CLUB ALPINO ITALIANO
Sezione di Varallo
Commissione scientifica
Paesaggi naturali e paesaggi antropici
LOCARNO (VARALLO, 432 M) - DOCCIO (QUARONA, 395 M)
La frequentazione del gabbio del Sesia: la pesca, il pascolo e la frutticoltura
CLUB ALPINO ITALIANO Sezione di Varallo
CLUB ALPINO ITALIANO Sezione di Varallo, Commissione scientifica
con la collaborazione di:
Associazione Anticendi Boschivi Quarona
Comune di Quarona
Comune di Carpignano
Consorzio Intercomunale “Valmastallone-Valsesia”
Corpo Forestale dello Stato, Comando Provinciale di Vercelli
Istituto comprensivo “Martiri della Libertà” di Quarona
Istituto Superiore d’Adda di Varallo
Società Valsesiana Pescatori Sportivi
e il patrocinio di:
Parco Naturale Alta Valsesia
Parco Naturale del Monte Fenera
Parco Naturale delle Lame del Sesia
a cura di Roberto Fantoni
con contributi di Lucio Bordignon, Riccardo Cerri, Edoardo Dellarole, Luca Donati, Roberto Fantoni, Anna Ferro,
Simone Franchi, Giuseppe Fumagalli, Maria Luisa Gallo, Simone Lonati, Mauro Festa Larel, Jacopo Ristori e
Antonio Rinaldi
© CAI sezione di Varallo, Commissione scientifica, 2009
Prima edizione marzo 2009
È consentita la riproduzione e la diffusione dei testi, previa autorizzazione della Commissione scientifica della sezione
del CAI di Varallo, purché non abbia scopi commerciali e siano correttamente citate le fonti.
INDICE
RIASSUNTI DELLE COMUNICAZIONI AL CONVEGNO “IL GABBIO DEL SESIA TRA LOCARNO E DOCCIO”
VENERDÌ 27 MARZO 2009
QUARONA, AUDITORIUM SCUOLA MEDIA DI QUARONA
Il progetto Paesaggi naturali, paesaggi antropici
Edoardo Dellarole
I ciottoli del Sesia dal Monte Rosa alla Pianura Padana
Roberto Fantoni
Viaggiatori del tempo
fotografie di Antonio Rinaldi
Morfologia e dinamiche fluviali
Maria Luisa Gallo
Il Gabbio di Doccio e di Locarno: ricchezza di habitat e di biodiversità
Simone Lonati
Sapere d’erbe e di frutta. Le erbe commestibili e le piante da frutto della piana alluvionale della bassa Valsesia nella
sapienza contadina
Anna Ferro
Convergenza di obiettivi per una gestione ecosostenibile della pesca
Giuseppe Fumagalli
L’avifauna del Sesia tra Doccio e Locarno
Lucio Bordignon
Il gabbio del Sesia tra Doccio e Locarno: un sito da salvaguaradre
Jacopo Ristori
Il progetto didattico
Mauro Festa Larel
GUIDA ALL’ESCURSIONE LOCARNO-DOCCIO LUNGO IL GABBIO DEL SESIA
DOMENICA 29 MARZO 2009 GIORNATA FAI DI PRIMAVERA
Roberto Fantoni, Lucio Bordignon, Riccardo Cerri, Edoardo Dellarole, Luca Donati, Anna Ferro, Mauro Festa
Larel, Simone Franchi, Giuseppe Fumagalli, Maria Luisa Gallo e Simone Lonati
RIASSUNTI DELLE COMUNICAZIONI AL CONVEGNO
“IL GABBIO DEL SESIA TRA LOCARNO E DOCCIO”
VENERDÌ 27 MARZO 2009
QUARONA, AUDITORIUM SCUOLA MEDIA DI QUARONA
IL PROGETTO PAESAGGI NATURALI, PAESAGGI ANTROPICI
Edoardo Dellarole
Le valli del Sesia, ubicate tra il margine padano ed il
Monte Rosa, presentano un’estrema varietà di
paesaggi naturali.
Le diversità geomorfologiche, climatiche e botaniche
hanno creato i presupposti per una frequentazione
differenziata del territorio valsesiano, che ha originato
una grande varietà di paesaggi antropici.
Una fitta rete di sentieri, ripristinati e segnalati negli
ultimi due decenni dalla Commissione segnaletica
della sezione di Varallo del CAI, permette la fruizione
escursionistica di tutti i settori della Valsesia lungo
itinerari caratterizzati dai suoi diversi paesaggi naturali
ed antropici.
La commissione scientifica della sezione di Varallo
del CAI nel 2006 ha inaugurato una serie di sentieri
dedicati all’osservazione di questi paesaggi naturali ed
antropici.
La prima proposta dei diversi percorsi è avvenuta, con
cadenza annuale, in corrispondenza delle giornate FAI
di primavera.
Negli anni successivi sono stati proposte due
escursioni dedicate all’oro del Monte Rosa (2007) e
alle terre del Nebbiolo del Piemonte settentrionale
(2008).
Fig. 2 - Il gabbio del Sesia tra Doccio e Locarno
La prima escursione, da Fenera Annunziata
(Borgosesia, 415 m) al Monte Fenera (899 m), si è
svolta in occasione della Giornata del FAI, domenica
26 marzo 2006, ed è stata dedicata alla frequentazione
preistorica di un sistema carsico al margine sudalpino.
Nello stesso anno si è svolta, nel mese di giugno, una
seconda escursione, da Pedemonte (1242 m) a Fum
d’ekku (2071 m), finalizzata alla descrizione della
frequentazione medievale del versante meridionale del
Monte Rosa.
Le guide di queste escursioni sono state raccolte in due
opuscoli, disponibili presso la sede della sezione CAI
di Varallo (Fantoni et alii, 2006; Fantoni et alii,
2007a).
Il programma del 2009, che riprende in parte un
recente progetto didattico, prevede un convegno
(venerdì 27 marzo, Auditorium della scuola media di
Quarona)
ed
un’escursione
dedicate
alla
frequentazione del gabbio del Sesia tra Locarno e
Doccio.
Nel corso del convegno sono descritti gli aspetti
naturalistici e antropici del fiume con una serie di
brevi interventi a cui si intercalano la proiezione di
fotografie di Antonio Rinaldi (Viaggiatori del tempo)
e un cortometraggio di Giulio Pedretti (Il Gabbio di
Doccio).
L’escursione guidata si svolge lungo un percorso
circolare da Locarno (frazione di Varallo) a Doccio
(frazione di Quarona), con osservazioni geologiche e
morfologiche, descrizione della vegetazione, degli
interventi antropici legate alle attività agro-pastorali e
alla pesca ed osservazioni sull’avifauna.
Fig. 1 – Copertine degli opuscoli pubblicati dalla
commissione scientifica della sezione CAI di Varallo
nell’ambito del progetto “Paesaggi naturali, paesaggi
antropici”.
9
I CIOTTOLI DEL SESIA DAL MONTE ROSA ALLA PIANURA PADANA
Roberto Fantoni
petrograficamente alla serie erosa nel settore assiale
della catena (Fantoni et alii, 2005).
