Agricoltura Asciutta
Giovanni Quaranta Collana di Opuscoli : C Numero: 4 INTRODUZIONE TUTELA DELLE RISORSE IDRICHE Incrementare la capacità di immagazzinamento idrico del suolo Riduzione del deflusso superficiale Migliorare l’infiltrazione dell'acqua Riduzione dell'evaporazione dal suolo Riduzione della perdita d’acqua per traspirazione
Migliorare l’efficienza d’uso dell’acqua in ambienti asciutti Implicazioni sociali ed economiche: strategie per combattere la desertificazione nelle aree dell’agricoltura asciutta: l’unione di soluzioni agronomiche e sociopolitiche Frumento Oliva Osservazioni conclusive BIBLIOGRAFIA 1
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INTRODUZIONE Quest’indagine identifica i fattori critici che influenzano il fenomeno della desertificazione nell’ambito dell’agricoltura asciutta; consente, inoltre, di pervenire alla definizione di strategie atte a contrastare efficientemente tale processo (Figura 1). L’analisi agronomica rifletterà principalmente su temi quali la tutela delle risorse idriche e la conservazione del suolo, concentrandosi sulle colture non irrigue tipiche dell'ambiente mediterraneo, strettamente dipendenti dalle piogge stagionali. Le questioni ambientali, agronomiche e politiche saranno indirizzate, in particolare, alla sostenibilità dell’agricoltura asciutta. Sebbene i climi asciutti siano facilmente identificabili, gli ambienti a sussidio idrico limitato sono più difficili da definire. Un sistema, ampiamente utilizzato per classificare tali ambienti, concerne i valori delle precipitazioni medie. I suoli aridi ricevono meno di 250 millimetri di pioggia l’anno, mentre i suoli semiaridi sono caratterizzati da precipitazioni annue pari a 250‐500 millimetri. Gli ambienti estremamente aridi, desertici e semiaridi consentono la sopravvivenza di alcune specie vegetali; tali sistemi colturali si sono sviluppati attraverso una combinazione graduale di pratiche colturali e programmi di selezione varietale. Grazie all’analisi di tali sistemi colturali, è possibile individuare i rischi di desertificazione associati all’agricoltura, e le strategie di mitigazione del fenomeno. Saranno esaminati, 1 inoltre, azioni comuni e approcci moderni nella lotta alla desertificazione, considerando altresì i benefici derivanti dall’implementazione di pratiche tradizionali ed il potenziale offerto dalle biotecnologie. TUTELA DELLE RISORSE IDRICHE L'agricoltura asciutta è strettamente dipendente dalle precipitazioni e dalla loro variabilità; si basa su sistemi di risparmio idrico che devono comprendere 1) un utilizzo razionale delle risorse idriche, 2) pratiche agronomiche di risparmio idrico, 3) criteri gestionali di risparmio idrico (Sarno, 1998). Di conseguenza, la gestione delle risorse idriche e del suolo risultano fattori critici in temi quali la conservazione e la sostenibilità nell’agricoltura asciutta. La tutela del suolo è fondamentale per garantire condizioni ottimali della zona radicale, compresa una sufficiente disponibilità idrica, necessaria allo sviluppo della pianta (Figura 2). Se consideriamo che il bilancio idrico nel suolo può essere espresso dal rapporto P+I= R+ET+ΔS+D [dove P e I rappresentano l’afflusso meteorico e l’acqua irrigua; R = deflussi superficiali; T = evapotraspirazione; ΔS = variazioni nella zona radicale irrigua; D = infiltrazione al di sotto della zona radicale]. E’ abbastanza evidente che 1. Minimizzare la perdita di acqua per evaporazione, deflusso e drenaggio oltre la zona radicale e 2. Incrementare l’utilizzo di acqua di origine meteorica, costituiscono gli obiettivi fondamentali per lo sviluppo e la produttività dei sistemi colturali, in condizioni di siccità. La riduzione dello spreco d’acqua e la gestione efficiente dell’acqua piovana costituiscono i fattori chiave per incrementare la produttività nell’ambito dell’agricoltura asciutta. 