i colleghi
aumenta poiché fermamente
convinti che per ridurre la contenzione fisica e i relativi danni psicofisici (Daniele urla, piange, si dimena, si procura escoriazioni, cominciano ad apparire i primi danni cutanei da
pressione) sia necessaria una
maggiore sedazione.
Durante le riunioni mediciinfermieri del mattino alcuni
colleghi provano a pronunciarsi in merito, ma non vengono
presi in considerazione.
Dopo dieci giorni si dà inizio alla tanto agognata terapia
neurolettica (terapia che aveva tenuto Daniele in un buono
stato di compenso per circa dieci anni) la quale, come da sue
caratteristiche, deve essere assunta con dosaggi iniziali molto bassi e incrementata di piccole quantità ogni giorno.
Dopo quattro giorni, però, un
esame ematico di poco superiore ai limiti di norma spinge il medico curante a sospendere di colpo la terapia e a ricominciare un
nuovo periodo di “wash-out”.
Va precisato che l’esame
ematico in questione, nei giorni precedenti, si è sempre mantenuto entro i limiti di norma
ritornando nel normale “range”
fin dallo stesso pomeriggio.
È lecito quindi pensare che
possa essersi trattato di un errore di laboratorio e che l’allarmismo del medico curante sia
stato alquanto eccessivo.
Tale decisione riporta le lancette dell’orologio indietro di
diversi giorni e riporta ancor più
nello sconforto l’intera equipe
di lavoro.
Principi e concetti
etici in gioco
Dal punto di vista infermieristico il principio etico più importante messo in discussione
è senz’altro quello di “non maleficenza” (l’obbligo di evitare
di fare del male).
Il Codice Deontologico attualmente in vigore, all’articolo 9 recita: “L’infermiere, nell’agire professionale, si impegna
ad operare con prudenza al fine di non nuocere”.
Il paziente si trovava sicuramente in una posizione di
estrema “disabilità e svantaggio”, situazione che necessitava di una forte alleanza terapeutica.
Il principio di non maleficenza viaggia di pari passo con
quello di “beneficenza” (il dovere di operare il be-ne), poiché
sarebbe molto riduttivo limitarsi solo a non nuocere.
Per questo, oltre a citare
nuovamente l’articolo 9, riporto come significativo anche l’articolo 7 “L’infermiere orienta la
sua azione al bene dell’assistito
di cui attiva le risorse sostenendolo nel raggiungimento della
maggiore autonomia possibile,
in particolare, quando vi sia disabilitàà, svantaggio, fragilità”.
Altro principio etico è quello di fedeltà, intesa come “[?…]
l’obbligo di restare fedeli ai propri incarichi” (Fry, Veatch, 2000),
laddove tra i doveri impliciti in
un rapporto di fiducia tra infermiere e paziente c’è anche
il “Patto infermiere-cittadino”
(1999). Questi recita, tra l’altro,
che “io infermiere mi impegno
nei tuoi confronti a segnalare
agli organi e figure competenti
le situazioni che ti possono causare danni e disagi”.
Per quanto concerne i concetti etici essi sono presenti
nella loro totalità, ovvero advocacy, competenza, cooperazione e caring.
Advocacy per quanto concerne la parte di tutela dei di-
27
professioneinfermiereumbria2/11
to della sua “tridimensionalità” bio-psico-sociale.
Quale significato
hanno i valori implicati?
RISCOSSIONE
QUOTA
ANNO 2011
COLLEGIO DI PERUGIA
el mese di marzo 2011
è stato inviato il bollettino
postale precompilato
per il pagamento della quota
dell’anno 2011 con
scadenza 30 marzo 2011.
Nel caso in cui non si sia
ricevuto il bollettino postale
o si sia accidentalmente
smarrito, vengono di seguito
riportate le coordinate
di conto corrente postale
su cui effettuare il versamento:
c/c postale n° 14501068
N
Intestato a:
Collegio IP.AS.VI. di Perugia
Via Manzoni, 82
06135 Ponte S. Giovanni (Pg)
Causale:
Quota associativa
anno 2011
Importo:
e 55,00 (cinquantacinque)
A coloro che non avessero
provveduto nei tempi
di scadenza al pagamento
della quota saranno spediti
i relativi solleciti.
