Martedì 17 Dicembre 2002
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IL SINDACATO DEI CITTADINI
SCUOLA
ISTITUZIONI SCOLASTICHE
E CULTURALI ALL’ESTERO
FORMAZIONE PROFESSIONALE
Per la Uil scuola va assolutamente evitata la regionalizzazione del sistema dell’istruzione
Uil: no alla devolution per la scuola
L’impegno del sindacato per una scuola pubblica nazionale
Il punto
DI MASSIMO DI MENNA
a competenza esclusiva delle
I servizi
regioni in materia di gestione
L
e organizzazione delle scuole olper gli iscritti tre che della definizione di quote
DI
PIERO BOTTALE
Il sindacato, oltre a essere
uno strumento di tutela collettivo tramite le proprie iniziative politiche, contrattuali
ecc., ha anche assunto, soprattutto negli ultimi anni, un
ruolo di fornitore di servizi ai
propri iscritti.
Questi servizi tendono spesso a essere sottovalutati, quasi come fossero un’appendice
all’iscrizione, mentre, al contrario, hanno una forte valenza.
Proviamo a elencare i principali: Il servizio di consulenza individuale, dall’immissione in ruolo alla ricostruzione
della carriera, alla pensione;
in questo campo la Uil scuola
offre sicuramente il miglior livello possibile sotto il profilo
qualitativo. Le assicurazioni
per gli iscritti: sono tre, da quest’anno profondamente rinnovate. In primo luogo la Uil
scuola assicura per la responsabilità civile tutti gli iscritti,
con un massimale di circa
300.000 € per danni alle persone e 35.000 € nei confronti
dell’amministrazione.
A questa si aggiungono la
polizza «infortuni» che prevede la corresponsione di una
diaria giornaliera a seguito di
ricoveri ospedalieri di durata
superiore ai tre giorni e una
polizza di tutela giudiziaria
per coprire parte delle spese
legali in caso di causa intentata nei confronti di un aderente alla Uil scuola. Non va
dimenticata l’assistenza fiscale, garantita attraverso il
Caaf, con un risparmio notevole sulle spese che, normalmente, occorre sostenere per
adempiere ai propri doveri fiscali. Molte altre iniziative
consentono consulenze legali
e risparmi per gli iscritti. Le
opportunità per gli iscritti non
si fermano qui.
Rivolgetevi, per saperne di
più, alle segreterie provinciali; sapranno sicuramente esservi di aiuto!
di programmi regionali, ci vede
decisamente contrari. Lo ripetiamo da molto: «Attenzione, la vera
privatizzazione della scuola passa per la devolution». Un sistema
imperniato su 20 diverse legislazioni determinerebbe frammentazione civile e sociale.
La sfida riformista che da sempre la Uil lancia per la scuola italiana è quella della qualità e della
modernizzazione. Purtroppo un
passato di riforme annunciate,
mancate o costruite a tavolino
non ha fatto raggiungere tali
obiettivi.
Il sistema scolastico è sottoposto a scossoni: dalla devolution ai
tagli, dall’ingiusta legge che per
dare stabilità agli insegnanti di
religione cattolica vìola i diritti di
altri con un canale privilegiato
per l’accesso all’insegnamento
agli interventi di finanziamento
da parte dello stato per le scuole
private.
Le ragioni della scuola pubblica
invece sono forti: a tal riguardo
facciamo nostre le belle frasi di
Tristano Codignola del 1963, che
riportiamo a pagina 8. La scuola,
oggi, è vista come un settore in cui
risparmiare dimenticando il ruolo importante che essa svolge per
l’innovazione e la coesione sociale. In questo clima di incertezza e
con un contratto scaduto da un
anno, ogni giorno gli insegnanti
continuano a garantire una buona scuola per tutti, una buona
scuola statale, laica e libera.
Approfondimenti legati
alla devolution, al contratto e
ai finanziamenti alle private
alle pagg. 3 e 4
Fiat, serve un piano di rilancio
per salvare l’auto
«Noi vorremmo che fossero chiarite le strategie dell’azienda. Noi
auspichiamo un impegno serio per il rilancio di Fiat auto. È chiaro che
la strategia seguita finora, arrivare al 2004, al momento del put a favore di General motors in condizioni migliori di oggi, si è rivelata impraticabile. Il problema del futuro di Fiat auto va posto subito, non si
può attendere il 2004», commenta il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti. «Noi», continua il segretario generale della Uil, «avevamo chiesto che Termini non si fermasse nemmeno per un giorno,
che marciasse, anche se a regime ridotto; utilizzando la rotazione per
governare transitoriamente questa fase di difficoltà. Ma l’accordo ha
eluso completamente la questione principale, ovvero il futuro della
Fiat auto. Dalle dichiarazioni dell’azienda non è in discussione se
esercitare l’opzione a vendere a favore di General motors, ma semplicemente quando e a quali condizioni. Una strategia che non ci piace e che non condividiamo.
L’obiettivo dei sindacati, dell’azienda e anche del governo non può
che essere mantenere un’industria automobilistica in Italia. E ce ne
sono tutte le condizioni. Ma occorre scommetterci. E scommetterci
significa non un piano di mero salvataggio, ma risorse finanziarie per
fare gli investimenti necessari per un rilancio credibile».
L’approfondimento di Antonino Ragazzi,
segretario generale Uilm, pag. 7
Dopo la proclamazione dello stato di agitazione, decisivo l’incontro del 19/12
Va rinnovato il contratto
La nostra richiesta è avere certezza delle risorse
Il 10 dicembre i sindacati della scuola hanno indetto lo stato
di agitazione della categoria: la
protesta», spiega Di Menna, «è
per poter chiudere rapidamente
il negoziato per il rinnovo del
contratto.
È inammissibile», aggiunge il
segretario della Uil scuola, «che
oltre alle numerose incoerenze e
agli aspetti negativi dell’attuale
politica scolastica, ai lavoratori
della scuola statale, insegnanti
e Ata, non si dia quanto pattuito, a un anno dalla scadenza contrattuale». «Lo stato di agitazione», si sottolinea in una nota congiunta di Cgil, Cisl, Uil e Snals,
«è motivato dalla mancanza di
certezze in ordine alle risorse fi-
La Uil Scuola
augura
a tutti gli iscritti
un sereno Natale
e un felice
Anno Nuovo
nanziarie necessarie per dare
rapida conclusione al contratto scuola e
sulle quali il
governo aveva
assunto precisi impegni con
leggi finanziarie e con intese con i sindacati scuola e
con le confederazioni.
L’iniziativa
è, altresì, motivata dalla
mancata tutela e stabilità degli organici docenti ed Ata e dagli interventi
oltremodo penalizzanti per la
scuola statale
previsti dalla
Finanziaria
2003 e dal decreto Tremonti.
Soltanto dopo la proclamazione dello
stato di agitazione è arrivata la convocazione del
ministro per
il 19 dicembre. È un incontro», spiega Massimo Di Menna, «che ha
carattere decisivo: occorre ave-
re certezza delle risorse disponibili per garantire ai lavoratori della scuola uno stipendio
rivalutato.
In quella sede dovranno essere confermati, con certezza, gli
impegni finanziari assunti dal
governo e garantita la concreta
disponibilità a chiudere il rinnovo del contratto che è in fase
di definizione all’Aran.
La nostra azione è rivolta a
chiudere rapidamente la trattativa per fare avere gli aumenti il
prima possibile. Non si può
aspettare ancora».
RIFORMA
SPECIALE
EUROPA
Gli effetti
nella scuola
della legge delega
del governo
Professione
docente
tra collegialità
e programmi
Dalla commissione
le linee guida
per i sistemi
nazionali
Un giorno
a San Giuliano.
Cronaca
di un viaggio
nella scuola
del terremoto
a pag. 7
a pag. 4
a pag. 5
Ulteriori approfondimenti
sulla trattativa
contrattuale a pag. 3
a pag. 6
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Martedì 17 Dicembre 2002
SCUOLA D’OGGI
La richiesta nella nota inviata dai sindacati al ministro dell’istruzione dopo la sentenza del Cds
Graduatorie, chiarimento urgente
L’art. 5 sulla formazione iniziale ha bisogno di essere rivisto
Pubblichiamo un estratto della lettera unitaria
Cgil, Cisl e Uil inviata al
ministro Moratti e ai gruppi parlamentari di camera e senato
Il testo della legge delega, «Norme generali sull’istruzione…» appena approvato dal senato, ha introdotto alcuni emendamenti, all’art. 5, relativo alla formazione
iniziale, che intervengono sulla
materia in modo assolutamente
parziale e insufficiente. (…) Si registra positivamente la previsione che la laurea in scienze della
formazione primaria sia titolo valido per l’inserimento nelle graduatorie permanenti, in analogia
a quanto già definito per le specializzazioni della scuola secondaria. (…) È necessario valutare
seriamente l’opportunità di inserire il dispositivo in un provvedimento d’urgenza per non vanificare le aspettative degli interessati, qualora i tempi parlamentari si dovessero allungare.(…)
Rispetto alla previsione della
frequenza dei corsi di scienze della formazione primaria o Siss per
i docenti specializzati per l’insegnamento per l’handicap, non
I
sindacati scuola hanno inviato al ministro dell’istruzione Letizia Moratti una lettera che interviene, in modo puntuale, sui contenuti dell’articolo 5 del disegno di legge delega approvato recentemente dal senato.
