I.I.S.S. “QUINTINO CATAUDELLA”
Viale dei Fiori 13- SCICLI (RG)
Concorso Premio “CESARE BONACINI”
ANNO SCOLASTICO 2007/2008
LA RIPRESA CINE-FOTOGRAFICA COME STRUMENTO
PER CAPIRE, ANALIZZARE E MISURARE FENOMENI
FISICI
PRIMO PREMIO
Motivazione: Il lavoro sperimentale, svolto con metodo
lineare ed efficace, ha permesso di determinare i
parametri caratteristici del fenomeno della calefazione
che
sono
stati
successivamente
utilizzati,
coerentemente con gli studi curricolari svolti in classe,
per ricostruirne la descrizione teorica.
Studenti:
Bartolomeo Alfieri
Ilenia Campailla
Andrea Cannella
Giulia Pagano
della Sezione “Scienze Sperimentali PNI e Fisica”
Docenti:
Professore Concetto Gianino
Assistente Tecnico Signor Angelo Budello
SCHEDA TECNICA
"Effetto Leidenfrost"
Il lavoro presentato riguarda lo studio sperimentale dell'effetto Leidenfrost eseguito tramite il
supporto di un sistema di aquisizione da dati online e una videocamera. Il lavoro ha previsto
fondamentalmente le seguenti fasi:
I. Lezioni teoriche riguardanti le nozioni di termologia e calorimetria coinvolte nel fenomeno, le
nozioni fondamentali per l'uso delle apparecchiature necessarie allo svolgimento degli
esperimenti, l'uso di software di acquisizione e analisi dei dati (CassyLab. Microsoft Excel),
per la videoscrittura (Microsoft Word), per la presentazione in rete (Wordpress) e per le
modalità di interazione asincrona e sincrona utilizzando le potenzialità di Internet (gruppi
Yahoo e Skype)
II. Presentazione dell'effetto Leidenfrost e reperimento della documentazione con ricerche
prevalentemente in Internet
III. Preparazione dei singoli strumenti e misure preliminari per la determinazione di dati utili
all'analisi dell'esperimento
IV. Svolgimento degli esperimenti atti ad evidenziare l'effetto Leidenfrost.
V. Lettura dei video e analisi dei dati sperimentali
VI. Stesura del documento in Word e successiva correzione da parte del docente.
VII. Organizzazione di un sito internet con la raccolta completa di tutto il lavoro. Come si evince
dal punto I, il gruppo ha lavorato sia in presenza e sia in rete tramite la creazione di un gruppo
virtuale Yahoo (http//it.groups.yahoo.com/group/leidenfrost/), chiuso (possono accedere solo
gli iscritti), nel quale tutti i partecipanti hanno condiviso e discusso tutti i documenti relativi
alla ricerca di informazioni, le immagini, i documenti finali, i dati sperimentali e da dove si è
sviluppato tutto il progetto, organizzando gli incontri in presenza e dettando i tempi di lavoro.
Durante lo svolgimento delle attività si sono condivisi in rete:
Si sono scambiati 119 messaggi cosi distribuiti nel periodo di lavoro:
Inoltre, si sono svolti 8 incontri in presenza per circa 30 ore di impegno pomeridiano.
Infine, ci sono stati scambi di idee e confronti in modo sincrono tramite Skype ed è stato creato
un sito (http//leidenfrost.altervista org) nel quale è reperibile tutto il seguente lavoro oltre alcuni
extra correlati all'esperimento.
Sommario
Nel seguente lavoro si è analizzato l'effetto Leidenfrost, cioè la non vaporizzazione
istantanea di una goccia di acqua lasciata cadere su di una piastra a temperatura maggiore di
quella di ebollizione. L'effetto Leidenfrost è molto comune in cucina: le massaie sanno bene che
le loro padelle hanno raggiunto una temperatura sufficiente per arrostire quando spruzzando
sopra dell'acqua questa forma delle gocce che, invece di vaporizzare istantaneamente, si
mantengono in vita per parecchio tempo muovendosi sulla padella liberamente senza attrito. Il
fenomeno appare paradossale: perché le gocce d'acqua a circa 200°C non vaporizzano
istantaneamente? Il fenomeno è intimamente legato anche alla pirobazìa, l'arte di camminare sul
fuoco. In particolare, grazie all'ausilio di una videocamera si è individuata la temperatura a cui
si verifica l'effetto, TLeidenfrost = (l86±5)°C e si è, inoltre, effettuato una stima dello spessore di
vapore interposto fra la goccia e la piastra, di circa 0,06 mm, che praticamente è la causa che
permette alla goccia di rimanere liquida a quelle temperature, grazie al suo effetto isolante.
