SCRITTI SUL FASCISMO*
LA VIOLENZA FASCISTA
MATTEOTTI. Se il Gruppo parlamentare socialista ha indicato me per lo
svolgimento della sua mozione1, non può essere a caso. Non sono abituato
ai grandi discorsi politici, bensì ai discorsi tecnici; quindi il Gruppo,
indicandomi, volle che fosse esposto, con la precisione di una cifra, con la
schematicità di un sillogismo, il nostro pensiero, per trame da una parte e
dall’altra il chiarimento della situazione e la norma della propria condotta.
Nella nostra mozione nulla vi è di tutto ciò che è stato detto e che ci è
stato attribuito dalla stampa. Noi non ci lagniamo della violenza fascista.
Siamo un partito che non si restringe dentro una semplice competizione
politica, che non aspira a successione di Ministeri, che vuole invece arrivare
ad una grandiosa trasformazione sociale; e quindi prevede necessariamente
le violenze, sa che, ledendo un’infinità di interessi, ne avrà delle reazioni più
o meno violente; e non se ne duole.
È stato detto che saremmo venuti qui a protestare, a lanciare invettive
contro il fascismo che ci percuote, e così via.
Neppur questo. Siamo i primi a riconoscere le origini storiche, e la
necessità del fascismo, siamo i primi a interpretarne la giustificazione
economica, a riconoscerne l’esistenza, quasi direi come necessità sociale di
questo momento.
Non ci dorremo dei delitti, né li racconteremo, né andremo ad investigare
come si formano le schiere fasciste... Tutto questo non ha che una
Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, Legislatura XXV, 1A sessione, Discussioni, tornata del 31 gennaio 1921, pp. 7164-7175.
1
Questa la mozione presentata dai deputati socialisti: «La Camera constatando che gli
ultimi episodi di violenza organizzati in varie regioni d’Italia conducono inevitabilmente il
Paese alla guerra civile, rilevando che il Governo e le autorità locali assistono impassibili alle
minacce, alle violenze, agli incendi da parte di bande armate e pubblicamente organizzate a
tal scopo, e le proteggono anche con l’impedire la difesa legittima delle persone, delle
Amministrazioni e delle organizzazioni colpite, condanna la politica del Governo.
importanza
assai
accessoria.
E
se
anche,
qualche
volta,
dovremo
accennarvi, sarà solamente per arrivare con maggior precisione alle nostre
conclusioni.
È stato detto, in fine, dall’onorevole Giolitti2, che noi qui parleremo in
contrapposizione alla mozione presentata dalla destra parlamentare, perché
ciascun Partito vuole il Governo al proprio servizio. L’onorevole Giolitti
s’inganna completamente.
Noi non abbiamo da invocare Governo alcuno a servizio nostro, non
abbiamo nulla da chiedere, né al Governo né a nessuno. Qui non si tratta di
quella abilità, di quelle schermaglie parlamentari, nelle quali l’onorevole
Giolitti è certamente maestro. Si tratta semplicemente di chiarire la
reciproca posizione in cui, da una parte egli, come rappresentante del
Governo, e dall’altra i rappresentanti delle classi dirigenti si trovano, e in cui
noi, in seguito alle vostre dichiarazioni, ci verremo a trovare, quando
andremo a portare ai nostri compagni, al Paese, l’impressione del risultato
di questa discussione.
Ma vediamo anzitutto e rapidamente la situazione di fatto. Sarebbe
impossibile riassumerla in una sintesi, perché essa si sfalda in una quantità
di episodi secondari, accessori e diversi; ed ogni episodio a sua volta è
snaturato, deformato nel racconto. Si può dire che in questo momento di
subbuglio, di violenza, nulla subisca maggiore violenza quanto la verità,
quanto l’esposizione veritiera dei fatti. Sembra quasi che la stampa italiana
si diletti a questo terribile giuoco di bambini, che l’uno all'altro rimproverano
di essere stato il primo, di aver provocato per primo; e. le violenze frattanto
continuano.
Quando, una ventina di giorni fa. un fascista, di notte, a Rovigo, ferisce
tre socialisti perfettamente inermi, come risulta dai rapporti delle autorità, e
ferisce gravemente anche uno dei suoi stessi compagni, i giornali come
raccontano l’episodio? Così: «Conflitto tra fascisti e socialisti a Rovigo».
«Furono sparate (da chi? non si sa?) delle revolverate; rimasero feriti tre
socialisti ed un fascista». E il lettore serba cosi impressioni perfettamente
false della situazione di fatto.
2
Giolitti aveva costituito il suo quinto ministero il 16 giugno 1920. Rimase in carica fino
al 4 luglio 1921.
Quando domenica scorsa a Ferrara, le incursioni in camions dei fascisti
armati nella campagna, danno questo bilancio preciso della giornata:
quattro leghisti feriti di cui due gravemente, due locali di leghe distrutti ed
incendiati, venti socialisti arrestati. nessun fascista ferito, nessun fascista
arrestato, i giornali intitolano la faccenda così: «Nuovi agguati e nuove
violenze dei socialisti ferraresi nelle campagne». È cosi che si racconta la
verità!
Quando nella notte a Ferrara (come risulta, anche questo, dai resoconti
delle autorità e non dalla versione socialista) un gruppo di fornai, che
abbandonato
il
lavoro
percorreva
cantarellando
una
strada,
è
improvvisamente colpito da una scarica di revolverate, una delle quali
ferisce un fornaio, il "Giornale d’Italia” del 20 gennaio racconta il fatto così:
«Un gruppo di fascisti è stato aggredito nella piazzetta comunale nella
notte; furono (sempre indeterminato chi è stato? Non si sa!) furono sparati
dei colpi di rivoltella, uno dei quali ferì un passante». E chi ha avuto, ha
avuto.
Ma quando per contro avviene, e dolorosamente avviene, che un fascista
o più fascisti rimangono feriti e uccisi, allora la stampa, codesta parte per lo
meno della stampa, muta completamente il tono. Allora sono i grandi
caratteri; allora, mentre ancora l’autorità non sa nulla e sta investigando, a
due ore di distanza si sa già che sono stati i socialisti a compiere l’eccidio! Si
sa che è stato un complotto socialista, organizzato dalla Camera del lavoro!
Si sa già che responsabili sono quindi i capi socialisti, e in conseguenza,
immediatamente dopo poche ore, si dà l’assalto alla Camera del lavoro, si
aggrediscono le rappresentanze del Partito socialista, assessori. deputati,
ecc.; allora la campagna giornalistica trascina per un mese un cadavere
sulle sue colonne, facendone una speculazione illecita e immonda.
Ma non mi voglio attardare sui fatti e sugli episodi, ognuno dei quali può
essere a nostra posta, dalle nostre passioni di parte, contorto o deformato,
diversamente da quella che è la verità. Io voglio essere più conservatore di
quel che non siano oggi i rappresentanti delle altre parti, voglio aspettare i
risultati delle inchieste delle autorità. Più ancora: ammetto senz’altro che in
ogni partito, che in ogni massa, da ogni parte vi possano essere dei
delinquenti, dei male intenzionati, dei violenti. Ma la questione sta più in là
di questi episodi, sta più in là di questa ammissione.
Il fatto nella sua precisione è questo: oggi in Italia esiste una
organizzazione pubblicamente riconosciuta e nota nei suoi aderenti, nei suoi
capi, nella sua composizione, nelle sue sedi, di bande armate, le quali
dichiarano (hanno questo coraggio che io volentieri riconosco) dichiarano
apertamente che si prefiggono atti di violenza, atti di rappresaglia, minacce,
violenze, incendi, e li eseguono, non appena avvenga o si pretesti che
avvenga alcun fatto commesso dai lavoratori a danno dei padroni o della
classe borghese. È una perfetta organizzazione della giustizia privata; ciò è
incontrovertibile.
Se sui singoli fatti, quelli che ho esposto e quelli che non ho esposti,
quelli che la Camera conosce e quelli che non conosce, si può dubitare,
questa esistenza di una organizzazione di bande armate, con simili precisi
scopi dentro lo Stato italiano, è un fatto, sul quale nessuno può opporre
contestazioni. Documenti ne sono i loro stessi giornali che si intitolano come
una volta si intitolavano i giornaletti anarchici: "La fiamma”, “L’assalto”, ”Il
pugnale” e così via; che portano articoli intitolati: «La parola è alle
rivoltelle»; che dicono: «Noi arriveremo anche alla guerra civile».
Tutto ciò è detto pubblicamente e pubblicamente risulta da atti, per i
quali noi riconosciamo al fascismo il coraggio di esporsi, mentre perdura
nella gran maggioranza della società capitalistica del Paese la ipocrisia di
non apertamente sostenerlo, la ipocrisia di attribuire le violenze di questi
giorni alle più stupide provocazioni socialiste!
Per le strade ci sono manifesti che dicono: «Occhio per occhio dente per
dente». Nettamente, in manifesti, ih avvisi, in colloqui coi questori e coi
prefetti si dichiara di volere abbattere «a tutti i costi» le amministrazioni che
hanno testé raggiunto migliaia di voti di maggioranza contro la minoranza
dei blocchi. Si afferma che si vogliono abbattere le organizzazioni, si
minacciano scomuniche o rappresaglie contro determinate persone: si
intima a determinate persone di non frequentare determinate strade,
determinati punti.
Vorrei sentirmi obiettare dalla parte avversaria della Camera, 'che ciò non
è vero; perché anche i vostri giornali dicono che non è vero, che siamo noi
che provochiamo! Non è forse vero, per esempio, che nelle città di Modena,
Ferrara, Bologna le vie sono percorse da gruppi armati, militarmente
indrappellati, militarmente comandali, che hanno spesso le armi in pugno, i
quali pretendono o affermano di volere ristabilire un ordine proprio,
indipendentemente
da
quello
che
è
l’ordine
governativo,
l’ordine
dell’autorità?
È vero che si va ai funerali oggi non più con la sola pietà, ma col pugnale
tra i denti e le rivoltelle in mano; è vero o non è vero questo?
È vero che nell’ora del passeggio, dalle città maggiori, per esempio
Ferrara, davanti alla cattedrale, partono camions pieni di fascisti armati,
qualcuno con due rivoltelle nelle mani, e sfilano allegramente per le strade,
con canti di vendetta, senza che alcuna autorità si muova?
E per chi ancora non credesse, per chi ritenesse che queste nostre parole
siano esagerate, rileggerò quello che con magnifica e rara sincerità hanno
affermato il “Giornale d’Italia”, organo della sopravvissuta reazione, e
l’“Avvenire d’Italia”, organo dei cristiani di Bologna. (Interruzioni dei
deputati Siciliani3 e Cappa4 - Scambio di apostrofi vivaci tra questi e il
deputato Ferrari5 - Vivi richiami del Presidente).
