N. 2 MARZO 2015 ANNO 55
SOMMARIO
EDITORIALI
3 / Elisabetta, una mamma santa / Ai lettori / di Giovanni Lazzara
6 / Padre Leopoldo aiutò un ebreo / La voce del santuario /
di Flaviano G. Gusella
ATTUALITÀ ECCLESIALE
8 / I consacrati, profeti e testimoni dei speranza /
Anno della vita consacrata / di Angelo Borghino
11 / Notiziario ecumenico / a cura di Flaviano G. Gusella
FEDE & VITA
15 / Gli occhi, specchio dell’anima / Simboli biblici > 5 / di Roberto Tadiello
18 / Resistere e vedere oltre / di Raffaello Rossi
20 / «Credo nello Spirito Santo». Il Nuovo Testamento /
La nostra fede > 14 / di Anastasio Bonato
24 / San Giovanni di Kronstadt, icona del buon pastore /
Ecumenismo della santità > 5 / di Paolo Cocco
SAN LEOPOLDO, IERI E OGGI
27 / La figura evangelica di san Leopoldo /
«Un povero d’inesauribile ricchezza > 8 / di Jakov Bubalo
29 / I primi 10 anni della «Fraternité saint Léopold Mandić /
di Stéfane Decisier
SPIRITUALITÀ
33 / In ginocchio sulla neve. Padre Amedeo da Arre / di Flaviano G. Gusella
36 / «Pace e bene a tutti!». Padre Mariano / Testimoni dello spirito > 2 /
di Paolo Costa
RUBRICHE
4 / Lettere a Portavoce / di Aurelio Blasotti
30 / Vita del santuario / a cura della Redazione
32 / Grazie, san Leopoldo / a cura della Redazione
39 / Calendario liturgico / a cura di Sisto Zarpellon
AGENDA
ORARIO SANTE MESSE
Chiesa
Festivo
Cappella del santo
ore 6.30, 7.45, 9.00, 10.15,
11.30, 16.00, 18.00
ORARIO PENITENZIERIA
Feriale
ore 7.00-12.00 / 15.00-19.00
Festivo
ore 6.15-12.00 / 15.00-19.00
Feriale
ore 7.00-12.00 / 15.00-19.00
Il lunedì pomeriggio i frati sono
impegnati in comunità, pertanto non
sono disponibili per le confessioni
Periodico di cultura religiosa
dell’Associazione «Amici di San Leopoldo»
Direzione, Redazione, Amministrazione
Associazione «Amici di San Leopoldo»
Santuario san Leopoldo Mandić
Piazzale S. Croce, 44 - 35123 Padova
Tel. 049 8802727 - Fax 049 8802465
Email Redazione [email protected]
Email Santuario [email protected]
Direttore e Redattore
Giovanni Lazzara
Dir. Responsabile
Luciano Pastorello
Hanno collaborato a questo numero
Aurelio Blasotti, Flaviano G. Gusella,
Angelo Borghino, Roberto Tadiello,
Raffaello Rossi, Anastasio Bonato, Paolo Cocco,
Jakov Bubalo, Stéfane Decisier, Paolo Costa,
Sisto Zarpellon e Fabio Camillo
Impaginazione
Barbara Callegarin
Stampa
Stampe Violato - Bagnoli di Sopra (PD)
Registrazione Tribunale di Padova
n. 209 del 18.10.1961
Iscrizione al R.O.C. n. 13870
Con approvazione ecclesiastica
e dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini
Editore
Associazione «Amici di san Leopoldo»
Spedizione in abbonamento postale
ORARIO D’APERTURA
ore 6.00-12.00 / 15.00-19.00
Portavoce
di san Leopoldo Mandić
Sabato pomeriggio e vigilia delle feste
sante messe festive ore 16.00, 18.00
ore 7.00, 8.30, 10.00, 18.00
PREGARE CON I FRATI
Nel rispetto del D.L. n. 196/2003 Portavoce di san Leopoldo
Mandić garantisce che i dati personali relativi agli associati
sono custoditi nel proprio archivio elettronico con le opportune
misure di sicurezza. Tali dati sono trattati conformemente alla
normativa vigente, non possono essere ceduti ad altri soggetti
senza espresso consenso dell’interessato e sono utilizzati
esclusivamente per l’invio della Rivista e iniziative connesse
In copertina: un momento di preghiera
nella celletta-confessionale di san Leopoldo
(foto A. Bortolami)
Le foto, ove non espressamente indicato, hanno valore
puramente illustrativo
Chiuso in prestampa il 15.1.2015
Consegnato alle poste tra il 16 e il 20.2.2015
Al mattino ore 6.20: celebrazione delle Lodi,
meditazione e santa Messa.