2 Incrementare la capacità di immagazzinamento idrico del suolo La capacità di ritenzione idrica del suolo dipende da: a) la struttura del terreno; b) la distribuzione dimensionale delle particelle del suolo; c) la profondità del terreno. Considerando grandi superfici, è abbastanza difficile modificare il suddetto punto b); al fine di incrementare il contenuto idrico del suolo, quindi, può essere utile migliorare la struttura del terreno ed aumentare il terreno attivo nella zona radicale. La struttura del terreno interessa fattori chimici, fisici e biologici della fertilità del suolo, che contribuiranno ad incrementare la disponibilità idrica del terreno utile allo sviluppo delle piante. La materia organica, inoltre, svolge un ruolo fondamentale nel migliorare sia la struttura che la stabilità del terreno, promuovendo la formazione di aggregati del terreno (componenti basilari della struttura del terreno). Secondo Jastrow (1995), il 70% della materia organica del suolo è immobilizzato in aggregati del terreno, all’interno dei quali forma complessi unitamente ai minerali dell'argilla, essenziali alla stabilità del terreno. La polverizzazione degli aggregati del terreno, come conseguenza della non adeguata gestione del suolo, o di un basso contenuto di materia organica, favorirà l'erosione del suolo che, a sua volta, finirà per ridurre la quantità di terreno disponibile per lo sviluppo della radice. Pratiche quali l’interramento dei residui colturali e l’aggiunta di letame e/o di altri tipi di materiale organico, risultano cruciali per favorire la formazione degli aggregati del terreno, insieme alla rotazione colturale, pratica gradualmente abbandonata in conseguenza della specializzazione colturale. In questo contesto, la reintroduzione dell'allevamento di bestiame, tra le attività dell'azienda agricola, sosterebbe sia la tutela del suolo che la produttività agricola (Figura 3). Dettagli sul ruolo della materia organica del suolo, per una gestione sostenibile del terreno, possono essere riscontrati in Raman (2006). La lavorazione del suolo incrementa (dal punto di vista chimico e biologico) il terreno attivo utile al sistema radicale (Pala ed altri, 2000). Tale fenomeno è particolarmente evidente nei terreni argillosi e compatti, in cui i risultati dell’attività di coltivazione garantiranno: una migliore porosità ed un incremento di volume del terreno a disposizione delle radici; scambi di gas/acqua fra i differenti strati del terreno; una migliore capacità di immagazzinamento idrico. Nelle regioni calde ed asciutte, l’utilizzo di tecniche d'aratura tradizionali, dovrebbero essere scoraggiate; infatti, esponendo gli strati più profondi del terreno ad aria e temperature elevate, contribuiscono ad accelerare la mineralizzazione della materia organica, influenzando negativamente sia la struttura del terreno che la stabilità degli aggregati. Il rippering e/o il subsoiling, al contrario, costituiscono tecniche efficaci a migliorare l'infiltrazione dell'acqua e preservare la struttura del terreno da danni chimici e meccanici. In riferimento alla tutela delle risorse idriche del suolo negli ambienti asciutti, il ruolo della lavorazione intensiva è stato recentemente messo in discussione. In determinati ambienti, un’aratura profonda eseguita durante la stagione secca, accompagnata da una piovosità stagionale media, incrementerà l’accumulo di acqua nel terreno di 50mm e di 100mm registrati, rispettivamente, nell’ambito di una coltivazione minima e di una non coltivazione. Questa situazione sembra invertirsi in presenza di basse precipitazioni. In tali condizioni, la lavorazione minima garantisce un miglior contenuto idrico del suolo ed una maggiore produttività rispetto ad una coltivazione profonda. Un confronto tra differenti tecniche di lavorazione ha indicato che, in ambienti aridi e semiaridi, la non‐lavorazione è preferita in presenza di precipitazioni inferiori a 300 millimetri; a precipitazioni maggiori, viceversa, corrisponde l’impiego di una lavorazione convenzionale (Hill, 1990; Bonfil, 1999; Hatfield, 2001). Per la maggior parte delle colture cerealicole praticate in ambienti asciutti, le situazioni in cui la non‐lavorazione si è rivelata di maggiore utilità sono associate alla riduzione di perdite di acqua per evaporazione, unita ad un miglioramento del contenuto idrico del suolo Inoltre, dovrebbe essere considerato che, in un regime di lavorazione convenzionale, gli effetti a lungo termine dei disturbi meccanici destabilizzano gli aggregati del terreno; questi, a loro volta, faciliteranno lo spostamento delle particelle costituenti la massa terrosa (erosione) e ridurranno la profondità del terreno. Riduzione del deflusso superficiale Quando l'intensità delle precipitazioni è superiore alla velocità di infiltrazione, possono verificarsi fenomeni di stagnazione o di ruscellamento, con