Nei depositi fluviali del Sesia tra Locarno e Doccio il
colore dominate molto chiaro della superficie denuncia
una
composizione
petrografica
caratterizzata
prevalentemente da rocce cristalline acide. Si possono,
infatti, riconoscere diversi tipi di rocce metamorfiche
provenienti da tutte le unità tettoniche affioranti lungo
la valle. Composizione simile, ma diversa origine,
hanno altre rocce leucocratiche osservabili tra i
ciottoli: si tratta delle rocce intrusive della Serie dei
Laghi e della parte più acida dell’unità DioriticoKinzigitica (affioranti immediatamente a monte di
Doccio).
Ma tra questi ciottoli chiari si possono osservare anche
elementi molto più scuri e colorati. Tra questi si
segnalano i ciottoli bruni (caratterizzati da un peso
specifico molto elevato) provenienti dall’erosione
delle unità ultrabasiche (peridotiti e gabbri dell’unità
Ivrea-Verbano) affioranti alle Giavine Rosse presso
Balmuccia. Compaiono inoltre numerosi ciottoli
verdastri, provenienti da numerosi litotipi metamorfici
affioranti in alta valle. Particolarmente significati sono
le serpentiniti e cloritoscisti appartenenti alle unità
ofiolitiche del complesso delle Pietre Verdi, affioranti
nelle testate di valle tra Alagna e Carcoforo. Tra i
depositi si possono anche trovare piccolissime
concentrazioni dioro proveniente dai filoni auriferi
coltivati in passato in alta valle (Fantoni et alii, 2007b)
Nell’alta pianura i depositi fluviali del Sesia si
arricchiscono di altri litotipi, provenienti dai versanti
del settore inferiore della valle: le vulcaniti permiane,
dal tipico colore rosso vinato, e le rocce sedimentarie
del Monte Fenera (costituite da dolomie biancastre e,
subordinatamente, da calcari selciferi e marnosi di
colore grigiastro).
La struttura delle Alpi, a grande scala, è quella di una
catena a falde a doppia vergenza, in cui le unità della
parte assiale sono progressivamente sovrascorse sulle
sue aree marginali, andando a costituire una “pila di
falde” asimmetrica, che poggia verso nord sul margine
della placca europea e verso sud sul margine della
placca adriatica.
Il risultato del processo di appilamento delle falde è un
generale ispessimento della litosfera in corrispondenza
di tutta la catena, che attualmente è caratterizzata da
uno spessore per lo meno doppio rispetto a quello di
aree continentali non deformate. Uno dei risultati di
questo processo è la formazione di una radice a bassa
densità al di sotto della catena, che provoca una spinta
litostatica di “galleggiamento” (analoga a quella
idrostatica), determinando il continuo sollevamento
dell’area di catena rispetto alle circostanti aree di
avampaese europeo e adriatico.
Nel momento di massima esumazione (circa 30 Ma) le
velocità di sollevamento raggiunsero, nel settore
assiale dell’edificio orogenico, valori prossimi a 1
mm/anno. Questo continuo sollevamento, tra Oligo e
Miocene (30-5 Ma), ha determinato la formazione
della catena alpina, l’inizio del suo smantellamento
erosionale e l’impostazione delle direttrici idrografiche
che hanno garantito un flusso continuo di sedimenti
verso i bacini della futura Pianura Padana. Alla fine
del Messiniano (~ 5 Ma) un sensibile abbassamento
eustatico determinò una decisa reincisione di alcune
valli sudalpine, già delineatesi in età oligo-miocenica.
Durante il Pleistocene (< 1.7 Ma) le modalità di
trasporto del materiale clastico dalla catena alla
pianura è stato sensibilmente modificato con il forte
addizionamento avvenuto durante le fasi glaciali. I
fenomeni di sollevamento, erosione e trasporto fluviale
verso la pianura sono tuttora in corso.
I ciottoli contenuti nelle alluvioni antiche e nelle
alluvioni
attuali
del
Sesia
corrispondono
Breithorn
Straling Val Vogna
Rassa
Balmuccia
Varallo
S
Carpignano
Unità Sesia-Lanzo
Linea Insubrica
Falda Monte Rosa
Unità Zermatt-Saas Fe
(Pietre verdi)
Alpi meridionali
Serie dei Laghi
Matterhorn
Alpi s.s.
Zona Ivrea-Verbano
N
Fig. 3 – Il sollevamento della catena alpina
sedimenti clastici
provenienti dallo smantellamento della catena alpina
(da Escher et alii, 1997)
10
sollevamento
0
10 km
(da Fantoni et alii, 2002)
VIAGGIATORI DEL TEMPO
fotografie di Antonio Rinaldi
11
MORFOLOGIA E DINAMICHE FLUVIALI
Maria Luisa Gallo
E’ buon approccio pensare al fiume come ad un
sistema complesso che interagisce direttamente con il
fondo valle e indirettamente con i versanti, e non,
come di consuetudine, identificarlo solo con il letto
dell’alveo attivo dove più frequentemente è
osservabile il deflusso delle acque.
Sinteticamente, possiamo individuare nel “sistema
fiume” le seguenti componenti fisico-morfologiche,
classificabili come energeticamente passive:
- l’alveo attivo o principale (che può essere mono e
pluri-cursuale)
- le isole fluviali
- la scarpata spondale
- le aree golenali (anche su più livelli morfologici) ed
eventuali rilevati d’argine, scarpate in erosione, aree di
deposito alluvionale, ecc…
- canali secondari, paleoalvei, ecc…
e energeticamente attive:
- il deflusso superficiale (l’acqua che scorre) con tutte
le sue variabile dalle condizioni di magra a quelle di
piena
- il deflusso di sub-alveo
- le acque di versante
Le interazioni tra le componenti elencate ruotano
attorno all’equilibrio tra la forza cinetica dell’acqua
che scorre verso valle in senso sia longitudinale al
solco vallivo, sia trasversale (piene e sub-alveo) e la
forza di gravità che tende a mantenere sul posto le
componenti solide del sistema.
In pratica il fiume agisce e si evolve attraverso tre
processi:
- l’erosione (del fondo alveo, delle scarpate spondali,
delle piane alluvionali, dei terrazzi morfologici, fino a
deviare il corso del fiume, delle pile dei ponti, ecc…)
- il trasporto (dei sedimenti erosi dalla corrente stessa
ma anche riversati nel fiume dai versanti, dalle acque
di pioggia, con gli eventuali carichi inquinanti dilavati
dalla terra, ecc…)
- la sedimentazione (che crea le pianure, le aree
golenali, le isole fluviali, le coste, fino a creare il
fondo valle e spostare il corso del fiume).
La discontinuità dei deflussi, con periodi anche di
secca, e la prevalenza dell’azione cinetica delle acque
caratterizzano corsi d’acqua detti a regime torrentizio,
quali il fiume Sesia in alta valle, fino all’altezza di
Borgosesia. La continuità della quantità d’acqua
defluente e la prevalenza media dell’azione di
sedimentazione caratterizzano invece i corsi d’acqua
detti a regime fluviale, quali la Sesia da Gattinara alla
confluenza nel fiume Po.
