VENT’ANNI
DI STORIA VENETA
Premio Brunacci - Monselice
1984 - 2003
VENT’ANNI
DI STORIA VENETA
Premio Brunacci - Monselice
1984 - 2003
Testi di
Chiara Ceschi
Antonio Cibotto
Camillo Corrain
Manlio Cortelazzo
Franco Fasulo
Riccardo Ghidotti
Lionello Puppi
Antonio Rigon
Flaviano Rossetto
Enrico Zerbinati
Comune di Monselice
Assessorato alla Cultura
2003
Staff editoriale e collaboratori
Fabio Conte, Sindaco
Riccardo Ghidotti, Assessore alla Cultura
Barbara Biagini, Dirigente Settore Servizi alla Persona
Flaviano Rossetto, Direttore della Biblioteca
Antonella Baraldo, Antonella Carpanese, Assistenti di Biblioteca
Tiziana Gallo, stagista presso la Biblioteca comunale
Indice
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Presentazione
Fabio Conte
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Di storia in storia, sulla scia di Giovanni Brunacci
Riccardo Ghidotti
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I premi “Brunacci”: vent’anni di storia veneta
Antonio Rigon
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Storia dell’arte veneta nei “Brunacci”
Chiara Ceschi
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In margine a un Premio
Gian Antonio Cibotto
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Le ricerche scolastiche nei premi “Brunacci”
Camillo Corrain
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Filologia e linguismo nei Premi
Manlio Cortelazzo
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I premi “Brunacci” vent’anni dopo
Franco Fasulo
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La cultura veneta degli ultimi vent’anni
vista dai premi “Brunacci”
Lionello Puppi
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Una esperienza fra scuola storia e ricordi
Enrico Zerbinati
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Il premio “Brunacci”, orientamenti e vincitori
Flaviano Rossetto
Hanno contribuito alla realizzazione dell’opera:
REGIONE DEL VENETO
PROVINCIA di PADOVA
Assessorato Tutela Ambiente
Premio “Luciana Pulliero”
Progetto editoriale: Maurizio De Marco
Stampa: Grafiche Violato
Finito di stampare nel mese di Ottobre 2003
BIBLIOTECA COMUNALE
MONSELICE
© 2003
Tutti i diritti sono riservati all'Amministrazione Comunale di Monselice
Foto di copertina:
Leone Comitale veneziano (sec XVIII) situato sulla Porta dei Leoni,
Via del Santuario, Monselice.
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IL PREMIO BRUNACCI
VENT’ANNI DI STORIA CULTURALE MONSELICENSE
Sono particolarmente onorato di presentare questo opuscolo che contiene sia la
storia ventennale dei Premi “Brunacci” che un lungo elenco di iniziative culturali
realizzate dall’Assessorato alla Cultura e dalla Biblioteca comunale negli ultimi
quattro lustri, grazie alla preziosa collaborazione proprio della giuria che in verità è
diventata un “motore” pulsante di iniziative per la città di Monselice. Dalla stampa
della “monumentale” Storia di Monselice alla riscoperta degli scritti del Carturan,
dalla valorizzazione delle ricerche attorno a Bartolomeo da Valmontone alla costituzione della collana editoriale di storia veneta “Carrubio”, sono queste alcune delle
iniziative che hanno attirato l’attenzione del mondo culturale veneto e raccolto consensi dall’ambiente scolastico e da quello editoriale.
Il cercato collegamento con l’Università di Padova e con i più autorevoli studiosi
di “cose” venete ha contribuito a far uscire gli studi sulla nostra città dai limitati
confini comunali favorendo il confronto con le tematiche discusse a livello nazionale.
Ecco allora che il nostro glorioso passato, grazie allo studio di decine di laureati,
efficacemente supportati da eccellenti docenti universitari, è diventato storia veneta.
Particolarmente apprezzati sono i contatti avvenuti con i Premi “Brunacci” tra il
mondo della scuola e quello della cultura popolare, dove le testimonianze culturali e
le emozioni spirituali sono state utilizzate per stimolare la formazione umana degli
studenti monselicensi e dei comuni che idealmente si riconoscono nell’area della
Bassa padovana, caratterizzata da un comune sostrato di tradizioni e consuetudini
che ha plasmato le nostre coscienze.
Nei vent’anni di attività dei Premi, sono state quasi settecento le opere in concorso
(tra ricerche provenienti dalla scuola, tesi di laurea e libri di storia padovana e veneta). Ora tutto questo materiale è conservato presso l’archivio storico del comune di
Monselice e costituisce una formidabile fonte documentaria per studiare la nostra
storia locale.
Concludo rivolgendo ai componenti della giuria e in particolare al prof. Antonio
Rigon, che con competenza e umanità ha saputo mantenere alto il livello della manifestazione, nonché a quanti hanno patrocinato e finanziato nel tempo i vari premi, il
mio personale ringraziamento e quello dell’Amministrazione comunale.
Fabio Conte, Sindaco
Di Storia in Storia,
sulla scia
di Giovanni Brunacci
Riccardo
Ghidotti,
Assessore
alla Cultura
dal 1999.
di Riccardo Ghidotti
Giunti quest’anno alla loro XX edizione, i
Premi “Brunacci” sono divenuti un appuntamento importante per la città di Monselice e
per tutta la provincia di Padova. Il concorso,
rivolto alle scuole dell’obbligo, al mondo
accademico ed editoriale veneto, intende
valorizzare la conoscenza della storia locale
e regionale con l’obiettivo di recuperare e
promuovere l’identità veneta in tutte le sue
manifestazioni.
Non a caso si è scelto di intitolare il premio all’abate Giovanni Brunacci; nato a
Monselice nel 1711, consacrò l’intera sua
esistenza agli studi storici. Laureatosi in teologia nel 1734 e ordinato sacerdote nello
stesso anno, Brunacci iniziò a frequentare gli
archivi locali. Dall’archivio della collegiata
di S. Giustina in Monselice, a quello di S.
Antonio e della Capitolare a Padova, accanto
a molti altri del territorio patavino, veneziano e vicentino, “chino sugli eruditi stracci”
iniziò a trascrivere i più importanti documenti riguardanti la storia ecclesiastica
padovana, attorno alla quale cominciavano a
ruotare i suoi interessi. Questa raccolta di
documenti costituì, come il Brunacci auspicava, l’impulso principale per lo sviluppo di
una moderna storiografia nell’area padovana
e resta tuttora una fonte di ricerca insostituibile. Brunacci si spense nel 1772, dopo anni
trascorsi tra la “polvere” degli archivi padovani, ma il suo rigore costituisce ancora oggi
un punto di riferimento per gli studiosi. La
città di Monselice ha deciso di ricordarlo con
un premio che porta il suo nome, e che ne
affida la memoria e l’esempio a coloro che
fanno della cultura e dell’amore per le proprie radici una ragione di vita ed uno strumento di civiltà.
Ripercorrere la storia di questa iniziativa
presentando le opere partecipanti, i vincitori
e gli eventi culturali promossi
dall’Assessorato alla Cultura signif ica
approfondire e ricordare la storia veneta
degli ultimi anni, scandita dal ritrovato entusiasmo della Regione che sostiene anche
economicamente tutte le iniziative destinate
a promuovere la storia delle maggiori comunità venete.
E’ così che una piccola città di provincia
ritrova, nel giorno della proclamazione dei
vincitori, attenzioni e consensi riservati solamente ai grandi centri culturali. Ecco allora
che, nello spirito dell’abate, l’ultima domenica di ottobre le amene vie che portano alla
Pieve di Santa Giustina si popolano di centinaia di ragazzi e studiosi e tra essi i più bei
nomi della cultura veneta: da Angelo Ventura
a Piero Del Negro, da Alvise Zorzi a Giorgio
Cracco, da Luigi Meneghello a Giuliano
Scabia per il tradizionale appuntamento del
“Brunacci” che idealmente apre la millenaria
“Fiera dei Santi” durante la quale, fino a
pochi anni fa, migliaia di uomini e donne
della Bassa padovana accorrevano per fare
provviste per l’inverno. Per poche ore, antiche e nuove parole si fondono lungo la strada che porta al Santuario delle Sette
Chiesette, quasi una magia che dura il tempo
di ascoltare affascinanti storie di storie venete, prima che “la notte tutto porti via”.
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Premio Brunacci:
vent’anni
di storia veneta
di Antonio Rigon
Il Premio Brunacci nacque venti anni or
sono per iniziativa del gruppo culturale
“Brunacci” e da alcuni studiosi desiderosi di
promuovere la conoscenza storica, valorizzando la storia locale nell’insegnamento scolastico, nella divulgazione, nella ricerca
scientifica. Il clima era allora favorevole ad
un simile tentativo: i programmi della scuola
dell’obbligo incoraggiavano una didattica
attenta al contesto ambientale, alle tradizioni
e alle vicende relative al territorio nel quale
vivevano ed operavano docenti e studenti;
nelle università, anche per influsso di corren-
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ti storiografiche d’Oltralpe, insediamenti e
vita quotidiana, mentalità e cultura materiale, campagne e lavoro contadino, città e centri minori erano oggetto di studi spesso innovativi anche sul piano metodologico.
Nel Veneto, come altrove, pullulavano le
iniziative spontanee, spesso velleitarie,
anche se generose, tutte improntate alla
volontà di riscoprire nel passato le proprie
radici, di recuperare lo spessore storico del
presente, di valorizzare il patrimonio di
memorie individuali e collettive della comunità di appartenenza. A livello accademico si
portarono allora a compimento imprese di
grande respiro come la Storia della cultura
veneta dell’editore Neri Pozza; sorsero sodalizi e comitati per il recupero, l’edizione, lo
studio delle fonti storiche della Terraferma
da affiancare a quelle veneziane; si gettarono
le basi per la pubblicazione delle storie di
Venezia, Vicenza, Treviso; a Monselice fu
dedicato un volume che, assieme a pochi
altri, resta un punto fermo della storiografia
relativa ai centri minori del Veneto.
I Premi Brunacci sono stati lo specchio
fedele di questo vivace movimento culturale,
favorendo l’incontro tra grandi maestri e gio-
Antonio Rigon,
presidente della
Giuria, riceve dal
sindaco Gianni
Baraldo la cittadinanza onoraria di
Monselice nel corso
dell’edizione 1994.
Giovanni Brunacci, (Monselice 1711- Padova 1772)
Comirato incisore. Collezione Ruzzante - Monselice
vani ricercatori, tra studiosi e studenti, tra
storici di professione e storici dilettanti, tra
insegnanti della scuola dell’obbligo, professori delle secondarie, docenti universitari
impegnati nella didattica e nella ricerca storica in senso ampio, comprendente la cultura, le arti, la letteratura, il teatro, l’ambiente.
I nomi dei premiati e le motivazioni con le
quali sono stati attribuiti i premi nelle varie
edizioni parlano da sé e dicono delle scelte
rigorose operate nel corso degli anni dalla
giuria, secondo un’idea alta degli studi, dell’insegnamento, della stessa divulgazione
della conoscenza storica troppo spesso soggetta a strumentalizzazioni e distorsioni che
nulla hanno a che fare con il lavoro dello
storico.
Un’esperienza protrattasi per un ventennio, e tuttora viva e valida sollecita inevitabilmente qualche riflessione su temi, indirizzi, filoni di indagine emersi in questi due
decenni. E’ indubbio che, accanto all’interesse per la storia dei grandi centri urbani, è
affiorata col tempo un’attenzione sempre più
robusta per i centri minori (da Monselice a
Piove di Sacco, da Este a Loreggia e ad
altri), studiati, al di là della mera prospettiva
localistica, come punti di forza e protagonisti
strutturali della storia veneta e, più in generale di quella italiana. Lo spontaneo convergere di molte ricerche verso questa prospettiva storiografica ha garantito di per sé la
presa di distanza da ogni angusto municipalismo anche nei lavori di carattere più schiettamente divulgativo. Da parte sua la ricerca
d’archivio ha dato sostanza e forza ad opere
magistrali di storici prestigiosi, ed ha conferito dignità scientifica a saggi di giovani alle
prime armi. La società, la politica, il mondo
del lavoro, l’ambiente, le arti, la religione, la
lingua sono state al centro di decine e decine
di ricerche scolastiche, di tesi di laurea, di
pubblicazioni sottoposte ogni anno al giudizio della giuria. Ne è emerso l’affascinante e
articolato quadro di una grande civiltà e la
perdurante vitalità di una tradizione di studi
che si rinnova nel segno dell’appassionata
dedizione e dell’impegno culturale e civile.
Su questa linea la giuria, nel corso degli
anni, non ha mancato di manifestare il proprio vivo apprezzamento per le opere presentate ai Premi Brunacci, ma, all’occasione,
non si è tirata indietro nel formulare anche
giudizi severi; talora i premi non sono stati
assegnati; spesso accanto alle valutazioni su
singoli testi sono state espresse considerazioni critiche di carattere generale sulla qualità
della produzione storiografica, sugli indirizzi
generali riflessi nelle opere, sullo stato dell’insegnamento delle discipline storiche
nelle scuole e nelle università. Si è trattato di
un lavoro non sempre facile e tranquillo. A
questo proposito devo rivolgere un ringraziamento ai membri della giuria per quanto
hanno dato e per la serietà con la quale
hanno svolto il loro compito; soprattutto
devo ringraziarli per l’amicizia che ha nutrito i nostri rapporti e ha alimentato il comune
lavoro.
Le riunioni annuali, le discussioni vivaci,
il confronto anche aspro, gli incontri conviviali sereni e frizzanti, le premiazioni animate dall’impaziente scalpitare dei ragazzi nella
chiesa di Santa Giustina, o nel castello, o in
una scuola o in un cinema o sotto un tendone
appartengono ad un patrimonio di esperienze
che credo ci abbiano reso tutti più ricchi. Se
tutto ciò è stato possibile lo si deve all’appoggio delle amministrazioni che si sono
susseguite alla guida del comune di
Monselice. E’ stata una ventennale dimostrazione di civismo e di amore per la propria
città e la propria terra: un bell’ esempio di
sensibilità culturale, un’ iniziativa che fa
onore a Monselice.
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Storia dell’Arte veneta
nei Brunacci
di Chiara Ceschi
Un panorama in qualche modo rappresentativo della storia dell’arte veneta si può
senz’altro delineare attraverso le tematiche
affrontate dalle ricerche premiate nei vari
settori, dalla scuola all’editoria.
L’architettura delle ville e degli insediamenti
religiosi, la scultura decorativa, le tipologie
edilizie dei centri storici medievali e rinascimentali, la pittura delle pale d’altare, la
miniatura dei codici liturgici, la numismatica, l’arte orafa, il collezionismo, la tarsia e le
altre forme di artigianato del legno: tutti
argomenti affrontati con scientif icità di
metodo e qualità di risultati soprattutto nelle
tesi di laurea presentate al Brunacci.
Una ricchezza di temi e un’attenzione per
l’insieme delle espressioni dell’operare artistico, quindi, che interessano non solo la
città di Monselice, ma anche il territorio
veneto, con una preferenza diffusa per il
periodo storico del Quattrocento e del
Cinquecento.
Partendo dagli argomenti più estesi, anche
per il territorio interessato, la monografia di
Andrea Palladio firmata da Lionello Puppi
sembra magnificamente rappresentare quello
che viene considerato il fenomeno culturale
più rilevante nell’arte del Veneto: la villa. La
ricostruzione del ruolo storico che assume
l’architettura di Palladio nel contesto culturale, politico ed economico in cui si muove,
si accompagna ad un’indagine filologica
sempre serrata sulle circostanze progettuali
di ogni impresa. Ne scaturisce una comprensione profonda della singola opera d’arte anche solo progettata e non realizzata - e del
mondo veneto che l’aveva sollecitata.
