1/03
MARZO 2003 – sped. in abb. post. - trimestrale - 70% - P.T. Vicenza Ferrovia - tassa riscossa - taxe perçue - Italia
2003-1
INDUSTRIA VICENTINA
INDUSTRIA VICENTINA
Dove
nascono
libri
IL
PAESE
DEI i BALOCCHI
In
provinciaGIOSTRE,
ci sono imprese
che
GIOCHI,
TRENINI,
si occupano di “far nascere i libri”.
PELUCHE E GIOCATTOLI:
Stampandoli o mettendo loro
ECCO L’INDUSTRIA
il “vestito della festa”
DEL DIVERTIMENTO
AriaVALLE
di AltoINCANTATA
Vicentino
LA
Sull’asse
Thiene-Schio-Valdagno
C’È
UN POLO
DELLE FORGE vive
un vicentino su tre. Gli orientamenti
DENTRO
LA VAL D’ASTICO
e gli umori di un’area che cerca
E UN’INDUSTRIA CHE VIVE
occasioni per lavorare in squadra
PROTETTA DAI MONTI
Ecco Samorin, per esempio
QUANTE BELLE ITALIE
Vicenza guarda alla Slovacchia:
ILVO
DIAMANTI COMMENTA
a Samorin un “parco tecnologico
LA
MAPPA DIdiUN’ITALIA
e industriale”
aziende vicentine
CHE
GIRA A PIÙeVELOCITÀ
della meccanica
dell'elettronica
NOVECENTO VICENTINO
A colloquio con Fernando Bandini,
UN
SECOLO DI ARTE
nuovo presidente dell'Accademia
IN
MOSTRA
Olimpica,
daGRAZIE
150 anni punto di
ALLE
COLLEZIONI
PRIVATE
riferimento
per la cultura
vicentina
La nuova Accademia
Rilanciare la
competitività
N
CORSIVO
vità”: dell’Italia,
ella mia vita di “Il concetto al centro dei
della regione, della
imprenditore,
provincia, delle imè la prima volta che miei anni di presidenza
prese. Mai come in
mi capita di vedere dell’Associazione - dice
questo momento
una situazione così
Valentino
Ziche,
nel
avremmo bisogno
instabile, senza aldi un sistema istitucun strumento per chiudere il suo mandato zionale efficiente,
capire cosa succeè stato quello
stabile, coeso, di
derà domani. Non
ruoli chiari e definiappena si crede di della competitività”.
aver messo sotto controllo un problema, ti, e di un progetto-Paese da perseguire
ne emerge uno di nuovo da un’altra con coerenza e fermezza.
parte del pianeta. Di una cosa siamo La crescente e temibile concorrenza deltutti certi: la ripresa economica, attesa la Cina, un’economia mondiale a rischio
da tempo e spesso invocata, va rinviata recessione, la crisi dell’idea di Unione
Europea e la fragilità del Sistema Italia:
di almeno un anno.
La fiducia è oggi la vera risorsa che questi sono i componenti dello scenario
manca, ma senza una forte iniezione di con il quale dobbiamo fare i conti.
fiducia il compito di riavviare l’econo- Se questo è il contesto, quali sono le
scelte da fare? Occorre creare le condimia sarà una missione impossibile.
In un simile scenario, denso di ele- zioni che consentano alle imprese di
menti negativi, l’Italia si presenta in crescere e all’Italia di essere più compeuna condizione di debolezza e di fragi- titiva. Occorre irrobustire i legami denlità: economica, politica, istituzionale. tro l’Unione Europea. C’è poi una terza
Ancora prigioniera di un groviglio di area di scelte che concerne il mondo
questioni che si trascina da decenni e produttivo: oggi le imprese per avere
successo devono porsi almeno quattro
sono tuttora irrisolte.
Sulla vulnerabilità del nostro Paese han- obiettivi strategici: consolidare la preno puntato l’indice i principali organismi senza internazionale, adottare strumenti
internazionali. Tutti ci hanno invitato ad finanziari più sofisticati, far crescere le
intervenire rapidamente sui fattori che competenze manageriali interne e renpesano sul nostro futuro, a cominciare dere più efficiente la loro organizzazione, collaborare con altre aziende ed endallo smisurato debito pubblico.
Rispetto agli altri stati europei, siamo trare a far parte di reti di imprese.
meno attrezzati per affrontare le turbo- Il programma realizzato dalla nostra orlenze globali, e più rigidi e lenti nel co- ganizzazione nel corso del mio mandato
gliere le opportunità di ripresa. In breve, ha preso lo spunto da questa analisi,
con l’obiettivo di fare tutto il possibile
soffriamo di un deficit di competitività.
Se c’è un concetto sul quale ho sempre per migliorare la competitività del terriinsistito, e che è stato al centro dell’a- torio e delle imprese.
zione associativa negli ultimi quattro
Valentino Ziche
anni, è proprio quello di “competitiPresidente Associazione industriali di Vicenza
1
SOMMARIO
INDUSTRIA VICENTINA
Pubblicazione promossa dal Comitato provinciale per la piccola
industria dell’Associazione industriali della provincia di Vicenza.
Direttore responsabile
Stefano Pernigotti
Coordinatore editoriale
Stefano Tomasoni
Hanno collaborato
Ilvo Diamanti, Maurizio
Mascarin, Filippo Nani;
Gianmaria Pitton,
Progetto grafico
Patrizia Peruffo
Stampa
Tipografia Rumor S.p.A.,
Vicenza
Pubblicità
Oepi, Verona
Editore
Istituto promozionale
per l’industria srl
Piazza Castello, 3 - Vicenza
Anno ventiduesimo Numero 1.
Marzo 2003
Una copia E 4,00
Registrazione Tribunale di
Vicenza n. 431 del 23.2.1982
Questo numero è stato stampato
in 4.000 copie.
È vietata la riproduzione anche
parziale di articoli e illustrazioni
senza autorizzazione e senza
citare la fonte.
FOTOGRAFIE
Archivio Associazione industriali
pag. 7, 9, 12, 13, 14, 31, 33, 35,
60, 61; Archivio Fiam Utensili 5,
10; Archivio Gruppo Lego 16, 18,
19, 20, 21, 22, 23, 24, 25; Archivio Gruppo Mastrotto 11; Archivio
Lafer 39; Archivio Luisa Silvestri
bandini 46, 47, 48; Archivio Maurizio sangineto 50, 51, 52; Archivio Officine Munari 40; Archivio
Primultini 36, 37; Archivio Riccardo
Grotto 42, 43, 44; Archivio Ronda
38; cesare Gerolimetto 28, 34;
Paolo Tomiello 26, 30, 32; Studio
Dcr & Associati 58, 59; Volume
“Carosello vicentino” di Walter
Stefani (edizioni agorà) 54, 55, 56.
Copertina: Gruppo Lego
CORSIVO
1 Rilanciare la competitività
Marano prosegue nella tradizione di famiglia,
per produrre macchine e impianti per la lavorazione del legno.
di Valentino Ziche
FOCUS
5 Ecco Samorin, per esempio
Vicenza guarda alla Slovacchia: l’Assindustria
ha un accordo con la città di Samorin per realizzare in quell’area, poco distante da Bratislava,
un “parco tecnologico e industriale” di aziende
vicentine della meccanica e dell'elettronica.
di Stefano Tomasoni
ARGOMENTI
10 Hai un'idea? Mettila in Borsa
È stata lanciata dalle associazioni industriali del
Triveneto e si chiama “Borsa delle Idee”: vuole
favorire l'incontro tra imprese e inventori, lanciare nuove idee e promuovere ricerca e innovazione.
12 Formazione in forma
Passano per il Vicentino i due progetti più importanti che Confindustria sta lanciando nel
campo della formazione: l’alternanza scuolalavoro e il club delle imprese formative.
di Stefano Tomasoni
14 Lorenzo Maggio direttore dell’Associazione
Dal 1979 ad oggi ha diretto il servizio commercio estero.
VICENZA PRODUCE
16 Là dove nascono i libri
All’interno del mondo variegato dell’industria
della stampa, c’è, nel Vicentino, una serie di imprese che si occupa di “far nascere i libri”. In
vario modo, stampandoli o mettendo loro il “vestito” finale attraverso la fase della legatoria.
di Gianmaria Pitton
ITINERARI INDUSTRIALI
26 Alto Vicentino, un terzo di provincia
Sull’asse Schio-Thiene-Valdagno vive un vicentino
su tre. Dalle voci di Ilvo Diamanti e dei rappresentanti locali degli industriali, ecco gli orientamenti e
i problemi più sentiti in un’area che cerca sempre
più occasioni per lavorare in unione di intenti.
di Ilvo Diamanti, Fliippo Nani e Stefano Tomasoni
IMPRESE
36 I tagliatori del legno
A ottant’anni dalla nascita, la Primultini di
38 Scultura d'impresa
Si può sposare l’amore per la propria azienda
con forme di mecenatismo artistico particolari. I
casi della Lafer di Schio e della Ronda di Zanè.
di Stefano Tomasoni
40 Prodotti trattati bene
I 35 anni delle Officine Munari, l’azienda di
Zanè che costruisce impianti e macchine per il
trattamento e la verniciatura delle superfici.
PERSONAGGI
42 Il tastierista dei Genesis
Riccardo Grotto, imprenditore conciario di Arzignano, fa parte di un complesso musicale
con due originalità: suona solo musica dei mitici “Genesis” ed è nato via internet.
di Maurizio Mascarin
SOCIETÀ E CULTURA
46 La nuova Accademia
Intervista a Fernando Bandini, nuovo presidente dell’Accademia Olimpica, istituzione che
da 150 anni è un punto di riferimento per la
cultura vicentina.
di Maurizio Mascarin
50 Missionari nella rete
Avviata dalla diocesi vicentina un’iniziativa
unica nel suo genere: un portale internet dedicato alle missioni diocesane beriche nel mondo. Un progetto unico nel suo genere.
54 Casa Ricordi
I ricordi della Vicenza degli ultimi cinquant’anni
nelle parole di Walter Stefani, testimone di un’epoca e autore del libro “Carosello vicentino”.
di Maurizio Mascarin
58 Segni del Novecento
A Vicenza una mostra dedicata ai disegni, ai libri
illustrati e alle incisioni che fanno parte della donazione Neri Pozza alla fondazione Cini di Venezia.
RUBRICHE
60 Assoflash
63 Osservatorio
Ecco Samorin,
per esempio
FOCUS
5
Vicenza
guarda alla
Slovacchia:
l’Assindustria
ha siglato un
accordo con la
città di Samorin
per realizzare
in quell’area
un “parco
tecnologico e
industriale” di
aziende
vicentine della
meccanica e
dell’elettronica.
U
na firma, una stretta di mano e via.
Vicenza guarda alla Slovacchia – per
la precisione alla città di Samorin – per
dare inizio ad un nuovo modo di concepire l’internazionalizzazione delle aziende e
la diffusione del tessuto imprenditoriale
vicentino in paesi di crescente interesse.
L’Associazione industriali di Vicenza ha
siglato un protocollo d’intesa con il Comune di Samorin, in Slovacchia, per la
realizzazione in quell’area di un “parco
tecnologico e industriale” destinato ad
ospitare nel prossimo futuro un gruppo
di aziende vicentine dei settori della
meccanica e dell’elettronica. Si tratta
del primo accordo in Italia tra un’associazione di imprenditori e una città straniera per portare imprese italiane a “fare distretto” in paesi esteri.
L’accordo è stato firmato a Vicenza
dal presidente dell’Associazione, Valentino Ziche, e dal sindaco di Samorin, Karoly Domsitz.
“L’idea – spiega Valentino Ziche – è
quella di esportare il modello industriale dei distretti all’origine del successo del Nordest. In pratica vorremmo
cercare di duplicare in un altro contesto alcune delle filiere della nostra economia, e favorire l’insediamento di imprese collegate fra di loro da processi
di produzione complementari, da rapporti di subfornitura”.
Lo stimolo per avviare questa iniziativa
è venuto dalle imprese dei settori metalmeccanico ed elettronico dell’Associazione. Settori il cui sviluppo è oggi limitato dalla scarsità di manodopera specializzata e di aree industriali.
Le ragioni della scelta
di Samorin
Dopo una lunga attività di analisi la
scelta è caduta sulla Slovacchia ed in
FOCUS
6
“L’idea – spiega Valentino
Ziche – è quella di
esportare il modello
industriale dei distretti
all’origine del successo
del Nordest. In pratica
vorremmo cercare di
duplicare in un altro
contesto alcune delle
filiere della nostra
economia, e favorire
l’insediamento di imprese
collegate fra di loro da
processi di produzione
complementari, da
rapporti di subfornitura”.
particolare sulla città di Samorin, che
dista appena una ventina di chilometri
da Bratislava, la capitale del paese, e
una settantina da Vienna. Un’area nel
cuore della mitteleuropa, dunque: in
totale, 750 chilometri da Vicenza, 720
dei quali costituiti da autostrade.
“Le ragioni della scelta di Samorin sono diverse – dice il presidente Ziche –.
Innanzitutto, c’è da tener conto delle
agevolazioni finanziarie importanti che
vanno ad aggiungersi a quelle italiane
ed europee previste per la Slovacchia;
il governo slovacco, ad esempio, può
coprire, con contributi a fondo perduto, fino al 65% degli oneri da sostenere
per l’urbanizzazione delle aree dedicate. Poi, c’è la possibilità di trovare aree
industriali a costo contenuto e capannoni liberi da acquistare o da prendere
in affitto; c’è la presenza in quell’area
di manodopera preparata, in particolar
modo nel campo della meccanica e
dell’elettronica; c’è il basso costo della
manodopera (mediamente un quinto
rispetto all’Italia), ci sono costi dell’energia molto contenuti e ci sono vantaggi commerciali legati al prossimo
ingresso della Slovacchia nell’Unione
Europea e all’accordo (già operante)
d’azzeramento delle tariffe doganali.
C’è infine la posizione di centralità dell’area nel contesto di sviluppo dell’Europa centro-orientale”.
Sulla scelta di Samorin hanno influito
anche l’apertura dimostrata dalle autorità locali che, in questa fase iniziale
del progetto, hanno messo a disposizione cinque ettari di terreno per il
primo gruppo di imprese (una decina)
che ha espresso interesse per avviare
un insediamento produttivo in loco.
In una seconda fase, sarà possibile
contare sulla disponibilità di altri 45
ettari di terreno.
“Siamo stati colpiti anche dall’approccio e dal clima che si respira nella città
– osserva Massimo Calearo, vicepresidente dell’Associazione e promotore
dell’accordo –. Samorin è una città di
provincia proprio come Vicenza. E l’area a disposizione è adiacente al centro
abitato, è servita bene dai mezzi di trasporto pubblico per il trasferimento del
personale e presenta disponibilità energetiche adeguate alle necessità delle
imprese che andranno ad insediarsi”.
Tutti i fattori a favore
della Slovacchia
Fattori tecnici, culturali, produttivi,
politici. C’è dunque tutta una serie di
motivi che hanno portato verso la
Slovacchia e fino a Samorin. Eccoli
più in dettaglio.
7
I fattori tecnici, innanzitutto. Nella
Repubblica slovacca erano concentrati
i complessi industriali dell’ex Unione
Sovietica (in particolare nei settori
della meccanica e dell’elettronica) tecnologicamente più evoluti rispetto agli
altri paesi. Pur avendo registrato negli
ultimi anni un rallentamento negli aggiornamenti tecnologici degli impianti
produttivi, le professionalità reperibili
nel paese sono adeguatamente formate
e possono pertanto essere rapidamente
addestrate per l’utilizzo di più moderne tecnologie che verranno introdotte
con l’avvio di nuove iniziative industriali. Attualmente la meccanica in
Slovacchia occupa circa 130.000 lavoratori (26% dell’occupazione nazionale): le produzioni meccaniche della
Slovacchia spaziano dai mezzi di trasporto (autovetture, mezzi pesanti,
componentistica per autovetture e
mezzi pesanti, mezzi ferroviari, navi,
motori per l’aeronautica), ai mezzi per
movimento terra, alle macchine utensili di piccole dimensioni e di precisione. L’elettrotecnica occupa circa
40.000 lavoratori (8% dell’occupazione slovacca). La tipologia di produzione nell’elettrotecnica è data per il 51%
da macchine ed impianti elettrici, per
il 27% da impianti e apparati radio,
televisivi e di telecomunicazione mentre il restante 22% è rappresentato
dalla produzione di macchine per ufficio, computer, apparati elettronici di
misurazione, apparati per l’automazione di processi di produzione.
Veniamo ai fattori culturali. La specializzazione produttiva e il livello
tecnologico che avevano gli impianti
produttivi della Repubblica slovacca,
hanno indotto in passato a prestare
molta attenzione alla formazione pro-
Qui sopra,
la firma dell’accordo,
tra il presidente
dell’Assindustria,
Valentino Ziche,
e il sindaco di Samorin,
Karoly Domsitz, sotto lo
sguardo di Massimo
Calearo (primo da destra),
vicepresidente
dell’Associazione e
promotore dell’accordo, e
del direttore
dell’Assindustria,
Lorenzo Maggio (in piedi).
FOCUS
8
fessionale della forza lavoro e pertanto
anche attualmente la cultura professionale presenta standard decisamente
elevati rispetto agli altri paesi dell’Est
Europa, e questa professionalità è riconosciuta a livello mondiale, come testimonia la presenza di importanti
gruppi industriali internazionali sia
con propri stabilimenti nel paese che
con accordi di collaborazione con
aziende locali.
Altro fattore importante è la buona
integrazione del paese nel contesto internazionale. La Slovacchia fa già
parte infatti dell’OECD e del WTO ed
è tra i primi paesi candidati all’ade-
I vantaggi specifici
• Contributi erogati dallo Stato slovacco,
nella misura massima del 70%, per l’urbanizzazione dell’area messa a disposizione dal Comune di Samorin
• Un mix di costi più competitivi
• Dinamiche salariali pianificate e controllate
• Economia di distretto simile al quella del
Nordest
• Disponibilità di manodopera qualificata
• Agevolazioni fiscali
• Finanziamenti all’internazionalizzazione
• Linee di credito dedicate
I vantaggi logistici
• Infrastrutture e collegamenti efficienti a
costi competitivi
• Collegamenti all’aeroporto con voli giornalieri verso le maggiori città europee
• Collegamento alla rete stradale e ferroviaria europea, e al sistema di navigazione fluviale.
sione all’Unione Europea e alla Nato.