«Tutti i giorni partono delle spedizioni. Un camion carico di giovanotti
(non c’è il ministro delle Finanze, per chiedergli se i camions non possono
portare persone non addette allo scarico!) va al tale paese, si presenta al
tale capolega. Si tratta prima; o il capolega cede, o la violenza terrà luogo
della persuasione. Accade, quasi sempre, che le trattative raggiungono lo
scopo, se no la parola è alle rivoltelle... I racconti, gli episodi e gli aneddoti
delle spedizioni fioriscono durante la giornata. Le rivoltelle sono le
compagne, le amiche legittime, oppure no. inseparabili dei racconti;
occhieggiano e luccicano da ogni tasca. Ci si domanda con la maggiore
naturalezza di questo mondo: quanti colpi hai? E si vuole sapere quante
3
Luigi Siciliani (1881-1925), eletto deputato nel 1919 per la lista dei combattenti, fu
confermato nella XXVI e XXVII legislatura aderendo al gruppo parlamentare nazionalista e
poi a quello fascista.
4
Paolo Cappa (1888-1956), deputato del Partito popolare nella XXV, XXVI e XXVII
legislatura. Dopo il delitto Matteotti partecipò alla secessione aventiniana.
5
Enrico Ferrari (1887-1969), eletto deputato nel 1919 per il Partito socialista, aveva
aderito nel gennaio 1921 al Partito comunista.
rivoltelle e di quali tipi... ».
Tali sono in semplici linee gli aspetti della jacquerie borghese che nel
ferrarese combatte una battaglia di portata nazionale.
Tale è la descrizione sintetica e magnifica, che noi non potremmo fare
con parole più precise, di quello che avviene e determina realmente in
quella regione la situazione attuale. Almeno i fascisti e codesti giornali
reazionari e clericali hanno il coraggio di dirlo, mentre i manutengoli di
quello stesso fascismo, tutti i giornali e partiti democratici che oggi si sono
nascosti,
per
ripararsi dietro
il fascismo,
tacciono vigliaccamente e
vigliaccamente adducono come scusanti le provocazioni socialiste!
Ma allora che vale raccontare i singoli episodi di chi sia stato il primo a
provocare, se il tale che non si levò il cappello o il tal altro che lanciò
un’invettiva, quando c’è un’organizzazione premeditata di queste violenze,
di questa giustizia privata, di questa rappresaglia? I funerali di Modena6 si
svolgono tragicamente; ma già parecchie ore prima che avessero luogo gli
incidenti, il prefetto di Modena era stato avvertito, e una staffetta partita da
Bologna per Modena aveva annunziato che nella serata sarebbe avvenuto
l’incendio della Camera del lavoro di Modena e della casa del collega
Donati7!
Certo è dunque che nelle violenze fasciste non è da vedersi una pura e
semplice ritorsione o risposta a singole e occasionali violenze proletarie.
Contro le violenze proletarie la classe borghese possiede una quantità di
strumenti che sono stati spesso usati, e che sono ancora in uso; possiede
leggi, carabinieri, carceri, manette, e, quando è stato il caso, li ha
adoperati!
Sono stati distribuiti anni di galera ai nostri, ai proletari, in molti casi, per
violenze usate, e quando sulle piazze d'Italia la forza armata ha steso per
terra dei proletari, nessuno di quella pane ha protestato.
La sensibilità capitalista si è svegliata solamente quando, nell'ultimo
tempo, anche sangue borghese è stato sparso.
6
Il 22 gennaio era stato ucciso lo studente Mario Ruini, uno dei fondatori del Fascio di
Modena.
7
Pio Donati (1881-1927), deputato socialista nella XXV e XXVI legislatura. Nel 1926.
dopo aver subito ripetute violenze da parte dei fascisti, si rifugiò in Belgio.
La verità è che la violenza e l’illegalità in cui si pone quella organizzazione
armata, corrisponde, in questo momento, ad un supposto interesse della
classe capitalistica. Il problema è tutto qui, onorevoli colleghi!
Noi non protestiamo, ve l’ho detto fin da principio, non ci lagnamo, non
lanciamo né invettive né offese a coloro che coraggiosamente adempiono la
missione fascista. Ma domandiamo: quale partito, quale frazione assume qui
dentro la responsabilità di questa organizzazione armata extra-legale, nel
territorio dello Stato italiano? (Interruzioni).
Sento che un interruttore ricorre a giustificazioni storiche; senza però
osare di assumerne la responsabilità, e perciò le sue dichiarazioni sono
meno coraggiose e meno simpatiche degli atti del fascismo.
Neppure la mozione dell’onorevole Sarrocchi8 (che pur ha avuto spesso
un simpatico coraggio reazionario alla Camera), arriva ad assumersi la
paternità e la responsabilità della organizzazione fascista.
Questa mozione si limita a filosofare in materia, e dice... «Dall’altro lato
questa situazione determinò l’istintivo bisogno di difesa e di reazione, ecc.».
Si parla cioè di istinto, di bisogni istintivi, ma non si ha il coraggio di
assumerne la responsabilità politica, proprio nello stesso momento in cui nei
vostri giornali, nelle riunioni private, nelle vostre conventicole, fate
l'apologia del fascismo, e deliberate di sussidiarlo, di garantirlo, di
continuarne la vita. Non è coraggio civile codesto vostro, o col leghi.
Ora questo è appunto il centro della discussione.
Vi rivolgete al Partito socialista, e dite: «Voi socialisti dovete assumere la
responsabilità di tutte le violenze che i proletari, socialisti o non socialisti,
proletari comunque, lavoratori, hanno esercitato o esercitano in qualsiasi
momento sulle piaz-ze e sulle vie d’Italia».
Voi domandate a noi, partito, di assumere la responsabilità anche di atti
che non sono nostri, per il semplice fatto che sono provenienti da lavoratori,
e che sono addebitati a socialisti.
E noi, che siamo un partito di massa, e di organizzazione, neppure
rinneghiamo alcuno degli errori della massa. Siamo anzi pronti a riconoscere
8
Gino Sarrocchi (1870-1950). deputato nella XXIV, XXV, XXVI e XXVII legislatura. Aderì
al gruppo parlamentare liberale e successivamente a quello fascista in rappresentanza della
componente agraria.
che qualche volta possa essere avvenuto che la teorizzazione della violenza
rivoluzionaria, che mira a sopprimere lo Stato borghese, e a sostituire lo
Stato socialista, possa avere indotto alcuni nell’errore di azioni episodiche di
violenza; ma altrettanto prontamente riven-dichiamo al nostro partito il
diritto di essere direttamente responsabile solo per ciò che esso vuole, e
ordina alle sue organizzazioni.
Nessun ordine da parte nostra è partito di esercitare atti episodici di
violenza, perché noi tutti sappiamo che questi (e ciò è stato ripetuto infinite
volte nelle nostre assise di partito, e nei nostri manifesti) non servono alla
causa del socialismo, ma la danneggiano, come pure la causa del socialismo
rivoluzionario, che vuole instaurare la immediata conquista del potere da
parte del proletariato.
Non solo, ma anche tutti i nostri giornali, e i manifesti delle nostre
sezioni, Giunte, amministrazioni comunali, e Camere del lavoro, pubblicati
ovunque si sono verificati questi casi, suonano quasi tutti allo stesso modo:
«bisogna ritornare alla vita civile; la lotta di classe deve riprendersi sul
terreno civile; gli episodi di violenza sono condannevoli perché non servono
alla causa del socialismo».
SARROCCHI. Vorrei conoscere la data di queste pubblicazioni.
MATTEOTTI. Di tutte le date; e questi manifesti sono a sua disposizione.
(Interruzione del deputato Storchi9).
L’amico
onorevole
Storchi
mi
chiarisce
un’arguzia
dell’onorevole
Sarrocchi, che io non avevo udita.
Egli argomenterebbe, pare, che noi siamo diventati agnelli da quando le
prendiamo. (Si ride). Vuol dir questo? Ebbene non ci vuol molto a
risponderle,
e
il
collega
Storchi,
che
mi
ha
suggerito
il
pensiero
dell’onorevole Sarrocchi, mi suggerisce anche la risposta.
II fascismo è andato a esercitarsi anche in quelle regioni, come Reggio
Emilia, dove mai, mai una sola parola di violenza fu lanciata, neppure in
tono generico, neppure riguardo alla rivoluzione sociale; mai!
Ed anche nella mia provincia di Rovigo, che posso citare a titolo di onore,
non si sono quasi mai manifestati, o in minima misura fatti di violenze, e
9
Amilcare Storchi (1877-1944), deputato socialista nella XXV legislatura.
quei pochi furono sempre repressi dalla nostra predicazione e dalla nostra
azione.
CORAZZIN10. Mio fratello però lo hanno bastonato!
MATTEOTTI. Codesti non sono falli della mia provincia; non confonda. Gli
onorevoli colleghi sanno che io in ogni comizio, in ogni riunione...
(Interruzioni).
Voci al centro. Lei sì, ma gli altri no!
MATTEI GENTILI11. Infatti, senza il suo intervento, l’onorevole Merlin 12
correva rischio d'essere ammazzato!
MATTEOTTI. Ah! quando vi accomoda, io sono il rappresentante del
socialismo rodigino; quando non vi accomoda, allora sono gli altri, quelli che
razzolano male, i rappresentanti del socialismo rodigino!
E notate ancora questo: i vostri giornali, il vostro "Corriere della Sera or
ora. a proposito del Congresso di Livorno, scriveva queste parole: «Il
socialismo (lascio la responsabilità dell'interpretazione al “Corriere della
Sera”) che ha trionfato a Livorno. si caratterizza nel ripudio della violenza
come atto quotidiano di lotta, e come forza operante delle organizzazioni».
Ora. proprio nel momento, onorevoli colleghi, in cui voi dite che il nostro
partito non si mette sul terreno della violenza, voi esercitate la violenza! E
ciò non è. per lo meno, coraggioso.
La verità è. onorevoli colleghi, che codesta violenza è esercitata da voi
per interesse di classe, per interessi economici lesi, e non contro fatti
politici, o in risposta a provocazioni o a violenze singole di lavoratori.
E allora se non assumete la responsabilità del fascismo, dimostrate
ancora una volta il vostro poco coraggio, e soprattutto la vostra poca
sincerità. (Interruzioni - Commenti al centro).
Voi pretendete far assumere al socialismo la responsabilità degli atti che
10
Luigi Corazzin (1888-1946), esponente della cooperazione cristiana, deputato del
Partito popolare nella XXV e XXVI legislatura. Perseguitato dai fascisti, fu in seguito
costretto ad abbandonare ogni attività politica e sindacale.
11
Paolo Mattei Gentili (1874-1935). direttore del "Corriere d'Italia" e deputato del
Partito popolare nella XXV e XXVI legislatura. Nel luglio 1923 fu espulso dal partito e
successivamente rientrò alla Camera nella lista fascista.