Alla sera ore 19.00: santo Rosario e Vespri
Rettore del santuario
Fra Flaviano Giovanni Gusella
Santuario san Leopoldo Mandić
Piazzale S. Croce, 44 - 35123 Padova
Tel. 049 8802727 - Fax 049 8802465
Giovedì: Adorazione eucaristica, preghiera
per le vocazioni e celebrazione dei Vespri
www.leopoldomandic.it
attualità ecclesiale
di Angelo Borghino*
I CONSACRATI, PROFETI
E TESTIMONI DI SPERANZA
S
vegliate il mondo!». Con
questo titolo la Civiltà
Cattolica riportava uno
stimolante dialogo tenuto da papa
Francesco con i superiori generali
degli ordini e istituti religiosi ormai più di un anno fa, il 29 novembre 2013. In tale occasione venne
annunciata la celebrazione di un
anno speciale da dedicarsi alla vita
consacrata nella Chiesa. Esso è iniziato il 30 novembre 2014, prima
domenica di Avvento, e si concluderà il 2 febbraio 2016, festa della
Presentazione di Gesù al Tempio.
Significativo è il titolo scelto
per questo anno: La vita consacrata nella Chiesa: vangelo, profezia,
speranza. L’intento non è quello di
una celebrazione autoreferenziale,
ma di considerare la presenza dei
religiosi nella Chiesa e la loro significatività per il mondo. Vangelo,
profezia e speranza non sono parole esclusive dei consacrati, esse
appartengono a tutti i battezzati;
ma i consacrati sono chiamati, con
la loro particolare forma di vita, a
dire la «buona notizia», a essere
«profeti» e testimoni di «speranza»,
a favore di tutta la Chiesa e dei fratelli uomini.
«
DENTRO LA «MISSIONE»
DELLA CHIESA
Come si colloca, allora, la vita consacrata all’interno della Chiesa
che vive la sua missione? Qual è
il senso della sua presenza? Quale
il suo valore in rapporto alla vita
e alla testimonianza della Chiesa
tra gli uomini? Due considerazioni
previe. Anzitutto la vita consacrata va guardata a partire dalla di-
8
Portavoce marzo 2015
Anno della vita consacrata La vocazione
alla vita consacrata è una grazia che aiuta a scoprire
la profondità della vita battesimale e che va compresa
come compito di testimonianza
mensione carismatica della Chiesa, come un «dono particolare»
suscitato dallo Spirito, per l’edificazione e il cammino comune di
tutta la Chiesa e della sua missione nel mondo. Questo dono, come
afferma la costituzione conciliare
Lumen gentium, appartiene inseparabilmente alla vita e alla santità della Chiesa (n. 44) e appare
come un elemento «essenziale»
alla sua vita, come afferma papa
Francesco nella Lettera apostolica ai consacrati del 21 novembre
2014: «In quanto dono alla Chiesa, [la vita consacrata] non è una
realtà isolata o marginale, ma appartiene intimamente ad essa, sta
al cuore stesso della Chiesa come
elemento decisivo della sua missione, in quanto esprime l’intima
natura della vocazione cristiana e
la tensione di tutta la Chiesa Sposa
verso l’unione con l’unico Sposo». Le forme della vita consacrata
sono diverse e vanno contestualizzate, nascono, si sviluppano e
anche spariscono, ma la sua vena
profonda è parte essenziale dell’esperienza ecclesiale.
In secondo luogo, se non si vuole travisare il senso di tale «stato di
vita» nella Chiesa, è decisivo affermare il legame costitutivo tra vita
consacrata e battesimo. Essa, cioè,
va colta all’interno dell’unica e uni-
versale vocazione cristiana, come
modo di vivere l’unica vocazione
alla santità cui il battesimo abilita
ogni cristiano. Se la vita battesimale è un cammino di piena conformazione a Cristo, che poco per
volta plasma la vita del cristiano
rendendolo «simile» a Lui – nella
misura della libertà di ognuno –,
allora i consacrati non vivono qualcosa di più rispetto agli altri battezzati, come se il battesimo fosse possibile realizzarlo veramente solo
con questa scelta di vita! La vocazione alla vita consacrata, in realtà,
è una grazia che aiuta a scoprire la
profondità della vita battesimale e
che va compresa come compito di
testimonianza all’interno dell’unico corpo di Cristo.