Qualora si rendesse
necessario una verifica,
l’ufficio di segreteria richiederà,
come prova di avvenuto
pagamento, l’esibizione
della ricevuta
di versamento. ●
Garantire il paziente in merito a potenziali fonti di pericolo è un obbligo morale importantissimo, per gli infermieri.
Un ambiente contenitivo, in
senso lato, è senz’altro la risposta migliore a pazienti che si
presentano con le caratteristiche di Daniele: tutti concordiamo che è necessario mettere il
paziente in condizioni di non
nuocere a sé stesso e agli altri
(principio di non maleficenza).
È necessario attuare una
contenzione “forte”, ovvero farmacologica e/o fisica, poiché
non è possibile (vista la forte
componente aggressiva di Daniele) metter in atto comportamenti contenitivi più “leggeri”.
Un altro valore importantissimo, per gli infermieri, è il rispetto dei diritti umani e quindi fare in modo che il ricorso
alla contenzione fisica sia “[?…]
evento straordinario, sostenuto da prescrizione medica o da
docu-mentate valutazioni assistenziali” (Codice Deontologico dell’Infermiere, 2009).
D’altro canto anche per la
contenzione farmacologica esiste un limite al suo abuso, all’interno del Codice Deontologico, ma il gruppo professionale è convinto che possa essere
meno traumatico e dannoso per
il paziente.
Su questo aspetto, però, il
gruppo è sostenuto da una
convinzione debole: è consapevole di non possedere una
profonda conoscenza degli effetti a lungo termine, e quindi dei danni, di una pesante terapia sedativa.
spazioaperto
ritti (Codice Deontologico, articolo 30: “L’infermiere si adopera affinché il ricorso alla contenzione sia evento straordinario, sostenuto da prescrizione
medica o da documentate valutazioni assistenziali”).
Competenza/responsabilità
per quel che riguarda l’esperienza, la preparazione, la cultura e la capacità di rispondere responsabilmente del proprio
operato (Codice Deontologico,
articolo 11: “L’infermiere fonda il proprio operato su conoscenze validate e aggiorna saperi e competenze attraverso
la formazione permanente, la
riflessione critica sull’esperienza e la ricerca. Progetta, svolge
e partecipa ad attività di formazione. Promuove, attiva e partecipa alla ricerca e cura la diffusione dei risultati”; articolo
12: “L’infermiere riconosce il valore della ricerca, della sperimentazione clinica e assistenziale per l’evoluzione delle conoscenze e per i benefici sull’assistito”; articolo 13: “L’infermiere assume responsabilitàà
in base al proprio livello di competenza e ricorre, se necessario, all’intervento o alla consulenza di infermieri esperti o specialisti. Presta consulenza ponendo le proprie conoscenze ed
abilità a disposizione della comunità professionale”).
Cooperazione come partecipazione attiva all’interno della comunità di operatori sanitari (Codice Deontologico, articolo 14: “L’infermiere riconosce che l’interazione fra professionisti e l’integrazione interprofessionale sono modalità
fondamentali per far fronte ai
bisogni dell’assistito”).
Caring come prendersi cura della persona tenendo con-
28
spazioaperto
È però convinto di quanto
sia dannosa la contenzione al
letto di una persona, soprattutto per quanto concerne la sfera psicologica: molti pazienti,
anche a distanza di anni, non riportano particolari ricordi (piacevoli o meno) rispetto ad una
forte sedazione farmacologica,
quanto invece ricordano e riportano fedelmente emozioni e vissuti (negativi) relativi al periodo di contenzione al letto.
Qual è il significato
dei conflitti
per le parti implicate?
Gli infermieri sentono che
non si sta facendo abbastanza
per il paziente ma, nel contempo, sentono di non possedere
l’autorevolezza per convincere
il medico curante a cambiare regime terapeutico.
Inoltre sentono che sono divisi tra due interessi: la tutela
del paziente e la tutela dei buoni rapporti di collaborazione con
l’equipe medica; ovviamente gli
infermieri devono dare priorità
al valore più importante per il
gruppo, ovvero la tutela dei diritti del paziente.
Ma per far questo, come già
detto, dovrebbero essere maggiormente consapevoli dei temi di cui vorrebbero dibattere
col medico curante di Daniele.
Che cosa si dovrebbe fare?
La consapevolezza che, all’interno dell’ambiente di lavoro, è necessario un buon clima
collaborativo deve essere la base da cui partire.