1. Effetto Leidenfrost
L'effetto Leidenfrost, dal nome del fisico che per primo lo studiò, Johann Gottlob
Leidenfrost (Ortenberg 1715 - Duisburg 1794), consiste nella non-vaporizzazione istantanea di
una goccia di un qualunque liquido lasciata cadere su di una piastra riscaldata ad una
temperatura decisamente superiore a quella di ebollizione del liquido stesso.
Ma cosa succede? Per semplicità prendiamo in considerazione l'acqua: portando la piastra
intorno ai 100°C (quindi al punto di ebollizione), la nostra goccia evapora nel giro di un
secondo con un tipico sfrigolio, ma aumentando la temperatura circa fino a 200°C la goccia
rimane integra e "resiste" sulla piastra anche oltre un minuto, ed ecco ottenuto il nostro effetto
Leidenfrost, conosciuto anche con il nome di "calefazione" (dal latino calefactio = riscaldamento). Il fenomeno si verifica a partire da una particolare temperatura, indicata come punto
Leidenfrost, perché sotto la goccia, quando viene in contatto con la piastra, si forma quasi
istantaneamente uno strato di vapore (Fig. 2) che la protegge dalla vaporizzazione: poiché il
coefficiente di conducibilità termica del vapore è molto basso, il calore della piastra impiega
molto tempo per trasferirsi alla goccia e farla evaporare interamente. In più il vapore, come un
cuscinetto, isola anche meccanicamente la goccia, riducendone notevolmente l'attrito con la
piastra e determinandone così il rapido movimento sulla stessa.
2. Nota Storica
Johann Gottlob Leidenfrost nasce il 24 Novembre 1715 nel paese di Ortenberg nella città di
Stolberg in Germania. Il padre Johann Heinrich Leidenfrost fu un ministro molto conosciuto e
avviò il figlio allo studio della teologia presso la Justus Liebig University. Tuttavia Johann
centrò i suoi interessi prevalentemente sulla medicina frequentando successivamente le
università di Geissen, Leipzig e Halle, dove gli fu assegnato il dottorato nel 1741 grazie al suo
saggio sullo studio del movimento del corpo umano intitolato Sul Rapporto Armonioso dei
Movimenti del Corpo Umano.
Durante la prima guerra salesiana trascorre qualche anno lavorando come medico sul campo
di battaglia. Il 14 settembre 1743 accetta la cattedra all'Università di Duisburg e nel 1745 sposa
Anna Cornelia Kalckhoff, dalla quale avrà sette figli.
Oltre ad insegnare medicina, fisica e chimica all'Università di Duisburg ne era anche il
rettore, pur continuando la pratica medica.
I suoi interessi coprivano non solo la fisica ma anche la matematica, la storia e la pedagogia.
Nel 1756 entrò a far parte dell'Accademia delle Scienze di Berlino. Durante il corso della sua
vita scrive e pubblica oltre settanta manoscritti, incluso il De Aquae Communis Nonnullis
(Opuscolo su alcune caratteristiche dell'acqua comune) nel quale descrive il celebre effetto
leidenfrost (fenomeno che era stato precedentemente osservato, ma non studiato, da Herman
Boerhaave nel 1732). Poiché tale lavoro non fu tradotto dal latino fino al 1965 esso non ebbe
grande diffusione. Tuttavia il suo nome viene ora associato al fenomeno.
Leidenfrost condusse i suoi esperimenti con un cucchiaio di ferro che veniva reso rovente in
un caminetto: dopo aver posto una goccia di acqua nel cucchiaio egli calcolò la sua durata
mediante le oscillazioni di un pendolo. Egli notò che la goccia sembrava assorbire la luce e il
calore dal cucchiaio: la prima goccia durava 30 secondi, la successiva 10 secondi, le altre pochi
secondi. Leidenfrost fraintese le sue dimostrazioni perché non comprese che le gocce di
maggior durata erano in realtà effettivamente in ebollizione. Così egli fu ammirato per le sue
dimostrazioni in campo pratico e per le eccezionali doti di insegnante che poteva accendere
grande interesse per la ricerca anche tra gli studenti più scettici. Leidenfrost muore il 2
Dicembre 1794 a Duisburg.