La capitale della Serenissima Repubblica
si presenta con una pubblicazione che
riguarda il punto focale esterno del monumento religioso più importante della città: Il
portale maggiore di San Marco a Venezia.
L’avvincente storia dei rilievi duecenteschi,
dipanata da Guido Tigler, porta al riconoscimento del programma iconografico con l’episodio dell’Avvento di Cristo, scelto anche
per il perduto mosaico della calotta centrale,
e all’identificazione di un importante cantiere antelamico operante in San Marco.
Il linguaggio prettamente padano della tarsia è l’argomento di una terza, significativa
ricerca: Pierluigi Bagatin esamina le vicende
di due maestri polesani “d’intaglio e d’intarsio” e della loro bottega, attiva lungo l’asse
della via Emilia e in area veneta per ben due
generazioni; i Canozi di Lendinara possono
essere considerati, a ragione, due personalità
rappresentative della cultura rinascimentale
padana.
Considerando la città di Padova e le sue
opere d’arte, ci si rende conto che è stata
scelta da un numero relativamente ristretto di
lavori, ma con risultati di alto livello specialmente nel settore delle tesi di laurea:
molto importante lo studio sulle fasi costruttive della basilica cinquecentesca di Santa
Chiara Ceschi, componente della giuria.
Giustina, coordinato da Manfredo Tafuri e
che ha messo in luce, attraverso un cospicuo
numero di documenti d’archivio, i problemi
tecnici di un cantiere complesso e importante, diretto dall’architetto Andrea Moroni
(Contin); oltremodo significativa, ai fini di
un previsto recupero all’uso degli edifici,
l’indagine relativa alla chiesa romanica di
Ognissanti, edificata vicino all’ansa orientale del Piovego e rifatta dall’architetto
Vincenzo Scamozzi nel 1589 insieme all’attiguo convento (Beltrame, Tagliaferro).
Nel campo dell’oreficeria, uno dei settori
di rilievo dell’artigianato padovano, con la
tesi di Giulia Chiarot per la prima volta si
rende conto, scientif icamente e in modo
esaustivo, della produzione orafa padovana
dal medioevo al ‘400; si inizia ricostruendo
con una ricca documentazione d’archivio le
condizioni sociali che permisero l’avvio nel
Medioevo di questa manifattura, e l’ambiente di lavoro; vengono individuati i maestri
orafi - talora legati alle personalità artistiche
più importanti del tempo, come Donatello e
Mantegna - ed esaminate le opere importanti
giunte sino a noi. Mi piace inoltre sottolineare che proprio da questa ricerca è nato l’ottimo volume sull’attività delle botteghe orafe
di Padova, primo di una serie di monografie
dedicate alla storia dell’attività artigianale;
l’attenzione a questo importante settore della
vita cittadina era stato stimolato anche dalla
pubblicazione di Botteghe artigiane dal
Medioevo all’età moderna a cura di
Giovanna Baldissin Molli, relatrice appunto
della tesi citata, volume premiato a sua volta
a Monselice nel 2001.
Una particolare menzione merita, soprattutto per la maturità e la completezza dell’indagine, la tesi di laurea di Raimondo
Callegari su La pala d’altare rinascimentale
a Padova (1450-1520). La ricerca d’archivio, lo studio filologico e iconografico delle
opere, l’analisi dell’ambiente storico e sociale sono magistralmente condotti e coordinati
sino a restituire non solo la ‘radiografia’ critica di ogni singolo dipinto e del suo autore,
ma anche le motivazioni culturali e religiose
dei vari committenti, tutti personaggi di spicco della Padova rinascimentale, che sino a
Guido Tigler, vincitore 1995.
quel momento risultavano poco o del tutto
conosciuti.
Monselice, attraverso le numerosissime
tesi di laurea presentate (principalmente di
restauro e di progettazione urbanistica), è
stata oggetto di un’indagine capillare e continua nel tempo; i lavori premiati che riguardano la storia dell’arte illustrano esemplarmente tre distinti nodi tematici: la conoscenza, attraverso la catalogazione scientifica,
del patrimonio artistico ancora presente nelle
chiese e nei fondi civici e lo stimolo alla sua
tutela e valorizzazione; l’importanza degli
elementi formali minori degli edifici nel
mantenere l’immagine di un centro storico,
sviluppatosi nel corso di vari secoli; il fenomeno del collezionismo come elemento che
partecipa alla crescita culturale di una comunità civile.
Così, l’indagine condotta su due corali riccamente miniati della Biblioteca Comunale
di Monselice (Bozza), un Graduale e un
Salterio innario collocati nell’ambito della
cultura figurativa padovana tra ‘400 e ‘500,
ha messo in evidenza l’importanza del fondo
antico civico e ha portato a un progetto di
schedatura dei manoscritti liturgici giunti in
Biblioteca dopo la soppressione napoleonica
del convento francescano di San Giacomo.
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In margine
a un Premio
di Gian Antonio Cibotto
Luigi Meneghello, vincitore 1992
Analogamente, la tesi di laurea che ha preso
in considerazione tutte le parti esterne degli
edifici del centro storico (Segato, Scopel), al
di là del risultato scientifico di conoscenza,
presenta all’amministrazione comunale un
nuovo strumento operativo per tutti gli interventi di recupero e manutenzione da eseguire
nel futuro. La banca dati così organizzata,
permette infatti di operare oggi, nel pieno
rispetto delle tipologie storiche del costruire
utilizzate a Monselice dal ‘400 in poi. Non
meno significativo, per la storia della cittadina, il recupero della f igura di Stefano
Piombin, appassionato collezionista di fine
‘800 che si muoveva disinvoltamente tra i
pezzi di archeologia, i dipinti, i mobili, gli
avori, le monete. Il catalogo dei dipinti della
sua raccolta, che vanta numerosi pezzi di
valore ed era ospitata nella casa monselicense dell’abate sino all’atto di donazione al
Museo Civico di Padova, costituisce un
primo approccio sistematico al recupero
della sua figura ed apre indirettamente una
finestra sulla vita della cittadina a fine ‘800
e sui legami culturali che da lì si potevano
instaurare anche con importanti personaggi
ed istituzioni venete.
Sono ormai lustri che partecipo alla “visitazione” dei libri arrivati in lizza al Premio
Brunacci, dove per fortuna si approda alla
dolce riva della maggioranza quasi sempre
con il sorriso sulle labbra. A metterli insieme tutti, compresi quelli talora sorprendenti
delle scolaresche in fiore, balza fuori un
numero abbastanza nutrito, per cui l’unica
soluzione, volendo tornare indietro nel
tempo, è fermarsi alle serate scandite dalla
festa dell’animo. Per me quasi sempre legate
al vizio del teatro, come lasciano intendere i
titoli dei volumi premiati, ovverosia
L’avventura della commedia rinascimentale
di Padoan, sparito malinconicamente nel
regno delle ombre, la raccolta delle Antiche
Giorgio Cracco , vincitore nel 1996.
Conferimento della cittadinanza
onoraria ad Antonio Cibotto
nel corso della XVII
edizione del 2000.
rime venete compiuta da Marisa Milani,
pure lei divenuta un’ombra, ed il felice ritratto di Andrea Palladio, artefice del miracolo
vicentino chiamato “Olimpico”, prodotto
dopo lunghe ricerche da Lionello Puppi.
Esiste tuttavia un’opera che su tutte ha catturato la mia fantasia, in maniera ancor più
suggestiva, presentata dall’editore Rizzoli di
Milano, che ha avuto la felice idea di pubblicare tutte le opere sfornate dal narratore,
saggista e traduttore Luigi Meneghello, fra le
quali di una rara felicità espressiva Maredè,
Maredè. Sondaggi nel campo della volgare
eloquenza vicentina. Un’opera nata mettendo d’accordo la fantasia e l’erudizione
all’ombra della tradizione veneta, anzi
vicentina, sotto la spinta di uno humour che
offre continue sorprese.
Insomma un divertimento nel vero senso
del termine, che all’ombra del castello monselicense, messo in ordine da Vittorio Cini,
ha permesso a chi era accorso al richiamo
del premio di ascoltare un discorso di straordinaria eleganza fatto da Meneghello che ha
incantato il pubblico dall’inizio alla fine del
suo raffinato intervento. Dopo il quale, per
la cronaca, tutta la sua attenzione è andata
alla mia cagnolina Fosca, una setter di pelo
nero che ha preso in braccio al momento di
cedere il passo al rito delle fotografie, da me
conservate fra le cose da non perdere. Il grazie dalla parte del cuore a Meneghello non
avrebbe bisogno di altre parole sull’evento
culturale che annualmente si svolge nel
maniero che ha avuto protagonista in altro
periodo storico il grande Ezzelino da
Romano, diffamato dagli avversari politici di
parte clericale, ignari della pietas cristiana.
Per amor di completezza mi viene tuttavia
da ricordare pure i nomi di Cracco e Cozzi,
autori di due volumi intitolati rispettivamente Nato sul mezzogiorno ed Ambiente veneziano, ambiente veneto, che mi hanno riservato più di una sorpresa. Ai quali per scrupo-
lo dovrei aggiungere l’edizione sorprendente
del Milione di Marco Polo, che non perdo
occasione di regalare a chi riesce nel fluire
del tempo a farmi dimenticare qualche evento del passato.
Inoltre la storia della compagnia estense
scritta a quattro mani dalla Larcati e Baccini,
due sognatori che si trovano a loro agio unicamente in palcoscenico. Ma ancora un titolo vorrei ricordare, per via di un mio debito
con la nobile città di Lendinara, dove sovente mi rifugio per respirare un’aria diversa da
quella che si respira ormai dovunque, sia in
città che in campagna. Alludo al volume sull’arte dei Canozi scritto con doppia coscienza e serietà da Pier Luigi Bagatin, che ha
saputo raccontare con grande acutezza il
miracolo delle loro opere in sostanza dimenticate, o quasi, dagli esperti di storia dell’arte. Fra l’altro è un libro che ogni volta mi
vede con la fantasia tornare alla stagione in
cui proprio davanti alla statua che li ricorda,
passeggiavo al f ianco del grande poeta
Umberto Saba, uomo dall’animo sofferente.
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Camillo
Corrain,
componente
della giuria.
Le ricerche scolastiche
nei Premi Brunacci
di Camillo Corrain
Nella Giuria dei Premi ho sempre seguito
con particolare attenzione, tra l’altro, le
ricerche presentate dalle scuole, forse per la
mia lunga attività di insegnante che mi avvicina idealmente a Roberto Valandro, con il
quale ho condiviso la passione per lo studio
della storia locale e l’inizio di questa avventura culturale. Ricordo con piacere le prime
telefonate e l’attesa dei primi lavori che rappresentavano un positivo riscontro alla
Vittorio Lazzarin premia una ricerca
degli studenti della scuola media
Zanellato nel 2002.
nostra proposta nelle scuole della bassa
Padovana.
La “formula” dei Brunacci, copiata in altre
realtà venete, è stata continuamente modificata per renderla più incisiva e adattarla ai
cambiamenti avvenuti nel mondo della scuola. Le modifiche però non hanno cambiato la
struttura originaria del bando.
Con i premi destinati alle scuole, volevamo sollecitare insegnanti e allievi a realizza-
re ricerche condotte “muovendo dalla testimonianza orale intesa quale fonte privilegiata di documentazione” nelle istruzioni scolastiche di base. L’obiettivo primario era, ed è,
quello di suscitare nei ragazzi la passione per
la conoscenza naturalistica, artistica o storico-sociale dell’ambiente nel quale vivono.
I primi lavori erano caratterizzati dalla
forma in qualche modo pionieristica degli
elaborati, dove si lasciava grande spazio ad
una dialettica interna di gruppo, motivata
però da un certo orgoglio e coinvolgimento
dell’insegnante che interessava, in qualche
caso, anche i familiari degli alunni. Quasi
tutte le ricerche pervenivano dalla scuola
media, forse perché maggiormente coinvolta
dallo spirito “sessantottino”; non mancavano
però i contributi arrivati dalla scuola elementare e superiore.
Col passare del tempo, l’immissione dell’informatica, la burocratizzazione e la cercata progettualità hanno fortemente influito
sulla qualità degli elaborati, facendoli più
somiglianti a trattati, ricchi di immagini, di
riferimenti bibliografici, ben impaginati, talvolta troppo lussuosi, ma dove purtroppo
non è subito visibile l’operato degli alunni.
I cambiamenti nella didattica, avvenuti per
volontà ministeriale, hanno fatto notevolmente aumentare i contributi delle scuole
elementari, facilitati dalla compresenza di
più docenti e dalla scelta di un filone specifico nella programmazione annuale.
La scuola media, d’altra parte, ha continuato a rispondere con lavori di ricerca storica, ma anche su aspetti artistici, naturalistici
e problemi sociali, mentre dalla scuola superiore gli apporti si sono sempre più affievoliti, forse per la frammentazione e la specializzazione dei percorsi scolastici.
Per quanto mi riguarda il bilancio di questi
primi vent’anni dei premi Brunacci è senza
dubbio positivo, e ricordo con piacere anche
le lunghe discussioni avvenute al termine
delle riunioni della Giuria con Manlio
Cortelazzo sull’origine dei termini dialettali
veneti. Voglio sperare però che con l’autonomia scolastica la storia locale possa diventare materia di studio nelle scuole italiane più
sensibili e aperte.
Filologia
e Linguismo
nei Premi
di Manlio Cortelazzo
Fin dall’inizio i promotori dei Premi
Brunacci hanno avuto chiaro il valore da
attribuire all’aggettivo storico, applicato al
carattere delle opere da premiare: non relativo alla storia in senso stretto, che pure le
ricerche dell’erudito abate Giovanni
Brunacci, appassionato e instancabile frequentatore di archivi, al quale l’iniziativa si
richiamava, poteva giustificare, ma in quel
senso più ampio che il bando esplicita: “…
di carattere storico, inteso nei suoi aspetti
(artistico, economico-sociale, naturalistico,
linguistico, etnografico ecc.)”.
Hanno potuto, così, essere presi in considerazione volumi, tesi ed elaborati appartenenti al settore filologico-linguistico, inclusa
la ricerca dialettale, sempre nel rispetto dell’altra condizione del limite territoriale, la
regione veneta.
Manlio Cortelazzo (in piedi), con
Giorgio Padoan, vincitore 1996.
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Si può dire che le opere più significative
del ventennio in questo campo sono passate
tutte al vaglio della giuria, la quale ha avuto,
però, anche il compito ingrato, ma necessario, di doverne scegliere una sola, quando le
meritevoli di premio erano più di una.
Gli autori premiati per un libro “relativo
alla storia veneta, che si segnali particolarmente per novità e larghezza di risultati
scientif ici” sono tutti studiosi di valore,
come la prima vincitrice, Lucia Lazzerini,
che ha recuperato con acume un commediografo rodigino del Cinquecento,
quell’Artemio Giancarli che, acclamato dai
contemporanei, era caduto quasi completamente in oblio assieme alle sue commedie,
la Capraria e la Zingana, non più ripubblicate da allora in edizioni attendibili. C’è da
aggiungere, a completamento della valorizzazione di un filone di ricerca particolarmente caro agli esperti di letteratura italiana
e dialettale e di teatro, che il premio al concorso Civiltà veneta del 1996 è stato assegnato a Giorgio Padoan, che al teatro veneto
umanistico e rinascimentale ha dedicato, in
anni di attività, saggi e edizioni fondamentali.
