n. 265
Giugno 2009
Parroco
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La parola del parroco
Concentrare le forze sull’annuncio del Vangelo
di don Alessandro
Un anno pastorale è trascorso da
quando, per Caionvico, è iniziata una
nuova stagione pastorale con il venir
meno della presenza del curato nella
nostra comunità parrocchiale, cosa
mai verificatasi prima d’ora.
All’indomani della partenza di don
Giuseppe per Folzano scrivevo sul
bollettino parrocchiale che la nuova
situazione costringe ad una maggiore
inventiva pastorale e diventa un appel‑
lo ad un più grande coinvolgimento
dei laici nella vita della parrocchia.
Con il trasferimento della mia abita‑
zione in oratorio ho potuto seguire
più da vicino l’andamento della par‑
rocchia con la sue varie iniziative. Mi
sono reso conto del grande lavoro di
un gruppo di persone sempre presenti
a sostenere le molteplici attività con il
loro impegno generoso. “Siamo sem‑
pre gli stessi e gli anni vanno su”, mi
dicono. Segni di stanchezza si avver‑
tono; alcuni danno le dimissioni. Un
ricambio nelle responsabilità è fisio‑
logico in una comunità, purchè non
arrivi al 55% d’un solo colpo come è
avvenuto per i catechisti nell’ottobre
scorso. Ha senso parlare di ricambio
se altri subentrano, altrimenti è emor‑
ragia! Un buon numero di giovani si
è impegnato a rimpiazzare i catechisti
dimissionari e anche tra i genitori
dei ragazzi c’è stato chi ha accettato
l’invito del parroco a collaborare nel‑
la conduzione del lavoro di gruppo
degli adulti che caratterizza il nuovo
itinerario di iniziazione cristiana. Ma
rimane ancora molto da fare soprat‑
tutto nella formazione degli operatori
pastorali.
In futuro la parrocchia dovrà concen‑
trare le forze sull’annuncio del van‑
gelo che è il servizio essenziale della
chiesa. Molta strada tuttavia resta an‑
cora da percorrere. Troppi battezzati
non si sentono parte della comunità
ecclesiale e vivono ai margini di essa,
rivolgendosi alla parrocchia solo in
alcune circostanze per ricevere servi‑
zi religiosi.
Pochi sono ancora i laici, in propor‑
zione al numero degli abitanti della
parrocchia che, pur professandosi
cattolici, sono pronti a rendersi di‑
sponibili per lavorare nei diversi
campi apostolici. Certo, non man‑
cano le difficoltà di ordine culturale
e sociale, ma, fedeli al mandato del
Signore, non possiamo rassegnarci
alla conservazione dell’esistente. Fi‑
duciosi nella grazia dello Spirito, che
Cristo risorto ci ha garantito, dob‑
biamo riprendere con rinnovata
lena il cammino. Quali vie possia‑
mo percorrere? Occorre in primo
luogo rinnovare lo sforzo per una
formazione più attenta e puntua‑
le alla visione di Chiesa scaturita
dal Concilio Vaticano II, e questo
da parte tanto dei sacerdoti quan‑
to dei religiosi e dei laici. Capire
sempre meglio che cosa è questa
Chiesa, questo Popolo di Dio nel
Corpo di Cristo.
È necessario, al tempo stesso, mi‑
gliorare l’impostazione pastorale,
così che, nel rispetto delle voca‑
zioni e dei ruoli dei consacrati e dei
laici, si promuova gradualmente la
corresponsabilità dell’insieme di
tutti i membri del Popolo di Dio.
Ciò esige un cambiamento di men‑
talità riguardante particolarmente
i laici, passando dal considerarli
«collaboratori» del clero a ricono‑
scerli realmente «corresponsabili»
dell’essere e dell’agire della Chie‑
sa, favorendo il consolidarsi di
un laicato maturo ed impegnato.
Questa coscienza comune di tutti
i battezzati di essere Chiesa non
diminuisce la responsabilità del
parroco. Tocca a me promuovere
la crescita spirituale e apostolica di quanti sono
già assidui e impegnati nella parrocchia: essi
sono il nucleo della comunità che farà da fer‑
mento per gli altri. Affinché la nostra comunità
non smarrisca la sua identità e il suo vigore,
è necessario che sia educata all’ascolto orante
della Parola di Dio, ardentemente auspicata dal
recente Sinodo dei vescovi.
Lo abbiamo fatto attraverso la riproposizione
insistente dei Centri di Ascolto che sono sfo‑
ciati negli incontri di preghiera di adorazione,
aiutati dal movimento Pro Sanctitate di Calino. Nutriamoci realmente dell’ascolto, della
meditazione della Parola di Dio! Alla nostra
comunità non deve venir meno la consapevo‑
lezza di essere «Chiesa» perché Cristo, Parola
eterna del Padre, la convoca e la fa suo Popolo.
La fede, infatti, è da una parte una relazione
profondamente personale con Dio, ma possie‑
de una essenziale componente comunitaria e le
due dimensioni sono inseparabili. Nella fede in
Dio siamo uniti nel Corpo di Cristo e diventia‑
mo tutti uniti nello stesso Corpo e così, proprio
credendo profondamente, possiamo sperimen‑
tare anche la comunione tra di noi e superare la
solitudine dell’individualismo.
Nello stendere queste righe ho davanti a me
il discorso pronunciato da Benedetto XVI
aprendo il Convegno pastorale della diocesi di
Roma. Le riflessioni del papa illuminano anche
la nostra situazione di Caionvico e ci conforta‑
no nel sentirci in comunione con tutta la chiesa.
“Avrete forza dallo Spirito Santo” disse Gesù
agli apostoli il giorno della sua ascensione al
cielo.
Sentiamo rivolte a noi queste sue parole e ci
incoraggino a proseguire con fiducia sulla via
di una rinnovata presa di coscienza del nostro
essere Chiesa e della corresponsabilità pastora‑
le che tutti siamo chiamati ad esercitare.
Nei centri di ascolto ci siamo soffermati sul tema: Vivere da figli. Abbiamo approfondito
la preghiera di Gesù, il Padre Nostro, in sei incontri. Il vescovo Luciano raccomanda di
non limitarsi a leggere il testo biblico ma di pregarlo perché l’ascolto della Parola ottenga
il frutto pieno. Alla fine degli incontri nelle case ci siamo ritrovati tutti in chiesa per una
celebrazione di preghiera. Ad animarla sono venuti, da Calino, alcuni membri del movimento
Pro Sanctitate e come segno è stato consegnato il seguente testo parafrasato del
Padre Nostro
Non
2
dire: Padre
se ogni giorno non ti comporti da figlio.
Non dire: Nostro
se vivi soltanto nel tuo egoismo.
Non dire: Che sei nei cieli
se pensi solo alle cose terrene.