SEGUENDO GESÙ CRISTO
Quale, allora, il «nocciolo» della
vita consacrata nella Chiesa? La
Lumen gentium afferma: «Lo stato
religioso […] rappresenta continuamente nella Chiesa la forma
di vita che il Figlio di Dio abbracciò venendo nel mondo per fare la
volontà del Padre e che propose
ai discepoli che lo seguivano» (n.
44). Similmente, Giovanni Paolo
II scrive in Vita consecrata che il
fondamento evangelico della vita
consacrata «va cercato nel rapporto speciale che Gesù, nella sua esi-
Un frate cappuccino del Messico (foto Ulises Gutiérrez)
stenza terrena, stabilì con alcuni
dei suoi discepoli, invitandoli non
solo ad accogliere il Regno di Dio
nella propria vita [questo è proprio
di tutti i cristiani!], ma a porre la
propria esistenza a servizio di questa causa, lasciando tutto e imitando da vicino la sua forma di vita»
(n. 14).
Per rispondere alla nostra domanda, si può dire anzitutto che la
vita consacrata trova il suo fondamento nella stessa «forma di vita»
con cui Cristo ha compiuto la sua
missione di salvezza.
Come Gesù ha vissuto tale missione? Prendendo in prestito le tre
parole «classiche» per i consacrati:
obbedienza, povertà e castità, Gesù ha vissuto fino in fondo nell’obbedienza di chi sceglie sempre la
volontà del Padre (cf. Gv 4,34),
nella povertà di chi riceve se stesso
istante per istante dal Padre che lo
manda; nella dimensione verginale, segno della condizione definitiva della vita risorta (cf. Lc 20,3436). Gesù ha annunciato il Regno
di Dio presente nella sua persona,
invitando tutti ad accoglierlo e
a porsi alla sua sequela. Per tut-
ti l’incontro con Gesù implica un
cambiamento di mentalità e una
radicalità di sequela e di amore,
ma non a tutti egli chiede di partecipare alla sua missione lasciando
ogni cosa e seguendolo secondo la
sua stessa forma di vita.
In questa «sequela radicale» si
può riconoscere il fondamento
teo­logico di ciò che nella Chiesa
viene indicato come «vita consacrata» o stato di vita secondo i
«consigli evangelici» di obbedienza, povertà, castità.
«PROFEZIA»
DELLA VITA CONSACRATA
All’interno dell’unica sequela di
Cristo e dell’unica chiamata all’amore, come poter allora cogliere la
specificità della vocazione ai consigli evangelici?
Essa sta sostanzialmente in una
funzione «profetica». In che senso?
Si può dire che la condizione dei
consacrati, nel cammino storico
della Chiesa, ha lo scopo precipuo
di «ricordare» e di fare memoria
della direzione del cammino a
cui tutti i battezzati sono chiamati. Mediante l’immedesimazio-
ne con la forma di vita di Cristo,
obbediente, povero e vergine, i
consacrati ricordano quella che
è la vocazione propria dell’uomo,
chiamato a stare davanti a Dio in
totale apertura e libertà, secondo
quella condizione originaria con
cui Dio ci ha pensato e creato; una
vocazione che solo in Gesù Cristo
si può compiere!
Cristo è colui che porta a compimento il disegno del Padre, e
chiama alcuni a seguirlo anche
come forma esterna di vita, affinché tutto il popolo di Dio che vive
immerso nel mondo (negli affetti
familiari e nel lavoro) viva secondo questa tensione radicale. Dunque, nessuno si consacra e fa i voti
per se stesso, tanto meno per una
propria perfezione personale, ma
a favore di tutta la Chiesa, perché
la Chiesa viva la sua missione nel
mondo, perché tutti i cristiani vivano secondo la radicalità della
sequela di Cristo.
Detto in altre parole, il compito dei consacrati è di ricordare, di
gridare con la stessa forma di vita,
che Cristo è l’unica realtà per cui
vale la pena vivere, sposarsi, lamarzo 2015 Portavoce
9
▶ i consacrati, profeti e testimoni
vorare, vivere, morire, in quanto
è in Lui che l’uomo si compie. La
vocazione alla vita consacrata è un
compito a diventare questa «indicazione ideale» per tutta la comunità cristiana, a favore di ogni uomo. La vita consacrata ha senso e
valore proprio perché è chiamata a
questa responsabilità nei confronti di tutto il corpo ecclesiale.