3. Applicazioni pratiche
Il fenomeno Leidenfrost è noto alle massaie che lo utilizzano come test di temperatura per le
loro padelle: infatti, per verificare se una padella è calda abbastanza (circa 200°C) per arrostire
una fettina di carne, occorre spruzzare un po' d'acqua: se le gocce "friggono" via evaporando in
pochi secondi allora la padella non è ancora a temperatura di regime; se, invece, le goccioline
rimangono a girovagare per tutta la padella per diversi secondi (qualche volta anche più di un
minuto) allora la padella è pronta per l'uso. Raggiunta la temperatura le goccioline si muovono
liberamente sulla padella senza nessun attrito. Il fenomeno sta anche alla base di molte "abilità"
che hanno da sempre meravigliato ed
entusiasmato l'uomo: ne è un esempio la
famosa camminata sui carboni ardenti, dove
la vaporizzazione delle minuscole gocce di
sudore sotto i piedi formano una "suola" di
vapore che preserva le nostre piante dai
roventi carboni, anche se, ovviamente,
bisogna avere un passo spedito per terminare
l'insidioso tragitto prima della totale
vaporizzazione.
Un altro intrepido pioniere della fisica, Jearl Walker della Cleveland State University, ha
voluto tentare un esperimento ai limiti di ogni sensata follia, basandosi sulle osservazioni del
collega tedesco, che ha poi raccontato in un articolo scientifico. Walker dice di essere venuto a
conoscenza di un numero da circo sensazionale che ignari predecessori dei moderni fisici
utilizzavano per impressionare l'analfabeta massa popolare: si trattava di immergere una parte
del corpo (in genere la mano) in un crogiolo pieno di piombo fuso ricreando, così, le condizioni
per l'effetto e salvando il "folle'' di turno da ustione sicura. Walker, per abbondanza di tempo
libero, afferma di aver riprodotto il numero in laboratorio e di averne verificato la fattibilità
(fig.3).
4. Evaporazione, ebollizione ed ebollizione su lamina di vapore
Al fine di comprendere il fenomeno succitato analizziamo nel dettaglio il processo di
ebollizione. Prendiamo l'esempio semplicistico dell'acqua, con il classico fenomeno dell'ebollizione dell'acqua in una pentola. Alla pressione atmosferica normale (101300 Pa), quando la
temperatura si avvicina ai 100°C le microscopiche bolle d'aria all'interno della stessa massa
d'acqua cominciano a raggrupparsi nelle invisibili smerigliature delle pareti e del fondo della
pentola e non appena raggiungono dimensioni sufficientemente grandi da fare in modo che la
spinta di Archimede riesca a staccarle dalle pareti, le bolle risalgono in superficie e liberano
all'esterno il vapore che contengono. Affinchè una bolla riesca ad ingrandirsi è necessario che la
tensione del vapore saturo all'interno della bolla sia almeno uguale alla somma dei valori di
pressione dell'atmosfera (p0), della colonna d'acqua sovrastante la bolla (ph) e di quella
esercitata dalla tensione superficiale del liquido intorno alla superficie della bolla (pc):
pin=p0+ph+pc
(1)
Considerando che la pressione idrostatica è uguale, per la legge di Stevin, a ρgh, con ρ densità
dell'acqua, g accelerazione di gravità e h profondità a cui si trova la bolla e che la pressione
dovuta alla curvatura della superficie è 2τ /r, con τ tensione superficiale ed r raggio della bolla,
la relazione (1) si può scrivere:
pin = p0 + ρgh +2τ /r
(2)
Se si riuscisse ad aumentare la temperatura del fondo del contenitore sopra i 100°C, le bolle
si riunirebbero fra loro formando uno strato di vapore sottostante il liquido che ostacolerebbe il
passaggio di calore fra il fondo del contenitore e il liquido, a causa della bassa conducibilità
termica del vapore acqueo. Quest'ultima fase è chiamata "ebollizione su lamina di vapore".