Non dire: Venga il tùo Regno
se lo confondi con il successo materiale.
Non dire: Sia fatta la tua volontà
se non l’accetti anche quando è dolorosa.
Non dire: Dacci oggi il nostro pane quotidiano
se non ti preoccupi della gente che ha fame.
Non dire: Perdona i nostri debiti
se non sei disposto a perdonare gli altri.
Non dire: Non ci indurre in tentazione
se continui a vivere nell’ambiguità.
Non dire: Liberaci dal male
se non ti opponi alle opere malvagie.
Non dire: Amen
se non prendi sul serio le parole del
PADRE NOSTRO.
Storia di un Parroco
senza curato
“Essere giovane per i più giovani e saggio
come un asceta per non sfigurare davanti
agli anziani; mostrarsi teologo dotto e al
contempo appassionato oratore; saper
parlar alle spighe del deserto in aramaico, e
parafrasare il Vangelo in favola per i bambini
in prima fila; mostrarsi pronto a morire sulla
croce ogni istante, ed ispirare
amore per la vita anche ad un
malato che attende l’Estrema
Unzione.
Ah, e tutto questo in meno di
dieci minuti, altrimenti risulti
prolisso e la predica annoia.”
A questo pensava il buon
parroco di quella comunità
piccola, ma non certo sperduta
in un qualche cantuccio di
montagna.
Intanto spingeva avanti i
chierichetti, nel disperato
tentativo di non far inciampare
i più piccini nelle tuniche
troppo lunghe, o sbandare
quelli in testa in un catastrofico cozzare di
paramenti: la verità era che non avevano
avuto tempo per le prove, ed era davvero
difficile risultare coordinati con solo un paio
di improvvisazioni sconclusionate alle spalle.
Era una celebrazione solenne, di quelle che
tutti si aspettano vengano preparate nei
minimi dettagli: tutto sommato la funzione
stava riuscendo discretamente, ma le
occhiate critiche dei parrocchiani erano
come tante sbavature di inchiostro sul bianco
degli ornamenti. Persino le icone dei santi
sembravano guardarlo torvo.
“No, ora stai diventando decisamente
paranoico” si disse il Don, rincuorato dal
sorriso materno che la Madonna gli rivolgeva
dall’alto del suo piedistallo di marmo, con un
Gesù Bambino tra le braccia talmente bello
che non sarebbe poi stata tanto strana la
presenza dei Re Magi – con tanto di cammelli
e tuniche sgargianti – ad adorarlo.
“Andrà tutto bene” concluse con un nuovo
moto di risoluzione: dopotutto c’era il Coro,
la chiesa gremita, e i chierichetti con i loro
visetti angelici suscitavano tenerezza anche
con qualche passo di troppo.
Era ormai già sull’altare: sbrigò l’introduzione
e si abbandonò sul suo scranno, con quella
sollevazione raccolta che spetta ad ogni prete
dalla Prima Lettura sino al Vangelo.
In verità non ne godette poi
tanto: difatti il suo sguardo
corse subito sulla piccola folla
di fedeli, sino a raggiungere il
confessionale vuoto, a dir poco
desolante con quella lucina
spenta e le ante sbarrate.
Ebbe un tuffo al cuore
nel
constatare
quanto
fosse antiestetico – o più
propriamente
antispirituale
– quel quadretto che neppure il
colonnato riusciva a camuffare
del tutto.
“Dai, forse nessuno vuole
confessarsi” azzardò.
Ma non era quello il punto:
non centrava nulla il colpo di fortuna di una
domenica; quella piccola lucina doveva essere
una sorta di faro per i fedeli, e lui proprio non
poteva giudicare quel suo tacere – che a dirla
tutta si ripeteva da diverse settimane – se non
come una terribile mancanza.
Una mancanza sua, certo; ma soprattutto di
chi non c’era.
Era forse un atteggiamento troppo “umano”
per un vicario di Cristo … ma gli risultava
impossibile pensare alla cosa senza un minimo
di scoramento. In verità era rimasto solo,
senza il suo curato.
Se ne era andato un paio di mesi prima, e il
Parroco si rendeva conto dell’improbabilità
– se non per intercessione dello Spirito Santo
presso la Curia vescovile, cosa piuttosto
improbabile per una parrocchia di periferia
- di trovarne uno di rimpiazzo.
Ed ecco che proprio quando confidava nel
poter trascorrere gli ultimi anni di mandato
in modo … come dire? Più disteso, ecco; la
prospettiva di lunghe giornate nei panni di
sereno pastore di un altrettanto sereno gregge
sfumava irreparabilmente.
Duemilacinquecento anime.
Duemilacinquecento anime che pretendevano
tutte – e in effetti non a torto – un pezzetto della
sua. Certo, da molti giungeva un ammirabile
sostegno: ma era una collaborazione che
giustamente passava in secondo o terzo
piano rispetto al lavoro e alle necessità della
famiglia.
Sta di fatto che quel povero parroco doveva
barcamenarsi tra le mille attività della
parrocchia, stando ben attento che il nucleo
della comunità non divenisse instabile e che
qualche pecorella si smarrisse dal gregge:
le sue spalle non erano più così forti da
riportarla indietro.
E per di più, c’era ancora chi insisteva a
rimandare il proprio giudizio positivo a
quando gli sarebbero spuntate le piaghe, così
da metterci il dito a mo’ di S. Tommaso.
“Dammi tu la forza Signore” pregava
ogni giorno nell’intimità della sacrestia,
chiedendosi a malincuore perché – se il
Papa ne aveva a migliaia e anche Gesù
stesso una dozzina – non spettasse anche a
lui un sacerdote collaboratore. Ah, chissà
se qualcuno avrebbe mai potuto ‘curare’ una
simile mancanza.
Valentina Beretti
Siamo a 265
Tanti sono i numeri del bollettino parrocchiale “Quest’angolo di terra nostra”.
Fu don Franco Pelizzari a cominciare
questa avventura; il primo numero porta
la data Novembre 1981 e troviamo scritto: Carissimi parrocchiani, così ho pensato di intitolare questo foglio che entrerà
nelle case dei caionvichesi per alimentare
la comunione di fede e portare le notizie
di casa nostra. Ho posto questo frontespizio chiamandolo “Quest’angolo di terra
nostra…” perché questa è l’immagine
emblematica del nostro paese, lo scorcio
panoramico che lo
distingue dagli altri
che pure spiccano
in questa piana della
Valverde.
Il N. 89 del Dicembre 1990 riporta il
primo saluto di don
Gian Franco Prati ai
4
parrocchiani di Caionvico e in seguito la
numerazione progressiva viene lasciata
cadere.