Anche se demoralizzati dalla scarsa attenzione che i medici rivolgono al gruppo è sempre necessario non demordere
e continuare ad affermare con
decisione i propri punti di vista.
Sul lungo termine il gruppo
infermieristico deve assolutamente perseguire ciò che recita l’articolo 15 del Codice Deontologico: “L’infermiere chiede formazione e/o supervisione
per pratiche nuove o sulle quali non ha esperienza”.
Di fronte a casi come questi, quindi, gli infermieri devono farsi portavoce di bisogni
formativi, al fine di comprendere meglio fenomeni che sono di competenza di altre professioni ma che influenzano
fortemente anche il nostro operato, in merito a discipline come la farmacologia, l’epidemiologia, la statistica.
Conclusioni
Non è stato semplice analizzare le tematiche del caso in
questione, poiché le problematiche erano diverse e di difficile interpretazione.
Sicuramente l’esempio riportato ha evidenziato la necessità per gli infermieri di aggiornarsi, soprattutto sulle ultime
novità farmacologiche (la psichiatria ha arricchito negli ultimi anni il proprio repertorio
farmacologico, in particolare per
quanto concerne i neurolettici
e gli antidepressivi) e in merito
all’annosa questione della liceità della contenzione, unitamente ai rischi/benefici che ne conseguono dal suo uso/abuso.
La valorizzazione del ruolo
dell’infermiere passa anche da
momenti come questi, nei quali non si deve aver paura di mettersi in discussione.
un altro medico, sicuramente
più deciso del precedente.
Tale disposizione è, però, ufficialmente arrivata solo dopo
un confronto all’interno del
gruppo dei medici e parrebbe
non essere stata influenzata
dalle più volte accennate rimostranze degli infermieri.
Forse?…
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Note
(1)
Epilogo
In realtà il primario, dopo
due settimane di “tentennamenti” del medico curante, ha
deciso di affidare il paziente ad
La Schizofrenia Ebefrenica è una forma di schizofrenia (la più grave) che
si sviluppa quando il paziente è ancora giovane; caratteristica è la sensazione di superficialità che questi pazienti irradiano. La prognosi è decisamente sfavorevole.
✑
29
TRIAGE INFERMIERISTICO
UNA NUOVA SFIDA DALLE RADICI ANTICHE
Premessa
vogliamo che tutto ri“Semanga
com’è, bisogna che
tutto cambi” , affermava il Principe di Salina ne “Il Gattopardo”
di Tomasi di Lampedusa. Ed in
effetti alle volte, nella nostra società, irrompono grandi innovazioni che, a ben guardare, tanto nuove non sono.
L’introduzione del triage infermieristico nei Dipartimenti
di Urgenza-Emergenza ha rappresentato un fenomeno nuovo
per il panorama sanitario italiano, a tratti incostante, presente
ancora a macchia di leopardo.
Ma si è trattato comunque di
un grande salto di qualità per la
professione infermieristica, forse ancora non del tutto compreso nella sua portata generale.
L’innovazione ha ricalcato,
come avvenuto per altri aspetti
del mondo infermieristico italiano, consolidate prassi presenti all’estero. Ma, a differenza di quanto avvenuto in quei Paesi, qui l’introduzione di tale pratica è stata in alcuni casi sofferta, impegnativa, ci si è dovuti scontrare
con una classe medica diffidente, che ha considerato spesso l’infermiere del tutto inadeguato.
Ma se volessimo andare più
a fondo ed analizzare le radici
del triage infermieristico scopriremmo, con grande sorpresa,
che si tratta di una funzione per
nulla nuova e per nulla “copiata” da quei Paesi.
professioneinfermiereumbria2/11
Di per sé il triage non nasce
certo per gestire il sovraffollamento dei Pronto Soccorso,
bensì ha origini culturali lontane e forse oggi sconta alcune errate scelte nel campo delle politiche sanitarie.
In realtà origina dal settore
delle maxi-emergenze territoriali e, ancor prima, dalla gestione degli eventi bellici.
Le radici del triage infermieristico sono quindi da ricercare
in una cultura sanitaria tesa a
garantire la sopravvivenza al
maggior numero di persone possibili, ben lontana da quella funzione di “accettazione” che oggi talvolta assume.
