X I LETTERE E COMMENTI
Venerdì 5 giugno 2015
LUCIANA DORONZO *
DOMENICO D’ALBA *
Quelle musiche da salvare
Il professore, il grano
e il museo
della civiltà contadina
R
seo ha letteralmente ricostruito la geografia musicale di Auecuperare la musica creata in cattività civile e mischwitz I e Birkenau, dal Block 5 dove provava e suonava
litare dal 1933 al 1953 costituisce la missione stol’orchestra maschile diretta da Szymon Laks allo Zigeunerrica e artistica del pianista Francesco Lotoro, relager presso il quale si esibivano i Roma sino ai Block femduce da 23 giorni di ricerca attraverso capitali e
minili dell’orchestra con dieci mandolini diretta da Alma
villaggi d’Europa con la troupe del documentario The MaeRosè.
stro (ispirato all’omonimo libro di Thomas Saintourens) diUno dei momenti più coinvolgenti è stato proprio a Birretto dal regista franco–argentino Alexandre Valenti, prokenau nell’incontrare Bogdan Bartnikowski (autore del libro
dotto da France 2, France 5, DocLab e Intergea e che sarà
Infanzia dietro il filo spinato), polacco deportato a Birkenau
trasmesso da numerose televisioni nell’aprile 2016.
con i familiari dopo l’insurrezione di Varsavia dell’agosto
Un viaggio iniziato a Praga dove Lotoro ha presentato il
1944; Bogdan ha ricostruito gli ultimi mesi di funzionamento
libro di Saintourens nella traduzione in ceco e ha incontrato
Ivan, figlio del compositore Rudolf Karel imprigionato a Pan- del famigerato Lager e ricordato a memoria i canti creati nel
Block dei bambini di Birkenau.
kràc, torturato, colpito da dissenteria e infine deportato a
Giusto il tempo di esplorare gli archivi musicali dello AuTheresienstadt dove morì di sfinimento; grazie alle autorità
schwitz Museum che si riprende il viaggio verso la Gerpenitenziarie di Pankràc, il pianista e la troupe hanno ispemania, destinazione Wuerzburg per incontrare Guido Faczionato la cella dove Karel scrisse capolavori quali il Nonet e
kler, docente di Filologia presso l’Università di Wuerzburg e
l’opera I tre capelli del vecchio saggio su fogli di carta igiecolonna della storiografia musicale concentrazionaria (suo il
nica usando matite o carbone vegetale, la cella era poco
monumentale libro di 2000 pagine Des Lagers Stimme, bibdistante dalla sala dove i detenuti venivano ghigliottinati o
bia della musica nei Lager), a seguire Martin Hummel figlio
impiccati, le loro urla avevano lo scopo di intimorire i comdi Bertold, compositore tedesco arruolato nella Wermacht (si
pagni ancora in vita.
era prodigato per salvare
Si è proseguiti a Teremembri della comunità
zìn per consultare il maebraica), arrestato dagli
teriale musicale (da maAlleati e internato a Denoscritti di Jaroslav Skapot La Troncais, ivi scrisbrada a frammenti inse quartetti d’archi, pezzi
compiuti di Gideon
per voce e pianoforte e un
Klein), Brno per inconmaestoso Tantum Ergo.
trare Olga Haasova (figlia
Infine il Lager di Budi Pavel Haas, gasato a
chenwald mimetizzato in
Birkenau nell’ottobre
un bosco di faggi (da cui
1944) e poi in Slovacchia
il suo nome) dove il Reich
orientale nei più sperduti
arrivò a uccidere per
insediamenti Romungre
strangolamento sino a
(l’ultimo a circa km. 20
mille detenuti al giorno, i
dal confine con l’Ucraina)
cadaveri venivano amper fissare sulla carta gli
massati nel Krematoaffascinanti canti creati
rium e sezionati nello
dai Roma nei Lager, infiAbteilung Patologie; ivi il
ne Bratislava per inconpolacco Jozef Kropinski
trare la musicologa Jana
si intrufolava di notte inBelisova.
disturbato (le guardie si
Poi è stata la volta di
Cracovia per incontrare
BARLETTA Il sindaco Cascella, il prefetto Minerva e il maestro Lotoro guardavano bene dall’entrare in quel posto maleoChristof, figlio del polacdorante e a rischio di infezioni) e a lume di candela scrisse
co Aleksander Kulisiewicz (a Sachsenhausen i medici speoltre 400 lavori (di essi ne sono rimasti 111).