Una ricerca nell’archivio parrocchiale
ci ha permesso di ricostruire la numerazione: questo bollettino è il duecentosessantacinquesimo della serie. E’ una
cifra ragguardevole che dice il lavoro e
la passione “giornalistica” della nostra
comunità parrocchiale. “Quest’angolo di
terra nostra” è fatto interamente in casa,
senza ricorrere alla tipografia, e si avvale della collaborazione di tante penne. A
loro un grazie sincero
come pure a chi impagina gli articoli, a
chi stampa, a chi assembla e distribuisce
questo foglio senza
pretese ma prezioso
perché è la voce della
nostra comunità.
Continua la pubblicazione della storia della sua vita, dall’infanzia ad Auschwitz - Terza parte
Massimiliano Maria Kolbe
L’IMPORTANZA DEI MEZZI
DI COMUNICAZIONE SOCIALE
Tornato in Polonia, Massimiliano capì subito
l’importanza dei nuovi mezzi di comunicazio‑
ne sociale. Diceva:
«Noi sacerdoti predichiamo soltanto 20 minu‑
ti alla settimana, mentre i nemici della chiesa
hanno tutto il resto del tempo a loro disposizio‑
ne, utilizzando la radio e i quotidiani.»
Per questo volle fondare una rivista per evan‑
gelizzare attraverso la stampa: Il Cavaliere del‑
l’Immacolata
LA PROVVIDENZA DELLA MAMMA
Per la stampa del primo numero de «Il Cava‑
liere» aveva contratto con la tipografia un gros‑
so debito. Come saldarlo ? Un giorno esce dal
convento per elemosinare un pò di denaro:
«Entrai in una cartoleria per chiedere l’offerta
per Il Cavaliere ma, confuso per la vergogna,
finii invece con l’acquistare io stesso un og‑
gettino qualunque ed uscirmene. Tirai avanti,
rimproverandomi di debolezza per non essere
riuscito, per amore della Madonna, a reprimere
l’istintivo senso di vergogna».
Ma fu il Cielo a soccorrerlo:
«Dopo aver lungamente pregato notai sopra
l’altare una busta. Con sorpresa vi lessi sopra
a nitidi caratteri: «Per Te, Madre Immacolata».
L’aprii e passando di meraviglia in meraviglia,
vi trovai dentro proprio la somma del debito
con la tipografia. Compresi tutto e, pieno di la‑
crime, m’inginocchiai riconoscente e adoran‑
te.
CRITICHE E AIUTI
L’idea della rivista attirò molte critiche e pochi
aiuti. Alcuni santi frati, tra cui il P. Venanzio
Katarzyniec, collaborarono con entusiasmo
alle iniziative di P. Massimiliano. Altri si im‑
pegnarono solo a criticare il suo operato. Una
sera durante la ricreazione, uno dei nostri frati
credette fare dello spirito e divertire il P. Lo‑
renzo Cyman, un francescano americano in
visita ai familiari polacchi, prendendo di mira
“Il Cavaliere”. Trovava a ridire circa il modo
di redigerlo e poneva in dubbio l’efficacia del
medesimo nell’opera di conquista e conver‑
sione delle anime. Intanto il P. Massimiliano,
impertubato, né si difendeva né reagiva, ma
abbassati gli occhi, taceva. Chi invece rispose
fu proprio l’ospite il quale disse con la più so‑
lenne serietà e franchezza: “Se la redazione de
Il Cavaliere va male, la colpa in massima parte
è di chi, invece di aiutare, sa muovere solo ap‑
punti”. Ed aggiunse che, per quel che rifletteva
la redazione letteraria ed il lavoro propriamente
tipografico non il solo P. Massimiliano avrebbe
dovuto portarne il peso, ma tutti i religiosi ca‑
paci e tutti i conventi della Provincia specie nel
sostenere le spese. Rivolto quindi al P. Massi‑
miliano aggiunse : “Per aiutarla, Padre, io per
primo darò la mia offerta: ed in così dire conse‑
gno un assegno bancario per cento dollari.”
NIEPOKALANOW:
LA CITTA’ DELL’IMMACOLATA
Per poter risparmiare Padre Massimiliano pen‑
sò di stampare lui stesso la rivista nel convento
di Grondo. Ma ben presto lo spazio non bastò
più. Era necessario trovare un luogo più grande.
Fu ancora la Provvidenza ad aiutarlo. Il princi‑
pe Giovanni Drucki-Lubecki gli fece dono di
un vastissimo terreno di fronte alla stazione
di Szymanow. Alcuni giorni dopo, P. Massi‑
miliano, già nominato superiore della nuova
erigenda casa religiosa si trasferì a Teresin per
la fondazione di Niepokalanow, “la Città del‑
l’Immacolata”. Suoi primi collaboratori furono
il fratello P. Alfonso e alcuni frati esperti in car‑
penteria. Si costruirono baracche in materiale
leggero, rivestite di cartone catramato.
GLI EROICI INIZI
Nei primi giorni i tavoli da pranzo erano costi‑
tuiti da assi sistemati sopra le valigie, le sedie
dal pavimento, i letti da paglia gettata per ter‑
ra.
Un giorno un aspirante frate giunse a Niepoka‑
lanow e non pensò certo che quelle povere ba‑
racche fossero il convento che cercava. Padre
Massimiliano gli andò incontro e gli disse:
“Se ami la Madonna, se apparterrai tutto a Lei,
sarai felice, figliolo, felice.” Parlando padre
Kolbe sorrideva e il suo viso era raggiante.
L’aspirante frate pensò: “Quest’uomo sta vi‑
vendo certamente le parole che dice”. E, con‑
fesserà più tardi, sentì all’improvviso il conta‑
gio di quella contentezza.
LA CITTA’ CRESCE
Lentamente iniziò a sorgere quello che dove‑
va divenire il più grande convento-tipografia
del mondo. Al centro della città il complesso
editoriale con la redazione, la biblioteca, la ti‑
poteca, il laboratorio per linotipisti, la zinco‑
grafia con i gabinetti fotografici, le tipografie
con i reparti per le relative macchine piane,
l’officina dei motori centrali con annessa sot‑
tostazione elettrica ed infine i vari reparti del‑
la legatoria, della spedizione e dei depositi. A
sinistra l’ala per l’abitazione dei religiosi con
fabbricati distinti per la Cappella, il novizia‑
to, per la direzione generale, per l’infermeria
e più in disparte la grande centrale elettrica.
Sparsi un po’ dovunque le diverse officine per
fabbri e meccanici, i laboratori dei falegnami,
calzolai e sarti, nonché le rimesse dei mura‑
tori e dei pompieri. Completa il panorama di
Niepokalanow il parco automobilistico e la
piccola stazione ferroviaria con il tracciato e
relativo, binario di raccordo a quella statale,
per facilitare il trasporto dei materiali. Ovun‑
que infine colossali tronchi d’alberi, depositi
di legname, tubature in cemento ed in ferro,
vario materiale edilizio destinato alle aree an‑
cora disponibili.