C’è poi da tener conto della stabilità
politica del paese. La Slovacchia può
contare su una sicura stabilità di carattere politico e macroeconomico con
un rapido sviluppo registrato negli ultimi anni nel comparto industriale, un
sistema bancario allineato agli standard europei e un contesto normativo
sostanzialmente in armonia con gli
standard comunitari.
E infine c’è il fattore legato al basso
costo dei fattori della produzione. Se è
pur vero che il costo della manodopera reperibile in Slovacchia non è tra i
più bassi che si possono riscontrare
nei paesi dell’Est Europa è pur vero
che il rapporto costo/professionalità
della manodopera è tra i più interessanti. Se si limita il raffronto ai soli
paesi confinanti quali Repubblica Ceca, Polonia e Ungheria, la Slovacchia
presenta un costo del lavoro più basso
di almeno il 50%, e analogamente il
costo delle energie quali gas ed energia elettrica si posizionano sul livello
più basso dell’area.
Va tenuto conto, infine, del fatto che
per favorire il diffondersi nel paese di
realtà industriali medio/piccole, le autorità centrali hanno previsto agevolazioni di varia natura sia destinate ai
singoli investitori (sotto forma di crediti d’imposta parametrati agli investimenti realizzati, contributi per nuovi
posti di lavoro creati, contributi per
l’addestramento del personale) nonché
incentivi destinati alle aggregazioni di
imprenditori (sotto forma di contributi
per l’urbanizzazione di aree che vengano destinate ad accogliere insediamenti
produttivi).
9
L’Associazione sarà
al fianco delle imprese
Il “progetto Samorin” prevede il più ampio coinvolgimento della struttura dell’Associazione, per garantire il buon successo della fase di avvio dell’operazione
e, soprattutto, la gestione successiva.
“L’intenzione – spiega Calearo – è di accompagnare le aziende nel disbrigo di
tutte le pratiche legali, amministrative e
finanziarie, e di assisterle localmente attraverso un ufficio distaccato dell’Associazione, in tutti quegli adempimenti richiesti dall’avvio di un’attività industriale. Ci siamo resi conto che uno dei
maggiori ostacoli incontrati dalle piccole e medie aziende venete nel loro processo di internazionalizzazione è rappresentato proprio dalla mancanza di
strutture locali di appoggio. Non è sufficiente delocalizzare le singole imprese,
occorre insieme delocalizzare le Associa-
zioni industriali, e nello stesso tempo ricreare l’ambiente all’interno del quale
quelle imprese sono cresciute”.
Il progetto avviato tra la nostra provincia e Samorin utilizza tutti gli strumenti
che il “Sistema Italia” ha da tempo proposto a supporto dell’internazionalizzazione dell’industria nazionale, cogliendo, tra l’altro, le opportunità offerte
dalle aperture più volte dichiarate, dal
Ministero delle attività produttive e dalla Simest, nei confronti dei progetti diretti ad esportare il modello dei distretti
industriali italiani all’estero.
Per le aziende vicentine tutto questo potrà tradursi in un radicale abbattimento
dei costi d’investimento, combinando risorse nazionali con quelle offerte dalla
Slovacchia, ed anche in più agevoli canali di penetrazione commerciale, nel
cuore dell’Europa centro orientale.
In alto,
foto di gruppo per i
protagonisti del Protocollo
Stefano Tomasoni
di Samorin.
ARGOMENTI
Hai un’idea?
Mettila in Borsa
10
Lanciata dalle
Associazioni
industriali del
Triveneto la
“Borsa delle Idee”
per favorire
l’incontro tra
imprese e
inventori, lanciare
nuove idee e
promuovere la
ricerca e
l’innovazione.
S
i chiama “Borsa delle Idee”, la si trova su internet e servirà a favorire
l'incontro tra il mondo dell'industria vicentino e gli inventori, a trovare canali di
collegamento diretti tra chi produce e chi
inventa nuove soluzioni tecniche e nuovi
prodotti. A lanciarla sono le Associazioni
Industriali del Triveneto tramite nordestimpresa.com, la società di servizi internet costituita appunto dalle Associazioni
Industriali del Nordest. Una delle prime
a partire con la “Borsa delle Idee” è stata
l’Assindustria di Vicenza, che sul sito internet (www.assind.vi.it) mette a disposizione di aziende e inventori uno strumento originale – il primo del genere nel
Veneto e forse in Italia – per promuovere
la ricerca e l'innovazione.
Uno stimolo determinante per la realizzazione della “Borsa” è venuto da Bruno
Mastrotto, l'imprenditore a capo del
Gruppo Mastrotto, che in Assindustria
affianca Giordano Malfermo nel coordi-
namento dell'Area innovazione e qualità.
Con Mastrotto approfondiamo contenuti
e spirito di questa iniziativa.
- Che cos'è e cosa punta a fare la
“Borsa delle Idee”?
“È un servizio che vuole facilitare l'incontro tra domanda e offerta di tecnologia, raccogliendo proposte da sottoporre,
via internet, a imprenditori interessati allo sviluppo di idee innovative. Il servizio
verifica le proposte di nuove idee e invenzioni, inserisce i progetti valutati positivamente in una grande Banca Dati a
disposizione delle imprese, promuove i
progetti presso le imprese associate, supporta le imprese e gli inventori nella realizzazione dei progetti”.
- Insomma, un anello di collegamento tra le imprese e la creatività di
molti privati pieni di risorse e di
idee...
“Certo. La ‘Borsa delle Idee’ mette a
disposizione degli inventori un bacino
enorme di aziende potenzialmente interessate allo sviluppo di idee innovative. Il servizio è rivolto in prima battuta, tramite nordestimpresa.com, alle
imprese associate del sistema confindustriale triveneto e si tratta già di oltre dodicimila aziende. Ciò significa
che tutti i progetti pubblicati in rete
nella Borsa saranno visibili per i primi
sei mesi soltanto alle aziende del nostro sistema associativo. Poi, però, trascorsi i sei mesi, saranno consultabili
anche dalle imprese non associate”.
- Chi gestisce la Borsa delle Idee?
“Le Associazioni Industriali del Triveneto garantiscono la gestione e il mantenimento del servizio tramite la società nordestimpresa.com, e l'attività
di analisi delle proposte tramite la società BEP, che all’interno della Borsa si
occupa dell’analisi e della valutazione
preliminare delle proposte, del contatto con le aziende e della gestione delle
trattative riguardanti il progetto. Nordest impresa.com fa da supervisore del
servizio, curando la gestione del sito e
l’organizzazione del database”.
- Che tipo di proposta può essere inserita nella Borsa?
“La proposta può riferirsi ad un prodotto, un servizio o un processo che sia
innovativa ed originale. Possono essere
anche inserite proposte relative a metodi di risoluzione di problemi, formule o
a know-how in genere che possono trovare un'originale applicazione nel mondo delle imprese”.
- Quanto dev’essere avanzato lo stadio di sviluppo al quale l'inventore
ha portato una certa idea?
“Questo non è importante per l’inserimento della proposta nella Borsa. Una
specifica valutazione preliminare stabilirà quali tipi di interventi e risorse sono
necessari per lo sfruttamento economico.
Nella fase iniziale gli interventi puntano
a colmare le eventuali lacune del progetto, a identificare le sue potenzialità di
sviluppo e le aree di rischio. L’intervento
dipende poi dalla complessità della proposta, dallo stato di avanzamento e dalle
richieste dell'inventore”.
- È necessario che la proposta sia
brevettata?
“No. È importante che sia in qualche
modo innovativa per il contenuto tecnico, il mercato o per altri aspetti ancora, ed esclusiva, nel senso che il proponente deve essere realmente il 'proprietario' dell'invenzione”.
- Un’azienda, o un’organizzazione,
può inserire una proposta nella Borsa delle Idee?
“Certo. Non solo inventori privati, ma
anche aziende, Università e organizzazioni possono inserire la propria
idea e cercare partner con i
quali svilupparla. Uno degli
obiettivi è quello di stimolare
nuove forme di aggregazione
tra le imprese che consentano di sfruttare al meglio
tecnologie promettenti”.
- È già possibile utilizzare la “Borsa”?
“Certo. Perché cominci
ad entrare a regime è
necessario solamente
che arrivino le prime
proposte da parte
degli inventori. Invito chi ha idee da
proporre a farsi avanti
e a contattare la Borsa delle Idee”.
11
Nella foto
Bruno Mastrotto.
ARGOMENTI
Formazione
in forma
12
Partono dal
Veneto e
passano per il
Vicentino i due
progetti più
importanti che
Confindustria
sta lanciando
nel campo
della
formazione: la
cosiddetta
“alternanza
scuola-lavoro”
e il “Club delle
imprese
formative”.
P
artono dal Veneto e passano per il
Vicentino i due progetti più importanti che Confindustria sta lanciando nel
campo della formazione: la cosiddetta
“alternanza scuola-lavoro” e il “Club
delle imprese formative”. A seguire questi due progetti, promossi a livello nazionale e già in fase d’avvio soprattutto in
Veneto, sono due imprenditori vicentini:
Silvio Fortuna, delegato di Confindustria per le attività formative e l’education, e Paolo Bastianello, chiamato dal
presidente di Confindustria D’Amato a
far parte del Comitato tecnico per l’education, presieduto proprio da Silvio Fortuna. Con Bastianello parliamo di queste
due novità su cui il mondo industriale
punta in modo deciso.
– Qual è la “filosofia” alla base di
questi progetti e dell’azione che
più in generale state svolgendo in
tema di formazione e rapporti con
la scuola?
“Si può riassumere nello slogan che Silvio Fortuna ha scelto per comunicare il
nostro obiettivo di fondo: ringiovanire
l’impresa con la formazione. Il nostro
impegno è centrato proprio sui giovani e
sulle imprese. In questo senso si muovono i due progetti che stiamo presentando
in questi mesi, quello sull’alternanza
scuola-lavoro e quello del Club delle imprese formatrici.
– Spieghiamo intanto cos’è l’alternanza scuola-lavoro…
“È un nuovo modo di concepire la cultura e il ruolo formativo dell’impresa.
Non si riduce alla realizzazione di qualche stage, né al solo apprendistato: costituisce una vera e propria combinazione
di preparazione scolastica e di esperienze
assistite sul posto di lavoro, preparate
con la collaborazione delle imprese per
mettere gli studenti in grado di acquisire
attitudini, conoscenze e abilità per l’inserimento e lo sviluppo della loro profes-
sionalità. L’alternanza supera la divisione tra teoria e pratica e ricostruisce l’unità tra apprendimento e vita reale”.
– La riforma Moratti va in questa
direzione?
“La volontà di realizzare un vero sistema di alternanza scuola-lavoro è una
delle novità più interessanti della proposta Moratti. Ora però occorre avviare
una sperimentazione che coinvolga diverse tipologie di scuole e di imprese, sostenuta da un’adeguata campagna di
informazione e orientamento ai ragazzi e
alle famiglie”.
– Qual’è il ruolo delle Associazioni
industriali in questo?
“Quello di collaborare con le scuole
chiarendo quali sono le figure professionali richieste nel territorio, quali le competenze specifiche per ricoprire determinati ruoli e qual è il numero di giovani
che le aziende possono ospitare”.
– C’è un modello didattico ideale di
alternanza formativa?
“C’è una ‘via italiana’ all’alternanza che
va seguita, ed è quella che prevede
un’alternanza più leggera e una più consistente in base al numero di ore da passare in azienda, che lascia grande autonomia alle scuole, procede per moduli,
valorizza le competenze trasversali, colma le carenze dell’attuale sistema scolastico, potenzia la figura del tutor”.
– Non sembra un lavoro semplice…
“Non lo è, infatti. Per avere successo è
necessario che tutti – scuole, imprese e
associazioni, sindacati, enti locali, Ministero dell’istruzione e Regioni – mostrino
di avere finalmente superato le divisioni
e acquisito una cultura della collaborazione. Dobbiamo pensare che a beneficiare di un efficace sistema di alternanza
sono quelle migliaia di giovani
tra i 15 e i 18
anni, quasi un
terzo della loro
classe di età,
che escono oggi dal sistema scolastico
senza diploma né qualifiche spendibili
nel mercato del lavoro”.
– L’altro progetto che con Confindustria state portando avanti è il
Club delle imprese formative. Di
che si tratta?
“Il Club delle imprese formative ha lo
scopo di far emergere il cosiddetto
‘sommerso formativo’ delle piccole e
medie imprese e far crescere il loro investimento in formazione. In Italia le imprese che investono in formazione sono
solo il 24%, contro una media europea
che sfiora il 60%. E questo 24% è fatto
per lo più di grandi imprese. Il fatto è
che le nostre piccole imprese spesso la
formazione, al proprio interno, la fanno,
ma non lo sanno. Dobbiamo far emergere la consapevolezza degli investimenti realizzati di fatto nella formazione del
proprio capitale umano”.
– In che modo?
“Innanzitutto con la cosiddetta formazione ‘on the job’, sul lavoro, per consentire un migliore trasferimento di saperi professionali. L’impresa è per natura un luogo formativo, ma non tutti sanno valorizzare questo aspetto. L’obiettivo
è realizzare un modello che permetta alle imprese di mettere a frutto in maniera
efficace ed efficiente il proprio patrimonio di conoscenze ed esperienze”.
Stefano Tomasoni
Paolo Bastianello,
l’imprenditore vicentino
che fa parte del Comitato
tecnico per la formazione
e l’education, costituito
all’interno di Confindustria.
13
ARGOMENTI
Lorenzo Maggio
direttore dell’Associazione
14
Dal 1979 ad
oggi ha diretto il
servizio per il
commercio estero
dell’Associazione,
funzione che lo
ha portato ad
intrattenere
rapporti di
lavoro con
decine di paesi
in tutto il
mondo.
L
orenzo Maggio è da febbraio il
direttore dell’Associazione industriali. È subentrato a Dino Menarin, ora presidente della Camera di
commercio.
Nato nel 1944 a Montebello, dove risiede attualmente, Lorenzo Maggio si
è laureato in Scienze politiche all’Università di Pavia e si è specializzato in
Economia e diritto del lavoro all’Università “Sacro Cuore” di Milano.
Dal 1979 ad oggi ha diretto il servizio
per il commercio estero dell’Assindustria, funzione che lo ha portato a visitare e a intrattenere rapporti di lavoro
con decine di paesi in tutto il mondo,
oltre che a predisporre direttamente
importanti accordi di collaborazione
con innumerevoli istituzioni estere.
Membro di diverse commissioni
nazionali e di comitati scientifici
di Confindustria, Maggio è il responsabile dell’Area internazionale della Federazione regionale
degli Industriali del Veneto e dell’Unità territoriale per il triveneto
dello Schema di concertazione interistituzionale per la cooperazione
economica, scientifica e tecnica internazionale.
Fra le altre esperienze più significative sono da segnalare l’appartenenza alla task force del Nord Est per
la ricostruzione dei Balcani, la costituzione a Vicenza di un Euro Info
Centre (punto di informazione dei
programmi della Comunità Europea), l’assistenza diretta al processo
di privatizzazione di industrie locali
in alcuni paesi dell’Est Europa.
Uno dei progetti ai quali nell’ultimo
periodo della sua attività come responsabile del commercio estero di
Assindustria Vicenza ha dedicato
molta attenzione, e che sarà una delle
linee guida della nuova direzione, è
l’assistenza alle imprese vicentine nel
processo di affermazione e crescita
sui mercati internazionali. Da segnalare a questo proposito il recente accordo con il comune di Samorin in
Slovacchia, del quale è stato uno dei
protagonisti.
Relatore in Italia e all’estero a molti
convegni su tematiche collegate ai temi del commercio e della cooperazione internazionale, Maggio è autore di
varie pubblicazioni tecnico-scientifiche ed è inserito nell’elenco degli
esperti “senior” dell’Unione Europea
e della Banca Mondiale.
PRODUCE
VICENZA
16
All’interno
del mondo
variegato
dell’industria
della stampa,
c’è, nel
Vicentino,
una serie
di imprese
che si occupa
di “far
nascere
i libri”.
In vario
modo,
stampandoli o
mettendo loro
il “vestito”
finale
attraverso
la fase
della legatoria.
Là dove
A
nascono i libri
Vicenza è mancata la Mondadori. Nel Veronese, com’è noto, la
celeberrima casa editrice e tipografia ha creato un enorme indotto attorno a sé, tanto che oggi il distretto
degli stampatori veronesi è probabilmente leader in Europa per qualità e per sviluppo delle tecniche
stesse di stampa. Nel Vicentino, per
varie ragioni, non c’è stata un’azienda che abbia svolto un ruolo
paragonabile a quello della Mondadori, con il risultato che l’attuale
Sezione carta, grafica e cartotecnica
dell’Associazione industriali è una
costellazione di realtà molto varie,
sia come dimensioni, sia come attività: si va dalla stampa vera e propria alla legatoria, dalla cartotecnica agli imballaggi per gli usi e le destinazioni più diverse.
Le industrie vicentine della stampa
sono quindi un piccolo universo variegato, in grado – nel suo insieme –
di realizzare pressoché qualsiasi
prodotto stampato, ma che difficilmente si lascia ridurre a categorie
generali. Con la consapevolezza di
riuscire a descriverlo solo in parte,
abbiamo scelto un “taglio” particolare: capire quali aziende vicentine
producano libri, oppure si occupino
di una delle fasi del confezionamento di
un libro. Con una premessa: non esistono aziende vicentine che facciano solo libri; tutte le imprese del settore, in misura più o meno consistente, si dedicano
anche ad altri tipi di stampati, vuoi la rivista, vuoi la brochure, vuoi l’opuscolo,
vuoi il dépliant. Di soli libri, detto in
breve, non si vive.
Dai mulini ad acqua
al laser termico
Il nome più antico, quando si pensa al
libro vicentino, è quello della famiglia
Rumor. Il capostipite Giacomo fondò
la tipografia nel 1881: la sede originaria era vicina a ponte Pusterla, perché
si sfruttava il Bacchiglione per l’energia meccanica, prima con i mulini, poi
per produrre l’energia elettrica attraverso le dinamo.