Siamo molto preoccupati circa una situazione
nella quale prevale una forte confusione prodotta
dall’amministrazione e dalla maggioranza che rischia di aumentare le tensioni e il conflitto fra le
persone. Inoltre, riteniamo necessario tornare rapidamente con un’analisi dettagliata sul profilo
complessivo dell’art. 5. Il tema è molto importante, in particolare alla vigilia di un grande ricambio fra il personale della scuola in considerazione
del fatto che circa 400 mila insegnanti andranno
abilitati, ai fini del conseguimento dell’abilitazione o dell’idoneità
va sottolineato che: l’accesso ai
corsi universitari dei docenti specializzati sul sostegno ai fini del
conseguimento dell’abilitazione o
dell’idoneità all’insegnamento è
definito sulla base di criteri non
omogenei; agli uni (scuola secondaria) si attribuiscono crediti che
danno comunque l’accesso al secondo anno di corso (equivalente
a una riduzione del 50% del percorso), per gli altri (scienze della
formazione primaria) la valutazione dei crediti è rimessa alla discrezionalità delle università
senza una minima garanzia, con
Il decreto del Miur lascia irrisolti molti problemi
in pensione a partire dal 2006.
I riferimenti sono al profilo professionale che
viene delineato, agli elementi di praticabilità rispetto al fabbisogno, al rapporto con gli attuali
precari e vincitori di concorso, alle scelte economiche di investimento che si intendono mettere in
campo sulla formazione universitaria.
L’altro versante, che riteniamo necessario esaminare, è rappresentato dal rapporto fra università e scuola nella formazione delle competenze professionali dei futuri insegnanti, esperienza che, pur
con le tante difficoltà a cui è andata incontro, abbiamo valutato positivamente nell’esperienza in
corso e che interessi diversi intendono, invece, cancellare definitivamente.
possibili decisioni discriminanti e
sperequanti tra le diverse facoltà
universitarie.
Vanno definite condizioni di
accesso anche per i docenti diplomati dell’istituto magistrale quadriennale ai fini dell’accesso ai
corsi di scienze della formazione
primaria, con particolare riferimento ai docenti specializzati
per l’handicap. (…) A queste categorie, che registrano un forte
numero di specializzati per il sostegno, non viene offerta alcuna
opportunità. (...) Il fatto che il testo dell’articolato non delinei alcuna fase di transizione è preoccupante: il passaggio diretto al
nuovo sistema di formazione universitario a numero chiuso lascia
sulla soglia tutti quei docenti già
inseriti nelle graduatorie d’istituto di terza fascia, non abilitati
o non idonei. (…)
Le scriventi segreterie nazionali ritengono che l’importanza
delle questioni poste richieda un
momento di riflessione e confronto più approfondito, anche al
fine di verificare la possibilità di
risolvere più celermente, eventualmente, in via amministrativa, parte dei problemi posti al fine di trovare le soluzione in tempo utile per il prossimo anno scolastico.
Prof di religione
norma ingiusta
C’è un aspetto profondamente ingiusto, commenta Massimo Di
Menna, nella nuova legge sugli
insegnanti di religione cattolica
approvata alla camera. L’ingiustizia è questa: basta che venga tolta l’idoneità da parte dell’autorità
diocesana, sottolinea Di Menna,
per fare diventare un docente di
religione cattolica insegnante di
ruolo di altra materia, coprendo
un posto che dovrebbe essere
assegnato ad altri che ne hanno
più diritto. Mentre è giusto dare
tutele giuridiche e contrattuali, anche di stabilità, agli insegnanti di
religione cattolica, la Uil scuola ritiene profondamente ingiusto determinare situazioni di privilegio
che danneggiano altri lavoratori.
Un provvedimento che per dare
stabilità crea lesione di un diritto
di altri è un provvedimento ingiusto. Che cosa aspetta il governo,
sottolinea Di Menna, ad autorizzare l’immissione in ruolo degli insegnanti delle altre materie?
IL TESTO INTEGRALE
DELLA LETTERA È NELLA
SEZIONE NOTIZIE DI NOVEMBRE
DEL WEB UIL SCUOLA
Dopo la sentenza del Tar Lazio sull’attribuzione del punteggio aggiuntivo
Corsi Ssis, avvio Il Consiglio di stato premia
tra le polemiche la posizione Uil sui precari
DI
PASQUALE PROIETTI
Il Miur ha emanato nei giorni
scorsi un decreto (dm 26/11/02)
con il quale consente ai docenti in
possesso del diploma di specializzazione per il sostegno l’ammissione al secondo anno dei corsi Ssis, anche in deroga rispetto
al numero dei posti disponibili,
anticipando di fatto i contenuti
dell’art. 5 del disegno di legge delega sulla riforma della scuola.
Tale procedura, svincolata da
un quadro complessivo di riforma, mentre risolve dei problemi
ne crea di nuovi. Il decreto, infatti, autorizza le scuole di specializzazione ad ammettere, anche
in soprannumero, al secondo anno di corso il personale fornito di
diploma di specializzazione per il
sostegno ma privo di abilitazione
all’insegnamento, solo se congiunto a un diploma di laurea o a
un titolo equivalente. Viene così
di fatto escluso tutto il personale
in possesso del solo diploma, come i docenti della scuola elementare.
Sul problema delle abilitazioni
e più in generale sui problemi del
precariato la Uil scuola, insieme
a Cgil e Cisl, ha inviato da tempo
un documento al ministro con il
quale invitava l’amministrazione ad affrontare i problemi del
precariato nella sua generalità.
Il documento unitario nasce dal-
l’esigenza di gestire in modo coerente i conflitti scoppiati di recente tra i precari «storici» e le
Ssis (le sentenze dei vari Tar e il
conseguente parere del Consiglio
di stato ne sono la prova) che hanno evidenziato le difficoltà dell’attuale sistema di reclutamento di rispondere alle aspettative
dei diversi gruppi coinvolti. Oggi
noi abbiamo l’esigenza di dare risposte e indicazioni certe al personale che consegue la laurea in
scienze della formazione primaria sia rispetto al valore abilitante del titolo che alla possibilità di
accedere ai corsi di specializzazione per l’handicap. Inoltre,
vanno create le condizioni per
l’accesso a questi corsi di laurea
anche per i docenti diplomati nel
«vecchio» istituto magistrale, con
particolare riferimento ai docenti specializzati.
La nota unitaria delle organizzazioni sindacali confederali inviata al ministro aveva e ha l’obiettivo di integrare il testo dell’art. 5 della legge delega, già approvata in prima lettura al senato, che interviene sul problema
del reclutamento in modo assolutamente parziale. In questo contesto il decreto ministeriale non
risolve i problemi ma crea solo ulteriori disparità tra categorie diverse che dovrebbero avere le
stesse opportunità di accesso all’insegnamento.
DI PASQUALE PROIETTI
Il 19 novembre scorso il Consiglio di stato, che era stato chiamato in causa dall’amministrazione
sulla sentenza del Tar Lazio relativamente all’attribuzione del
punteggio aggiuntivo alle Ssis, ha
dato ragione ai precari e alle posizioni espresse dalla Uil scuola subito dopo la sentenza. Come si ricorderà, su questa materia si sono pronunciati due Tar, quello
dell’Umbria e quello del Lazio,
che hanno rimesso in discussione
la cm n. 69/02 sulla base della
quale sono state conferite le supplenze. Il Tar dell’Umbria è entrato nel merito dei contenuti della circolare relativamente alla cumulabilità dei 30 punti previsti
per coloro che hanno frequentato
la scuola di specializzazione
(Ssis) con il servizio prestato contemporaneamente alla frequenza
del corso stesso e ha ribadito che
uno stesso titolo non può essere
valutato due volte, con i 30 punti
aggiuntivi o come altro titolo, limitandosi a sospendere gli effetti
della circolare. Il Tar del Lazio,
invece, confermando quanto sostenuto dal Tar dell’Umbria, è
andato oltre annullando la circolare. La Uil scuola ha chiesto subito l’applicazione della sentenza
sia per la preoccupazione sulle
possibili ricadute sull’avvio dell’anno scolastico sia per garantire
Andamento del precariato negli ultimi anni
Anni
Docenti
ATA
Tot. gen.
2000/2001
117.685
66.523
184.208
1999/2000
79.260
20.624
99.884
1998/1999
65.357
18.300
83.657
1997/1998
66.661
16.792
83.453
Elaborazione Uil Scuola su dati Miur
Precariato nel quadriennio
97/98
tot. gen.