AD OGNUNO IL SUO COMPITO
Nel reparto di redazione ed amministrazione
lavoravano 158 frati. Nel reparto tipografico i
frati al lavoro erano 103. Gli addetti al repar‑
to tecnico erano 26. Altri 145 si occupavano
dell’edilizia, della cucina e della coltivazione
agricola. Non mancavano gli spericolati pom‑
pieri e i poco amati dentisti...
LA TIPOGRAFIA
PIU’ GRANDE D’EUROPA
Quella che iniziò nel più povero dei modi
divenne la tipografia più grande d’Europa. Il
Cavaliere dell’Immacolata passò dalle 5000
copie iniziali del 1924 alle 40000 del 1926
per giungere all’incredibile cifra di 1 milione
di copie mensili nel 1939. Accanto a questo
mensile erano sorte molte altre pubblicazio‑
ni: Il piccolo cavalierino dedicato ai bambi‑
ni (35.000 copie mensili), Il cavalierino per i
giovani (180.000 copie), il Miles Immacula‑
tae, per la formazione teologica dei sacerdoti
(15.000 copie). Ma il gioiello dell’intera atti‑
vità era il quotidiano di ispirazione cattolica
Maly Dziennik - Il piccolo giornale - (250.000
copie). A queste si aggiungevano altre pubbli‑
cazioni, opuscoli, libri. Una produzione im‑
pressionante, gigantesca. Per tutto questo fu
necessaria l’installazione dell’ultimo prodotto
tecnologico: la rotativa.
DIFFONDERE LA VERITA’
L’obbiettivo di san Massimiliano non era certo
quello del guadagno. Egli voleva trasmettere
ad ogni uomo la verità del Vangelo di Gesù:
Dobbiamo inondare la terra con un diluvio di
stampa cristiana e mariana, in ogni lingua, in
ogni luogo, per affogare nei gorghi della verità
ogni manifestazione di errore.
COSA DIREBBE SAN FRANCESCO?
Un illustre personaggio, durante una visita alla
tipografia di Niepokalanow, gli chiese: “Se
venisse adesso, che direbbe San Francesco ve‑
dendo queste costosissime macchine ?” Padre
Massimiliano rispose:
«Rimboccherebbe le maniche della sua tonaca,
farebbe andare a tutta velocità le macchine, la‑
vorerebbe come lavorano questi buoni fratelli
in maniera così moderna, per diffondere la glo‑
ria di Dio e dell’Immacolata.»
Noi religiosi possiamo abitare baracche, gira‑
re con vesti rattoppate, nutrirci modestamente,
ma le nostre macchine tipografiche, che servo‑
no a diffondere la gloria di Dio, devono essere
le migliori e di ultimo modello.
Perché oggi molti cercano di convincere se stes‑
si e gli altri che Dio non esiste, anche se sanno
perfettamente che neppure tutti gli scienziati messi insieme sono capaci di dar vita ad una
misera zanzara ? Ma affermare che tutto ha ori‑
gine per un puro caso inesplicabile, è una vera e
propria assurdità, come se uno potesse pensare
che un semplice orologio si sia messo insieme
per puro caso, senza l’aiuto di nessuno ! Perché
molte persone intelligenti e istruite in diversi
settori, non si interessano minimamente di co‑
noscere lo scopo della loro vita e i loro rapporti
con Dio ? Perché in altri problemi di solito sono
progressisti, mentre in questo, che è il più im‑
portante di tutti, sono tanto arretrati ?
LA VERA FELICITA’
Tutti bramano la felicità e aspirano ad essa, ma
pochi la trovano, perché la cercano là dove non
esiste... il cuore dell’uomo è troppo grande per
poter essere riempito dal denaro, dalla sensua‑
lità, dal fumo della gloria che è illusorio. Esso
desidera un bene più elevato, senza limiti e che
duri eternamente. Ma questo bene è soltanto
Dio.
Hai mai pensato, a volte, per sapere da dove
vieni ? Tu ami, con sentimenti di riconoscen‑
za, i tuoi genitori che ti hanno dato la vita e la
formazione, ma sai bene che anch’essi hanno
avuto dei genitori e così via. Tuttavia, nessuno
dei tuoi antenati è riuscito a ideare le tue mem‑
bra, nessuno di essi ha tracciato il primo pro‑
getto, nessuno ha composto gli atomi della ma‑
teria in modo tale che formassero un occhio in
grado di vedere, un orecchio in grado ascoltare,
una mano in grado di lavorare. Eppure queste
membra servono a te proprio per questi scopi.
Ovunque tu scorga una struttura finalizzata ad
uno scopo, affermi giustamente che è stata la
mano di un uomo, guidata dall’intelligenza, a
compiere quell’opera, ad esempio una casa, un
treno, un’aereo o altro. Eppure un occhio uma‑
no è assai più perfetto del migliore aereo. Chi lo
ha messo insieme? Non l’uomo. Chi dunque ?
Questa causa, ed è la prima causa, non prodotta
da nessuno, noi la chiamiamo Dio.
LA MISSIONE IN GIAPPONE
Se di fronte a questo grande successo qualsiasi
altro uomo si sarebbe fermato, accontentandosi
di quanto fatto, per padre Massimiliano non fu
così: volle andare oltre! Il nuovo progetto di
evangelizzazione era molto lontano dalla Polo‑
nia, ma non irraggiungibile: costruire una Città
dell’Immacolata in Giappone. Il 24 aprile 1930
il Padre Massimiliano con altri due fratelli, fra
i quali il fedelissimo fra Zeno Zebrowski, sbar‑
cava a Nagasaki.
SUBITO IN STAMPA!
L’attività missionaria fu subito folgorante: ap‑
pena dopo un mese dal loro arrivo, uscì il primo
numero della rivista in giapponese con il titolo
«Mugenzai no Seibo no Kishi » (Il Cavaliere
dell’Immacolata); tiratura del primo numero:
10.000 copie (saranno 65.000 nel 1935!). Sem‑
brava un sogno impossibile: l’edizione dopo
un solo mese dall’arrivo!.
La fede di Padre Massimiliano e il suo spirito
d’iniziativa non erano frenati da paralizzanti
titubanze... Nel maggio del ’31, anche il con‑
vento e la tipografia, costruiti dagli stessi frati,
erano già pronti: imparò gli usi e i costumi lo‑
cali, entrando in contatto e tessendo relazioni e
amicizie con quel popolo così diverso da quel‑
lo europeo.