“Da 122 anni la tipografia è guidata
dalla stessa famiglia – dice Carlo Rumor, amministratore delegato della Tipografia Rumor e presidente della sezione carta, grafica, cartotecnica dell’Assindustria –. Tra i vari primati, abbiamo quello di aver fatto arrivare per
primi le linotype in Italia. L’evoluzione
della tecnologia ci ha costretto a trovare
una nuova sede, dal 1988 siamo in zona industriale di Vicenza. E contemporaneamente la tipografia si è dedicata
un po’ meno ai libri e un po’ più ad altri tipi di stampati”.
Pur non avendo nel settore dei libri,
grandi tirature (di rado si superano le
3.000–3.500 copie), la Tipografia Rumor ha conservato una grande attenzione al libro di qualità: “Lavoriamo per
editori italiani e stranieri, i quali ci chie-
Le industrie vicentine della stampa sono un
piccolo universo variegato, in grado – nel
suo insieme – di realizzare pressoché
qualsiasi prodotto stampato, ma che
difficilmente si lascia ridurre a categorie
generali. Con la consapevolezza di riuscire
a descriverlo solo in parte, abbiamo scelto
un “taglio” particolare: capire quali
aziende vicentine producano libri, oppure
si occupino di una delle fasi del
confezionamento di un libro.
dono spesso prodotti particolari – spiega
Rumor –. Per fare qualche esempio, abbiamo stampato il catalogo di una collezione di vetri di Murano che si trova negli Stati Uniti e il catalogo di una collezione di libri antichi di gastronomia,
conservata in Svizzera. Sono evidentemente libri non destinati alla grande diffusione, anzi, si potrebbero definire prodotti di nicchia”.
Però la Tipografia Rumor, nata nel cuore di Vicenza, si è messa anche al servizio della città pubblicando libri su vari
aspetti della vicentinità, come “Vicenza
città bellissima”, il volume per l’inaugurazione dell’orologio sulla Torre Bissara,
la “Toponomastica di Vicenza”, il libro
sulla basilica dei Santi Felice e Fortunato. “Curando queste opere nel miglior
modo possibile – aggiunge Rumor – è
come se restituissimo alla città, ai vicentini, quanto abbiamo ricevuto in più di
un secolo di attività”.
Trenta dipendenti, 4 milioni di euro di
fatturato all’anno, la Tipografia Rumor
racchiude in sé ogni fase del processo di
17
PRODUCE
VICENZA
18
produzione di un libro, a partire dalla
grafica e dalla pre-stampa, che avvengono interamente al computer, fino alla
stampa vera e propria. “A parte la legatoria, facciamo tutto”, conferma Rumor.
“Cerchiamo di tenerci aggiornati con i
progressi della tecnologia, anche se questo richiede investimenti notevoli, perché le macchine sono molto costose.
Però la qualità è a livelli altissimi: se
non è la perfezione, manca davvero poco”. Una delle ultime novità è una macchina che ha reso inutile la pellicola, in
quanto incide direttamente la lastra
d’alluminio mediante un raggio laser. Il
procedimento è questo: sulla lastra viene steso uno strato di un’emulsione particolare idrorepellente; il laser toglie le
parti superflue; l’acqua bagna la lastra
dove non c’è lo strato di emulsione,
mentre l’inchiostro aderisce sulle parti
asciutte. Rispetto alla pellicola, il procedimento è molto più veloce e molto meno soggetto ad errori.
La Legatoria industriale Laghetto-Mazzatosta di Vicenza ha fatto un percorso
diverso. Nata appunto come legatoria
nel 1970, ha successivamente esteso l’attività anche alle altre fasi del processo di
stampa, tanto che oggi, come spiega
Giuseppe Laghetto, consigliere delegato dell'azienda, è in grado di gestire l’intera produzione di un libro, “dal manoscritto fino al prodotto pronto per andare in libreria. Praticamente compriamo
solamente la materia prima, cioè la carta, la colla, il filo, la plastica per le copertine. A tutto il resto, cioè la lavorazione, siamo in grado di provvedere al nostro interno”.
“Fino a quindici anni fa – continua Laghetto – il lavoro era abbastanza sicuro,
potevamo contare su un numero di commesse sufficienti. Oggi invece stiamo attraversando un periodo di crisi generalizzata, siamo praticamente costretti a
lavorare giorno per giorno. La programmazione è diventata estremamente difficile: le case editrici che sono nostre clienti non rischiano più le grandi tirature,
temono che rimanga tutto in magazzino.
Così stampano un po’ per volta: se il libro va bene, allora ci chiedono la ristampa; ma nel frattempo noi stampatori restiamo ad aspettare. Ormai non è
più questione di concorrenza, ma di ore
di lavoro che mancano”.
Laghetto fa notare un paradosso: “Adesso ci sono molti più editori di qualche
anno fa, ma sono perlopiù di piccole dimensioni e quindi ci commissionano tirature basse, quando avremmo – parlo
per tutte le industrie vicentine del settore
– la capacità di fare molto di più”.
Per Giuseppe Zamperetti, titolare
della Utvi Tipolito di Vicenza, è anche
una questione di idee: “Se ripenso alla
situazione di dieci, quindici anni fa –
spiega – mi rendo conto che c’erano
molte più idee, molte più iniziative editoriali dei generi più diversi. C’era entusiasmo, c’era fermento anche nello
sperimentare cose nuove. Adesso ci si
limita perlopiù alle piccole ristampe, si
rifanno in continuazione cose già fatte,
sembra quasi che tutti si siano adagiati. Per chi stampa, ciò significa l’impossibilità di fare una programmazione
che vada oltre i tre mesi”.
La Utvi Tipolito è stata fondata nel
1966: con Zamperetti c’erano altri
quattro soci, tutti con esperienze tipografiche. Ciascuno portò le proprie conoscenze professionali e si diede vita a
un’azienda – oggi con 18 addetti – che
ha una gamma di produzione piuttosto
vasta, pur prediligendo, per scelta, il libro e la rivista. La Utvi Tipolito è, caso
non comune, anche casa editrice: “La
nostra specializzazione – continua
Zamperetti – è quella delle ristampe
anastatiche. Stampiamo riproduzioni,
con tiratura limitata, di libri di storia e
guide di Vicenza ormai divenuti una
rarità editoriale. Le anastatiche riguardano soprattutto opere di argomento
vicentino”. Ma non ci sono solo le ristampe: “Poiché abbiamo mantenuto
anche un settore commerciale – dice
Zamperetti – siamo in grado, avendone
la qualifica ufficiale, di essere editori
per chi ha l’intenzione e la possibilità di
stampare un proprio libro”.
“Il mercato vuole velocità”
Chiediamo a Giulio Olivotto, presidente del Gruppo Lego di Vicenza, i
19
PRODUCE
VICENZA
20
“Internet e il digitale sono strumenti
potenti e molto utili – dice il presidente
della sezione carta, grafica e cartotecnica
dell’Associazione – ma non al punto
da poter sostituire del tutto i libri.
Niente può sostituire le sensazioni
che si hanno quando si girano
le pagine di un libro”.
Qui sotto, una
riproduzione della Bibbia
di Borso d’Este, la più
famosa delle Bibbie
miniate prodotte nel
Rinascimento.
motivi della crisi attuale dell’editoria.
“È difficile capire da dove arrivi e dove
vada – risponde –. L’incertezza continua, il volume di produzione è sempre
mediamente insufficiente, come mediamente insufficiente è il prezzo. Se
non subiamo pesantemente la concorrenza dei paesi asiatici, è perché loro
sono penalizzati dai tempi di trasporto.
Si reagisce cercando di migliorare la
propria efficienza, e adattandosi alle
richieste di un mercato sempre più esigente: oggi ci vengono date tre-quattro
settimane per fare un libro, e due-tre
settimane per le ristampe. Si capisce
quanto sia difficile fare programmazione. La nostra sfida è dare un servizio
veloce mantenendo la capacità di fare
una programmazione tale da consentirci di assicurare l’efficienza”.
Per comprendere la portata di questa
affermazioni, bisogna ricordare che il
Gruppo Lego è composto da quattro
aziende, la Lego di Vicenza (340 addetti), la Eurografica di Marano (140),
la Legoprint di Lavis (Trento, 200 addetti) e la Calderini di Ozzano (Bologna, 130 addetti), per un fatturato
complessivo, previsto per il 2003, di
143 milioni di euro.
La storia della maggiore industria vicentina nel settore della stampa comincia
nel 1900, quando Pietro Olivotto si mette in proprio dopo aver lavorato come
legatore. Riesce a comprare una pressa a
vapore, che mette in cantina, e coinvolge
nell’attività della legatoria tutta la famiglia, compreso il figlio Giovanni. Nel
1911 arriva il primo dipendente. Pietro
muore nel ‘20, Giovanni trasferisce
azienda e famiglia in uno stabilimento
fatto costruire nella zona di Porta Nuova. Durante la seconda guerra mondiale
l’edificio viene bombardato e crolla parzialmente: “In una foto dell’epoca – dice
Giulio Olivotto – si intravede mia madre, ancora ‘morosa’ di mio padre, che
guarda la voragine”. Il padre, Pietro,
prende le redini della ditta che nel dopoguerra fiorisce, per effetto della massiccia diffusione della cultura popolare portata avanti da Fabbri, Rizzoli, Mondadori. Il boom economico dà alla gente i
soldi per comprare i libri. Giulio Olivotto
entra in azienda nel 1970: su pressione
del padre, si dedica all’apertura alla
clientela estera (prima la legatoria ven-
deva solo in Italia), e vengono aperte le
rappresentanze inglese (1974), tedesca
(‘75), francese (‘78), americana (‘83).
Cambia la vocazione dell’azienda: non
più solo legatoria, ma una ditta in grado
di fornire un servizio più completo.
La crisi economica della metà degli anni
Settanta (che segna tra l’altro il declino
dei libri venduti a fascicoli) si somma
per la Lego a una difficile situazione interna, dovuta a rapporti conflittuali con
il sindacato. Se ne esce a metà degli anni
Ottanta, quando finalmente per l'azienda si apre una nuova stagione, grazie soprattutto alla scelta di mantenere le rappresentanze all’estero: attualmente
l’85% del fatturato è rivolto fuori dall’Italia. Negli anni Novanta Giulio Olivotto
intraprende la politica delle acquisizioni
di altre aziende del settore, prima l’Eurografica, poi la Legoprint, da ultima la
Calderini. Nel 2002, il grande “salto”:
da legatoria pura, la Lego diventa legatoria-stamperia, dotandosi di impianti
ad alta capacità. “Ogni azienda del
gruppo – spiega Olivotto – ha una propria specializzazione ed è in grado di
agire autonomamente”.
Alla storia centenaria di realtà come Rumor e Olivotto, fa da contraltare il percorso molto più recente, ma non meno
interessante, di un’azienda come la Soso
di Bolzano Vicentino. È stata creata nel
1981 come piccola tipografia artigianale
da Ubaldo Soso, che non aveva alle
spalle una tradizione di famiglia, ma solo la propria determinazione e un’esperienza accumulata fin da giovanissimo
in una delle più vecchie tipografie vicentine, Dall’Amico di Sandrigo. Oggi, a 46
anni, guida un’azienda con 90 dipendenti, un fatturato annuo di 13 milioni
di euro e due stabilimenti, quello di Bolzano per la pre-stampa e la stampa, e
quello di Zanè per il confezionamento, le
spedizioni e il magazzino.
“La svolta – spiega Ubaldo Soso – c’è
stata nel ‘94, quando è entrata in società
la famiglia di Pierluigi Dalla Rovere. Assieme abbiamo ideato e condotto una
politica di espansione della produzione,
fino ad essere in grado di fornire qualsiasi tipo di stampato, dal biglietto da visita fino ai libri, ai cataloghi, agli espositori, ai poster”.
Il punto di forza della Soso è l’elasticità,
il dinamismo, frutto di una cultura imprenditoriale giovane.
“Abbiamo puntato molto sul settore
commerciale, grazie al quale riusciamo
ancora ad avere una continuità di produzione, senza quegli sbalzi di cui soffrono altre aziende anche del Vicentino”.
Soso fa notare un altro fattore di preoccupazione, la mancanza del ricambio
generazionale per alcuni tipi di lavorazione: “Noi ospitiamo per gli stage gli
studenti dell’istituto San Gaetano di Vicenza, ad esempio, perché siamo convin-
La sezione carta, grafica
e cartotecnica dell’Associazione industriali è
una costellazione di
realtà molto varie, sia
come dimensioni, sia come attività: si va dalla
stampa vera e propria
alla legatoria, dalla cartotecnica agli imballaggi
per gli usi e le destinazioni più diverse.
PRODUCE
VICENZA
22
ti dell’importanza di puntare sui giovani.
Però ci rendiamo conto che la formazione scolastica, per così dire, è in ritardo
rispetto alla realtà aziendale. Per quanto
riguarda i procedimenti della stampa vera e propria, i ragazzi arrivano con una
mentalità non più adeguata, e in una
certa misura devono reimparare la gestione degli impianti e dei procedimenti.
Senza contare che ci sono sempre meno
giovani che intraprendono questo mestiere: la maggior parte è attratta dalla
grafica, dal design, ma sembra che la
stampa vera e propria non interessi più.
Invece è un lavoro bellissimo, che può
dare davvero grandi soddisfazioni”.
Nel nome dei Remondini
Concorda Giorgio Tassotti, della Grafiche Tassotti di Bassano del Grappa:
“Quello della stampa sembra quasi un
mestiere secondario. I giovani prendono
in considerazione quasi esclusivamente
quello che riguarda la grafica, o la pre-
stampa più in generale, e il risultato è
che ci sono sempre meno operatori delle
macchine da stampa”.
È stato lo stesso Giorgio Tassotti a fondare l’azienda nel 1957, prima come
agenzia pubblicitaria a servizio completo. Nel periodo iniziale si appoggiava a
stampatori locali, poi decise di fare da sé
e cominciò ad acquistare macchine da
stampa. Nel frattempo, Giorgio Tassotti
si dedicava anche a studiare la produzione dei Remondini, che tra Settecento
e Ottocento erano i più grandi stampatori d’Europa (arrivarono ad avere più di
mille operai). Negli anni Settanta le carte decorative per legatoria e regalo con i
motivi dei Remondini iniziarono a suscitare un interesse crescente, soprattutto
all’estero; venne sviluppata l’oggettistica
legata a questi temi. Di pari passo avanzava anche la produzione editoriale, fino
alla decisione di traslocare – nel 1987 –
nell’attuale sede in località San Lazzaro,
dove sono impiegati trenta dipendenti,
con un fatturato annuo di due milioni e
mezzo di euro.
“L’impegno editoriale vero e
proprio è co-
minciato nel 1984 con un accordo con la
casa editrice Ghedina di Cortina d’Ampezzo – ricorda Tassotti – Nel 1997 la
ragione sociale si trasformò in Tassotti
Editore”. Oltre alle collane dedicate alla
Grande Guerra, è stata riservata attenzione alle guide dedicate al tempo libero
e agli itinerari di montagna, alla serie
sulle città e sulle ville venete. L’attività
più impegnativa sotto il profilo culturale
riguarda i libri sulla storia della stampa,
la cultura e le tradizioni popolari del Veneto: il maggior numero di testi è naturalmente dedicato ai Remondini, ma ci
sono anche libri sugli artisti dell’incisione, le monografie di artisti contemporanei, i volumi sulla pittura murale esterna
nella province venete.
“Siamo un’azienda atipica – riconosce
Giorgio Tassotti – perché lavoriamo solo
per noi stessi, nel senso che non facciamo lavori per conto terzi. La produzione
prevalente è quella delle carte decorate e
dell’oggettistica, per la quale abbiamo
aperto anche sei negozi nostri in Italia,
però non intendiamo trascurare l’editoria vera e propria, per quanto risenta di
una contrazione come tutti i beni di consumo voluttuari. Il nostro vantaggio è di
produrre articoli per un mercato di nicchia, di livello medio-alto, che si rivolge
a una clientela ben precisa e in buona
parte straniera”.
Secondo Tassotti, dall’Ottocento in poi –
cioè con l’avvento delle linotype – non
c’è stata alcuna novità sostanziale nel
mondo della stampa. Per quanto perfezionato da un punto di vista tecnologico,
il concetto di base del procedimento è rimasto lo stesso. La vera rivoluzione potrebbe essere rappresentata dalla stampa
digitale, “verso la quale i tipografi e gli
stampatori tradizionali hanno
perlopiù un atteggiamento di diffidenza. Forse proprio per
questo motivo chi
sta lanciando la
stampa digitale di solito non proviene dalla stampa
tradizionale. Non vorrei però che stessimo commettendo un grande errore: i
Remondini – conclude Tassotti – furono
costretti a chiudere, alla fin fine, perché
non accettarono mentalmente l’attivo
della litografia. Potrebbe accadere lo
stesso con la stampa digitale”.
Nuove frontiere
Uno dei pionieri della stampa digitale
non solo nel Vicentino, ma in tutta Italia
è stata la Selecta di Quinto Vicentino.
Nata nel 1988, Selecta ha scelto la strada dell’investimento massiccio nella tecnologia digitale per offrire una serie
completa di prodotti per la gestione della
comunicazione, quali soluzioni per l’identificazione di prodotto, stampa ed invio di bollettazione, fatture ed estratti
conto, gestione di manuali e libretti di
istruzione delle apparecchiature, produzione di stampati commerciali e per il
marketing. L’area produttiva si estende
su 5000 metri quadri.
PRODUCE
VICENZA
24
Dal 2000 Selecta è diventata un gruppo
con l’acquisizione e la creazione di nuove realtà in tutta Italia. Complessivamente, il gruppo dà lavoro a 250 persone e raggiunge un fatturato di circa 26
milioni di euro l’anno.
“La maggior parte della nostra produzione di stampati riguarda il mondo dei
cosiddetti ‘dati variabili’ – spiega Nicola
Muraro, presidente del consiglio d’amministrazione di Selecta – Vale a dire,
per rendere l’idea, le bollette, gli estratti
conto, la cartelle tasse e cose di questo
genere. Ciò significa che siamo orientati
prevalentemente verso il business. È vero che la stampa digitale, rispetto a
quella tradizionale in offset, permette di
fare anche piccole tirature, ma per ammortizzare gli investimenti c’è comunque bisogno di saturare gli impianti: alla
prova dei fatti, questa possibilità delle
piccole tirature non ha mercato. È un fenomeno che ha registrato chiunque nel
mondo si sia cimentato con la stampa
digitale”. Gli sbocchi economicamente
significativi si possono avere solo in settori molto particolari, quali le facoltà
universitarie, oppure la ristampa di libri
ormai fuori catalogo che sarebbe assurdo rimettere in produzione con i sistemi
tradizionali. “Ci è stata chiesta la stampa di volumi piuttosto insoliti – conferma Muraro – rivolti a un pubblico di
‘super-nicchia’, se così si può dire. Questo non impedisce il fatto, peraltro, che
su base annua gestiamo qualche migliaio di titoli, quasi tutti con queste caratteristiche di estrema settorialità”.