Questa fase è praticamente impossibile da ottenere con una comune pentola da cucina, poiché il
liquido è a contatto anche con le pareti laterali e il fornello da cucina non è in grado di fornire
sufficiente calore da produrre un surriscaldamento della pentola. Invece, è più semplice ottenere
questo stato utilizzando singole gocce su piastre a temperatura superiore a 100°C: l'effetto
Leidenfrost.
5. Analisi preliminare della temperatura della piastra
Per riprodurre e studiare l'effetto Leidenfrost ci siamo serviti di una comune piastra elettrica
da cucina munita di termostato con resistenza variabile. Come analisi preliminare abbiamo
studiato il riscaldamento della piastra ai vari livelli del termostato, esaminando sia la variazione
di temperatura al variare del livello del termostato e sia il valore della temperatura nei diversi
punti della piastra, in modo tale da individuare la zona e il livello del termostato più idonei per
ricercare e studiare il punto Leidenfrost.
A tale scopo abbiamo utilizzato 4 sensori di temperatura, termocoppie NiCr-Ni della Leybold
collegati, tramite un termometro digitale e la porta seriale, ad un computer dotato di software
CassyLab per l'analisi dei dati. Come mostra la fig. 4, abbiamo disposto i 4 sensori in posizione
diversa nella piastra e, gradualmente, abbiamo aumentato la temperatura della piastra con il
termostato a resistenza variabile.
In particolare, prendendo come punto di riferimento il centro della piastra (sonda T2, rosso)
abbiamo disposto gli altri sensori a 3 cm (sonda T3, verde), a 6 cm (sonda T1, blu) e a 9 cm
vicino al bordo della piastra (sonda T4, marrone). Nella seguente fig.5 è riportato il diagramma
delle temperature registrate dai sensori al variare del livello del termostato.
Guardando il diagramma si nota che la temperatura aumenta nel momento in cui si cambia la
posizione del livello del termostato anche se, successivamente, non ha un andamento regolare, e
in particolare non si mantiene costante. Raggiunge il valore fissato per il livello del termostato e
poi gradualmente, anche se lentamente, diminuisce.
Inoltre, si può notare che la piastra mantiene una temperatura maggiore a circa 3 cm dal
centro (sonda T3, verde) e quella più bassa al bordo (sonda T4, marrone). Questo ci lascia
pensare che, molto probabilmente, la resistenza elettrica è disposta sotto la piastra a circa 3 cm
dal centro. Anche se la temperatura nei diversi livelli non si mantiene costante, la sua variazione
nel tempo è sufficientemente lenta da permetterci di individuare il punto Leidenfrost.
6. Analisi preliminare della uniformità
delle gocce.
La produzione delle gocce è stata fatta tramite
una pipetta di plastica usa e getta (vedi fìg. 6).
Come fatto per la piastra, abbiamo preliminarmente
studiato il grado di uniformità con cui la pipetta
produceva le gocce. A tale scolo ci siamo serviti
(fig 6) di:
- un sensore di forza della Leybold con una sensibilità
del millesimo di newton, collegato al computer
tramite interfaccia e software di analisi dati
CassyLab;
- un bicchiere di plastica appeso al dinamometro attraverso una sottile cordicella, nel quale si
producevano le gocce.
La procedura utilizzata è stata quella di misurare il peso di 300 gocce a gruppi di 10. In
pratica, abbiamo appeso il bicchiere al sensore e lo abbiamo azzerato togliendo la tara,
successivamente abbiamo misurato il peso progressivo di gruppi di 10 gocce, operando in modo
attento nella formazione delle gocce, cioè cercando di formare gocce con le stesse dimensioni.
La fig.7 mostra l'andamento progressivo del peso dei gruppi di 10 gocce. La linea rossa rappresenta la retta di regressione, la cui equazione è indicata in figura insieme al coefficiente di
correlazione lineare. Sia l'ispezione visiva che il valore del coefficiente di correlazione
evidenziano in modo palese che la relazione di diretta proporzionalità è altamente significativa.
Da questa misura abbiamo dedotto un peso medio di una goccia di (0,23 ± 0.02) mN a cui
corrisponderà, dividendo per il valore dell'accelerazione di gravità alla nostra latitudine, una
massa media di una goccia di
mgoccia = (23 ± 2) mg
(3)
y = 0.00023 x
R2 = 0.99324
Fig, 7 - Peso progressivo delle
gocce prodotte dalla pipetta. La
linea rossa rappresenta la retta di
regressione la cui equazione è
riportata a fianco insieme al
coefficiente di correlazione lineare.
