Il Piccolo 4 febbraio 2016 Attualità Sanità, via i ticket per 203 prestazioni Ora le pagheremo La spending review del governo taglia il servizio pubblico Risonanze quasi impossibili, esami colesterolo ogni 5 anni di Michele Di Branco. ROMA. La spending review del governo comincia a produrre i suoi effetti sulla carne viva degli italiani. Da una settimana è legge il provvedimento, emanato dal ministro della Sanità, sulle nuove condizioni di erogabilità delle prestazioni di assistenza ambulatoriale. Un’operazione di disboscamento dei Lea (livelli essenziali di assistenza ) che ha comportato un robusto giro di vite su 203 prestazioni che riguardano l’odontoiatria, la dermatologia, la diagnostica radiologica e di laboratorio e la medicina nucleare. In pratica il ticket, a meno che il paziente non si trovi in condizioni di disagio economico e sociale o che ci sia il sospetto di una patologia tumorale, viene depotenziato o scompare e, dunque, si dovrà pagare di tasca propria spese di alcune risonanze magnetiche, tac, esami genetici e test allergici che fino ad oggi erano gratuite o scontate. E guai al medico che sgarra effettuando prescrizioni inappropriate perché potrebbe risponderne con multe salate. L’obiettivo, ovviamente, è contribuire al taglio alla spesa corrente sanitaria fissata per il 2016 in 2,3 miliardi dalla legge di Stabilità. Una scelta che serve a contenere la spesa pubblica ma che certo non è indolore per i cittadini. Secondo un calcolo che circola al ministero del Tesoro, ciascun italiano assistito dal Servizio sanitario nazionale potrebbe essere costretto ad un aggravio di spesa di 120 euro. Senza considerare il fatto che potrebbe salire quella quota del 53% di cittadini che oggi, in condizioni di povertà oggettiva, riescono a non pagare alcuna cura medica. Certo la stretta punta ad evitare il ripetersi a stretto giro di esami inutili, magari sollecitati da pazienti ansiosi o da medici che, per non prendersi la responsabilità di fare diagnosi poi contraddette dai fatti, rinviano tutto al responso delle macchine. Due esempi su tutti. La risonanza magnetica della colonna vertebrale, uno degli esami più diffusi, si fa solo se il dolore del paziente dura da un mese e se il responso è negativo si ripete solo dopo un anno. E poi l’esame per individuare il colesterolo alto nelle persone over 40 anni: se è tutto a posto, i valori sono nella norma e non ci sono modifiche nello stile di vita del cittadino e nemmeno nuove terapie, potrà essere ripetuto a carico del servizio sanitario non prima di 5 anni. Stretta anche per alcune tac, che continueranno ad essere gratuite solo se giustificate dal sospetto di patologie oncologiche. Nella lista nera compaiono anche una dozzina prestazioni odontoiatriche che non saranno più gratuite, anche se in questo caso è stata garantita una protezione per i pazienti che hanno meno di 14 anni. Ad ogni modo la maggior parte delle prestazioni essenziali (estrazioni, applicazioni di corone o protesi ) continueranno ad essere sostanzialmente gratuite. Intanto il ministero della Salute prepara il piano di riduzione delle centrali di acquisto, che dovrebbe portare a un calo della spesa del 20%. La strategia, che nel 2016 entra nella sua fase operativa, porterà da 35.000 a 33 le centrali di acquisto, di cui una nazionale. Si punta a far scendere i 12,6 miliardi di euro di spesa sanitaria e i 3 miliardi di spesa comune per l’acquisto di bisturi, farmaci e macchinari evitando i tagli lineari e imponendo alle Regioni di rinegoziare i contratti con i fornitori su basi più vantaggiose per gli Enti locali. Emergenza virus Zika, in Brasile 11 città annullano il carnevale ROMA. Cresce la preoccupazione nel mondo per il virus Zika. Ieri la Commissione Ue ha sbloccato 10 milioni di euro per ricerche urgenti per arginare «l’emergenza di salute pubblica nazionale». La somma sarà usata per indagare sul legame tra le infezioni e le malformazioni infantili. La stessa Commissione ha anche chiesto a molti ricercatori impegnati in progetti sulle malattie tropicali di “rifocalizzarsi” su Zika. E dopo l’annuncio della francese Sanofi Pasteur, un’azienda farmaceutica indiana, la Biotech International Limited, ha dichiarato di aver sviluppato il primo vaccino contro il virus Zika e di aver presentato una richiesta per il brevetto. All’annuncio indiano fa seguito quello brasiliano: «La tecnologia sviluppata nella preparazione del vaccino brasiliano contro la Dengue, che è attualmente nella fase finale di sperimentazione umana, può essere adattata per creare un immunizzante contro il virus Zika», fa sapere il direttore dell’Istituto Butantan, Jorge Kalil. Secondo il ricercatore, una delle possibilità sarebbe inserire nel vaccino della Dengue un gene codificatore di una proteina chiave dello Zika. Mentre l’altra idea sarebbe di creare uno Zika attenuato, usando un metodo simile a quello impiegato nello sviluppo del vaccino contro la Dengue. L’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) poi dopo l’annuncio del primo caso di contagio avvenuto attraverso un rapporto sessuale negli Usa, ha invitato le autorità sanitarie a compiere altre indagini. E sempre l’Oms ha lanciato un nuovo allarme, spiegando che con l’arrivo delle alte temperature in primavera ed estate «ogni Paese dove le zanzare Aedes sono presenti può essere a rischio per la diffusione del virus Zika». Intanto quest’anno il Carnevale brasiliano sarà meno animato del solito: in undici città invece di usare i fondi pubblici per le sfilate, le amministrazioni comunali hanno deciso di destinare sforzi e risorse alla lotta contro la zanzara Aedes aegypti, che trasmette Dengue, Chikungunya e Zika. In tutto saranno circa un milione e mezzo i brasiliani che resteranno senza festa. Sul fronte americano aumenta la conta delle persone infette con il virus Zika, con un