Per quanto la scomparsa del libro cartaceo, stampato in digitale o in tradizionale, sia un evento ancora molto lontano,
una delle frontiere dell’editoria è rappresentata da Internet. Non a caso, la
Edithink di Marostica sta sviluppando
anche questo settore, sfruttando il bagaglio di conoscenze in editoria elettronica
accumulato dallo Studio Centro
Edithink che nel 1996 si è fuso con la
società di comunicazione Jonathan.
Edithink è presieduta da Giampaolo
Bonaguro e diretta da Enzo Di Vera,
ed ha tra i propri partner anche la tipolitografia Soso.
“Per quanto la nostra sia un’azienda
ancora piccola – dice Di Vera – cerchiamo di essere una realtà multiforme, in
grado cioè di operare in più settori. Offriamo al potenziale cliente la possibilità
di esprimersi con più sistemi, dal catalogo stampato a quello in Cd-rom, dalla
rivista alla brochure, dall’oggetto d’arredo al sito Internet”.
La Edithink cerca e propone prodotti
con un alto contenuto di originalità. Così
è, ad esempio, per la linea “floccata”:
prendendo spunto da un’idea già presente sul mercato, sono stati realizzati
album con disegni da colorare, con la
particolarità che le linee delle figure sono
ricoperte da un sottile strato di velluto,
in modo da creare delle “barriere” che
impediscano al pennarello di uscire dai
confini. Per il settore della cartoleria la
Edithink ha creato vari oggetti dal design particolare: “Ci rivolgiamo a un mercato di nicchia – ammette Di Vera – con
prodotti innovativi, apprezzati per il lavoro di progettazione che sta dietro”.
Stesso discorso per i libri: la produzione
editoriale di Edithink è limitata, per il
momento, ma con libri curati in ogni
dettaglio. “Adesso produciamo just-intime, cioè con vendita diretta alle aziende, alle associazioni, alle organizzazioni
che ci chiedono il libro particolare. Pensiamo però di sviluppare varie collane –
conclude Di Vera – con cui entrare nelle
librerie. Ci attira, tra l’altro, la possibilità di tradurre libri specialistici dall’estero e farli conoscere in Italia”.
Il libro, un piacere insostituibile
In conclusione, sembra di poter dire che
anche tra i produttori vicentini di libri si
25
ritrova quella compresenza di spirito
imprenditoriale, creatività, caparbietà
che sono i tratti distintivi dell’industria
del Nordest. L’attaccamento alle proprie
origini, alla propria terra, non impedisce di spostare lo sguardo in avanti e di
pensare a cosa sarà del libro in futuro.
La domanda che molti si fanno è se Internet possa rappresentare, in prospettiva, la morte del libro, se le tecnologie
digitali finiranno con il soppiantare i
volumi di carta. “La mia idea – osserva
Carlo Rumor dal suo osservatorio di
presidente della sezione carta, grafica e
cartotecnica dell'Assindustria – è che
Internet e il digitale siano strumenti potenti ed estremamente utili, ma non al
punto da poter mai sostituire del tutto i
libri. Un monitor, per quanto sofisticato,
non potrà mai dare le stesse sensazioni
che si hanno quando si girano le pagine
di un libro, quando se ne tocca la carta,
quando si sente il profumo della stampa. È un piacere inimitabile, che non
deve andare perduto”.
Gianmaria Pitton
ITINERARI INDUSTRIALI
26
Sull’asse
Valdagno - Schio
- Thiene si sta
sperimentando
un’unione di
intenti e di forze
chiamato “polo
Alto Vicentino”.
Dalle voci di Ilvo
Diamanti e dei
rappresentanti
locali degli
Industriali, ecco
gli orientamenti
e i problemi di
un’area che
cerca di
marciare unita.
Alto Vicentino,
un terzo di provincia
I
l Nordest non nasce nel vuoto,
perché dietro di sé ha tradizioni
di grande impresa, internazionalizzate, attente al rapporto con la società. Per questo l’Altovicentino è a
sua volta esemplare. Perché è area
di grande imprese, di grandi imprenditori, di grande storia, e di piccole imprese, piccoli imprenditori
reciprocamente collegati. Per questo
è significativo che, come alcune indagini hanno anticipato, l’Altovicen-
tino, in misura più marcata, riveli
alcuni segni di sofferenza nello sviluppo e nella prosecuzione di questo
modello. Segni che, per questo, vanno osservati con grande attenzione.
L’indagine Poster-Assindustria sugli
orientamenti della società altovicentina, mostra con chiarezza che qualcosa, nel circuito virtuoso fra società, economia e territorio si è inceppato, in questa fase.
Anzitutto, c’è preoccupazione per il
mercato del lavoro: sia per la disoccupazione che per la carenza di manodopera. Problemi percepiti, contemporaneamente, in misura superiore ad altre
zone del Veneto e della stessa provincia. Evidentemente la flessibilità del
sistema produttivo determina incertezza in entrambi i sensi. La grande impresa, in fase di ulteriore riduzione degli occupati; la piccola impresa costretta a inseguire una domanda instabile, ma anch’essa incerta.
In secondo luogo, i costi dello sviluppo, del successo economico, cominciano ad apparire meno sostenibili del
passato, alla società locale. Per la prima volta, dopo anni, la gran parte dei
veneti, degli altovicentini, teme l’ulteriore crescita della struttura produttiva. Un po’ per motivi ambientali; un
po’ per motivi personali (si ambisce a
Nell’Alto Vicentino,
territorio convenzionalmente
composto dalle città di
Schio, Thiene e Valdagno
e dalle loro aree, vive un
terzo della popolazione
vicentina e si trova una
fetta importante del tessuto
industriale provinciale.
27
vivere meglio, dopo tanti anni di sacrificio; soprattutto i più giovani). Così, una società abituata a “lavorare”,
da sempre, non riesce più a vedere,
nel risultato del lavoro senza fine, la
soddisfazione delle sue attese, delle
sue ambizioni. Il territorio non è più
bello come un tempo, l’attività appare
I problemi più sentiti nell’Alto Vicentino
Tanto nell’Altovicentino quanto nell’intera
provincia – dicono le rilevazioni ni chiave altovicentina del Rapporto sugli orientamenti della
società vicentina realizzato lo scorso anno dall’istituto Poster e da Ilvo Diamanti per conto
dell’Associazione Industriali – si ritiene prioritario il problema delle strade e della viabilità.
Segue la criminalità in aumento che preoccupa, con un’identica percentuale per le due
aree, ben il 29% dei cittadini.
Grande rilevanza è data anche al degrado dell’ambiente e all’eccessiva urbanizzazione del
territorio. Nell’Alto Vicentino la gente appare
maggiormente preoccupati della disoccupazione, della burocrazia e soprattutto della caren-
za di manodopera. Meno sentiti, invece, nell’Altovicentino i problemi connessi all’immigrazione e alla competitività sui mercati.
Il 40,8% degli altovicentini ritiene che nel
prossimo futuro bisogna fare più attenzione alla qualità dello sviluppo, anche a costo di ridurre il ritmo attuale della crescita economica,
per non incorrere in un futuro infelice.
Un ulteriore 36% è inoltre convinto che il benessere raggiunto possa bastare, ma che occorra saperlo mantenere e difenderlo. Una minoranza, comunque consistente e pari al 23%,
è invece convinta che sia necessario non rallentare ma continuare a produrre e lavorare per
non perdere la ricchezza acquisita.
Nella foto grande,
il Summano, monte tra
Schio e Thiene, “a
guardia” di ampia parte
dell’Alto Vicentino.
ITINERARI INDUSTRIALI
defatigante, l’ambiente meno sicuro.
Allo stesso tempo, mentre vorrebbe
frenare la crescita produttiva, la società locale teme questa prospettiva.
Teme la delocalizzazione. Che poi è
una rilocalizzazione delle imprese,
per rispondere alla carenza di spazio
e di lavoro.
Vorrebbe rallentare ritmo ed estensione del sistema produttivo, la società del Nordest; ma ne teme le
conseguenze.
28
Nell’Alto Vicentino i Comuni
godono di grande fiducia
Il problema, quindi, è che siamo arrivati ai limiti. Perché la società non ha
trovato risposte adeguate. Servizi, inUna veduta panoramica
di una parte del Thienese,
da Chiuppano fino ai
Fra un anno come andranno le cose nell’Alto Vicentino?
piedi dell’Altopiano.
In Politica
1
Peggio
2
Uguale
In Economia
3
Meglio
Nel Lavoro
1
Peggio
2
Uguale
1
Peggio
2
Uguale
3
Meglio
Sicurezza/ Criminalità
3
Meglio
Fonte: Poster/Assindustria Vicenza, maggio 2002
1
Peggio
2
Uguale
3
Meglio
Stella: “Pianificare città e territorio”
Tre comuni: Schio, Thiene, Valdagno.
E tre aree che insieme contano qualcosa come 250 mila abitanti, poco
meno di un terzo dell’intera provincia. Tre comuni e tre aree così, se uniscono le forze e gli obiettivi, possono
dialogare in modo forte con l’esterno.
Con la Provincia, con la Regione, con
le istituzioni in genere. Anche da Alberto Stella, presidente del Raggruppamento di Thiene dell’Associazione,
arriva un messaggio all’insegna
dell’“unione fa la forza”. Ma arriva
anche un altro tipo di considerazioni.
– A lungo si è semplificata la
realtà altovicentina dicendo che
Schio è città industriale e Thiene
ha una vocazione più commerciale. Negli ultimi trent’anni peraltro
questo territorio è diventato molto
più omogeneo. Lei che ne pensa?
“Dividere la nostra realtà in un’area
a carattere industriale e in una a carattere commerciale è uno stereotipo.
Qual è il modello produttivo intorno
al quale il Nordest è cresciuto e oggi
può continuare a svilupparsi? Quello
della piccola e media impresa. E dove è nato questo modello? Non a
Schio o a Valdagno, a ben guardare,
ma semmai a Thiene, che dunque è
stato un esempio ante litteram dello
sviluppo industriale del Nordest.
Schio e Valdagno hanno ruotato in
passato intorno alla grande industria
laniera; un’industria che negli ultimi
vent’anni ha via via ridotto la propria incidenza sul tessuto economico
e produttivo di queste aree, mentre è
andata proliferando la piccola e media impresa, che è stata il tessuto industriale tipico di Thiene”.
– Oggi che certi campanilismi
sembrano messi finalmente in soffitta, Schio, Thiene e Valdagno si
trovano a poter raccogliere davvero la sfida dell’integrazione…
“Sono convinto che queste tre città
rappresentano una forza, sia dal
punto di vista economico che sociale. Gli amministratori locali lo hanno capito e stanno organizzando una
gestione unitaria di tutta una serie
di servizi. Del resto, i progetti per la
viabilità, a partire dalla variante alla statale 349 che dal casello autostradale andrà alle Garziere, va favorendo la centralità dell’area tra
Thiene e Schio anche per chi proviene dalla valle dell’Agno, che può
collegarsi facilmente attraverso il
tunnel dello Zovo. E proprio il tunnel è stato in questi anni un artefice
di questa prospettiva di integrazione
che sta crescendo. C’è tuttavia ancora poca mobilità tra la nostra zona e
la valle dell’Agno: penso che una
delle condizioni per aumentarla sia
quella di abbassare il costo del transito della galleria”.
– La viabilità come fulcro dell’integrazione, dunque?
“Non solo. Un elemento strategico per
favorire l’unione in chiave altovicentina è la sanità. È il tema sanitario
quello che può unire in modo definitivo queste tre realtà. Se non si tocca la
sanità, quelli sull’integrazione rimangono dei discorsi vuoti. Oggi su questo tema abbiamo un modello: imperfetto, ma c’è. Io ritengo che la prospettiva sia quella che l’Ulss 4 nella
quale si trovano Thiene e Schio sia allargata anche a Valdagno”.
29
– Ma a chi ancora non crede nell’integrazione come strategia di
sviluppo futura dell’area cosa si
può rispondere?
“Che l’integrazione serve, è importante per pianificare insieme, per organizzare le città e il territorio. È importante pianificare in un’ottica d’insieme, per affrontare problematiche comuni come la carenza di viabilità e di
infrastrutture e la saturazione del territorio. La fase nuova che si apre può
essere interessante”.
– Cosa deve fare, secondo lei, l’Alto vicentino, per continuare a crescere anche in futuro?
“Deve fare un progetto. Che non significa soltanto parlarne rifacendosi a
modelli esterni, ma calarsi nella propria realtà. Lo strumento più interessante per farlo è quello urbanistico,
con il quale si decide come progettare
il territorio, le aree produttive, industriali, residenziali.
S.T.
ITINERARI INDUSTRIALI
frastrutture, politiche urbane, territoriali e sociali. Fatica il doppio. Al lavoro e fuori.
Si affida, per questo, alle risorse tradizionali: la famiglia, le associazioni, la
comunità. Ai governi locali, soprattutto ai Comuni, che nell’Altovicentino
godono di grande fiducia. Più che nel
resto della provincia. Mentre lo Stato e
la Regione, appaiono più lontani.
Ma dare risposte rassicuranti è difficile, in questa fase. Anche perché altri
segnali ci dicono che il rallentamento
dello sviluppo, effettivamente, in
qualche misura, si è avviato. Non nei
termini e nei modi voluti e cercati
dalla società locale, però. Un rallentamento imposto dall’esterno; dalla perdita di velocità delle esportazioni, dalla minore domanda dei mercati. Non
è la crisi. Ma potrebbe innescare
un’altra crisi. Il disorientamento di
una società che, mentre pensa di ridimensionare e di regolare la crescita
per ragioni di “qualità”, rischia invece di subire questa inversione di tendenza, per ragioni esterne. La contra-
30
Panorama su Schio e
l’alta val Leogra, con in
primo piano la Fabbrica
Alta e sullo sfondo le
Mi può dire quanto è soddisfatto
dei seguenti aspetti della sua vita quotidiana?
(% di coloro che provano Molta o Moltissima Soddisfazione – n° casi 800)
Piccole Dolomiti.
Alto Vicentino
• Della Famiglia
• Degli Amici
• Del Lavoro
• Del Tempo Libero
• Del Livello d’Istruzione
• Del Reddito Disponibile
• Dell’Impegno Sociale
Fonte: Poster/Assindustriali Vicenza, maggio 2002.
%
92.0
79.3
75.9
72.0
56.4
49.8
44.6
Resto
provincia
%
90.4
75.0
73.5
68.3
51.2
47.5
41.3
Media
provincia
%
91.1
76.9
74.5
69.9
53.4
48.5
42.7
Ciscato: “Dobbiamo muoverci uniti”
L’Alto Vicentino deve fare squadra.
Muoversi unito e ragionare come area
integrata. Deve farlo, e lo sta facendo.
In maniera via via più corposa e concreta. Con risultati che si possono già
vedere. Ne è convinto Mario Ciscato,
presidente del Raggruppamento di
Schio dell’Assindustria.
– Il tema del “polo Alto Vicentino”
ha ormai una quindicina d’anni di
vita. C’è voluto del tempo, ma dalla
fase iniziale della teoria sembra si
sia arrivati lentamente a quella
della pratica. Che ne pensa?
“Mi sembra che in effetti ci sia più apertura, oggi, rispetto a qualche anno fa.
Comuni che per tanti anni si sono fatti
la guerra o sono rimasti comunque distanti, ora siedono intorno allo stesso
tavolo per risolvere insieme i problemi
reali del territorio e delle rispettive comunità. Per ottimizzare la fornitura di
servizi essenziali come l’acqua, il gas, la
raccolta dei rifiuti, sono sorti consorzi
che uniscono intere aree. È allo studio
la possibilità che il consorzio di polizia
municipale di Schio venga allargato a
Valdagno e Recoaro. Quando mai si sarebbe pensato possibile parlare in questi termini soltanto qualche anno fa?
– Quello della sanità e degli ospedali è stato forse il terreno di maggiore attrito, in questi anni. E non
tutto sembra ancora appianato…
“Il piano di ridefinizione dei servizi
sanitari dell’Ulss Alto Vicentino ha
conosciuto tempi di polemiche anche
aspre, di contrapposizioni dettate a
volte da logiche di area, per non dire
di campanili, ma di recente è stata
corale, sia dalla parte di Schio che da
quella di Thiene, la richiesta di con-
ferma dell’attuale direttore generale
dell’Ulss, segno che i contrasti sono
stati appianati e si è giunti ad un
consenso intorno alle scelte di fondo.
Anche questo vuol dire che la volontà
di camminare insieme diventa sempre più forte”.
– Si è dunque capito che i problemi sono diventati comuni?
“Credo di sì. È sempre più evidente
che se ci si muove insieme si riesce ad
affrontare meglio i problemi e a trovare soluzioni comuni. Ecco, da questo
punto di vista mi pare che ci siano
esempi reali del fatto che l’Alto Vicentino voglia crescere”.
– Una sfida sempre più attuale arriva dal territorio, vicino alla saturazione sia abitativa che produttiva. Si può lavorare, sotto questo
profilo, in chiave integrata?
“Si può e si deve. Un esempio evidente di questo viene dalla zona industriale di Schio: un’area enorme, una
città dell’industria che fa riferimento
ad un bacino molto più ampio di
quello comunale. Ed è giusto che sia
così: non è più pensabile che ogni comune abbia una propria zona industriale. Il territorio va pianificato al
meglio, senza sprechi, il che significa
ragionare in termini complessivi di
area, facendo sì che ogni realtà valorizzi le proprie caratteristiche. Ad Arsiero, per fare un esempio, si sta valutando la possibilità di creare zone residenziali che accolgano famiglie anche da fuori, puntando così a sviluppare una migliore qualità della vita: si
è convinti che in futuro, quando ci saranno anche strutture viarie migliori,
nella valle dell’Astico potranno esserci
31
opportunità appetibili per chi cerca
una buona qualità di vita”.