A dimostrazione dell’apertura della giuria
Concerto degli allievi
della scuola media Zanellato,
anno 2002.
alle esperienze più varie, ma sempre rigorose, l’anno dopo la premiazione della
Lazzerini, cioè nel 1992, è venuta la volta di
Luigi Meneghello per il suo delizioso
Maredè, Maredè, un lavoro dialettale, al di
fuori degli schemi usuali, sulla sua parlata
materna, riconosciuta non solo nelle manifestazioni esterne, ma anche nelle pieghe più
segrete, rivelate con la sensibilità dell’artista.
La giuria non si è fermata a tener conto
soltanto degli autori affermati, ma ha voluto
incoraggiare anche giovani promettenti, che
hanno dimostrato di avere la tempra del
ricercatore meritevole di fortuna. Così,
accanto a Marisa Milani, premiata nel 1997
per la raccolta finemente commentata di
antiche rime venete in padano, suo privilegiato campo di ricerca per molti anni, nel
2000 sono stati ritenuti degni di un incoraggiante riconoscimento Alvaro Barbieri e
Alvise Andreose per la cura esemplare dell’edizione di una inedita versione veneta del
Milione di Marco Polo.
Nel 2001, infine, è stato premiato Giovan
Battista Pellegrini per una raccolta di saggi
sul ladino, considerata una summa dei suoi
numerosissimi contributi ad un problema,
che l’ha sempre appassionato, coinvolgendolo in polemiche, che non hanno mai scosso
le sue convinzioni, fondate su una profonda
conoscenza di tutta la questione.
Il bando di concorso al Premio Brunacci
prevede fin dalla sua istituzione anche un
premio per un volume riguardante il
Padovano. In questa sezione sono state premiate due opere di diverso valore, ma di pari
interesse: nel 1993 la storia surreale di Nane
Oca, dovuta alla penna fantasiosa di
Giuliano Scabia, ambientata in un territorio
padovano in parte reale, in parte d’immaginazione, e nel 1999 la descrizione della vita
e della mentalità dei Colli Euganei,
Monterosso, frutto di severe ricerche da
parte di Sergio Giorato.
Con lo spirito di tenere sempre nel massimo conto l’opera prima di molti giovani, la
tesi di laurea, vista come punto di partenza
di un impegno più lungo e difficoltoso, la
giuria ha premiato annualmente con due
borse di studio le tesi ritenute migliori fra
quelle presentate, anche se proprio in questa
categoria si sono dovuti sacrificare studenti
meritevoli quanto i premiati.
Alcune riguardano direttamente la letteratura italiana, ben rappresentata in studi su
scrittori o temi minori, altre sono specificatamente dialettologiche, come il contributo
allo studio del dialetto padovano di Fabio
Rizzi (1989), o filologiche, come la tesi di
dottorato sui quattro vangeli di Jacopo
Gradenigo di Francesca Gambino (1997).
Guardando a ritroso il cammino fin qui
percorso, si può tranquillamente affermare
che il compito offerto dai premi Brunacci
alla divulgazione ed al riconoscimento di
opere sulla civiltà veneta, com’era nei propositi del gruppo che li istituì, ha lasciato un
segno positivo nella storia culturale della
regione, segnalando anche lavori riguardanti
la filologia, la dialettologia e le tradizioni,
che hanno così trovato una più vasta accoglienza ed una meritata risonanza.
I premi Brunacci
vent’anni dopo
di Franco Fasulo
In occasione della XX edizione viene
spontaneo il desiderio di tracciare un bilancio delle precedenti, specie in chi, come me,
ha fatto parte del piccolo gruppo di amici
che per tanti anni ha lavorato con alterne
vicende, tra momenti di soddisfazione
e…tentazioni dimissionarie, per la buona
riuscita dei premi. Nelle nostre intenzioni vi
era anzitutto la volontà di promuovere una
serie di ricerche, articolate su vari livelli,
dalla scuola elementare all’Università, sulla
storia del Padovano (ed in particolare della
Bassa). Particolarmente mi interessavano
soprattutto le ricerche dei giovani, non tanto
le opere già pubblicate a spese di Comuni,
Banche od Enti vari (si diceva allora che
l’autore era già stato premiato con la pubblicazione in carta patinata, con belle fotografie o ricchi apparati di illustrazioni).
Importante era fare storia locale senza
indulgere nel patriottismo del proprio campanile, ma inserire il passato del “luogo
natio” nel contesto della storiografia contemporanea, non solo italiana.
Franco
Fasulo,
componente
della giuria.
16
Rileggendo la lista dei vincitori, da giurato, ho molti motivi di soddisfazione: tra i
libri vincitori vi sono lavori di Fumian,
Selmin, Scabia, Padoan, Merlin, Billanovich,
Baldassin Molli, ecc. per citare solo i primi
autori che ricordo.
Certo vi sono stati anni più fortunati, a
prescindere dai vincitori, quando la partecipazione è stata ampia e di buon livello, anni
di siccità (un anno, l’87, il premio non è
stato assegnato) quando la difficoltà di trovare un vincitore ci ha costretto a scelte non
del tutto condivise, anche se mai infelici.
Dove però il contributo dei concorrenti è
sempre stato positivo è nel settore della
scuola dell’obbligo. Qui studenti ed insegnanti hanno sempre partecipato con entusiasmo ed impegno, producendo, si spera, un
effettivo progresso sul metodo dell’apprendimento storico. Per contro nella scuola superiore, i Premi Brunacci non hanno saputo
sfondare: (ad eccezione dei professori
Valandro e Selmin); anzi lo studio della storia locale è sembrato inutile e pericoloso,
alla luce dei “programmi ministeriali”.
Ma nel settore delle tesi di laurea tutti i
premiati (ed anche parecchi dei non premiati) hanno meritato ampiamente la segnalazione ed il giudizio positivo della giuria; diverse
volte ci siamo rammaricati di non poter premiare più lavori realizzati con passione ed
impegno da studenti che hanno condotto
accurate indagini d’archivio, letto manoscritti inediti, prodotto lavori degni di pubblicazione. Personalmente ritengo siano essi i veri
eredi dell’abate Brunacci: questi giovani
provenienti da diverse Università del Veneto,
(e non solo), da Facoltà diverse, rappresentano una speranza per la ricerca e per l’insegnamento della storia.
Purtroppo con la recente riforma universitaria della tesi rimarrà ben poco: esclusa
dalla laurea triennale come lavoro d’archivio, rimarrà legata alla sola laurea specialistica, con forte ricaduta negativa, temo, per
la grande maggioranza degli universitari. Ma
i problemi del futuro si porranno in altra
sede: nei vent’anni trascorsi il livello delle
tesi di laurea consente un bilancio positivo e
stimolante.
17
La cultura veneta degli
ultimi vent’anni vista
dai Premi Brunacci
di Lionello Puppi
Quando solo si voglia volger lo sguardo
all’indietro e ripercorrere anno per anno i
quattro lustri che costituiscono la fulgida
avventura dei “Premi Brunacci” non può non
spiccare, con clamorosa ma persuasiva eloquenza, come le giurie che si sono assunta la
responsabilità delle scelte, hanno saputo
riconoscere ed additare personalità ed opere
che rappresentano gli aspetti più originali e
innovativi della cultura veneta nel momento
Lionello Puppi, componente della
Giuria e vincitore del Premio Brunacci
nell’anno 1999.
cruciale del trapasso dal XX al XXI secolo.
Non si trattava, dunque, di scelte convenzionali e scontate: men che mai, opportunistiche; e che abbiano privilegiato l’impegno a
recuperare e rendere attuale la memoria per
comprendere una identità un genius veneta
(e, su un versante suo peculiare, patavina) e
le sue potenzialità aperte e creative, mi par
oltremodo significativo.
Penso, via via – e per enumerare solo le
indicazioni che più mi hanno impressionato
entro un percorso sempre coerente e di livello elevato -, ai premi assegnati ad autori e a
scritti dedicati, da angolature diverse, alle
forme del dialetto: a Luigi Meneghello e al
suo Maredè-Maredè che è sforzo azzeccato e
felice di rivitalizzare termini anche ormai
sconosciuti o in disuso, di cogliere analogie
con lingue apparentemente distanti, di
segnalare complesse griglie grammaticali; a
Giuliano Scabia e alla sua favola incantevole
di Giovanni, il figlio della Fata rimasta priva
dei suoi poteri, scritta in una lingua che,
dalla consapevolezza del dialetto, trae incredibili audacie evocative; a Giambattista
Pellegrini e ai suoi fondamentali saggi sul
ladino. E alla conseguente attenzione,
penso, rivolta ad editori ed edizioni di antichi rari testi Rime venete fra tre e quattrocento della compianta Marisa Milani; la rivelazione della redazione in veneziano del
Milione di Marco Polo, di Alvaro Barbieri e
Alvise Andreose -, e a chi, a tali materiali,
insistendo su quelli prodotti dall’Avventura
della commedia rinascimentale, ha dedicato
pagine di rivelatrice introspezione, come
Giorgio Padoan, anch’egli troppo presto
scomparso.
Ovviamente, suscitar la memoria per
riprogettarla nell’attualità significa guardar
ad altri aspetti intrinsecamente appartenenti
al retaggio vertiginoso del passato a saper
coglierli per trasmettercene il monito stimolante. Una volta di più, a me pare, i “Premi
Brunacci” hanno colto il segno individuando
il valore della restituzione, da parte di
Gaetano Cozzi, dei caratteri insopprimibili
dell’ambiente veneziano, ambiente veneto in
quanto interazione di tensioni religiose e culturali, di fattori economici e sociali; o quel-
Gaetano Cozzi, vincitore 1998.
lo sorprendente di M.C. Billanovich sulle
Pietre di Lispida, docile materia lapidea
disponibile a trasfigurarsi in solidi impianti
costruttivi di selciati, mura, dighe ovvero in
aggraziate cadenze di decoro architettonico e
urbano. E che dire della scelta dell’edizione,
curata da L. Caberlin, del Catastico di
Ezzelino, capace di presentarci, con la figura
inquietante e possente del “tiranno” capziosamente fabbricato dalla storiografia guelfa
sullo sfondo, lo spaccato di un Medioevo
autentico e la sua lezione ? O di quella
Venezia austriaca restituitaci da Alvise
Zorzi e della Padova protagonista della storia nazionale dall’Unità alla Liberazione di
Angelo Ventura.
Non procedo oltre, e non certo per subordinare o accantonare tante altre azzeccatissime scelte: ma solo, dunque, per non annoiare.
Un’altra cosa mi preme dire, a capo di
queste brevissime riflessioni sgorgate di
getto ma da una profonda convinzione.
Quale emozione sia stata per me veder
accolto il mio Palladio nel novero dei
“Premi Brunacci” e quale gioia, pur nella
consapevolezza della grande responsabilità,
la chiamata a far parte della giuria incaricata
di assegnarli.
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19
Enrico
Zerbinati,
componente
della giuria.
Un’esperienza
tra scuola, storia
e ricordi
di Enrico Zerbinati
A vent’anni dalla loro istituzione i “Premi
Brunacci”, promossi dal comune di
Monselice, hanno mantenuto caratteri di singolare originalità e peculiarità nell’articolato
panorama delle manifestazioni di questo
genere in Italia.
Un premio letterario, un riconoscimento
ad uno storico, una “corona” o una “palma”
concessi a un uomo di cultura, a uno studioso, a un intellettuale assumono un significato se non si limitano all’“evento” in sé, se
non si chiudono nel cerchio frequentato dal
personaggio gratificato e onorato, se non si
esauriscono nella visibilità mondana del premiato e dei componenti della giuria; il premio acquista sostanza di valide motivazioni
se riesce a smuovere, a interessare allo studio e alla lettura un più vasto pubblico. In
breve, un premio non può trasformarsi in
un’esteriore cerimonia, in un rituale che si
trascina stancamente e faticosamente nella
consegna degli “allori”: il coinvolgimento
del pubblico deve proseguire, deve “pesare”
sul dopo, nel futuro.
I “Premi Brunacci” si qualificano perché
sanno trasmettere la passione della ricerca
storica al mondo dei giovani, al mondo della
scuola.
Non è mai mancata nella vicenda dei
“Brunacci” la fattiva, concreta, numerosa
adesione, presenza e partecipazione degli
istituti scolastici nei vari gradi, dalla scuola
dell’obbligo alle superiori. E’ doveroso qui
ringraziare, oltre agli alunni, i presidi e gli
insegnanti di Monselice e delle scuole del
Basso Padovano che, con dispendio di tempo
ed energie, con fervore collaborativo hanno
voluto e saputo, in atteggiamento di umiltà e
pazienza, mettersi in gioco e gareggiare in
un concorso che dispensa e gratifica soprattutto con premi di libri.
Spesso la giuria si è trovata in difficoltà
nello scegliere i vincitori delle singole scuole, a tal punto i lavori presentati erano bene
strutturati ed organizzati, copiosi di documenti, dati e notizie, in “confezioni” esteticamente attraenti e piacevoli, frutto di serie
ricerche di équipes impegnate, esperte, preparate; oppure si proponevano – mi riferisco
ai “prodotti” delle prime classi delle elementari – incantevoli e naïf nella loro disarmante
e ingenua semplicità.
Questi elaborati provenienti dall’“universo” scolastico sono sempre stati impreziositi
da disegni, immagini, fotografie, grafici;
sono stati supportati da un’ottima iconografia, a volte insolita e curiosa, rara se non
unica. Trovo giusto e opportuno che essi
siano consultabili e conservati con estrema
cura presso la Biblioteca Comunale di
Monselice.
Tra le fasi in cui è scandita la premiazione,
il momento dedicato alla scuola è stato
senz’altro il più gioioso, vivace, traboccante
di allegria, anche un po’ rumoroso per quanto ordinato e nei limiti della compostezza: un
momento nel quale la stessa commissione
dei giurati con calorosa complice simpatia si
è sentita conquistata dall’entusiasmo dei
ragazzi.
Come componente della giuria con la specifica qualifica di “antichista”, non posso
non attirare l’attenzione sui premi assegnati,
nel 1985 e nel 1986, a due tesi di laurea
discusse all’Università di Padova: una di E.
Greggio riguardava i Ritrovamenti monetali
a Este. I e II secolo d.C., relatore il prof.
Giovanni Gorini; l’altra di M. Baratella trattava L’abbigliamento femminile paleovento
in base ai monumenti figurati, relatore l’indimenticabile e compianta prof. Giulia
Fogolari. Mi piace qui menzionare una terza
tesi di laurea (discussa all’Università di
Padova, a.a. 1984-85), che non si è potuta
premiare, ma che ha aperto innovative piste
di ricerca nella topografia storica dell’agro
atestino in età romana: E. Pelà, Proposta di
ricostruzione della centuriazione di Este,
relatore il prof. Luciano Bosio, mio Maestro,
che ricordo con profondo rimpianto e per i
suoi studi storico-topografici e come persona
ricca di vibrante humanitas.
Alla fine mi sia permesso di richiamare
alla memoria due “passaggi” della storia dei
“Brunacci”, che più mi hanno avvinto, emozionato, commosso.