12
A parità di condizioni climatiche, di apporto di
sedimenti dai versanti, di interazioni con infrastrutture
esistenti lungo le sponde il fiume tende a portarsi nel
lungo periodo in una condizione di equilibrio espressa
in termini di pendenza media del fondo alveo di
equilibrio denominata pendenza di compensazione. Lo
stesso fiume può essere in condizioni di
compensazione anche solo per tratti del suo corso.
I corsi d’acqua geologicamente giovani presentano
sempre profili del fondo alveo lontani dalle condizioni
di compensazione; ugualmente i fiumi nella porzione
prossima alle sorgenti (montana).
Alle interazioni tra le componenti elencate possono
aggiungersi quelle con altri corpi idrici, come avviene
in corrispondenza della confluenza di torrenti e rii nei
corpi idrici recettori (nel nostro caso il torrente Duggia
che confluisce nella Sesia a confine tra i Comuni di
Varallo e Quarona, dove è possibile osservare la
conoide alluvionale di confluenza).
Tutte queste componenti interagiscono e si
condizionano reciprocamente e il risultato della loro
interazione è l’assetto morfologico del fondo valle che
possiamo quotidianamente osservare. Assetto che
riflette un equilibrio dinamico tra le forze in gioco,
poiché il sistema fiume è il risultato di evoluzioni
avvenute con tempi geologici ma esso stesso evolve
nel breve periodo fino a mutare assetto nell’arco
temporale di un singolo evento di piena.
L’area golenale, denominata in zona Gabbio di
Doccio, è dunque un’area in perenne evoluzione, che
fa parte del sistema dinamico fiume e quindi risultato
nel suo assetto attuale di equilibri instabili. Insomma
un’area dinamica dove ad ogni stagione è possibile
osservare in “tempi umani” l’evolversi della
morfologia d’alveo.
Fig. 4 – Il gabbio del Sesia
IL GABBIO DI DOCCIO E DI LOCARNO: RICCHEZZA DI HABITAT E DI BIODIVERSITÀ
Simone Lonati
La Valsesia è storicamente denominata “Val Siccida”
tale termine era già citato da Plinio (23-79 D.C.) nella
Tabula Itineraria, deriva dal latino Siccus ( secco,
asciutto) e fa chiaro riferimento alle estese aree di
greto del Sesia, visto che la valle, come tutti noi
sappiamo, si trova in un contesto territoriale
caratterizzato da un clima tutt’altro che secco. Gli
storici contemporanei hanno avanzato l’ipotesi, assai
credibile, che la denominazione fondi la sua radice
dal valsesiano sëcc equivalente a pietraia, luogo arido.
Gli estesi giacimenti di sabbia, ghiaia e ciottoli
depositati dal Fiume Sesia nella parte basale del suo
corso, denominati con il termine valsesiano gabiu,
rappresentano oggi ambienti di grande pregio ed
interesse naturalistico, a causa delle condizioni
ecologiche contrastanti che possono alternarsi anche
su scala territoriale assai ridotta. In particolare nel
Gabbio di Doccio e Locarno accanto a zone umide,
anse fluviali o piccoli impaludamenti legati alla
vicinanza del fiume, è possibile ritrovare estese
praterie xeriche (aride) probabilmente tra le più aride
riscontrabili in valle, localizzate sui terrazzi
fluvioglaciali meno evoluti. Le alluvioni recenti del
Sesia rinnovano annualmente estesi banchi di sabbia,
ghiaia e ciottoli caratterizzati da una rada vegetazione
annuale, tali da dar origine ad ambienti in apparenza
semplificati e privi di vita, mentre sui terrazzi più
antichi si sviluppano rigogliosi boschi di querce,
carpini, tigli e frassini caratterizzati da una complessa
struttura stratificata e da una elevata biodiversità.
Per comprendere la presente trattazione occorre
puntualizzare alcune definizioni. L’ habitat è
l’insieme delle piante e degli animali che vivono in un
determinato ambiente. La biodiversità, invece, è la
ricchezza di piante ed animali che vivono in un
determinato habitat oppure, nell’ambito di un intero
territorio considerato, la biodiversità è la ricchezza di
habitat presenti. Un habitat ha tanta biodiversità se in
esso vivono molteplici piante, animali, licheni,
muschi e funghi sia in termine di quantità che di
numero di specie. Un territorio è ricco di biodiversità
se in esso ci sono tanti habitat diversi e, ancor più se
ciascuno di questi habitat è ricco di specie animali o
vegetali che lo popolano.
Fatta questa premessa ciò che rende ricco di
biodiversità il Gabbio di Doccio e di Locarno è la
presenza del fiume. Da un lato c’è la sua azione
distruttiva che mantiene zone aperte (greti) o zone a
vegetazione giovanile (saliceti) dall’altro la presenza
di acqua che permette lo sviluppo di habitat
particolari legati all’umidità (formazioni a salice, a
ontano nero, aree erbacee).
L’estrema ricchezza di biodiversità presente nel
Gabbio di Doccio e di Locarno è espressa dai
numerosi habitat ivi presenti:
1 - Acque
2 - Greti
3 - Saliceti arbustivi ripari
4 - Zone umide
5 - Praterie xeriche (aride)
7 - Prato-pascoli e prato pascoli arborati
9 - Arbusteti
10 - Il bosco di querce e carpini (Querco-carpineto)
11 – I Boschi di tiglio e frassino
12 - Alneti di ontano nero
13 - Robinieti
14- Pioppeti a pioppo bianco
15 - Impianti artificiali a pino strobo
In corsivo sono indicati gli habitat elencati nella
Direttiva 92/43/CEE del 21 maggio 1992, la quale
elenca gli habitat degni di tutela a livello europeo e
che gli stati membri devono proteggere. La citata
Direttiva denominata “Conservazione degli habitat
naturali e seminaturali e della flora e della fauna
selvatiche” che intende “salvaguardare la
biodiversità mediante la conservazione degli habitat
naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche
nel territorio europeo degli Stati membri al quale si
applica il trattato” vuole realizzare “una rete
ecologica europea coerente di Zone Speciali di
Conservazione” essendo infatti nata con l’obiettivo di
garantire il mantenimento di una serie di habitat
uniformemente distribuiti sul territorio e provvedere,
oltre che ad una loro conservazione, all’occorrenza, al
loro ripristino ad uno stato di conservazione
soddisfacente.
La molteplicità di tali ambienti è molto ben
rappresentata a sud di Varallo, ed è stata messa in
evidenza da precedenti lavori di carattere scientifico.
Sulla base della distribuzione dell’avifauna e della
rarità delle singole specie a livello locale e regionale è
stato messo in evidenza come le specie ornitiche più
minacciate si localizzino lungo il fondovalle tra
Vocca e Borgosesia. In particolare le cartine a
punteggio elaborate hanno messo in risalto l’esistenza
tra Doccio e Locarno di uno dei biotopi ripari più
completi della Valsesia. Molti altri lavori di carattere
vegetazionale hanno messo in evidenza l’estrema
ricchezza di habitat e di formazioni vegetali del
Gabbio di Doccio e di Locarno.