un’irreversibile perdita di acqua. Nelle aree pianeggianti, il ristagno favorirà l’evaporazione ed inoltre causerà anossia nella zona radicale. Nelle aree collinari, l'infiltrazione lenta dell'acqua meteorica provocherà perdita di acqua attraverso il deflusso che, a sua volta, determinerà lo spostamento delle particelle del suolo e l’erosione. Le azioni tese a migliorare la capacità di infiltrazione del suolo, dovrebbero focalizzarsi sull’introduzione di misure atte a migliorare la struttura del terreno: aggiunta di materia organica; reintroduzione della rotazione; contenimento dei danni meccanici associati alla lavorazione intensiva (Figura 4). In presenza di versanti ripidi, tali misure dovrebbero includere modifiche del profilo del terreno mediante azioni semplici quali l’aratura secondo le linee di livello e la costruzione di creste che rallentino il ruscellamento delle acque, o l'introduzione di strutture più complesse quali i terrazzi. Preservare la materia organica del suolo è essenziale a 1) garantire la stabilità degli aggregati del suolo; 2) migliorare la ritenzione idrica del suolo; 3) ridurre l'erosione del suolo. A tale riguardo, i vantaggi/svantaggi della lavorazione convenzionale vs lavorazione minima, in termini di preservazione del contenuto di acqua del terreno e mineralizzazione della materia organica, dipenderanno dalle precipitazioni stagionali. Migliorare l’infiltrazione dell'acqua Maggiori tassi di infiltrazione idrica possono essere realizzati migliorando la struttura del terreno e la permeabilità dei differenti strati del suolo. 3 L’interramento di residui colturali può contrastare gli effetti meccanici da parte delle gocce d'acqua e ridurre, fino al 50%, la perdita di acqua per deflusso superficiale. Pratiche tradizionali, come lasciare il terreno a maggese, anche se gradualmente abbandonate, possono ancora risultare efficaci. Questa tecnica contribuisce a 1) migliorare l'infiltrazione idrica attraverso una lavorazione profonda, da eseguirsi prima della stagione della pioggia e a 2) ridurre la perdita di acqua per evapotraspirazione sia mediante lavorazione superficiale che aratura meccanica, effettuate alla fine della stagione piovosa. Sulla base di analisi effettuate su risultati sperimentali, possiamo fornire le seguenti linee guida relative all’implementazione del maggese in ambienti differenti: ‐ Fornisce i risultati migliori in climi freddi‐secchi; ‐ Registra maggiori risultati positivi in presenza di precipitazioni pari a 250‐300 millimetri; ‐ Se > 450 millimetri annui‐1 non è necessario; ‐ Se < 400 millimetri annui‐1 riporta benefici sulla capacità di immagazzinamento idrico del suolo; ‐ In regioni molto aride (250‐300 millimetri annui‐1), è necessario garantire risorse idriche sufficienti alle successive colture; ‐ Nella maggior parte dei casi, l'uso di legumi come piante da copertura, o di pascoli, può costituire un’alternativa efficace. Deve essere precisato che, rispetto al maggese, le piante da copertura non migliorano specificamente il contenuto idrico del terreno, ma sono utili alla fertilità del terreno, alla stabilità degli aggregati e alle complessive proprietà fisico‐chimiche del terreno. Riduzione dell'evaporazione dal suolo Quest’obiettivo può essere realizzato mediante 1. Implementazione di barriere frangivento, 2. Pacciamatura, 3. Lavorazione degli strati superficiali del terreno (10‐15 centimetri). Tra i fattori ambientali che interessano l'evaporazione, il vento svolge un ruolo critico, poiché favorisce tale fenomeno incrementando il deficit di pressione di vapore (VPD) in prossimità del suolo. Le barriere frangivento combattono l’evaporazione dal suolo. Per superfici relativamente piccole, tali barriere possono essere costituite da pareti, protezioni di plastica o di legno. Le più comuni sono rappresentate da filari di alberi o siepi. Anche la pacciamatura migliora il bilancio idrico nel suolo, riducendo l'evaporazione e svolgendo funzioni quali: controllare l’accrescimento delle infestanti, aumentare la temperatura del terreno e ridurre il ruscellamento superficiale e l’erosione del suolo. Per la maggior parte delle coltivazioni erbacee, in ambienti non irrigui, la pacciamatura viene realizzata impiegando residui colturali organici. 