Nel 1993 il premio è stato conferito a
Giuliano Scabia per l’opera Nane Oca. Dopo
la lettura della motivazione del premio,
Scabia attore, scrittore, finissimo poeta, sperimentatore abile e smaliziato di registri stili-
stici e linguistici ha preso la parola. Si era
nel Castello di Monselice. Un pubblico
attento e sensibile gremiva la splendida sala.
In un silenzio irreale, oserei dire religioso (la
poesia, se è tale, è uno dei segni tipici attinenti alla sfera del sacro), in un’aura di alta
tensione emozionale, Giuliano Scabia spiegava l’intimo e intrinseco significato del
momon, tanto desiderato dal protagonista
Giovanni. Le parole di Scabia erano percepite dai presenti come una musica che ammaliava, una fiaba che incantava, un mito che
faceva sognare e, insieme, nutriva l’anima di
nuovi e freschi sentimenti, di forti suggestioni valoriali.
Nel 1996 veniva premiato il prof. Giorgio
Padoan per il volume L’avventura della commedia rinascimentale. Padoan, ordinario di
Letteratura Italiana all’Università di Venezia,
è stato critico acuto, agguerrito filologo di
Dante, di Boccaccio e del teatro del
Cinquecento. In anni ormai lontani, assistente del prof. Vittore Branca all’Università di
Padova, Egli ha insegnato a me e a tante
generazioni di studenti – in lezioni memorabili, straordinarie per efficacia, carica di passione e capacità di inculcare l’amore per la
letteratura – come si leggono i poeti e in che
modo ci si deve applicare ai testi degli autori. La mia “storia” di docente in un Liceo
Scientifico Statale gli deve molto. Chi scrive
gli attribuiva idealmente il premio
“Brunacci” anche per quel suo magistero.
L’ Assessore alla
cultura Riccardo
Ghidotti premia
una ricerca nel
corso della
edizione 2002.
21
20
STORIA DEL PREMIO
BRUNACCI
Orientamenti e vincitori
di Flaviano Rossetto
1. Istituzione del premio e il gruppo
culturale “Giovanni Brunacci”
Il premio “Brunacci” è un’iniziativa promossa dall’omonimo gruppo culturale, costituitosi a Monselice nel marzo 1983. Tra i
soci fondatori troviamo Giuseppe Ruzzante
– nominato subito presidente -, Claudia
Gonzato, Maria Nella Berto, Roberto
Valandro, Adriana Bolzicco, Giorgina
Giorgini, Giacomo Loreggian, Gianna
Milani e Sergio Valandro.
Lo statuto indicava tra gli obiettivi della
nuova associazione, la volontà di “sostenere,
coordinare, promuovere e gestire attività
rivolte alla valorizzazione del patrimonio
culturale, sociale, storico, artistico e monumentale del Veneto”. L’atto costitutivo precisa che la nuova associazione doveva “sensibilizzare l’opinione pubblica con manifestazioni, conferenze, dibattiti su problematiche
di attualità, finalizzate sempre all’educazione e al miglioramento del rapporto fra cittadini e le istituzioni”. Un programma veramente impegnativo per la nuova associazione che poteva contare solamente sulle proprie risorse finanziarie per realizzare qualsiasi progetto.
La prima iniziativa del gruppo è stata l’istituzione di un premio che valorizzasse la
ricerca storica a tutti i livelli, dalla scuola
elementare all’opera edita – precisa la
Segreteria organizzativa dalle pagine della
“Difesa del Popolo” del 28 settembre 1984 –
privilegiando l’apporto di studenti, ricercatori e divulgatori che affiancano questa passione del conoscere alle più varie attività professionali. Filo conduttore della manifestazione era l’intento di mettere in luce le ricerche compiute anche da persone più o meno
anonime, quali studenti e appassionati, che
con amoroso impegno indagano su quella
gente e quegli eventi che la storia ufficiale
non riesce a prendere in considerazione.
Il presidente del gruppo, Giuseppe
Ruzzante, rivangando il passato precisava,
infatti, che l’iniziativa intendeva offrire spazio e incoraggiamento a quanti si dedicavano, per dovere didattico, per passione, per
necessità di studi, all’esplorazione del patrimonio storico locale e delle sue componenti
d’attualità; affermava, inoltre, “che le basi
serie per riportare nella società equilibrio e
raziocinio andavano ricercate anche nella
conoscenza vera dell’ambiente in cui si vive,
dei suoi problemi politico-sociali, economici, culturali e umani”.
La prima edizione ha avuto grande eco
nella stampa locale, nonostante la pubblicizzazione dell’iniziativa sia venuta in ritardo
rispetto all’anno scolastico. Con soddisfazione Sandra Marin, segretaria del premio,
durante la cerimonia di proclamazione dei
vincitori, svoltasi il 6 ottobre 1984 presso
l’auditorium dell’Istituto Kennedy di
Monselice, annunciò ai presenti che avevano
partecipato nove ricerche per le scuole dell’obbligo, cinque tesi di laurea e undici libri
di storia locale; un traguardo veramente
notevole per un’iniziativa davvero originale,
nata in una piccola città di provincia.
La seconda edizione, realizzata anch’essa
direttamente dal gruppo culturale
“Brunacci”, si svolse ripetendo il già consolidato percorso, sebbene siano venuti a mancare il supporto e l’apporto economico dell’ente morale Opera Immacolata Concezione
di Padova. Il premio però si arricchiva di una
nuova sezione destinata alle pubblicazioni
che trattavano della storia veneta. Era evidente però che il premio “Brunacci”, nella
nuova e più accattivante formulazione che
Giuseppe Ruzzante,
presidente del Gruppo
culturale Brunacci alle
premiazioni della IV
edizione, nel 1987.
prevedeva spese per oltre 3000 Euro, aveva
bisogno di continui e costanti finanziamenti
nonché di un adeguato supporto logistico
che il gruppo culturale “Brunacci” non poteva sopportare a lungo.
2. L’Intervento dell’Amministrazione
comunale nei Premi “Brunacci”
Per dare continuità alla manifestazione, ci
racconta sempre il socio fondatore Giuseppe
Ruzzante, era indispensabile coinvolgere
l’assessorato
alla
Cultura .
L’Amministrazione comunale, sensibile alla
tematiche relative alla valorizzazione della
storia locale, accettò la proposta e in data 26
luglio 1986 la Giunta comunale con provvedimento n. 655 prese atto della volontà del
“Gruppo culturale Brunacci di cedere completamente l’iniziativa al comune di
Monselice, nella convinzione che questo
potesse garantire la continuità e la promozione della manifestazione” e decise di “adottare completamente l’iniziativa”. In sostanza il
comune divenne proprietario a tutti gli effetti
dei Premi “Brunacci”, “riservandosene ogni
diritto”. Oltre all’aspetto formale la Giunta
dispose che la segreteria, retta nelle prime
due edizioni da Sandra Marin, fosse affidata
al responsabile della Biblioteca Comunale
Flaviano Rossetto.
3. I premi “Brunacci” e
l’Amministrazione comunale
Il segreto della longevità dei Premi
“Brunacci” va ricercato nella formula con
cui si svolgono, che assicura sia l’indipendenza della giuria nella valutazione delle
opere in concorso che la libertà
dell’Amministrazione comunale nel gestire
la cerimonia di proclamazione dei vincitori e
tutte le iniziative di pubblicizzazione dell’evento. Quattro sindaci (Learco Vettorello,
Gianni Baraldo, Antonio Bettin e Fabio
Conte) e altrettanti assessori alla cultura
(Vittorio Bertazzo, Giannino Scanferla,
Carla Montelatici e Riccardo Ghidotti), succedutesi nella ventennale storia dei
“Brunacci”, lo hanno sostenuto, appoggiato
e finanziato, cercando contributi anche economici tra gli imprenditori di Monselice o
presso gli enti pubblici provinciali e regionali.
L’articolazione dei “Brunacci” prevede
che l’assessore alla cultura entri di diritto
nella giuria, per assicurare i necessari collegamenti con l’amministrazione locale e con
le altre istituzioni che finanziano la manifestazione. Una presenza discreta la sua, quasi
di cortesia, che termina automaticamente
allo scadere del mandato politico, per far
posto al suo successore.
22
23
La Giuria
del premio,
anno 1998.
4. La giuria del premio “Brunacci”
La vitalità del premio è garantita da una
qualificata giuria che ogni anno esamina le
opere in concorso con impegno e competenza. In linea di massima, essa si riunisce due
volte (ma in alcuni anni anche tre) per ogni
edizione del premio nei locali della
Biblioteca Comunale. Al nucleo “storico”
costituito da Antonio Rigon, Franco Fasulo,
Enrico Zerbinati, Camillo Corrain, formatosi
sulla base di comuni interessi per la storia di
Monselice, si sono aggiunti nuovi membri, a
volte in sostituzione di componenti che per
diversi motivi lasciavano il delicato incarico
o, più spesso, per valutare opere che richiedevano specifiche competenze.
Nella prima giuria (1984) troviamo
Antonio Rigon, allora giovane ricercatore di
storia medioevale all’Università di Padova,
laureatosi con una tesi sulla fondazione del
convento di San Giacomo di Monselice.
Figura di grande rilievo tra i docenti padovani - è oggi ordinario di Storia medioevale
all’Università di Padova - per la sua competenza storica e conoscenza del territorio, è
stato nominato presidente della giuria, incarico che di anno in anno svolge con autorevolezza e “capacità” davvero uniche. Spesso
le opere in concorso sono di grande ed equivalente contenuto storico e in queste condizioni non sempre è agevole individuare un
vincitore. Nonostante ciò, anche dopo animate discussioni e infinite verifiche delle
opere in concorso, il presidente della giuria è
riuscito a trovare unità di consensi nella for-
mulazione dei giudizi finali.
Ad aiutare Antonio Rigon nell’esame delle
opere in concorso, troviamo Franco Fasulo,
profondo conoscitore della storia moderna
veneta e instancabile studioso delle dinamiche legate alla demografia delle popolazioni
padovane. Decine, forse centinaia, sono i
suoi allievi che hanno esplorato gli archivi
parrocchiali locali per ritrovare dall’esame
dei registri “dei nati e dei morti”, notizie di
primaria importanza per ricostruire nei minimi dettagli la storia, anche quantitativa, delle
comunità venete più importanti.
Sempre dall’Università di Padova proveniva Sante Bortolami, autore di molti studi
innovativi sugli aspetti giurisdizionali, urbanistici, demografici, culturali della civiltà
medioevale. Piace qui ricordare la sua originale pubblicazione sugli antichi statuti del
vicino comune di Pernumia nei quali si trova
traccia anche dei primi consoli di Monselice
(1157) impegnati a dirimere una furibonda
lite tra monselicensi e pernumiani, sorta per
lo sfruttamento di una terra da pascolo situata al confine tra i due comuni.
L’esperto di antichistica nella giuria è
Enrico Zerbinati, autore nel 1982 di una
completa Carta archeologica del F. 64 della
Carta d’Italia che comprende, tra l’altro, la
città di Este e che nonostante il passare del
tempo conserva tuttora la sua validità.
Ricopre l’incarico di vice presidente
dell’Accademia dei Concordi di Rovigo,
anima la vita culturale rodigina da molti anni
e pubblica studi di archeologia delle
Venezie, di topografia storica, di collezioni-
smo antiquario e di epigrafia.
Dal mondo della scuola arrivava Camillo
Corrain, fondatore del Museo Etnografico di
Stanghella e di altre “simili” istituzioni in
varie località della Bassa padovana. Tra le
sue pubblicazioni ricordiamo con piacere i
suoi saggi - basati su documenti d’archivio,
sulla cartografia storica e sulla lettura delle
foto aeree - riguardanti l’ evoluzione e le trasformazioni del territorio antico e medioevale; ha curato l’edizione di folcloristiche filastrocche contadine che hanno avviato, anche
nell’area della Bassa padovana, lo studio
della civiltà rurale del secolo scorso, oggi
quasi scomparsa.
Sempre all’ambiente scolastico apparteneva Roberto Valandro, autore di libri su vari
aspetti della storia di Monselice, a cui il
gruppo culturale Giovanni Brunacci aveva
affidato il compito di coordinare e perfezionare le prime due edizioni del premio.
Oltre agli storici citati, facevano parte
della giuria della prima edizione: Paolo
Bernardini, preside dell’Istituto scolastico
Kennedy di Monselice; Aurora Gialain,
responsabile dell’Ufficio cultura, con compiti di collegamento con l’Amministrazione
comunale, e Sandra Marin con funzioni di
segretaria.
Già nella seconda edizione la giuria si
rafforzava di un nuovo componente, segno
evidente della necessità di coprire anche il
settore della storia dell’arte, trascurato nella
Giannino Scanferla, Assessore
alla Cultura dal 1990 al 1995.
prima stesura del bando di concorso. Entrava
quindi Chiara Ceschi con il compito specifico di valutare tesi e opere riguardanti l’ambito artistico; la studiosa collaborerà attivamente con il comune di Monselice con alcuni saggi sulla storia dell’arte locale ed ha al
suo attivo numerose pubblicazioni. Nello
stesso anno (1985) lasciavano la giuria
Paolo Bernardini e Aurora Gialain.
Con la terza edizione, oltre ai cambiamenti strutturali che abbiamo descritto precedentemente, la giuria si allargava ad altri due
componenti: Manlio Cortelazzo e Gian
Antonio Cibotto. Il primo è un grande linguista, oltre che uno dei maggiori dialettologi italiani; è autore di vocabolari etimologici
di grande successo e di larga diffusione.
Cibotto, invece, è attualmente “l’anima”
culturale del Veneto. Scrittore, critico teatrale e giornalista, è il più fedele testimone
della civiltà regionale che racconta dalle
pagine del “Gazzettino” con graffiante e
intensa nostalgia per i tempi passati quando
viaggiava per il Veneto con Piovene e
Comisso.
Nel 1987 si ritirava Roberto Valandro ed
entrava a far parte della giuria Paolo Preto,
docente di storia moderna e autore di importanti studi sulla peste del 1557 e sui servizi
segreti veneziani. Parteciperà ai lavori della
giuria fino all’undicesima edizione (1994).
La composizione della giuria rimaneva
invariata fino al 1997, quando si avvaleva –
per quattro edizioni – della collaborazione di
Donato Gallo, autore di importanti saggi
sulla storia di Monselice. Gallo è ora ricercatore di storia medievale all’Università di
Padova e profondo conoscitore delle carte
d’archivio monselicensi.
Nel 1998 lasciava la giuria Sante
Bortolami, ma la compagine giudicante si
rinforzava nel 2003 con lo storico dell’arte
Lionello Puppi, già direttore del
Dipartimento di Storia della Critica delle
Arti dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e
vincitore anch’egli del “Brunacci” nel 1999
con un’opera sul Palladio; attualmente è tra i
maggiori studiosi di storia dell’arte, come
risulta dalla sua imponente bibliografia che
conta oltre 700 opere, che spaziano in tutti i
campi dell’arte italiana ed europea.
24
Vittorio Bertazzo, Assessore alla
Cultura dal 1983 al 1990.
5. Le iniziative collaterali
La giuria dei Premi “Brunacci”, oltre alle
incombenze relative alla valutazione delle
opere in concorso, opera in stretto contatto
con l’Assessorato alla cultura proponendo e
realizzando una serie di iniziative culturali
che hanno rivalutato l’immagine culturale
della città di Monselice a livello regionale e
nazionale.