In particolare in mezzo a moltissimi habitat possiamo
metterne in evidenza in particolare due:
- il Bosco di querce e carpini (querco-carpineto)
relitto di particolare pregio botanico e fitogeografico;
- le Praterie xeriche a dominanza di Festuca
trachyphylla, principalmente localizzate nel Gabbio
di Locarno (ma anche in quello di Doccio) per le
quali è stata descritta una nuova associazione
fitosociologica
(Poo
bulbosae-Festucetum
trachyphyllae) appartenente al gruppo delle praterie
steppiche dell’ordine Festucetalia valesiaceae.
13
SAPERE D’ERBE E DI FRUTTA. LE ERBE COMMESTIBILI E LE PIANTE DA FRUTTO
DELLA PIANA ALLUVIONALE DELLA BASSA VALSESIA NELLA SAPIENZA CONTADINA
Anna Ferro
La piana alluvionale del Gabbio di Doccio e Locarno
era utilizzata un tempo a scopo agricolo. Zona
particolarmente indicata alla coltivazione, poiché
offriva terreni fertili e pianeggianti, ebbe un significato
pregnante nella qualità della vita di allora.
Oltre ai castagneti disposti sulle alture ai margini dei
boschi, che fornivano il cosiddetto pane dei poveri,
ovvero le castagne, nel periodo vegetativo grande
rilevanza avevano per la maggior parte degli abitanti i
prodotti ottenuti dalla coltivazione di questi
appezzamenti di terreno distribuiti in strisce
longitudinali e rigidamente parcellizzati in futuro da
innumerevoli passaggi di eredità. Il terreno
particolarmente redditizio rispetto ai canoni abituali,
situato in prossimità all'acqua e relativamente vicino
all'abitato, era considerato di grande valore. Da lì si
ricavava fieno per gli animali, frutta e ortaggi per
bestie e cristiani.
Da una lettura odierna di ciò che rimane e da una
ricerca effettuata, basata sulla memoria degli anziani,
si apprende che erano orti e frutteti che contenevano
un elevato grado di biodiversità, che integrava in modo
significativo un’alimentazione non sempre sufficiente
ed ai limiti della sussistenza. Molte varietà di frutti
nelle zone alberate (ancora presenti), molte varietà di
patate (scomparse) e fagioli (in parte qua e là presenti).
Fig. 5 – Pum di Giudei
La ricchezza varietale della frutta, in particolar modo
dei meli era dovuta alla diffusione ad opera degli stessi
contadini di tutte quelle varietà ottenute da seme e
risultate buone, sane e serbevoli.
Ciò che era di difficile coltivazione veniva eliminato;
non c'erano né tempo, né soldi, né conoscenze da
dedicare ai trattamenti:più semplice selezionare, fino
ad ottenere risultati qualitativi eccellenti e diversificati,
aspetto molto interessante dal punto di vista scientifico
che con metodi empirici, ma funzionali, otteneva nel
14
tempo ciò che faticosamente oggi si cerca nell'analisi
del Dna. Una diversità arricchita anche da varietà
importate dagli artigiani che espatriavano all'estero e al
ritorno portavano con sé qualcosa per le loro famiglie.
Qualcosa che fosse significativo per scacciare la fame.
E' così che accanto alle varietà autoctone troviamo
varietà di frutta e ortaggi pregiati provenienti
dall'Europa tutta e perfino dall’America settentrionale.
Fig. 6 – Legumi coltivati in Valsesia
Una biodiversità che consentiva utilizzi gastronomici e
consumi molto diversi dalle abitudini alimentari di
oggi e che garantiva un apporto vitaminico
indispensabile nei lunghi periodi invernali. I nomi
popolari e vernacolari che ci sono pervenuti di questi
frutti o ortaggi denunciano le loro qualità, forme o
provenienze: pum vinà, pum Vitorio, pum di Giudei,
peri d'la coa torta, brutt e bun, butirra d'ailoche,
patati dal burr, tartufoli bandiera, fasoi 'd l'aquila.
E poiché anche un minimo apporto economico non era
trascurabile a quei tempi e non si andava certo ad
acquistare il cibo se non quello indispensabile, ecco
che le donne, le vere protagoniste dei lavori in
campagna, mettevano a frutto quanto appreso dalle
loro mamme e in primavera coglievano dai prati
persino l'erba. Erbe per cucinare saporose e profumate
minestre e frittate e poveri ma deliziosi contorni da
accompagnare a qualche uovo sodo,a una fetta di
formaggio o alla rara e gustosa carne della domenica.
Nella minestra con le patate e una manciata di riso ci
potevi mettere di tutto: primule, ciuff d'àsu, lèngui 'd
gatt, pan càud, pan dal vòscu, urtìghi; nelle insalate la
sicoria o i patacioi; nei risotti e nelle frittate i varzoli,
i vartiss, i spàres sarvaighi.
Fig. 7 – Mele coltivate nel gabbio di Doccio e di Locarno (dall’alto in basso, a sinistra: pum Vitorio, Carla, Pum fer, Pum
purtigal; a destra Rusnent, Pum paradis, Pum fer ‘d l’o, Piatlin.
15
CONVERGENZA DI OBBIETTIVI PER UNA GESTIONE ECO-SOSTENIBILE DELLA PESCA
Giuseppe Fumagalli
L’attuale gestione della pesca in Valsesia è affidata
dalla Provincia di Vercelli fino al 2010 al
concessionario delle acque: la Società Valsesiana
Pescatori Sportivi e ai due sub-concessionari: il
Consorzio Intercomunale Valmastallone Valsesia e
l’Azienda Faunistica Venatoria Carcoforo- Rimasco.
La pesca in Valsesia attraverso la tipicità del proprio
territorio e il livello di naturalità che ancora la
contraddistingue, costituisce un capitolo importante
nell’economia turistica della valle a seguito di una
serie di ricadute di non trascurabile entità.
Ospitare in modo adeguato i pescatori e i loro
famigliari (garantendo loro la pescosità dell’intero
comprensorio valsesiano) provenienti da tutta Italia e
talvolta anche dall’estero, presenta comunque quasi
sempre qualche problema.
Ma l’aspetto che evidenzia una serie di difficoltà
oggettive, è rappresentato dalla progettazione
gestionale a “lungo termine“ (gestione eco-sostenibile)
riferita all’intero reticolo idrografico dell’alto Sesia
compresi i principali affluenti, che è relativa alla
necessità di garantire una densità di popolazione che
consenta
un
prelievo
ittico
adeguato,
e
contemporaneamente sia estremamente attenta alle
esigenze di salvaguardia degli ecosistemi fluviali e dei
propri equilibri che spesso risultano alquanto delicati.
16
A seguito di alcune problematiche che si riconducono
comprese nei famigerati “fattori limitanti”; vedi ad
esempio l’inevitabile disagio dovuto dalle derivazioni
idriche (da Varallo a scendere), dalle modificazioni
strutturali dell’alveo e delle sponde dei fiumi e dalla
ormai insostenibile presenza di uccelli ittiofagi; in
questi ultimi anni la densità di popolazione dei
salmonidi pregiati ha subito una contrazione
preoccupante.