solo caso noto sinora -­‐ in Texas -­‐ di diffusione tramite contatti sessuali: l’ultimo numero è di 48 residenti nell’Unione colpiti da Zika. Per questo, mentre si studia per linee-­‐guida più complete sul come evitare l’infezione, i responsabili dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) hanno invitato la popolazione ad usare i profilattici durante i rapporti intimi. E la Croce Rossa Usa, che gestisce circa il 40% delle banche del sangue dell’Unione, ha poi vietato, per precauzione, le donazioni di sangue, per 28 giorni, ai viaggiatori tornati in America dopo soggiorni nei Paesi in cui è accertata la presenza del virus Zika. Regione brevi SALUTE. Il Cro di Aviano informa sui danni da fumo Per la giornata mondiale contro il cancro, l’Istituto nazionale tumori di Aviano divulgherà, oggi, dalle 14.30, informazioni e considerazioni sulle abitudini al fumo di sigaretta, inclusi i dettagli dello studio al via sui pazienti della struttura. Diego Serraino, direttore Soc Epidemiologia, ricorda che il 25% delle morti in Europa e il 30% negli Usa sono causate dal fumo. Cannabis terapeutica prescritta 218 volte Il dato relativo al 2015 per il Friuli Venezia Giulia. Previsto un aumento. Oggi una delegazione Ncd in pressing sul ministro di Diego D’Amelio. TRIESTE. Poco meno di un chilo di cannabis terapeutica consumato in Fvg nel 2015. Per l’esattezza 879mila milligrammi, per un totale di 218 ricette emesse: sono questi i dati comunicati dalle aziende sanitarie relativamente al consumo del farmaco Bedrocan in regione. Nella quasi totalità le infiorescenze sono state ottenute dai pazienti con prescrizioni a proprio carico, erogate tramite farmacie aperte al pubblico. La spesa complessiva è di poco inferiore ai 50mila euro, con costi che assommano a una media di oltre 200 euro a ricetta. Le prescrizioni sono così suddivise: 39 all’Aas triestina, 30 all’Aas isontina, 2 all’Aas Alto Friuli, 88 all’Aas Friuli centrale e 59 all’Aas Friuli occidentale. Le cifre sono state diffuse dalla direzione Salute della Regione, come richiesto dal recente decreto con cui il governo ha stabilito le linee guida per l’utilizzo e la coltivazione di cannabis terapeutica. L’informazione sui consumi è necessaria per tarare la produzione demandata allo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, nell’ambito di un accordo pilota fra i ministeri della Difesa e della Salute. Il decreto nulla aggiunge alla legge regionale del 2013, essendo concentrato soprattutto sulle modalità di coltivazione e distribuzione, al momento limitate alla struttura toscana. I consumi rilevati sono tuttavia ancora molto al di sotto delle reali necessità, se è vero che il quantitativo ritenuto necessario in Italia da alcune associazioni di malati si aggira attorno ai 400 chili all’anno. Il ritardo è dovuto ai costi e alle difficoltà burocratiche di approvvigionamento, posto che oggi le infiorescenze di Bedrocan sono a carico del servizio sanitario regionale solo se acquistate dalla farmacia ospedaliera o dall’azienda sanitaria del paziente e se l’inizio del trattamento avviene in strutture ospedaliere, proseguendo in ambito domiciliare sulla base della prescrizione del medico ospedaliero. Ad oggi l’unico medicinale cannabinoide prescrivibile normalmente in Italia è lo spray Sativex, indicato però nel trattamento della sclerosi multipla e consentito per altre patologie solo in pochissimi casi. Il Bedrocan va invece acquistato all’estero, non essendo prescrivibile su ricetta rossa. Gli uffici regionali prevedono un incremento per il 2016. Lo si dovrà da una parte all’azione di informazione con cui le Aas hanno indicato ai medici le modalità che consentono di prescrivere farmaci cannabinoidi a carico del servizio sanitario; dall’altra alla coltivazione sperimentale di Firenze, che dovrebbe facilitare i processi di acquisizione, riducendo la dipendenza dall’estero. L’assessore alla Salute, Maria Sandra Telesca, ribadisce «l’intenzione della Regione di facilitare l’accesso al prodotto. Le norme esistono, ma continuano a esserci difficoltà di attuazione. In attesa che la sperimentazione di Firenze dia risultati sul fronte dell’approvvigionamento, il ministero dovrebbe inserire il Bedrocan nel prontuario, per consentirne la prescrizione su ricetta rossa da parte dei medici di famiglia. Bisognerebbe poi allargare la casistica che rende possibile la somministrazione del Sativex, oggi prescrivibile per pochissime patologie». Il primo contatto tra il ministro Beatrice Lorenzin ed esponenti politici regionali avverrà oggi stesso, in un incontro tutto interno a Ncd, voluto da Alessandro Colautti e Paride Cargnelutti. Colautti spiega che «si parlerà anche di cannabis terapeutica. Chiederemo al ministro di valutare la possibilità di coltivare la sostanza non soltanto a Firenze, ma su base regionale, con protocolli simili a quello della Toscana. In secondo luogo, cercheremo di valorizzare il ruolo degli enti di ricerca e di alcune aziende all’avanguardia della regione, che potrebbero inserirsi nella sperimentazione sia della coltivazione che dell’utilizzo medico della sostanza». _diegodamelio_ Soccorsi tempestivi e prevenzione dei rischi al centro di “Cardiologie aperte” a Trieste L’importanza dell’immediato riconoscimento e trattamento dell’arresto cardiaco, la rilevanza della prevenzione dei fattori di rischio cardiovascolare e il valore importante delle donazioni di sangue e organi saranno al centro di “Cardiologie aperte” che interesserà a Trieste il Polo cardiologico dell’ospedale di Cattinara. La manifestazione, organizzata dall’Associazione nazionale dei medici cardiologi ospedalieri e dalla Fondazione “Per il tuo cuore”, si svolgerà dal 10 al 13 febbraio prossimi. A illustrare ai visitatori metodi e comportamenti tesi alla prevenzione delle patologie cardiovascolari sarà, in un