– Il rapporto Poster sull’Alto Vicentino evidenzia un’apparente incongruenza: pur in presenza di
una palese carenza di manodopera, la gente dice di sentire come
problema latente quello della disoccupazione. Come si spiega?
“Oggi le aziende vanno specializzandosi, di conseguenza c’è l’esigenza di
avere tecnici in grado di gestire impianti sempre più tecnologici. Ma è difficile trovare persone con una preparazione tecnica specializzata. Per contro,
il mercato fatica ad assorbire i tanti
giovani che mirano ad un lavoro legato
all’ufficio. Quasi un giovane su due, in
Italia, trova un primo lavoro non in relazione agli studi fatti, ma c’è anche da
dire che molti giovani rifiutano un primo impiego diverso da quello cercato,
per cui stanno a casa finché non trovano il lavoro che cercano”.
Stefano Tomasoni
ITINERARI INDUSTRIALI
è passato. E la bussola dello sviluppo
globale potrebbe, come è avvenuto altre volte, orientarsi altrove.
Una rete di città
nel cuore del Nordest
32
Il Pasubio, la “montagna
Sacra” dell’Alto Vicentino,
visto da Ponte Canale.
zione dei mercati. Un problema al
quale, anche volendo, difficilmente
potrebbe rispondere, il Nordest, attraverso la fatica, il lavoro. Attraverso le
logiche del passato. Perché il passato
Per questo, comunque, il Nordest,
l’Altovicentino deve guardarsi dentro,
affrontare i suoi “limiti”, che spesso,
fino ad oggi sono stati considerati risorse; sono diventati risorse.
In primo luogo, deve andare oltre l’idea che l’economia, da sola possa regolare lo sviluppo; l’economia senza
la politica e senza la società, diventa
un vincolo, se il mercato flette, il territorio è saturo, la società inquieta.
In secondo luogo, deve andare oltre all’idea che la società possa agire senza
la politica; e che la politica possa risolversi in personalizzazione; un modello
così intrecciato, fra livelli della realtà,
deve aprirsi a forme di cooperazione:
di programmazione negoziata. Favori-
Qual è il problema più importante
da affrontare oggi in provincia di Vicenza?
(valori in percentuale – n° casi 800)
Alto Vicentino
• Strade e viabilità
• Criminalità
• Degrado ambientale
• Immigrazione
• Disoccupazione
• Burocrazia
• Carenza di manodopera
• Competitività sui mercati
Fonte: Poster/Assindustriali Vicenza, maggio 2002.
%
31.0
29.2
10.2
7.8
10.1
8.9
2.6
0.2
Resto
provincia
%
32.7
29.2
11.8
9.9
6.6
7.5
1.3
1.0
Media
provincia
%
32.0
29.2
11.1
9.0
8.1
8.1
1.8
0.6
Scomparin: “Puntare sulla qualità”
Nell’Alto Vicentino le preoccupazioni
maggiori rimangono la viabilità e la
criminalità, ma tra i temi che si ritiene prioritario affrontare ci sono anche carenza di manodopera e disoccupazione. Un apparente paradosso,
quest’ultimo.
Ne parliamo con Guido Scomparin,
presidente del Raggruppamento di
Valdagno dell’Associazione.
– Dai risultati dell’indagine Poster
risulta che l’Altovicentino è preoccupato della mancanza di manodopera, ma anche della disoccupazione. Come si spiega?
“La nostra economia è passata da una
fase di “protezione” ad una in cui è
fondamentale e vitale confrontarsi
quotidianamente con la globalizzazione. Con mercati più ampi dei nostri
confini naturali. Questa è una opportunità da sfruttare. Per stare al passo
dobbiamo fare uno sforzo e passare da
un concetto di quantità – come è stato
finora – ad uno di qualità. Nel senso
che dobbiamo concentrare le nostre
energie sul miglioramento non solo
della qualità dei nostri prodotti, ma
anche e soprattutto della qualità della
formazione e della preparazione, sia
degli imprenditori che dei lavoratori.
È un tema strategico per mantenere il
livello di benessere e qualità della vita
del nostro territorio. Quanto al rischio
disoccupazione, è reale e lo sarà di più
se mancherà quello sforzo di adeguamento della nostra formazione. Dobbiamo sviluppare lavori di qualità,
puntare sulla flessibilità e adattabilità,
essere in grado di affrontare gli imprevisti e stare al passo di un cambiamento tecnologico che corre a ritmi un
tempo impensabili. In una parola:
puntare alla qualità totale del nostro
lavoro perché non viviamo più in
un’economia protetta dai nostri confini nazionali, ma ci confrontiamo ogni
giorno con concorrenti che provengono da tutto il globo”.
– E come spiega il fatto che anche
la carenza di manodopera è un tema che preoccupa?
“La mancanza di manodopera qualificata, e quindi la ricerca di professionalità sempre maggiore da parte delle
imprese è un fatto inevitabile. Proprio
per i cambiamenti a cui siamo sottoposti ogni giorno. Questa professionalità è da ricercare sia nei lavoratori
che negli imprenditori. E pur vero che
oggi molti lavori non vengono più
svolti dai vicentini, e che molti processi produttivi, che possiamo dire
“ripetitivi” vengono affidati ai lavoratori extracomunitari”.
– E qui si apre il tema dell’integrazione. Un dato che emerge dalla ricerca è che l’Alto Vicentino non è
allarmato dalla presenza degli extracomunitari, e che ritiene l’integrazione una cosa normale.
“È un aspetto positivo, significa che
la società multirazziale è diventata
un dato di fatto per questo territorio.
La nostra gente ha accolto in maniera positiva i lavoratori provenienti
dagli altri paesi, e se attriti ci sono
stati – e magari ci sono ancora – è
dovuto per lo più alla necessità di
fornire a queste persone le condizioni
ottimali per vivere e lavorare da noi:
la casa, anzitutto, e poi l’assistenza
sanitaria. Il tema dell’integrazione è
importantissimo: se la nostra società
33
è in grado di accogliere questi lavoratori nel modo migliore, fornirgli una
casa e rispondere ai loro bisogni più
elementari, possiamo anche prevenire
quei fenomeni di emarginazione che
poi provocano la criminalità: furti,
rapine e quant’altro”.
– La ricerca evidenzia che la delocalizzazione è vista prevalentemente in maniera negativa. Quale
è il suo giudizio?
“La delocalizzazione è un dato di fatto. Oggi molte imprese hanno spostato all’estero alcuni passaggi della produzione, soprattutto per una questione di costo del lavoro. Ma proprio per
i concetti di flessibilità di cui abbiamo
detto non dobbiamo stupirci di ciò.
Anzi, dovremo abituarci ad essere
sempre più presenti in tutto il mondo,
anche fisicamente, aprendo filiali e
uffici di rappresentanza in grado di
tutelare, sviluppare e promuovere la
nostra attività”.
Filippo Nani
ITINERARI INDUSTRIALI
Panorama della vallata
dell’Agno, sempre più
parte integrante di un
Alto Vicentino da Recoaro
alle Bregonze.
34
Nella sua famiglia quali dei seguenti
strumenti si usano abitualmente?
(valori percentuali Alto Vicentino – n° casi 800)
• Da due anni o più
• Da meno di due anni
• Totale utilizzatori
• Previsto l’acquisto
• Non lo possiede
Telefono
cellulare
66.2
13.5
79.7
0.4
20.0
Video
VHS
75.3
5.8
81.1
1.7
17.2
Impianto
stereo
59.9
6.2
66.1
1.7
32.3
Carta di Personal
credito computer
42.7
36.8
5.7
11.1
48.4
47.9
2.3
3.1
49.3
49.0
Internet
21.9
15.0
36.9
4.9
58.2
Antenna
satellitare
14.5
6.4
20.8
5.2
74.0
Fonte: Poster/Assindustriali Vicenza, maggio 2002.
to in ciò dall’esistenza di una società
forte, ma anche di amministrazioni locali che godono di grande consenso.
In terzo luogo, deve superare il dualismo fra locale e globale. Rischia di essere schiacciata nel suo localismo da
un mondo da cui ci si sente sempre
più condizionati. Rischia di pensarsi
come una somma di piccoli contesti
locali, questa che è diventata una metropoli diffusa e inconsapevole. Per
questo deve aprirsi, integrare contesti
diversi, presentarsi attraverso reti di
città: locali e globali. Prossime geograficamente ma anche per ragioni funzionali: mercato, cultura, ricerca.
La grande città industriale dell’Altovicentino, ma anche la rete di città incardinata nel cuore del Nordest, che
sfrutti le relazioni europee e non solo
di quest’area.
Ilvo Diamanti
IMPRESE
I tagliatori
del legno
36
Primultini.
A ottant’anni
dalla nascita
l’azienda di
Marano
prosegue nella
tradizione di
famiglia, per
produrre
macchine e
impianti per la
lavorazione
del legno.
L
egni resinosi, duri o tropicali. Tronchi lunghi o corti, dritti o incurvati.
Progettare e costruire macchine e impianti per la lavorazione del legno, alla
Primultini è una tradizione di famiglia
che dura da ottant’anni.
La Primultini, fondata nel 1923 da Aristodemo Primultini, in molte parti del
mondo è sinonimo di segheria. L’azienda iniziò la sua attività con la produzione di macchine per falegnameria. Aiutato dai suoi cinque figli, il fondatore
sviluppò la produzione già nei primi anni di attività, arrivando prima della
guerra a realizzare macchine che per allora erano già molto sofisticate, come le
filatrici per lame da sega a nastro. Negli
anni Trenta, così, la Primultini era già
divenuta una delle ditte più conosciute
ed apprezzate in Italia per pialle, tenonatrici, seghe a nastro, seghe circolari.
La guerra vide tre dei cinque figli di
Aristodemo partire per il fronte, ma un
destino favorevole fece sì che tutti tornassero sani e salvi a casa, e così, a conflitto terminato, l’azienda poté contare
su tutte le giovani forze della famiglia
per ripartire di slancio.
A partire dal 1946, dunque, la Primultini iniziò a specializzarsi nella costruzione di macchinari per segheria, sviluppando la tecnologia delle macchine
con lame a nastro. Una scelta che si rivelò vincente fin dagli anni successivi,
permettendo all’azienda di entrare nei
mercati di tutto il mondo: in Europa, in
Africa, in Suamerica, in Asia equatoriale, in Cina, negli Stati Uniti e in Russia.
In quegli anni venne attivata una fonderia in ghisa per realizzare in casa le
fusioni dei pezzi e superare così le difficoltà che si incontravano nell’approvvigionarsi del materiale all’esterno.
Negli ultimi quarant’anni gli stabilimenti (sviluppatisi nella sede originaria di
Marano), le risorse umane e le tecnologie
di costruzione si sono sviluppate costantemente e oggi il marchio Primultini è
uno dei leader mondiali con migliaia
d’impianti che lavorano in più di cento
paesi nel mondo.
In azienda lavorano un centinaio d’addetti, ciascuno con una propria specializzazione ed esperienza. Con oltre cinquanta uffici commerciali e sette centri
di assistenza con magazzino ricambi,
distribuiti strategicamente nelle zone interessate alla trasformazione del legname, l’azienda fornisce un servizio di
supporto tempestivo là dove serve. La
direzione é sempre nelle mani della famiglia Primultini, ora coadiuvata dalla
terza generazione.
Le esigenze di presentarsi sul mercato in
maniera efficace e completa, hanno
spinto, negli anni Ottanta, la Primultini
a fondare alcune ditte e uffici commerciali in Italia e nel mondo. Oggi, dunque,
il gruppo è composto, oltre che dall’azienda di Marano Vicentino, da tre altre
realtà produttive: la Mec-Legno, specializzata nella produzione di macchine per
la manutenzione delle lame, con uno
speciale reparto provvede alla revisione
completa di macchine per segheria; la
Pribo, azienda specializzata in consulenza, studio, progettazione e realizzazione
di segherie chiavi in mano; la E.Gillet
Technologies, azienda francese per la
produzione di macchine per la lavorazione del legno.
Al “compleanno” numero ottanta, dunque, la Primultini si presenta alla guida
di una realtà articolata e dinamica. Un
gruppo industriale che produce i più
moderni macchinari e impianti per segheria, ma che ha legato molta parte
della sua storia ad una macchina in particolare: la segatronchi. Un “fiore all’occhiello” che oggi viene prodotto in differenti misure e soluzioni tecniche, e secondo le esigenze di ciascun cliente,
puntando sulla progettazione e realizzazione di macchine che raggiungano gli
obiettivi di massima efficienza, minima
perdita di materiale, elevata flessibilità
di produzione e bassi costi aziendali.
“Molti dei componenti delle nostre mac-
37
chine sono costruiti all’interno dello stabilimento per controllarne la qualità, aspetto che ci sta particolarmente a cuore – dice Carlo
Primultini,
uno dei titolari
dell’azienda
–. L’affidabilità delle
macchine
è uno dei nostri punti-chiave, specie nel campo delle segherie,
dove le macchine caricano e segano
ogni giorno tronchi del peso di diverse
tonnellate. Le nostre macchine hanno
una robustezza adatta alle dimensioni
dei tronchi da segare; sono progettate e
costruite per essere un tutt’uno con le
automazioni e i trasportatori che le
completano, sia in fase di alimentazione
di tronchi sia in fase di scarico delle tavole segate, superando così il concetto di
segheria artigianale per proporre un’unità industriale produttiva”.
Nell’altra pagina e qui
sopra, fasi di lavorazione
interna. In alto, l’esterno
dell’azienda.
IMPRESE
Scultura
d’impresa
S
Aumentano
i casi di
imprenditori
che sposano
l’amore per la
propria azienda
con forme di
mecenatismo
artistico
particolari. I
casi della Lafer
di Schio e della
Ronda di Zanè.
ono sempre più numerosi
gli imprenditori che danno importanza, in azienda,
non solo agli aspetti prettamente produttivi – com’è doveroso –, ma anche all’estetica
e alla gradevolezza della
struttura edilizia. Cresce, in
altre parole, la ricerca del bello nella costruzione della fabbrica. Basta fare un giro tra le
zone industriali meglio concepite della provincia per rendersene conto. La zona industriale di Schio e dintorni
(Zanè, Santorso) è forse l’esempio più
evidente di questa trasformazione: negli
ultimi dieci anni si è diffuso a macchia
d’olio un indubbio gusto architettonico
che nella costruzione di molti insediamenti produttivi è stato attento a sposare tecnologia, estetica e funzionalità.
Una tendenza alla qualità e all’immagine esterna dell’azienda ha preso dunque
il posto del capannone prefabbricato
privo di distinzioni precise tra spazio
della produzione e spazio direzionale.
Da ultimo, all’attenzione crescente verso
un’architettura industriale che unisca il
gusto del bello a quello dell’ergonomia
degli spazi e della qualità della vita nel
luogo di lavoro, si va affiancando una
parallela attenzione da parte di alcuni
imprenditori ad aspetti ancor più particolari, che sposano l’amore per la propria azienda con una forma di mecenatismo artistico che evidenzia una tutt’altro
che scontata sensibilità culturale. Ci riferiamo a quei casi di imprenditori che
commissionano ad artisti la realizzazione di opere d’arte ideate espressamente
per trovare spazio all’interno dell’azienda. Due di questi casi si incontrano alla
Ronda di Zanè e alla Lafer di Schio.
Un nocchiere di pietra
e acciaio per la Ronda
La Ronda produce articoli in acciaio
inossidabile e occupa 180 addetti. Fondata da Carlo Ronda che ne è tuttora
presidente, l’azienda vede ai vertici Giovanni Ronda come amministratore delegato, Silvano Guarda come direttore generale e altri due figli del fondatore, Marida e Cristina. Alla famiglia Ronda fanno capo inoltre Inox Tech, azienda di
Lendinara che produce tubi in acciaio
inox per pipeline e gasdotti, e la Ronda
HiTech che realizza prodotti in fibra di
carbonio.
Alcuni anni fa i titolari hanno commissionato allo scultore vicentino Maurizio
D’Agostini un’opera da collocare davanti
alla facciata dell’azienda, accanto all’ingresso. D’Agostini scolpì così “Il nocchiere”, un’opera in pietra di Vicenza e
acciaio che rappresenta una figura fiera
e ieratica colta sulla tolda di una nave
che si immagina navigare verso nuove
méte. Evidente il riferimento del nocchiere all’imprenditore, sempre rivolto
verso nuove conquiste, e della nave all’azienda, tutta tesa per sua natura verso
nuovi orizzonti.
Chiari i simbolismi anche nell’uso dei
materiali: la pietra di Vicenza richiama
l’ancoraggio dell’azienda al territorio e
alla sua storia; l’acciaio inossidabile con
cui è realizzata la vela della nave ricorda
il materiale usato e trasformato in gran
quantità ogni giorno dentro la fabbrica,
segno dunque di tecnologia e identità.
Perfetto l’inserimento della scultura nell’insieme architettonico dell’azienda,
progettata alla fine degli anni Ottanta
dall’arch. Roberto Ronda, anch’egli figlio del fondatore Carlo. Una ricerca architettonica, quella evidente nell’esterno
della sede, voluta per comunicare un’immagine dell’azienda basata sull’innovazione, la capacità creativa e la bellezza
delle forme e dell’eleganza.
La forza del bronzo
nella donna della Lafer
La Lafer di Schio, azienda che produce
macchine per finissaggio tessile, ha commissionato alla scultore Lucio Scortegagna la realizzazione di una statua in
bronzo raffigurante una donna statuaria
e imponente, una figura plastica che richiama ad una simbologia teutonica e
che esprime forza e vigore. La scultura è
stata posizionata all’esterno della facciata dell’azienda, ad accogliere chi entra
offrendo subito una sensazione di concretezza ed efficienza.
La statua, alta 190 centimetri e realizzata interamente in bronzo, non può passare inosservata. È stata posizionata se-
miseduta su un muretto che cinge una
fontana e ha alle spalle un angolo di vegetazione orientaleggiante che crea, nell’insieme, una composizione artistica capace di dare un senso di ordine e di pulizia che si rifà alla pulizia formale e modernista della facciata aziendale. Il materiale usato per l’opera, il bronzo, è
ideale per “eternare” un’opera d’arte e
sembra dunque attribuire alla scultura,
e indirettamente anche al prodotto tecnologico che esce dall’azienda, un significato di
durevolezza e stabilità.