La presenza storica nelle acque Valsesiane di specie
ittiche autoctone, se non addirittura endemiche del
bacino Padano come il temolo “pinna azzurra” e la
trota marmorata, hanno fatto propendere per una
politica di salvaguardia delle specie stesse, attraverso
una regolamentazione del prelievo alieutico e
attraverso un attento monitoraggio della densità di
popolazione e una successiva adeguata politica di
semine qualificate perseguendo una sempre più elevata
qualità del materiale ittico immesso prodotto negli
impianti ittiogenici di Locarno a sostegno delle
popolazioni già esistenti.
In ultima analisi si riferisce l’intenzione di ripetere
esperimenti ultimamente effettuati finalizzati alla
semina di novellame del tipo “trota fario” di ceppo
italiano.
L’AVIFAUNA DEL SESIA, TRA DOCCIO E LOCARNO.
Lucio Bordignon
L’area presa in esame per lo studio degli uccelli
comprende la fascia fluviale del Sesia da Doccio a
Roccapietra. Questo tratto di fiume è l’ultimo che
abbia caratteristiche planiziali prima di addentrasi
nella valle, vuoi per la lentezza delle acque, per il letto
ampio e per la vegetazione rivierasca molto simile a
quella che si trova lungo lo stesso fiume in pianura. E’
anche l’ultimo tratto del Sesia che si sviluppa da Nord
verso Sud, mentre poco più a monte di Varallo il fiume
piega decisamente verso Ovest. Questo suo
orientamento è strategico per ospitare uccelli migratori
che si spostano in Valsesia lungo lo stesso asse, cioè
da Nord a Sud (o da NE a SO) nella migrazione
autunnale, oppure in senso contrario in quella
primaverile. I migratori trovano habitat idonei ad
ospitarli come ambienti acquatici lungo il fiume Sesia,
oppure nei tratti di foresta rivierasca o nella prateria
xerica.
grigia, Cornacchia nera, Fringuello, Ghiandaia, Merlo,
Passera mattugia, Pettirosso, Picchio muratore, Picchio
rosso maggiore, Picchio verde, Pigliamosche,
Rampichino, Rondine montana, Scricciolo, Tordo
bottaccio, Usignolo, Verzellino.
Oltre a queste specie che nidificano all’interno
dell’area considerata abbiamo constatato la
frequentazione da parte di altre 14 specie, che
utilizzavano troficamente il Gabbio ma che nidificano
all’esterno: Airone cenerino, Astore, Balestruccio,
Codirosso, Cormorano, Corvo imperiale, Falco
pecchiaiolo, Gazza, Germano reale, Passera d’Italia,
Poiana, Rondine, Rondone, Sparviere.
Fig. 9 – Il fanello (carduelis cannabina) fa scalo nelle
praterie xeriche del Gabbio durante gli spostamenti
migratori verso le aree alpine di nidificazione; utilizza in
modo esclusivo tale ambiente
Fig. 8 – La prateria xerica (arida) è l’elemento ambientale
più importante perché ospita specie avicole di steppa, che
non troverebbero cubo nelle foreste vicine
Per fare un esempio della capacità dell’area di ospitare
i migratori posso citare i dati raccolti nel 2007 durante
un corso di ornitologia fatto insieme alle scuole
elementari di Quarona dove, dal 22 febbraio al 15
maggio sono state identificate 26 specie di uccelli
migratori, specie che hanno un legame temporaneo col
territorio indagato: Averla piccola, Beccaccia,
Codirosso spazzacamino, Corvo comune Culbianco,
Cutrettola, Fanello, Fiorrancino, Gallinella d’acqua,
Luì grosso, Luì piccolo, Martin pescatore, Nibbio
bruno, Piro piro culbianco, Piro piro piccolo, Pispola,
Regolo, Spioncello, Sterpazzola, Stiaccino, Storno,
Tordo sassello, Tuffetto, Zigolo giallo, Zigolo
muciatto, Zigolo nero. Durante la stessa campagna
abbiamo contattato anche 26 specie territoriali, che
hanno nidificato nel Gabbio, e difeso per lungo tempo
un territorio: Ballerina bianca, Ballerina gialla,
Capinera, Canapino, Cardellino, Cincia bigia,
Cinciallegra, Cinciarella, Codibugnolo, Cornacchia
In totale, nel giro di poco più di 2 mesi sono state
contattate ben 66 specie diverse di uccelli, un numero
alto rispetto alla modesta superficie, che fa del Gabbio
di Doccio-Locarno una delle aree più interessanti per
l’avifauna valsesiana. Non posso far altro quindi che
riproporre quanto avevo già scritto in un libro
sull’avifauna della Valsesia (Bordignon, 1993): “la
ricerca sulla Valsesia ha evidenziato che le aree
golenali del Sesia a Sud di Varallo sono di particolare
pregio
avifaunistico.
Andrebbero
tutelate
integralmente, intervenendo solo per mantenere il più
possibile le aree aperte con il pascolamento o con il
fuoco. Le zone più meritevoli di attenzione, da
vincolare prioritariamente, sono tra Locarno e Doccio,
e tra Aranco e Bettole”.
L’area era ben più ricca in passato, infatti rispetto al
1989, epoca di un conteggio simile a quello del 2007,
oggi abbiamo perso 10 specie come nidificanti:
Allodola, Averla piccola, Canapino,
Saltimpalo,
Storno, che vivevano nelle aree di prateria xerica, Luì
piccolo legato agli arbusteti, Frosone alla foresta,
Martin pescatore, Merlo acquaiolo e Piro piro piccolo
legati al fiume. In particolare preoccupa la progressiva
chiusura delle aree aperte, sia naturali (praterie
xeriche) che sinantropiche (prati e pascoli); una prima
misura conservativa per l’avifauna dovrebbe prevedere
il mantenimento delle aree erbose.
17
IL GABBIO DEL SESIA TRA DOCCIO E LOCARNO: UN SITO DA SALVAGUARADRE
Jacopo Ristori
18
IL PROGETTO DIDATTICO
Mauro Festa Larel
Nel corso del 2004 alcune scuole valsesiane hanno
aderito al Laboratorio Territoriale proposto dal Centro
di Educazione Ambientale della Provincia di Vercelli,
con il progetto Dal greto al bosco. Il gabbio di
Doccio: un laboratorio naturale.
Fig. 10 – La locandina con il progetto Laboratorio
Territoriale proposto dal Centro di Educazione
le spiegazioni dell'insegnante di Anna Ferro e di.
Gianfranco Rotti. Durante la prima occasione del 19
dicembre 2006 è stato osservato un ambiente povero
tipico invernale prestando particolare attenzione alla
conformazione morfologica del territorio, alla
vegetazione tipica della stagione e al bosco planiziale.