incontro il 13 febbraio al piano terra del Polo cardiologico, il primario Gianfranco Sinagra (nella foto) insieme ai cardiologi del reparto. Ogni anno, secondo i dati diffusi dal reparto, presso Cardiologia di Cattinara vengono accolti 500 nuovi casi di infarto miocardico acuto, 75% maschi, con età media di 69 anni, 20% di età inferiore a 45 anni, 20% diabetici. Spi, Fnp E uilp I sindacati in difesa dei servizi Inps TRIESTE. Garantire il livello attuale dei servizi di sportello, con sette sedi operative sul territorio regionale, e un tavolo di confronto permanente con le rappresentanze sindacali, come previsto dal protocollo nazionale firmato la scorsa settimana tra l’Inps e i sindacati pensionati. Queste le richieste che le segreterie di Spi-­‐Cgil, Fnp-­‐Cisl e Uilp-­‐Uil Fvg, assieme ai rappresentanti dei rispettivi Caaf, hanno presentato ai vertici dell’istituto, nel corso di un incontro con il direttore Rocco Lauria e il presidente del comitato regionale Livio Spanghero. L’incontro è stato richiesto dai segretari Ezio Medeot (Spi), Renato Pizzolitto (Fnp) e Magda Gruarin (Uilp) per ottenere chiarimenti sulle modalità della campagna Red 2015 e sollecitare la difesa e il potenziamento dei servizi dell’istituto, colpito negli ultimi anni da un costante calo dei presidi e delle attività di sportello, parallelamente a un’informatizzazione dei servizi ancora fuori dalla portata di troppi pensionati. «Una politica di tagli -­‐ hanno denunciato i sindacati -­‐ che sta fortemente penalizzando larghe fasce di utenti, a partire dai pensionati più anziani». Tra i tanti esempi di questa digitalizzazione forzata il mancato invio dei Cud cartacei e – a partire dalla campagna 2015 attualmente in corso, relativa ai redditi 2014 – dei modelli Red ai pensionati titolari di trattamenti soggetti a verifica reddituale. Il Red, questa la novità, va inviato autonomamente dai pensionati interessati senza alcun sollecito da parte dell’Inps, per scongiurare il rischio di tagli o riduzioni ai trattamenti legati in tutto o in parte al reddito complessivo del titolare (è il caso, per citare gli esempi più frequenti, degli assegni familiari, degli assegni e le pensioni di invalidità, delle pensioni di reversibilità). «Un’incombenza che non riguarda tutti i pensionati ma che molti ignorano – spiegano Medeot, Pizzolitto e Gruarin – in particolare tra i nuovi pensionati e in genere tra coloro che negli anni scorsi non abbiano già presentato una dichiarazione Red». Da qui la richiesta avanzata dai sindacati di non procedere ad alcun intervento sui trattamenti pensionistici senza un preavviso che consenta agli interessati, anche dopo la scadenza del 31 marzo, di mettersi in regola con la presentazione del Red. Richiesta che verrà girata dal Fvg ai vertici nazionali dell’istituto, com assicurato da presidente e direttore della sede regionale. Risposta positiva anche alla richiesta di garantire l’attuale livello di sedi e di servizi sul territorio, nonostante il forte calo degli addetti patito dall’istituto in Fvg, dove l’organico è sceso in pochi anni da 800 dipendenti agli attuali 580. Bambina muore fulminata da meningite La tragedia a Ronchi dei Legionari. L’Azienda sanitaria: nessun contagio, non è necessaria profilassi di Laura Borsani. MONFALCONE. Una bimba di circa 4 anni, frequentante la scuola materna, di Ronchi dei Legionari, è morta a causa di una meningite pneumococcica, una malattia infettiva delle meningi. Si tratta della seconda forma più comune, dopo la meningite da meningococco. Ma, a differenza di quest’ultima forma contagiosa, non è ritenuta infettante e non richiede pertanto la relativa profilassi antibiotica necessaria per mettere in sicurezza quanti hanno avuto contatti con la persona colpita dalla malattia. La piccola è deceduta all’ospedale infantile “Burlo Garofolo” di Trieste lo scorso weekend. La bambina era stata ricoverata a metà della scorsa settimana. Una forma, da quanto s’è potuto apprendere, fulminante, che non ha lasciato scampo alla bimba. L’evento è stato subito preso in considerazione dall’Azienda sanitaria Bassa Friulana Isontina, attraverso la mobilitazione del Dipartimento di Prevenzione guidato dal direttore sanitario Gianni Cavallini. S’è pertanto provveduto ad avviare le necessarie verifiche, seguendo i relativi protocolli previsti in questi casi. La diagnosi è stata quindi inequivocabile: a colpire la bambina ronchese è stata una forma di meningite dovuta al batterio “Streptococcus pneumoniae”, una forma non rara, ma che, secondo le guide sanitarie nazionali e internazionali, non è contagiosa poichè non comporta la trasmissione di focolai. A confermare quanto è accaduto è stata la stessa Azienda sanitaria, che ha voluto chiarire proprio la natura non contagiosa della malattia contratta dalla bambina, e, pertanto, di non aver avviato alcuna pratica di profilassi antibatterica. Nessun provvedimento quindi è stato assunto dal Dipartimento di prevenzione. La delicata questione è stata peraltro approfondita nell’ambito di un incontro tenutosi tra i genitori dei bambini della scuola per l’infanzia frequentata dalla piccola, l’altro ieri pomeriggio, al quale ha partecipato il Dipartimento di prevenzione. Durante l’incontro, un medico del Dipartimento ha quindi approfondito con le famiglie tutti gli aspetti relativi a questa tipologia di infezione batterica, rispondendo alle richieste di informazioni sul caso specifico. Secondo quanto s’è potuto apprendere, le condizioni di salute della piccola sarebbero state già precarie, tanto da non escludere la maggiore probabilità di contrarre la patologia. Trieste Il Comune proroga l’Isee e “salva” 9.800 famiglie Spostato al 30 aprile il termine per la presentazione della nuova dichiarazione in modo da non sospendere l’erogazione dei contributi dei servizi sociali Un altro intervento che