È come se la “donna teutonica” (così ci piace chiamarla) di Scortegagna (di
cui segnaliamo una mostra
che sarà allestita a Thiene
dal 24 maggio al 15 giugno), nella sua sintesi figurativa e nella sua voluta (e
dunque proporzionata)
sproporzione, fosse legata
a doppio filo a quella storia industriale e a
quel concetto di lavoro
che fa parte
della cultura
e della tradizione scledense e altovicentina dai
tempi di Nicolò Tron e
di Alessandro Rossi fino ad oggi.
S.T.
Nell’altra pagina,
la scultura di D’Agostini
alla Ronda. Qui sotto,
la statua di Scortegagna
alla Ronda.
39
Prodotti
trattati bene
IMPRESE
T
Officine Munari.
Trentacinque
anni di
tradizione nella
costruzione di
impianti e
macchine per il
trattamento e la
verniciatura
delle superfici.
In alto, un impianto
prodotto dalle Officine
Munari; sotto, l’esterno
dell’azienda.
rentacinque
anni di tradizione e successi nella costruzione di impianti
e macchine per il
trattamento e la
verniciatura delle superfici. È
questo il traguardo raggiunto dalle Officine
Munari, azienda
di Zanè che quest’anno festeggia
appunto il suo
trentacinquesimo anno di vita.
L’azienda è stata
fondata
nel
1968 da Mario
Munari per produrre, inizialmente, carpenteria per conto terzi, gruppi per riscaldare grandi ambienti e piccole cabine per verniciare
elementi metallici e anche automobili.
Negli anni Settanta l’attività si è ampliata agli impianti e cabine per verniciare i sanitari da bagno. Un po’ alla volta, soprattutto a partire dagli
anni Ottanta, la produzione si è poi
spostata verso la realizzazione di impianti di maggiori dimensioni per verniciatura in polvere, e questa è la produzione attualmente di punta dell’azienda. Nella gamma di produzione
dell’azienda rientrano impianti per lavaggio e sgrassaggio, impianti per
pretrattamento, cabine per verniciatura, lavatrici industriali speciali, ca-
bine box pressurizzate, forni a circolazione di aria calda, impianti per
verniciatura ad immersione, cabine
per applicazione e altro ancora.
Le Officine Munari, partite trentacinque anni fa con un ristrettissimo numero di addetti e dunque a carattere
prettamente artigianale, occupano oggi una quarantina di persone ed
esportano circa un quarto della propria produzione, in modo strutturato
sui mercati di tutta Europa e in modo
più contingente nel resto del mondo.
“La nostra è una produzione che porta ad avere clienti sempre nuovi –
spiega Michele Munari, amministratore delegato e figlio del fondatore,
che è tutt’oggi presidente dell’azienda
(l’altro figlio, Massimiliano, è responsabile commerciale) – e dunque è importante poter rispondere a esigenze
specifiche con impianti costruiti su
misura, sempre comunque nel campo
del lavaggio e della verniciatura di articoli soprattutto metallici”.
Al traguardo dei trentacinque anni, le
Officine Munari arrivano tenendo il
timone ben fermo in direzione della
qualità e dell’applicazione delle tecnologie d’avanguardia.
“Puntiamo molto sulla capacità di saper percorrere le richieste del mercato, fornendo risposte alle più specifiche esigenze produttive – dice Michele
Munari –. Naturalmente, in un campo
come il nostro diventa importante anche investire in un impegno costante
di assistenza al cliente, per questo il
montaggio degli impianti e l’assistenza tecnica vengono effettuati direttamente da noi attraverso personale
specializzato”.
PERSONAGGI
Il tastierista
dei Genesis
42
Riccardo Grotto,
imprenditore
conciario
di Arzignano,
fa parte di un
complesso
musicale con
due originalità:
suona solo
musica dei mitici
“Genesis”, ed è
nato via internet
unendo cinque
musicisti e
appassionati
originari da tutte
le parti d’Italia.
U
na giovanile passione per la musica, un feeling per i suoni tecnologici e le atmosfere vocali di uno dei più
carismatici gruppi rock dei mitici anni
Settanta: i Genesis. “Da ragazzino studiavo in collegio, andavo a lezione di
pianoforte, nel tempo libero tra amici si
ascoltava parecchia musica: cassette dei
King Crimson, degli Yes, degli Emerson
Lake and Palmer… Tanta buona musica pop, ma un unico piccolo grande mito, quello dei Genesis, segnati dalla voce
inconfondibile di Peter Gabriel prima,
di Phil Collins poi, ma anche dai virtuosismi alle tastiere elettroniche (mellotron) di Tony Banks e del chitarrista
Steve Hackett”.
Non ha tradito questa sua passione musicale verso i Genesis, Riccardo Grotto,
imprenditore arzignanese, vicepresiden-
te della conceria Sirp che ha sede a Cologna Veneta e ad Arzignano ed ex presidente della sezione concia dell’Associazione industriali: per lui, quei ragazzotti inglesi dal pentagramma sofisticato – che negli anni dei Beatles, dei Rolling, degli Who, si esibivano ancora sconosciuti al grande pubblico nel tempio
londinese del rock, il Friars di Aylesbury
– oggi come ieri rimangono una fede,
“non solo da ascoltare in CD – afferma
– ma una fede musicale da praticare.
Morale: quel ragazzino che allora “consumava” album e canzoni come “Nursery Creme”, “Seven Stones” ed “Harlequiem”, “Watcher of The Sky” (quest’ultimo è il brano d’apertura del famoso vinile Foxtrot, inciso nel 1972),
alle soglie dei quarant’anni ha scoperto
che, grazie anche alla potenza di internet, la sua passione per i Genesis poteva
fare un salto di qualità. Detto fatto. Riccardo Grotto, musicista-tastierista che
sa a memoria gran parte degli spartiti
dei pezzi dei Genesis, nel giro di pochi
mesi ha messo assieme, solo ed esclusivamente via e-mail, vedremo poi come,
una band di cinque strumentisti: la Dusk e-b@nd, ovvero, come si legge nella
didascalia dell’home page del loro sito
internet (www.dusk-eband.it), “the passion for Genesis, the power of internet”.
Un tributo ai Genesis, quello di Riccardo Grotto e Company. “Suoniamo solo i
loro brani, in scaletta abbiamo un repertorio di circa due ore. Ci siamo già
esibiti in concerto. Fa piacere che ci siano già dei nostri estimatori”.
Nella vita di tutti i giorni, si diceva,
Grotto dirige un’azienda conciaria, ma
nel tempo libero si dà alla musica. “In
una stanza di casa mi sono costruito
tutto il mio mondo dei Genesis: CD, libri, pezzi di giornale, poster. In onore di
Toni Banks, il tastierista del gruppo inglese, da qualche anno colleziono organi
(su tutti primeggia il mitico Hammond), sintetizzatori, mellotron. Strumenti a tastiera che hanno fatto grandi i
Genesis, davvero dei grandi maestri nel
coniugare i suoni degli strumenti acustici con quelli elettronici”.
Mentre si racconta, suona il cellulare.
“Okay Dardo, ci vediamo sabato pomeriggio per le prove. Ricordati che dobbiamo provare e riprovare alcuni passaggi dei brani di “Selling England by
the pound”. Il concerto di Forlì è ormai
alle porte, il tempo stringe”. Il “Dardo”
al telefonino è Dardo Binetti di Bari, di
professione avvocato, un under quaranta fanatico dei Genesis nonché chitarra
della “Dusk e-b@nd”.
“Sì perché la nostra band ha alle
spalle una storia curiosa, singolare;
diciamo che siamo nati via internet,
attraverso decine e decine di e-mail”,
afferma Grotto.
– Beh, a questo punto è meglio che
ci spieghi…
“Un anno fa nella mailing della ‘Dusk
list’ è stata lanciata l’idea di dar vita ad
un gruppo che cantasse, suonasse e interpretasse solo Genesis. L’idea mi ha
stimolato, ho scritto e risposto ad una
serie di mail. ‘Ciao ragazzi, sono Roberto. Io forse potrei cantare’. Quello era
Roberto Capparucci, un professionista
informatico di Roma che adesso è la nostra voce solista, il nostro… Peter Gabriel. Poi si è fatto avanti un tale Paolo.
La sua mail era secca: ‘Se serve un bassista, io ci sono’. Con l’okay di Paolo
Bonori da Rimini il gruppo è cresciuto.
La “Dusk e-b@nd” è un gruppo di cinque
trenta-quarantenni sparsi in tutta italia: oltre il
vicentino Riccardo Grotto, ne fanno parte
altri musicisti per passione provenienti da
tutta Italia: Roma, Bari, Rimini e Bolzano.
L’idea lanciata è diventata davvero un
progetto. Dopo decine di mail, di interminabili telefonate la formazione è stata
fatta: Dardo, Paolo, Roberto, il sottoscritto e Attilio Rovai, un programmatore informatico di Bolzano con l’hobby
della batteria e delle percussioni”.
– Dopodiché?
“Qui arriva il bello, l’incoscienza. Dopo tante e-mail, trovata una sala prove ci siamo dati appuntamento a Rimini. Ci siamo visti tutti assieme per
43
PERSONAGGI
44
In apertura di servizio,
Riccardo Grotto in
concerto a Forlì.
A pag. 43, il gruppo
musicale al completo
durante un’esibizione.
Qui sopra, il disegnosimbolo della “Dusk eb@and”, probabile
copertina dell’ormai
prossimo primo CD del
complesso musicale.
la prima volta e ognuno ha fatto sentire il suo repertorio. Con soddisfazione abbiamo scoperto subito una grande sintonia, un grande affiatamento.
Abbiamo scelto e assemblato i primi
brani: ‘Dancing with the moolight
knight’, ‘I know wath I like’, ‘The
Battle of Epping Forest’. La verità?
Dopo tre week end di prove, abbiamo
debuttato in pubblico, alla facoltà di
Medicina di Bologna. Per noi si è trattato di un piccolo grande successo.
Abbiamo suonato i Genesis, la nostra
musica, quella che ci sta nell’anima.
Chi ci ha ascoltato, sempre via internet, ci ha detto che siamo in gamba,
che interpretiamo i brani di Gabriel e
company efficacemente, con buona
tecnica. Per noi, musicisti per hobby,
una grande soddisfazione”.
– E adesso?
“Ci siamo dati degli obiettivi: fare
una decina di concerti all’anno e registrare, magari già entro quest’anno,
un nostro CD”.
– Una passione sfrenata per i Genesis, insomma…
“Il rammarico è che il gruppo storico si
è sciolto troppo presto. Io ho sentito dal
vivo i Genesis solo una volta, quando si
sono esibiti nel ‘96 al Palalido di Milano. Purtroppo quella era ormai una formazione “mutante” rispetto a quella
originaria. Il cantante del gruppo era
Ray Wilson, altra cosa rispetto alle voci
di Gabriel o Collins. Del gruppo storico
conservo comunque dei filmati, e lì si
capisce perché Gabriel e Collins fanno
parte della storia del rock”.
– Tra i due, lei chi apprezza di piu?
“Si tratta di due voci e di due personalità diverse. Gabriel ha una voce
profonda, drammatica, solenne. È un
artista, un istrione al servizio della
musica. Quanto a Phil Collins, è certamente un grande interprete, ma più
orientato al business di se stesso che
alla ricerca musicale”.
– Qual è l’album o il brano dei Genesis a cui non potrebbe rinunciare?
“Non ci si può staccare da brani come
‘Firth of fifth’, ‘Second Out’, album come ‘Foxtrot’. Per chi ama la musica, per
chi sa apprezzare la strumentalità dei
Genesis questi sono brani che ti fanno
venire la pelle d’oca”.
Maurizio Mascarin
SOCIETÀ
E CULTURA
La nuova
Accademia
46
Intervista a
Fernando
Bandini, nuovo
presidente
dell’Accademia
Olimpica,
istituzione che è
punto di
riferimento per
la cultura
vicentina.
È
all’Antica Torre del Territorio (o
Osservatorio, come recita la targa
esterna), al civico 3 di largo Goethe, che
ha sede la pluricentenaria Accademia
Olimpica, fondata da 21 eruditi vicentini nel 1555. Ed è lì, in un ufficio sobrio
dove campeggia una grande foto dello
statista Mariano Rumor, che ci riceve
Fernando Bandini, da qualche tempo
presidente dell’autorevole Accademia.
“Quello affidatomi è un incarico e un
impegno che mi onora – commenta –.
Per Vicenza, ma certamente non solo,
l’Accademia Olimpica continua ad essere un punto di riferimento importante
nell’ambito dei cammini culturali. L’immagine di questa Accademia è forte,
autorevole, riconosciuta ai massimi livelli internazionali”.
Poeta (la sua prima raccolta di versi, In
modo lampante, edita da Neri Pozza, risale al 1962), traduttore e saggista (ha
appena pubblicato per Mondadori un
saggio sull’opera poetica di Pierpaolo
Pasolini): nel curriculum di Fernando
Bandini, oltre all’intensa attività di docente universitario (filologia romanza
prima, letteratura moderna poi), anche
altri incarichi di prestigio, come quello
di consigliere della Biennale di Venezia
nei primi anni Ottanta, durante la presidenza Galasso, e la direzione dell’Istituto
per le lettere, il teatro, il melodramma
della Fondazione Giorgio Cini.
– Professor Bandini, c’è attenzione
alla cultura, in questa Vicenza?
“Noto che le librerie del centro sono ben
frequentate, spesso affollate; che ai concerti di musica classica c’è sempre parecchio pubblico, attento e preparato.
Magari è vero che c’è poca offerta di teatro, nonostante la presenza di buone
compagnie locali come i Carrara, la
Trappola… Nel complesso, la vita culturale di Vicenza è sufficientemente vivace. Certo, come in tante altre cose si potrebbe fare di più, di meglio, ma la mia
opinione è che a Vicenza la cultura e gli
appuntamenti culturali non mancano”.
– Come è cambiato nel tempo il modo di fare cultura a Vicenza?
“Io appartengo ad una generazione in
cui le vocazioni artistiche-culturali era-
no, come dire, selettive, quasi intime.
Nella Vicenza degli anni Cinquanta-Sessanta, ricordo che ci si ritrovava tra amici a leggere poesie, a commentare dei
saggi. Si era un gruppetto di una dozzina di persone, ci si organizzava assieme
per andare a vedere le mostre che ritenevamo di maggior interesse. Eravamo, rispetto ad oggi, in un’altra Vicenza. Allora questa città mancava di un vero respiro culturale. Erano i giovani che si
muovevano, che si davano da fare. Non
è poi un mistero che quella era una Vicenza fortemente clericale, dove c’era
poco spazio per il pensiero laico”.
– Da chi era composto quel gruppetto di giovani intellettuali a cui fa
riferimento?
“C’era, per intenderci, Neri Pozza, c’erano i cugini Girotto, Gino Nogara e Antonio Ferio. Persone che in quella Vicenza,
non certo benestante come quella attuale, avevano la forza intellettuale e artistica del loro pensiero. Per lo più ci si trovava al Caffè Garibaldi: lì si discuteva, si
buttavano giù idee e iniziative. Si intrattenevano rapporti con tanti scrittori,
poeti, attori, pittori… Ricordo bene
quando invitammo l’allora sconosciuto
poeta Andrea Zanzotto: fece una serata
incentrata sull’esistenzialismo, le sue sottili riflessioni furono molto apprezzate”.
– Dai cenacoli ristretti di allora al
presente, a questa Vicenza.
“Adesso l’articolazione culturale a Vicenza, e nel Vicentino nel suo complesso,
è molto più ampia. Possiamo vantare intellettuali e docenti universitari vicentini
di alta qualità, conosciuti non solo in
Italia ma anche all’estero”.
– Eppure le buone teste di casa nostra hanno spesso dovuto emigrare.
Non è che siamo in una città, in una
provincia ingrata?
“Già, i cervelli che scappano via dalla
provincia. Mi creda, il fenomeno della
‘diaspora’ degli intellettuali non è un’anomalia vicentina, nelle realtà di provincia succede più o meno dappertutto.
Certo, si dirà che Padova le teste se le
tiene, ma lì c’è un’antica università, e
questo fa indubbiamente la differenza
con Vicenza. Non dimentichiamoci poi
che da noi sono nati soprattutto umani-
47
In queste pagine,
alcune istantanee di
Fernando Bandini, con il
quale la presidenza
dell’Accademia Olimpica
è tornata ad essere
espressione del mondo
umanistico.
E CULTURA
SOCIETÀ
Fernando Bandini è
nato a Vicenza nel 1931.
È stato docente di filologia
romanza e di stilistica metrica italiana all’Università
di Padova, nonché docente di
letteratura italiana moderna e
contemporanea all’Università di
Ginevra. Attualmente insegna alla
Bocconi, nell’ambito di un corso di
laurea per dirigenti in attività culturali.
Tra le sue opere ricordiamo: “Per partito
preso”, edito da Neri Pozza; “Memoria del
Futuro” e “La mantide e la città”, pubblicati
nella collana Lo specchio di Mondadori;
“Santi di dicembre” e “Meridiano di
Greenwich” editi da Garzanti.
Gli studi di Fernando Bandini saggista riguardano il linguaggio poetico contemporaneo; suo è
un apprezzato commento ai Canti di Leopardi.
sti, letterati; per loro trasferirsi in città
più interessanti da questo punto di vista
era pressoché una scelta obbligata”.
– Non la pensava così Neri Pozza,
che fu il suo primo editore.
“Questo è vero. Neri Pozza è sempre stato fedele a Vicenza, nonostante tutto. Ma
la sua scelta era una eccezione, non la
norma. Neri Pozza era convinto che lo
scrittore, l’artista di talento non avesse
bisogno di emigrare per affermarsi. A
questo proposito ho letto di recente alcune lettere degli anni Trenta-Quaranta
che Neri Pozza scrisse all’amico pittore
vicentino Italo Valenti, emigrato nel
Canton Ticino. Da grande estimatore di
Valenti, Pozza gli manda lettere furiose.
‘Andandotene in Svizzera, scrive Neri,
impoverisci Vicenza, il tuo talento farebbe bene a questa città’. Neri Pozza era
così, diceva di getto quel che pensava e
non le mandava a dire”.
– Intellettuali e politica a Vicenza:
professor Bandini, come è stato nel
corso degli anni questo rapporto?
“Diciamo che il potere politico locale
non ha mai chiesto in maniera significativa il contributo degli intellettuali.