La storia della medicina bellica è tanto affascinante quanto cruenta, ma ci racconta della gestione sanitaria dei feriti
nei conflitti sin dagli antichi romani, anche qui con protocolli
di intervento precisi, strumentazioni particolari, personale
(anche “infermieristico”) perfettamente predisposto.
L’allestimento dei soccorsi
sanitari bellici è presente nel
mondo classico, nel Medioevo,
nel Rinascimento, sino ai nostri
giorni. Durante il medioevo il
triage si legò ad una consuetudine cruenta: l’utilizzo di uno
stiletto chiamato “Misericordia”,
attraverso cui dare il colpo di
grazia al combattente agonizzante sul campo di battaglia e
ormai non più recuperabile.
Ma la parola “triage” (dal
verbo francese “trier”, scegliere) venne usata per la prima volta nelle campagne napoleoniche, quando il chirurgo capo dell’armata francese, il famoso barone Jean Dominique Larrey, organizzò i soccorsi ai soldati feriti nel campo di battaglia.
Egli scelse di soccorrere prima quelli che avevano subito lesioni meno gravi, poiché sarebbero stati anche quelli più rapidamente recuperabili e da rimandare in battaglia. Pertanto
il soccorso infermieristico bellico si proponeva di curare in
prevalenza i militari che potevano essere ancora d’interesse
operativo, selezionandoli attraverso il procedimento di triage.
Nella campagna napoleonica d’Italia del 1796-97 abbiamo
una organizzazione sanitaria come mai si era vista prima: le ambulanze erano dotate di quattro
carri a 4 ruote, otto carri a 2 ruote ricoperti di teli impermeabili
e con aperture per la ventilazione, vi era una dotazione di chirurghi maggiori, aiuti chirurghi
con strumentazioni di sala operatoria e medicazioni, aiutanti,
farmacisti, 12 infermieri a cavallo e 25 infermieri a piedi.
Nel 1807 l’organizzazione
del soccorso bellico dell’esercito napoleonico prevedeva addirittura dei “soldati infermieri”
con il compito di soccorrere e
raccogliere feriti, senza che si
abbandonasse il campo di bat-
spazioaperto
D I M I C H E L E B E L L AV E G L I A
INFERMIERE ESPERTO DISCIPLINE GIURIDICHE APPLICATE ALL’INFERMIERISTICA - PERUGIA
30
spazioaperto
taglia. Gli eserciti napoleonici
sono seguiti da ospedali campali in tende, perfettamente organizzati ed attrezzati, normati e
con un’attenta suddivisione dei
pazienti per ordine di gravità.
Gli infermieri in scenari di
guerra (quelli che oggi chiamiamo “combat nurse”) riceveranno un addestramento specifico, perché si comprende da subito che l’esigenza preminente
non è affatto quella dell’immediato trasporto alle strutture sanitarie, bensì quella del trattamento precoce.
In un documento dell’epoca si affermerà: “Non si tratta
di tramutare un corpo da un luogo all’altro, per far ciò chiunque è capace, e non sarebbe
punto necessaria l’istruzione di
un corpo speciale quale è quello degli infermieri militari” Sin
dal 1800 gli infermieri militari
dell’esercito italiano operavano il triage direttamente sul
campo di battaglia, con modalità simili all’attuale concezione e con gli stessi fini.
Tale operazione veniva chiamata “cernita” e venivano utilizzate, a tale scopo, quelle schede (con tagliando rosso o verde)
che poi si trasformeranno nelle
attuali schede di triage, sulle
quali apporre la trasportabilità
del malato, la problematica riscontrata, le operazioni svolte.
Tale scheda veniva apposta, ben in mostra, sul cappotto del ferito ed era funzionale
alla cernita. Cernita, dal latino
“cernere”, scegliere, selezionare (come la famosa parola delle guerre napoleoniche), quell’atteggiamento fermo che origina dall’esigenza di salvare il
maggior numero di individui e
che costringe altri ad una pericolosissima attesa.
Da noi le prime postazioni
di Pronto Soccorso extraospedaliero di natura civile sorge-
ranno solamente nei primi anni del ‘900, soprattutto in relazione all’aumento di infortuni
sul lavoro che si presenteranno con l’industrializzazione. Nasceranno così le prime guardie
medico – chirurgiche ed ostetriche, dotate di mezzi per trasportare velocemente il malato al più vicino ospedale.