12
Umberto Merlin ( 18X5-1964). esponente cattolico polesano. Deputato del Partito
popolare nella XXV, XXVI e XXVII legislatura. Dopo il delitto Matteotti aderì all’Aventino.
alcuni perversi, non socialisti, hanno potuto compiere a Casteldebole 13,
contro tutte le nostre direttive, e non volete poi assumere la responsabilità
degli atti fascisti.
Qui nella Camera, colleghi di tutte le parti, senza eccezione, protestano
contro gli atti di violenza cui sia stato fatto segno un collega deputato.
Miserabile commedia! Poiché immediatamente dopo, fuori, lanciate il
dileggio sui colleghi che sono colpiti, e la vostra stampa miserabilmente li
offende, e li chiama vigliacchi, se non oppongono resistenza, o li chiama
provocatori se resistono.
Perché è sempre così poi: se i socialisti resistono sono dei provocatori, se
non resistono, se lasciano passare il nembo della violenza, sono dei
vigliacchi che fuggono. Vedi “Giornale d’Italia” che scrive: «E per smentire
le vanterie e le minacce che i socialisti fanno al prefetto, appunto perché
non avvengano violenze, basti dire che quando i camion dei fascisti si
recano in qualche paese, i socialisti spariscono come d’incanto e scappano».
Ma a me preme dimostrare, soprattutto, che la violenza esercitata dal
fascismo è una reazione, un mezzo, di cui la vostra classe vuol farsi arma
per provvedere al proprio interesse.
Il fascismo, onorevole Sarrocchi, per lei che corre dietro alle date, è
antecedente ai fatti dei municipi di Milano e di Ferrara. Esso è una reazione
non tanto contro gli atti di violenza deplorati, quanto contro le conquiste
economiche del proletariato. Non sono io che lo dico. È il solito "Giornale
d’Italia” che si associa all’’“Avvenire d’Italia” per rilevare che «dal vecchio
tronco agrario, cioè da un interesse economico, spunta un nuovo virgulto, il
fascismo».
Le ragioni del fascismo, dicono i vostri giornali, sono da ricercarsi nella
dittatura che il proletariato dei campi specialmente, esercitava in quelle
regioni. Ora intendiamo bene in che cosa consisteva quella famosa
dittatura.
Una voce. Legga la relazione d’inchiesta!
MATTEOTTI. Non ancora ho potuto leggerla, ma leggo soprattutto i vostri
giornali che mi valgono più di tutte le relazioni, e poiché vivo in quei paesi,
13
Il 22 gennaio a Casteldebole (Bologna) era stata uccisa la guardia regia Radames
Pasquali.
e ho le vostre testimonianze, non posso sbagliare. (Interruzioni - Commenti
al centro).
La dittatura del proletariato nelle campagne consiste essenzialmente in
questo fatto. I contadini col patto del 1911. e anche più coll’ultimo patto del
1920. avevano raggiunto queste due conquiste fondamentali:
1) riconoscimento delle loro organizzazioni, e riconoscimento delle leghe
di mestiere, con obbligo dei padroni di rivolgersi, non ai singoli individui, ma
alle leghe dei mestieri per avere dei lavoratori;
2) imponibilità di mano d’opera. Cioè: poiché i proprietari nella stagione
invernale lasciavano volentieri a casa tutti i contadini, e la disoccupazione
batteva alle porte, e le agitazioni diventavano pericolose, cosi si stabilì un
contingente fisso di mano d’opera che ciascuna unità colturale doveva
impiegare; e i contadini si adattarono a che il poco lavoro invernale non
fosse dato a vantaggio di una sola famiglia, mentre le altre dovevano morire
di fame o emigrare, ma scambiato a turno fra le diverse famiglie dei
lavoratori.
Così si era arrivati a una maggiore giustizia, a una maggiore civiltà,
distribuendo il poco lavoro fra la mano d’opera agricola. Ma questo l’Agraria
più non volle; e. dopo aver firmato i patti, vuole infrangerli, perché non vuol
sostenere il peso della mano d’opera agricola obbligatoria.
Possono benissimo essere avvenuti degli abusi, ma ciò non dovrebbe
avere importanza per negare l’essenza di quelle due conquiste civili. Gli
abusi sono avvenuti per un fatto molto semplice: che si tratta di strumenti
di civiltà perfezionata ai quali non è ancora perfettamente adatta una
categoria di lavoratori, ancora purtroppo incolta, e da poco venuta al
socialismo, attraverso gli orrori della guerra.
Si è anche detto che con quegli istituti diminuiva la produzione. Affatto;
la produzione non è diminuita per quegli istituti, sibbene per quei fatti
generali economici e psicologici che non sono specifici delle nostre
campagne, ma anche di tutte le industrie e di tutti i paesi dove si è avuta
una diminuzione di produzione.
Ammetto dunque tutti gli abusi e tutti gli inconvenienti; ma. in una
società civile. si cerca di eliminarli con i migliori mezzi, e con l’educazione
proletaria.
L’Agraria, no! L’Agraria organizza la violenza, provoca la violenza, la più
sfacciata violenza perché essa è costituita dalla più arretrata parte della
borghesia, quella che. per salvare la sua borsa, sarebbe anche contenta di
lasciar perire lo Stato, perché nulla le importa ali’infuori di quello che è il
suo profitto, e il suo guadagno immediato. (Commenti - Rumori al centro e
a destra).
Gli stessi boicottaggi, le stesse multe (delle quali specialmente si è fatto
in questi giorni un can can, riproducendo delle lettere sui giornali che
credono di troncare la questione), non vogliono dir nulla.
Per i nostri patti agricoli un padrone ha l’obbligo di impiegare tanti
contadini. Spesso contravviene e li respinge; allora la Lega giustamente
domanda che sia pagato ugualmente, sotto forma di multa, ciò che il
padrone non ha pagato ai contadini per il loro lavoro. È logico; è
l’esecuzione di un contralto. (Interruzioni - Rumori).
La multa è la conseguenza della mancata esecuzione di un contratto
privato stabilito tra le due parti con l'assistenza dei prefetti. E voi.
organizzatori dell’ordine, voi costituzionali, vi rifiutate di pagare e per non
pagare organizzate la violenza privata dentro lo Stato!
E i boicottaggi? Anche questi possono essere stati qualche volta male
usati, ma non sempre; non si fraintenda. Un padrone non osserva i patti,
non impiega il numero dovuto di contadini. Che cosa delibera allora la Lega?
Non vi darò più mano d’opera! Quest’i, di solito, il boicottaggio, giusto ed
entro l’orbita della legge. (Interruzioni - Rumori - Commenti).
Onorevoli colleghi, vent’anni fa il boicottaggio colpiva una famiglia di
lavoratori, e quella famiglia era costretta a morire perché non poteva
lavorare e vivere; venti anni fa i nostri lavoratori emigravano a torme dal
Polesine, e andavano all’estero, perché le vostre Agrarie, arretrate in civiltà,
in educazione e in produzione agricola, non li volevano impiegare; allora il
boicottaggio era un’arma lecita, poiché la libertà economica dello Stato
consentiva al padrone di negare salario e lavoro al contadino, ma non vuol
oggi consentire al contadino di negare le sue braccia al padrone! (Applausi
all’estrema sinistra).
Le Agrarie di Rovigo e di Ferrara si sono riunite nei passati giorni (sempre
per dimostrare il fondamento economico, e di classe, non la ritorsione e la
violenza che è in queste agitazioni) per progettare come era possibile
rompere il patto, e proclamare la serrata nel rodigino e nel ferrarese: e a
questo
scopo
dovrebbe
servire
anzitutto
l’intimidazione
fascista,
e
l’organizzazione degli episodi violenti!
Oggi si rinnova, onorevoli colleghi, sotto altro aspetto, più tangibile e
immediato. la stessa lotta che ha fatto tremare le nostre campagne venti
anni fa.
Allora quello che noi domandavamo, e che ottenemmo, era il diritto
potenziale di organizzazione. Anche allora, da parte capitalista si negava la
facoltà del proletariato di organizzarsi, e in una battaglia appoggiata
dall’onorevole Giolitti forse per manovra politica (perché non ho mai
supposto in lui direttive in materia sociale) fu battezzato il diritto di libertà.
Oggi è la stessa battaglia: allora per il diritto potenziale, oggi per
l’esercizio reale del diritto di organizzazione. E siccome l’esercizio reale
dell’organizzazione offende. intacca i profitti capitalistici, ecco più forte che
mai l'insurrezione dell’Agraria ecco il movimento dei fasci.
Lo Stato democratico ha proclamato che dentro le sue leggi, dentro la sua
struttura costituzionale, ogni progresso delle classi lavoratrici è possibile.
Questo si ripete ma sembra non essere più vero. Poiché c’è qualcuno che lo
nega, c’è l’Agraria che lo nega; e mi giova citare qui le precise parole del
“Giornale d’Italia": «nelle sfere ufficiali si è ancora alla concezione arcaica,
ed insieme fra ideologica ed umanitaria. che dà ai lavoratori il diritto di
organizzazione e di sciopero».
Questo è il punto, onorevoli colleghi. Non si combatte contro singoli
episodi di violenza, non s. reagisce contro l’atto di un mal pensante, di un
delinquente, ma si vuole agire sullo Stato perché sia negato il diritto di
organizzazione e di sciopero ai lavoratori!
Quando la libertà economica giovava alla classe borghese perché il
proletariato non era organizzato, allora si esaltava la libertà, e si diceva che
era la panacea di tutti i mali: oggi che il proletariato, per mezzo della libertà
e delle proprie forme di organizzazione. intacca i profitti capitalistici. la
libertà viene negata e viene proclamata la violenza contro di essa.
(Approvazioni a sinistra).
Ed ecco come l’Agraria, assai più che l’industria (perché gli industriali si
manifestano alquanto più furbi ed intelligenti degli agrari) ecco perché
l’Agraria protegge il fascismo, ecco perché il fascismo nasce e si sviluppa
nella zona dove il capitalismo viene intaccato. Il capitalismo aggredito nella
borsa, diventa una bestia feroce!
Ma non solo le conquiste della libertà di organizzazione; anche le
conquiste
amministrative
e
politiche
del
proletariato
si
vorrebbero
annientare.
«A Ferrara, a Rovigo e a Bologna il proletariato rivolge le proprie forze
non solo
alla
conquista
economica,
ma
anche alla
conquista
delle
amministrazioni, dei mandati politici, delle opere pie» dice il “Giornale
d’Italia”.
Ecco un altro pericolo, ed un altro fondamento della jacquerie borghese di
laggiù. Non si vuole che le amministrazioni socialiste funzionino. Basta che
accada in una città il minimo fatto di violenza, anche ad opera di persone
che non appartengono ad organizzazioni politiche, perchè l’Agraria e gli
industriali insorgano a
chiedere che le amministrazioni comunali si
dimettano!