Nella seconda uscita del 5 giugno 2007 l’attenzione è
stata orientata maggiormente verso la flora primaverile
in quanto abbiamo potuto osservare la fioritura della
piante. Le uscite programmate in diversi tempi
dell'anno hanno permesso un confronto del paesaggio
e l'osservazione dell'evoluzione della natura. E' stata
un'occasione positiva di vivere la metodologia
d'apprendimento in modo alternativo, al di fuori delle
mura scolastiche.
La classe II dell’Igea si è infine soffermata sugli
aspetti naturalisticio ed antropici del gabbio di Doccio
La classe 2 dell'Istituto alberghiero di Varallo che ha
tratto dalle lezioni sul campo con Anna Ferro e
Gianfranco Rotti un intero menù realizzato con le erbe
spontanee.
Ambientale della Provincia di Vercelli
L’elaborazione del progetto è stata avviata dell'Istituto
Comprensivo di Quarona (Ferro, 2005). La
realizzazione è avvenuta grazie alla collaborazione di
diversi esperti (Anna Ferro, Maria Luisa Gallo,
Giovanni Cavagnino, Gianfranco Rotti) e alla
partecipazione di numerosi insegnanti (Elisabetta
Dipasquale, Mauro Festa Larel, Maurizia Cavallo,
Antonio Frigiolini, Elisabetta Scagliotti, Valentina
Sitzia, Francesca Zoia), che hanno partecipato a
numerose escursioni di aggiornamento professionale.
L’iniziativa è stata sostenuta finanziariamente dalla
Regione Piemonte, dalla Provincia di Vercelli e dal
Comune di Quarona.
Al progetto hanno partecipato ben 16 classi di scuole
ogni grado del territorio valsesiano.
Nell'ambito del programma annuale di scienze
condotto dal professor Festa Larel, la classe I del Liceo
Classico dell'Istituto d'istruzione Superiore D'Adda, è
stata coinvolta in un progetto finalizzato alla
conoscenza degli aspetti idro-morfologici del territorio
fluviale e in particolare della zona d'esondazione del
fiume Sesia del Gabbio di Doccio (comune di
Quarona). Il progetto si è articolato in due incontri
nell'ambito dell'orario scolastico, durante i quali gli
allievi sono stati guidati con capacità ed esperienza
dall'ingegnere ambientale Maria Luisa Gallo. Gli
allievi hanno accolto positivamente lo spirito del
progetto,
facendosi
coinvolgere
attivamente
dall'attività proposta.
La classe II del Liceo Linguistico dello stesso Istituto
si è invece soffermata sugli aspetti botanici, ascoltando
Fig. 11 – La locandina del progetto Dal greto al bosco. Il
gabbio di Doccio: un laboratorio naturale.
Numerosa è stata anche la partecipazione delle scuole
elementari (Quarona: corso di ornitologia con Lucio
Bordignon; Aranco: corso sulle dinamiche del fiume
con Maria Luisa Gallo) e delle scuole medie
secondarie (Quarona: analisi delle acque e stadi
evolutivi della vegetazione; Valduggia: vegetazione e
ornitologia).
L’area selezionata ha consentito di analizzare
contemporaneamente tutti gli stadi evolutivi della
vegetazione: dallo sterile greto, passando alla prateria,
all'arbusteto e al bosco d'invasione per arrivare sino a
raggiungere lo stadio finale del bosco maturo o climax.
E' dunque un sito, dal punto di vista didattico, che
racchiude in sè le peculiarità necessarie a far capire la
complessità dell'evoluzione della vegetazione senza
doversi spostare in luoghi diversi significativi per
ciascun livello o stadio e della notevole rilevanza del
fiume in questo caso.
19
GUIDA ALL’ESCURSIONE LOCARNO-DOCCIO
LUNGO IL GABBIO DEL SESIA
DOMENICA 29 MARZO 2009 GIORNATA FAI DI PRIMAVERA
GUIDA ALL’ESCURSIONE LOCARNO-DOCCIO LUNGO IL GABBIO DEL SESIA
Roberto Fantoni, Lucio Bordignon, Riccardo Cerri, Edoardo Dellarole, Luca Donati, Anna Ferro,
Mauro Festa Larel, Simone Franchi, Giuseppe Fumagalli, Maria Luisa Gallo e Simone Lonati.
L’escursione guidata si svolge lungo un percorso
circolare lungo la sponda idrografica destra della valle,
da Locarno (frazione di Varallo) a Doccio (frazione di
Quarona), con osservazioni geologiche (g) e
morfologiche (m), descrizione della vegetazione (v),
degli interventi antropici legate alle attività agropastorali (a) e alla pesca (p) ed osservazioni
sull’avifauna (o).
all'acqua, ma mantiene anche un’eredità preziosa, che
è fonte indispensabile per la propria sopravvivenza.
Il punto di partenza dell’itinerario è ubicato presso la
sede della Società Valsesiana Pescatori Sportivi,
situata a Locarno (frazione di Varallo), lungo la strada
carrozzabile per la frazione Crevola.
Presso la sede della Società è possibile visitare
l’incubatoio ittico (1p).
Fig. 13 – Pumi conservative
Fig. 12 – La sede della Società Valsesiana Pescatori Sportivi
Ancora oggi è possibile “leggere”, attraverso
l'osservazione diretta del luogo, il passato uso di
questo insolito territorio di cui restano le tracce degli
orti, ormai sparsi in poche unità e dei numerosi alberi
da frutto: testimonianza di una storia passata, ma
ancora presente e viva, di quando si coltivavano
numerose varietà conservate qui nel corso del tempo.
Si tratta di un’autentica banca vivente del
'germoplasma' frutticolo ricco e vario: a fianco delle
varietà più rinomate del mondo si possono ritrovare
anche molte varietà tipicamente valsesiane.
Questa località, ubicata alla base del versante (2o) è il
punto dove è più facile osservare i rapaci che vivono
nei boschi sopra Locarno. I volatili presenti nella
fascia pedemontana si riproducono all'interno di questa
area, perlopiù "inaccessibile" all'uomo, ma scendono a
valle, all'interno del gabbio, per cacciare e per
abbeverarsi/lavarsi.
Dalla sede della Società si prosegue lungo la strada
carrozzabile sino alla cappella di santa Caterina, dove
si scende nella superficie terrazzata più alta delle
alluvioni del Sesia (3a). La fascia che fiancheggia lo
scorrere del Sesia da Locarno a Doccio (e poi ancora a
Isolello) è stata storicamente usata dagli abitanti come
prezioso luogo pianeggiante e fertile in cui coltivare
orti, frutteti e non solo. In un’economia basata
sull'agricoltura diventa luogo ambito e privilegiato, per
la sua morfologia e per le caratteristiche fertili del
terreno, dove coltivare anche a rischio delle
esondazioni del fiume. Osservando le mappe catastali
appare evidente la parcellizzazione dei terreni in
minuscole strisce disposte perpendicolarmente al
fiume, dove ciascuna famiglia non solo ha così accesso
Fig. 14 – Picchio verde in abito giovanile. Questo picchio,
pur nidificando nella foresta, nel cavo degli alberi, ha una
netta preferenza nel ricercare invertebrati a terra: ecco
perchè è strettamente legato ai prati-pascoli.