Questo deve far rif lettere e
interrogare i consacrati sulla responsabilità della vocazione che il
Signore ha dato loro, non per coltivare una perfezione individuale,
ma per richiamare a quell’ideale
cui tutti sono chiamati per realizzare se stessi: Gesù Cristo. Se non
sente sulla propria pelle questa responsabilità per tutti, un consacrato non è ancora arrivato al cuore
della sua vocazione.
VALORE «ESCATOLOGICO»
Strettamente connesso alla dimensione profetica è il valore
«escatologico» della vita consacrata: il vergine per il Regno dei
cieli (cf. Mt 19,12) anticipa nella
sua forma di vita quella che sarà la
condizione di tutti, vale a dire una
vita da risorti.
La vita consacrata è vista come segno profetico che anticipa
la condizione definitiva, che sarà propria di tutti, quando non si
prenderà moglie o marito, ma si
sarà «come angeli nel cielo» (Mt
22,30) e, essendo figli della risurrezione, si è «figli di Dio» (Lc
20,36. Sorgendo, infatti, dal mistero pasquale, la vita consacrata
diviene testimonianza dell’assolutezza dell’amore di Dio e, insieme, annuncio e attestazione della
vittoria definitiva sulla morte e sul
male del mondo.
Questo ha un valore importante
per il significato che può assumere,
soprattutto nel contesto attuale, in
relazione alla vocazione matrimoniale. Paradossalmente, la persona consacrata, rinunciando a un
10
Portavoce marzo 2015
Mons. Paolo Martinelli, cappuccino,
vescovo ausiliare di Milano, lo scorso
26 novembre in santuario, ha proposto
una riflessione sulla vita consacrata ai
cappuccini del Triveneto
TRE OBIETTIVI
rapporto affettivo esclusivo e alla
generazione nella carne, diventa
un richiamo del valore e del senso ultimo anche della vocazione
matrimoniale, mettendone in evidenza tutta la positività e la fecondità. Infatti, proprio rinunciando a
sposarsi e a generare il consacrato testimonia che il compimento
della vita non è posto nell’uomo
o nella donna, neppure nel figlio
che nasce dalla propria carne; il
compimento è assicurato da Cristo
morto e risorto che ci ha rivelato
l’amore più grande. Essendo segno della vittoria sulla morte, il
consacrato dice a chi si sposa: ci
si può sposare e mettere al mondo
figli non perché sostituiscano i genitori dopo la loro morte, ma proprio perché la morte è stata vinta.
L’uomo può comunicare la vita a
un altro perché sa che la vita è una
cosa bella, non perché è segnata
dalla morte. Così il vergine dice
anche agli altri il motivo per cui
vale la pena vivere la loro vocazione e afferma il motivo per cui la vita matrimoniale è positiva, perché
la prospettiva ultima è la resurrezione. Ciò dice una reciprocità tra
le due vocazioni, in qualche modo
essenziali l’una all’altra.
Sulla scia della Lettera di papa
Francesco per l’anno della vita
consacrata, concludo ricordando i
tre obiettivi che i consacrati sono
chiamati a tenere presenti: una
«gratitudine per il proprio passato»; un invito a «vivere il presente
con passione» in ascolto di ciò che
lo Spirito dice oggi alla Chiesa; la
capacità di «abbracciare il futuro»
in un atteggiamento di speranza.
Tra le attese, poi, che papa Francesco vive rispetto ai consacrati,
ne segnalo due, che rispondono
a una urgenza per la Chiesa e per
l’umanità oggi.