ATA
98/99
99/00
docenti
00/01
0
50.000
100.000
omogeneità di trattamento per
tutti i docenti coinvolti ed evitare
che potessero essere applicate regole diverse tra le varie province.
L’amministrazione invece ha deciso di presentare ricorso al Consiglio di stato sostenendo di voler
perseguire l’obiettivo di ricongiungere tutti i ricorsi sulla materia, compreso quello presentato
dai docenti abilitati presso le Ssis,
per dare soluzione definitiva al
problema. Oggi siamo punto e a
capo. Proprio quando tutto sembrava filar liscio, con l’anno scola-
150.000
200.000
stico ormai avviato e anche senza
grossi problemi, è arrivato nei
giorni scorsi il parere del Consiglio di stato che, «bocciando» il ministro Moratti, ha confermato la
sentenza del Tar del Lazio dando
ragione alle tesi dei precari e delle organizzazioni sindacali. La
Uil scuola, dopo aver rivendicato
la correttezza delle posizioni precedentemente assunte e forte del
parere del Cds, ha chiesto l’applicazione della sentenza del Tar e
ha invitato il Miur a rifare le nomine.
SCUOLA D’OGGI
Le richieste all’Aran per dare più rapidità al negoziato
Martedì 17 Dicembre 2002
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La regionalizzazione non convince
Contratto, più risorse Sulla devolution
Per valorizzare tutto il personale
DI
LELLO MACRO
D
all’inizio di novembre si sono affrontate le questioni di
carattere generale e si è registrata una convergenza tra l’Aran e le organizzazioni sindacali sulla necessità di dare rapidità
al negoziato.
Si è iniziato dalle problematiche specifiche dei docenti, a partire dalle funzioni-obiettivo, per
le quali si è ritenuta necessaria
una revisione volta a lasciare
maggiore autonomia al collegio
dei docenti sull’individuazione
dei compiti, dando certezze sui
tempi e il numero da attribuire
alle scuole, eliminando le rigidità normative e adeguandone il
compenso, separando nettamente da esse la funzione del «vicario», da ridefinire. Per quanto attiene ai progetti delle scuole situate in zone a rischio, si ipotizza un decentramento delle competenze e delle intese a livello regionale, trasformando il compenso forfetario in una quota di
risorse da attribuire alle scuole
e, tramite la contrattazione di
istituto, al personale.
Sulle «nuove professionalità
Ata e le loro carriere», la Uil
scuola ha ribadito la centralità
del settore e la volontà di giungere a un contratto di svolta per
il complessivo innalzamento di
tutta la categoria. In particolare si è rivendicato: la qualificazione dei servizi Ata; l’attuazione della sequenza contrattuale;
l’organicità nella classificazione
del personale; una maggiore
chiarezza dei profili; la mobilità
professionale e formazione per
tutti i profili dentro la stessa
area e verso l’area superiore; l’inquadramento definitivo dei
Dsga.
Si è poi riproposto ancora una
volta il tema delle risorse: l’Aran
ha illustrato una nota del Miur
che non quantifica le risorse derivanti dai tagli agli organici docenti e Ata, sostenendo che, in
circostanze analoghe, simili risorse sono state collocate in istituti contrattuali non immediatamente esigibili.
La Uil scuola non si è ritenuta soddisfatta, riaffermando l’esigenza che, per tutto il personale, vi sia un impegno del ministro nella definizione delle risorse utilizzabili.
Dal 20 novembre, in parallelo,
è iniziato l’esame di un testo uni-
Coinvolte oltre 11 mila persone in tutta Italia
Rsu, gran successo
dei corsi itineranti
Si stanno svolgendo in tutte
le province italiane i corsi di
formazione per le rsu elette nelle liste della Uil scuola, secondo un piano formativo nazionale che prevede di raggiungere le oltre 6 mila rsu elette e
gli oltre 5 mila delegati e quadri territoriali.
I corsi stanno ottenendo un
buon successo di partecipazione
e di attenzione per i temi centrali degli incontri: contrattazione di istituto e sulle modalità
di definizione dei relativi con-
tratti). Un modello nuovo di gestione della scuola, organizzazione complessa, che per poter
funzionare secondo parametri di
efficienza ed efficacia deve modernizzarsi, utilizzando appieno
le potenzialità del metodo di concertazione e contrattazione che
le relazioni sindacali previste
dal contratto propongono.
Una nuova frontiera per il sindacato e per i lavoratori che devono utilizzare questi nuovi
strumenti e queste possibilità, al
fine di incidere sulle scelte dell’amministrazione per la tutela degli interessi e dei diritti dei lavoratori
(nell’ambito
delle peculiarità e specificità delle diverse professionalità), ma sempre nell’ambito
di un unico
comparto di
contrattazione
per docenti e
Ata che, insieme in questi
corsi di formazione,
approfondiscono
le tematiche
della contrattazione.
co proposto dall’Aran in cui vengono inserite e coordinate tutte
le norme contrattuali in vigore.
Relativamente ai minimi di
servizio da garantire in caso di
sciopero, si è convenuto sul vigente testo sottoscritto il 2 agosto 2001, che verrà sottoposto all’esame della commissione di garanzia. Circa le relazioni sindacali si è discusso sulla semplificazione delle procedure, evitando sovrapposizione dei livelli di
contrattazione, eliminando il livello nazionale con il Miur, se
non per la mobilità; sulla definizione delle materie di livello regionale e sul rafforzamento della contrattazione di scuola, mantenendo le attuali materie; sul
mantenimento degli equilibri
tra contrattazione e competenze
degli organi collegiali. L’attivazione della contrattazione, con
tempi certi di apertura e conclusione, va considerata come obbligo dell’amministrazione e dei
dirigenti scolastici. Va infine verificata l’ipotesi di un livello regionale di raffreddamento dei
conflitti, con ruolo delle strutture sindacali e della dirigenza regionale, che è titolare dei contratti con i dirigenti scolastici.
secco no della Uil
È un fermo no alla regionalizzazione dell’istruzione quello che
viene dalla Uil scuola. Non condividiamo la proposta contenuta
nel ddl sulla devolution che prevede per l’istruzione la competenza esclusiva alle regioni. L’azione
della Uil scuola è rivolta a evitare
la regionalizzazione del sistema
nazionale dell’istruzione. Da un
lato il governo presenta un progetto di riforma in attuazione del
nuovo dettato costituzionale che
prospetta una regolamentazione
a livello nazionale dell’istruzione.
Dall’altro, al senato, si approva
una proposta di legge che prevede
il passaggio di tutte le competenze in materia di istruzione alle regioni. Una tale eventualità smantellerebbe il sistema nazionale
dell’istruzione e minerebbe la
stessa unità nazionale, determinando legittima preoccupazione
in tutti i lavoratori. E questa è
un’ipotesi inaccettabile per Uil
scuola. Va data attuazione alla
norma costituzionale che fa mantenere il carattere nazionale dell’istruzione nonché il sistema della formazione iniziale in servizio
degli insegnanti. Questa deve essere la strada maestra da seguire
nel processo riformatore.
Uil scuola informa
• Pensionamenti dal 1° settembre 2003: le domande entro il 10 gennaio 2003
Con il decreto ministeriale n.
127 del 2 dicembre 2002 del ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, ai sensi del decreto del presidente della repubblica 28 aprile 1998 n. 351 è stato
fissato al 10 gennaio 2003 il termine entro il quale il personale
del comparto scuola con rapporto
di lavoro a tempo indeterminato
(docenti, educativi e Ata), può
presentare o ritirare la domanda
di collocamento a riposo per compimento del 40° anno di servizio
utile al pensionamento, di dimissioni volontarie dal servizio,
avendone i requisiti, o per essere
trattenuto in servizio oltre il 65°
anno di età. La scadenza riguarda anche il personale che intende
chiedere, a condizione di poter far
valere 56 anni di età e 35 di contributi ovvero, indipendentemente dall’età anagrafica, 37 anni di
contribuzione, unitamente al
trattamento pensionistico di anzianità, la trasformazione del
rapporto di lavoro da tempo pieno
a tempo parziale, ottenendo contemporaneamente il riconoscimento del trattamento di pensione. L’accertamento del diritto al
trattamento pensionistico da parte degli uffici competenti dovrà
essere effettuato entro le scadenze che saranno previste per l’acquisizione al sistema informatico
delle domande di cessazione. Tali
scadenze dovranno tener conto
anche dei tempi necessari per la
comunicazione dell’eventuale
mancata maturazione del diritto
a pensione al personale dimissionario, che potrà ritirare la do-
manda entro cinque giorni. L’accettazione delle domande di collocamento a riposo per compimento
del 40° anno di servizio, di dimissioni volontarie dal servizio e di
trattenimento in servizio si intende avvenuta alla scadenza del
termine del 10 gennaio 2003, senza l’emissione del provvedimento
formale. Si ricorda che i requisiti
per accedere al trattamento di
pensione di anzianità dal 1° settembre 2003 consistono in 56 anni di età e 35 anni di servizio, oppure, indipendentemente dall’età
anagrafica, di 37 anni di servizio.