Tali mezzi erano, già a quel
tempo, in comunicazione telefonica con l’ospedale per informarsi sui posti letto disponibili
e dare avviso dell’arrivo di malati e feriti. Da quel momento
in poi l’evoluzione del soccorso
extraospedaliero sarà incessante e porterà gradualmente al
moderno concetto di triage. Eppure tutto originò da quella iniziale necessità di ridurre il picco di mortalità post - trauma in
campo bellico, attraverso le terribili diciture: “ferito lieve”, “ferito al quale è necessario un soccorso”, “ferito insanabile”.
Il triage, come lo intendiamo oggi, origina negli anni ‘60
negli Stati Uniti, al fine di gestire il progressivo sovraffollamento delle strutture di Pronto Soccorso. Qui la popolazione non gode di un S.S.N. che si
fa carico delle prestazioni sanitarie e tutto è organizzato attraverso assicurazioni personali, che non tutti possiedono.
Per la legge americana solamente il Dipartimento di
Emergenza è tenuto a prestare gratuitamente assistenza a
chiunque, fenomeno che farà
lievitare vorticosamente gli accessi alla struttura.
In alcuni Dipartimenti degli Stati Uniti si avranno picchi di attesa di 16-18 ore, con
percentuali del 15% di pazienti che si allontanano prima di
essere visti. In generale il sovraffollamento dei Pronto Soccorso è un fenomeno che ha
investito tutto il mondo indu-
strializzato, con una crescente
incidenza di casi non urgenti.
La spiegazione di tale fenomeno è piuttosto articolata: da
un lato abbiamo un cittadino
che identifica l’ospedale come
unico polo qualificato a porre
diagnosi ed a trattare casi complessi, dall’altro vi è una crescente sfiducia nel ruolo del
medico di base e nelle strutture sanitarie locali, un pericoloso aumento delle liste d’attesa, la soppressione di molti piccoli ospedali di zona.
Il Pronto Soccorso diventa
allora un primo contatto, uno
smistamento verso le specialistiche, un primo modo per identificare i bisogni del paziente.
In Italia il triage nasce agli
inizi degli anni ‘90 in maniera
pionieristica ed in assenza di riferimenti normativi specifici,
sull’esempio delle consolidate
esperienze statunitensi.
La materia verrà normata,
con una certa precisione, nel
1996, attraverso la pubblicazione delle “Linee guida per il sistema emergenza-urgenza”, in
applicazione a quanto prevedeva il D.P.R. 27 Marzo 1992 del
Ministero della Sanità.
In questo documento, per
la prima volta, si parlerà di triage, precisando anche che: “Tale funzione è svolta da personale infermieristico adeguatamente formato, che opera secondo protocolli prestabiliti dal
dirigente del servizio”.
Attraverso la nuova modalità di gestione del paziente ci
si è gradualmente resi conto di
quanto fosse importante instaurare un nuovo concetto di presa in carico dell’emergenza/urgenza, di quali ricadute abbia
sul percorso del paziente e sul
funzionamento globale della
struttura. Da quella prima applicazione di codici colore ad oggi molte cose sono cambiate, il
spazioaperto
31
professioneinfermiereumbria2/11
note e annotazioni in corsia
legislatore ha più volte normato la materia, si sono sviluppati precisi protocolli di gestione
e si è radicalmente modificato
l’utilizzo di persone, mezzi, dispositivi diagnostici.
Il lavoro dell’infermiere triagista è quindi passato da mera funzione di accoglienza a importante gestione di un percorso, che non si traduce solo in
un corretto iter del paziente ma
in un globale management di
risorse.
L’infermiere triagista, nella
nuova funzione che riveste, ha
dovuto far conto anche con un
altro importante tassello: i rapporti con l’esterno, con l’utenza e chi accompagna l’utenza.
In qualche modo è divenuto “front office”, intermediario
tra l’utenza e la struttura sanitaria e non sono rari i casi in
cui, a tutt’oggi, i cittadini mal
comprendono le funzioni del
triagista, le guardano con diffidenza, non pongono fiducia.
Questo ha generato (talvolta)
tensioni, accuse di inappropriatezza e malpractice.
Ma l’infermiere triagista è
tutt’altro che una figura di “smistamento inconsapevole”, lo
scenario attuale ci parla anzi di
interessantissime esperienze
pionieristiche, che molto ci dicono su quello che potrebbe essere il futuro triagista.