TRA LA FEBBRE
E LE INCOMPRENSIONI
Tutto questo però non fu privo di croci: la pri‑
ma, che padre Massimiliano doveva portare
ogni giorno, fu certamente la sua malattia: una
tubercolosi contratta già da studente. Il dot‑
tor Tagashi testimoniò così: «La vita di padre
Massimiliano Kolbe fu un continuo eroismo.
In qualità di medico e radiologo l’ho visitato
ed ho dovuto costatare che aveva un polmone
molto malato... a me la sua operosità pareva
assolutamente impossibile con le sole forze
umane, senza uno speciale intervento divino.
Aveva frequentemente la febbre sino a 40 gra‑
di e, ciò nonostante, il suo lavoro era davvero
straordinario». Un’altra croce, sicuramente
più grande, arrivò da alcuni confratelli che,
presi dalla stanchezza e dalla nostalgia della
patria, iniziarono ad ostacolare alcuni progetti
apostolici. Massimiliano confidò in alcune sue
lettere: «Mio caro, il nostro compito è molto
semplice: sgobbare tutto il giorno, ammazzar‑
si di lavoro, essere ritenuto poco meno che un
pazzo da parte dei nostri e, distrutto, morire per
l’Immacolata. Non è forse bello questo ideale
di vita? Conquistare il mondo intero, il cuore
di tutti gli uomini e di ognuno singolarmente,
cominciando da se stessi»
L’ULTIMA CENA
Nel triennio 1936‑1939 P. Massimiliano è nuo‑
vamente superiore di Niepokalanów, la « città
dell’Immacolata » polacca. Sono anni densi di
attività apostoliche, ma in questo periodo P.
Kolbe si dedicherà in modo particolare a tem‑
prare lo spirito francescano e mariano dei suoi
discepoli in previsione della tremenda prova
della guerra, da lui prevista. Era la domenica
del 10 gennaio 1937 e Padre Massimiliano ini‑
ziò a dire:
«Figlioli cari, voi sapete che non posso essere
sempre con voi, perciò desidero dirvi, a mio
ricordo, qualche cosa. Se sapeste figlioli cari
come sono felice!... Il cuore ribocca di felicità
e di pace... Tanta felicità e tanta pace quanta se
ne può gustare quaggiù! Nonostante le contra‑
rietà della vita, nel profondo del mio cuore do‑
mina sempre questa calma ineffabile. Figliuoli
cari amate l’Immacolata! Amatela e vi farà fe‑
lici, e confidate in Essa sconfinatamente. Non
a tutti è dato comprendere l’Immacolata. Ciò si
può ottenere soltanto a mezzo della preghiera.
Essa è la Madre di Dio, e solamente lo Spirito
Santo può dare la grazia di conoscere la Sua
Sposa a chi vuole e quando vuole.
Volevo dirvi ancora qualche cosa, ma forse non
basta questo?... »
Qui ci guardò tutti, con un senso di timidezza,
ma noi insistemmo e gli chiedemmo di nulla
nasconderci e di rivelarci tutto.
«Va bene, ve lo dirò ‑ aggiunse subito ‑; vi
ho detto che sono molto felice e riboccante di
gioia e ciò, perché con tutta certezza m’è stata
data l’assicurazione del Cielo... Figlioli cari,
amate la Madonna, amateLa quanto sapete e
potete!...»
C’era tra gli astanti, chi ancora reclamava per‑
ché entrasse e si estendesse nei particolari, ma
tutto fu inutile perché egli altro non volle ag‑
giungere circa questi segreti. Finite le nostre
insistenti domande, egli paternamente continuò
a parlarci: «Vi ho rivelato il mio segreto e l’ho
fatto per infondervi forza ed energia spirituale
nelle asprezze della vita. Verranno forse diffi‑
coltà e prove, tentazioni ed abbattimenti dello
spirito. In tal caso il ricordo di queste cose vi
rinvigorirà a perseverare nella vita religiosa e
vi spronerà ai sacrifici che l’Immacolata richie‑
derà a Voi.»
Una settimana per la natura,
la conoscenza e la gioia di vivere
La festa della montagna, organizzata dal Gruppo Ecologico Sella, è giunta alla 33a edizione.
Oltre alla descrizione del programma della festa, pubblichiamo anche la riflessione di P. Eugenio che ha celebrato la Messa alla Casina Sella.
Tutto il buono che si è compiuto nella settimana
della festa della montagna è andato in direzione
dell’amicizia e solidarietà. Questo era il nostro
scopo e il nostro sforzo, dando fondo a tutte le
nostre energie per far incontrare le persone! I
buoni pretesti sono stati la maxi tavolata nel
nostro bellissimo cortile oratoriale, le serate
dedicate al torneo di carte, l’incontro straordinario con il mondo delle icone e poi la serata
avventura per scoprire le bellezze del mondo.
Inoltre non volevo dimenticare la giornata
d’apertura, nel positivo spirito di collaborazione con MOLIM, gli ALPINI di Caionvico, la
Squadra Cinofila
ANUBI, GECA e
la scuola primaria
di Caionvico, il
sabato dei giochi
costruiti con ma‑
teriali semplici e
adatto ai bambi‑
ni, fatti per diver‑
tire e stimolare la
fantasia più ge‑
nuina aprendosi
ad un mondo più
autentico e vicino
a quello che dovrebbe essere il nostro modo di
vivere naturale. Molto apprezzata l’esibizione
del gruppo cinofilo che ha mostrato quanto sia
importante educare un cane a vivere con l’uomo (entusiasti i bambini!). Riassunto in breve
questi gli accadimenti e molto di più, come a
esempio la S.Messa sul monte, celebrata da Padre Eugenio Ziliani, quest’anno sentita e con
ampia partecipazione al seguito. Credo che per
tutti sia stato un momento toccante, un grande
giro sul monte vissuto quasi “spiritualmente”,
a contatto con i colori, gli odori e tutto quanto
il Creato. Per quanto sia un eufemismo anche
del buffet sono contento, questo breve “assaggiare” qualcosa avvicina molto le persone. Il
semplice concedersi in brevi chiacchiere è lo
scambio di opinioni sulla vita, nei brevi istanti
di confronto, vi trovo aiuto e conforto.