Tali requisiti devono essere posseduti, così come dispone l’articolo 59, comma 9 della legge n.
449/1997, entro il 31 dicembre
2003. Il personale che compie 65
anni entro il 31 agosto cessa automaticamente dal servizio per limiti di età, a meno che non richieda espressamente, entro il 10
gennaio, una delle due proroghe
di permanenza in servizio previste rispettivamente dall’articolo
509, commi 3 e 5 del decreto legislativo 297/94 e dall’articolo 16
del decreto legislativo 503/1992.
Le istanze vanno presentate alle
segreterie delle istituzioni scolastiche.
COSA CAMBIA
NELLA COSTITUZIONE
• COSTITUZIONE 1948
Art. 117. La regione emana per
le seguenti materie norme legislative nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello stato, sempre che le norme
stesse non siano in contrasto con
l’interesse nazionale e con quello
di altre regioni: (…) istituzione
artigiana e professionale e assistenza scolastica; (…) Altre materie indicate da leggi costituzionali. Le leggi della repubblica possono demandare alla regione il potere di emanare norme per la loro
attuazione.
• MODIFICHE PRECEDENTE GOVERNO (Articoli
modificati dalla legge costituzionale concernente «Modifiche al titolo V della parte seconda della
Costituzione» pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 59 del 12
marzo 2001 e sancita da referendum popolare del 7 ottobre 2001)
Art. 117. La potestà legislativa
è esercitata dallo stato e dalle regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti
dall’ordinamento comunitario e
dagli obblighi internazionali. Lo
stato ha legislazione esclusiva
nelle seguenti materie: (…) Comma n: norme generali sull’istruzione; Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a:
(…) istruzione, salva l’autonomia
delle istituzioni scolastiche e con
esclusione della istruzione e della
formazione professionale; Nelle
materie di legislazione concorrente spetta alle regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello stato.
Spetta alle regioni la potestà legislativa in riferimento a ogni
materia non espressamente riservata alla legislazione dello stato.
• MODIFICHE ATTUALE
GOVERNO (Adottate dal Consiglio dei ministri il 14 febbraio
2002, su parere positivo della
Conferenza delle regioni, approvate dal senato, in prima lettura,
il 5 dicembre 2002)
Inserire comma: Nel rispetto
dei diritti e dei doveri sanciti dalla Costituzione e dalle leggi costituzionali le Regioni attivano la
competenza legislativa esclusiva
perle seguenti materie; Comma
b): organizzazione scolastica, salva l’autonomia delle istituzioni
scolastiche, gestione degli istituti
scolastici e di formazione; Comma c): definizione della parte dei
programmi scolastici e formativi
di interesse specifico della regione; La potestà regolamentare
spetta allo stato nelle materie di
legislazione esclusiva, salva delega alle regioni. La potestà regolamentare spetta alle regioni in
ogni altra materia. I comuni, le
province e le città metropolitane
hanno potestà regolamentare in
ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento
delle funzioni loro attribuite.
4
Martedì 17 Dicembre 2002
SCUOLA D’OGGI
Diffondere un’informazione precisa e tempestiva è uno dei compiti importanti per il sindacato
Riforma, serve un confronto vero
Il dibattito politico entra nelle discussioni degli insegnanti
opo la sospensione, nell’estate scorsa, dei provvedimenti attuativi della legge n.
30 del 10/2/2000 (Riforma Berlinguer), e dopo una «grande»
consultazione che ha visto coinvolte 60 scuole e alcune telefoniste dell’Istat che hanno effettuato 8 mila interviste a docenti, genitori e studenti, il 13
novembre scorso il senato ha
approvato il disegno di legge che
definisce le «Norme generali
sull’istruzione e i livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione
professionale» (Riforma Moratti). E subito il mondo della scuola è entrato in fibrillazione:
«Che fine farò io, e che fine faranno le mie materie di insegnamento e le competenze che
ho acquisito in tanti anni di lavoro?».
Le risposte sono confuse e tutte «politiche»: il governo difende il suo progetto, i partiti di
opposizione attaccano la maggioranza, nessuno si preoccupa
di illustrare i contenuti del
provvedimento e la scuola viene lasciata sola, con i suoi dubbi e le sue angosce. Invece di
essere considerata un’occasione per migliorare il sistema, la
riforma viene vissuta come una
minaccia ai diritti, alla professionalità, addirittura al posto
di lavoro del personale.
Non potendo fornire assicurazioni su una materia di esclusiva competenza del parlamento, il sindacato ha quanto
meno il dovere di informare la
categoria.
Innanzitutto c’è da ricordare
che si tratta di una legge delega, la cui attuazione è affidata
al governo che dovrà emanare
uno o più decreti legislativi. Il
parlamento stabilisce quindi le
linee generali, che non consentono di prevedere chiaramente
né il futuro assetto della scuola italiana, né le ricadute sui
diritti e sulla professionalità del
personale.
Di sicuro il testo approvato
contiene novità importanti, soprattutto nella direzione del federalismo:
1) la formazione e l’istruzione professionale vengono affidate interamente alle regioni,
insieme a una quota di «piani
di studio» collegata con le realtà
locali;
2) scompare il concetto di «obbligo scolastico» (che esiste ancora nel testo della Costituzione), sostituito dal diritto all’istruzione/formazione per almeno 12 anni;
3) la scuola dell’infanzia, che
non si caratterizza né come formazione, né come istruzione,
continua a essere considerata
in posizione marginale.
CREDITI D’IMPOSTA
Ecco le novità che sembrano essere più certe in un quadro complessivo ancora non definitivo
Finanziamenti
alle private,
no della Uil
Cosa accadrà nella scuola italiana
dopo l’approvazione della riforma
DI
FRANCO SANSOTTA
D
Una netta contrarietà al provvedimento che introduce il credito d’imposta per chi frequenta le
scuole private è espressa dal segretario generale della Uil scuola,
Massimo Di Menna.
Mentre si riducono le risorse
per la scuola pubblica, continua
Di Menna, che richiede investimenti per la valorizzazione professionale degli insegnanti e del
personale, per la messa in sicurezza degli edifici, non solo la Finanziaria non dà risposte e si prevedono tagli, non solo non si rinnova il contratto, ma si danno soldi alle scuole private.
Il provvedimento, approvato il
9 dicembre scorso dalla commissione bilancio prevede stanziamenti per 90 milioni di euro in tre
anni (dal 2003 al 2005) per le famiglie che scelgono la scuola privata sotto forma di credito d’imposta, è ora all’esame del senato.
Non ci sono risorse per la scuola pubblica, quella frequentata
dal 93% degli studenti italiani, e
si interviene sulla scuola privata:
è una protesta forte quella che
viene dal mondo della scuola,aggiunge Di Menna, contro un provvedimento incredibile.
DI FRANCO SANSOTTA
Sui cambiamenti, sicuramente
consistenti rispetto alla situazione
attuale, bisogna attendere i decreti
attuativi. Per ora non possiamo fare altro che segnalare le novità che
sembrano più certe, in un quadro
complessivo ancora non definito.
• Scuola dell’infanzia. La
più grande novità consiste nella
diversa età di accesso. Oggi si possono iscrivere, a settembre, i
bambini che compiono i tre anni
entro il 31 dicembre. La riforma
prevede che l’iscrizione possa avvenire anche per i bambini che
compiono i tre anni entro il 30
aprile dell’anno successivo. In
pratica avremo alunni che inizieranno la scuola dell’infanzia a
due anni e quattro mesi. La proposta, certamente gradita alle famiglie e all’opinione pubblica,
comporta il cambiamento dell’attuale modello pedagogico ed educativo e crea non pochi problemi
ai docenti che si vedrebbero privati degli alunni «più grandi»
(quelli di cinque anni andranno
già in prima elementare) e dovrebbero far fronte alle esigenze
della fascia dei «dei più piccoli»
L’iter della riforma
La cosiddetta riforma Moratti della scuola fissa alcuni criteri generali e delega il governo ad attuarli
successivamente mediante uno o più decreti legislativi da emanarsi:
entro
da chi
• 24 mesi dalla data di entrata
in vigore della legge;
• entro 18 mesi dalla loro entrata in vigore è possibile
apportarvi correzioni e integrazioni
Miur:
• di concerto con il ministero dell’economia e
finanze, il ministero della funzione pubblica, il
ministero del lavoro
• previa intesa con la conferenza
unifica stato- regioni
• previo parere delle commissioni di camera e
senato
Le risorse e gli obiettivi
Il finanziamento globale non è indicato: il testo approvato al… rimanda a un piano
programmatico di interventi finanziari su 11 obiettivi da emanarsi, da finanziarsi annualmente
attraverso la legge finanziaria nell’ambito delle previsioni del Dpef, compatibilmente con i vincoli
della finanza pubblica:
entro
90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge
da chi
Il Miur …..da approvare ….da parte del consiglio dei ministri
Previa intesa con la Conferenza unificata stato-regioni
obiettivi
• riforma degli ordinamenti e sviluppo e valorizzazione dell’autonomia
delle istituzioni scolastiche;
• istituzione del Servizio nazionale di valutazione del sistema scolastico;
• sviluppo delle tecnologie multimediali e della alfabetizzazione nelle tecnologie
informatiche;
• attività motoria e delle competenze ludico-sportive;
• valorizzazione professionale del personale docente;
• formazione iniziale e continua del personale;
• spese di autoaggiornamento sostenute dai docenti;
• valorizzazione professionale del personale amministrativo,
tecnico e ausiliario (Ata);
• lotta alla dispersione scolastica e per assicurare la realizzazione
del diritto - dovere di istruzione e formazione;
• sviluppo dell’istruzione e formazione tecnica superiore e per l’educazione
degli adulti;
• adeguamento delle strutture di edilizia scolastica.