L’unico che secondo me si è posto fuori
dal coro è stato Guglielmo Cappelletti
(siamo negli anni Cinquanta-Sessanta),
fondatore e artefice del CISA, il Centro
internazionale di studi di architettura.
Da buon amministratore cittadino Cappelletti sapeva ascoltare con sensibilità
le opinioni e le idee dei giovani intellettuali di allora”.
– E come considera il rapporto tra
mondo dell’industria e mondo della cultura?
“Una cultura che guarda avanti non
può che rappresentare una risorsa importante per un tessuto imprenditoriale,
come quello vicentino, solido, capace,
innovativo. Impresa e cultura hanno
perciò bisogno di fare maggior sinergia,
riscoprendo assieme una nuova centralità. Succedeva a fine Ottocento, quando l’Accademia Olimpica esprimeva,
con Fedele Lampertico e Alessandro
Rossi, una classe dirigente di alto profilo. E proprio in quest’ottica intende
porsi l’Accademia Olimpica. Che, ieri
come oggi, ha un compito ben preciso:
promuovere ricerca, svolgere attività
culturale per divulgare i nuovi elementi
della conoscenza”.
Maurizio Mascarin
48
SOCIETÀ
E CULTURA
Missionari
nella rete
50
Avviata dalla
diocesi vicentina
un’iniziativa
unica nel suo
genere: un
portale internet
dedicato alle
missioni
diocesane
beriche nel
mondo. Un
progetto voluto
da mons.
Giacomo Bravo,
recentemente
scomparso, e
supportato anche
da imprenditori
privati vicentini.
L’
8 settembre è da sempre un appuntamento di grande valenza simbolica e spirituale per Vicenza. La tradizionale ricorrenza religiosa cittadina è stata
scelta per lanciare un messaggio universale di fratellanza e solidarietà sfruttando il più potente mezzo di comunicazione oggi esistente: internet.
Dopo l’evento mediatico della “benedizione on-line” impartita per la prima
volta al mondo l’8 settembre 2000, il
portale internet “Vicenza.com” creato
da Maurizio Sangineto ha dato visibilità
mondiale, attraverso la Rete, ad un altro
importantissimo “ramo” della religiosità
berica: i missionari vicentini.
Dalla collaborazione di “Vicenza.com”
con la diocesi vicentina, e in particolare
con l’Ufficio per la pastorale missionaria e il seminario, a lungo guidato dal
compianto mons. Giacomo Bravo, ha
preso simbolicamente il via l’8 Settembre 2002 un progetto internet intera-
mente dedicato ai missionari vicentini e
alle loro opere.
I missionari vicentini nel mondo sono
1080, appartenenti alle diverse congregazioni religiose e agli istituti propriamente missionari come le Missioni Estere (i Saveriani), il PIME, i Comboniani,
gli Scalabriniani, i Padri Bianchi e i
Verbiti. A questi si aggiungono una ventina di laici volontari e 27 preti diocesani che prestano temporaneo servizio come missionari in Ecuador, Brasile, Colombia, Venezuela, Camerun e Thailandia. Con i suoi missionari la diocesi di
Vicenza è presente in tutti i continenti e
in quasi tutti i paesi.
Il progetto tutto vicentino di un portale
internet per le missioni della diocesi nel
mondo (www.missioni.vicenza.com), rimane a testimonianza dell’eredità di
mons. Bravo, perito nel febbraio scorso
insieme con mons. Antonio Doppio, arciprete di Schio, in un incidente stradale
in Sudan. A mons. Bravo va dato merito
di aver anticipato i tempi, avendo compreso subito l’importanza che la comunicazione on line può avere anche nel
campo dell’evangelizzazione e della promozione dei valori del Cristianesimo.
Finalità primaria del progetto è la sensibilizzazione dell’opinione pubblica affinché possa aiutare i missionari nello svolgimento del loro compito attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie. Il nuovo
portale è un importante strumento interattivo che consente a chiunque desideri
aiutare i missionari, di poterlo fare in
maniera innovativa e semplicissima, direttamente via internet.
L’obiettivo, in definitiva, è quello di
sviluppare e far conoscere le iniziative
missionarie e le possibilità delle adozioni a distanza ad un pubblico sempre
più vasto, anche a chi non frequenta la
chiesa e non segue l’attività diocesana.
La convinzione è che per allargare il
valore di queste iniziative bisogna
estenderne la visibilità.
Il sito dei missionari vicentini punta a
sfruttare le potenzialità dell’informazione on line per mettere in contatto con il
mondo delle missioni anche quella parte
di opinione pubblica che ha sensibilità
sociali e umane avanzate pur senza viverle all’interno di strutture cattoliche.
Uno degli aspetti più pregnanti è quello
delle adozioni a distanza. È un fenomeno che interessa a molti, ma un ostacolo
in certi casi deriva dal fatto che per fare
un’adozione a distanza bisogna recarsi
in diocesi. Il portale dei missionari diventa ora uno strumento che consente a
chiunque di fare un’adozione a distanza
attraverso il computer di casa.
Inizialmente il portale ha avuto una valenza culturale-informativa. È stata infatti diffusa in versione elettronica on-li-
51
In apertura, una pagina
del sito dei missionari
vicentini, nell’area
dedicata alle adozioni.
Qui a fianco,
un’immagine di vita
quotidiana in un
villaggio africano.
Nella pagina successiva,
mons. Giacomo Bravo,
primo sostenitore
dell’iniziativa, scomparso
di recente in un incidente
stradale in Sudan.
E CULTURA
SOCIETÀ
52
L’attività dell’Ufficio diocesano
per la pastorale missionaria
L’Ufficio diocesano per
la pastorale missionaria
è impegnato soprattutto
sul fronte dell’animazione
missionaria dei gruppi parrocchiali e delle zelatrici delle
Opere Missionarie del Papa.
Come centro missionario cura il
collegamento con tutti i missionari vicentini nel mondo, promuove
la Giornata missionaria mondiale,
la Giornata dell’infanzia missionaria
(6 gennaio), la Giornata mondiale dei
lebbrosi e la Giornata nella memoria dei
missionari martiri il 24 marzo.
Cura la formazione dei responsabili parrocchiali e vicariali e sostiene direttamente i missionari con le adozioni a distanza e il finanziamento di progetti di promozione umana. Pro-
muove anche un corso di preparazione al volontariato laico missionario.
Esempio di progetti di grande impegno sono
l’Ospedale di Wolisso in Etiopia realizzato in
collaborazione con il CUAMM di Padova (Collegio universitario aspiranti medici missionari)
e l’Ospedale di Alépé in Costa d’Avorio, tuttora
in costruzione.
A questi due grossi interventi a favore del mondo missionario si aggiungono numerosi mini
progetti come la costruzione di pozzi, cappelle,
dispensari, centri di formazione tecnico agraria e di catechesi. L’ufficio è diretto da un delegato vescovile e si avvale della collaborazione
di due commissioni, quella delle Zelatrici delle
Pontificie Opere Missionarie e quella del Centro missionario diocesano, composta da rappresentanti degli Istituti missionari e dei gruppi parrocchiali.
ne la rivista dei missionari vicentini,
“Chiesa Viva”, resa così visibile in tutto
il mondo. Il progetto è stato poi completato con altre funzionalità più “strategiche”. A partire infatti dalla simbolica
data del 20 Ottobre 2002, Giornata
mondiale dei missionari, è già possibile,
ad esempio, fare donazioni e adozioni a
distanza direttamente on-line, entrare in
contatto diretto con i missionari impegnati nel mondo, conoscere in tempo
reale le iniziative e le necessità più urgenti, e presto anche acquistare i prodotti dell’artigianato dei paesi poveri e molto ancora. Il portale dei missionari vicentini ha già permesso l’adozione di
molti bambini da ogni parte del mondo.
Si tratta, in definitiva, di un’iniziativa
che per la sue caratteristiche di innovazione non sembra avere eguali al
mondo e conferma Vicenza e la comunità vicentina in prima linea sul fronte
della solidarietà.
E proprio in questo senso va infine sottolineato che il progetto ha potuto nascere grazie anche al contributo concreto
del Gruppo Mastrotto di Arzignano. È
stato infatti Bruno Mastrotto, presidente
del colosso conciario arzignanese e da
sempre attivo nel mondo del volontariato, a lanciare l’idea e a fare da trait d’union tra le parti.
SOCIETÀ
E CULTURA
Casa
Ricordi
I ricordi della
Vicenza
degli ultimi
cinquant’anni
nelle parole di
Walter Stefani,
autore del libro
“Carosello
vicentino”.
54
R
icordi di vicentinità. Ricordi di persone, cose e fatti della “Vicenza che
fu” prima, durante e dopo la guerra. Ti
porta indietro nel tempo, Walter Stefani. Ti fa immaginare la vita di una città
che, per via del tempo, è inevitabilmente passata via. Racconta con penna brillante di quando a Vicenza c’erano i teatri (Verdi ed Eretenio), il cinematografo
Edison, il mitico bar Italia di Pazza Castello (al pianoterra di palazzo Piovini),
senza dimenticare le nostrane sale da
ballo e le altrettanto “nostrane” trattorie: Al Giardinetto di Corso San Felice,
da Mantoan in stradella del Gas, Al Canarino in Corso Fogazzaro.
Come lui stesso ricorda, “in famiglia
mi chiamano Casa Ricordi”. Ricordi,
appunti e memorie che Walter Stefani
ha confezionato in maniera brillante
in “Carosello Vicentino: comprimari
in una città d’autore”, un libro che si
fa leggere tutto d’un fiato, che racconta di personaggi, angoli e contrade
cittadine ormai consegnate alla storia.
– Per dire, Stefani, che Vicenza,
quella che sta nei suoi ricordi, non
esiste più?
“Inevitabilmente la città è cambiata. La
gente, il modo di vivere e lavorare è
cambiato. Del resto adesso siamo nel
terzo millennio, non nel 1946. Vicenza
da allora è maturata, è diventata un
modello industriale ed economico invidiato. Era ed è la città del Palladio, ma
è anche la città dell’oro e dell’oreficeria.
Si vive bene, si vive nel benessere; peccato che da parecchi lustri la città sia
orfana del suo teatro. Nel mio libro parlo del loggione, dei ‘palchettisti’ dell’Eretenio… Beh, quelli sono appunti e
memorie per i nostri giovani”.
– Ma adesso è deciso: Vicenza avrà
nuovamente il suo teatro.
“Questo è un fatto positivo, importante.
Costruito lo spazio, costruita la struttura, mi domando però se Vicenza sarà in
grado di mantenersi un teatro. Oggi i
costi di programmazione e gestione dei
teatri sono altissimi. Per come la vedo
io, Vicenza poteva già avere un suo teatro: l’oratorio dei Proti si configurava
ideale per questa destinazione d’uso. In
alternativa, senza costruirne uno nuovo, lo stesso auditorium della Fiera potrebbe benissimo fungere, con un minimo di interventi, da spazio teatrale. Ma
queste sono idee mie e di qualcun altro.
Ben venga dunque la realizzazione del
nuovo teatro”.
– Giriamo pagina, Stefani. Buttiamoci nel passato, nella storia: come
esce Vicenza dalla guerra sotto il
profilo urbanistico?
“Macerie e distruzione. La Vicenza del
1946 era una città ferita, distrutta dalle
bombe lanciate dal cielo dai tanti ‘Pippo’ che la sorvolavano di notte. Bombardati monumenti, chiese, fabbriche…
Tutto giù: il Municipio, la Basilica Palladiana e la Torre di Piazza bruciati;
Duomo e Vescovado distrutti, uffici dell’Amministrazione provinciale, Prefettura, Tribunale crollati…”.
– Danni enormi, insomma.
“Come no! Lei pensi solo a Corso Palladio: dalla chiesa di San Gaetano all’allora sede della Camera di commercio, era come trovarsi in una sorta di
distesa lunare. Palazzi sventrati, macerie… Ecco, i teatri: Verdi ed Eretenio anch’essi colpiti, come pure l’auditorium Canneti”.
– Poi la ricostruzione, il via alle piccole grandi cose da fare…
“Proprio così. Con i pochi mezzi di
allora, ma con tanta buona volontà,
Vicenza cercò di rientrare nella normalità. Sgombrate dapprima le macerie dalle strade, furono messe in se-
sto le abitazioni. Ricordiamoci che un terzo dei
vani abitativi del centro
erano danneggiati o
distrutti. L’allora vice
sindaco, professor Carlo Segato,
mobilitò la gente dell’Altopiano di
Asiago per recuperare le assi di legno
destinate al riassetto della Basilica;
quelle travi poi furono barattate con
altri legnami, tecnicamente più idonei all’opera di ristrutturazione della
Basilica. Mi creda, c’era la volontà
corale di tutti i cittadini a rimettere
in ordine Vicenza. Già nel ‘46, ad
esempio, ai Giardini Salvi si riaprirono i battenti della Fiera Campionaria; all’inizio degli anni Cinquanta il
vescovo, monsignor Zinato, affidò all’impresa Maltauro i lavori di ricostruzione del Duomo e del Vescovado.
C’era attivismo, insomma, e i vicentini volevano cancellare in fretta i segni
della guerra”.
Nella pagina a fianco,
sopra una cartolina di
viale Roma con il Teatro
Verdi, nella Vicenza dei
primi decenni del secolo;
sotto, Toni Sucarini
(Antonio Gardin),
venditore di medaglie,
rosari e cartoline, a Monte
Berico nel 1946.
Qui in alto, giovani
vicentini in jeep
reclamizzano un film degli
anni Cinquanta al cinema
di viale Roma.
Nella foto piccola,
Walter Stefani.
E CULTURA
SOCIETÀ
56
Sopra, la squadra del
Vicenza Calcio nel 1940
in ritiro a Valdagno.
Sotto, foto di gruppo
davanti al bar Milani di
corso Fogazzaro, alla
partenza col torpedone
per un gita domenicale.
– Lei accennava ai primi Anni Cinquanta…
“Anni singolari, quelli. Di schei ne giravano pochi, ma tra la gente c’era tanta
voglia di fare, di uscire dalla fame. Con
Guglielmo Cappelletti, assessore alle finanze e deputato alla Costituente, Vicenza diede ufficialmente il via alla sua
prima zona industriale, localizzata nell’area di Sant’Agostino. Sempre a Cappelletti, unitamente al sindaco Zampieri
e allo storico dell’arte Renato Cevese, si
deve anche la creazione del centro inter-
nazionale di architettura ‘Andrea Palladio’. Tra i vicentini, tra la gente comune
‘tirava aria di fare’. Si lavorava, ma anche ci si divertiva nelle balere; nelle serate d’estate si andava a ballare ‘Al
Giardino’ di Motton San Lorenzo, oppure alla ‘Lanterna Verde’ in Corso San
Felice, al ‘Biancorosso’ ai Ferrovieri”.
– Come si presentava Vicenza negli
anni Sessanta?
“Siamo di fronte ad una Vicenza già più
ricca, che gode di un certo benessere. Di
domenica si andava al cinema o al Menti a tifare biancorosso. Il sindaco della
città era Dal Sasso. Nel corso della sua
amministrazione prese forma il Villaggio del sole: con centinaia di appartamenti il ‘biscione’ ai suoi tempi rappresentava una novità. Poi venne l’amministrazione Sala, che aprì una interessante fase in ambito urbanistico. Vicenza fu tra le prime città italiane a compiere un salto di qualità con il piano di
rivitalizzazione e recupero del centro
storico. Con Sala, uomo aperto alle innovazioni anche se un tantino accentratore, Vicenza crebbe in termini di infrastrutture: partirono in quegli anni i lavori per l’edificazione della Fiera, del
palazzetto dello sport, venne ristrutturato l’auditorium Canneti e aperta al pubblico la grande area verde del Parco
Querini. Come dice il professor Brunetta, in quegli anni Vicenza divenne più
colta, dopo essere diventata più ricca. In
quest’ottica anche l’immagine di Vicenza si sprovincializzò: attraverso alcune
iniziative promosse dall’ente del turismo
berico la città del Palladio si fece conoscere ed apprezzare nel mondo”.
Maurizio Mascarin
SOCIETÀ
E CULTURA
Segni
del Novecento
58
A palzzo LeoniMontanari di
Vicenza una
mostra dedicata
ai disegni, ai
libri illustrati e
alle incisioni che
fanno parte
della donazione
Neri Pozza alla
Fondazione Cini
di Venezia.
H
a preso avvio a Palazzo Leoni Montanari di Vicenza la prima tappa di
un’ampia esposizione temporanea promossa dalla Fondazione Giorgio Cini di
Venezia e da Banca Intesa, dedicata ai
disegni, ai libri illustrati e alle incisioni
oggetto della donazione Neri Pozza alla
Fondazione veneziana. Suggello all’antica amicizia che legava l’editore vicentino
all’istituzione culturale di Venezia, la donazione è costituita da un corpo di opere
raccolte lungo un arco di oltre quarant’anni, dal secondo Dopoguerra alla
fine degli anni Ottanta.
La mostra, curata da Giuseppe Pavanello, direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione veneziana, presenta
un percorso ritmato da oltre duecento
opere e articolato in tre sezioni.
La sezione “Disegni” è costituita da 91
tavole e vi si ritrovano gli schizzi di autentici maestri del Novecento come De
Pisis e Morandi accanto alle suggestioni
di Rosai, Viani o Fasan, o alle opere di
Guttuso, Zancanaro,
Luzzati, De Maria,
Quaglia, Music e altri.
Più di cento “Incisioni” sono poi presentate in mostra nell’omonima sezione che
pubblica in catalogo l’intero fondo di
quattrocento opere: si possono ammirare
le acqueforti di Barbisan, Bartolini, Castellani, Zancanaro, unitamente alle
puntesecche e ai linoleum di Maccari.
La sezione “Libri di pregio moderni”
conta 38 volumi sui 74 donati da Pozza
alla Fondazione. La scelta del collezionista abbraccia una dimensione europea e rivela un amore particolare per
l’intima connessione fra narrazione e illustrazione.
L’origine asistematica della raccolta è
strettamente legata alla ricca e sfaccettata personalità del collezionista. Neri Pozza (1912-1988) non fu solamente un
editore di successo: fu anzitutto un uomo
del Novecento, immerso a tal punto nello
spirito a volte travagliato del secolo da
divenire egli stesso scrittore, poeta, scultore ed incisore.
