La Sessualità attesa I
disabilità e sfera sessuale
Prof. Fabrizio Quattrini
Dipartimento di Scienze Cliniche e Sperimentali - Chieti
Istituto Italiano di Sessuologia Scientifica - Roma
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handicap & sessualità
in Italia i primi scritti sulla tematica risalgono al 1974
con il testo di Cesare Padovani “La speranza
Handicappata”, dove viene dato risalto alle risposte
evasive e inconcludenti dei genitori, spesso dannose,
relative alla sessualità in persone con disabilità.
ho visto mio figlio masturbarsi! Che devo fare?
ho trovato una lettera che parlava di certe “cose” che lui non dovrebbe...
l’insegnante di mio figlio mi ha riferito che G. si masturba in classe sotto il banco.
handicap & sessualità
nel 1977 il Centro di Educazione Matrimoniale e
Prematrimoniale (CEMP) di Milano organizza un
congresso internazionale dal tema “Sessualità e
Handicappati”, dove emerge il bisogno e la necessità
di aiutare in primis le persone con disabilità, che
tendono ad isolarsi e chiudersi quando si tratta di
sessualità e, in una dimensione tridimensionali gli altri
individui coinvolti quali familiari ed educatori.
handicap & sessualità
nello specifico vengono individuate tre fasce di soggetti coinvolti:
operatori sociali. Il loro interesse e la loro attenzione sono rivolti soprattutto ai
problemi tecnici, alle relazioni scientifiche degli esperti (necessità di sapere)
genitori e familiari. Il loro coinvolgimento è estremamente emotivo ed intenso,
meno disponibili alle trattazioni teoriche, maggiormente interessati ad eventuali
proposte d’intervento e suggerimenti
gruppi di animazione sociale e mobilitazione politica degli stessi disabili. Il
loro obiettivo è spesso quello di denuncia e contestazione, che spesso però ha
come risultato la negazione del disagio, con tutti i problemi di mistificazione e di
derealizzazione dell’handicap che ne conseguono.
“Perché non sia negato alle persone diversamente abili il
diritto ad essere individui alla pari di tutti gli altri è
necessario che in questa nostra società traboccante di
tabù e di condizionamenti avvenga un cosciente
rinnovamento di mentalità sulla base di una salda
solidarietà umana”
Baldaro Verde et al., (1987)
“non può essere rifiutato alle persone disabili la possibilità di avere delle relazioni
sessuali e di procreare. I diversamente abili devono avere pieno accesso ai
metodi di pianificazione familiare e d’informazione sulla sessualità, che devono
essere forniti seguendo le potenzialità e le risorse individuali. Gli Stati membri
devono promuovere misure necessarie a modificare gli aspetti negativi ancora
vigenti nella società relativamente al matrimonio e alla procreazione. Le persone
con handicap e le loro famiglie devono essere pienamente informate sulle
precauzioni necessarie da prendere contro le violenze e le sevizie di tipo
sessuale”
ONU (1983)
“La convenzione dell’ONU nel dicembre del 2006 riafferma
il carattere universale, indivisibile, interdipendente e
indissociabile di tutti i Diritti dell’uomo e di tutte le libertà
fondamentali e la necessità di garantire il piacere sessuale
alle persone con handicap senza discriminazione di sorta.”
La famiglia
La nascita di un bambino con disabilità mette i genitori
di fronte ad un complesso riadattamento socio-emotivo.
La funzione della famiglia nei confronti del bambino è
quella di permettergli il passaggio dal suo mondo a
quello degli adulti e in definitiva a quello della società.
La disabilità pone gli adulti di riferimento di fronte ad un
riadattamento spesso difficile da identificare. La
sessualità può complicare il precario equilibrio raggiunto
La famiglia
La famiglia come fattore complesso e ricco di variabili.
I tre fattori della famiglia con un figlio portatore di
handicap: angoscia; isolamento sociale e necessità
di un riequilibrio interno
La famiglia
ANGOSCIA
nella madre emerge una profonda lacerazione dell’autostima, provocata dalla
ferita narcisistica di non essere riuscita come donna a generare un figlio sano.