rimentarono tre volte il vaiolo su di lui, sfuggì alla morte
I viaggi del pianista barlettano proseguiranno sino a otgrazie a un infermiere che di nascosto gli iniettava l’antobre tra Gran Bretagna, Paesi Bassi, USA, Brasile, Austratidoto) che ricordava a memoria 770 canzoni create in 8 linlia, Thailandia e Birmania, ivi sarà ricostruita l’attività mugue diverse dai suoi compagni di deportazione e che, non
sicale dei prigionieri Alleati nei Campi giapponesi sulla tratpotendole scrivere, immagazzinò nel cervello ripetendole
ta ferroviaria che ispirò il celebre film Il ponte sul fiume
continuamente sottovoce tra le labbra per non dimenticarle;
Kwai.
sarebbe impazzito se un infermiere non si fosse messo al suo
I risultati di questo immane lavoro confluiranno nel Thefianco durante la convalescenza dopo la liberazione e non gli
saurus Musicae Concentrationariae in 12 volumi e 2 DVD
avesse letteralmente “svuotato” la memoria fissando sulla
che sarà pubblicata nel 2020; più difficile (complice una gecarta musica e testi.
nerale indifferenza delle istituzioni preposte) sarà trovare
Ma i momenti più intensi sono stati vissuti presso Auuna adeguata e spaziosa sede capace di ospitare migliaia di
schwitz I e Birkenau; ottenuto il permesso dello Auschwitz
partiture e documenti che sin da ora costituiscono un preMuseum di entrare sin dalle 5 di mattino per assicurarsi le
zioso Patrimonio dell’Umanità.
riprese filmate dei siti prima dell’arrivo di studenti e turisti,
il pianista barlettano con la collaborazione di storici del Mu* giornalista - Barletta
port) la notizia (non nuova) che l'olio di palma è un grasso vegetale ma saturo e quindi
da limitare come assunzione, è stato pubblicato online dall'Istituto Superiore di Sanità,
un documento che intende supportare gli
operatori nell’individuazione delle strategie
di prevenzione dell'obesità nella scuola più
efficaci e adatte al contesto locale, proprio a
partire dalle evidenze della letteratura scientifica, per contrastare il pressapochismo,
l'improvvisazione e la disomogeneità di interventi che spesso caratterizzano tali interventi educativi.
L'informazione che l'olio di palma è contenuto in molti prodotti dolciari industriali e
artigianali verrà incamerata dall'opinione
pubblica insieme a tante altre, come quelle
sui contaminanti chimici di molti cibi, senza
cambiare sostanzialmente i comportamenti
alimentari e la salute della popolazione. E'
scientificamente provato che un intervento
formativo di educazione alla salute non ben
pianificato sortisce effetti scarsi o nulli. La
notizia che in Italia gli esperti riflettono su
come impostare meglio i programmi di educazione alla salute nelle scuole e in collaborazione con le famiglie è importante poiché
dovremmo richiedere soprattutto formazione e non solo informazioni. Piuttosto che discutere se è meno dannoso mangiare un cornetto contenente olio di palma o uno contenente burro, impariamo a limitare l'uso dei
dolci e mangiamo più frutta, possibilmente
locale e di stagione.
* pediatra e nutrizionista sportivo - [email protected]
* lettore - Barletta
DOMENICO MELELEO *
L’olio di palma, il burro e la frutta
L
a libera informazione è un diritto
sacrosanto. Tuttavia riguardo la salute, ritengo che sia più importante
educare che informare. Informare
significa dare una o comunque poche informazioni e non darne tante altre, a causa dei
tempi o spazi ristretti e della necessità di
attirare l'attenzione. Le informazioni di per
se, quando non inserite in un percorso formativo o educativo, dopo un po' vengono dimenticate poiché scavalcate dalle nuove che
arrivano, senza lasciare traccia nei comportamenti delle persone. Educare riguardo una
tematica, significa dare con continuità e sistematicità molteplici informazioni riguardo
la stessa e spiegare come sono correlate tra
loro e quindi anche quali sono i pro e i contro
di ogni scelta o situazione, illustrando e
aprendosi anche a punti di vista differenti.