Nel nostro Paese abbiamo
infatti realtà in cui gli infermieri si stanno occupando della gestione degli accessi non urgenti o a bassa complessità assistenziale, esperienze di “percorsi brevi” in cui si riconosce all’infermiere triagista la facoltà
di inviare direttamente i pazienti con codici verdi o bianchi in
reparti specialistici, sperimentazioni in cui si autorizza l’infermiere a richiedere esami radiologici per pazienti con patologia traumatica minore, am-
SLOW HOSPITAL
DI MARIA CAPELLO
l tempo abbia tempo e che ci dia tempo.
Avete mai l’impressione di non avere il tempo di fare
ciò che si desidera fare perché corre troppo velocemente?
È anche vero che viviamo in una società in cui la velocità
fa da padrona: internet, ADSL, banda larga, banda stretta,
banda elastica, che però serve a noi infermieri
per le nostre articolazioni un po’ acciaccate.
Tutto sinapticamente organizzato per correre e non pensare.
Ma è proprio vero che tutti riusciamo a correre
allo stesso modo e restare aggrappati al tempo?
Magari i giovanissimi lo sono di più, hanno un’organizzazione
mentale celermente organizzata per questa era super-tecnologica.
Ma tutti dobbiamo stare aggrappati al tempo per non perdere
tempo e per non essere sconfitti dal tempo.
Oggi si cresce per restare giovani. La società è organizzata
per confermarsi giovane e per diventare sempre più giovane.
Dal business economico:
• chirurgia estetica, prodotti cosmetici, botulino, silicone,
acido ialuronico, palestre improntate sul culto del corpo
sempre perfetto, tonico, muscoloso
• alla televisione ricca di programmi orientati verso i giovani:
giovani amici che però litigano perché sono nemici,
giovani veline, letterine, schedine, fin’anche alle trasmissioni
di giovani anziani che imitano le troniste e i tronisti per trovare
il fidanzato o la fidanzata, decadenza della saggezza
• al cinema che propone film di giovani adulti con la perenne
crisi d’identità e della paura di crescere, partendo da “l’ultimo
bacio”, “scusa se ti amo, scusa ma ti odio, scusa ma ti voglio
sposare ma sappi che chiederò il divorzio dopo essermi fatto
l’amante, sino ad “immaturi”, giovani adulti che devono
ripetere l’esame di maturità immedesimandosi nel ruolo
dell’eterno adolescente
• la moda che ci vuole tutti magri, alti, belli, in grado d’indossare
vestiti aderentissimi degni delle sfilate milanese.
I
La società civile che d’esempi non ce ne risparmia alcuno.
Non si capisce più quale sia il confine dell’età del tempo,
di quel tempo che era chiamato “vecchio”.
Il vecchio ormai appare solo nelle cose che l’ultimo dell’anno
buttiamo dalla finestra. Per carità anche a me fa impressione
la parola “vecchio” e la sostituisco con la parola grande.
Insomma, si rifiuta la modificazione del corpo che il tempo
plasma sulla pelle, si vive dunque una paradossale
crisi d’identità del tempo.
L’Italia è uno dei paesi più vecchi d’Europa. La percentuale
di popolazione di 65 anni e oltre è passata dal 15,3%
del 1991 al 18,7% del 2001. La popolazione di 75 anni
e oltre è passata dal 6,7% del 1991 all’8,4% del 2001.
I “grandi vecchi”, cioè la popolazione di 85 anni e oltre
è passata dall’1,3% del 1991 all’attuale 2,2%.
Le regioni più anziane sono, in ordine: la Liguria, l’Umbria,
l’Emilia-Romagna e la Toscana (Dati Istat 2001).
E attendiamo il quindicesimo censimento Istat che ci sarà
proprio quest’anno.
(segue a pag. 32)
note e annotazioni in corsia
32
spazioaperto
È inutile nascondercelo, sappiamo che la popolazione italiana
invecchia sempre più, che fra un po’ ci saranno più badanti
che bambini, che l’elisir di lunga vita non sia stato ancora trovato,
perciò ancora oggi nel terzo millennio ci s’invecchia e invecchiando
si perdono capacità fisiche e prontezze di riflesso.