Anzitutto l’essere costruttori di
comunione, a partire dalle proprie
comunità; è significativo che il Papa in ogni occasione di incontro
con i consacrati richiami il valore
fondamentale della vita fraterna,
una vera sfida oggi e una possibilità di testimonianza in una società
segnata dall’individualismo e lacerata da divisioni. In secondo luogo,
il Papa si attende dai consacrati
che escano da se stessi «per andare nelle periferie esistenziali», che
non si ripieghino sui propri problemi, rischiando di rimanerne prigionieri, per andare invece verso
un’umanità che aspetta e ha sete di
vita, di speranza e di amore. Un invito forte per tutti i consacrati! P
* Preside dello Studio teologico interprovinciale dei cappuccini «Laurentianum»
a Venezia
fede & vita
di Raffaello Rossi*
RESISTERE
E VEDERE OLTRE
L’universo delle relazioni con se stessi e con gli altri
arricchisce o impoverisce le nostre vite? Prendendo
spunto dalla storia di san Francesco e del primo
francescanesimo, il volume L’io resiliente cerca
risposte costruttive al senso di disagio e di isolamento
C
ome consulente familiare
mi occupo da molti anni
di formazione e di progetti
educativi. Con questo testo vorrei condividere e rendere riproponibile uno specifico percorso
di formazione. È un percorso di
autoascolto, riflessione e condivisione nato da una serie di esperienze concrete, intense, molto
arricchenti, almeno per quanto mi
riguarda. All’origine di questa proposta ci sono tre incontri: il primo
incontro è stato con Francesco di
Assisi, al tempo della mia adolescenza; da allora mi ha sempre accompagnato. Il secondo incontro
risale a cinque anni fa, quando ho
conosciuto i frati cappuccini del
convento di Schio. Ne sono nati una collaborazione in progetti
educativi, un’amicizia, un legame
fraterno. Il terzo incontro, conseguente al secondo, è stato con gli
educatori, le famiglie, i volontari
del territorio di Schio. Chiamato
a condurre dei gruppi e laboratori
di formazione, ho trovato un clima vivace, curioso, ricettivo, che
mi ha coinvolto sempre più richiedendo approfondimenti tematici
e condivisione di esperienze. Il
percorso proposto nel testo segue
la traccia dell’ultimo laboratorio
svolto. Il tema centrale è: l’io, il tu
18
Portavoce marzo 2015
e il noi. La prima domanda che ci
siamo posti è stata: l’universo delle relazioni con se stessi e con gli
altri arricchisce o impoverisce le
nostre vite? Dona senso o ci inaridisce? Ci guida alla libertà o ci
chiude in prigioni invisibili? L’impostazione prevede il riferimento
a frammenti di storia francescana, importanti come base e come
sfondo, ma quello presentato non
è un percorso storico, religioso o
confessionale, non è nemmeno
un saggio, piuttosto è la proposta
di un’esperienza di crescita perso-
Raffaello Rossi, L’io resiliente. Percorsi di ascolto e condivisione a
partire da Francesco d’Assisi, EDB,
Bologna 2014, pp. 128, € 14,50
nale e relazionale basata sull’autoascolto e volta all’ampliamento
della consapevolezza.
Ogni capitolo si articola, oltre
che negli spunti di storia francescana, in alcuni stimoli alla riflessione, numerosi esercizi di autoascolto e alcune schede di lavoro
UN’ESPERIENZA NATA A SCHIO
per un approfondimento personale degli argomenti trattati.
Più che didattico, pur cercando
di essere documentato e abbastanza rigoroso nei diversi passaggi, il
lavoro vorrebbe essere un invito
alla pratica dell’ascolto; in nome
di ciò chiede la disponibilità del
lettore a mettersi in gioco e, ove
possibile, a condividere con la propria rete relazionale quanto emerge lungo il cammino.
UN IO «RESILIENTE»
Oggi si parla e si scrive molto di resilienza e di ascolto. In questo percorso cercheremo di dare voce a
un ascolto e a un modello resiliente di relazione che riconosciamo
come sempre più essenziale.
Francesco d’Assisi è stato un uomo resiliente, un uomo di ascolto
e di condivisione. Resilienza viene
dal latino re-salio, iterativo di salio,
che significa saltare, rimbalzare.
Possiamo definirla l’attitudine di
un corpo a resistere a un urto, la
capacità di trovare nuove e più efficaci forme di equilibrio orientandosi al positivo in modo
costruttivo ed equilibrato nel tempo, nel
luogo e nel ruolo
in cui ci si trova.
Fra Paolo Bertoncello, 50enne originario di Santa Giustina in Colle (PD),
prima di arrivare al convento cappuccino di Terzolas, in provincia di Trento,
ha vissuto cinque intensi anni in quello di Schio. Il libro di Raffaello Rossi è
un po’ la sintesi di un’esperienza avviata proprio nella cittadina vicentina.
Spiega: «Molte persone, che lavoravano nelle parrocchie o altre realtà
dove c’era bisogno di avere delle basi educative, chiesero a noi frati se
eravamo disponibili a dare loro una mano. Dal momento che avevo cominciato un corso come consulente familiare a Bologna, ho pensato che la
persona giusta fosse proprio Raffaello Rossi».
Di lì è cominciato un percorso…
«Sì, potevamo passare strumenti o materiali, ma la cosa più coerente con
il nostro essere cristiani è prima di tutto diventare uomini e donne capaci
(per quanto possibile) di vivere in relazione con altri uomini e donne, ragazzi, bambini, anziani».
Quali sono state le tappe della proposta di crescita educativa?