Quelle amministrazioni che due mesi fa hanno avuto sette o ottomila voti
di maggioranza sopra il blocco avversario, si dovrebbero immediatamente
dimettere in nome della democrazia, del diritto di maggioranza, e dei vostri
principi costituzionali.
Ma perché si odiano tanto le amministrazioni comunali socialiste? Perché
esse hanno anzitutto organizzati i consumatori contro gli esercenti e gli
intermediari borghesi che speculavano.
Perché le amministrazioni socialiste non somigliano per nulla alle
amministrazioni borghesi della fine della guerra e ai vostri commissari regi,
onorevole Corradini14, i quali saldavano indecentemente i bilanci comunali
con debiti a carico dello Stato, con la vostra autorizzazione.
Alla fine della guerra, quando tutta l’economia nazionale era sconvolta, e
14
Camillo Corradini (1867-1928). deputato liberale nella XXV e XXVI legislatura. Era
sottosegretario agli Interni.
quando le entrate non coprivano più le spese, alle vostre amministrazioni
moribonde deste la facoltà di far debiti, cosicché tutto il peso ricadde sulle
nuove elette. Or devono le amministrazioni socialiste provvedere a codesto
sbilancio? E provvedono con tasse sui signori. Ma costoro preferiscono di
armare il falsino, poiché pagare non vogliono! (Applausi all'estrema sinistra
- Interruzioni – Rumori al centro).
Avete ragione di protestare, voi popolari, che vi opponete perfino al
vostro Governo quando emana gli ordini di disarmo; voi, cristiani, che
dovreste presentare l’altra guancia, voi stessi sottoscrivete le mozioni
contro il disarmo. Voi vedete che in quelle regioni la rivoltella è diventata il
pane quotidiano, perfino dei bambini; ma voi insorgete contro il disarmo...
Potremmo
se
mai,
lagnarci
noi
del
disarmo,
perché
sappiamo
classisticamente che tutte le leggi sono applicate dalla borghesia a suo
favore; perché voi avete l’organo applicatore delle leggi nelle vostre mani;
perché sappiamo che resteranno armati gli ufficiali e gli ex-ufficiali, i quali
pur formano il grosso delle bande fasciste; perché al contadino, tolta l’arma
che possiede, non gliene rimane altra, mentre ciascun fascista o agrario ha
dietro di sé il rifornimento della forza pubblica e del regio esercito!
Ma anziché noi, partito di rivoluzione, vi lagnate voi, partito di
conservazione, e voi cristianissimi del centro. (Interruzioni - Commenti Rumori al centro).
Ora. le responsabilità non le assumete; ma consigliate o provocate i fatti
che accadono; badate a quello che fate! (Commenti).
La sorpresa, la non abitudine delle nostre masse a codesta lotta malvagia
e barbarica della violenza episodica (Rumori a destra), ha disorientato le
nostre organizzazioni. Lo scompiglio di esse è proprio determinato dal fatto
che ad esse manca l’abitudine della barbarie. (Approvazioni all’estrema
sinistra - Rumori).
Ma se voi continuerete, non voi avrete la conservazione, non noi la
rivoluzione, ma si sarà, purtroppo, creata la guerra civile, e la dissoluzione
del Paese. (Rumori - Interruzioni).
E vengo alla seconda premessa del nostro sillogismo: l’azione del
Governo.
Il Governo presume di essere qualche cosa al di fuori e al disopra delle
classi, tutelatore dell’ordine pubblico ecc. Noi invece affermiamo, in precise
parole, che il Governo dell’onorevole Giolitti e dell’onorevole Corradini è
complice di tutu codesti fatti di violenza. (Segni di diniego dell'onorevole
presidente del Consiglio).
LOLLINI15. Non è reo confesso, ma è reo convinto!
GIOLITTI, presidente del Consiglio dei ministri, ministro dell’Interno. Non
lo crede neanche lei! (Si ride).
LOLLINI. Non lo avrei detto se non lo credessi!
MATTEOTTI. L'onorevole Giolitti l’altro giorno, alla presentazione della
nostra mozione si è schermito, dicendo: qui non si tratta affatto di
complicità del Governo. Si tratta che l’una e l’altra parte vuole asservirsi il
Governo.
No, onorevole Giolitti, in questo momento, l’abilità parlamentare è
perfettamente inutile. Codesto vostro giuoco, in cui siete abilissimo e
sperimentatissimo campione, non vale in questo momento.
La questione è molto più semplice. Noi non vi domandiamo nulla!
Anzitutto non ci fideremmo di un servitore come voi che sarebbe sempre
infedele. Non chiediamo nulla. È la falsità giornalistica che va dicendo che
noi chiediamo ali’onorevole Giolitti la protezione. (Interruzioni - Commenti a
destra).
Noi desideriamo soltanto di sapere con precisione da voi che dite di
essere il rappresentante della legge uguale per tutti, il repressore di ogni
violenza, se veramente lo siete e se potete esserlo. Noi vi dimostriamo a
fatti che tale non siete e non potete essere. Ecco i fatti.
Quando un atto di violenza è commesso dai lavoratori rossi, la
repressione è immancabile. Per i fatti di Bologna e di Ferrara sono centinaia
e centinaia di leghisti e socialisti arrestati.
Voci a sinistra. E gli altri no? (Rumori all'estrema sinistra).
MATTEOTTI. Sempre la solita storia. Ma voi assumete la responsabilità del
fascismo?
CODA16. Viva i fasci di combattimento! (Vivaci apostrofi, rumori alla
15
Vittorio Lollini (1860-1924), deputato socialista nella XXI, XXV e XXVI legislatura. Nel
gennaio 1922 rimase gravemente ferito a Capua in seguito ad un’aggressione fascista.
estrema sinistra - Commenti). ■.
PRESIDENTE. Onorevole Coda, non interrompa. Facciano silenzio, onorevoli
colleghi.
MATTEOTTI. Finalmente abbiamo trovato uno che si dichiara responsabile
delle bande armate, degli incendi, delle violenze. (Interruzioni a sinistra).
CODA. Contro gli assassini ed i teppisti sì! (Rumori vivissimi alla estrema
sinistra - Apostrofi del deputato Pagella17).
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, non interrompano!
MATTEOTTI. Siamo lietissimi che finalmente si sia trovato qualcuno, che
abbia il coraggio di rivendicare la responsabilità del fascismo, e speriamo
altresì che i Gruppi, ai quali questi deputati appartengono, rivendicheranno
anche la loro responsabilità collettiva con gli atti del fascismo. (Vivi rumori Commenti al centro e a destra).
CAPPA. Contro gli assassini, sempre! (Vivi rumori all'estrema sinistra).
PRESIDENTE. Onorevole Cappa, la prego di non interrompere.
MATTEOTTI. Ritorno al Governo. Vi sono a Bologna ed a Ferrara centinaia
di arrestati, mandati di cattura, perquisizioni contro i nostri compagni. Si
tenta perfino dalla vostra magistratura e polizia di risalire, attraverso le vie
più sottili e lontane di complicità, fino a responsabilità indirette inafferrabili,
quando si tratta di violenze compiute da lavoratori.
Ma quando si tratta dei propositi pubblicamente manifestati da quella
organizzazione che vuole le bande armate, che predica la giustizia privata,
che affigge manifestini annunzianti la morte del tale e del tal’altro, che
minaccia le rappresaglie contro la tale e la tale altra organizzazione; quando
si tratta di tutto questo, la vostra autorità non esiste. Non si vede un solo
atto in Bologna, dopo parecchi mesi da che queste violenze si esercitano,
contro codesta organizzazione. E noi non ve lo domandiamo, onorevole
Giolitti; sappiamo che voi dovete esserne il complice inevitabile.
Si arriva a fatti di questa specie: una ragazza porta un garofano rosso; è
privata violentemente del garofano; essa risponde con un doveroso schiaffo
sulla guancia del fascista; la questura si precipita ad arrestare la ragazza.
16
Valentino Coda (1881-1921), deputato nella XXV e XXVI legislatura. Si iscrisse al
gruppo parlamentare di Rinnovamento e poi a quello fascista.
17
Vincenzo Pagella (1879-1944), deputato socialista nella XXV e XXVI legislatura.
(Rumori - Commenti).
Ma se è minacciato o assalito quel miserabile essere che è un deputato
socialista, allora nessuno si muove. Grande scorta d’onore: l’onorevole
Corradini in queste cose è irreprensibile: trecento carabinieri! Trecento
carabinieri, quando di là non ci sono che duecento giovincelli fascisti, contro
i quali basterebbero poche guardie di buona volontà per disperderli e
metterli a posto. Eppure in mezzo alla sua scorta d’onore il deputato
socialista è percosso, bastonato; ma nessuno dei fascisti è arrestato,
neanche momentaneamente; nessuno mai. onorevole Corradini!
GIOLITTI, presidente del Consiglio dei ministri, ministro dell'Interno. Ma ve
ne sono molti in carcere!
MATTEOTTI. Ma non per questo, mai! Quelli che entrano alla Camera del
lavoro di Ferrara sono perquisiti; quelli che entrano alla sede del fascio,
mai! (Interruzioni).
L’incendio della casa Donati e della Camera del lavoro di Modena era
stato preannunziato al vostro prefetto di Modena parecchie ore prima che si
compisse; e fu compiuto, assistendo la forza pubblica!
All’incendio della Camera del lavoro di Bologna assistevano due tenenti
colonnelli, carabinieri e guardie, in numero eccedente di gran lunga quello
degli assalitori, onorevole Giolitti! Ma non si muovono. L’ordine è di non
muoversi.
Il portone della Camera del lavoro di Bologna impiega mezz’ora quasi a
cedere, a cadere, prima che gli incendiari entrino; la forza pubblica assiste;
assistono i tenenti colonnelli, assistono le guardie di pubblica sicurezza, ma
nessun fascista, nessuno di coloro che vanno ad appiccare l’incendio, è
arrestato; onorevole Giolitti, smentite se potete!
Poi
vengono
i
pompieri;
arrivano per
spegnere
l’incendio,
opera
d’umanità per le famiglie che stanno attorno; si inveisce; la forza pubblica,
che pure è affollata nella piazza a cinque minuti di distanza, ancora non
interviene. Onorevole Giolitti, smentite!
Il “Messaggero” racconta che a Firenze «la valanga dei fascisti non si
lascia intimorire dal maresciallo dei carabinieri che si trovava fin dal
pomeriggio nella tipografia». È naturale. Può un maresciallo dei carabinieri
intimorire i fascisti?
E quando al questore di Bologna vanno gli addetti alla Camera del lavoro
per denunziare i mobili mancanti, il questore risponde: «Sono ragazzate!».