Grazie al premio si è instaurato un collegamento con molti docenti dell’Università di
Padova, che dirottano su Monselice giovani
energie e progettano nuove indagini sulla
millenaria storia della città.
In questo contesto nasceva il progetto di
una pubblicazione sulla storia di Monselice
che raccogliesse tutti gli studi che negli ultimi anni erano stati realizzati utilizzando i
numerosi documenti d’archivio “scoperti”
dai giovani laureati durante le loro ricerche.
Dalla prima stesura del progetto alla presentazione al pubblico dell’opera trascorsero
quasi otto anni, durante i quali difficoltà di
ogni tipo sembravano vanificare gli sforzi
che il presidente della giuria stava compiendo per realizzare il libro.
Nel frattempo, con l’aiuto di Sante
25
Bortolami, veniva rivalutata e in parte stampata una poderosa storia di Monselice scritta
da Celso Carturan tra il 1935 e il 1949. Il
dattiloscritto, “saccheggiato” da numerosi
storici locali, raccoglieva le memorie vissute
in prima persona dal Carturan che – malgrado tutto - è stato un protagonista della nostra
storia municipale a cavallo tra Otto e
Novecento.
Finalmente nel 1994 veniva presentata al
pubblico l’imponente storia di Monselice,
curata proprio da Antonio Rigon, che raccoglieva i contribuiti di tutti i componenti
della Giuria dei “Brunacci” e di altri studiosi che avevano eseguito specifici studi sulla
nostra città. L’opera, di grande spessore
scientifico e culturale, che ha goduto e gode
di un meritato successo, costituisce tutt’oggi
il primo serio studio sulla storia di
Monselice, dopo le ricerche effettuate attorno al 1940 dal Mazzarolli e dal Carturan. In
tale occasione l’Amministrazione comunale
ritenne opportuno conferire la cittadinanza
onoraria al prof. Antonio Rigon, per il suo
impegno nella promozione culturale della
città.
Durante la XII edizione (1995) per ricordare la figura di Federico II, in occasione
delle manifestazioni indette per l’ottavo centenario della sua nascita, venne istituito un
premio speciale da assegnare ad uno studioso della storia della cultura nell’età
dell’Imperatore. La giuria, dopo le necessarie valutazioni, assegnò il premio al prof.
Arnaldi, coordinatore scientif ico del
Comitato Nazionale per le manifestazioni
federiciane. “Posso aggiungere che - scriveva nella relazione il Prof. Antonio Rigon – in
virtù delle sue antiche origini venete il prof.
Arnaldi ama questa terra, la sua cultura, la
sua gente. Credo che Monselice non potesse
trovare modo migliore per celebrare il centenario federiciano”.
L’anno successivo, e precisamente il 27
ottobre 1996, nel giorno della proclamazione
dei vincitori fu realizzato un incontro di studio sul tema “Spiritualità e letteratura nell’età del Petrarca”, al quale parteciparono
Paolo Sambin, Mauro Tagliabue, Sandro
Carocci e Luigi Gui, in qualità di Presidente
dell’Ente Petrarca; al termine della manifestazione furono conferite le cittadinanze
onorarie a Giuseppe Billanovich e a Paolo
Sambin per i loro studi volti a valorizzare le
ricerche attorno a Bartolomeo da
Valmontone, arciprete di Monselice, indicato
quale autore della trecentesca Cronica di
Anonimo romano.
La XIV edizione (1997) fu l’occasione per
realizzare un convegno sulla storia veneta,
“La rivoluzione del 1797 a Monselice e nella
Bassa padovana” al quale parteciparono
come relatori Paolo Preto, Filiberto Agostini,
Giovanni Silvano, Franco Fasulo e Luisa
Meneghini.
Nel 2000 (XVII edizione) fu assegnato a
Chiara Frugoni il premio speciale, indetto in
occasione delle manifestazioni previste per il
Giubileo, per l’opera Due papi per un giubileo. Celestino V, Bonifacio VIII e il primo
anno santo. Le manifestazioni giubilari prevedevano pure l’organizzazione di un convegno su I percorsi della fede e l’esperienza
della carità nel Veneto medioevale. Durante
la stampa degli atti maturò l’idea di collocare il volume in una collana di storia e cultura
veneta. Nacque così la collana “Carrubio”
(dal latino quadruvium) che, intende essere
punto di incontro e di scambio, di riflessione
e dibattito su temi di storia e cultura nel
Veneto e relativi al Veneto. La collana, diretta da Antonio Rigon, è giunta ora al quarto
volume, ospiterà miscellanee, monografie,
atti di convegni.
Concludendo, i Premi “Brunacci” (ma la
stessa cosa potremmo dire del Premio “Città
di Monselice per la traduzione”) sono stati
un formidabile “motore” culturale per la
città di Monselice, per tale motivo desideriamo ricordare e ringraziare con questo opuscolo tutte le persone che in questi anni si
sono prodigate per far “grande” la nostra
città anche a livello nazionale.
I VINCITORI
DEI PREMI BRUNACCI
(1984 - 2003)
1. Ricerche della
scuola dell’obbligo
Carla Montelatici, Assessore
alla Cultura dal 1995 al 1999.
La sezione destinata alle scuole è la parte
più genuina del Premio e intende favorire la
realizzazione di ricerche nei primi anni di
vita scolastica degli alunni. Il dialogo che la
manifestazione istituisce con la scuola ha lo
scopo di indurre ed abituare gli studenti alla
ricostruzione del fatto storico attraverso la
raccolta di testimonianze dirette, spesso
legate in ambito locale alla tradizione orale.
Si realizzava così in pieno l’idea originaria e
originale insieme, che è alla base dei premi,
di costruire cioè un ponte tra giovani in formazione - ma già orientati dai loro insegnanti sull’affascinante cammino della ricerca - e
studiosi affermati che quel cammino hanno
già da tempo intrapreso con successo.
In vent’anni di attività del premio sono
state presentate ben 303 ricerche scolastiche,
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tutte conservate ora nell’archivio storico del
comune di Monselice, in una apposita sezione. Questi elaborati costituiscono una preziosa risorsa per ricostruire la storia della
Bassa padovana.
Gli argomenti trattati dai ragazzi nelle loro
ricerche sono numerosi e non possiamo, per
ovvi motivi di spazio, menzionarli tutti, è
possibile tuttavia individuare alcuni temi
ricorrenti come ad esempio la storia locale
vista in tutte le sue sfumature, la civiltà contadina e l’ambiente.
Molti studenti hanno esplorato la storia del
proprio paese studiandone ogni aspetto (storico, artistico, naturalistico… etc.), usando i
familiari come testimoni oculari, per riscoprire tradizioni e antiche parlate. Colpisce in
moltissime ricerche la fantasia e l’entusiasmo con cui i più piccoli si sono avvicinati
ai difficili compiti proposti e lo stupefacente
senso artistico dei più grandi che hanno
arricchito i loro lavori con bellissimi disegni.
Assai “battuto” è stato il tema della medicina popolare, vera sapienza contadina.
Spesso le indagini dei ragazzi sono state realizzate raccogliendo le testimonianze dirette
degli anziani del luogo. Tra le ricerche in
concorso segnaliamo quelle presentate della
Scuola media di Arquà Petrarca, Boara
Pisani e Vescovana, ricerche nelle quali si
evidenziavano anche antichi rimedi. La
nonna Maria Todaro di 74 anni di Arquà, ad
esempio, curava il mal d’orecchi “mettendo
delle segature di frassino a scaldare in una
stufa, finchè evaporasse tutta l’acqua, poi
aggiungeva olio e quando era ancora caldo,
metteva l’impasto nell’orecchio dell’ammalato”. La malva serviva per disinfettare le vie
urinarie, mentre l’erba “rua” era un rimedio
contro la tosse. Se i bambini crescevano
poco zia Maria diceva che avevano il
“simioto”, in tal caso per favorirne lo sviluppo il rimedio consigliato consisteva nell’ungere il collo e la schiena con olio di mandorla. Per le mamme in attesa invece si preparava un impasto con miele, acqua, foglie di
amarena ed erba medica, da “mettere sulla
pancia per far nascere i bambini”.
Ricorrente è l’interesse dei ragazzi per il
mondo rurale, per i lavori antichi e in genere
per tutte le attività legate allo sfruttamento
Luciana Pulliero alla proclamazione
dei vincitori nel 1987.
della terra. Dagli elaborati emergono vere ed
autentiche testimonianze di vita vissuta, voci
di una civiltà, di una cultura oggi quasi
dimenticata. Il recupero di mestieri scomparsi, oggetti di lavoro, leggende e tradizioni
non è fine a se stesso, ma è vissuto e presentato come un tentativo di ricostruire i legami
con un passato ricco di umanità che, in ogni
caso, costituisce la base di partenza della
nostra civiltà regionale. Ricordiamo con piacere, in questo contesto, la ricerca eseguita
dalla Scuola media di Anguillara Veneta
sugli attrezzi agricoli del passato, nella quale
i ragazzi vanno alla riscoperta nei casolari di
campagna, degli utensili usati dai loro nonni:
dal “criveo”, allo “staro”, al “taburo”. Con
l’aiuto degli insegnanti, gli studenti rivivono
storie ed esperienze tipiche di un mondo
contadino oramai presente solo nella memoria dei vecchi.
Non meno significativa è la ricerca Il
casone, realizzata dagli alunni della Scuola
media di Tribano nell’anno scolastico 199495, che si proponeva di far conoscere alle
giovani generazioni la civiltà contadina “studiando” le antiche abitazioni rurali ancora
presenti sul loro territorio. Non possiamo
concludere questa veloce incursione nel
mondo contadino senza citare il lavoro della
Scuola media Zanellato dal titolo: Storia,
testimonianze, ricordi di un Veneto scomparso. In esso i ragazzi con rara efficacia riper-
corrono la storia del maiale e della polenta,
tipici cibi contadini veneti, descrivendo, tra
l’altro, “el dì del porseo” durante il quale il
“massin faseva i saladi”. Oggi di quella
“festa familiare” rimangono solamente le
ricette a base appunto di maiale e polenta
che in speciali occasioni vengono ancora
riproposte nei ristoranti tipici della zona.
Alcune ricerche vanno alla riscoperta delle
tradizioni e della cultura popolare, come
quella della Scuola media di Baone, che presenta in Din don campanon ‘e campane de
Baon una lunga serie di proverbi e detti
popolari, allo scopo di far emergere i valori e
la dignità di una vera lingua, ancora presente
nella tradizione orale.
Un tema molto seguito dai ragazzi è quello che riguarda le problematiche ambientali
e l’impatto dell’uomo moderno sul territorio.
Segnaliamo, tra le ricerche sull’ambiente, il
lavoro della Scuola media Zanellato
Conoscere per rispettare, finalizzato a stimolare il rispetto e la tutela del patrimonio
naturale partendo dalla descrizione dell’ecosistema nel quale sono inseriti i bambini.
Splendidi disegni su carta, ricostruzioni dei
principali vegetali che vivono nel nostro territorio, accompagnano l’elaborato nel tentativo di far conoscere in modo immediato
l’habitat. Pregevole è la ricerca eseguita
dalla Scuola elementare Vittorio Cini intitolata: Rifiuti = risorse, nella quale gli studenti
descrivono i procedimenti per il riciclaggio
dei rifiuti urbani.
Per quanto riguarda la storia sociale, particolarmente significativa è la ricerca sul
“Mondo delle mondine” presentata dalla
Scuola media di Masi. Gli studenti, con
testimonianze orali e scritte, ricostruiscono
la storia di queste lavoratrici che ogni anno
nella tarda primavera partivano dalla Bassa
padovana per raggiungere il novarese o il
vercellese. Erano quasi duecentomila, racconta Mauro, le donne che andavano a lavorare in risaia. Le condizioni di vita erano
pessime: dormivano su pagliericci, iniziavano a lavorare nell’acqua alle quattro e trenta
del mattino per terminare al tramonto. La
paga era bassa ed integrata a fine stagione da
un quantitativo di riso pari ad un chilogrammo per giorno di lavoro.
Particolarmente significative e ricche di
umanità sono le ricerche che trattano dell’emigrazione dal Veneto verso le “lontane”
Americhe a partire dalla seconda metà
dell’Ottocento; in questo settore buono è il
lavoro eseguito dalla Scuola media di
Vescovana che descrive la miseria, la malattia, il rancore dei nostri emigranti che partivano per Brasile e Argentina alla ricerca di
un futuro dignitoso per le loro famiglie.
Spesso però la realtà dell’arrivo era ben
diversa, il lavoro era durissimo, le condizioni miserevoli e, nel caso degli emigranti in
Brasile, questi andavano a sostituire nel
lavoro dei campi gli schiavi liberati.
Possiamo, dunque, affermare che la qualità di ricerche presentate dimostra come la
nostra scuola sia in grado di produrre autonomamente azioni importanti di salvaguardia delle nostre tradizioni popolari, dimostrando tra l’altro una voglia di “sperimentare” e di lavorare che fa onore agli insegnanti
e ci fa ben sperare per il futuro, al di là di
ogni condizionamento ministeriale.
Vincitori della XIX edizione 2002.
Da sinistra, Giancarlo Marinelli,
Filiberto Agostini e Piero Del Negro.
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2. Le tesi di laurea
Il premio alle tesi di laurea è sicuramente
la parte del premio che riserva ogni anno
nuovi “spunti d’indagine” derivanti dallo
studio della ricca documentazione conservata presso gli archivi italiani e in particolare
in quelli veneti. Per questa sezione il bando
destina due “borse di studio, di euro 500 ciascuna, a tesi di laurea o lavori assimilabili
inediti di carattere storico, inteso nella più
ampia accezione (artistico, economico-sociale, naturalistico, linguistico, etnografico,
etc.). Le indagini oggetto delle tesi devono
rispettare l’ambito della Provincia di
Padova, restando una borsa di studio legata
alla Bassa padovana”.
Complessivamente hanno partecipato, nei
primi vent’anni di attività del premio, ben
160 tesi di laurea che idealmente costituiscono una preziosa “miniera” per approfondire
Girolamo Arnaldi vincitore nel 1995 per
un’opera sull’Imperatore Federico II,
premiato dal presidente
della giuria Antonio Rigon.
lo studio della storia di Padova e veneziana.
Tutti i lavori presentati sono conservati nella
biblioteca di Monselice e possono essere
consultati da quanti sono interessati allo studio della nostra storia regionale.
La buona qualità delle tesi di laurea che
annualmente concorrono ai premi
“Brunacci” dimostra l’impegno profuso dai
giovani laureandi che, malgrado le limitazioni strutturali, riescono con l’aiuto dei docenti
a realizzare indagini storiche davvero originali che fanno onore alle Università venete.
In alcuni casi gli studi presentati superano di
gran lunga per qualità e serietà scientifica
molte pubblicazioni locali che troviamo in
libreria.
Non è possibile naturalmente presentale
tutte, ma ci sembra opportuno riportare i giudizi espressi dalla giuria su quelle che
appaiono più significative e innovative.
La prima tesi di laurea a ricevere il premio
è stata presentata da Renato Ponzin. Il giovane laureato ha realizzato il primo studio sulle
istituzioni politiche a Monselice nella seconda metà del Cinquecento, utilizzando la
documentazione custodita presso l’archivio
storico del comune di Monselice. Pregevole
è la parte in cui ricostruisce la composizione
e le funzioni del consiglio della magnifica
comunità di Monselice, delineando la struttura del ceto dirigente locale.