Grazie alle vaste frequentazioni, Pozza
acquisì una conoscenza capillare del
mondo della letteratura e dell’arte e
strinse legami di sincera amicizia con
molti artisti. Un particolare rapporto di
viva stima e cordialità venne intrecciato
con la Fondazione Cini: la donazione
della raccolta di grafica ne rappresenta il
momento culminante, tanto da apparire
quasi come una sorta di testamento anzitutto spirituale.
Su questo sfondo fatto di intensi rapporti umani si colloca la mostra Segni
del Novecento, il cui stesso titolo riflette
una pluralità di significati: il gesto grafico del creatore d’arte che spesso racchiude in nuce l’anima del proprio tempo; lo spirito mecenatizio del donatore
che affida il proprio tesoro privato alla
comunità culturale; la rilevante attività
di raccolta, studio e conservazione di
un’istituzione come la Cini che accompagna e promuove, la crescita culturale
del Paese nell’intera seconda parte del
secolo appena concluso.
La vasta raccolta di disegni del Novecento del lascito Neri Pozza alla Fondazione
Giorgio Cini di Venezia non costituisce
un corpus omogeneo: l’acquisizione delle
opere da parte di Pozza, svoltasi in un
arco di tempo assai vasto, è legata a incontri e frequentazioni di artisti-amici,
spesso dipendente dalle vicende della sua
vita privata e dunque non sistematica.
I 74 libri moderni illustrati rientrano in
quel genere di libri che meglio degli altri
sembra rappresentare la passione più
profonda e privata dell’editore vicentino:
quello del libro di pregio e, spesso, d’artista, con grafica originale e a tiratura limitata. Appartengono a questo gruppo
innanzitutto alcuni dei libri d’artista da
lui editi; quelli illustrati dagli amici come
Leonardo Castellani o Corrado Balest e
quelli con grafica dei disegnatori e degli
incisori da lui collezionati come Mino
Maccari o Luigi Bartolini.
Il fondo delle 400 incisioni donate da Neri Pozza, tutte riprodotte in catalogo, è
composto da opere di Mino Maccari,
Leonardo Castellani, Giovanni Barbisan,
Tono Zancanaro e Luigi Bartolini. Di
questi cinque autori Neri Pozza ha cercato di raccogliere i lavori più significativi,
con scelte guidate da un gusto sicuro e
soprattutto dalla volontà di disporre di
un corpus comprendente esempi dell’intera produzione di ciascuno. Ciò gli è riuscito in modo mirabile, al punto che non
esistono, per almeno tre di tali incisori
(Castellani, Zancanaro e Barbisan), col-
Nell’altra pagina, Ritratto
di Neri Pozza, matita su
carboncino di Corrado
Balest (1965). A sinistra,
una tavola di Mino
Maccari da un libro di
Palazzeschi (1951).
Sotto, a sinistra Corridore
in bicicletta, inchiostro su
carta di Filippo De Pisis
(senza data).
A destra, Donna dai tre
volti, linoleum di Mino
Maccari (senza data).
lezioni private o pubbliche parimenti
complete, mentre per un quarto (Bartolini), Neri Pozza ha saputo mettere insieme una raccolta che, dopo quella di Sebastiano Timpanaro, risulta la più ricca
di pezzi rari e di altissima qualità.
59
RUBRICHE
ASSOFLASH
Guido Scomparin guida
il Raggruppamento
di Valdagno
proseguire nella continuità dice –. La parte importante della
nostra attività continuerà ad
essere data dallaformazione e
dai rapporti con il mondo della
scuola, cercando di avvicinare
quest’ultimo al mondo dell’impresa, e viceversa”.
Creazzo), Luigi Mosele (Mosele
Elettronica, Costabissara), Gianmaria Pasqualotto (G.S.A., Sovizzo) e Alberto Zamperla
(Zamperla, Altavilla Vicentina).
Luigi Bonotto presidente
della sezione laniera
Vicenza nord ovest:
Egidio Scorzato
confermato presidente
60
Guido Romeo Scomparin è stato
eletto alla presidenza del Raggruppamento di Valdagno dell’Associazione. Subentra a Francesco Battistella, giunto a fine
mandato.
Scomparin, che ha 42 anni, è
sposato e ha un figlio, è amministratore della Lariplast, azienda
di Cornedo Vicentino che occupa venti addetti e produce etichette, distintivi e fregi sia per il
mercato civile che militare (è
fornitore di alcuni ministeri
itlaiani e di alcune forze armate
europee). È inoltre titolare della
Larigraf, società con tre addetti
che si occupa della progettazione, grafica e stampaggio per
conto della Lariplast.
Fino ad oggi Scomparin si è
occupato, all’interno del Raggruppamento, in particolare
dei temi della formazione e
dell’orientamento. “Intendo
Egidio Scorzato è stato confermato presidente del Raggruppamento Vicenza Nord Ovest dell’Associazione Industriali, che
conta 160 aziende associate in
un’area compresa tra i comuni di
Altavilla, Arcugnano, Costabissara, Creazzo, Gambugliano,
Isola Vicentina, Monteviale e Sovizzo. Scorzato guida un consiglio direttivo compposto da Michele Adda (Ompar, Arcugnano), Romano bisin (Sepran, Isola
Vicentina), Franco Ferappi (Ferappi Industria Serigrafica,
Rinnovo al vertice della sezione
Laniera dell’Associazione. Luigi
Bonotto, amministratore del lanificio Bonotto di Molvena, è stato nominato presidente, subentrando a Giovanni Battista Bertollo Conte, giunto a scadenza di
mandato.
Vicepresidente è stato nominato
Francesco Ziche (Filati di Ziche,
Zanè). Il consiglio della sezione è
poi completato dalla presenza di
Benedetto Berti (Finish Service
Co., Villaverla), Margherita
Chioccarello (Manifattura Lane
Chioccarello, Torrebelvicino),
Bruno Cortiana (Lanificio di
Schio, Schio), Mario Ferrarin
(Lanificio Angelo Ferrarin, Thiene) e Stefano Sassi (Marzotto,
Valdagno).
Antonio Bonazzi
presidente dei tessili
non lanieri
Il Raggruppamento di
Schio in visita alla Ferrari
Antonio Bonazzi, presidente
della Montebello, azienda che
ha sede a Montebello Vicentino
e si occupa di filatura, tintoria,
tessitura e finissaggio di cotone, è stato eletto alla presidenza della sezione industrie tessili
non laniere dell’Associazione,
subentrando a Michele Eger,
giunto alla scadenza del proprio mandato.
Vicepresidentre è Giuseppe Baldassare Bigolin (Cotonificio Valbrenta, Cartigliano). Gli altri
componenti del consiglio direttivo della sezione sono Carlo Bocchese (Bocchese Tessuti, Vicenza). Michele Eger (Coniugi Eger,
Mussolente), Andrea Maule
(Torcitura Vittorio Maule, Castegnero) e Giorgio Tombel
(A.Tombel & Figli, Vicenza).
Il consiglio direttivo del Raggruppamento di Schio dell’Associazione Industriali ha fatto visita al quartier generale della
Ferrari, a Maranello e in particolare alla Gestione sportiva della scuderia. Gli imprenditori
scledensi, guidati dal presidente
Mario Ciscato e dal vicepresidente Luigi De Tomi, hanno assistito ad una sessione di prove
dei bolidi di Formula Uno nell’autodromo di Imola, hanno incontrato Michael Schumacher e
Rubens Barrichello e il responsabile della Gestione sportiva
Jean Todt. Proprio l’incontro
con Todt ha rappresentato il
momento più importante della
giornata del direttivo del Raggruppamento a Maranello.
“È stata l’occasione per conoscere in modo diretto la complessa
organizzazione interna della Ferrari, che nel gruppo corse occupa
800 persone, e la filosofia aziendale impressa da Todt e dal presidente Luca di Montezemolo –
osserva Mario Ciscato –. Una
delle cose su cui Todt più ha insistito nel lungo incontro che abbiamo avuto con lui è l’importanza di perseguire un obiettivo
sul lungo periodo, se ci si crede,
anche quando i risultati non dovessero arrivare velocemente. È
facile essere portati a cambiare
quando le cose non vanno bene:
è meno facile invece tirare avanti per la propria strada con coerenza, sapendo ragionare in termini di prospettiva. La Ferrari è
un esempio di questa verità: tante sono state le critiche alla gestione Todt quando i risultati
non arrivavano, molti di più sono gli elogi ora che la Ferrari è
diventata la scuderia esempio
per tutti”.
Il progetto “punti neri”
della viabilità
nel Bassanese
Nell’ambito dell’azione che
l’Associazione industriali sta
svolgendo da tempo in tutta la
provincia per contribuire a risolvere una serie di “punti neri” della viabilità locale, è stato
messo a disposizione per l’area
di Bassano un finanziamento
complessivo di circa 26 mila
euro a parziale copertura dei
costi di progettazione di interventi per eliminare situazioni
viarie difficili all’interno dei
comuni di Cassola, Solagna e
Molvena.
I progetti finanziati riguardano
61
RUBRICHE
62
il miglioramento della mobilità
in alcuni punti di accumulo del
flusso veicolare a Cassola, una
bretella di collegamento tra la
Vecchia e la Nuova Gasparona
a Molvena, la sistemazione di
incroci pericolosi con la statale
47 della Valsugana a Solagna. I
contributi per le singole opere
sono stati consegnati dalla presidenza del Raggruppamento
di Bassano direttamente ai sindaci dei comuni interessati:
Antonio Pasinato per Cassola,
Eugenio Azzolin per Molvena e
Gian Andrea Bellò per Solagna.
Questi finanziamenti rientrano,
in un’azione di più ampio respiro che l’Assindustria sta portando avanti per dare un aiuto
pratico all’eliminazione di alcune situazioni critiche lungo le
strade vicentine e trovare soluzioni concrete per rendere più
sicuro e fluido il traffico.
Pubblicata la nuova
edizione del repertorio
“Vicenza Produce”
L’Associazione ha dato alle
stampe la nuova edizione, ag-
giornata a fine 2002, di “Vicenza Produce”, il repertorio
delle aziende associate, vera e
propria carta d’identità del
mondo produttivo vicentino
che fa capo all’Assindustria.
“Vicenza Produce, realizzato
sia in volume che in cd-rom e
disponibile anche sul sito internet dell’Associazione,
(www.assind.vi.it) contiene
tutti profili aziendali delle
imprese associate, con nome,
sede e indirizzo, produzione,
numero di addetti, classe di
fatturato.
Osservatorio
Nonostante le incertezze del quadro geopolitico mondiale e la debolezza della congiuntura internazionale, l’industria vicentina
continua a produrre e a esportare in tutto il mondo. L’ultimo trimestre del 2002 si è chiuso con
un indice positivo per quanto riguarda i livelli produttivi complessivi.
Nel periodo ottobre-dicembre
2002 il saldo produttivo nell’industria vicentina ha evidenziato
un andamento più che discreto,
ritornando su valori positivi. A
fronte del 26% di aziende che ha
segnalato cali produttivi, infatti,
c’è un 46% che ha dichiarato
aumenti di produzione. Il saldo,
dunque, risulta positivo di 20
punti: non è poco se si pensa che
sia nel secondo che nel terzo trimestre 2002 il saldo era stato
negativo di 2 punti.
Il risultato, peraltro, può essere
spiegato in parte con l’esaurirsi a
fine anno dei benefici fiscali previsti dalla legge Tremonti-bis.
Ciò ha fatto concentrare a ridosso della scadenza molti degli investimenti previsti nelle aziende.
Le esportazioni non hanno avuto
un andamento così marcatamente positivo: il saldo tra aumenti e
diminuzioni dell’export negli ultimi tre mesi del 2002 è passato
dal +4 del terzo trimestre al +8
di questo, a significare che l’aumento della produzione va
ascritto soprattutto all’andamento della domanda interna.
Il portafoglio ordini conferma il
confermato negativo, sullo stesso
livello del trimestre precedente: il
21% delle ditte ha segnalato incrementi nel numero degli addetti, mentre il 25% ha avuto un
calo, sicché il saldo è stato negativo di 4 punti, tanti quanti nel
terzo trimestre dell’anno.
Le previsioni per i primi mesi
dell’anno evidenziano una leggerissima prevalenza di ottimisti in
un contesto comunque estremamente incerto. Sia la domanda
interna che quella estera dovrebbero posizionarsi su livelli molto
vicini a quelli di fine 2002. Solo
un’azienda su cinque prevede un
aumento del livello di investimenti nel 2003.
miglioramento congiunturale:
aumenta dal 12% al 21% la percentuale di imprese con lavoro
assicurato per un periodo abbastanza lungo (più di tre mesi), e
diminuisce dal 57% al 46% la
percentuale di chi ha commesse
in portafoglio per un periodo più
breve (da 1 a 3 mesi).
Rimane stabile al 39% la quota
di aziende che segnala ritardi negli incassi e non si modifica sostanzialmente anche la situazione di liquidità delle imprese, che
viene definita buona dal 27%
delle aziende, normale per il
54% e tesa per il 19%.
Infine l’occupazione: in questo
caso il saldo occupazionale si è
PRODUZIONE ed EXPORT
Saldi di opinione
60
50
40
PRODUZ.
30
20
10
EXPORT
0
-10
-20
1988
1989
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
LA PROVINCIA IN CIFRE - 2002
Superficie territoriale
kmq. 2.722
Popolazione
790.000
Famiglie
296.000
Imprese attive non agricole
62.707
Occupati
368.000
– in agricoltura
12.000
– nel settore produttivo
186.000
– nel terziario
170.000
Tasso disoccupazione
2,0%
Fatturato industria
40,97 miliardi di E
Esportazioni
11,19 miliardi di E
Importazioni
6,61 miliardi di E
Reddito lordo*
18,5 miliardi di E
Sportelli bancari*
558
Impiegati bancari*
16,5 miliardi di E
Depositi bancari*
7,3 miliardi di E
Veicoli circolanti*
598.000
* dato riferito al 2001
1998
1999
2000
2001
2002
PRODUZIONE
4º trimestre 2002
Saldi di opinione
0
Abbigliamento
Tessile
-22
Alimentare
-25
Concia
8
Mobile
-22
Mat. plastiche
19
Orafo
7
Meccanico
-30
40
-20
-10
0
10
20
30
40
50
63
Inflazione
I settori industriali. Dati di base per il 2002
variazioni %
Unita locali
Adetti
Fatturato (milioni E)
1.312
1.136
659
250
736
165
990
20.300
6.170
8.340
3.980
8.600
1.480
1.530
7.960
3.415
3.800
1.840
786
3.170
202
476
1.350
979,6
168,2
288,6
367,7
1.714,7
6,0
175,0
205,7
2.097
525
7.309
1.178
204
769
9.680
7.720
59.910
12.680
3.510
16.100
1.826
1.444
12.460
4.310
900
2.448
355,4
300,4
3.506,0
1.826,2
559,3
747,0
64
1998 1999 2000 2001 2002 2003
Export (milioni E)
Occupati totali in Italia e in Europa
Gennaio
1,9
1,5 2,2
3,0 2,4
Febbraio
2,1
1,4 2,4
3,0 2,5
Marzo
2,1
1,3 2,5
2,8 2,5
Aprile
2,1
1,5 2,3
3,1 2,4
Maggio
2,0
1,5 2,5
3,0 2,3
Giugno
2,1
1,4 2,7
3,0 2,2
Luglio
2,1
1,7 2,6
2,9 2,2
Agosto
2,1
1,7 2,6
2,8 2,4
Settembre
2,0
1,8 2,6
2,8 2,6
Ottobre
1,9
2,0 2,6
2,5 2,7
Novembre 1,7
2,0 2,7
2,4 2,8
Dicembre
1,7
2,1 2,7
2,4 2,8
Media
annuale
2,0
1,7 2,5
2,7 2,5
2,8
(variazioni % medie annue)
6,0%
1995 - 2000
Var. % medie annue
5,0%
Tassi e condizioni bancarie
Mercato creditizio vicentino.
I dati sono stati rilevati nel mercato creditizio
vicentino al 31 gennaio 2003 su
un campione di imprese con positivi
indicatori economico-finanziari.
2000 - 2001(*)
4,0%
3,0%
2,0%
Grecia
Austria
Germania
Italia
Svezia
Belgio
Danimaca
Francia
Portogallo
Unione Europea
Stati Uniti
Regno Unito
Finlandia
Olanda
Norvegia
Irlanda
0,0%
Spagna
1,0%
(*) I dati del 2001 sono stime della Commissione Europea, a esclusione di Belgio, Danimarca, Germania, Grecia, Finlandia Svezia e Stati Uniti
Fonte: elaborazioni Csc su dati Eurostat
Pil per abitante in Italia e in Europa (2001)
(a parità di potere di acquisto, Ocse=100)
170
150
130
110
90
(1) Gli indici sono calcolati sulla base dei valori PPP del 1999 stimati dall’Ocs.
Fonte: Schryer P. e Koechlin F. (2002), Purchasing Power Parities 1999 Benchmark results, Ocse.
Grecia
Portogallo
Spagna
Francia
Regno Unito
Svezia
Italia
Finlandia
Giappone
Germania
Belgio
Austria
Olanda
Irlanda
Stati Uniti
50
Danimaca
70
Canada
RUBRICHE
Abbigliamento
Alimentare
Carta e grafica
Chimica
Concia
Estrattivo
Ind. varie
Lav. minerali non
metalliferi
Mobile e legno
Mat. plastiche
Meccanico
Orafo
Siderurgia
Tessile
Dati statistici ed economici della provincia
Conto corrente
Tasso franco commissione
max scoperto
Spese per operazione
Valuta per assegni fuori piazza
Anticipi su fattura/contratti
Tasso aperto
Smobilizzo Italia
Tasso sbf
Commissione incasso effetti
cartaceo
Commissione incasso effetti
elettronico
Valuta portafoglio cartaceo
Valuta portafoglio elettronico
Operazioni con l’estero
Tasso lire per anticipi export
Spread a favore della banca
su eurodivisa
Crediti di firma
Fidejussione Italia
Indicatori di riferimento
Bce
Prime rate ABI
Euribor 3 mesi lettera
Rendimento lordo titoli pubblici
7,0 %
1,08
3,1 gg. lav.
3,75 %
3,70 %
2,0 %
1,9 %
4,8 gg. lav.
4,7 gg. lav.
3,60 %
0,30 %
0,60 %
2,75 %
7,25 %
2,876 %
3,672 %
Scarica

industria vicentina - Confindustria Vicenza