4 L’ammontare dei residui colturali adoperati nella pacciamatura, deve garantire una protezione completa del suolo. Per i residui del cereale (frumento) vengono consigliate 10t ha‐1. La lavorazione degli strati superficiali del terreno costituisce una pratica multiuso negli ambienti asciutti. La zappettatura, per esempio, è efficace sia nel controllo delle malerbe che nella riduzione dell’evaporazione; inoltre, rompendo le croste superficiali del terreno, permette una migliore filtrazione dell’acqua. L'effetto principale di quest’operazione è l'interruzione del movimento capillare dell'acqua nel suolo, che riduce l’evaporazione fino al 50%. I terreni sabbiosi e pesanti possono beneficiare di questa pratica, che limiterà efficacemente le superfici evaporative chiudendo i macro‐pori (terreni sabbiosi) o le crepe profonde (che nei terreni argillosi sono responsabili per il 20‐30% della perdita di acqua per evaporazione). Riduzione della perdita d’acqua per traspirazione La riduzione della perdita d’acqua per traspirazione è più critica nei climi asciutti. Quest’obiettivo è perseguito mediante l’utilizzo di barriere frangivento, il controllo delle infestanti e l’impiego di antitraspiranti. Il vento, sulle superfici fogliari, può esercitare un effetto simile a quello descritto per il terreno. Il vento secco determinerà flussi di traspirazione intensi che, in alcuni casi, possono comportare squilibri fisiologici (molto comuni nelle coltivazioni di frumento praticate in ambienti semiaridi). Anche se le strategie disponibili per contrastare tale fenomeno sono alquanto limitate, le barriere frangivento costituiscono utili strumenti nel controllo della perdita d’acqua per traspirazione (Sarno, 1998). Le infestanti e le colture si contendono la maggior parte delle risorse, compresa l’acqua. In ambienti a sussidio idrico limitato, la competizione tra frumento ed Avena fatua può ridurre del 60% il rendimento. Le malerbe dispongono di caratteristiche di tolleranza/adattabilità, che le rendono molto competitive in ambienti poveri; il controllo di tali specie è difficile da realizzare, per cause tecniche e/o finanziarie. Una pratica tradizionale, impiegata nella lotta alle infestanti, prevede di bruciare i residui colturali allo scopo di eliminare i semi e gli organi di propagazione della maggior parte delle malerbe. Tuttavia, in alcune circostanze, questa pratica tende a sollecitare effetti opposti, stimolando la germinazione di semi o la vegetazione di organi sotterranei non danneggiati dalle elevate temperature. Il controllo meccanico delle malerbe, tuttora il sistema privilegiato in molti contesti, deve realizzarsi sulla base della selettività nei confronti della coltura principale, del costo dell’intervento e della sua efficacia, nonché della possibilità di accesso al campo. La sarchiatura meccanica (erpicatura) costituisce l’approccio più efficace, rispetto al diserbo, poiché consegue effetti positivi sulle proprietà di ritenzione idrica del suolo e sulla riduzione di perdita d’acqua per evaporazione; tale controllo meccanico delle infestanti andrebbe consigliato, in ambienti secchi‐
caldi, prima della semina autunnale. Il controllo chimico supera gli ostacoli associati all'accessibilità dei terreni argillosi durante la stagione della pioggia; tuttavia occorre precisare che, soprattutto negli ambienti asciutti, è importante considerare i problemi derivanti dall’accumulo di composti fitotossici nel suolo. La sostenibilità di questa pratica, quindi, deve essere considerata in relazione al contesto ambientale specifico. I risultati di molteplici esperimenti effettuati in ambiti differenti, hanno dimostrato che la perdita di acqua da agosto a giugno, in relazione alle diverse tecniche di controllo delle malerbe, può essere ricapitolata nella seguente classifica: nessun controllo delle infestanti (maggiore perdita di acqua) > controllo chimico > zappettatura > copertura mediante residui colturali (minore perdita di acqua). La perdita di acqua dal terreno per evapotraspirazione può essere ridotta mediante l’impiego di: 1) barriere frangivento; 2) mulching; 3) lavorazione degli strati superficiali del suolo; 4) controllo delle malerbe. Tali strumenti si rivelano utili sia nella tutela delle risorse idriche che del suolo. Migliorare l’efficienza d’uso dell’acqua in ambienti asciutti Negli ambienti secchi, in aggiunta alle tecniche suddette, vengono implementate pratiche utili a migliorare l’uso delle risorse idriche a disposizione