viene salvaguardato grazie alla decisione comunale riguarda il bonus affitti riservato alle fasce meno abbientiA breve, a rientrare nella grande famiglia delle prestazioni legate alle Isee, ci saranno anche tutti i contributi legati alla casa erogati dalla RegioneNell’elenco figura ovviamente il Fap, il Fondo per l’autonomia possibile, quello che consente l’assistenza alle persone disabili e agli anzianiUna delle misure contributive interessate dalla proroga dei termini per la documentazione Isee è la carta famiglia che garantisce ad esempio gli scontri sulle bollettedi Gianpaolo Sarti Una boccata d’ossigeno per 9.800 famiglie. Il Comune ha deciso di concedere una proroga per i provvedimenti di natura sociale che necessitano della nuova dichiarazione Isee assicurando la possibilità di fare richiesta del documento ai Caf o all’Inps fino al 30 aprile. E garantendo in questo periodo a tutti i cittadini in possesso di attestazione con Dsu (Dichiarazione sostitutiva unica) scaduta il 15 gennaio, il mantenimento dei contributi economici, la carta famiglia e i fondi per il pagamento degli affitti sulla base della precedente documentazione. «Fatto salvo l’obbligo – si precisa in una delibera votata dalla giunta – di richiedere la nuova attestazione entro il 30 aprile». Welfare “in salvo”, insomma. «Abbiamo pensato di agire così per evitare disagi» commenta l’assessore alle Politiche sociali Laura Famulari. La delibera approvata in giunta, del resto, parte proprio dalla consapevolezza «delle difficoltà alle quali la cittadinanza è a tutt’oggi esposta nell’acquisizione dell’Isee»: il Comune, pertanto, spiega d’aver ritenuto opportuno «definire alcune regole, anche per consentire ai cittadini stessi l’effettivo accesso alle prestazioni, o per garantirne la continuità a coloro che già ne beneficiano, in particolare prevedendo un periodo transitorio entro il quale presentare l'attestazione». Un passaggio chiaro. «Chi ha bisogno non può restare senza aiuti» ribadisce Famulari. Non è tutto. Le ultime regole stabilite dal municipio prevedono che per rientrare nel bando affitti, ma anche per ottenere la carta famiglia, il documento deve essere rilasciato con una validità fino al 15 gennaio 2017 perché entrambi i contributi vengono erogati nell’arco dell’intera annata. La richiesta va fatta sempre con la Dsu da preparare autonomamente e da consegnare ai Caf o allo stesso Inps. Sono queste le modifiche più importanti e sostanziali appena introdotti dalla giunta Cosolini alle quali se ne affianca un’altra che riguarda il Fap, il fondo per l’autonomia possibile, quello che consente l’assistenza a disabili e anziani. Per questo tipo di provvedimento la documentazione va presentata entro 120 giorni dalla scadenza dei singoli progetti. L’assessorato alle Politiche sociali ha pensato di inserire questa particolarità in modo da assicurare la continuità delle prestazioni, nello stesso spirito su cui si regge la delibera. In altri termini, affinché nessuno rimanga senza assistenza personale. «Abbiamo lavorato per dare risposte concrete alla situazione, di certo non facile, che si sta creando con i nuovi Isee» osserva ancora Famulari. E aggiunge: «Per noi è una priorità che sta alla base dell’amministrazione, al di là della burocrazia. In pratica cerchiamo di rispondere alle difficoltà concrete ancora presenti nell’acquisizione della documentazione, così da non penalizzare i cittadini. L’intento è non intaccare i benefici e far sì che non vengano interrotti per ragioni amministrative». Dopo l’introduzione delle nuove regole per l’Isee il Friuli Venezia Giulia, con Trieste in prima linea vista la quantità di sussidi che i servizi sociali erogano annualmente, si è trovato letteralmente sotto pressione. Una situazione più volte denunciata dai sindacati e altre realtà che nel territorio si occupano di welfare. Non è nemmeno chiaro, al momento, il reale impatto sociale dei cambiamenti in corso: quanti sono gli esclusi dalle prestazioni? Qual è il fabbisogno attuale? Gli enti locali si muovono nel buio. «Con questa normativa – riflette Famulari – la platea degli aventi diritto o dei potenziali beneficiari si è sicuramente ridotta o perlomeno modificata. Purtroppo non siamo ancora in grado di avere il quadro esatto e quindi ci è impossibile, ad oggi, poter fare una valutazione complessiva del fenomeno. Da parte nostra ci siamo subito attivati per fronteggiare tutti i problemi tanto dei cittadini, come conferma proprio l’ultima delibera che abbiamo varato, quanto dei nostri uffici. Perché anche noi ci siamo trovati una notevole quantità di difficoltà». Per i servizi sociali si è aggiunto anche il carico di lavoro per gestire le domande dei contributi di sostegno al reddito. Pratiche che necessitano di verifiche e controlli. «Considerando i tremila cittadini che si sono fatti avanti – rileva Famulari – si può immaginare qual è il carico di lavoro al quale abbiamo dovuto far fronte. A questo proposito abbiamo messo a disposizione ulteriori risorse all’interno dell’assessorato, con personale apposito capace di rispondere con efficienza e tempismo alle criticità e alle aspettative dei cittadini». Grado «Sabbiature accanto alle Terme» Il vice presidente Bolzonello rassicura Gherghetta. Moretti (Pd): «Nessuno ha intenzione di toglierle» di Antonio Boemo. GRADO. E’ un coro unanime: Grado avrà sempre le sue sabbiature. Nessuno dice come o se l’impianto sarà piccolo o grande; nessuno si sbilancia, nessuno fa precisazioni. Tuttavia le forze e gli esponenti di governo della Regione sono tutti in linea. Primo fra tutti il vice presidente regionale nonché assessore alle attività produttive, Sergio Bolzonello che, seppur attraverso quanto dichiara il presidente della Provincia di Gorizia, Enrico Gherghetta, che lo ha sentito nella tarda mattinata di ieri (il vice presidente della