Nei campi e nei prati intercalati alle piante da frutta si
trovano numerose erbe commestibili, che costituivano
un’interessante integrazione ai prodotti dell’orto (4a).
Quest’area agreste, tra Locarno e il Sesia, ospita specie
di uccelli interessanti legati ai vecchi frutteti, come il
picchio verde e il codirosso (5o). Questi animali hanno
23
instaurato con l'agricoltore un legame talmente forte da
esserne dipendente e dove le colture vengono
abbandonate anche le specie "abbandonano" l'area.
Dopo pochi metri si raggiunge l’allevamento ittico di
Locarno (9p).
Seguendo tratturi e sentieri si scende nel terrazzo
inferiore del fiume, entrando in praterie xeriche che
costituiscono un esempio vegetazionale unico in
Valsesia (6v).
Scendendo poi nell’alveo attuale del Sesia (7g) si
possono osservare i depositi fluviali da ciottoli di
forma ellissoidale, con dimensioni prevalentemente
decimetriche e presentano un elevato grado di
arrotondamento.
Il colore dominate molto chiaro della superficie di
questi depositi denuncia una composizione
petrografica caratterizzata prevalentemente da rocce
cristalline acide. Si possono infatti riconoscere diversi
tipi di rocce metamorfiche provenienti da tutte le unità
tettoniche affioranti lungo la valle. Composizione
simile, ma diversa origine, hanno altre rocce
leucocratiche osservabili tra i ciottoli: si tratta delle
rocce intrusive della Serie dei Laghi e della parte più
acida dell’unità Dioritco-Kinzigitica (affioranti
immediatamente a monte di Doccio).
Fig. 16 – L’allevamtnmo ittico di Locarno
Dall’allevamento ittico si scende verso sud all’interno
del gabbio sino a raggiungere un ramo storico del
Sesia, che costituisce una fotografia dell’alveo
articolato del fiume nell’attimo presente (10m); è
possibile osservare il solco del paleo alveo del fiume
Sesia, addossato al primo terrazzo morfologico in
destra orografica, riconoscendo le forme dell’antico
alveo, ancora attivo nell’ambito dell’alveo esteso della
Sesia, come canale di drenaggio dei deflussi di
versante e in caso di inondazione dell’area golenale.
L’insieme dell’area golenale e del solco del paleo
alveo costituiscono con il letto di scorrimento
principale, l’alveo attuale del fiume Sesia in località
Doccio-Locarno.
Fig. 15 – Ciottolo di serpentinite
Ma tra questi ciottoli chiari si possono osservare anche
elementi molto più scuri e colorati. Tra questi si
segnalano i ciottoli bruni (caratterizzati da un peso
specifico molto elevato) provenienti dall’erosione
delle unità ultrabasiche (peridotiti e gabbri dell’unità
Ivrea-Verbano) affioranti alle Giavine Rosse presso
Balmuccia. Compaiono inoltre numerosi ciottoli
verdastri, provenienti da numerosi litotipi metamorfici
affioranti in alta valle. Particolarmente significati sono
le serpentiniti e cloritoscisti appartenenti alle unità
ofiolitiche del complesso delle Pietre Verdi, affioranti
nelle testate di valle tra Alagna e Carcoforo.
L’itinerario proposto risale, seguendo la sponda
idrografica destra del torrente Duggia, alla strada
carrozzabile; supera questo affluente del Sesia, e
ridiscende lungo la sponda idrografica destra.
Quest’area ospita specie di uccelli acquatici, come la
ballerina gialla, che vivono a stretto contatto con le
acque torrentizie, vorticose e fresche (8o).
24
Fig. 17 – Il Gabbio del sesia
Come ancora sussiste a valle del viadotto della strada
provinciale (cfr. punto 15m), in origine l’area golenale
era di fatto un’isola fluviale circondata da due rami del
fiume, del quale quello in sinistra approfondendosi si è
trasformato in alveo principale sempre attivo e quello
in destra è divenuto dapprima un ramo secondario e
poi un solco di drenaggio dell’area golenale.
L’area golenale stessa è in questa porzione, unitamente
alla conoide del torrente Duggia, assimilabile ad una
minuscola “pianura alluvionale”, creata e ancora
modellata dal fiume (cfr. punto di erosione 22m), ma
differenziatasi dal letto di scorrimento principale del
fiume con cui condivide il deflusso di sub alveo e solo
occasionalmente il deflusso di superficie.
Diversa e assimilabile ad eventi in tempi geologici la
genesi del terrazzo morfologico di primo livello, di cui
in questo punto è osservabile la scarpata, anch’essa
comunque soggetta all’azione di modellamento delle
acque della Sesia.
cenosi planiziale che penetra nel fondovalle delle
principali vallate alpine, in una valle come la Valsesia,
a clima sub oceanico, assume un particolare aspetto
fisionomico e vegetazionale, dato che si trova a
contatto con cenosi mesofile come l’Acero-tigliofrassineto e la Faggeta e forma con queste cenosi
strette interrelazioni modificando di fatto il suo aspetto
tipico e divenendo maggiormente ricco di biodiversità.
L’interazione tra eventi naturali e interventi antropici è
stata costante nel tempo. La superficie del gabbio è
stata profondamente modificata durante i grandi eventi
alluvionali che hanno interessato la Valsesia ei secoli
passati. Non sono noti i danni provocati dall’alluvione
del 1755; tutta la vasta area dell’attuale Gabbio era
fertile campagna sino all’inondazione del 1640
(Debiaggi, 2004, p. 29).
L’evento del 1640 distrusse parzialmente l’oratorio di
S. Biagio, che fu ricostruito in posizione più sicura
lungo l’antico tracciato della strada per Locarno
(Ragozza, 1980, p. 302; Debiaggi, 2004, p. 61).
A questo evento è legata la devozione verso san
Gregorio. Dopo lo scampato pericolo la comunità fece
affrescare da Cristoforo Martinolio della Rocca il
santo taumaturgo a fianco di san Bonomio e della
Madonna col bambino. L’iscrizione sotto l’affresco
ricorda l’evento: Votum communitatis Ducii tempore
cuiusdam Sessitanae proluviei non solum arva, sed et
ecclesiam ipsam evertere minantis anno 1640, mense
nov. hanc curam animarum exercente antonio Vasina
de Agnona 1642. A questo evento è probabilmente
legata anche la benedizione del Sesia il giorno della
festa di san Gregorio (Ravelli, 1924, II, p. 238;
Debiaggi, 2004, pp. 55, 60-61; Ferro, 2004, p. 268).
La presenza di muri a secco e di siepi di bosso
denuncia l’antropizzazione antica delle aree golenali
del fiume (12a).
L’itinerario prosegue sino a raggiungere l’abitato di
Doccio e la sua chiesa parrocchiale, punto più
meridionale raggiunto dall’escursione.
Da qui si ritorna verso Locarno ripercorrendo il gabbio
in posizione più esterna e costeggiano alcune zone
umide caratterizzate da vegetazione palustre (13v).