Nelle stanze della questura sta una macchina da scrivere, sorpresa nelle
mani di coloro che hanno incendiata la Camera del lavoro: il questore
restituisce la macchina ai proprietari, ma non sa, poverino, da chi sia stata
consegnata! (Commenti).
Quando da Ferrara partono dei camions di fascisti armati, nessuno li
ferma per vedere se sono in regola col fisco, che vuole che i camions non
portino persone. I camions scorrazzano, dicono tutti i giornali, non sono
fermati. Li segue soltanto un compiacente seguito di camions di carabinieri:
scorta d’onore! Regolarmente; lo dicono i vostri giornali. Io tutto questo lo
posso documentare con i vostri giornali.
Arrivano i fascisti nel paese, sparano per aria, lanciando grida e invettive.
Qualche contadino stupido, perché questa è la parola che dobbiamo dire,
risponde con un vecchio fucile alla follia di questa gente; e i carabinieri sono
pronti allora a precipitarsi. e arrestano tutti i capo lega, i lavoratori del
paese; poi entrano insieme, lo dice la "Gazzetta Ferrarese”, fascisti e
carabinieri, insieme asportano registri, timbri, tavoli e oggetti, ci si
trattengono insieme fino a tarda notte, e tutta la farsa o la tragedia si
svolge nell’idilliaco consenso fra la forza pubblica e la violenza fascista. Così
a Porta Zamboni, a Bologna, dove i carabinieri servirono per perquisire le
case di coloro che si erano difesi.
Lo stesso carabiniere che a Porta San Paolo di Ferrara, una sera sparò un
colpo di rivoltella verso un gruppo di sei persone, che cantavano
l’«Internazionale». lascia passare contemporaneamente un carro di fascisti,
che, a lumi spenti, entra in città cantando l’inno della vendetta, della
rappresaglia.
Più ancora: ex-ufficiali ed ufficiali in divisa (non c’è, mi pare, il ministro
della
Guerra18),
partecipano
alle
spedizioni
fasciste
regolarmente,
continuamente.
Vi sono dei vice-questori, che conosco di nome e di vista, e dei
18
Ivanoe Bonomi.
commissari che sono conosciuti come amabilissimi frequentatori dei locali
dove bande armate si organizzano. Il colonnello comandante del distretto
militare di Ferrara è un ispiratore dei fascisti riconosciuto, e si presenta
come tale.
Dopo ogni atto di violenza, così come dopo l’incendio della Camera del
lavoro di Bologna, si svolgono colloqui amichevoli tra i capi del fascismo,
che si vantano di aver compiuti quegli atti, e le autorità, i questori e i
prefetti. Io non accuso, racconto.
Ho potuto vedere, e con me ha potuto vedere lo stesso segretario della
Camera del lavoro di Bologna, agenti dell'ordine, ufficiali che andavano ad
avvisare le organizzazioni fasciste di quello che da parte nostra si faceva,
affinché si regolassero c iniziassero le rappresaglie, o andassero ad
asportare quegli oggetti, che dovevano essere asportati.
A Bologna, dopo l’incendio della Camera del lavoro, i dirigenti ed i
segretari delle leghe si avviano alla vecchia Camera del lavoro per
riprendere
le
file
della
loro
organizzazione,
e
la
trovano
occupata
militarmente, mentre coloro che hanno eseguito l’incendio si riuniscono c
celebrano la festa dell’incendio pubblicamente.
Alle vittime dell'incendio, ai padroni della casa, è proibito di rientrare nei
loro locali. Ma di notte, assistendo la forza pubblica, possono entrare
liberamente gli altri ad asportare quegli oggetti, che nella notte precedente
non avevano potuto asportare!
Mentre parte il vaporino Bazzano-Imola. i fascisti (raccontano sempre i
giornali borghesi ). sparano contro quel vapore che contiene degli operai.
Dodici carabinieri ed un maresciallo sono sul vapore; smontano, fingono di
inseguire i fascisti i quali hanno ferito gravemente due operai, ma nessun
fascista è arrestato e nessun procedimento è iniziato.
Si diffondono foglietti, di cui ho qui qualche esemplare, senza indicazione
di stamperia, ove si minaccia rappresaglia, morte e vendetta contro gli
amministratori, contro il deputato tale, contro i leghisti, ecc. Sono distribuiti
pubblicamente, nessun carabiniere, nessuna guardia ne impedisce la
distribuzione, nessun agente dell’ordine cerca di riconoscere da dove
vengano, nessuno s’interessa, e sui muri, sulle cantonate si predica la
vendetta con manifesti, anche firmati, senza che le autorità intervengano in
alcun modo.
E cosi potrei continuare, egregi colleghi, per lungo tempo.
Vi ho detto questi fatti, non per sollecitare alcuna protezione, alcun
castigo, alcun rinforzo... Dio me ne guardi: sarebbe ridicolo e vano.
Noi esponiamo lo stato di cose tale e quale le nostre popolazioni han
potuto fin troppo rilevare.
Può anche darsi (voglio momentaneamente ammetterlo) che voi siete
impotenti a dare ordini alle vostre autorità. I vostri prefetti si mostrano a
noi con la taccia del fantoccio impotente; ma i vostri agenti mostrano la
faccia dei manutengoli più spudorati. (Approvazioni all'estrema sinistra).
Ora. badate! Il sillogismo si conclude.
La classe che detiene il privilegio politico, la classe che detiene il
privilegio economico, la classe che ha con sé la magistratura, la polizia, il
Governo, l’esercito, ritiene sia giunto il momento in cui essa, per difendere il
suo privilegio, esce dalla legalità e si amia contro il proletariato.
Il Governo (come ò dimostrato dai fatti accennati) e soprattutto le sue
autorità, assistono impassibili e complici allo scempio della legge.
La giustizia privala funziona regolarmente, sostituendosi alla giustizia
pubblica, ed è giustizia sommaria. Dopo mezz'ora d'un racconto magari
inventato, si esercita la rappresaglia anche contro chi non è responsabile.
È dunque una burla - pensano i lavoratori - Io Stato democratico che
dovrebbe assidersi sulla definizione della legge per tutti. Non è dunque vero
quello che i democratici hanno detto, che cioè dentro la costituzione è
possibile qualunque sviluppo delle classi lavoratrici, qualunque sviluppo del
proletariato! E i semi della violenza frutteranno; frutteranno largamente.
Il lavoratore che ha vista incendiata la Camera del lavoro, cioè la casa
che egli possiede in parte, che ha costruito in parte, pensate voi che possa,
nella sua ignoranza e nella sua primitività, non coltivare un pensiero di
vendetta verso la casa dei signori che hanno ordinato freddamente la
distruzione della sua?
Credete voi, onorevoli colleghi, e non vorrei che rispondeste coi soliti
schemi, colle solite risa, ma consideraste seriamente lo stato delle cose,
credete veramente che codesto seme diffuso largamente, non dovrà fruttare
rappresaglie contro le bande armate e lanciate sulle vie d'Italia? Non
pensate che questi lavoratori che si sono visti assaliti per le strade perché
hanno un distintivo, perché appartengono alle leghe, coltiveranno un
pensiero di vendetta contro il padrone che passa per la strada, che va alla
sua casa, che circola per il paese? Pensateci, onorevoli rappresentanti della
borghesia capitalista!
Se l’Agraria imperversa oggi perché è inverno, perché avrebbe piacere
della serrata, perché avrebbe piacere di non pagare più i contadini; se gli
industriali medesimi pagherebbero volentieri qualche cosa per liberarsi di
una parte degli operai in questo momento critico; pensate voi. che i
lavoratori più umili e più ignoranti e per questo più rozzi, che sentono la
conseguenza del sentimento represso, violato, pensate voi che non possano
coltivare
sentimenti
di
vendetta;
per
il
momento
in
cui
le
messi
biondeggeranno nei campi e il raccolto tornerà alle campagne? (Applausi
all'estrema sinistra).
Non pensate voi. onorevoli colleghi, non pensate voi classi dirigenti, parte
più intelligente della classe borghese, che in questo momento la mina è
posta, non alle organizzazioni dei lavoratori, ma alla produzione e alla
stessa vita nazionale?
Potete pensare che l’organizzazione dei lavoratori che è un fatto
immanente, fuori dei nostri sforzi, si possa distruggere cosi? Non avete
pensato che tutta questa semente lanciata a piene mani dal fascismo, anche
nelle
province
dove
meno
c’è
stato
esempio
di
violenza,
avrà
inevitabilmente i suoi frutti?
Noi abbiamo lasciato pochi giorni fa quei paesi dopo aver riunite le nostre
organizzazioni, dopo essere andati anche di notte, per sottrarci alla
vigilanza
delle
vostre
spie,
onorevole
Corradini,
in
mezzo
alle
organizzazioni. Noi abbiamo detto loro: state calmi; non rispondete alle
violenze. Lo abbiamo ripetuto in tutti i toni. Ci siamo fatti offendere a
sangue dai nostri laboratori. Abbiamo avuto accuse di viltà. Accuse che ci
hanno offeso più che non quella della vostra stupida stampa. Ci hanno detto
vigliacchi il giorno stesso in cui noi più di tutti avevamo sentito ribollire il
nostro animo contro la violenza avversaria. Ma nonostante tutto, abbiamo
detto: non bisogna reagire. E ci siamo imposti, anche con la violenza, ai
nostri compagni.
Abbiamo preso per le spalle qualcuno dei più violenti e dei più pronti alla
rappresaglia e abbiamo detto: se qualcuno di voi si abbandona alla
rappresaglia, sarà allontanato dalle organizzazioni. Noi andremo a Roma.
Aspettate. Colà dovremo discutere civilmente di questo nostro stato di cose.
Noi domanderemo in Parlamento conto di questi fatti, domanderemo se il
capitalismo
assuma
la responsabilità
del fascismo, domanderemo al
Governo se assume la responsabilità completa delle sue autorità e dei suoi
agenti.
Ma se non ci si risponderà, se la risposta delle classi dirigenti sarà
equivoca o insufficiente, o se, nonostante le parole di affidamento,
continueranno i fatti, perché questa è la cosa più probabile e ciò sta
avvenendo da troppo tempo, allora, se continueranno i fatti, e se continuerà
codesta vostra piccola controrivoluzione, che prepara la guerra civile, io vi
dico: badate che l’esasperazione è al colmo, badate che anche la nostra
autorità sulle masse ha dei limiti, al di là dei quali non può andare.
Non domandiamo nulla. Vi abbiamo descritta la situazione quale è laggiù,
quale abbiamo visto, quale sentiamo profondamente. Credetemi, onorevoli
colleghi, voi dite che amate la patria. Ebbene pensate se. per la
irraggiungibile
chimera
degli
agrari
di
distruggere
le
organizzazioni
proletarie, voi non abbiate a lanciare il Paese
nella guerra civile e nella miseria.