Per dovere di cronaca leggera e locale, voglio
sottolineare la fatica di tutti gli amici‑collabora‑
tori del gruppo Sella, che hanno “ingigantito”,
con il loro aiuto ed esempio, il significato di
amicizia e vicinanza al paese, alle persone che
salutiamo per strada e che vorremmo sempre
sentire “vicini”, pur nella propria indipendenza di persona. Ma, dicevo, di quelli del Sella,
amici su cui fare appoggio e, nella serata finale,
dopo un caldo giro pomeridiano collettivo in bi‑
cicletta per le vie
dei luoghi vicini,
hanno dato una
grande mano per
il servizio “cathering”, servendo
centinaia di per‑
sone! Uno stand
straordinario di
fiori incorniciava
il tutto e un buon
gruppo musicale
animava la sera‑
ta di festa, gioia,
tranquillità e incontro più che pacifico; alla
fine stanchi ma contenti. Ringrazio inoltre Don
Alessandro per l’ospitalità e tutte le persone
che hanno acquistato i biglietti della sottoscri‑
zione a premi, sapendo che i ricavati sarebbero
poi andati ai terremotati delle recenti e tristi
vicende in Abruzzo. Vi aspettiamo per l’anno
venturo, immaginando di fare di più, vedendo
il successo della 33a edizione della festa della
montagna; alfine, alzandomi in piedi, guardo
in prospettiva speranzosa l’idea di lasciare ai
nostri giovani il gruppo Sella, portandosi appresso l’amicizia e i valori di una vita spesa per
il bene della comunità di Caionvico.
Lino Molinari
9
Un 25 Aprile diverso...
E’ stato il dover sostituire Padre Umberto, che
mi ha permesso di partecipare alla tradizionale
iniziativa del “gruppo Sella” di celebrare “La
festa della montagna” in un luogo incantevole
sopra Caionvico. Accolto con calore e amicizia
dal responsabile, signor Lino Molinari e dopo
aver salutato il parroco Don Alessandro, abbia‑
mo fatto una preghiera, davanti al Monumento
dei Caduti e al cimitero, abbiamo poi iniziato
il cammino lungo il sentiero che ci porta alla
“Casina Sella”, “piccolo rifugio”, accogliente,
senza porte, quasi a significare che nessuno è
straniero e ognuno si deve sentire accolto come
a casa propria.
Percorso un breve tratto di strada campestre,
abbiamo iniziato la salita per uno stretto sen‑
tiero, quasi rubato alle rocce della montagna,
avvolto in una galleria di verde e costeggiato
lungo tutto il suo percorso da tanti fiori.
Salendo, nonostante il respiro si facesse più an‑
simante, perché non troppo allenato, gustavo la
bellezza della natura.
Arrivato alla “casina Sella”, mi sono meravi‑
gliato di vedere tanta gente che aveva precedu‑
to il nostro gruppo, e che ci aspettava, creando
già un ambiente di gioia e di accoglienza. Tutto
era già preparato in modo perfetto per celebra‑
re l’Eucarestia, la vera azione di grazie a Dio,
anche il coro dei giovani era pronto, quasi ag‑
grappato alla roccia che non offre in quel luogo
molto spazio comodo per sistemarsi. Nella ri‑
flessione proposta all’omelia, ho trovato belle
e adatte alla circostanza le parole di Giovanni
Paolo II. Egli dice che “L’uomo deve essere
aiutato a sviluppare il rispetto per la natura,
perché solo così può gioire dell’armonia della
creazione che procura pace e gioia”.
E’ più che mai urgente prendere coscienza che
la Terra non è un magazzino da saccheggiare,
10
ma un pianeta le cui ricchezze sono riservate
allo sfruttamento di pochi. Se l’80% dovesse
vivere come fa il 20% della popolazione dei
paesi chiamati “ricchi”, ci vorrebbero 4 pianeti
Terra per le risorse e 4 pianeti Terra come de‑
posito spazzatura per accogliere i rifiuti!
Attuali e profetiche sono ancora le parole di
Giovanni Paolo II ai giovani: “Voi giovani
dovete trovare il tempo per un contatto immediato con la natura, percepire così il mistero
della creazione, scoprendovi i riflessi della
grandezza di Colui che ne è all’origine. Sappiate accettare lo sforzo e la fatica che questo
contatto comporta, soprattutto quando la meta
è impervia. Questa fatica è creativa, stanca il
corpo, ma riposa lo spirito e lo apre a nuove
prospettive. La natura è un libro, e l’uomo deve
leggerlo, non imbrattarlo. Nelle sue pagine vi è
un messaggio che attende di essere decifrato:
un messaggio d’amore con cui Dio vuol raggiungere il cuore di ciascuno per aprirlo alla
speranza”.
La celebrazione è stata veramente un momento
vissuto con gioia da tutti, e alla fine il “Grup‑
po Sella” ha offerto un gustoso rinfresco, dove
il formaggio e un bicchierino di vino bianco
davano ancor più sapore alla festa della mon‑
tagna.
Un grazie sincero al “Gruppo Sella” che ha
così ben organizzato questo incontro, ormai
tradizionale per la comunità di Caionvico, e
un augurio, - come suggerisce Giovanni Paolo
II– che il loro lavoro e la loro dedizione sia‑
no un aiuto e una occasione offerta alle nuove
generazioni di sentire come un tesoro da pro‑
teggere la bellezza della Terra, in particolare la
montagna che il Signore ha dato a tutti come
giardino in cui vivere.
Padre Eugenio Ziliani
Intervista a Mario Bertulli
Chi nel nostro quartiere non conosce Mario
Bertulli? Sì, quello delle scarpe? Gli abitanti
storici di Caionvico, certamente sì, ma i nuo‑
vi? Forse loro non sanno chi è Mario Bertulli.
Due righe serviranno per presentarlo, almeno
un po’.
Ben messo; rotondetto; capelli tesi, brizzola‑
ti; baffoni candidi, spazzolati; viso rubicondo,
pacioccone; due occhi luminosi, chiaroveg‑
genti; un sorriso accattivante; sulla settantina;
un uomo che ispira fiducia e serenità, al primo
sguardo.
Pacato nel parlare, rispettoso, lungimirante, ge‑
niale nel lavoro, riflessivo nelle cose che con‑
tano, è un tipo che tutti vorrebbero per amico.
E’ un artigiano coi fiocchi, fabbrica scarpe su
misura, per grandi e piccini, donne, vecchi e
bambini. Se i tuoi piedi son delicati e non tro‑
vi scarpe confacenti, lui è capace di crearti ad
“hoc”, le calzature corroboranti. Il procedimen‑
to è quasi banale: vai da lui, ti prende la forma
del piede e ti personalizza la scarpa. Dopo tre
giorni ritiri le scarpe agognate e giri, sfarfallan‑
do, per il quartiere, da solo, con amici, moglie
e cognate.
Per chi ha penato ai piedi, per scarpe rigide e
malfatte, può forse trovare da Mario la soluzio‑
ne del problema. Né va sottaciuto il fatto che un
paio di buone scarpe ai piedi, rende più felice
la vita. Conosco persone che non cambiereb‑
bero le loro scarpe, comode e robuste, con altre
punteggiate di rubini, ma dolorose. Se le scarpe
fanno male, si è “in croce”: grattano, sfregano,
stringono, dolgono, generano vesciche e calli.
Dopo tre giorni finiscono in pattumiera.
Coi piedi doloranti, si odiano le scarpe e ver‑
rebbe voglia di prendere a calci chi le ha fatte.