«Cominciammo nel 2011 con “L’albero dei valori”, tre intensi pomeriggi
domenicali con una quarantina di partecipanti. Nel 2012, altre quattro
domeniche su “L’ascolto costruttivo”. Nel 2013, si stava chiudendo il convento di Schio; non si poteva abbandonare un cammino fatto con tante
persone. Così nacque l’idea, con Raffaello Rossi, di lasciare in mano alle
persone spunti e strumenti che permettessero di continuare ciò che era
nato con il corso, pure di quattro domeniche: “Chi sono io, chi sei tu, chi
siamo noi? La vita di relazione lungo un sentiero francescano”.
Così, arriviamo al libro…
«In effetti, tre anni di esperienze, incontri, relazioni e confronti hanno dato
all’autore il materiale per realizzare il “libro-esperienziale” L’io resiliente».
C’è modo di mettersi in contatto con l’autore per approfondire le tematiche affrontate?
«Chi fosse interessato a consulenza familiare, percorsi di coppia, attività di formazione per operatori socio educativi e insegnanti, può trovare
i contatti sul sito www.consulenzafamiglia.it, una scuola di ispirazione
cattolica». (g.l.)
Faremo riferimento alla vita e
all’opera di Francesco per seguire,
insieme a lui, l’evoluzione dall’io
al tu e al noi nelle diverse accezioni, fino a possibili esperienze
di condivisione e di fraternità
che oggi paiono fondamentali per
orientarsi al positivo e riuscire a
dare senso alla vita individuale e
di relazione.
Secondo gli studi e le esperienze
di resilienza, potremmo affermare che il futuro di ogni individuo
e di ogni fraternità si costruisce
passando dalla nostalgia alla valorizzazione della memoria. Nell’esperienza di consulente familiare
ho incontrato numerose coppie
e famiglie che vivevano relazioni
di conflitto, di tensione, di sfida ...
rimanendo spesso rivolte al passato e immerse nel mare torbido
della nostalgia. Cercare di tornare
indietro, di fermare il tempo, di
negare errori o di puntare il dito
verso l’altro comporta la creazione di invisibili gabbie, di forme di
«non vita», spese nell’attesa, nella
passività o nell’attivismo convulso
che impediscono di incontrare se
stessi, di valorizzare le esperienze
e di imparare da esse, che impediscono un futuro di impegno sereno,
anche se a volte doloroso, di condivisione sincera e profonda. P
(I brani presentati sono presi dalla Prefazione e dal primo capitolo del libro)
* Laureato in filosofia, con abilitazione
in psicologia e pedagogia, consulente familiare a Bologna
marzo 2015 Portavoce
19
san Leopoldo, ieri e oggi
di Stéfane Decisier*
I PRIMI 10 ANNI DELLA
«FRATERNITÉ SAINT
LÉOPOLD MANDIĆ»
I
l 21 settembre
2014, la Fraternità sacerdotale san
Leo­p oldo Mandić (a
Malonne, Belgio) ha
festeggiato i primi
dieci anni dal suo riconoscimento canonico.
Una solenne celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo di
Namur, mons. Rémy
Vancottem, con la
presenza di numerosi
sacerdoti amici della
Fraternità, ha segnato
il momento più importante della giornata,
coronata da un pranzo festoso. L’assenza
del nostro fondatore,
don Giuseppe Vacca,
per gravi problemi di
salute, pur con velo di
tristezza, non ha impedito un clima gioioso e grato al
Signore per il cammino compiuto.
La comunità – il cui carisma è la
nuova evangelizzazione a partire
dalla rinascita della parrocchia –
ha sempre riservato una grande
attenzione alla celebrazione del
sacramento della riconciliazione e
all’unità della Chiesa. La scelta di
san Leopoldo come santo protettore – che ha motivato la titolazione
della Fraternità –nasce da questi
elementi caratteristici del carisma del santo e dalla volontà di
imitarlo in quanto testimone della
misericordia di Dio. San Leopoldo
è stato sempre presente nel nostro
percorso, con tanti segni di predi-
lezione e tante grazie accordate
alla Fraternità.