Nella terza edizione (1986) il premio per
la tesi di laurea è stato assegnato a Claudia
Nardo, autrice di una preziosa ricerca sulla
storia del mulino ad acqua a Padova e nel
suo territorio fra X e XIII secolo. Attraverso
l’analisi di documenti inediti, tale lavoro raccoglie e interpreta indizi e testimonianze,
presentando così numerosi aspetti della
realtà storica, economica e sociale del mulino; in particolare la studiosa traccia un significativo profilo dei mulini di Bagnarolo a
Monselice. Lo scenario che emerge dalla sua
attenta ricostruzione costituisce un interessante punto di partenza per altri studi su un
elemento tanto rilevante nel paesaggio urbano e agricolo del territorio padovano
medioevale.
Il tema del movimento demografico a
Solesino nel XVIII secolo è stato affrontato,
Angelo Ventura, vincitore 1989.
nel 1988, da Lorenzina Pulze la quale, con
serietà di metodo, ha condotto un’ampia
ricerca sulle fonti inedite conservate, tra l’altro, presso gli archivi parrocchiali che le ha
permesso di tracciare in modo chiaro e scorrevole un interessante quadro della società e
della vita degli abitanti di Solesino. Il lavoro
della dottoressa Pulze si presenta quindi
come un originale contributo alla conoscenza della Bassa padovana nel ‘700, fornendo
numerose informazioni di prima mano.
Un importante contributo alla conoscenza
della comunità ebraica padovana è stato realizzato da Stefano Zaggia, vincitore nel
1991. Una ricca documentazione d’archivio
consente al laureando di fornire un quadro
persuasivo delle vicende degli ebrei padovani prima e dopo la segregazione. Le indagini
condotte ci consentono, tra l’altro, di
approfondire la comprensione dei problemi
legati alla presenza del ghetto a Padova.
Veramente meritevole è stato il lavoro sull’archivio della Società Operaia di
Monselice presentato nel 1988 da Evelina
Bergamasco. La tesi “tenta” la ricostruzione
storica di un periodo significativo nella storia di Monselice tra la seconda metà
dell’Ottocento ed il secondo Dopoguerra
senza trascurare i temi della valorizzazione,
conservazione e tutela di un “bene culturale
archivistico” locale. Lo studio, infatti, nasce
da un rigoroso lavoro di schedatura, riordino
e inventariazione del fondo archivistico della
Società di Mutuo Soccorso di Monselice,
istituita nel 1864 e poi legalmente costituita
il 19 marzo 1867. Le vicende dell’associazione risultano così analiticamente tracciate
e ben inserite nel clima socio-politico locale
e nazionale.
Nel 2002 sono ben tre le tesi di laurea che
ottengono il massimo riconoscimento. La
prima è stata prodotta da Benedetto
Fassanelli e tratta degli Zingari di fronte alla
giustizia veneta. Da un processo celebrato a
Montagnana nel 1583. Sulla base di documenti d’archivio, Fassanelli, analizza un processo contro due zingari, condannati dal
podestà di Este a cinque anni di galera, come
“vagabondi e cingani”. Uno di loro ricorre in
appello a Venezia “all’Avogaria di Comun”
che accoglie il suo ricorso e rinvia il processo alla “Quarantia Criminal” che rimanda lo
zingaro in libertà “per vivere christianamente e da homo da bene”, giacché “si è cavato
fuori di compagnia dei “Cingani”.
Francesco Tognana invece si è occupato
dell’incastellamento nei colli Euganei. Nel
suo lavoro, anch’egli sulla base di documenti
d’archivio e di una ricerca bibliografica,
compie una sorta di censimento dei siti fortificati dei colli dall’Alto Medioevo al
Trecento, tracciando un bilancio dell’importante fenomeno e riflettendo sul rapporto tra
“incastellamento” e sviluppo demografico,
economico e religioso delle località interessate. E’ una ricerca ricca di spunti e ben
documentata.
L’ultimo premiato nel 2002 è stato
Francesco Bottaro con una tesi sulla Pesca di
valle e commercio ittico tra Padova e
Monselice nel Quattrocento. Nel suo lavoro
il neo laureato dimostra una buona conoscenza degli archivi di stato e della curia padovana oltre che della bibliografia non solo
padovana. Traccia inoltre un interessante
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profilo del paesaggio di “valli e di cuori”, di
terre e di acque della Bassa padovana tra
Gorzone e Adige. La pesca era nel ‘400 forse
la principale risorsa dei poveri abitanti delle
“ville” di Pozzonovo, di Vescovana, di
Solesino e di Stanghella, ma anche dei grandi proprietari fondiari padovani e veneziani
(Polcastro e Pisani). Il mercato cittadino di
Padova era il principale sbocco di tale produzione, ma talvolta si scontrava con gli
interessi del comune di Monselice, proprietario di valli da pesca e di una pescheria, il
quale pretendeva che il pesce fosse venduto
a Monselice.
Marco Dorin con Le pergamene della
Vangadizza ha vinto nel 2003 per l’edizione
dei documenti medioevali dell’abbazia di
Santa Maria della Vangadizza: una realtà
istituzionale (economico, politica, religiosa)
la cui importanza per la storia delle terre a
cavallo del fiume Adige e per l’intera Bassa
Padovana, ma anche per il Veronese, lungo
l’arco temporale di quasi un millennio a partire dal secolo X, si rispecchia appieno nella
sua ricca documentazione scritta.
Francesco Selmin, vincitore 1991.
Alla tesi “Grammatici” e scuole di grammatica nel tardo medioevo. Aspetti di storia
dell’istruzione a Padova e nel suo territorio
(secoli XIII-XV), realizzata da Maria Zanella
è stato assegnato, sempre nel 2003, il massimo riconoscimento. L’autrice delinea per la
prima volta un pregevole quadro complessivo della presenza di docenti di grammatica
nel centro cittadino di Padova e nel
Padovano nel corso del Trecento e del
Quattrocento, evidenziando la funzione di
servizio pubblico con cui si percepiva nettamente la scuola di grammatica nelle comunità delle “terre murate” quali Monselice,
Este, Montagnana, Cittadella, Piove di
Sacco.
3. Elenco delle tesi di laurea
vincitrici del Premio
• (1984) R. PONZIN, Istituzioni politiche e
società a Monselice nella seconda metà del
Cinquecento, Università degli Studi di
Padova, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a.
1982-83, relatore prof. A. Rigon ; L. GIURIATO, Sulle possibilità di riorganizzazione
del territorio euganeo. L’esempio di
Monselice, Istituto Universitario di
Architettura di Venezia, a.a. 1982-83, relatore prof. R. Bernardi.
• (1985) E. GREGGIO, Ritrovamenti monetali a Este. I e II secolo d.C., Università
degli Studi di Padova, Facoltà di Lettere e
Filosofia, a.a. 1983-84, relatore prof. G.
Gorini; A. MAZZETTI, La flora escursionista dei Colli Euganei, (ricerca assimilabile
ad una tesi di laurea).
• (1986) M. BARATELLA, L’abbigliamento
femminile paleoveneto in base ai monumenti
figurati, Università degli Studi di Padova,
Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1985-86,
relatore prof.ssa G. Fogolari; C. NARDO,
Per la storia del mulino ad acqua nel padovano (secoli X-XIII), Università degli Studi
di Padova, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a.
1985-86, relatore prof. A. Rigon.
• (1987) O. SORZE, Monselice nella seconda metà del XVIII secolo. Cenni di vita economica, aspetti sociali e movimento demografico, Università degli Studi di Padova,
Achille Olivieri, vincitore 1993.
Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1986-87,
relatore prof. F. Seneca; M. VIGATO, Una
comunità e i suoi estimi: Castelbaldo nel
XVII secolo, Università Ca’ Foscari di
Venezia, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a.
1985-86, relatore prof. G. Corazzol.
• (1988) L. PULZE, Movimento demografico
a Solesino nel XVIII secolo, Università degli
Studi di Padova, Facoltà di Lettere e
Filosofia, a.a. 1986-87, relatore prof. F.
Seneca.
•(1989) B. CASTIGLIONI, La corte
Benedettina di Maserà (Padova) nei secoli
X-XIII: aspetti economici e istituzionali,
Università degli Studi di Padova, Facoltà di
Lettere e Filosofia, a.a. 1987-88, relatore
Prof. G. Cracco; F. RIZZI, Contributo allo
studio del dialetto padovano, Università
degli Studi di Padova, Facoltà di Lettere e
Filosofia, a.a. 1987-88, relatore prof. M.
Cortelazzo.
• (1990) A. LUCETTO, Il rapporto ragazziadulti: indagine sui preadolescenti di
Stanghella con riferimento ai “Diritti del
fanciullo”, Istituto Superiore di Scienze
Religiose di Padova, a.a. 1989-90, relatore
prof. P. Pampaloni.
• (1991) S. MARCHIORO, Il carteggio letterario di Medoro Rossi Ambrogi e Angelo
Calogerà, Università Ca’ Foscari di Venezia,
Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1989-90,
relatore prof. G. Pizzamiglio; S. ZAGGIA, Il
ghetto ebraico di Padova(1603-1797),
Istituto Universitario di Architettura di
Venezia a.a. 1989-90, relatore prof.ssa D.
Calabi.
• (1992) G. RIZZI, Movimento demografico
a Este nel XVIII secolo, Università degli
Studi di Padova, Facoltà di Lettere e
Filosofia, a.a. 1990-91, relatore proff. F.
Seneca e F. Fasulo; C. CONTIN, La basilica
di Santa Giustina di Padova, Istituto
Universitario di Architettura di Venezia, a.a.
1991-92, relatore prof. M. Tafuri.
• (1993) V. GOTTARDO, Movimento demografico di Battaglia nel XVIII secolo,
Università degli Studi di Padova, Facoltà di
Lettere e Filosofia, a.a. 1991-92, relatori
proff. F. Seneca e prof. F. Fasulo; B. STEVANIN, Il ruolo della storia nelle “Memorie
di letteratura e grammatica, istoria e mitologia” di Girolamo Polcastro, Università degli
Studi di Padova, Facoltà di Lettere e
Filosofia, a.a. 1991-92, relatore prof. A.
Olivieri.
• (1994) L. BELTRAME - O. TAGLIAFERRO, La chiesa e l’ex convento degli
Ognissanti a Padova, Istituto Universitario
di Architettura di Venezia, a.a. 1992-93, relatore prof. R. Ballardini.
• (1995) R. CALLEGARI, La pala d’altare
rinascimentale a Padova (1450-1520),
Università di Udine, Facoltà di Lettere e
Filosofia, a.a. 1993-94, relatore prof.ssa S.
Mason Rinaldi; M. CIATO, Francesco Belli.
Osservazioni nel Viaggio, Università degli
Studi di Padova, Facoltà di Lettere e
Filosofia, a.a. 1993-94, relatore prof.ssa G.
Auzzas.
• (1996) T. BOZZA, Miniatura padovana
del Tardogotico e del Rinascimento. Il
Graduale ed il Salterio Innario miniati della
Biblioteca Comunale di Monselice,
Università degli Studi di Padova, Facoltà di
Lettere e Filosofia, a.a. 1994-95, relatore
prof.ssa G. Canova Mariani; R. CARPANE-
33
32
SE, Bernardo Platone da Agde (1287-1295):
un provenzale vescovo di Padova alla fine
del XIII secolo, Università degli Studi di
Padova, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a.
1994-95, relatore prof. A. Rigon.
• (1997) E. GRISOT, Per la storia delle élites cittadine nel basso Medioevo: la famiglia
padovana dei Turchetti nei secoli XIV e XV,
Università degli Studi di Padova, Facoltà di
Lettere e Filosofia, a.a. 1996-97, relatore
prof.ssa S. Collodo; F. GAMBINO, “Gli
quatro evangelii concordati in uno” di
Jacopo Gardenigo, tesi di dottorato di ricerca in Filologia romanza e italiana discussa
nel 1997 presso l’Università degli Studi di
Padova, relatori proff. P.V. Mengaldo e F.
Brugnolo.
• (1998) E. BERGAMASCO, L’archivio
della Società Operaia di Monselice,
Università Ca’ Foscari di Venezia, Facoltà di
Lettere e Filosofia, a.a. 1996-97, relatore
prof.ssa B. Lanfranchi Strina; D. ZOTTO,
Studenti a Padova. Vita universitaria e rapporti con la città (1830-1848), Università
degli Studi di Venezia, Facoltà di Lettere e
Filosofia, a.a. 1996-97, relatore dott. P.
Brunello.
• (1999) D. RANIERI, Il monastero di Santa
Maria della Riviera di Polverara nel primo
secolo della riforma Olivetana (1349-1450),
Università degli Studi di Padova, Facoltà di
Lettere e Filosofia, a.a. 1997-98, relatore
prof. G.P. Pacini; M. REBESCO, I dipinti
della collezione Piombin, Università degli
Studi di Padova, Facoltà di Lettere e
Filosofia, a.a. 1997-98, relatore prof. S.
Marinelli.
• (2000) F. CAPPELLATO, La provincia
veneta nel cinema italiano, Università degli
Studi di Padova, Facoltà di Lettere e
Filosofia, a.a. 1998-99, relatore prof. G.P.
Brunetta; G. CHIAROT, La produzione
orafa padovana nel Quattrocento: protagonisti e opere, Università degli Studi di
Padova, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a.
1998-99, relatore prof.ssa G. Baldissin
Molli.
• (2001) R. SALANITRI, Il carteggio di
Lucio Paolo Rosello (fine XV secolo, 1556).
La prudenza politica, Università degli studi
Chiara Frugoni,
vincitrice
del premio
speciale per
il Giubileo del
2000.
di Padova. Facoltà di Lettere e Filosofia. a.a.
2000-01, relatore prof. A. Olivieri; L.
SEGATO – S. SCOPEL, Monselice, uno
strumento operativo per gli interventi di
recupero e manutenzione delle parti esterne
degli edifici del centro storico. Istituto
Universitario di Architettura di Venezia. a.a.
1999-2000, relatore prof. M. Piana.
• (2002) B. FASSANELLI, Zingari di fronte
alla giustizia veneta. Da un processo celebrato a Montagnana nel 1583, Università
degli studi di Padova, Facoltà di Scienze
Politiche, a.a. 2001-02, relatrice prof.ssa L.
B i l l a n o v i c h . ; F. T O G N A N A ,
L’incastellamento nei colli Euganei: dati e
problemi, Università degli Studi di Padova,
Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 2001-02,
relatore prof. S. Bortolami; F. BOTTARO,
Pesca di valle e commercio ittico tra Padova
e Monselice nel Quattrocento, Università
degli studi di Padova, Facoltà di Lettere e
Filosofia, a.a. 2000-01, relatore prof. A.
Rigon.
• (2003) M. DORIN, Le pergamene della
Vangadizza (sec. XIII – XIV), Università
degli studi di Padova, Facoltà di Lettere e
Filosofia, a.a. 2001-02, relatore prof. A.
Bartoli Langeli; M. ZANELLA,
“Grammatici” e scuole di grammatica nel
tardo medioevo. Aspetti di storia dell’istruzione a Padova e nel suo territorio (secoli
XIII – XV), Università degli studi di Padova,
Facoltà di Scienze della Formazione, a.a.
2002-03, relatore prof. D. Gallo.