(due anni e quattro mesi).
• Scuola elementare e scuola media. Accorpate nel «Primo
ciclo di istruzione», che si conclude con un esame di stato che dà
accesso ai licei e alla formazione
professionale, le due strutture rimangono distinte e mantengono
la attuale durata: cinque anni le
elementari, tre anni la media.
Nella scuola elementare si tornerà probabilmente, almeno nei
primi due anni, al maestro prevalente e nella media viene introdotto lo studio di una seconda lingua dell’Unione europea. Il testo
attuale non chiarisce se continuerà la netta distinzione tra gli
insegnanti delle due scuole, o se
saranno previste forme di integrazione o di raccordo, fino ad arrivare a un unico organico. A questo proposito sarebbe indispensabile, in sede di emanazione dei decreti attuativi, fare riferimento
alla preziosa esperienza acquisita in questi ultimi anni dai docenti degli «istituti comprensivi» (che
rappresentano ormai quasi la
metà della scuola di base) che
hanno consentito l’aggregazione,
nella stessa struttura professionale, della scuola dell’infanzia,
della elementare e della media.
• Scuola media superiore.
Rispetto alla situazione attuale, il
«secondo ciclo di istruzione» è la
parte che contiene le maggiori novità, le maggiori complicazioni e
le maggiori incertezze: abbiamo il
sistema dei licei, affidato allo stato; il sistema dell’istruzione e della formazione professionale, di
competenza delle regioni, e in più
la possibilità di conseguire diplomi e qualifiche in alternanza
scuola-lavoro o attraverso l’apprendistato. Ciò potrebbe comportare un trasferimento di strutture e sostanziali modifiche di
stato giuridico per il personale,
che attualmente non è possibile
ipotizzare. La valutazione degli
apprendimenti e della qualità del
sistema costituisce un’altra novità della riforma. Le norme verranno definite nei decreti legislativi. Un ruolo importante è riservato all’Istituto nazionale per la
valutazione e ai docenti per i quali, «ai fini del miglioramento dei
processi di apprendimento e della
relativa valutazione, nonché per
la continuità didattica», è assicurata una congrua permanenza
nella sede di titolarità. Conclu-
dendo possiamo dire che i motivi
di preoccupazione sono molti e
consistenti. In questa situazione,
ancora non definita e che non prevede tempi molto brevi, se è pericoloso e superficiale un atteggiamento ottimistico e disattento, è
altrettanto fuori luogo lasciarsi
andare a previsioni catastrofiche,
pensando addirittura a licenziamenti e alla cassa integrazione
per gli operatori della scuola. Abbiamo il tempo e le opportunità
per valutare e seguire l’attuazione della riforma, soprattutto utilizzando e valorizzando il tavolo
di confronto, istituito nell’accordo
di febbraio, tra il Miur e le organizzazioni sindacali. Sulla proposta, la Uil scuola ha già più volte
espresso le sue valutazioni, che
sono state ultimamente ribadite,
anche con un documento scritto,
nel corso dell’audizione del 4 dicembre scorso alla VII commissione della camera dal segretario
generale Massimo Di Menna (vedi il nostro sito Internet). Continueremo a sostenerle in tutte le
sedi, con l’obiettivo di difendere i
diritti e di valorizzare il lavoro, le
competenze e le professionalità
acquisite di tutto il personale.
SCUOLA D’OGGI
Martedì 17 Dicembre 2002
5
La centralità del ruolo dell’insegnante all’interno del processo di riforma della scuola italiana
La collegialità progettuale è risorsa
Ma la funzione didattica specifica non deve essere indebolita
U
n aspetto su cui negli ultimi
anni è aumentata l’attenzione è quello relativo alla collegialità. Alcune volte le scuole si trasformano in «progettifici» e viene
meno la centralità della funzione
didattica, del momento in cui l’insegnante è in classe con gli alunni. Spesso la progettazione diviene trascrizione di carte, eccesso di
burocrazia, tecnicismo e i saperi,
l’approfondimento disciplinare
vedono diminuita la loro centralità. In particolare, per ragazzi
con sempre maggiori stimoli e con
l’evoluzione scientifica e tecnica,
il continuo aggiornamento disciplinare, la ricerca diventano altrettanto importanti quanto la
capacità di mettere in connessione diverse materie su argomenti
comuni, quanto l’approccio interdisciplinare. In questo senso
scuola e università devono interagire e deve venire meno l’attuale
separatezza. È in questa continua ricerca tra nuova collegialità
e impegno individuale che si delinea la funzione docente. La nuova collegialità richiede impegno
nella progettazione, nella definizione di interventi didattici in
grado di rispondere in modo individualizzato, o per gruppi, alle diversità dei ragazzi. Entrano in
gioco capacità relazionali, insegnamento individualizzato, flessibilità, rigore metodologico, tutte competenze che occorre acqui-
Un riferimento chiave per la crescita
educativa e formativa valida. Molti insegnanti sostengono che tutti i ragazzi hanno un loro percorso
di crescita positivo. La questione di fondo è evitare
di pensare che la scuola possa sostituire la non presenza delle famiglie. Molte difficoltà degli adolescenti di oggi, talvolta il loro disagio, derivano da
ciò. Certo la scuola, in ogni caso, è chiamata a organizzare risposte ai tanti e diversi bisogni. In questo senso la funzione docente è importante in quanto rappresenta non solo trasmissione dei saperi ma
valori di riferimento, modelli di comportamento, rigore, un sistema di regole. In definitiva, mentre la
scuola e la famiglia dovrebbero interagire continuamente e positivamente, sempre più spesso l’insegnante vive in una sorta di solitudine la responsabilità di accompagnare la crescita dei giovani
studenti con valori e prospettive positive. Per tale
funzione e tale responsabilità non c’è il meritato riconoscimento.
L’insegnante è un riferimento fondamentale per
la crescita dei ragazzi. Il processo educativo si svolge contestualmente al processo di crescita e la
scuola è una delle sedi a ciò preposte. In questi ultimi anni una errata concezione della scuola ha fatto sì che, a fronte di fenomeni di disagio giovanile e
di comportamenti sanzionabili, si siano «scaricate»
sulla scuola competenze e responsabilità, con proposte, talvolta, davvero «originali». Ricordiamo l’educazione stradale, l’educazione alla legalità, l’educazione alla salute e così via, quasi non esistesse
l’educazione tout court, come antidoto ai malesseri.
Ovviamente il vecchio termine «una buona educazione» riguarda il ruolo della famiglia, dei genitori
e, sempre più, una connessione tra genitori e insegnanti. Quando l’interlocuzione esiste, non si limita al ricevimento per seguire l’andamento didattico, ma riguarda la «lettura» dei comportamenti, la
conoscenza del ragazzo, per delineare una scelta
sire con l’impegno e con l’esperienza. Occorre, inoltre, non indebolire la funzione didattica specifica: tanto più l’insegnante è visto
come colui che sa e che sa trasmettere, tanto più la relazione
con i giovani diviene positiva. In
fondo il corso di studi richiede la
crescita culturale, l’acquisizione
di nuove conoscenze, il desiderio
di sapere, il piacere di una buona
lettura, il saper dare spiegazioni
e interpretazioni ai fatti. In riferimento a ciò la collegialità come
nuova dimensione della funzione
dell’insegnante è metodo utile, se
non appesantisce, ma agevola la
capacità delle scuole di rispondere positivamente alla propria funzione specifica formativa, che rimane, e deve rimanere, quella di
far innalzare il livello delle conoscenze e delle competenze, nonché lo spirito critico, degli studenti. Il riconoscimento di un lavoro
così complesso, che non è quantificabile in orario rigido, è la vera
questione non risolta.
I PROGRAMMI
DEI DOCENTI
Lo stereotipo dell’insegnante
Agidae
Mentre prosegue il confronto con l’Associazione dei gestori delle scuole laiche, per la definizione e la firma dei contratti
di lavoro, è entrato in vigore il
Ccnl Agidae 2002/2005, i cui
aumenti economici, relativi al
primo biennio con decorrenza
1/9/2002, hanno dato l’avvio al
processo di allineamento della
scuola paritaria al sistema scolastico italiano.