Regione si trovava ieri a Roma) precisa che «a fianco delle Nuove Terme Marine ci sarà anche l’area adibita alle sabbiature». Gherghetta coglie altresì l’occasione per affermare che le dichiarazioni del dottor Bruno Ledri che si è dimesso da terzo componente del Cda della Git, fanno parte di giochi politici e sono strumentali. E precisa ulteriormente: «Grado deve stare tranquilla, in questi anni ci sono stati tanti di quei investimenti a favore della città come non lo erano mai stati in precedenza». Intanto, dopo che a Grado qualche telefonata per conoscere la reale situazione qualche turista-­‐paziente delle sabbiature l’ha fatta, anche alla Git guidata dal presidente Alessandro Lovato e dall’amministratore Mauro Bigot (in uno dei due articoli di ieri è stato riportato erroneamente il nome di suo fratello Bruno) ribadiscono che quest’anno le sabbiature saranno regolarmente funzionanti. A prendere la parola è nel frattempo anche il capogruppo in consiglio regionale Diego Moretti che sottolinea come «non sta scritto in nessun documento che le sabbiature saranno tolte». Moretti non puntualizza unicamente questo fatto ma replica anche alla Lega Nord e al consigliere di Forza Italia, Rodolfo Ziberna. «Nei giorni scorsi la Lega Nord gradese – afferma Moretti -­‐ reclamando “la Git ai gradesi”, ha proposto che la nuova Amministrazione proceda all’acquisto delle quote di maggioranza di tale Società, come se fosse un’operazione di poche centinaia di migliaia di euro e non invece di svariati milioni di euro». Un appunto il capogruppo consiliare del Pd lo fa anche al dottor Bruno Ledri che ha rassegnato le dimissioni dal Cda della Git lamentando “la piena sottomissione” della Git alla Regione e lanciando l’allarme di una presunta cancellazione del servizio di sabbiature. «Se la Lega – dice Moretti -­‐, che evidentemente in questi anni nei quali ha sempre governato il Comune è stata -­‐ a essere buoni -­‐ disattenta, non fa che rifarsi a facili slogan demagogici e irrealizzabili che denotano un analfabetismo amministrativo drammatico (a meno che si vogliano perpetrare nella gestione della Git chissà quali pratiche clientelari), spiace invece constatare che il dottor Ledri dimentichi di riconoscere che la Regione ha investito (dopo che dal 2011 al 2014 si sono persi anni in un inutile e dispendioso Ufficio di Piano) più di 25 milioni di euro per un intervento strategico per Grado e tutto il turismo regionale, impegno che dà all’ente Regione la piena titolarità di diritto e di fatto a guidare la Git, senza che questo significhi entrare in conflitto con l’ente locale». In conclusione c’è spazio anche per una replica a Ziberna (Fi). «Un consiglio: su Grado e sulla Git, lasci stare la giunta regionale, eviti di dare colpe che non ci sono, e pensi invece a quello che ha fatto – o meglio non ha fatto – Forza Italia in questi anni di governo comunale. Lo sport nazionale di scaricare sempre su altri le cause di fallimenti o insuccessi, stavolta non funziona: si prenda le proprie responsabilità ed eviti inutili polemiche». Messaggero Veneto 4 febbraio 2016 Attualità Sanità: “tagliando” per la riforma I consiglieri Ncd Colautti e Cargnelutti parleranno anche di punti nascita UDINE. Punto nascita di Latisana: oggi il Nuovo centrodestra regionale ne discuterà con il ministro della Salute Beatrice Lorenzin. L’incontro romano servirà per fare il “tagliando” alla riforma della sanità del Fvg, parlare di tempi per l’utilizzo dei defibrillatori nelle società sportive e presentare il sistema di donazione del sangue attivo in regione. Al vertice saranno presenti i consiglieri regionali Alessandro Colautti e Paride Cargnelutti. «In merito alla riforma – commentano i consiglieri – è opportuno analizzare con il ministro se quanto la Giunta regionale sta portando avanti è in linea con gli auspici iniziali. Ncd si è astenuta sulla votazione della legge, ma con un atteggiamento responsabile è riuscita comunque a migliorare in Aula alcuni aspetti del nuovo assetto che presentava dei buchi evidenti». «Riguardo poi alla chiusura del punto nascite di Latisana -­‐ dicono gli esponenti Ncd -­‐ incontreremo il ministro Lorenzin al fine di evitare che la chiusura sia dettata solo da scelte ragionieristiche e aritmetiche effettuate dagli uffici, ma che si prenda in considerazione la situazione nella sua oggettiva complessità. La logica dei numeri deve essere sempre contemperata agli equilibri territoriali e chiederemo in via prioritaria al ministro di sensibilizzare la Regione e in subordine di aprire un tavolo con il Veneto per una risposta territoriale al problema delle nascite». «Porteremo all’attenzione del ministro – spiegano Cargnelutti e Colautti – anche la possibilità di prorogare i termini del decreto che prevede la presenza e l’utilizzo dei defibrillatori da parte delle società sportive». Regione Scoraggiare gli irriducibili “tartassando” le sigarette In Fvg 250 mila fumatori anche se questa abitudine provoca un quarto dei decessi Il Cro: aumentare le tasse. Molti malati di cancro non smettono penalizzando le cure di Donatella Schettini. AVIANO. A volte neanche una diagnosi di tumore dissuade dal fumo: se ne sono accorti al Centro di riferimento oncologico di Aviano dove oggi si celebrerà il World cancer day, la giornata mondiale contro il cancro con un incontro dibattito sulla lotta alla sigaretta e alla nicotina, responsabile di tumori e che diminuiscono anche la possibilità di guarire quando la malattia è conclamata. Oggi sarà anche presentata una indagine sul rapporto tra fumo e pazienti dell’istituto di ricerca e di cura. Numeri Il 27 per cento degli italiani è fumatore abituale. In Fvg circa 250 mila persone (140 mila uomini e 110 mila donne) fumano. Nella provincia di Trieste si registra la più alta percentuale di fumatori: nel periodo 2011-­‐2014 erano il 36 