della pianta (WUE, il rapporto tra acqua utilizzata e produttività della coltura) e l'Indice di Raccolto [HI, il rapporto tra biomassa utile e totale] (Figura 5). Un rapido attecchimento delle colture aumenterà il WUE, poiché verrà ridotta la quantità di radiazione solare che raggiunge il terreno e causa la perdita di acqua per evaporazione. La semina anticipata, la fertilizzazione e l’impiego di varietà precoci, contribuiranno a limitare la perdita di acqua dal terreno. Le strategie tecniche per migliorare l’efficienza d’uso dell’acqua dovrebbero puntare ad ottenere la migliore combinazione fra le fasi fenologiche sensibili e la disponibilità idrica. Per la coltivazione del cereale (frumento) negli ambienti non irrigui del mediterraneo, una fase vegetativa eccessivamente lunga dovuta a sovrafertilizzazione (da azoto) o a ritardi nelle semine, provocherà elevati fabbisogni idrici nella fase riproduttiva e possibili deficit durante la formazione della granella (una fase fisiologica molto sensibile negli ambienti asciutti). Una non adeguata gestione delle colture, in queste circostanze, condurrà ad una riduzione drammatica dell'Indice di Raccolto. L'efficienza d’uso dell'acqua viene influenzata anche da un ambiente nutrizionale ottimale. I sistemi colturali a basso‐input, come quelli praticabili nelle aree non irrigue, possono esaurire gradualmente la fertilità del suolo (Raman, 2006) ed aumentare fenomeni critici quali l’erosione, la siccità e la desertificazione: in casi estremi, questo processo ha condotto alla stagnazione agricola. In tali ambienti, un ruolo importante è svolto dalla coltivazione di legumi che, oltre a fornire foraggio per il bestiame, contribuisce alla fertilità biologica e chimica del terreno. Lo sviluppo delle proprietà fisiche e chimiche del terreno, associate alla coltivazione di legumi, contrasta l’erosione nelle zone collinari e favorisce l’accumulo di materia organica nel suolo. La reintroduzione di legumi và considerata anche in termini di differenziazione delle colture, utile nella lotta agli insetti, alle malattie e alle infestanti (Sheaffer e Seguin, 2003). L’incrocio tra specie vegetali e l'ingegneria genetica costituiscono utili strumenti al conferimento di caratteristiche di tolleranza in ambienti a basso‐input (Maggio ed altri, 2002a; 2002b). L'efficienza d’uso dell'acqua (WUE) è stata considerata per molto tempo una caratteristica genetica non facilmente trasferibile. I programmi di incrocio, che puntato a migliorare la produzione per unità di volume di acqua, hanno migliorato l'Indice di Raccolto piuttosto che il WUE, sia introducendo varietà basse e a ciclo breve che selezionando in base alla tolleranza in piantagioni ad elevata densità. I margini per un ulteriore miglioramento dell'Indice di Raccolto sono piuttosto limitati (Raman, 2006). I recenti progressi della genetica molecolare hanno aperto nuove possibilità in questo campo: sono stati identificati i geni che possono controllare l'efficienza d’uso dell'acqua della pianta (Bennet ed altri, 2002; Masle 5 ed altri., 2005). Tale scoperta costituisce una risorsa genetica importante per migliorare il WUE della pianta. Le pratiche agricole che faciliteranno la migliore combinazione fra le fasi fenologiche sensibili e la disponibilità idrica miglioreranno l'efficienza d’uso dell'acqua. L’incrocio tra specie vegetali e l'ingegneria genetica costituiscono strumenti dotati di un grande potenziale nel conferimento di caratteristiche di tolleranza in ambienti a basso‐input. Implicazioni sociali ed economiche: strategie per combattere la desertificazione nelle aree dell’agricoltura asciutta: l’unione di soluzioni agronomiche e sociopolitiche Nell’ambito dell’agricoltura asciutta, gli aspetti socio‐