Le novità significative, introdotte nel contratto di lavoro, sono quelle relative ai permessi
retribuiti per motivi familiari in
applicazione della legge n.
53/2000 e del decreto legislativo
278 che prevede su richiesta un
periodo di congedo fino a due
anni durante il quale viene conservato il posto di lavoro, e a
quelle concernenti il decreto legislativo n. 112/98 che, in applicazione dei processi di riforma e
dell’evoluzione della legislazione scolastica, dà l’opportunità di
attivare nelle scuole paritarie
un secondo livello di contrattazione regionale e di istituto per
migliorare le condizioni economiche del personale a seguito di
finanziamenti da parte dello
stato e degli enti locali. Il dettaglio delle tabelle retributive per
il biennio economico 2002/2003
è disponibile sul web Uil scuola
nella sezione contratto.
Adriano Enea
Bellardini
fermo nella spiegazione della lezione, in base a programmi rigidi
e predefiniti a cui gli studenti devono attenersi è duro a morire.
In realtà sia nelle scuole superiori sia nelle medie, così come
nelle elementari e nelle materne,
le lezioni avvengono non solo sulla base dei libri di testo e di rigidi
argomenti ma sono il frutto di ricerca, studio ed elaborazione di
sussidi: esercizi personalizzati,
appunti e spunti di riflessione, testi di supporto alla didattica.
Il coinvolgimento degli studenti avviene con particolare positi-
vità tramite l’approccio problematico agli argomenti.
Si tratta di un impegno complesso che si sviluppa talvolta per
l’intero arco della giornata. Spesso la scuola non è in grado di garantire ciò che serve e l’insegnante deve pensare anche alle fotocopie e al reperimento del materiale
di supporto.
Il superamento degli schemi rigidi, la flessibilità oraria, l’individualizzazione dell’insegnamento,
la definizione del piano dell’offerta formativa, fanno dei docenti
dei professionisti più vicini alla
configurazione specifica di una
professione che va dalla scuola
dell’infanzia all’università, che
dei semplici dipendenti pubblici.
Il carattere pubblico della scuola si fonda proprio sull’autonomia
che non è burocrazia o confusione, ma si sostanzia come ricerca
ed elaborazione culturale che si
realizza nel rispetto della libertà
di insegnamento e del diritto dei
ragazzi a un’istruzione e formazione di qualità.
Sono sempre più numerose le
scuole che sperimentano innovazione, con grande impegno, senza
veder riconosciuti, se non nei giudizi di famiglie e studenti, i grandi risultati che ne conseguono.
Ciò che serve è sentirsi vicini e rispettati dallo stato e dalla società
e non sempre tale sensazione è
presente.
Ma occorre un impegno nel cercare le risorse
Computer e inglese
per modernizzare
Informatica e lingua inglese,
rappresentano due elementi di
modernità, mai assenti negli
opuscoli informativi che le scuole realizzano per far conoscere
a famiglie e ragazzi l’insieme
del piano dell’offerta formativa, per far sapere cioè che cosa la scuola è in grado di offrire a chi si iscrive. Vediamo l’aspetto positivo della questione,
che non è solo pubblicità e immagine.
È positivo far conoscere alla comunità che cosa la scuola
è in grado di organizzare; è anche positivo che «l’offerta» sia
ampia, ma la questione su cui
riflettere è: può la modernità,
per esempio l’uso del computer,
favorire, rendere più efficace la
funzione della scuola, che rimane quella formativa? Noi
pensiamo di sì. Certo, per fare
questo, occorrono investimenti
finanziari, tecnologia avanzata, formazione degli insegnanti (formazione che deve essere
incentivata).
Purtroppo, gli investimenti
per la formazione non ci sono
e addirittura vengono tolti i soldi per l’autoaggiornamento. Occorrono aule multimediali, com-
puter moderni, spazi per la ricerca. In questo senso la funzione dell’insegnante è decisiva per far sì che il ragazzo sia
soggetto attivo, sia in grado di
«utilizzare» l’immensa area conoscitiva rappresentata da Internet e dalla multimedialità.
Guai, se venisse in mente di
fare a meno della guida dei saperi all’uso delle nuove tecnologie. La cultura di base è fondamentale per utilizzare il computer. In questo senso la scuola è
la sede fondamentale per governare e non farsi assorbire dalle
tecnologie. Si tratta di un’importante funzione della professione docente. Anche questa funzione richiede impegno, rigore,
passione, piacere per la ricerca
e per i risultati. Ci vorrebbero
maggiori riconoscimenti.
6
Martedì 17 Dicembre 2002
SCUOLA D’OGGI
La Commissione ha messo a punto le linee portanti cui si devono ispirare tutti i sistemi formativi
Educazione, l’Europa fissa i criteri
Vanno ridotti la dispersione e gli squilibri tra i cittadini Ue
DI
LELLO MACRO
I
l trattato dell’Unione europea,
sin dalla sua prima versione
di Roma del 1957, e con le modifiche del 1986, del 1992 e, da ultimo, dal trattato di Amsterdam
del 1997, esclude espressamente provvedimenti di armonizzazione (direttive) dell’Ue sui sistemi nazionali di istruzione, limitandosi ad avanzare consigli
(raccomandazioni), che gli stati
membri possono adottare, coniugandoli secondo le proprie
tradizioni e scelte culturali.
Con il progredire delle politiche generali di convergenza in
tutti i settori (per esempio, la libera circolazione delle persone e
quindi il diritto di lavorare e studiare in tutti i paesi dell’Ue) si è
sentita sempre più forte l’esigenza di dotarsi di obiettivi comuni e di strumenti di verifica
concordati: è il «metodo aperto
di coordinamento» e consiste nel
concordare obiettivi e orientamenti comuni tra gli stati, con il
coordinamento della Commissione, promuovendo la cooperazione e lo scambio delle pratiche
migliori.
In questo contesto, il 20 novembre, la Commissione ha proposto cinque criteri concreti di riferimento per i sistemi di istruzione, per realizzare degli obiettivi comuni in relazione alla sfida lanciata dal Consiglio di Li-
sbona: fare dell’Europa, entro il
2010, l’economia della conoscenza più competitiva e più dinamica del mondo.
Il primo criterio-obiettivo
è ridurre almeno della metà, entro il 2010, la percentuale di giovani che lasciano prematuramente la scuola, attestandosi ad
un tasso medio del 9% o inferiore. Per tasso di abbandono si intende il numero di giovani tra i
18 e i 24 anni che hanno frequentato soltanto il ciclo inferiore della secondaria e che non
continuano né con lo studio né
con la formazione.
La media attuale nell’Ue è del
19%, con tre paesi al di sotto del
10,3% (Svezia, Finlandia e Austria) e tre molto al di sopra (Portogallo, 45%, Spagna 29% e Italia 26%).
Il secondo criterio-obiettivo è di ridurre della metà lo squilibrio uomini-donne nell’acquisizione di diplomi superiori in
matematica, scienze e tecnologia, assicurando contestualmente un considerevole aumento generalizzato di tali diplomi
rispetto al 2000.
I tre paesi più equilibrati sono
l’Irlanda, il Portogallo e l’Italia,
dove il rapporto uomini/donne è
di 1,6 mentre, all’opposto, troviamo l’Olanda e l’Austria, dove
il rapporto è di 4,7 e di 4.
Il terzo criterio-obiettivo
consiste nel fare in modo che, en-
tro il 2010, la percentuale media
di coloro che hanno tra i 25 e i 59
anni e un diploma di scuola secondaria superiore, arrivi almeno all’80% della classe d’età.
È questo un obiettivo fondamentale nell’attuale società della conoscenza e, in tutti i paesi
Ue, c’è stato un aumento regolare negli ultimi anni: in media
si è passati dal 50% dell’inizio degli anni 90 a circa il 66% nell’anno 2000. Attualmente Germania, Danimarca e Svezia sono già all’83%, mentre il Portogallo si ferma al 21%, la Spagna
al 42% e l’Italia al 46%.
Il quarto criterio-obiettivo
riguarda le competenze in lettura, matematica e scienze dei
quindicenni Europei: come ha rilevato l’inchiesta «Pisa» a livello
mondiale, con l’eccezione della
Finlandia, i risultati europei sono alquanto mediocri, con evidenti conseguenze in termini di
occupabilità, d’integrazione sociale, di sviluppo personale e di
possibilità di ulteriore apprendimento.
L’obiettivo è quello di ridurre
almeno della metà entro il 2010
il «gap» rispetto ai paesi con
performance più elevate: la media Ue è oggi a 495 punti (la media mondiale è 500), con picchi
in alto per Finlandia (540) e Regno Unito (528) e, in basso, per
Lussemburgo (443) e Grecia
(461). L’Italia è a quota 474.