per cento degli uomini e il 26 per cento delle donne. Nell’alto Friuli le percentuali scendevano nello stesso periodo al 27 per cento di uomini e il 21 per cento di donne, mentre la provincia di Pordenone si attesta sul 30 per cento di uomini e 18 per cento di donne. Il mercato della nicotina in regione muove circa 1 milione di euro al giorno. In regione una morte su 4 è dovuta al fumo di sigaretta: circa 3 mila 500 su un totale di 14 mila. Un tumore maligno su 3 è dovuto al tabacco, circa 3 mila 300 nuovi casi su poco meno di 10 mila. «Come è ben chiaro che la guerra contro il cancro non si possa vincere senza un appropriato contrasto del fumo -­‐ afferma Diego Serraino, direttore della struttura di epidemiologia e biostatistica del Cro -­‐, altrettanto chiaro è che la guerra al fumo si vince aumentando il prezzo delle sigarette. E’ questo il primo obiettivo attuale dell’Organizzazione mondiale della sanità: inasprire le tasse sul fumo, e recuperare risorse per la prevenzione del cancro». Gli irriducibili «Ho già un tumore, perché dovrei smettere di fumare?». E’ questo il pensiero di molti ammalati di cancro. Abitudine che rischia di rendere inefficaci le cure, spesso molto costose. «I recenti studi scientifici -­‐ afferma Antonella Zucchetto, della struttura di epidemiologia e biostatistica del Cro di Aviano -­‐ mostrano chiaramente che smettere di fumare anche dopo una diagnosi di tumore porta dei benefici per la salute». Studi condotti al Cro hanno dimostrato che ai fumatori ai quali viene diagnosticato il tumore della mammella, della prostata o il linfoma di Hodgkin vedono diminuire fino al 70 per cento la loro attesa di vita dopo la diagnosi. «II fumo di tabacco -­‐ prosegue Zucchetto -­‐ può ridurre la risposta alle terapie e aumentare il rischio di effetti collaterali delle terapie stesse e causare la morte per altre malattie acute. Inoltre, poiché un numero sempre maggiore di persone guarisce dal tumore, smettere di fumare riduce negli anni il rischio di sviluppare altre gravi malattie, inclusi malattie cardio-­‐vascolari e tumori». Lo studio «I fumatori che si ammalano di tumore hanno una probabilità di sopravvivenza del 50 per cento inferiore a quella dei non fumatori con lo stesso tumore -­‐ afferma Luigino Dal Maso, dirigente statistico del Cro -­‐. Su questi presupposti scientifici è stata avviata una ricerca per stimare quanti dei pazienti ricoverati siano fumatori e quanti di essi smettono di fumare dopo la diagnosi». Saranno intervistati 600 pazienti, uomini e donne di varie età e affetti da diversi tipi di tumori. Alle visite di controllo, fino a 12 mesi dopo la diagnosi, sarà chiesto loro se hanno smesso di fumare e come ci sono riusciti. Chi ha provato senza successo, sarà indirizzato ai centri antifumo delle aziende sanitarie di residenza. Lo studio avrà una durata di 12 mesi, è finanziato dalle donazioni del 5 per mille che riceve il Cro e i risultati saranno disponibili nei primi mesi del 2017. «Dai nuovi farmaci le frontiere della speranza» L’oncologa Bearz: cure mirate grazie a immunostimolatori e medicine a bersaglio molecolare AVIANO. La ricerca ha fatto enormi passi in avanti nelle terapie, ma la chiave per vincere il tumore resta la prevenzione. «Appare sempre più evidente -­‐ afferma Paolo De Paoli, direttore scientifico del Cro di Aviano -­‐ che a fronte di cure avanzate, ma costose e di difficile sostenibilità per l’intero sistema sanitario, occorre lavorare sulla prevenzione». La ricerca ha prodotto nuovi farmaci e speranze per gli ammalati. «Enormi progressi sono stati compiuti nella terapia del carcinoma del polmone e nella sua diagnosi precoce -­‐ afferma Alessandra Bearz, dirigente dell’oncologia medica del Cro di Aviano -­‐. Se fino a venti anni fa non esistevano medicine riconosciute attive in questo campo, al giorno d’oggi esistono svariati farmaci attivi -­‐ chemioterapici, farmaci a bersaglio molecolare ed agenti immunostimolatori -­‐ che possono essere efficacemente utilizzati in sequenza. Gli ammalati -­‐ prosegue -­‐ possono fare affidamento oggi al Cro sulle terapie farmacologiche maggiormente avanzate e orientate verso una medicina sempre più di precisione e adattata alla singola persona, essendo disponibili molte terapie standard, ma anche approcci innovativi e sperimentali che permettono un accesso alle novità ben più rapido». La cura è essenziale, ma fondamentale è la prevenzione: «Se è importante curare la malattia conclamata -­‐ spiega Bearz -­‐, è ancora più importante che gli stili di vita siano adeguati per prevenire lo sviluppo del tumore del polmone. Il riconoscimento fin dall’età scolare del fumo come causa principale di tumore del polmone, ha già avuto un iniziale significativo impatto nell’indurre un decremento della patologia». Anche il mondo del volontariato che gravita sul Cro di Aviano è impegnato nell’educazione alla prevenzione. «Le associazioni dei pazienti e di volontariato -­‐ afferma Marilena Bongiovanni, presidente dell’associazione Angolo -­‐ sono fortemente coinvolte nell’opera di divulgazione della cultura della prevenzione». Nel Codice europeo contro il cancro che fornisce 12 raccomandazioni volte alla prevenzione del cancro, i primi due articoli sono dedicati al fumo. (d.s.) L'appello -­‐ testimonianza Ho perso un polmone a causa del fumo Non diventate vittime della nicotina Il fumo fa male. Ho iniziato a lavorare a 13 anni, in officina a Maniago, facevamo coltelli. Nel 1970 sono stato assunto alla Zanussi, dove ho lavorato per 28 anni. All’inizio in fonderia, dopo un periodo di formazione in Svizzera ne sono diventato presto il responsabile coordinando l’attività di 6 operai fino a raggiungere il numero di 40. A 22 anni circa, dopo il servizio di leva, ho iniziato a fumare e ho sempre fumato. Nel 1975, a 35 anni, ho avuto un gravissimo incidente automobilistico