Attualmente, oltre ai sacerdoti
che la compongono, ci sono due
seminaristi al primo e al quarto
anno di formazione in comunità e
nel seminario di Namur. Da qualche tempo è nato pure il ramo femminile della Fraternità: speriamo
che possa svilupparsi a sostegno
della nostra missione. P
Indirizzo: «Fraternité Saint Léopold
Mandić», Fond de Malonne 105 - 5020
Malonne (Belgio)
Email: [email protected]
* presbitero della «Fraternité Saint Léopold Mandić»
marzo 2015 Portavoce
29
vita del santuario
a cura della Redazione
Dal 13 novembre 2014 al 10 gennaio 2015,
hanno visitato il nostro santuario circa 25
gruppi organizzati, per un totale di 1.300
pellegrini, provenienti da: Milano, Zara
(Croazia), Fiume (Croazia), Medjugorje (BosniaErzegovina), Cittadella (PD), Lucerna (Svizzera),
Sebenico (Croazia), Zagabria (Croazia), Santa
Giustina in Colle (PD), Monteortone -Abano
Terme (PD), Rosolina (RO), Padova-Montà, Linz
(Austria), Udine e da altre località di Croazia,
Slovenia, Bosnia-Erzegovina, Francia, Austria
e Germania
10.11.2014: ragazzi di 1a media della scuola Rogazionisti
di Padova con il prof. Andrea Alessi
15.11.2014:
alunni di 4a primaria
da Santa Giustina
in Colle (PD)
22.11.2014: alunni di 4a primaria da Rosolina (RO)
con don Gino
30
Portavoce marzo 2015
22.11.2014: bambini della prima confessione
da Monteortone (PD)
23.11.2014: folto gruppo di pellegrini da Pieve Belvicino (VI)
2.12.2014: calciatori e dirigenti dell’A.S. Cittadella
14.9.2014: mons. Joseph Augustine (al centro),
arcivescovo di Raipur (India)
8.12.2014: ragazzi della prima comunità
neocatecumenale di Cadoneghe (PD)
12.10.2014: Ernesto Olivero fondatore del
Sermig di Torino
◀
18.11.2014: Maris
Martini (sorella
del card. C. M. Martini)
con il figlio
▶
21.11.2014: mons.
Giuseppe Germano
Bernardini, arcivescovo
emerito di Smirne
(Turchia), ora residente
nel santuario di
Puianello (MO)
marzo 2015 Portavoce
31
grazie, san Leopoldo
a cura della Redazione
UN FRATICELLO AL LETTO OPERATORIO
È
il 22 luglio 2014. Policlinico di Padova. Al reparto di chirurgia sono le 7 circa del mattino,
Giancarlo, che ha un tumore al colon, è pronto
per la sala operatoria. Si aprono le porte dell’ascensore e sparisce alla mia vista. Mi consigliano di non
rimanere in reparto, «tanto, ci vorranno delle ore» mi
dicono. Io riprendo la bici e ne approfitto per andare
alla chiesa dei cappuccini. Partecipo alla santa messa
delle ore 10, mi affido a padre Leopoldo. Una volta rientrata in ospedale, aspetto. Il tempo non sembra passare mai. Senza volerlo, ascolto i discorsi dei parenti
di altri pazienti già operati e mi assale uno sconforto
enorme. Ho paura, ma all’improvviso, chiudendo gli
occhi vedo la sala operatoria e un fraticello che, con il
suo bastoncino, passo dopo passo si avvicina al letto
operatorio di Giancarlo, si gira verso di me e vedo che
è padre Leopoldo. Mi prende un’enorme tranquillità e
sicurezza. Verso le 17 arriva il chirurgo: «Tutto bene.
Abbiamo asportato completamente il tumore. Non
avrà bisogno né di chemio né di radioterapia». Sono
passati quasi due mesi e, benché ci siano ancora delle
conseguenze dovute al fatto che Giancarlo è cardiopatico, in noi c’è sempre la certezza che san Leopoldo,
il nostro «padre Leopoldo», ci segue e ci seguirà.
Luigina, Padova, 15.9.2014
LA GIOIA DI POTER CAMMINARE
S
ono devota di padre Leopoldo e ogni anno vengo con mio marito e mia figlia disabile al suo
santuario a Padova. Il caro santo mi ha aiutata
in tanti momenti e ancora abbiamo bisogno del suo
aiuto. Mia madre è pure una sua devota da tanti anni
e mi ha fatto conoscere «padre Leopoldo», come noi
lo continuiamo a chiamare. Ora mia mamma sta male
e spero che il caro santo ci aiuti, in modo che possa
rimettersi, anche se è in età avanzata. Prego il santo
anche per le mie figlie, per le loro famiglie e per i miei
quattro nipoti.
Vorrei anche portare a conoscenza, tramite il nostro
Portavoce di san Leopoldo, la grazia che recentemente
ho ricevuto. Dal novembre 2013, accusavo forti dolori
al ginocchio, tanto che mi impedivano di camminare.