Questa piccola area umida, collocata entro un ramo
abbandonato del fiume, ospita uccelli di palude come
Germano reale e Gallinella d’acqua e specie di bosco
ripariale come Pigliamosche e Canapino (14o). Si può
inoltre osservare nuovamente il legame tra l’ambiente
naturale e quello antropico: gli uccelli utilizzano le
case per nidificare ma il gabbio come zona per
ricercare cibo.
Dalle sponde del Sesia si può osservare lo sviluppo
pluricursuale del fiume, con un rami principale, isole
fluviali e alcuni rami secondari (15m). Questo punto
costituisce una fotografia dell’alveo di un fiume nel
medio periodo: quanto descritto al punto 10m come
situazione pregressa che ha portato alla genesi
dell’area golenale a monte del viadotto della strada
provinciale, è qui osservabile e in atto. L’alveo della
Sesia si presenta pluricursuale, articolato in un ramo
principale in progressivo approfondimento e un ramo
secondario in destra orografica già sopra elevato
rispetto al letto principale ma comunque attivo, che
fiancheggiano un deposito alluvionale “consolidato” in
isola fluviale alluvionabile (su cui stiamo
camminiamo).
Fig. 18 – Alveo del Sesia al Gabbio. La sponda orografica
destra, essendo ricoperta di vegetazione arborea
ospita migratori forestali, mentre la sinistra, più spoglia e
sassosa, ospita specie steppicole
Poco oltre si entra in un Querco-carpineto (11p). Si
possono osservare gli aspetti naturali e le influenze
antropiche di una cenosi residuale diffusa in tutta la
Pianura Padana ma che, in questo particolare luogo
della Valsesia, presenta un aspetto fisionomico e
vegetazionale particolare ed unico rispetto alle
situazioni di pianura. Infatti, il Querco-carpineto,
La zona retrostante è occupata da praterie xeriche
interessate da attività antropiche (16v): la pista di
ciclocross e lo svolgimento di manifestazioni di
carattere zootecnico (che determinano un eccessivo
apporto di nutrienti al suolo).
In quest’area, vicinissima al letto del Sesia, si possono
osservare specie fluviali come ballerina bianca, airone
cinerino e Cormorano (17o).
Proseguendo verso nord si sottopassa il viadotto della
strada statale per l’alta valle e si possono osservare
diverse fasce di vegetazione, con un’evoluzione dalle
zone più disturbate dal fiume (greto e saliceti di greto)
a quelle meno disturbate, che presentano tipologie di
vegetazione più evoluta (querce-carpineto) (18v).
In questo tratto del fiume sono presenti salmonidi e
ciprinidi, endemismi indice di qualità ambientale
(19p).
In questa fascia si possono osservare uccelli che
utilizzano la grande disponibilità di prede (pesci e
invertebrati) presenti nelle acque relativamente calme
25
e, nel bosco alle spalle, specie tipicamente forestali
(tordo bottaccio, scricciolo, capinera, picchio
muratore) (20o).
Lungo il torrente Duggia si possono notare gli aspetti
vegetazionali di particolari formazioni ad ontano
bianco e nero (25v) e, più avanti, di una variante
umida del querco-carpineto (26v).
In prossimità della confluenza del torrente Duggia
(27m) sono osservabili tre caratteristiche forme
morfologiche di confluenza di torrenti di minore forza
idrologica, ma non trascurabile, in corpi idrici recettori
maggiori: la forma della confluenza, tangenziale alla
corrente prevalente del fiume recettore, ma comunque
a raso e non pensile; la conoide alluvionale che
modella l’area golenale sinistra del fiume Sesia; la
deviazione dell’alveo principale del fiume Sesia
dovuta all’apporto di sedimenti del torrente Duggia e
alla sua minore ma non trascurabile portata di
deflusso.
Fig. 19 – Gruppo di migratori acquatici, denominati
genericamente limicoli, poichè si alimentano nel limo,
mentre sostano nelle acque basse
Poco più a nord si può osservare un esempio di alveo
attivo nel breve periodo, la cui presenza testimonia il
carattere torrentizio che ancora mantiene il fiume
all’altezza di Doccio (21m). La pezzatura dei
sedimenti alluvionali, la presenza di depositi in centro
alveo, il frequente ed evidente rimaneggiamento della
scarpata spondale, l’area golenale frequentemente
esondabile in sponda sinistra (ex area ricreativa), sono
esempi di dinamica d’alveo attiva. E’ altresì
osservabile verso monte l’azione di erosione del
terrazzo golenale consolidato in sinistra orografica.
Proseguendo verso nord si può osservare il processo di
erosione, non marcata, del terrazzo golenale
consolidato in sinistra orografica e il deposito
alluvionale in centro alveo parzialmente colonizzato da
vegetazione pioniera. Per questo ultimo sono
ipotizzabili diversi scenari di evoluzione, in relazione
all’assetto della pendenza del fondo alveo principale e
all’andamento dei deflussi in alveo legati alla variabile
clima. In sintesi sono ipotizzabili: il progressivo
ampliamento e consolidamento fino alla fusione con il
terrazzo golenale in sinistra e all’isolamento del ramo
del Sesia in sinistra dal ramo in destra orografica, in
alternativa il mantenimento delle condizioni medie
attuali o ancora, magari per un impulso di piena,
l’asportazione da parte della corrente fluviale (22m).
La superficie del terrazzo è caratterizzata dalla
presenza di equiseti, che in lacune stagioni presentano
l’evidente brucatura prodotta dalle pecore che
pascolano lungo il gabbio (23a).
Più avanti si può osservare la vegetazione delle
risorgive della falda di subalveo del Sesia lontane dal
corso d’acqua principale (24v).
26
Fig. 20 – Prati da sfalcio
Da qui si risale sulla strada carrozzabile, si entra
nell’abitato di Locarno, dove si può vedere la cappella
di sant’Anna, che conserva affreschi pregaudenziani,e
la chiesa parrocchiale di san Dionigi; quindi si ritorna
alla sede della Società Valsesiana Pescatori Sportivi
(fig. 21).
CARTOGRAFIA
La base topografica dell’area è costituita dal foglio 30
II N.O. Varallo della Carta d'Italia alla scala 1:25.000
dell'Istituto Geografico Militare.
In scala 1:50.000 sono le carte Kompass (foglio 97
Omegna-Varallo- lago d’Orta) e IGC (foglio 10 Monte
Rosa e Macugnaga).
Una base cartografica aggiornata e dettagliata è
costituita dalla Carta Tecnica della Regione Piemonte
(sezioni alla scala 1:10.000, foglio 93040).
3a
2o
1p
4a
P
5o
6v
Locarno
8o
7g
27m
9p
26v
25v
24v
23a
22m
10m
11v
12m
21m
20o
19
18v
17o
13v
16v
14o
15m
Doccio
Quarona
Fig. 21 – Mappa indice dell’escursione Locarno-Doccio lungo il gabbio del Sesia
27
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Monte Rosa. Un percorso geologico ed un percorso
28
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CAI Sezione di Varallo
Via Durio, 14 –13019 Varallo (VC)
tel. 0163 51530 fax 0163 54384
e-mail [email protected]
marzo 2009
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