7. Misura sull'effetto Leidenfrost
Dopo avere analizzato il comportamento termico della piastra, abbiamo iniziato gli
esperimenti volti alla ricerca del punto Leidenfrost per l'acqua demineralizzata. Le gocce
d'acqua che, come abbiamo visto nel precedente paragrafo, venivano prodotte da una particolare
pipetta che garantiva la produzione di gocce di dimensioni e massa uniformi, non erano
depositate direttamente sulla piastra elettrica poiché questa non aveva una superfìcie liscia;
invece, venivano depositate su una lamina di alluminio leggermente bombata al centro posta
sulla piastra in prossimità della zona centrale (vedi fig. 8). La temperatura della lamina veniva
misurata con una sonda termometrica a termocoppia NiCr-Ni utilizzata precedentemente per
l'analisi termica della piastra.
Dovendo stimare il tempo di vita della goccia, e poiché alle temperature prossime a 100°C le
gocce vaporizzavano in tempi dell'ordine di 40 centesimi di secondo, non era possibile utilizzare
un normale cronometro a comando manuale. Per tale scopo ci siamo serviti di una videocamera
(vedi fig. 8), attraverso la quale abbiamo registrato i nostri esperimenti.
Il video ottenuto è stato successivamente analizzato attraverso un computer con una serie di
software ad hoc ed abbiamo poi trascritto i dati ottenuti su di un foglio di calcolo per l'analisi di
essi.
L'esecuzione del singolo esperimento era molto semplice: si lasciava cadere una goccia sulla
piastra e si leggevano i valori di temperatura massima e minima durante la sua permanenza su
essa. Si associava come temperatura della piastra la media aritmetica dei valori misurati con una
incertezza pari alla semidispersione massima:
Successivamente si aumentava la temperatura e se ne ripeteva la lettura. Raggiunta la
massima temperatura della piastra questa si riabbassava di nuovo fino a circa 100°C, acquisendo
nuove misure con la stessa modalità.
Abbiamo analizzato complessivamente 60 gocce d'acqua in un intervallo termico compreso
fra 99°C e 367,5°C; successivamente, analizzando il video, abbiamo associato ad ogni goccia il
tempo di vita sulla piastra, inteso come l'intervallo di tempo nel quale la singola goccia
manteneva la sua integrità. Purtroppo, non tutte le 60 misure effettuate sono state utili poiché
abbiamo dovuto escludere dati sperimentali relativi a gocce:
- nel campo di temperatura superiore a 170°C, perché la piastra non manteneva una temperatura
costante quando questa era elevata e quindi veniva associata un'incertezza eccessiva sulla
temperatura;
- nel campo di temperatura fra 138°C e 152°C, perché appena cadute sulla piastra, iniziavano a
saltellare riducendo, durante l'esperimento, il tempo di contatto con la piastra e quindi
producendo un tempo di vita falsamente lungo. Il fenomeno era associabile alla repentina
formazione di vapore che si formava sotto la goccia quando veniva a contatto con la piastra e
che produceva un effetto molla spingendo la goccia verso l'alto ad ogni salto.
La fig. 9 mostra la durata di una goccia in funzione della temperatura della piastra.
Dalla nostra misura risulta che il punto Leidenfrost si verifica a
A questa temperatura la goccia è sopravvissuta per circa ∆t = 95 s.
Durante l'esecuzione dell'esperimento, abbiamo notato che la vita di una goccia è influenzata
anche dalle condizioni fisiche della superfìcie della piastra; infatti, se la goccia cadeva o passava
sopra una zona scalfita o graffiata della piastra si riduceva la sua vita. Il fenomeno è facilmente
interpretabile poiché sopra una scalfittura il vapore sottostante la goccia trovava una via di fuga
e si disperdeva in aria con la conseguente formazione istantanea di nuovo vapore e, quindi,
riduzione della massa della goccia in tempi più brevi. Il fatto era perfettamente percettibile
poiché si udiva in corrispondenza del passaggio della goccia sulla scalfittura della piastra, un
leggero sfrigolio caratteristico della formazione di vapore su una superficie rovente.