4. Pubblicazioni sulla
storia padovana
Questa sezione del premio è destinata
all’autore, o agli autori, di un libro di contenuto storico, inteso nei suoi vari aspetti (artistico, economico-sociale, naturalistico, linguistico, etnografico, etc.) che, pur con
serietà di metodo, si rivolga ad un vasto pubblico di lettori. I volumi concorrenti, devono
riguardare il padovano, i suoi luoghi o aspetti monografici della provincia di Padova.
Hanno partecipato, complessivamente, a
questa sezione e a quella destinata alle opere
riguardanti la storia veneta ben 222 opere.
Gli argomenti toccati sono stati veramente
molti: dalla storia municipale del piccolo
comune a complesse ricerche d’archivio su
particolari aspetti della storia padovana. Il
premio ad un libro sulla storia del padovano
è stato istituito per segnalare al grande pubblico quelle pubblicazioni, “considerate
Maria Chiara Billanovich, vincitrice 1997.
minori” o che hanno una circolazione limitata all’area interessata dagli studi, ma che
spesso sono il frutto di lunghe ricerche personali o derivate dalle tesi di laurea.
Semplificando, sono le pubblicazioni che
raccontano le mille storie dei paesi padovani
spesso
realizzate
dalle
varie
Amministrazioni locali o finanziate dagli
istituti di credito più illuminati.
Non possiamo, per limiti di spazio, dare
conto di tutte le motivazioni formulate dalla
giuria sulle opere vincitrici. Ma vogliamo
presentare quelle che, a nostro giudizio,
appaiono in sintonia con lo spirito dei Premi
“Brunacci”.
Iniziamo con il libro vincitore della prima
edizione del premio: Piove di Sacco: quaderno d’immagini, segni e percorsi, curato
da Girolama Borella. Per questo libro il presidente della Giuria Antonio Rigon nella
motivazione ufficiale evidenzia l’originalità
della ricerca, particolarmente valida nel settore iconografico. Gli autori, precisa poco
oltre, ricostruiscono momenti e aspetti di
storia del piovese, dal periodo romano al
secondo dopoguerra, animati dalla convinzione che “conoscere il proprio passato
significa ritrovare il gusto e il rispetto dalle
proprie origini; tale consapevolezza è fondamentale per partecipare democraticamente
alla realtà in cui si vive e si opera, consapevoli della propria identità”.
L’anno successivo è risultata vincitrice
Raffaella
Piva
con
l’opera
le
“Confortevolissime” Terme. L’autrice, precisa la giuria, traccia un suggestivo profilo storico della vita delle terme euganee e soprattutto dei bagni di Sant’Elena a Battaglia. Di
grande rilevanza e interesse storico-scientifico risultano i numerosi documenti e le relazioni stese dai professori dello Studio di
Padova sulle proprietà curative dei fanghi e
delle acque termali; tali scritti testimoniano
le continue ricerche compiute fra XVI e
XVIII secolo sulla loro composizione chimica, sui casi medici e sulle patologie trattate.
Interessante è ciò che emerge dal “catalogo
degli ospiti” compilato nel 1771, che attesta
quanto l’affluenza ai bagni fosse in prevalenza straniera e spesso tanto numerosa da
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risultare superiore alle possibilità di alloggio.
Nel 1989 il massimo riconoscimento è
toccato a Tiziano Merlin per la “sua” Storia
di Monselice. Lo storico offre al lettore che
desidera conoscere le radici storiche della
realtà contemporanea monselicense un quadro articolato e appassionante delle vicende
locali, delle lotte per il potere, dei gruppi
dirigenti e delle rivendicazioni economiche e
sociali delle classi subalterne che, affacciandosi sulla scena politica, cercavano di liberarsi dalla secolare soggezione nei confronti
dei possidenti e del clero. Il lavoro, ricco di
spunti polemici e di clamorosa partecipazione che ne rendono la lettura viva e stimolante, è il frutto altresì di accurata documentazione archivistica e bibliografica che lo raccomandano come strumento indispensabile
per quanti vogliono approfondire gli studi
sulla storia della Bassa padovana.
Per Carlo Fumian, vincitore nel 1991 per
l’opera La città del lavoro. Un’utopia
agroindustriale nel Veneto contemporaneo,
la motivazione ufficiale precisa che l’autore
ricostruisce, con rara efficacia, la parabola
dall’ascesa al declino di un grande imprenditore agricolo ed industriale, il conte Paolo
Camerini, erede di una famiglia di recente
nobiltà, che cerca di realizzare a Piazzola, a
cavallo tra Otto e Novecento, l’utopia di una
“città nuova”, in armonioso equilibrio tra
industria e agricoltura moderna. Deputato
progressista di Este, anticlericale, giolittiano
ed infine interventista, il Camerini elabora
una sua “pedagogia sociale” nei confronti
dei suoi dipendenti, una sorta di paternalismo aristocratico che gli consente un rigido
controllo, quasi principesco, sul suo piccolo
regno. Il tramonto del suo tentativo negli
anni ’30 rivela la difficoltà dell’integrazione
del Camerini nel nuovo sistema politico che
pure aveva appoggiato nelle elezioni del ’24:
il fascismo lo considerava un personaggio
scomodo, ingombrante.
Franco Fasulo nel formulare la motivazione per Francesco Selmin, autore del libro:
Storia di Este, sottolinea che “l’opera narra,
con efficace realismo, la biografia politica,
economica, sociale della sua città, Este,
dall’Unità ai giorni nostri, caratterizzata
dalla dialettica tra guelfi e ghibellini. Prima
lo scontro oppone liberali e clericali, finché
l’egemonia del sindaco Tono, imprenditore e
uomo politico, sembra definitiva all’inizio
del nuovo secolo. L’alternativa sembrava
essere allora tra socialisti e “bianchi”, finché
la crisi del dopoguerra portò al potere il
fascismo. Forse le pagine sugli anni del regime, sui contrasti sotterranei e sui problemi
economici e sociali negli anni del consenso,
sono le più vive e stimolanti dell’opera. La
guerra e la resistenza portano al nascere di
nuovi equilibri: è l’età di Guariento che
caratterizza il dopoguerra, nonostante gli
sforzi dei partiti della sinistra di condizionarne il potere. Infine, negli anni ’60 del secolo
scorso, il cambiamento avviene all’interno
della DC: Fracanzani, erede di una nobile
famiglia di antiche tradizioni clericali, diviene sindaco nel 1964, poi deputato, infine
ministro delle Partecipazioni Statali. Il resto
è storia di oggi”.
Nel 1993 il massimo riconoscimento è
stato attribuito a Giuliano Scabia per Nane
Oca. Il volume, indubbiamente e profondamente originale, – precisava per la giuria
Manlio Cortelazzo - racconta l’inverosimile
storia del protagonista Giovanni alla ricerca
del momon. Giovanni è figlio di una fata,
che, sposandosi, ha perduto tutti i suoi poteri, ma gli promette che riuscirà a trovare la
magica sostanza che alla fine si rivelerà l’albero della vita. Nell’aggrovigliarsi di racconti fantastici, illogicità e sogno, due sono
gli elementi che portano alla realtà concreta:
l’ambientazione e il linguaggio. La lingua
del “romanzo” è nervosa, nuova, audace per
certi ripetuti composti, anche forzata nel
gioco di rovesciare le frasi, ma ricca di padovanità di cui il protagonista amerebbe conoscere la storia. Mai Padova e il padovano
hanno avuto un’esaltazione così fantastica e
un tributo d’amore tanto largo e commosso,
quanto sommesso.
A Giorgio Ronconi per il libro Francesco
Novello e la riconquista di Padova (1390), è
stato consegnato il premio nel 1994. In questo volume, precisa la motivazione, “è perfettamente riprodotto e accuratamente illu-
Alvise Zorzi, vincitore nel 1986.
strato il codice Vaticano, che contiene un
anonimo poemetto cronachistico, steso ai
margini degli avvenimenti narrati, in cui
viene raccontato in terzine di chiara patina
linguistica veneta un episodio cruciale della
storia dei Carraresi: l’esilio di Francesco
Novello. Le cure dell’editore per rendere
pienamente fruibile il componimento, inquadrandolo nella temperie politica e culturale
del momento, sono da ritenersi encomiabili”.
Sempre nel 1994 la giuria ha premiato il
lavoro di Gianni Sandon: Colli Euganei.
Proposte per un parco. L’autore, con passione e rigore scientifico, realizza un documentato contributo sulla valorizzazione turistica
e culturale dei colli Euganei nel quale “raccomanda” l’uso corretto ed intelligente del
paesaggio collinare, denunciando i rischi
delle cave e quelli causati dell’edificabilità
selvaggia, spesso tollerata dagli organismi
comunali che dovrebbero impedirla.
Tra i vincitori che, anno dopo anno, hanno
ricevuto il massimo riconoscimento dalla
giuria ricordiamo con piacere Maria Chiara
Billanovich, autrice di una completa e interessante indagine sul complesso collinare dei
Colli Euganei dal quale sono stati estratti nei
secoli i materiali sassosi utilizzati per lo sviluppo architettonico della regione. Con l’aiuto di numerosa documentazione d’archivio
l’autrice dimostra come la “buona” trachite
di Lispida sia stata usata per edificare palazzi, selciati di Padova e perfino i lidi di città
acquatiche come Venezia e Chioggia.
Nel 2001 invece è stato il “turno” di
Francesco Liguori con l’opera Batagia
(Battaglia Terme), realizzata grazie ad una
minuziosa ricerca compiuta in parecchi
archivi civili ed ecclesiastici durante la quale
ha attinto con inconsueta ampiezza alle fonti
di natura giudiziaria e criminale. Il libro rappresenta un esempio per quanti vogliono
affrontare una ricerca d’archivio su temi storici locali.
La giuria, l’anno successivo, ha attribuito
il massimo riconoscimento a Giovanna
Baldassin Molli, curatrice del libro Botteghe
artigiane dal medioevo all’età moderna. Arti
applicate e mestieri a Padova, nel quale
presenta un quadro storico della produzione
cittadina dal sorgere del Comune alla caduta
della Repubblica Veneta (dalla produzione
tessile, lino, lana, cotone, agli orefici ed agli
argentieri, ai ceramisti e ai liutai, alle arti del
lusso nobiliare ed ecclesiastico). L’opera nel
suo complesso rappresenta uno strumento
fondamentale per la conoscenza della storia
dell’economia, dell’arte e della società padovana sia per un pubblico di lettori appassionati di storia locale sia per gli studiosi che
vorranno partire da questo o quel saggio per
approfondire, con nuove ricerche, temi o settori presenti in questo lavoro.
Il vincitore di questa sezione del premio
per l’anno 2003 è Aldo Pettenella, recentemente scomparso. Nel suo ultimo lavoro,
utilizzando fonti dell’archivio giudiziario
criminale di Padova relativo ai processi celebrati nei secoli XVII e XVIII, ricostruisce
otto avvenimenti storici. Particolarmente
efficace risulta il racconto “Giustizia per
Camillo Guerra detto Pesce”. Con rara efficacia Pettenella narra le vicende del monselicense Guerra che, il 7 giugno 1635, sparò
un’archibugiata contro i suoi concittadini
Zorzi Fuga e Nicolò Favero.
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Paolo Sambin riceve
la cittadinanza
onoraria di Monselice
dal sindaco Antonio
Bettin nel 1996.
5. Elenco delle opere sulla storia
del padovano vincitrici dei Premi
• (1984) G. BORELLA, D. BORGATO, C.
LOVISON, R. MARCATO, Piove di Sacco:
quaderno d’immagini, segni e percorsi,
Cassa Rurale ed Artigiana di Piove di Sacco
1984.
• (1985) R. PIVA, Le “confortevolissime”
terme. Interventi pubblici e privati a
Battaglia e nelle terme padovane fra Sette e
Ottocento. Lo sfruttamento delle acque termali in medicina oggi, Battaglia Terme, La
Galiverna 1985.
• (1986) P. GIOS, Un vescovo tra nazifascisti e partigiani. Mons. Carlo Agostini vescovo di Padova: 25 luglio 1943 - 2 maggio
1945. Padova, Istituto per la Storia
Ecclesiastica padovana 1986; S. SALVAGNINI, A. COSTA, V. LARCATI, F. SELMIN, F. GAMBARIN, T. DE BELLO, G.
BUSSI, S. BACCINI, La scena e la memoria: Teatri a Este 1521-1778, Este,
Biblioteca Comunale 1985.
• (1987) Il premio non è stato assegnato.
• (1988) Pier Luigi BAGATIN, L’arte dei
canozi lendinaresi, Trieste, Edizioni Lint
1987.
• (1989) T. MERLIN, Storia di Monselice,
Padova, Il Poligrafo 1988.
• (1990) S. BACCINI e V. LARCATI, La
compagnia: 75 anni di teatro nel Veneto con
la “Città di Este”, Este, Zielo 1989.
• (1991) C. FUMIAN, La città del lavoro.
Un’utopia agroindustriale nel Veneto contemporaneo, Venezia, Marsilio 1990; F.
SELMIN, Storia di Este, Padova, Il
Poligrafo 1991 (ex-equo).
• (1992) L. COCCATO, Campolongo
Maggiore, Cassa Rurale ed Artigiana di
Bojon 1991
• (1993) G. SCABIA, Nane Oca, Torino,
Einaudi 1992.
• (1994) G. RONCONI, Francesco Novello e
la riconquista di Padova (1390), Padova, La
Garangola 1994; G. SANDON, Colli
Euganei. Proposte per un parco, Battaglia
Terme, La Galiverna 1993 (ex-equo).
• (1995) R. MARCONATO, Civiltà veneta
di Terraferma. Loreggia dal medioevo al
secolo ventesimo, Cittadella, Biblioteca
Cominiana 1994.
• (1996) La sezione non è stata bandita.
• (1997) M.C. BILLANOVICH, L’attività
estrattiva negli Euganei. Le cave di Lispida
e del Pignaro tra medioevo ed età moderna,
Venezia, Deputazione di Storia Patria per le
Venezie 1997.
• (1998) M. VIGATO, Il monastero di S.
Maria delle Carceri i comuni di Gazzo e di
Vighizzolo, la comunità atestina, Comune di
Carceri 1997.
• (1999) S. GIORATO, A fulgure et tempestate... Aspetti di vita e mentalità di un villaggio dei Colli Euganei. Monterosso tra
‘700 e ‘900, Abano Terme, Francisci Editori
1999.
• (2000) F. LIGUORI, Batagia. Storia minore di un paese del padovano nel corso degli
ultimi due secoli della Serenissima
Repubblica, Padova, ADLE Edizioni 1999.
• (2001) G. BALDASSIN MOLLI (a cura
di), Botteghe artigiane dal medioevo all’età
moderna. Arti applicate e mestieri a Padova,
Padova, Edizioni Il Prato, 2000.
• (2002) P. DEL NEGRO (a cura di),
L’Università di Padova. Otto secoli di storia,
Padova, Signumpadova 2002.
• (2003) A. PETTENELLA, Storie euganee,
a cura di F. Selmin, Verona, Cierre Edizioni,
2002.
Giuliano Scabia, vincitore nel 1993.
6. Pubblicazioni sulla storia veneta
La sezione del premio di maggiore prestigio è quella destinata agli autori di un libro
sulla storia veneta, “che si segnali particolarmente per novità e larghezza di risultati
scientifici.” Questa parte del premio è stata
istituita durante la seconda edizione, ma ha
subito nel tempo numerose modifiche e adattamenti per renderla interessante e accattivante. In verità nella predisposizione del
bando l’Assessorato alla cultura intende
attribuire, ogni anno, uno speciale riconoscimento ai più qualificati studiosi di storia
veneta che contribuiscono a far conoscere e
valorizzare con le loro opere la nostra regione in ambito nazionale. Anche per questa
sezione presentiamo, in estratto, alcune
motivazioni formulate dalla giuria per le
opere vincitrici.