Importanza di una ambivalenza e di una lotta emotiva che porta a stringere un
legame affettivo doppio con il figlio: amore/paura di odiare; accettazione/difficoltà
a tollerare
Il padre vede il dolore, ma non può aiutare. Spesso appare un crollo delle
aspettative e in un certo senso della sua virilità.
Anche i nonni spesso sono vittime di un senso di angoscia tipico di chi è riuscito a
generare in modo sano e chi no!
Angoscia e depressione spesso associate a disperazione.
La famiglia
ISOLAMENTO SOCIALE
Il sociale collude con la famiglia con figlio disabile. Alimenta costantemente uno
stato di angoscia. Vorrebbero aiutare, ma poi si ritrovano impotenti. Sembra che
non riescono a reggere il dolore della famiglia unendo quindi il proprio stato
angoscioso. Invece di accettare, consigliano; invece di ascoltare fuggono; invece
di rassicurare vorrebbero loro stessi essere rassicurati.
In una situazione così complessa il nucleo della famiglia con un figlio
diversamente abile percependo un aiuto e un senso di colpa tenderà a chiudere
tutti i rapporti , isolandosi. “Castigo di Dio che va espiato”!
La famiglia
NECESSITA’ DI UN RIEQUILIBRIO INTERNO
aspetto estremamente rigido, perdita della flessibilità e cristallizzazione delle
regole familiari alle minori potenzialità del sistema.
trasformazione del figlio con disabilità in figlio con potenzialità “normali”
La famiglia
Spesso l’individuo con handicap (nello specifico quello psichico e motorio) viene
considerato come un bambino innocente privo di sessualità, con un corpo
dimezzato che non può avere alcun rendimento sessuale, oppure come un
individuo, che se e quando manifesta desiderio sessuale, viene giudicato
perverso, disinibito o con stimoli sessuali incontrollati.
ANGELO o DEMONIO quindi. Ma dietro questa visione, come una persona con
handicap si appresta a vivere la sua sessualità?
4 tipi di famiglie: 1) la famiglia con membro aggiunto; 2) famiglia handicappata; 3)
handicappato eterno bambino e 4) famiglia che ha elaborato il lutto.
La famiglia
Nella famiglia che adotta un membro aggiunto spesso si osserva l’introduzione di
un individuo, la prostituta, che permette di “normalizzare” lo sviluppo del figlio, ma
soprattutto rendere “normale” il bisogno di identificazione genitoriale. Il padre, mio
figlio ha i miei stessi gusti, è come me!
Nella famiglia handicappata accade invece che la soluzione del problema
avvenga con soluzione che sono interne al sistema della famiglia. Spesso i
genitori si concedono per il piacere del figlio distaccandosi totalmente dalla propria
visione e necessità di sessualità. (Marito deceduto, figlia con ritardo mentale che
dorme nel letto, madre che pratica massaggio ai genitali con crema. Figlia che
ripete inizia un auto massaggio, masturbazione, operatori che scoprono il rapporto
“incestuoso”)
La famiglia che si rapporta al figlio con handicap come se fosse un eterno
bambino utilizzano meccanismi quali la repressione e la negazione.
La famiglia
Nella famiglia che ha rielaborato il lutto della nascita di un figlio con handicap si
presenteranno tutte quelle difficoltà tipiche del periodo evolutivo di qualsiasi altro
ragazzo in pubertà ed adolescenza.
La necessità è quella di un supporto in relazione alla mancanza di conoscenze
sessuali, che deve essere maggiormente rinforzato escludendo false credenze e
tabù; i possibili ritardi psicofisici legati alle caratteristiche dell’handicap;
l’elaborazione dello stato ansioso relativamente alla propria sessualità e
corporeità; affrontare i problemi che l’adolescente può mettere in atto e relativi a
forme di dipendenza; imparare a non decidere al posto del figlio con handicap, ma
rispettare privacy e risposte chiare ed esaustive sul tema della sessualità,
affettività, corporeità e relazionalità.