Anche la sanità rispecchia la nostra vita sociale, in altre parole,
l’assetto assistenziale è organizzato secondo gli attuali schemi
di velocità supersonica per riuscire a fare tutto, sproporzionato
rispetto al numero esiguo del personale.
Le corsie italiane sono sempre più popolate da “giovani anziani”
che il tempo porta a revisionare i loro corpi come il motore
delle macchine. L’ospedale dunque, meccanico e l’elettrauto
del corpo umano, in quest’epoca super veloce deve affrontare
il fabbisogno lento dei nostri anziani e il paradosso del tempo
è vissuto anche dagli operatori sanitari. In pratica è come se
rifiutassimo la lentezza del tempo che ci mette nella condizione
di dover entrare in contatto anche con il nostro tempo lento.
Dunque, medici, infermieri, OSS, tecnici, fisioterapisti, dietisti
negli ospedali devono far fronte a questo esercito di persone
anziane che affollano le corsie, propriamente o impropriamente,
non avendo dalla loro parte purtroppo una rete di servizi territoriali
tali da supportare questa grande mole di fabbisogno sanitario.
È anche vero che abbiamo a che fare con una tale crisi economica
per cui è stato necessario apportare tagli sul personale
e che il governo centrale pur essendo costituito per la maggior
parte da “giovani e ringalluzziti anziani” badano a tagliare spese
e non alla reale condizione degli ospedali (vedi regione Lazio),
che però devono far fronte quotidianamente all’emergenza
secondo l’equazione:
- [ (personale) + (pazienti) ] = (?)
Tanti posti letto
L’incognita può essere presto risolta facendosi un giro tra le corsie.
Questo esercito di “giovani anziani” è come aver a che fare
con bambini che hanno bisogno d’essere accuditi amorevolmente.
Quando sono in ospedale diventano poi come neonati in fasce
i cui bisogni sono totali: dal pannolone da cambiare ed essere
imboccati nei pasti quotidiani, all’essere aiutati nell’assunzione
dei farmaci ed ascoltati e rassicurati dalle loro paure e solitudini.
Insomma il tutto si traduce in un tempo che non può essere
veloce, il loro tempo è un tempo lento ed il personale
deve adeguarsi al loro tempo, ma per adeguarsi al loro tempo
è necessario che ci sia più personale.
Invece l’intera organizzazione ospedaliera è improntata sull’ADSL
dalla banda larga, pochi corrono per riuscire a fare tutto
e non si ha tempo di fare proprio tutto a molti. Questioni di priorità.
Come si dice, è un cane che si morde la coda.
Riadattiamo nuovamente il tempo all’essere umano.
Riedifichiamoli questi slow hospital, oasi felici nonostante
la malattia.
Che la priorità nello slow hospital sia anche quella
di dedicare pure un tempo al sorriso che può curare
insieme alla medicina, dare spazio all’ascolto che fa bene
alla psiche e contribuisce alla guarigione.
Noi infermieri siamo formati pure per fare questo, però bisogna
avere anche il tempo di bloccare il tempo, come un’immagine
alla moviola da non applicare solo alle partite di calcio,
ma anche alla vita reale e si spera all’assistenza ideale. ●
(Indirizzo e-mail e blog dell’autore Maria Capello, Infermiera UTIC Santa Maria della
Misericordia, Perugia, a cui potersi rivolgere per condividere idee ed opinioni
[email protected] – www.effettoparadosso.com)
bulatori infermieristici che gestiscono codici bianchi ed altro.
Tutte esperienze che hanno anche alimentato, in questi ultimi tempi, timori di una eccessiva valorizzazione dell’infermiere, sino al punto di ipotizzarne una attribuzione di competenze strettamente mediche,
ma che in realtà si traduce solamente in una legittima crescita di autonomia.
Allora, in qualche modo, l’infermiere triagista, viene/verrà a
trovarsi tra due fuochi: da un lato la diffidenza di una società
che ancora mal conosce le sue
competenze professionali, dall’altro le incertezze di una categoria medica che teme di perdere settori di competenza.
Come potrà difendersi da
tutto ciò l’infermiere triagista
? Probabilmente attraverso la
dimostrazione della propria
competenza e professionalità.
In medicina nulla è improvvisabile: tutto è stabilito da precisi percorsi standardizzati, validati, riconosciuti dalla comunità internazionale.