Il quinto criterio-obiettivo
è innalzare almeno al 15% il tasso medio di popolazione attiva
(25-64 anni di età) partecipante
ad attività di istruzione e formazione ricorrente e continua
(«lungo tutto l’arco della vita»,
secondo la definizione dell’Unione europea), con la soglia minima del 10% in ogni paese. La media attuale Ue, informa la Commissione, è dell’8,4%, con punte
di almeno il 19,6% nel Regno
Unito, Finlandia e Danimarca.
La Commissione ha infine invitato gli stati membri a continuare a contribuire alla realizzazione dell’obiettivo fissato a
Lisbona, cioè aumentare ogni
anno in maniera sostanziale l’investimento di pil per abitante
nelle risorse umane e, con riguardo a ciò, a fissare dei criteri di riferimento nazionali da comunicare al Consiglio e alla
Commissione.
L’Italia, con il suo 4,5%, investe al di sotto della media europea (5%) e ben lontano dal 7,4%
di Svezia, Finlandia e Francia.
Le leggi finanziare dell’attuale governo e le sue proposte di
riforme del sistema di istruzione e formazione come si conciliano con questi impegni assunti a livello europeo? Ci piacerebbe che fosse resa pubblica la comunicazione del governo all’Unione europea circa il piano per
conseguire questi obiettivi.
Brevi Ue
• Spagna: nessun miglioramento per il personale dei
servizi complementari
(Psec=Ata): «Il progetto di
riforma manca di riferimenti
economici e di un impegno finanziario che lo renda credibile.
Se a questo aggiungiamo la
prassi di ridurre di anno in anno
la spesa pubblica per l’istruzione, temiamo veramente che aumenteranno le privatizzazioni...
con la riduzione delle piante organiche dei pubblici dipendenti
del settore... con il degrado delle
condizioni di lavoro, con un aumento della precarietà». (da
«T.E. Trabajadores/ras de la
Enseñanza» n. 237/2002)
• Integrazione degli altrimenti abili problemi in Francia: «Molta strada occorre ancora percorrere perché gli allievi
handicappati siano considerati
con eguaglianza di diritti rispetto agli altri. Non è ora di passare
dall’obbligo formativo all’obbligo
scolastico? Gli sforzi fatti nel 1°
grado si riflettono ancora troppo
spesso nell’insufficienza constatata nel 2° grado. Bisogna riflettere sulla continuità educativa,
spesso imperfetta ancora per tutti, ma particolarmente deficiente, e in maniera talvolta inammissibile, in caso di handicap».
(da «Enseignants» n. 54/2002)
Edilizia scolastica, 4 anni di denunce nei rapporti della Uil scuola
Dal 1999 la Uil scuola, attraverso la pubblicazione dei
suoi «Rapporti annuali sulle
condizioni dell’edilizia scolastica», denuncia alle autorità
competenti e all’opinione pubblica lo stato di inadeguatezza
delle strutture edilizie in cui
passano molte ore della loro
giornata milioni di studenti, di
insegnanti, di tecnici e amministrativi nonché, con l’ampliarsi dell’offerta formativa
agli adulti, milioni di cittadini.
In tutti i suoi quattro rapporti la Uil scuola richiedeva
con forza, tra l’altro, la realizzazione dell’Osservatorio nazionale sull’edilizia scolastica
e la predisposizione di un piano organico pluriennale che, entro il 2004 vedesse risolto il problema.
Alla grande eco suscitata sui
mass media nei giorni immediatamente seguenti la pubblicazione dei rapporti seguiva
purtroppo il silenzio dell’amministrazione scolastica e del
governo.
La Uil scuola continuerà caparbiamente nella sua opera di
denuncia, fino a che la «cultura della sicurezza» non sarà un
patrimonio condiviso di tutta
la comunità nazionale e delle
istituzioni responsabili.
Martedì 17 Dicembre 2002
SCUOLA D’OGGI
7
Nel riassetto del gruppo torinese pesano troppo le intenzioni delle banche e della General motors
Fiat, non c’è progetto per il futuro
Lo stato deve entrare nel capitale della casa automobilistica
DI ANTONINO REGAZZI
segretario generale Uilm
Q
uando si discute della crisi
del settore auto ci si accorge
che alla Fiat manca un progetto
per il futuro. Lo dice il sindacato,
lo sa il governo, lo ammette implicitamente ogni profondo conoscitore della casa automobilistica torinese. Esiste uno squilibrio patrimoniale tra i mezzi propri e quelli
di terzi. Banche e General motors
orientano la prospettiva dell’azienda. La rotta guarda al 2004 e
lì finisce. Per gli aspetti italiani,
intendo. È come se tutto fosse già
deciso: la vendita alla casa di Detroit; una cospicua liquidità a disposizione della famiglia Agnelli
come contropartita; il settore automobilistico nazionale messo
nell’angolo buio. Anche durante la
vertenza con l’azienda, in più occasioni, è stato come sbattere su
un muro di gomma. Sono ritornati al mittente gli appelli a modificare il piano industriale. Si potevano chiedere accorgimenti, ma
nulla di sostanziale che andasse
oltre il 2004. Ma la crisi del settore auto è questione nazionale,
perché la Fiat da sola rappresenta
più dello 0,5% del pil. Non si può
agire a salvaguardia dell’economia del paese con una strategia
che tagli i posti, chiude gli stabili-
menti, oscura i cervelli, trasferisce la ricerca e soddisfa le aspettative finanziarie delle banche creditrici e dei futuri acquirenti d’Oltreoceano. Nemmeno gli ammortizzatori sociali lasciano speranze: la cassa integrazione a zero ore
preclude ai licenziamenti e seleziona a monte i più deboli da quelli che possono rimanere. Meglio i
contratti di solidarietà e la cig a
rotazione. Ma che senso può avere
intervenire in questo modo, quando vengono a mancare le risorse
per reggere la competizione sui
mercati nei prossimi dieci anni? I
2,5 miliardi di euro all’anno di ricapitalizzazione e gli investimenti, sempre su base annua, di 2,6
miliardi di euro possono bastare
al gruppo per ritornare in carreggiata fino al 2004. Ma dopo? Le
tante vertenze tra azienda e sindacato, dal dopoguerra a oggi, si
sono sempre basate su un dato costante: scontri, o accordi, si facevano con una proprietà che sarebbe rimasta. Oggi, gli Agnelli, un
po’ per mancanza di un soggetto a
cui trasferire le sorti imprenditoriali, un po’ per condizioni oggettive del mercato, stanno uscendo
dal settore industriale. Il presidente del consiglio può anche affermare che, dopo di lui, ci vorrebbe Luca di Montezemolo come capo azienda al posto di Fresco, ma
se non lo decidono quelli della «famiglia», rimane una «boutade» di
pessimo gusto. Nel 2005 la concorrenza straniera aggredirà il
mercato con una nuova gamma di
modelli. La Fiat non avrà, invece,
nuove risorse per farlo. Negli anni
80 la capacità produttiva della
Fiat aveva raggiunto i 2 milioni di
auto. Nel 2001 il mercato dell’auto ha raggiunto la cifra di
2.341.000 vetture e al termine di
questo mese la cifra scenderà sotto i 2 milioni. Nel 2001 il marchio
Fiat ha rappresentato il 35% del
mercato nazionale. Nel 2002 il
mercato europeo ha subito un calo
del 5%, quello italiano una perdita del 15%. La Fiat ha perso più
del 21%. Insomma, il gruppo ha
perso quote di mercato in modo
più che proporzionale rispetto alla
concorrenza: si tratta di sei punti
percentuali in più. Questi numeri
dimostrano che sono stati fatti degli errori gravissimi dal management nella gestione organizzativa, produttiva, finanziaria e commerciale. E come ha reagito l’azienda? Intanto, predisponendo
una possibile via di fuga dal mercato. E poi, apportando delle correzioni qua e là sul piano industriale su richiesta di governo e
sindacato. Ma non aggiungendo
nulla che, impegnandola, potesse
precluderle l’uscita dal settore a
livello nazionale. Non si supera la
crisi quasi abbandonando il mercato, dimezzando la capacità produttiva, ponendosi il risanamento
dei conti limitandosi al 2003. Ci
vogliono risorse e soldi freschi per
porsi il traguardo minimo del
2010. Almeno fino a questa data ci
sarebbero continuità produttiva e
stabilità societaria. La Fiat è un
bene del paese che nei ciclici momenti di crisi l’ha sorretta e sostenuta. Quando una grande azienda privata decide di diventare
una piccola azienda privata, a
quel punto è necessario impegnarsi perché rimanga una grande azienda. Se la proprietà vuol
cedere l’azienda, lo dichiari senza
nascondersi dietro scelte che puntano a realizzare un cospicua liquidità per chi esce dalla gestione
del settore. A quel punto le forze
sane del paese dovranno cercare
quegli acquirenti che permetteranno di salvaguardare il patrimonio di conoscenze tecnologiche
e la tradizione italiana dell’auto.