Il primo vincitore è stato Alvise Zorzi premiato per Venezia austriaca. L’opera racconta, con straordinaria efficacia narrativa, le
vicende di Venezia durante la dominazione
veneziana, descrivendo la società e gli avvenimenti storici che vanno dal 1798 al 1866.
Nel 1988 il massimo riconoscimento è
stato attribuito a Luigi Caberlin autore dell’opera Il catastico di S. Giustina di
Monselice detto di Ezzelino. Il volume si
presenta come un’edizione scientificamente
accurata di una fonte duecentesca rara e di
eccezionale interesse, da apprezzare direttamente nella sua redazione originale. Il libro,
tra l’altro descrive la topografia e l’urbanistica di Monselice, l’aspetto del vicino paesaggio rurale con le sue forme di insediamento e
di sfruttamento delle risorse naturali.
Interessanti appaiono le ricerche sulle istituzioni cittadine dominate dalla “possente”
figura del tiranno Ezzelino da Romano.
L’anno successivo la giuria ha premiato
l’opera di Angelo Ventura Padova. In oltre
400 pagine, l’autore ricostruisce lo sviluppo
economico e sociale della città, le tensioni
politiche ed il dibattito culturale che rendono
Padova protagonista della storia dell’ultimo
secolo. Una città senz’anima municipale,
assume un ruolo importante dopo la decadenza di Venezia, divenendo un polo regio-
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nale, grazie anche alla sua Università. Così
la storia di Padova, nelle pagine di Ventura,
diventa storia nazionale: dalla fondazione
della Banca Veneta all’industrializzazione
degli ultimi decenni dell’800, di cui
Vincenzo Stefano Breda è il protagonista
principale. Al lettore comune, non dotato di
cultura specialistica, l’autore offre uno stimolo culturale per porsi serenamente e
razionalmente di fronte ai problemi del
nostro tempo, senza semplificazioni eccessive o schematismi ideologici, ma con la chiarezza e il rigore di un intellettuale coraggioso nella sua vita come nelle sue idee.
Luigi Meneghello è stato il vincitore della
IX edizione (1992) con l’opera Maredè,
maredè. Il titolo del libro riprende i primi
versi di una filastrocca, che per ore nell’alto
vicentino i bambini di un tempo recitavano
davanti ad una lumaca: “Maredè, maredè /
salta fòra co cuatro corni / se no te còpo”.
L’autore - noto al grande pubblico per l’opera Libera nos a malo, cantore di infinite storie legate all’ambiente contadino della sua
terra - riporta centinaia di osservazioni sui
termini che costituiscono il tessuto della sua
parlata dialettale, operando analogie con lingue distanti, quali l’inglese; fa rivivere termini ormai in disuso, dimenticati, sconosciuti ai più. L’opera è un sondaggio nel campo
della volgare eloquenza vicentina ovvero
una sistematica descrizione grammaticale
del dialetto alto vicentino, attorno agli anni
’30 del secolo scorso. Le osservazioni di
Meneghello stupiscono per la loro penetrante
verità: chi ha un dialetto veneto per lingua
materna riconosce tutte le domande che egli
si pone, ma ravvisa anche di non aver mai
pensato di dare ad esse una adeguata risposta.
Nel 1993 la giuria ha premiato Achille
Olivieri per l’opera Riforma ed eresia a
Vicenza nel Cinquecento. Si tratta di una
approfondita riflessione storica su uno dei
principali centri della riforma veneta ed italiana del sedicesimo secolo. Questo poderoso saggio, quasi 500 pagine, offre una stimolante prospettiva per una rilettura del fenomeno, in cui si intrecciano influenze umaniste, nostalgie del cristianesimo primitivo,
mito veneziano e fascino del “gran turco”.
A Giorgio Padoan è stato assegnato il premio per la civiltà veneta nel 1996. Tra i suoi
studi meritano un cenno particolare quelli su
Dante e Boccaccio, i suoi interessi si sono
concentrati anche attorno ai problemi culturali del Rinascimento, specialmente del teatro veneto. Da questa scelta, sono nate le
edizioni critiche di opere essenziali per la
conoscenza di quel periodo, come la Catinia
di Sicco Polenton, i Dialoghi di Ruzzante e
la famosa Venexiana, per dedicarsi poi alla
figura di Carlo Goldoni. Il premio gli è stato
assegnato per la pubblicazione di tre libri sul
Rinascimento veneto, nei quali l’analisi della
cultura della nostra regione è collocata nel
quadro più ampio della letteratura italiana.
Nel 1996 la giuria ha assegnato il premio
per la storia veneta a Marisa Milani per l’opera Antiche rime venete (XIV-XVI). La vincitrice dopo aver pubblicato nel 1994 una
edizione delle fortunate inchieste su streghe,
mostri ed esseri fantastici nel Veneto, si è
impegnata con studi, saggi ed edizioni di
testi di letteratura pavana, offrendo nel giro
di due anni due volumi fondamentali. Tali
lavori sono importantissimi per la conoscenza di quel fenomeno linguistico–letterario
provocato da una piccola schiera di allegri
letterati che, dal XIV al XVII secolo, si sono
serviti a scopo burlesco del linguaggio rusti-
La presidente dell’Associazione “Amici
dei Musei” Vittorina Baveo consegna il
premio “Pulliero” nell’edizione del 2000.
co del contado padovano, in parte artificiosamente elaborato e trasmesso, per trattare i
più svariati argomenti. La diligenza critica e
l’analisi linguistica sono di notevolissima
importanza per intendere l’opera degli autori
maggiori del periodo (si pensa, soprattutto al
Ruzzante e al Maganza).
Una splendida raccolta di saggi di Gaetano
Cozzi, che approfondisce vari aspetti della
vita politica, sociale, religiosa e culturale
nella Repubblica di Venezia in età moderna,
è risultata vincitrice dell’edizione del 1998.
Nella prefazione al libro l’autore precisa
come il suo studio tratti di uomini, ordinamenti, idee e fini, ma soprattutto si soffermi
sulla politica culturale, sulla sinergia tra cultura e politica; è proprio questo, infatti, l’aspetto che lo rende particolarmente interessante. L’analisi offre un originale punto di
osservazione della storia, vista attraverso gli
occhi di importanti figure della pittura,
architettura, storiografia e letteratura politica, che con le loro opere documentano la
profonda evoluzione della società veneziana
del periodo.
Per Lionello Puppi, vincitore nel 1999,
Chiara Ceschi nella motivazione precisa che
lo “studioso è il primo che affronta la ricostruzione del ruolo storico dell’architettura
di Palladio dall’interno del complesso contesto politico economico della città di Vicenza.
L’indagine filologica sulle circostanze della
nascita delle architetture, sempre minuziosa
e supportata da ritrovamenti documentari
inediti, che permettono spesso precisazioni
su questioni ancora non chiarite, si accompagna e si integra con la ricostruzione storica
delle relazioni che intercorrono tra le architetture progettate e il mondo veneto in cui si
dovevano collocare”.
La giuria, unanime, nel 2002 ha scelto tra i
libri in concorso quello di Giovan Battista
Pellegrini, autore di un’opera intitolata Il
Ladino o “Retoromanzo” Silloge di contributi specialistici, precisando che essa rappresenta la sintesi più aggiornata delle diverse opinioni espresse dagli studiosi sul cosiddetto “problema ladino”, al quale l’autore,
nel corso di alcuni decenni, ha dedicato studi
fondamentali. La giuria ha ritenuto di pre-
miare non solo il volume, ma anche l’intera
attività scientifica del notissimo glottologo
dell’Università di Padova; aperto a vasti
interessi, infatti, è riuscito a specializzarsi in
diversi campi, portando in ognuno contributi
decisivi con l’originalità e la profondità delle
sue ricerche, che riguardano l’influsso dell’arabo nelle lingue europee e, soprattutto,
nella lingua e nei dialetti italiani.
Filiberto Agostini con l’opera Istituzioni
ecclesiastiche e potere politico in area veneta (1754-1866) è risultato vincitore nel 2002.
L’autore esamina i rapporti tra religione e
politica, tra chiese diocesane e organismi
statali nel secolo che segna il trapasso tra
l’ancien régime e il Regno d’Italia, attraverso un’ampia ricerca negli archivi veneti, statali e di curia, fonti edite e ricca
bibliografia. Lunghi anni di fatica e una
intelligenza lucida hanno prodotto un libro
che si segnala come modello di serietà scientifica a quanti vogliono dedicarsi agli studi
storici nel solco della tradizione dei
“Brunacci” e non si lasciano abbagliare dai
facili successi degli autori di moda.
Infine nel 2003 la giuria ha premiato l’opera di Paolo Sambin Per le biografie di
Angelo Beolco, il Ruzzante e di Alvise
Cornaro nella quale il celebre storico padovano ricostruisce le loro “storie”, utilizzando
le numerose fonti documentarie che ha raccolto durante la lunga frequentazione degli
archivi italiani.
7. Elenco delle opere sulla
storia veneta vincitrici dei Premi
• (1985) Il premio non è stato assegnato.
• (1986) A. ZORZI, Venezia austriaca 17981866, Bari, Laterza 1986.
• (1987) P. DEL NEGRO, Il mito americano
nella Venezia del ‘700. Padova, Liviana
Editrice 1986.
• (1988) L. CABERLIN, Il catastico di S.
Giustina di Monselice detto di Ezzelino,
Padova, Editrice Antenore 1988.
• (1989) A. VENTURA, Padova, Bari,
Laterza 1989.
• (1990) Il premio non è stato assegnato.
• (1991) L. LAZZERINI (a cura di), Artemio
40
Giancarli, Commedie, Padova, Editrice
Antenore 1991.
• (1992) L. MENEGHELLO, Maredè,
Maredè. Sondaggi nel campo della volgare
eloquenza vicentina, Milano, Rizzoli 1991.
• (1993) A. OLIVIERI, Riforma ed eresia a
Vicenza nel Cinquecento, Roma, Herder
1992.
• (1994) D. RANDO, Una chiesa di frontiera. Le istituzioni ecclesiastiche veneziane nei
secoli VI-XII, Bologna, Il Mulino 1994.
• (1995) G. TIGLER, Il portale maggiore di
San Marco a Venezia. Aspetti iconografici e
stilistici dei rilievi duecenteschi,Venezia,
Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti
1995.
• (1996) G. PADOAN, L’avventura della
commedia rinascimentale, Padova, Piccin
Nuova Libraria 1996 (civiltà veneta); G.
CRACCO, Nato sul mezzogiorno. La storia
di Ezzelino, Vicenza, Neri Pozza 1995.
• (1997) M. MILANI, Antiche rime venete
(XIV-XVI), Padova, Esedra 1997.
• (1998) G. COZZI, Ambiente veneziano,
ambiente veneto. Saggi su politica, società,
cultura nella Repubblica di Venezia in età
moderna, Venezia, Marsilio 1997.
• (1999) L. PUPPI, Andrea Palladio,
Milano, Electra 1999.
• (2000) A. BARBIERI e A. ANDREOSE
curatori dell’opera: Marco Polo, “Il
Milione” veneto, ms. CM 211 della
Biblioteca Civica di Padova, Venezia,
Marsilio 1999.
• (2001) G.B. PELLEGRINI, Il ladino o
“retoromanzo” Silloge di contributi specialistici, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2000.
• (2002) F. AGOSTINI, Istituzioni ecclesiastiche e potere politico in area veneta (1754
– 1866), Venezia, Marsilio 2002.
• (2003) P. SAMBIN, Per le biografie di
Angelo Beolco, il Ruzzante e di Alvise
Cornaro. Restauri di archivio rivisti da
Francesco Piovan, Padova, Esedra Editrice,
2002.
8. Premio “Monsilicis”
per la civiltà veneta
Già nel 1996 la giuria avvertiva la necessità di istituire un premio da assegnare ad
una personalità distintasi nella promozione
della civiltà veneta (poteva essere un attore,
pittore, un regista, ecc, non necessariamente
uno scrittore o uno studioso). Solamente nel
2002 la sezione venne formalmente istituita.
Nel 2002 il premio è stato attribuito al giovane scrittore Giancarlo Marinelli.
La giuria unanime nel 2003 ha premiato
Vittore Branca con la seguente motivazione:
“Eminente umanista della nostra età, il prof.
Branca, ha saputo trasmettere, con il suo
insegnamento all’Università di Padova, con
l’incarico di segretario della Fondazione
Giorgio Cini, con le innumerevoli lezioni
impartite nelle più prestigiose istituzioni culturali e con studi unanimemente ritenuti fondamentali (si pensi a quelli sul Boccaccio e
alle edizioni critiche del “Decameron”), lo
spirito più alto della cultura nazionale e, in
particolare, della civiltà veneta, alla quale si
è dedicato con passione e altissima competenza, contribuendo decisamente alla sua diffusione e valorizzazione”.
9. Premio “Luciana Pulliero”
Nel 1999 (XVI edizione) venne istituito
un premio speciale intitolato alla prof.ssa
Luciana Pulliero, quale riconoscimento ai
suoi quarant’anni di lavoro, sia come educatrice che come Preside della Scuola media
Zanellato di Monselice. Il premio viene
messo a disposizione dall’Associazione
“Amici dei Musei” e consiste in un buono
libro di 250 Euro che viene assegnato a una
ricerca che valorizzi la storia di Monselice.
10. Premio “Lazzarin”
Giunto quest’anno alla terza edizione,
consiste nell’assegnare tre buoni libro di 250
Euro ciascuno ad altrettante ricerche realizzate su particolari aspetti della storia di
Monselice. Il premio è finanziato dall’omonima pasticceria e vuole costituire un
“segnale” per le giovani generazioni affinché
ritrovino nello studio della storia locale l’orgoglio di appartenere a una città che ha contribuito allo sviluppo culturale regionale.
Appunti di storia monselicense, 9
Collana di storia locale, arte e letteratura
1 F. ROSSETTO, Giacomo Zanellato, Monselice 1986.
2 R. PONZIN, Monselice e il suo privilegio veneziano (1406),
Monselice 1988.
3 F. FERRARI - S. SALVATORI, Prospezioni archeologiche nella
chiesa di San Paolo di Monselice, Monselice 1989.
4 F. ROSSETTO, Due santi per una città. San Sabino
e Santa Giustina, Monselice 1988.
5 C. CARTURAN, Memorie di storia monselicense. Dall’ Unificazione
alla seconda guerra mondiale, a cura di F. ROSSETTO, Monselice 1990.
6 E. ANDREOTTI – R. GHIDOTTI – G. A. CIBOTTO, Monselice nel
cuore del Giubileo. Guida del pellegrino al Santuario Giubilare
delle Sette Chiese in Monselice, Monselice 1999.
7 C. CARENA - P.V. MENGALDO - G. PERON, Il Premio “Città di
Monselice” per la traduzione. Storia e orientamenti,
Monselice 2000.
8 R. GHIDOTTI - C. CORRAIN - E. ZERBINATI - C. TAGLIAFERRO
F. PIACENTINI , Monselice Romana, Monselice 2002
CITTA’
DI
MONSELICE
Assessorato alla Cultura
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