Per accennare solo a due famosissimi personag‑
gi sportivi del passato, Nereo Rocco e Gianni
Brera, essi non si ‘vergognavano’ affatto di
usare scarpe fruste, ma comode, in disarmonia
col vestito ingessato.
Del resto ogni abito può essere adattato, ma
le scarpe devono essere perfette per il piede
che le indossa. Allora si capisce come anche
i “grandi” della terra cerchino un bravo cia‑
battino, per i loro piedi. E la ditta Bertulli li
ha soddisfatti. In passato Benito Mussolini e
Renato Rascel hanno calzato scarpe speciali
per apparire più prestanti. Così puoi ordinare
una scarpa, in apparenza normale, ma che ti fa
crescere in altezza di dieci-dodici centimetri.
E non è un miracolo. Più recentemente ha fat‑
to le scarpe, nel senso letterale del termine, a
Sarkozy, a Carla Bruni, ai sovrani di Spagna, a
Ton Cruise, ma anche ad Umberto Bossi ed a
Roberto Calderoli. Il segreto del successo? La
morbidezza della pelle, l’accurata lavorazione
a mano, e l’originale estetica, moderna e clas‑
sica, nel contempo. Ho avuto modo di cono‑
scere Mario Bertulli anche per la sua sensibili‑
tà religiosa. Bazzica, quando può, il convento
francescano dei frati di Rezzato. Coltiva una
sana spiritualità, per nulla bigotta, e sa trovare
in quel posto, dei momenti di luce e di pace, nei
ritagli della sua attività imprenditoriale. Anche
questa dimensione cristiana della vita ci dice
qualcosa della personalità di Mario Bertulli.
Non ostenta, ma nemmeno si vergogna della
propria fede, operosa e solidale.
“Quali sono i tuoi progetti futuri?” gli chiesi un
giorno, mentre gustavamo l’aperitivo.
“Sai”, mi disse, “nella mia vita ho fatto scar‑
pe, solo scarpe, sempre scarpe , è stata la mia
passione. Vorrei poterlo fare anche nel “mondo
di là”. Sarei orgoglioso di poter fare un paio di
scarpe comode, robuste, soavi , perfette anche
per i piedi di nostro Signore, Cristo Gesù. Un
paio di scarpe che gli permetta di passeggiare
nei giardini celesti, con la stessa dolcezza dei
capelli sciolti di Maria Maddalena.”
Questo è Mario Bertulli con le sue certezze, i
suoi sogni, le sue fantasie. Lavora in via san‑
t’Orsola, al numero 292”.
Adriano Mor
11
Chiusa la stagione sportiva C.S.I. e ANSPI di calcio
Qui USO Caionvico
Terminata la stagione sportiva che ha visto protagoniste
le nostre quadre di calcio a 7 giocatori.
12
La squadra Juniores chiudeva il campionato con
due trasferte, una delle quali particolarmente
lunga.
L’uscita a Preseglie si svolgeva sotto una
pioggia battente che accompagnava la squadra
non solo durante la trasferta ma anche per tutta
la durata della gara, rendendo il campo un
acquitrino al limite della praticabilità. L’entità
della trasferta e alcune assenze di rilievo non
permettevano ai nostri di sfruttare al meglio
le loro possibilità e lasciavano agli avversari
ampi margini di manovra. Il Preseglie passava
al 10° con un’azione che smarcava un uomo
solo davanti al nostro incolpevole portiere.
Dopo alcune altre buone occasioni, il Preseglie
raddoppiava con le stesse modalità sul finire
del primo tempo. All’inizio della
ripresa riprendeva l’assedio alla
nostra porta. Dopo la traversa
colpita dal Preseglie, era Sossi
a colpire a sua volta la traversa
su punizione. Era comunque il
Preseglie a concretizzare le sue
occasioni al 7° e al 10°.
Poco
Caionvico
anche nel seguito
della gara, con il
gol di Danesi e un
tiro di Sossi di
poco fuori. La
gara si chiudeva
con altri due gol
di un Preseglie
ormai scatenato.
Dopo la prova incolore
della
settimana
precedente, i ragazzi
partivano decisi a concludere con una vittoria
il campionato nella trasferta di Prevalle.
Giornata molto afosa e clima disteso. Pronti,
via e il Caionvico andava in vantaggio con
Sossi che approfittava di un rimpallo in area.
Solo due minuti e Rivetti regalava un gol con
uno dei suoi tiri magistrali da lontano, con stop
e tiro di destro. Il Prevalle si svegliava al 10°
approfittando della nostra solita distrazione,
su azione da calcio d’angolo, ma ci restituiva
immediatamente il favore, regalandoci un
autogol. Poco dopo Sossi segnava su azione
personale. Un attimo di stallo e, in rapida
successione, ecco due gol del Prevalle. Prima
della fine del primo tempo segnava di nuovo
Sossi, prima su un bell’assist di Tomasi D.
e poi di testa. Complici le energie spese a
causa del caldo, poco gioco nella ripresa. Da
segnalare al 7° la solita traversa di Rivetti e
il secondo gol di Sossi su assist di Tomasi D.,
fotocopia del precedente. Un palo anche per
Danesi al 15°. Al 16° una papera speciale di
Cosi regalava al Prevalle l’ultimo gol.
Chiusa la pratica campionato con la conquista
del quarto posto, i ragazzi si tuffavano nella
Coppa Leonessa. Nessun problema nella
trasferta sul campo del Ronco
Gussago. Ci si presentava
con una squadra con
pochissime riserve e con
la ghiotta occasione per
i giovani di dire la loro.
E così accadeva. Al 3°
era Russo ad approfittare
di un rimpallo in area per
portare in vantaggio
il
Caionvico.
Passavano
solo
due minuti e lo
scatenato Russo
si ripeteva. Al
10° la pratica poteva già dirsi
chiusa con il gol di Sossi da sinistra. Nella
ripresa gli avversari le tentavano tutte per
rimontare lo svantaggio, ma, nonostante gli
sforzi, trovavano Cosi pronto a respingere
tutti i loro assalti. Dopo il turno di riposo e
con la qualificazione già in tasca, il Caionvico
stracciava un Roncadelle demotivato con
gol di Russo (al terzo centro in due partite),
Sossi, Rivetti (su azione personale) Caldera
la mancata qualificazione, e nonostante una
partita abbastanza regolare con una squadra
ampiamente rimaneggiata per le numerose
assenze, si agguantava, con la sconfitta per 7-3
(gol di Cordò e doppietta di Camanini), solo
il quarto posto, comunque valido in finale di
stagione. Il capocannoniere della nostra squadra
(Rivetti con 6 reti) e altri giocatori della nostra
rosa sono stati molto apprezzati. Per onor di
cronaca il torneo per la categoria Juniores è
stato vinto dal Don Bosco Lumezzane, squadra
che solo il Caionvico è stato in grado di battere
nel corso del torneo.