Se invece la proprietà non ce la
fa ad arrivare al 2010, perché ha
bisogno di soldi, la smetta di dire a
destra e a manca che è in grado di
restituire i capitali prestati dalle
banche. L’azienda chiarisca che,
da qui a dieci anni, abbisogna di
una seria capitalizzazione. In
questo caso un governo attento
dovrebbe decidere di entrare direttamente nel capitale della
Fiat. L’acquisto del capitale privato, nel rispetto delle norme e direttive comunitarie, consentirebbe al tesoro di eleggere i propri
rappresentanti nel Cda dell’azienda. A metà degli anni ’70, la
Fiat ha vissuto un momento in cui
s’è posta il problema di ridurre
l’indebitamento, ma lo ha fatto rifiutando, di fatto la gestione dello
stato. Oggi, la situazione è capovolta: la proprietà non manifesta
l’intenzione di intrattenersi nel
settore e le industrie irizzate non
esistono più. Negli anni 70 i governi permettevano la svalutazione periodica della lira, in modo da
ricostituire i margini di competitività che l’inflazione e il progressivo indebitamento riducevano di
giorno in giorno.
Oggi, che l’Iri non esiste più e
che la svalutazione della moneta
non è più possibile, l’ingresso dello stato nel capitale Fiat costituirebbe l’investimento per competere a livello europeo fino al 2010.
Quando sosteniamo che la Fiat è a
un punto critico intendiamo dire
che per stare sul mercato nei prossimi anni avrà bisogno di tante e
tali iniziative che superano le sue
possibilità. La Fiat da sola non
può farcela. Ma per farcela deve
esserci.
San Giuliano, un’esperienza umana che non ci deve far dimenticare
DI MASSIMO DI MENNA
E FRANCO SANSOTTA
L’appuntamento con i ragazzi di San
Giuliano è per la mattina del 13 novembre.
Partiamo da Roma il 12, nel primo pomeriggio; piove a dirotto. Il programma prevede il pernottamento a Isernia, per proseguire da lì la mattina presto per San Giuliano.
Alle 17 arriviamo a Isernia, ad attenderci
c’è il segretario regionale del Molise, Ferdinando Mancini. Partecipiamo a un’assemblea provinciale del personale della scuola:
affrontiamo i problemi del contratto, della
legge finanziaria, della riforma. Ma il pensiero va continuamente al giorno dopo, all’incontro con i superstiti della scuola crollata. Il 13 novembre si parte presto. Un
caffè, uno sguardo ai giornali e poi nel garage dell’albergo, alle prese con la sistemazione del materiale: 65 vocabolari, e altrettanti atlanti storici e geografici per i ragazzi della elementare e della media, due
grandi cartoni di giocattoli per i bambini
della materna, 130 confezioni di dolci per
tutti i ragazzi e tutto il personale. Non è facile caricare tutto su due macchine; i libri
pesano e le sospensioni sono messe a dura
prova. Alle 8,30 si parte; abbiamo davanti
108 chilometri da percorrere; le strade lasciano a desiderare; per fortuna c’è il sole.
Dopo circa due ore arriviamo in vista di
San Giuliano: una collina, poche case addossate a un campanile, una macchia chiara che fa pensare a una piazza intorno alla
quale la vita del paese scorre con ritmi lenti. Da lontano tutto sembra normale. Man
mano che ci avviciniamo, appaiono sempre
più evidenti i segni della tragedia: strade
dissestate, camionette dei vigili del fuoco,
automezzi della protezione civile, posti di
blocco. Il paese è deserto, tutte le vie d’ac-
cesso sono presidiate dall’esercito. Dopo
aver dichiarato la destinazione e i motivi
del nostro viaggio, siamo autorizzati a proseguire attraverso una strada stretta e non
asfaltata che ci conduce alla tendopoli, allestita sul terreno del campo sportivo in terra. C’è un solo cancello di ingresso, presidiato dalle forze dell’ordine. Non ci fanno
entrare con le macchine: occorre portare a
mano gli scatoloni con i libri, i giocattoli e i
dolci. Le tende della scuola stanno sulla destra: una tenda per la presidenza e la segreteria e, davanti a essa, le altre dieci che
ospitano tre classi di scuola materna, quattro classi della scuola elementare e tre della media. Manca la prima elementare: tutti i bambini sono morti tra le macerie della
scuola maledetta. Ci viene incontro il preside, qualche docente, il personale di segreteria. Abbiamo qualche ritegno a mostrare
loro quello che abbiamo portato, consapevoli che un po’ di libri, di giocattoli e di dolci sono ben poca cosa rispetto alla tragedia
che si è abbattuta sulle famiglie, sulla scuola, sul paese. Spieghiamo che vogliamo assolutamente evitare cerimonie e riti ufficiali: desideriamo solo esprimere il nostro affetto e la nostra solidarietà ai bambini, ai
docenti, a tutto il personale della scuola così duramente colpito, e lasciare che i nostri
«doni» vengano distribuiti, senza clamori e
con la dovuta discrezione, dopo la nostra
partenza. È qui abbiamo la prima sorpresa, che aggiunge la rabbia all’amarezza: se
non lo consegniamo direttamente agli
alunni, il materiale che abbiamo portato,
dopo un verbale di consegna, verrà chiuso
dentro un container e distribuito solo dopo
essere stato inventariato. Decidiamo subito
per la consegna diretta. Prendiamo i nostri
scatoloni e ci avviamo verso le tende che
ospitano le classi. C’è in giro un gran fer-
mento: vigili del fuoco e personale della
Croce rossa tengono ai bambini corsi di
pronto soccorso e sulla sicurezza. Aspettiamo fuori, attendiamo il nostro turno, entriamo nelle tende quando è possibile.
E a questo punto, finalmente, proviamo
un attimo di gioia: i ragazzi sembrano sereni, non hanno completamente perso la
voglia di ridere e di scherzare; apprezzano
i libri, i giocattoli, i dolci, ci stringono le
mani, ci evitano ogni imbarazzo parlando
del quotidiano, delle prossime partite del
campionato, della squadra del cuore.
È evidente che la ripresa della scuola, il
ritorno a una sorta di normalità li aiuta a
superare i terribili momenti che hanno vissuto: per chi ha visto la morte da vicino, il
trasferimento negli alloggi della costa, il
viaggio in autobus tutti i giorni, se non è
proprio un gioco o una avventura, è un modo per pensare ad altro. Diverse sono le
condizioni dei docenti. Per ognuno di loro,
alla tragedia della scuola e della morte dei
loro alunni, si aggiunge una tragedia personale: i danni alla casa, i problemi della
famiglia, la condizione di sfollati. In questo
contesto è duro lavorare, dimostrarsi sorridenti e disponibili nei confronti dei ragazzi. Ma sono bravi e ci riescono; l’atmosfera
nelle tende è serena, anche se si sente il
dramma, che da un momento all’altro potrebbe prendere il sopravvento per una parola incauta o un gesto fuori luogo. Docenti
e alunni si preoccupano degli assenti, degli
amici ancora ricoverati in ospedale, ci chiedono di lasciare il materiale anche per loro,
accolgono con gioia il nostro impegno a tornare a trovarli. Finita la visita nelle tende,
mentre ci apprestiamo a depositare nei cassonetti della spazzatura i materiali di imballaggio, ci accorgiamo che in uno scatolone sono rimasti due palloni, che diventano
subito l’oggetto del desiderio di alcuni
alunni che si trovano davanti a noi. E qui
viene fuori l’assurdo: nella tendopoli è difficile trovare un pallone a cui tirare quattro
calci. Questo il giorno dopo la visita della
nazionale di Trapattoni.
Al momento di congedarci, ci aspetta
un’altra sorpresa amara: i docenti e il personale ci esprimono le loro preoccupazioni
rispetto alla conclusione dell’anno scolastico, al loro posto di lavoro, alla possibilità di
essere soprannumerari, alle assegnazioni
provvisorie, ai trasferimenti. Scopriamo
così che anche in momenti come questi è
difficile per loro trovare interlocutori istituzionali a cui chiedere una informazione, un
suggerimento, rappresentare una preoccupazione o una protesta. Ci impegniamo a
contattare l’ufficio scolastico regionale, il
ministero, lo stesso ministro. Visitiamo l’edificio dove era ubicato il liceo scientifico,
apparentemente solido ma dichiarato inagibile. Gli insegnanti ci chiedono di intervenire per avere almeno delle tende per iniziare e lezioni; cosa che facciamo con esito
positivo. Incontriamo anche il personale di
segreteria della scuola di San Giuliano che
ci manifesta la preoccupazione per la sicurezza, ci illustrano le grandi difficoltà in
cui opera. Durante il viaggio di ritorno
scambiamo poche parole: ha ripreso a piovere a dirotto e le immagini della giornata
sono ancora vive, insieme alla consapevolezza che la nostra visita è solo l’inizio di un
impegno di solidarietà e di sensibilizzazione che dovrà durare fino al completo ritorno alla normalità. Torniamo con un velo di
tristezza, ma anche con un po’ di soddisfazione, rientriamo a Roma. I ragazzi stanno
tornando a casa con i libri, dopo aver sicuramente consumato tutti i dolci che abbiamo portato.
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Dicembre 2002