economici associati alla desertificazione risultano particolarmente rilevanti, poiché la sostenibilità economica di tali sistemi colturali è spesso un fattore limitativo. Le recenti crisi sociali ed economiche che si sono verificate nell’agricoltura tradizionale, hanno causato fenomeni migratori dalle aree rurali a quelle urbane; tali avvenimenti si sono concretizzati nell’abbandono e nella degradazione delle terre. Nelle regioni mediterranee, occorre considerare alcune complessità supplementari associate alla desertificazione: la presenza di paesaggi differenziati; diversità culturali; regioni caratterizzate da siccità stagionali con alta variabilità delle precipitazioni o piogge improvvise/intense. A tale riguardo, il deficit demografico ed i fenomeni migratori rappresentano tematiche critiche per la maggior parte delle regioni semiaride, soprattutto in considerazione del fatto che le migrazioni interessano principalmente la parte più giovane ed istruita della popolazione. Questo processo nasce anche dal problema dell’isolamento, sia fisico che culturale, considerato il limite principale di queste aree. Malgrado le complessità suddette, il settore agricolo svolge un ruolo significativo sia sul land use che sulle condizioni socio‐economiche nel bacino mediterraneo. Di conseguenza, la valutazione degli effetti delle pratiche attuali, in termini di tutela ed utilizzo efficiente delle risorse, risulta estremamente utile nell’identificare debolezze e 6 misure correttive, allo scopo di migliorare l'organizzazione delle aziende agricole e la sostenibilità delle perfomances complessive. L'agricoltura asciutta delle regioni mediterranee riguarda tantissimi piccoli imprenditori che decidono individualmente circa la gestione delle risorse naturali e gli investimenti di capitale. Anche se le decisioni di land use di ciascun agricoltore possono sembrare irrilevanti, occorre considerare la continua reiterazione di tali pratiche e le conseguenze che potrebbero realizzare a livello regionale e globale; per questo è stato ampiamente riconosciuto che i sistemi di land use contribuiscono in modo significativo alla degradazione del suolo e dell’ambiente. Allo scopo di valutare tale contributo, sono stati diretti diversi studi che hanno condotto all’elaborazione di mappe mondiali sui suoli a rischio. Tali elaborazioni sono state realizzate soprattutto in base a fattori ambientali, eccetto i casi in cui sono stati considerati fattori gestionali, come nel caso delle aree vulnerabili (ESAs) (Kostas ed altri., 1999). Recentemente, per la Val d’Agri, è stato effettuato un esame articolato delle pratiche colturali e della produzione zootecnica, associate ai rischi di degradazione del suolo (Kostas ed altri., 1999) (Figura 6). Di seguito verranno presentati i risultati conseguiti per due colture rappresentative, frumento ed olive, che in questa regione vengono coltivate nell’ambito dell’agricoltura asciutta. I limiti principali alla gestione ottimale dell’agricoltura asciutta nelle regioni mediterranee sono costituiti da: presenza di paesaggi differenziati; diversità culturali; regioni caratterizzate da siccità stagionali con alta variabilità delle precipitazioni o piogge improvvise/intense; deficit demografico; fenomeni migratori; gran numero di piccoli imprenditori. La principale questione da affrontare consiste nell’informare agricoltori ed amministratori locali circa le problematiche relative la tutela ambientale, l’utilizzo efficiente delle risorse ed la sostenibilità agricola. Frumento La tecnologia impiegata nella coltivazione del frumento nelle regioni collinari ed asciutte dell'Italia del sud, influenza profondamente la degradazione del suolo (Figura 7). Lo studio effettuato nella Val d’Agri (Desertlinks, 2002) ha individuato 59 tecniche differenti, relative alla coltivazione del frumento, che possono essere riassunte in base al loro impatto sulla degradazione del suolo: Ottime pratiche. Queste tecniche si basano principalmente sulla semina diretta (non viene praticata alcuna lavorazione) e sulla rotazione. L’ammontare di tali pratiche è molto basso: meno del 4% sul totale delle tecniche indagate. I risultati, sia dal punto di vista ambientale che economico, sono estremamente notevoli, in termini relativi ed assoluti. Queste tecniche vengono utilizzate soltanto da pochi anni; in particolare, è stata esaminata l’applicazione di una determinata pratica per quattro stagioni di fila, ed è interessante seguire le evoluzioni future per verificare la continuità delle prestazioni. Buone pratiche. La ricerca ha individuato, inoltre, una piccola percentuale di operazioni, circa l’11%, che, secondo l’impatto generale sulla degradazione del suolo, può essere definita come una buona pratica. Queste tecniche permettono la semina diretta senza rotazione o un sistema di lavorazione minima associata a rotazione. In queste circostanze, la lavorazione superficiale è compensata dalle rotazioni, che garantiscono benefici chimici e fisici, riducendo