Per conto nostro, mai come in questo momento abbiamo sentito che
difendiamo insieme la causa del socialismo, la causa del nostro Paese e
quella della civiltà. (Vivi. applausi all'estrema sinistra).
NEL POLESINE
Riprendere la storia documentata delle violenze agrario-fasciste nella
Provincia di Rovigo, al punto in cui si fermarono i mici accenni del 10 marzo
alla Camera1, non è cosa semplice.
Poiché quello che fin allora sembrava ancora episodio staccato e
singolare, per quanto ripetuto, doveva poi diventare la cronaca di ogni
giorno e di ogni piccolo Comune, moltiplicandosi all'infinito nelle forme più
fantastiche che il crudele medioevo o il più inumano regime coloniale
abbiano potuto inventare.
Nello stesso giorno in cui io mi avviavo tranquillamente con un cavallino a
un convegno in Castelguglielmo. e trovavo invece allineati sulla piazza
duecento armati che sparavano come pazzi e mi catturavano perché non
consentivo a rinnegare né cose dette né pensieri, a Adria andavano invece a
sfondare, alle tre di notte, la porta dell’abitazione del cav. Canilli. colpevole
di aver adempiuto con zelo i suoi doveri di Segretario comunale anche con
la nuova Amministrazione socialista. A forza, c mentre le rivoltelle
incutevano il dovuto terrore alla moglie in istato delicato c alle piccole figlie,
era caricato egli pure su di un camion, portato alla sede del Fascio di
Padova, sequestrato colà per due giorni e poi abbandonato in piena
campagna.
Quasi nello stesso tempo anche a Contarina si comincia a forzare e
invadere le case di notte, a perquisirle coll'intimidazione delle rivoltelle,
caricando sul camion le persone (per esempio un certo Franzoso) c poi
abbandonandole legate a qualche albero nella campagna.
E da allora, borgata per borgata, passa la distruzione, la minaccia, il
terrore per tutti i 60 piccoli Comuni del Polesine. A uno a uno. nel breve
volgere di due o tre settimane, essi sono invasi di giorno da turbe di
centinaia di forsennati, che bastonano chiunque è loro indicato come
socialista dagli agrari locali, penetrano nei locali, distruggono il mobilio e
asportano oggetti; di notte, a gruppi, con la maschera e i moschetti,
Fascismo. Inchiesta socialista sulle gesta dei fascisti in Italia, Milano. Libreria Editrice
Avanti!, 1922, pp. 16-22 (seconda edizione aggiornata).
1
Cfr. Violenze nel Polesine.
sparano a mitraglia per le strade o lanciano bombe, entrano nelle case di
chiunque faccia parte dell'Amministrazione comunale, di una Lega di
resistenza, di una Cooperativa o simili e. tra il terrore indicibile delle donne
e dei figli, minacciano, violentano, estorcono dichiarazioni, impongono cose
vergognose, o costringono a fuggire disperatamente per la campagna.
In tal modo le organizzazioni non possono più riunirsi, le Case del Popolo,
gli Uffici di collocamento divengono inabitabili per il pericolo immediato di
incendio e di morte. Le stesse riunioni imposte dalla legge divengono
oggetto di violenza: una Giunta comunale riunita è comodo pretesto per un
gruppo di delinquenti per entrare nel Municipio a imporre dichiarazioni
ignominiose, pena la violenza immediata sul posto o quando i radunati
rincaseranno.
Il
Consiglio
comunale
di
Ramodipalo,
tranquillamente
radunai») per deliberazioni ordinarie, vede invasa improvvisamente l'aula
da forsennati sopravvenuti in camions. è forzato a sciogliersi, e i consiglieri
devono passare ad uno ad uno tra la doppia fila degli energumeni
bastonatoli. Gli Assessori di un Comune presso la Marina sono catturati in
camions e portati, tra gli insulti c le minacce di morte, tino a duecento
chilometri di distanza, sugli altipiani alpini! Degno ricambio alle violenze dei
bolscevichi di Rovigo, che avevano inaugurato il loro Consiglio comunale
regalando un mazzo di garofani bianchi alla minoranza assessoria.
In un’ultima riunione quasi clandestina degli amministratori degli enti
locali e dei dirigenti le organizzazioni dei contadini, io predico ancora una
volta di non insorgere. di non resistere, di lasciarsi battere, per la civiltà. Ma
invano, poiché un funerale, una bandiera, un nastrino, una cravatta, un
gesto, una minima cosa è sufficiente pretesto per le cosiddette spedizioni
punitive o per le esplosioni selvagge di violenza.
Le autorità tutte, dal Prefetto alla P.S.. dai Comandanti dei Carabinieri ai
Pro-curatori del re. assistono impassibili. Il Prefetto si dichiara impotente.
Tutto passa impunito, e la legge vale esclusivamente contro l'ultimo
contadino che. torturato, osi ribellarsi.
***
Distrutta così ogni tessitura di vita civile, isolato ogni Comune dall’altro, e
ogni lavoratore dal suo vicino; la lotta agraria è anche perduta, i contadini
chiedono a uno a uno il lavoro ai padroni, e la Camera del Lavoro di Rovigo,
già invasa e distrutta nelle sue cose materiali, si scioglie nei primi giorni di
aprile.
Cessava quindi la ragione prima della violenza. Ma non bastava.
Rimanevano ancora dei piccoli centri, nei quali, se la lotta economica era
stata perduta, lo spirito era però rimasto fieramente allo; e anche tutti gli
altri luoghi, se la massa era terrorizzata, rimaneva tuttavia profondamente
fedele nell'anima al Partito che da più di trent'anni in quella terra aveva
insegnata la conquista civile.
Quindi contro i primi si organizza e si scaglia ancora la spedizione più
feroce, accuratamente preparata c combinala eventualmente con i signori
Comandanti i Reali Carabinieri. Nei secondi invece si costituisce e si arma,
dopo la prima terrorizzazione generale, il gruppetto locale di agrari e di
studentelli, che assolda un paio di delinquenti o disertori, indigeni o
importati, e con questi alla testa mantiene lo stato di terrore e di schiavitù
della popolazione, ripetendo quotidianamente la bastonatura, l’invasione
domiciliare, la mascherata notturna, le sevizie.
Del primo tipo è per esempio l'assalto a Granzette, minuscola frazione a
due chilometri da Rovigo. Prima, per alcuni giorni, ripetuti assaggi dei
carabinieri, con perquisizioni ai lavoratori e alle loro case, invasioni di
sorpresa alla Casa del Popolo, ecc. Poi i briganti: appuntamento notturno di
tutte le squadre armate della Provincia, assalto combinato alla Lega c alle
case private. Nessuno si sogna di resistere: ma il terrore c la violenza
penetrano in ogni famiglia, presso ogni letto: c si bastona e si distraggono
mobili, alimenti, bevande, lune le piccole ricchezze della comunità, e si
appiccano incendi. Manca soltanto la vittima designata a coronare l’impresa:
il capolega. Ah! quei vigliacchi di capilega non si lasciano più seviziare e
uccidere in un letto, dormono randagi sotto un albero o in fondo a un
arginello! Va bene, li sostituiranno i vicini di casa; spari contro la vecchia
madre, che apre la finestra ma trema di aprire la porta; invasione,
distruzione, bastonate al povero Masin che stava calzandosi e va a
raggomitolarsi ferito sul letto. A rivoltellate lo finiscono. Vittoria!
La moglie è inebetita, ammalata. Una bambina tenerissima è morta per lo
spavento. Che importa? Sulle grida terrificanti con le quali i masnadieri
chiamano le vittime e incitano se stessi a essere più barbari, e sui singhiozzi
dei martoriati, sale ormai il grido della vittoria. Per la civiltà, eia, eia.
A Bottrighe è invece un attacco combinato con la forza pubblica. A Porto
Tolle, sull'estremo della riva del Po. una azione strategica: una puntata,
finta ritirata, imboscata, assalto generale di carabinieri c fascisti riuniti, con
emozionante caccia all’uomo e tiro al volo. A Bergantino conquista
improvvisa della piazza, tra bombe e moschetti; il piccolo proprietario
contadino vede la sua casa invasa, bruciata la rimessa, uccisi il bove e
l'asino nella stalla, distrutto il mobilio, sfregiati i ritratti dei parenti morti.
Qualcuno preavvisato, riesce a fuggire per le finestre; Stefanoni si rifugia
nelle Valli veronesi, perviene nel Vicentino: trova un maresciallo, gli
racconta di essere inseguito dai fascisti: quanto basta perché il maresciallo
lo arresti, lo tenga in carcere otto giorni, e poi lo rimandi con foglio di via a
Bergantino... a farsi massacrare dagli amici fascisti. Il disgraziato si rifugia a
Padova; la figlia corre i raggiungerlo; ma dietro di casa il camion delle belve
apprende il suo rifugio, supera i cento chilometri di distanza e, nella città
medesima, all'angolo di una via. lo sorprendono. lo portano via.
Ma peggio ancora dell'episodio straordinario è la vita vissuta quotidiana,
divenuta ormai normale in ogni piccolo comune rurale. Il tipo più criminale
del luogo è tenuto il despota. I socialisti, cioè i contadini e gli artigiani, cioè
gli otto decimi .iella popolazione, sono gli schiavi. Contro di essi tutto è
possibile, tutto l'immaginabile. specialmente in cene zone rivierasche del Po.
Il gruppetto dei despoti può intimare di rientrare in casa alla tal'ora. di non
farsi vedere in piazza, di uscire da un negozio. di presentarsi anche dieci
volle al giorno al Fascio, di girare con una corda al collo, di dipingervi la
faccia, di firmare dichiarazioni obbrobriose, di non parlare con la data
persona o di non salutarla. La consegna delle bandiere rosse (cosi come
prima le dimissioni delle Amministrazioni comunali) è stata estorta con le
sevizie e le torture più fantastiche, materiali e morali.
Il salvacondotto della settimana rossa, o i lasciapassare di Bucco2, sono
qui la norma, per esempio su tutta la via da Occhiobello a Ficarolo.
E le sanzioni contro lo schiavo sono infinite: dalla privazione del lavoro e
dalla fame, alla bastonatura a morte davanti alle donne e ai figli: dalla
denudazione alla legatura al palo o al lancio nelle acque del Po.
La vita cosi è divenuta nelle campagne un obbrobrio o un martirio. Sono
centinaia i fuggiaschi costretti ad abbandonare le famiglie e a cercare requie
e lavoro a Milano, a Venezia, sul Piave: alcuni tentano di imbarcarsi per
l'America, maledicendo...