8. Stima dello spessore di vapore
Oltre alla determinazione del punto Leidenfrost, abbiamo cercato di dare una stima dello
spessore di vapore che si forma sotto la goccia in tale punto. Per fare ciò abbiamo sfruttato la
legge della conduzione del calore
nella quale kvapore = 0.025 W/mK è il coefficiente di conducibilità termica del vapore, S è la
superficie di interfaccia goccia-piastra, TL è la temperatura del punto Leidenfrost (5), TlG e ∆t
sono rispettivamente la temperatura all'interno della goccia e la durata della goccia nel punto
Leidenfrost, e d lo spessore della lamina di vapore interposta fra la goccia e la piastra.
Al fine di misurare la superficie di interfaccia goccia-piastra abbiamo eseguito delle foto
istantanee della goccia sulla piastra e grazie al software AUTOCAD siamo stati in grado di
stimare il diametro della goccia d = 4.2 mm (vedi fig. 10). Da esso ricaviamo
Fig.11 -
La stima della temperatura interna della goccia l'abbiamo effettuata depositando una
goccia sulla punta sensibile del sensore leggermente distanziato dalla piastra rovente (vedi
fig. 11), ottenendo il valore
Infine, abbiamo valutato:
- il calore necessario per vaporizzare una goccia d'acqua nel punto Leidenfrost:
dove qLE = 2,253·106 J/kg e Te = 100°C, sono rispettivamente il calore latente e la
temperatura di ebollizione dell'acqua, c = 4186 J/kgK è il suo calore specifico e m e TIG
sono i valori da noi stimati e indicati rispettivamente dalla (3) e dalla (8);
- la quantità di calore trasferita dalla piastra alla goccia per irraggiamento durante l'effetto
Leidenfrost:
nella quale σ = 5,67·10-8 W/m2K4 è la costante di Stefan-Boltzmann, S, TL e TIG sono le grandezze
che noi abbiamo stimato rispettivamente con le (7), (5) e (8).
Da queste stime abbiamo dedotto che la quantità di calore trasmessa per conduzione dalla
lamina di vapore sotto la goccia, nel punto Leidenfrost, è
Pertanto, dalla relazione (6) possiamo ottenere:
nella quale ∆t = 95 s rappresenta la durata di una goccia nel punto Leidenfrost da noi misurata
(vedi paragrafo 6). Il valore indicato nella (12) è in buon accordo con quello riportato in
bibliografia, anche se nella nostra stima si è trascurato il fatto che la goccia non mantiene le sue
dimensioni durante tutto l'effetto Leidenfrost.
9. Conclusioni
Grazie all'ausilio di una videocamera e di un sistema di acquisizione on-line con sensori di
temperatura e forza abbiamo studiato l'effetto Leidenfrost, cioè la non vaporizzazione istantanea di una
goccia di acqua lasciata cadere su di una piastra che si trova a temperatura superiore a quella di
ebollizione. Nello specifico abbiamo determinato sperimentalmente il punto Leidenfrost, Tleidenfrost
=(l86±5)°C; siamo altresì riusciti a stimare indirettamente, tramite lo studio sperimentale della
trasmissione del calore piastra-goccia, lo spessore di vapore interposto fra la goccia e la piastra, di
circa 0.06 mm.
Bibliografia, sitografia ed iconografìa
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http://www.csicop.org/si/9911/willey.html
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- Hermes Trismegistus, Leidenfrost's Phenomenon (consultato nei mesi di gennaio-febbraio 2008)
http://volcaniclightning.tripod.com/leidenfr.htm
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http://www.iapht.unito.it/giocattoli/indire/sommario_leidenfrost.html
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http://www.oregon.edu/∼link/climbingdroplets/index.html
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Articoli
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(attualmente alla revisione dei referee)
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Physics, vol. 60, n° 7, (July 1992) 593-597
- C. Gianino, A Lesson in the Physics Laboratory on the Super-heating of Water. American Journal of
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- F.L. Curzon. The Leidenfrost phenomenon, American Journal of Physics, vol. 46, n° 8, (Aug 1978) 825828.
- H Timbleby, The Leidenfrost phenomenon, Phys Educ., vol 24, n° 5, (September 1989), 300-303.
- H Linke, B.J. Alema'n, L.D. Melling, M.J. Taormina, M.J. Francis, C.C. Dow-Hygelund, V.
Narayanan, R.P. Taylor, A. Stout, Self-Propelled Leidenfrost Droplets, Physical Review Letters. PRL 96,
154502 (2006).
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