Per la categoria Amatori del campionato
ANSPI, grande risultato per la nostra squadra,
che vinceva, con buon distacco sulla seconda,
il suo girone, dopo un campionato lungo e un
po’ sofferto ma comunque decisamente ben
condotto. La vittoria del girone consentiva
ai nostri l’accesso diretto alla fase a gironi
di semifinale. La nostra strada si fermava
purtroppo qui, in quanto nel girone l’accesso
alle finali arrivava solo per la prima di ogni
gironcino. La squadra ha comunque ottenuto
ottimi risultati anche quest’anno, con una
altissima percentuale di realizzazione in
attacco, reparto che da sempre traina la nostra
squadra.
Per entrambe le squadre, doverosi i
ringraziamenti per i dirigenti e i genitori
che hanno contribuito all’attività con la loro
disponibilità. La nostra speranza è di avere in
qualche modo contribuito, con i mezzi a nostra
disposizione e il nostro impegno, ad animare
la vita dell’oratorio. L’attività dell’U.S.O.
Caionvico riprenderà ufficialmente alla fine
di agosto con l’organizzazione del Memorial
Pierpaolo Molinari.
Nel frattempo i dirigenti sono a disposizione
di tutti coloro che volessero avere informazioni
inerenti la nostra attività. Le intenzioni di
proseguire il cammino con la squadra Juniores
e, perché no, magari di inventarne un’altra di
altra categoria giovanile diversa, non mancano,
cercando comunque di non perdere per strada
il lavoro già fatto negli
scorsi anni da chi ci ha
preceduto. Vi aspettiamo
numerosi. Alla prossima
e …..buona estate a
tutti.
USO CAIONVICO
(su rigore concesso per fallo di mano in
area), Sossi (su assist di Tomasi F.), Tomasi
F. (con azione personale) Rivetti (dopo una
palla respinta dal portiere sul suo primo tiro)
e Tomasi F. (su punizione). Da rilevare anche
una bellissimo tentativo di Rivetti direttamente
da calcio d’angolo che sfiorava la traversa
prima di perdersi sul fondo. Finale pressoché
tennistico di 8-1. Passato il turno senza grossi
problemi, i nostri incontravano la Nova Imperia
per l’accesso ai quarti di finale. Il primo quarto
d’ora del primo tempo campo solo per gli ospiti,
che colpivano a freddo al 5° e al 7°. Al 14° il
primo leggero risveglio del Caionvico con il
palo colpito da Tomasi F., seguito dal gol di
Sossi che accorciava le distanze. Pochi secondi
e la Nova Imperia allungava nuovamente. Il
tiro al volo di Rivetti colpiva il palo al 16°.
Prima della fine del parziale arrivava il quarto
gol ospite. Nel secondo tempo il Caionvico
le provava tutte per ritrovare il bandolo della
matassa, ma arrivava solo al 14° il gol di
Tomasi F. su assist di Sossi e, poco dopo, il gol
dello stesso Sossi. Nonostante l’arrembaggio
alla porta avversaria, il risultato non cambiava
più e i nostri rimanevano vittima di quella che
potremmo ormai definire “la maledizione degli
ottavi”, dato che le nostre avventure in Coppa
Leonessa non sono mai andate finora oltre gli
ottavi.
Ottima anche la partecipazione al torneo
giovanile di S. Antonio in città. La squadra,
inserita nel girone con Roncadelle e Don Bosco
Lumezzane, non faticava particolarmente a
qualificarsi come prima di girone, battendo per
8-3 il Roncadelle (gol di Tomasi F. , Caldera,
doppietta di Sossi e quattro dello scatenato
Rivetti, croce degli avversari che non sono mai
riusciti marcarlo) e per 4-1 il Lumezzane (gol
di Camanini, Cordò e doppietta di Rivetti, che
colpiva anche una traversa). In semifinale i nostri
ritrovavano un Virle già incontrato per due volte
in campionato, che dimostrava meno paura e
più sangue freddo. Difficoltà a fermare i lunghi
rinvii del nostro portiere e un centrocampo
meno carico del solito, avvantaggiavano gli
avversari, che colpivano tre volte affondando
la nostra corazzata. Si riusciva comunque a
insaccare il gol della bandiera con Russo, che
appoggiava in rete un bel tiro di Camanini.
La finale per il terzo e quarto posto ci vedeva
sfidare il S. Antonio, squadra di casa delusa per
13
La pagina della solidarietà
La domenica dopo Pasqua la nostra Parrocchia
ha aderito all’appello per una raccolta di offerte
a favore delle popolazioni dell’Abruzzo colpite
dal terremoto.
Il nostro contributo è stato di euro 1.346,68.
Il 31 maggio abbiamo partecipato ad una cam‑
pagna per sostenere chi è rimasto senza lavoro
a causa della crisi economica. Sono stati rac‑
colti euro 907,62.
Anche il Gruppo Missionario Aquilone, con
l’iniziativa “Abbiamo riso per una cosa seria”,
si è impegnato a vendere riso. Il ricavato (euro
420,00) è andato a favore della popolazione dei
Pigmei in Burundi (Africa).
Per questa iniziativa è stata preziosa la colla‑
borazione dei ragazzi del catechismo che pro‑
ponevano simpaticamente l’acquisto del riso a
tutti coloro che erano in Oratorio.
Pure i cresimandi si sono prestati per una gara
di solidarietà a favore dei lebbrosi, confezio‑
nando vasetti di miele. Anch’essi hanno rica‑
vato dalla vendita euro 208,00.
Aprile 2009 - Giugno 2009
Anagrafe parrocchiale
Hanno ricevuto il battesimo
• Duina Matilde di Riccardo e Coccoli Enrica
• Ghidini Giovanni di Roberto e Botta Anita
• Lonati Carolina di Maurizio e Chiesa Federica
• Paolini Matilde di Luca e Rinaldini Daniela
26 aprile
21 giugno
21 giugno
21 giugno
Si sono uniti in matrimonio
• Maccarinelli Alessandro - Guitti Roberta
• Turelli Daniele - Greguol Sara
25 aprile
9 maggio
La comunità partecipa al lutto dei famigliari per la morte di
• Grassi Onorina ved. Lombardi di anni 90
• Oliosi Olga ved. Mirandola di anni 103
• Scalvenzi Maria Santina ved. Esti di anni 94
• Capra Lina ved. Anderloni di anni 94
20 aprile
30 aprile
11 maggio
8 giugno
Quando troverò il tempo di pensare a Dio?
14
Che giova all’uomo guadagnare tutto il mondo, se poi perde la propria anima?
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Bollettino parrocchiale - Giugno 2009