Ad Ariano è rimasto invece Ermenegildo Fonsatti. operoso, buono, vero
amico. Chiuso in se stesso, mutilato del polmone e mutilato dell'anima,
dopo la distruzione dell'organizzazione e deH'amministrazione. Le belve
andarono di notte, divise in gruppi, alle diverse case. Con le solite minacce
d'incendio, fecero scendere lui sulla strada, conscio del martirio, perché non
vedessero i figli. Lo bastonarono fin che tu morto. Dopo morto ancora gli
spararono addosso.
Così voleva accertare il medico dottor Sevesi. e allora anche il medico fu
bastonato a sangue; mentre un altro gruppo sorprendeva, bastonava e
lanciava nel Po un altro amico suo. il Celeghini.
Quanti morti: e dei migliori!
Quanti feriti o malmenati; forse quattro o cinquemila!
Quante case devastate, incendiate: più di trecento!
Quante altre perquisite o invase nel terrore delle famiglie; forse più di
mille!
Le donne stesse bastonate a sangue nelle loro case, come la signora
Eletti, che all’onda prepotente degli invasori ripeteva intrepida: Viva il
Socialismo!
***
In tale regime di vita, mettete anche la lotta elettorale. Per i Partiti
2
Ercole Bucco, deputato socialista nella XXV legislatura. Nel 1920, come segretario
della Camera del lavoro di Bologna, si era distinto durante la vertenza agraria per la forte
radicalizzazione impressa alle lotte bracciantili.
dell'ordine dovrà essere un trionfo.
Sequestrata tutta la nostra stampa. Proibito alla tipografia di stampare il
nostro settimanale. Intercettato l’’“Avanti!”, con minacce ai rivenditori o
addirittura con imposizioni agli Uffici postali. Di comizi o manifesti non si
parla. Pacchi di schede, spediti per ferrovia, per posta, per carretto, a
mano, o in bicicletta sono tutti sequestrati.
E sequestrati i portatori, come quei due giovani padovani. Menato e
Zanovello. che tentano portare nel Polesine una valigetta di schede;
perquisiti e sottoposti a interrogatori estenuanti, poscia caricati su un
camion, trasportali di qua e di là nella notte, e chiusi per ultimo in una
stanzetta di 2 x 3 metri, con gli occhi bendati notte e giorno, sulla paglia,
mentre gli aguzzini si divertono ogni qual tratto a sparare loro accanto o a
discutere di qual genere di tortura farli perire. Il Prefetto dopo quattro giorni
rassicurava le famiglie che i giovanotti stavano bene.
Perquisite tulle le case dei più noti socialisti per ritrovarvi le schede.
Ridotti a letto a furia di bastonate Bellini, Ruzzante, Fintello, il mutilato
Bonafin di Lendinara. e infiniti altri, affinché non si potessero muovere. Le
notti del venerdì e sabato, bombe e spari a migliaia per terrorizzare. E
decine e decine di nostri buoni compagni, banditi addirittura dalla Provincia
per decreto dei Fasci, almeno fin dopo le elezioni.
Impedite perfino le pratiche legali, sequestrato e minacciato il nostro
coraggioso delegato della lista Belluco. Quasi tutti i nostri rappresentanti di
seggio, intimati a non presentarsi o violentati, come il Lenoni e il Franchi.
Un giovane ardimentoso, decorato al valore e mutilato. Germani3, che tentò
per tre volte da Padova di entrare nel Polesine per compiervi le funzioni
elettorali prescritte dalla legge, fu replicatamente fermato, impedito e
bastonato, fra l’altro da un condannato per diserzione, che egli riconobbe e
che pretendeva di insegnarli l’amor patrio!
Ad Arella nella notte, tre compagni vanno a trovare i fratelli Ferlin.
nascostamente. per avere la scheda socialista. Gli agrari se n’accorgono,
circondano la casa; vogliono entrare a forza; uccidono con una rivoltella il
Ferlin. Il fratello come un leone si difende con un coltello e ferisce due degli
3
Giuseppe Germani (1896-1978). medico. Nel 1932 venne condannato dal Tribunale
Speciale per il tentato espatrio clandestino della vedova Matteotti e dei suoi tre tigli.
assalitori; il giorno dopo arrivano sul posto i camions della rappresaglia:
case, bestiame, mobili dei contadini, tutto distrutto, ucciso, incendiato, in
nome della produzione nazionale. Così almeno mi è stato riferito perché la
stampa tace.
Dopo le elezioni, lacera la violenza?
Ah! no. La minaccia era questa: se nel paese si troveranno più di tanti
voti socialisti, tutte le case dei colpevoli saranno messe a-ferro e a fuoco. E
a Polesella, a Borsea ed altrove, sono a centinaia i bastonati, i martorizzati.
i banditi dalle loro case, perché colà furono troppi i voti socialisti.
Passano i giorni. Ma la schiavitù dei lavoratori nel Polesine deve
continuare intera, perfetta. C’è qualche bandito che passa di paese in paese
a dare lezioni di delinquenza. E ancora ieri sera il piccolo Pozzati di Cà
Vernier veniva legato mani e piedi ad un albero e bastonato.
Le Autorità, il Governo, la Giustizia, assistono complici spudorati. E tutta
la stampa vigliaccamente tace; non parla mai del Polesine, perché non vi
può trovare neppur l’ombra della provocazione socialista o dell’agguato
comunista.
L’ORA DEI GIOVANI
E solo un consiglio va dato ai giovani. Quello di essere giovani - di non
essere abili - di non diventare precocemente vecchi c prudenti!
C'è già tanta gente prudentissima intorno, quando la prepotenza trionfa,
che non v'è proprio bisogno di predicare la prudenza. Ci sono sempre tante
schiene ricurve sotto il dominatore, che non v'è proprio bisogno di insegnare
la pieghevolezza.
Ah sì, è vero: quando i lavoratori tornarono dalla trincea, memori dei
tormenti e delle promesse, e per le strade invidiarono i nuovi arricchiti,
urlarono troppo, minacciarono troppo, esagerarono; fu necessaria la predica
della misura, della moderazione. della calma. Ma la predica che continuava
e persuadeva, mentre la reazione avversaria si scatenava accusando di viltà
chi repugnava dalla guerra civile: la predica che continua dopo che la
lezione dei fatti e l'espiazione troppo a lungo e duramente si sono infitte
nella povera carne tormentala; quella predica non ha più ragione di
insistere. Assomiglia troppo a quella forma di viltà, ch’è in uso oggi presso i
rivoluzionarissimi, secondo la quale il Governo attuale è uguale a tutti gli
altri governi borghesi...
SI. noi dobbiamo riconoscere e ripetere: alle maggioranze liberamente
esprèsse, il diritto di governare, di dettare leggi c di difendersi dalle
minoranze faziose che tentassero sopraffarle. Stolta è la lusinga di redimere
il proletariato con la conquista violenta e con la dittatura dei pochi che
presumono averne la investitura.
Ma. appunto in correlazione a tale riconoscimento, che per noi ò
fondamento di vita civile, un'altra cosa oggi importa: il diritto delle
minoranze all’esistenza e alla propaganda civile.
La disconoscono i prepotenti armati di moschetto e digiuni di conoscenza
e di civiltà, che oggi comandano. Non osano più di rivendicarlo gli oppressi,
che temono per sé, per le loro famiglie, per il loro salario, per la loro
tranquillità.
Tocca ai giovani rivendicarlo, con energia, con dignità, con fierezza, con
“La Libertà”, Milano, a. 1. n.3, 1° febbraio 1924. p.1.
sacrificio, con pericolo!
Sacrificio inutile - diranno i prudenti - perché i dominatori hanno gli
strumenti della forza, e gli oppressi sono inermi. Sacrificio utile - diciamo
noi - perche tutte le grandi cause della civiltà hanno dovuto avere prima le
loro vittime, i loro martiri, gli inutili eroi, che hanno aperto gli occhi c la
strada agli altri.
Conviene girare «abilmente» la posizione - dicono ancora i prudenti - non
prendere di fronte l'avversario formidabilmente armato, ma cercare di
avvicinarlo, di rabbonirlo, magari di conquistarselo.
No, no. i giovani no. non saranno mai «abili»! Essi sentono tutto lo schifo
e l'obbrobrio di una situazione come quella italiana, nella quale tra i capi del
pentolone fascista la lotta è scatenata... per conquistarsi l'anima di
Mussolini; nella quale tra i capi delle democrazie, del liberalismo e del
clericalismo, la lotta divampa... per essere benevolmente considerati come
amici del fascismo.
No, no, i giovani una cosa solo sentono oggi: che il respiro è stretto alla
gola, perché non v’è più libertà - che non la scienza e la competenza
domina, ma la brutalità del bastone.
E i giovani odiano la prepotenza. Essi non tollerano che l'Italia debba
essere sempre governata dal bastone: sia esso quello di Radetzky, sia esso
quello di Mussolini. Essi sono convinti che anche il loro paese è un paese
civile, e può essere governato come gli altri paesi civili.
Essi non sopportano codesta stigmate di inferiorità nazionale. E tanto
meno sopportano che in una Nazione moderna vi siano ancora due classi
diverse di cittadini: i dominatori fascisti, con tutti i diritti, compreso quello
dell'impunità per assassinio - e gli iloti che non possono né muoversi, né
pensare.
Anche se materialmente essi subiscono tale stato di cose la loro mente, il
loro sentimento vi si ribellano. Anche se la violenza cessa dall'essere atto,
essi sentono che è in continuo stato di potenza, e domina con la paura e col
terrore.
E per i primi, in prima linea, appena possono, come possono, vogliono
rivendicare il diritto di vita, di pensiero, di parola, di cittadinanza.
Vogliono essi, che sotto ogni altro riguardo sono disposti ad apprendere
dagli altri, vogliono essi in questa materia dare a tutti l'esempio della
dignità umana, che invincibilmente risorge e chiama intorno a sé tutti gli
oppressi dal privilegio politico c dal privilegio economico.
LA SITUAZIONI ELETTORALE
Il Partilo socialista unitario ha presentato le sue liste, forse voterà, avrà
magari dieci o dodici deputati nel futuro parlamento; ma non per questo
accredita la finzione elettorale, cui guarda con sdegnata mortificazione.
L'elezione vorrebbe essere il mezzo per conoscere ed attuare la sovranità
del popolo, quindi il momento più alto della libertà e della dignità di una
nazione. Invece il fascismo la dichiara come il più «trascurabile» e
«sgradevole episodio». Esso rivendica continuamente anche nei discorsi del
Capo del governo, di essersi costituito «al di fuori di tutti i partiti e del
parlamento» e di non rinunciare mai a tale sua posizione. Esso dichiara - nei
discorsi di Mussolini - di porre a vigilare i seggi elettorali la Milizia annata
fascista, anche se essa è esclusa dalla legge, e promette «piombo» a chi
volesse abolito quel corpo costituito senza una legge.