che mi ha costretto a 9 mesi di degenza in ospedale, provocandomi come conseguenza nel 1983 un aneurisma aortico post-­‐traumatico con conseguente intervento al cuore. Ho concluso la mia attività lavorativa, con l’inserimento nel centro meccanografico, viaggiando in Italia preso le varie filiali Zanussi, come consulente organizzativo, responsabile dell’help-­‐desk. Dopo la pensione a 50 anni, ho raddoppiato il numero delle sigarette fumate nella giornata. Riguardo all’aver cura di me e della mia salute, come mi dicono, sono stato stramonello, cioè incauto e superficiale. Nel 2011, a 63 anni, mi sono ammalato di cancro al polmone e ho subito un intervento per l’asportazione del tumore, nel lobo superiore destro. È seguita una chemioterapia abbastanza debilitante e tante sedute di radioterapia. In seguito ho iniziato un ciclo di controlli di pneumologia e di oncologia. Dopo aver assistito al Cro a un incontro (Patient education) con Vittore Pagan, chirurgo oncologo che illustrava l’importanza della riabilitazione respiratoria dopo un intervento chirurgico come il mio, ho approfondito e intensificato i miei cicli di riabilitazione. In effetti, per me quell’incontro è stato importante, ho contattato il fisioterapista responsabile della riabilitazione ottenendo giovamento notevole fin dal secondo incontro. La mia è una storia emblematica di un paziente che ce l’ha fatta, nonostante tutto. Ma non fate come me, non emulatemi . Gianfranco Udine Salute Cardiologie aperte: ritorna la campagna salva cuore La settimana delle Cardiologie aperte e della “Banca del cuore”, iniziativa ideata da Anmco e Fondazione per il tuo cuore riparte dall’8 al 14 febbraio, in occasione della settima Campagna nazionale “Per il tuo cuore" 2016. Tante le novità quest’anno, a partire dalla distribuzione di sette opuscoli informativi sulla prevenzione cardiovascolare, di cui tre su scompenso cardiaco, fibrillazione atriale e comportamenti da seguire post-­‐evento cardiaco. Testi che hanno l’obiettivo di sensibilizzare sui rischi per la salute cardiovascolare e diffondere la cultura della prevenzione e che saranno consegnati a tutte le persone che parteciperanno a Cardiologie aperte: screening cardiologici gratuiti, momenti di incontro con gli esperti cardiologi, dibattiti e attività di educazione sanitaria, consulenze in prevenzione primaria e secondaria, raccolte e concerti di beneficenza e tante altre iniziative. Dopo il grande successo dello scorso anno, che ha fatto registrare la presenza di oltre 18.000 italiani (cardiopatici o solo in prevenzione) nelle Cardiologie aderenti, prosegue il progetto "La Banca del Cuore": un registro elettronico in grado di raccogliere i dati clinici, dell'elettrocardiogramma e della pressione arteriosa di ogni cittadino italiano. Le informazioni raccolte sono conservate nella "cassaforte del cuore", sempre disponibili e consultabili grazie al "BancomHeart", una card gratuitamente rilasciata al paziente, che riporta le credenziali individuali per potersi connettere e vedere o scaricare il proprio elettrocardiogramma e i propri dati clinici: uno User Id (il proprio codice fiscale) e una password segreta, conosciuta solo dal paziente perché "grattata" nella card personale. Il lavoro di Anmco quest'anno si concentra in particolar modo sulla sensibilizzazione rispetto ai valori lipidici del colesterolo Ldl noto anche come "colesterolo cattivo". In Friuli le strutture sanitarie coinvolte in Cardiologie aperte sono: Ospedale civile Sant’Antonio Abate di Tolmezzo, Ospedale Sant’Antonio di San Daniele. Inoltre, tutti i cittadini interessati potranno ritirare il “BancomHeart” all’ ospedale di San Daniele. Ecco l’appartamento “domotico” a misura di disabile Visita all’alloggio-­‐test di via Colugna con i professionisti esperti in superamento di barriere architettoniche Il Comitato provinciale di coordinamento delle Associazioni disabili di Udine e il Criba FVG (Centro regionale di informazione sulle barriere achitettoniche), in collaborazione con il Comune di Udine, hanno organizzato nella giornata di venerdì 29 gennaio una visita conoscitiva all’appartamento-­‐test domotico di via Colugna, a Udine, ristrutturato nell’ambito del progetto Re-­‐Freedom -­‐ Rete funzionale per la ricerca e sperimentazione di servizi innovativi per la domiciliarità. Tale visita era riservata ai professionisti/progettisti esperti in materia di superamento delle barriere architettoniche, nominati dallo stesso Comitato nelle commissioni edilizie comunali della Provincia di Udine. La ventina di tecnici presenti ha potuto così accrescere il proprio bagaglio conoscitivo ed esperienziale e aggiornarsi rispetto alle soluzioni esistenti sul mercato per garantire una migliore accessibilità delle abitazioni. La presidente del Comitato di Udine, Ernestina Tam, dopo aver sottolineato l'importanza delle riunioni periodiche di questi professionisti, ha ringraziato il Comune di Udine per aver reso possibile la visita e per aver coinvolto il responsabile scientifico del progetto, ingegnere Felice Pietro Fanizza, della Rino Snaidero Scientific Foundation, il quale ha illustrato le opere realizzate e le soluzioni domotiche adottate. Obiettivo del progetto conclusosi nel 2013, è stata la promozione di conoscenza e tecnologia per migliorare la qualità della vita in casa per anziani e disabili ritardando, o eliminando, l'istituzionalizzazione in casa di riposo o in strutture di carattere sanitario. La casa è stata progettata e arredata per essere vissuta in totale autonomia da anziani o persone con disabilità motoria minimizzando la necessità di spostamenti e l’utilizzo di comandi manuali. L’automazione dei dispositivi della casa permette a tutti gli utenti di svolgere i compiti quotidiani, mentre un percorso continuo tra interno ed esterno dell'edificio rende accessibili