Per educare non basta conoscere una materia ma è necessaria anche una specifica
competenza pedagogica e siccome l'educazione alla salute, considerando l'argomento, è
un ambito molto delicato, è opportuno che
più figure professionali collaborino in maniera sistematica ed organizzata nei progetti
destinati alla popolazione. La nutrizione è
una materia dove la scienza ha scoperto molto ma ancora moltissimo c'è da scoprire e
questo determina un fiorire di opinioni e di
ipotesi da parte di esperti , che fanno ricerca
e si confrontano seguendo le logiche della
scienza e le regole della correttezza culturale.
Purtroppo però nella nostra epoca caratterizzata dalla diffusione di una notevole mole
di informazioni, le suddette scoperte, opinioni ed ipotesi degli esperti vengono comunicate come informazioni, non in una logica
educativa ma solo per attirare l'attenzione.
Senza contare che la sacrosanta libertà di
opinione fa si che su internet girino informazioni prodotte da non esperti e spesso non
supportate da evidenze scientifiche e correttezza culturale nelle modalità di comunicazione. Tutte queste informazioni, più che
contribuire alla cultura e alla salute della
popolazione, confondono le idee e nella migliore delle ipotesi, dopo un po' di scalpore
vengono dimenticate, poiché sostituite da altre, ma non senza lasciare traccia. A mio avviso infatti una traccia negativa rimane. Come per altre tematiche, anche per nutrizione,
tutta questa "confusione chiassosa" lascia
nell'opinione pubblica l'impressione di non
capirci niente riguardo a tematiche che appaiono troppo grandi da comprendere e forse
contribuisce a creare un clima di sfiducia e
sospetto riguardo a chi produce alimenti e a
chi deve tutelare la salute della popolazione.
Tutto ciò, oltre che ingiusto nei confronti
di tutte le persone che lavorano onestamente
a tutti i livelli nell'ambito della nutrizione, è
soprattutto devastante dal punto di vista culturale, poiché la rassegnazione all'ignoranza
e la sfiducia, minano alle basi la possibilità
di aumentare la conoscenza dei problemi e di
trovare e costruirne delle soluzioni. Emblematico di quanto finora esposto è il fatto che
proprio in questi giorni in cui dilaga su internet e in televisione (vedi trasmissione Re-
È
un’icona a San Ferdinando di Puglia, Sabino De Facendis. Il
Museo della civiltà contadina è una sua creatura. L’ha voluto
con tutta l’energia di cui disponeva ed ha impiegato lunghi
anni e sacrifici inenarrabili per realizzarlo. Lo ama come se
fosse un figlio e lo tempesta di delicatezze. Molti hanno collaborato alla
sua realizzazione, e lui ne è consapevolmente grato. In tanti gli hanno
permesso di reperire materiale che sarebbe finito nel fuoco se non si
fosse precipitato in tempo per impedire il sacrilego gesto. Tanti, i
generosi donatori, ed il professore non si stanca di ringraziarli.
Parole di apprezzamento, durante l’intervista, traboccano dalla sua
bocca verso i manichini, esondanti umanità, che impreziosiscono il
Museo, ricreando visi, corpi e gestualità della vita dei personaggi e dei
mestieri di una volta. A realizzarli fu Tonino Abbattista, un colosso
non solo nel corpo ma anche per sua avvincente storia umana, la sua
etica inflessibile, il senso di ospitalità, condiviso dalla consorte Maria,
che trabocca dalla sua casa, l’amore verso le migliaia di alunni di
scuola elementare avviati sulla strada della vita e della cultura. Che
ancora oggi lo vanno ad omaggiare. Con riconoscenti cestini di frutta e
verdura, o semplicemente con la sola presenza umana. Lui li riconosce
dalle voci. I suoi occhi, in gran parte spenti, continuano ancora a
brillare di amore per tutti i suoi pargoli.
L’attaccamento del professor De Facendis alla sua creatura viene
letto, purtroppo, come se ne fosse geloso, come se volesse avvolgerla in
cerchio di totalizzante possesso personale. Sa benissimo che appartiene all’intera comunità di San Ferdinando e soffre terribilmente per
l’insensibilità di quelli che contano, ma non valgono nulla, verso un
gioiello museale di valore inestimabile. Non vede l’ora di passare il
testimone a forze giovani, intraprendenti ed amanti della cultura.
Ultimamente, un ciclone si è abbattuto sul Museo, realizzato con i
contributi dell’Unione Europea. La realtà museale rischia di svanire
nel nulla. Già molti reperti sono stati
evacuati. A determinare la parziale
rimozione la delibera dell’Amministrazione di riprendersi i locali
dell’antico Municipio, data l’inagibilità di quello nuovo. Realizzato pochi
anni or sono! Dagli stessi uomini che
comandano oggi! L’Archeoclub si mostra angosciato per la eventuale gravissima perdita culturale.