Se
qualunque
altro
partito
o
coalizione
potesse
per
avventura
raggiungere una maggioranza contro il fascismo, non avrebbe altro da fare
che dimettersi immediatamente, come è avvenuto ad alcune poche
amministrazioni comunali che sono state elette in contrasto col fascismo.
Niuno ha assicurato con chiarezza agli elettori italiani la piena libertà del
voto, ed il rispetto di quello, qualunque fosse per esserne, il risultato.
Nessuno. Nessuno la garantisce, sebbene, a delta del fascismo, mai come
ora lo Stato sia forte e temuto.
Certo vi sono nel fascismo coloro che vorrebbero ritornare alla legalità.
Ma sono in maggioranza coloro che la negano risolutamente, per principio e
per netta affermazione antidemocratica. E tra i due rimane arbitro il
presidente del Consiglio, il quale desidera che all’estero appaia una
sembianza di legalità, ma che all'interno permanga se non la violenza in
alto, una violenza potenziale, una minaccia «contro coloro che furono
generosamente risparmiati dal fascismo nella marcia su Roma», perché
solamente così il fascismo ha una maggioranza e può mantenere il potere,
contro tutti i malcontenti. (Vedi "Gerarchia" fascista).
Il ritornello ò questo: «La rivoluzione fascista è in alto - essa continua nei
“La Giustizia”, a. XXXIX. n.78, 30 marzo 1924. p.1.
suoi sviluppi - guai a chi la tocca».
Per ciò stesso il Partito socialista unitario non considera queste elezioni
che come una fase della violenza fascista alla quale non è possibile resistere
con l'arma legale del voto, che è a priori spezzata ed avvilita.
***
È superfluo, al punto in cui siamo, documentare questa situazione. In
molli luoghi i candidati (uno dei quali fu ucciso) non possono circolare nel
collegio nonchè stabilmente dimorarvi. Da altri luoghi, chi vi abitava fu
bandito. Parliamo degli unitari, e si può dire altrettanto degli altri partiti di
opposizione.
I comizi? Fa eccezione, tosto confermata... dalla regola, il discorso Turati
a Torino; in espiazione. 8 giorni dopo Gonzales1 era impedito di parlare e
percosso a Genova. Per il discorso Amendola, tenuto in breve cerchio
d’amici, vi fu la mobilitazione delle camicie nere di Campania; Bonomi parlò
in un banchetto privatissimo, e vigilato con cospicuo apparato di forze.
Giornali? Manifesti? Taluni si stampano; non c’ò (e questo è il peggio)
una legge proibitiva. Ogni gruppo locale può vietare, o bruciare, o
«misurare» la stampa d'opposizione. D’altronde le tipografie rifiutano esse,
per legittimo timore di danni, di stampare le nostre pubblicazioni, come gli
attacchini professionali rifiutano affiggerle; come i proprietari di locali non li
concedono ai comizi.
Non parliamo della condizione dei singoli elettori, nelle campagne e nei
piccoli centri; gran parte delle limitazioni ch’essi patiscono alle loro libertà,
restano ignote perché essi hanno anche il dovere di tacerle dopo averle
subite!
Sarebbe ridicolo obiettare che anche in altri tempi vi furono violenze
elettorali, e che anche oggi vi sono casi di violenze contro i fascisti. I pochi
casi di vendetta personale, inutile e disperata, sono doppiamente puniti, dai
tribunali dopo e dai fascisti prima, con rappresaglie, incendi e violenze al
cento per uno: mentre i fascisti sono tutti impuniti, anzi esaltati.
1
Enrico Gonzales (1882-1965), deputato socialista unitario nella XXVI e XXVII
legislatura.
Violenze elettorali nel 1919? Il fatto è che nessun ricorso elettorale per
violenze fu presentato nel 1919 contro i socialisti che pure erano in
minoranza. Si ebbero solamente episodi tumultuari nei pubblici comizi, di
indole affatto occasionale, non preorganizzati. L’unico che in quella
occasione assoldò un corpo armato di legionari. fu Mussolini. E nel 1921. i
soli che ebbero le elezioni invalidate e annullale per violenze, furono ancora
alcuni deputati fascisti, che oggi il presidente del Consiglio rielegge.
Ma oggi la violenza è «sistema» della fazione dominante, senza neppure
la possibilità della denuncia e del ricorso, perché l'Autorità è al servizio del
Partito che è anche Governo, e a la Giunta delle elezioni sarà in grande
maggioranza fascista.
E codesto «sistema» non è valso nemmeno a togliere di mezzo gli altri
più miti e fraudolenti di Governi precedenti. F. per il meridione, meno
accessibile alla violenza abbiamo visto in pochi giorni pubblicati tanti
Decreti-Legge di Lavori Pubblici fino alla somma di un miliardo in dieci anni
(vedi "Gazzetta Ufficiale", marzo 1924); per Roma vediamo il convegno dei
Sindaci fascisti, a spese dei Comuni e delle Ferrovie dello Stato; per le
Società
Industriali
commerciali
c
bancarie
vediamo
spontaneamente
imposta là tassa del 2 per cento di capitale azionario a favore del fondo
elettorale fascista; per i preti c i vescovi vediamo, in tempo elettorale,
raddoppiate o quasi le rendite a carico dello Stato, da quello stesso Partilo
fascista che ieri proclamava, in linea di principio. I'««abolizione delle mense
vescovili come spesa parassitarla».
***
Quando noi concentriamo le nostre critiche su questa pregiudiziale della
libertà, ci si risponde chiedendoci un programma.
Il Partito socialista unitario non abbisogna di nuovi programmi. Per primo,
tre anni fa. alla Camera l'on. Turati presentava un programma di
ricostruzione economica dell'Italia 2, che allora un giornale fascista chiamava
2
Si riferisce al discorso pronunciato da Turali alla Camera il 26 giugno 1920. Pubblicato
sulla "Critica Sociale”, il testo dell'intervento fu poi raccolto in un opuscolo col titolo Rifare
l'Italia (Milano. Lega Nazionale delle Cooperative. 1920).
mirabile: due anni fa il sottoscritto stendeva la Relazione al bilancio
dell’entrata, con un dettagliato programma tributario; mentre Treves e
Modigliani in numerose occasioni delineavano la nostra politica estera,
ribadita nei convegni internazionali a difesa della pace c del nostro Paese; e
mentre la Confederazione del lavoro elaborava il programma sindacale.
Anche oggi noi riaffermiamo come pregiudiziale la necessità di un regime
rappresentativo. espresso dalle libere maggioranze. Quindi anche oggi, ci
proporremmo l'assoluto pareggio del bilancio fuor delle spese straordinarie
di guerra, anche di contro ai pessimismi giolittiani; e vorremmo l'istruzione
elementare e popolare assicurata a tutti gli italiani che oggi ne sono privi;
un'istruzione media e superiore rigorosamente selezionatrici dei migliori,
non dei più ricchi: una grande politica di lavori pubblici coordinala a lini
nazionali di produzione agricola c industriale: una leva militare brevissima
con istruzione post- e premilitare generale, e la difesi» del Paese fondata
sulla preparazione economico- industriale; lo sviluppo dei liberi sin-dacati
operai, fino ad avere capacità di assumere e condurre le aziende
nell'interesse di tutta
la
Nazione,
col
controllo
dei consumatori:
il
rafforzamento c completamento della Società delle Nazioni contro tutti gli
imperialismi...
Ma. mette conto di esporre alcun programma di fronte a un Governo che
professa di averne uno solo: tenere il potere; di fronte a un Partito che non
ha altro pensiero che quello che sorge via via dalla mutevole mente del suo
Capo? Che valgono i programmi, di fronte a un Partito al governo, che ieri
diceva tassazione onerosa dell'eredità, e oggi l’abolisce: che ieri domandava
la revisione dei contratti di guerra. e subito poi l'ha soppressa? Di fronte a
una parte che ti risponde: «Noi siamo la Nazione, tutti gli altri sono
antinazionali, quindi noi soli abbiamo il diritto di comandare»? Che elezioni
sono queste, dove i 390 candidati eletti da Mussolini, neppure vi sanno dire
sicuramente se essi vorranno o no riformare la Costituzione, e mantenere o
no le prerogative del Parlamento, ecc.?
Codeste non sono le elezioni.
Il Partito socialista unitario vi ha partecipato esclusivamente, perchè i
suoi dirigenti non possono confondersi nella marea dei fuggiaschi e delle
schiene ricurve davanti al dominatore.
Ma non può parlare di una sua attività elettorale, non può parlare
seriamente di elezioni.
Unico
logico
atteggiamento,
abbiamo
già
detto,
sarebbe
stata
un’astensione generale.
Ma fu primo il Partito comunista a rompere la possibilità di un accordo, e
gli oscillanti massimalisti (osto lo seguirono.
Il fascismo trova nel suo avversario, che gli somiglia, un naturale alleato.
Se il Comunismo non ci fosse, il Fascismo lo inventerebbe, perché esso è
il pretesto alla sua Violenza c alla sua Dittatura: esso ò lo spettro, di fronte
al quale le classi medie e produttrici subiscono la violenza c la dittatura
attuali.
I due sistemi oligarchici si giustificano e si «tengono» a vicenda tino a
quando il popolo italiano lavoratore, come ogni altro popolo civile, non
acquisterà dignità e forza sufficiente, per negare ad essi l’arbitrio di
dominare e di opprimere, e per rivendicare a sé il proprio diritto di
decisione, secondo la volontà delle maggioranze liberamente espresse.
IL VIBRANTI- SALUTO DEL SEGRETARIO
DEL PARTITO SOCIALISTA UNITARIO1
Salutiamo con viva solidarietà la gioventù italiana che leva la bandiera
della libertà.
Essa sola, nella purezza dell'ideale e nell'ingenuità dell’azione, può. deve
resistere alla violenza organizzata a sistema.
Essa non può tollerare che l’Italia, sola di tutte le grandi nazioni civili, sia
ritenuta ancora incapace d'altro governo che quello della dittatura.
Dalle Università che rivendicano la loro autonomia scientifica; dai Comuni
di dove la tradizione italica ha cacciato il Commissario del dominatore, dai
campi
e dalle
officine
dove
si
tenta
di
ribadire
l'antica
schiavitù,
raccoglietevi tutti, o giovani, in un solo pensiero.
Non basta la casa e il pane.
Il primo pane è la libertà.
Ad ogni costo, o giovani, dobbiamo riconquistarla all'Italia.
“Libertà". Milano, a. 1, n. 1. 1° gennaio 1924. p.2.
Messaggio di Matteotti al Comitato nazionale della federazione giovanile socialista
unitaria.
1
* Da Scritti sul Fascismo, a cura di S. Caretti, 1983, Pisa, Ed. NistriLischi pp. 44-60, 93-97, 300-301, 318-321, 375
Scarica

Scritti sul Fascismo - Fondazione di studi storici "Filippo Turati"