La famiglia
Quali possono essere gli spunti da suggerire ad eventuali tecnici interpellati dalle
famiglie per risolvere disagi relativi alla sessualità e crescita emotiva del figlio con
disabilità?
capire le modalità in cui meglio si può essere ascoltati dalla famiglia;
intervenire sull’angoscia della coppia parentale, impedendo rapporti simbiotici o
rapporti periferici rispetto al problema handicap;
favorire l’elaborazione del lutto per il figlio che non è nato, proteggendo la famiglia
dalle eventuali colpevolizzazioni o dai sensi di colpa sia interni che esterni;
permettere che la coppia possa continuare ad avere una propria vita e non viva
solo in funzione del figlio con handicap;
evitare l’isolamento sociale;
ritirarsi, una volta constatando il riequilibrio, lasciando che la famiglia si riaggiusti
secondo i propri schemi, pur restando disponibili al bisogno
Gli operatori socio-sanitari
I vissuti degli operatori (educatori, assistenti, volontari) più che degli esperti tecnici
(medici, psicoterapeuti, fisioterapisti) sono molto simili a quelli descritti in
precedenza per i familiari. Nello specifico la costanza temporale e la forte
affettività che caratterizza l’esperienza relazionale, agevola l’immaginario
sessuale del disabile.
Le famiglie hanno paura del giudizio dell’operatore, come se elementi di una
pulsionalità erotico-sessuale del figlio nascondano una loro particolare educazione
sessuale (es masturbazione); ma anche gli operatori hanno paura di essere
giudicati dai familiari come portatori di rinforzi emotivo-erotico-sessuali nel
disabile, e quindi soggetti a pregiudizio.
Paure che si mischiano a tabù e alla pericolosità di acting out di tipo sessuale
Gli operatori socio-sanitari
necessità di aggiornamenti e formazione costante sulle tematiche della sessualità,
come pure di un percorso psicoterapeutico-sessuale per migliorare la propria
identità sessuale, la serena visione della sessualità, allontanando paure e tabù.
Come sottolinea Veglia (2000) per educare la sessualità di persone portatrici di
handicap e quindi per poter vivere serenamente un tale livello di coinvolgimento,
abbiamo dunque bisogno di conoscerci, di sapere che cosa ci spaventa, cosa ci
piace, cosa siamo disposti a condividere e cosa, invece ci è troppo penoso
affrontare. Ancora, abbiamo bisogno di fare riferimento ad una teoria della
sessualità nella quale possano essere immaginati spazi di vita, di espressione e di
intervento adatti ai disabili.
Diventa quindi necessario non inquadrare il sesso solo nell’attività di tipo coitale,
bensì attraverso un linguaggio che apra nuove prospettive per chi patisce i limiti
imposti dall’handicap.
Gli operatori socio-sanitari
Le tre dimensioni possono essere rappresentate dalla prospettiva biologica;
conoscitiva corporea e storica.
La biologia non riguarda solo la procreazione (importante elemento educativo),
ma anche l’aspetto strettamente genitale (piacere erotico) e emotivo-affettivo
tipico dei rapporti interpersonali (rinforzo del legame di coppia).
l’esplorazione corporea è relativa al piacere delle carezze; un’educazione al contatto che può dirigersi tanto all’autoerotismo, quanto alla semplice esplorazione
dell’altro diverso da sé.
la storia riguarda semplicemente il “legame”. Dare alla carezza una prospettiva nel
tempo, permette di costruire un progetto, una sequenza organizzata di immagini,
di gesti, di personaggi, di sensazioni. Rincontrarsi è un modo per riconoscersi, per
continuare a scegliersi, per raccontarsi l’amore attraverso una condivisione di
significati.
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“Corpi sessuati – disabilita` e sessualita” – Prof. Fabrizio Quattrini