l'erosione del terreno ed incrementandone il contenuto di materia organica. Cattive pratiche. Le pratiche che fanno grande impiego dell’aratura e di altre tecniche di lavorazione del terreno, ignorando alcun sistema di rotazione, sono considerate come interventi non sostenibili per l’area (Bove ed altri., 1996), (Quaranta, 1999). Fra queste, quelle che prevedono un’aratura secondo le linee di livello, ammontano al 13% del totale delle tecniche considerate. Dove la conformazione del versante permette agli agricoltori di utilizzare i macchinari che seguono le linee di livello, si preferisce questa tecnica; comunque, i motivi che spingono all’implementazione di tali pratiche non sembrano quasi mai derivare da considerazioni di tipo agronomico. Oliva Pratiche in vigore. Anche gli oliveti sono ampiamente diffusi nella Val d’Agri (Figura 8). Le pratiche di coltivazione impiegate nella produzione di olive includono il rippering invernale (con una profondità di 20 centimetri) ed un’aratura superficiale primaverile, mediante erpicatura e/o sistemi di rotazione colturale. Nei sistemi intensivi tradizionali, la fertilizzazione è generalmente sia minerale che organica, mentre nei sistemi estensivi è principalmente organica (sovescio o pascolo). La potatura invernale (febbraio) è effettuata solitamente ad anni alterni. I residui della potatura sono interrati raramente nel terreno; più generalmente, essi vengono raccolti e bruciati. L'uso di colture da copertura non è comune; è possibile uno sviluppo spontaneo di tali specie fra i diversi periodi dell’aratura. Il controllo delle erbe infestanti negli oliveti è soprattutto meccanico, solo in poche circostanze vengono impiegati prodotti chimici (glifosato). Margini per i miglioramenti. Nella lavorazione degli oliveti, il consumo e l'immagazzinaggio dell'acqua durante la stagione delle piogge costituiscono il fattore che influenza maggiormente il rendimento finale. Di conseguenza, le pratiche gestionali devono: tutelare e migliorare la struttura del terreno; limitare l'erosione e la perdita di carbonio; incrementare il consumo idrico durante la stagione della pioggia; ridurre la perdita di acqua durante la stagione asciutta. Le azioni che contribuiscono a ridurre l'erosione includono: l'aratura secondo le linee di livello; la coltivazione a fasce e/o a terrazze; la lavorazione minima o la non lavorazione mediante controllo chimico delle malerbe. L’utilizzo della non‐
lavorazione, mediante colture da copertura o fasce vegetative, sembra ridurre ulteriormente i tassi di erosione, anche se non deve essere trascurata la competizione fra colture da copertura ed olivi. In tali situazioni, per limitare significativamente la competizione idrica, la copertura provvisoria o la vegetazione naturale impiantata nel periodo delle piogge, deve essere tagliata nel periodo asciutto. A migliorare la sostenibilità di lungo periodo, nella produzione di olive delle zone vulnerabili, interviene: l’implementazione di terrazzi e/o creste, che rallentano il deflusso superficiale; la coltivazione di legumi; tecniche di lavorazione minima; potatura minima. 7 Osservazioni conclusive Sulla base delle riflessioni precedenti, possiamo concludere che il miglioramento delle misure di controllo per la tutela delle risorse idriche e del suolo è più difficoltoso nell'agricoltura asciutta. Soprattutto nelle aree vulnerabili, tali misure dovrebbero essere concepite sia in termini di aumento della produzione che di implicazioni ambientali (Figura 9). A tale riguardo, le aziende agricole ed i sistemi di coltivazione tradizionali dovrebbero essere riprogettati per garantire la sostenibilità del processo di produzione in relazione alla tutela ambientale. Quando questo complesso equilibrio è sbilanciato verso la massimizzazione del rendimento, si verifica una graduale degradazione del suolo, dell’acqua e dell'ambiente (Prihar ed altri., 2000) (Quaranta ed altri., 1999), che determinerà un costo ambientale. 8 BIBLIOGRAFIA Bennet J, 2003. Opportunities tfor increasing water productivity of CGIAR for tolerance of water defects for using crops through plant breeding and molecular techniques. In water productivity in agriculture: limits and opportunities for improvements. JW Kijine, R Barker, and D Molden (eds.) Wallingford UKCAB International, pp. 103‐
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