tutti gli spazi della casa come pure varie attività ricreative e la coltivazione di un piccolo orto. Notevole l'interesse dimostrato dai professionisti, nel conoscere le soluzioni tecniche e progettuali adottate; «l'appartamento rappresenta -­‐ ha commentato la presidente Tam – un esempio di collaborazione importante tra il mondo della ricerca, anche privata, il sistema dell'innovazione, l'ente pubblico, e il mondo dell'associazionismo». Neonati e pediatri, è boom a Latisana Ben 51 parti a gennaio e organico dei medici salito, ma il direttore generale afferma: dotazione tarata su un punto nascita di Paola Mauro. LATISANA. La risposta alla politica non arriva dagli “avversari” ma dal territorio, tenacemente attaccato al proprio ospedale, tanto da ignorare voci di corridoio e falsi segnali e continuare a rivolgersi all’ospedale della Bassa occidentale che nel 2015 ha erogato qualcosa come 6.500 prestazioni pediatriche (2 mila in più rispetto al 2014) e che registra un boom di parti: 6 in 24 ore a inizio settimana, 51 nel mese di gennaio, contro i 24 dell’anno scorso e oltre 280 in sei mesi. Allora adesso i numeri tanto contestati ci sono: ci sono i 500 nati su base annua e ci sono i pediatri per coprire i turni su entrambe le strutture sanitarie della Bassa. Cosa accadrà ai due punti nascita? «È una decisione esclusivamente regionale», è il commento del direttore generale dell’Aas2 Bassa friulana-­‐Isontina, Giovanni Pilati, che riconosce una certa crescita alla struttura di Latisana, a conferma della forte capacità attrattiva da sempre esercitata sul Veneto, «si registra un leggero calo di parti di residenti – dice il direttore – e nel complesso un aumento di utenza veneta, conseguente alla chiusura di Portogruaro». Sulla questione pediatri e sul bando di recente pubblicazione, il direttore Pilati ribadisce che la dotazione degli ospedali di Palmanova e Latisana è tarata sulla presenza di un solo punto nascita: «Con le prossime assunzioni l’organico passa da 6 a 8 pediatri, ma dovremmo arrivare a 10, la dotazione pensata in previsione della copertura estiva di Lignano Sabbiadoro». «Nonostante il tentativo di chiusura improvvisa, per annullare il quale è dovuta intervenire addirittura la presidente della Regione e, a dispetto delle indicazioni scritte fornite a suo tempo alle partorienti perché si rivolgessero a Palmanova, negli ultimi sei mesi (agosto-­‐gennaio) mentre Latisana ha spiccato il volo, Palmanova è scesa sensibilmente rispetto all’anno precedente, guadagnando poco più di un parto al mese rispetto al 2014, seppur agevolata dalla chiusura di Gorizia – ribadisce la presidente del comitato nascere a Latisana, Renata Zago – la crescita di Latisana, è sì legata alla chiusura del reparto maternità di Portogruaro, ma è soprattutto una questione di libera scelta da parte dell’utenza, consapevole delle eccellenze che trova nell’ospedale della Bassa occidentale. È la dimostrazione lampante – aggiunge – che i percorsi scelti dalle partorienti non sono quelli che vorrebbero imporre le direzioni aziendali, a tavolino. Al momento è dimostrato, in un lasso di tempo congruo e attendibile, che Latisana è in grado di superare abbondantemente i fatidici 500 parti e con il bando aziendale sono stati reperiti pediatri. Recentemente è anche emerso che la struttura di Palmanova necessita di lavori importanti di messa a norma, tali da comportare una momentanea chiusura». Pordenone Vertenza integrativo-­‐laboratori Infermieri, ricorso respinto Il primo round all’ospedale di Donatella Schettini. Non c’è stato comportamento antisindacale da parte dell’Azienda per l’assistenza sanitaria 5 di Pordenone nel decidere di disdire il contratto integrativo dei laboratori dell’ospedale cittadino. Quantomeno, il giudice non ha ravvisato la necessità di un provvedimento di urgenza. Ieri in tribunale di Pordenone sono state depositate le ordinanze relative ai due ricorsi presentati rispettivamente dal Nursind (il sindacato delle professioni infermieristiche) e dalla Fsi (Federazione sindacati indipendenti) e dagli stessi e 46 lavoratori del laboratorio. Pronunce che, almeno nella parte decisa, danno ragione all’Aas 5 di Pordenone. A ottobre l’Aas 5 aveva comunicato la volontà di disdire il contratto integrativo che, dagli inizi del 2000, consentiva ai circa 100 dipendenti del dipartimento di poter lavorare 35 ore alla settimana anziché 36, ma senza ricorrere a straordinari. Organizzazione che ha consentito di tenere aperti i laboratori anche nel fine settimana. Ma la nuova dirigenza dell’Aas 5 ha ritenuto l’integrativo illegittimo e ne ha comunicato la cancellazione, con la possibilità di richiedere il non pagato di dieci anni ai lavoratori. Contro questo atto Nursind e Fsi avevano presentato ricorso al giudice del lavoro per violazione dell’articolo 28 dello Statuto dei lavoratori, ovvero comportamento antisindacale dell’azienda per quanto riguarda la comunicazione della decisione. Ma il giudice ha ritenuto che la comunicazione, avvenuta di fronte a dipendenti e ad alcune sigle sindacali, è stata legittima. Per quanto riguarda la decisione di riportare l’orario da 35 a 36 ore settimanali di lavoro, la questione non è ancora chiusa. Il tribunale, infatti, ha respinto la richiesta di un procedimento d’urgenza ex articolo 700 del codice di procedura civile: richiesto perché si ritiene che nel periodo necessario per fare valere i propri diritti, ci sia il rischio di un pregiudizio imminente e irreparabile. Il giudice, però, non ha ravvisato il “periculum in mora” e ha respinto il ricorso. Rimane in piedi, invece, il merito della questione, ovvero se l’Aas 5 potesse o no disdire il contratto e, quindi, riportare le ore lavorate a 36 settimanali, come avvenuto da 1 novembre scorso. 
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Rassegna stampa 4 febbraio 2016