Il professor De Facendis si era già
lodevolmente cimentato nella produzione letteraria, elaborando “Le campane delle Chiese di San Ferdinando
di Puglia”, “San Ferdinando di Puglia” “Nuovi contributi alla storia di
IL MUSEO Contro l’oblìo
San Ferdinando di Puglia” , “I pozzi
nella Daunia orientale”, la “Banda musicale di San Ferdinando di
Puglia” e curando, assieme ai soci dell’Archeoclub di cui è Presidente,
il bollettino “Archeoclub d’Italia” e gli opuscoli dedicati a “Rosario
Labadessa” ed a “Marino Piazzolla.”
Nella piena maturità ha dato alle stampe un’opera molto impegnativa “La civiltà del grano nella Daunia” che vedrà la luce pubblica
sabato, sei giugno, alle ore 19.00 nella cripta della Chiesa Madre. Presenzieranno alla presentazione del volume, oltre all’Autore, il sindaco
dott. Michele La Macchia ed il ricercatore del CRA-Cerealiciultura di
Foggia, dott. Pasquale De Vita. A leggere brani significativi del volume
provvederà l’attore-regista Mauro Leuce, sempre disponibile ad offrire
la sua qualificata competenza professionale nell’interesse della collettività. Non solo è invitata la cittadinanza di San Ferdinando, ma
anche tutte le comunità locali che rientrano nell’ampia fascia territoriale denominata “Daunia”.
A sostenere finanziariamente la realizzazione del libro ha provveduto il CRA (Consiglio per la Ricerca e Sperimentazione in Agricoltura), ed a patrocinarlo il Comune di San Ferdinando, il CRA e
l’Archeoclub. Il volume, traboccante di immagini di straordinario valore storico, prende l’avvio dall’evocazione del sito archeologico di
Gobekli Tepe, nel Kurdistan meridionale, la cui scoperta avvenuta solo
nel 1994 ne ha rivelato la grande importanza “per la conoscenza della
storia dell’uomo e della cerealicultura”. “Tutto iniziò dodici mila anni
fa con una mutazione spontanea nel corredo genetico del frumento”
esordisce l’autore. “Prima di allora” prosegue appassionatamente, “i
semi della spiga cadevano a terra man mano che maturavano. Immaginabile la difficoltà nel raccogliere singolarmente i chicchi, finiti
tra le erbe infestanti. Con una mutazione naturale accadde che i semi a
maturazione non cadessero, ma rimanessero attaccati al rachide, formando una spiga con tante cariossidi. La raccolta dei preziosi chicchi
divenne più facile, permettendo l’uso del grano a scopo alimentare.”
La domesticazione del frumento mise fine al nomadismo dell’uomo
raccoglitore-cacciatore ed iniziò la vita in comunità che permise la
costruzione di grandi opere, come quella di Gobekli. La grande scoperta mise in moto un processo espansivo che portò nell’arco di secoli
alla diffusione della coltura del grano in tutto il bacino del Mediterraneo fino a giungere anche nelle terra della Puglia, in particolare
nella Daunia di allora. Ambizioso è il piano dell’opera, come testimonia l’indice. Vengono approfonditi numerosi aspetti che si legano
alla coltura del frumento: l’aratura, la sarchiatura, la scerbatura, la
semina, la mietitura, la trebbiatura, la ventilazione, la spigolatura, la
conservazione del grano nelle fosse granarie, la molitura, la produzione del pane, l’uso non alimentare del grano, le unità di capacità e di
peso. Ed altro ancora. La lettura del pregevole volume non solo servirà
a colmare eventuali lacune culturali, a comprendere le radici delle
nostre tradizioni, degli usi e costumi, ma anche a riflettere perché il
ricco, patrimonio colturale e culturale, maturato in tanti secoli di
saggezza non venga disperso, fagocitato dal mito della fallace logica del
profitto sfrenato, che già tanti danni ha arrecato agli esseri viventi ed
al territorio. Quanti avranno la fortuna e la voglia di partecipare alla
presentazione del volume, ne usciranno compiaciuti e rivolgeranno
certamente un generoso grazie a chi ha prodotto l’opera sottoposta alla
loro attenzione.
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meleleo gdm 05.06.2015