Questi, quando ben applicati, sono in grado di mettere
l’operatore sanitario al riparo da
accuse, da denunce, da sospetti. Per tale motivo un corretto
percorso da intraprendere è certamente quello di tendere ad un
continuo lavoro su sé stessi attraverso l’aggiornamento e la
formazione, al fine di assimilare intimamente quei contenuti
che sono in grado di farci operare in modo efficace, efficiente, qualitativamente eccellente.
L’autonomia professionale degli infermieri di questi ultimi decenni passa pertanto attraverso questa sfida: quell’assunzione di responsabilità che origina
da un lavoro su di sé, sulle proprie conoscenze e sull’aumento, quindi, della propria competenza e professionalità. ✑
A CURA DEL COLLEGIO DI TERNI
FORMAZIONE E AGGIORNAMENTO
GLI APPUNTAMENTI
■ ORVIETO (TR)
23-24 SETTEMBRE 2011
La determinazione
del fabbisogno
di personale in Sanità.
Metodi e strumenti orientati
alla tracciabilità
della complessità
assistenziale mediante
la metodologia ICA
e al sistema ICACODE
IN FASE DI ACCREDITAMENTO
Segreteria organizzativa:
Effegi viaggi di Easy Tour S.r.l.
Tel. 0763344666
Fax 0763343943
e-mail [email protected]
■ BOLOGNA
29 SETTEMBRE 2011
Aspetti giuridici,
rsponsabilità e funzioni
del Coordinatore
e dell’Infermiere
in sala operatoria
CREDITI E.C.M. 7,5
Segreteria organizzativa:
Format S.a.s.
Tel. 0533713275
Fax 0533717314
e-mail [email protected]
www.formatsas.com
■ ROMA
5-8 OTTOBRE 2011
X Congresso E.N.D.A.
IN FASE DI ACCREDITAMENO
Segreteria organizzativa:
C.I.D. c/o Effegi viaggi
di Easy Tour S.r.l.
Tel. 0763344666
Fax 0763/343943 e-mail
[email protected]
■ ROMA
12-15 OTTOBRE 2011
XII Conferenza Nazionale
di Sanità pubblica
IN FASE DI ACCREDITAMENTO
Segreteria organizzativa:
Iniziative Sanitarie S.r.l.
Tel. 065919418
Fax 065204140
■ PERUGIA
14 OTTOBRE 2011
Rilevazione ed utilizzo
dei carichi di lavoro
IN FASE DI ACCREDITAMENTO
Segreteria organizzativa:
Vidotto Fabio
Tel. 0438401630
Fax 0438403895
e-mail: [email protected]
■ ROMA
20-22 OTTOBRE 2011
III Congresso Nazionale
della Società italiana
di gestione e impianto
degli accessi vascolari
IN FASE DI ACCREDITAMENTO
Segreteria organizzativa:
F.IMO. S.r.l.
Tel. 0556800389
Fax 055683355
e-mail [email protected]
www.fimo.biz
■ MESTRE (VE)
20 OTTOBRE 2011
Gli antibiotici parenterali:
responsabilità e competenze
dell’Infermiere
per la gestione
e il monitoraggio
CREDITI E.C.M. 7,5
Segreteria organizzativa:
Format S.a.s.
Tel. 0533713275
Fax 0533717314
e-mail [email protected]
www.formatsas.com
■ FIRENZE
27 OTTOBRE 2011
Day Surgery in Ortopedia
e Traumatologia
CREDITI E.C.M. 7,5
Segreteria organizzativa:
Format S.a.s.
Tel. 0533713275
Fax 0533717314
e-mail [email protected]
www.formatsas.com
■ ROMA
16-18 NOVEMBRE 2011
XXX Congresso Nazionale
A.N.I.A.R.T.I.
IN FASE DI ACCREDITAMENTO
Segreteria organizzativa:
A.N.I.A.R.T.I. Roma
Tel. 055434677
Cell. 3404045367
www.aniarti.it
IL TEMA SCELTO DAL COMITATO CENTRALE PER I LAVORI DEL
XVI CONGRESSO NAZIONALE IPASVI
BOLOGNA 22-23 E 24 MARZO 2012
è quello del contributo che la professione infermieristica
garantisce al sistema salute attraverso la propria cultura.
Una cultura innovativa, moderna e capace di superare criticità
e di risolvere problemi aperti.
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Collegi IPASVI Perugia