Dopo molte visite e mesi di medicine, mi si prospettava un intervento chirurgico. Mi sembrava di essere
al buio. Io, che amavo camminare in montagna e fare
lunghe passeggiate (ammirare il creato e sentirmi in
pace e serenità era la grande gioia delle mie giornate
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Portavoce marzo 2015
faticose), ero molto triste. Così, ho pregato il caro padre Leopoldo e… oggi posso camminare! Il dolore si è
ridotto a qualche ora, diventando molto sopportabile.
Grazie!
Patrizia Osler, Selva di Levico (TN, 28.9.2014
Padre Romeo Benetazzo, nato a Saonara nel 1933, sacerdote
e religioso della congregazione di Gesù Sacerdote (padri
venturini)
IL GRATO RICORDO
DI UN SACERDOTE ANZIANO
M
i è stato offerto il calendario del Portavoce
di san Leopoldo per l’anno 2015. Vi ringrazio. Nell’ultimo numero dell’anno, ho visto,
nell’ultima pagina, una scritta che mi ha spinto a farmi vivo: «Anche con te siamo Portavoce di san Leopoldo». Ci ho riflettuto e vi scrivo del mio incontro con
san Leopoldo.
Era il 18 settembre 1938, a Saonara. C’erano le prime comunioni. Mi confessai da padre Leopoldo. Ricordo che mi accolse bene. Al termine della confessione, indicandomi il crocifisso, mi disse: «Guarda. Cosa
vedi?». E io: «Il crocifisso». Lui: «Guarda bene… ti
sta abbracciando! Ti vuole bene». È una frase che, da
qual giorno, porto con me. L’ho detta e la dico anch’io,
specie predicando negli esercizi spirituali. Vedo che
fa bene a tutti». Con quella espressione, san Leopoldo
è sempre con me… fin dal 1938!
Padre Romeo Benetazzo, Zevio (VR), 10.12.2014
spiritualità
di Paolo Costa
«PACE E BENE A TUTTI!»
PADRE MARIANO
P
adre Mariano da Torino, al
secolo Paolo Roasenda nacque a Torino il 22 maggio
1906. Nella sua crescita e formazione svolsero un ruolo molto importante le cure dei nonni paterni
e delle zie. La passione per lo studio lo portò a laurearsi in lettere e
filosofia già a 21 anni. Solo un anno dopo vinse il concorso per l’abilitazione all’insegnamento, tanto
da essere il più giovane professore
di lettere greche e latine d’Italia.
Negli anni Trenta, insegnò latino e greco nel liceo di Pinerolo
e poi di Alatri, e pubblicò diverse
biografie e saggi di critica letteraria, di storia cristiana antica. La
sua, comunque, era una cultura
non ostentata, ma condivisa con
modestia.
LA VOCAZIONE
La ricerca della propria vocazione
lo accompagnava: «Qual è il fine
ultimo della mia vita, e quale la
via per raggiungerlo?». La religiosità del giovane Paolo aveva profonde radici, fortificate in precise
e progressive scelte di vita: nell’adolescenza entrò nel «Circolo
dell’Immacolata» dei padri gesuiti; poi, in gioventù, nel Terz’ordine
francescano e in Azione Cattolica;
nella maturità, operò per sei anni
nell’istituto secolare dei Missionari della Regalità di Cristo, fondato
dal francescano padre Gemelli.
Quattordici anni di ricerca, con
un timido fidanzamento a 33 anni,
lo prepararono alla scelta più importante della vita: il 28 dicembre
1940 bussò alla porta del convento
dei cappuccini di Fiuggi, dove ri-
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Portavoce marzo 2015
Testimoni dello spirito > 2 Popolare predicatore
televisivo, diceva: «Dio è così semplice! Basta farsi
uomini con gli uomini». Il segreto della sua parola
calda, che toccava i cuori: «Parlare di Gesù, e solo
di lui, alle anime»
cevette il nome di «Mariano». Il 12
gennaio 1942 emise i voti semplici; il 29 luglio 1945 ricevette l’ordinazione presbiterale.
Iniziò così – sulle orme dei suoi
esempi di santità, fra Felice da
Cantalice e fra Ignazio da Laconi,
santi della bisaccia piena di provvidenza e di bontà – l’infaticabile
cammino di «padre Mariano», frate cappuccino, che diverrà popolare volto televisivo.
«Ho preso un nome, Mariano –
scrisse qualche anno dopo –, per
onorare (almeno così!) colei [la
Vergine Maria, ndr] cui tanto devo.
Penso con gioia che ogni volta che
fanno il mio povero nome, risuona
qualcosa di lei. Alla madre della mia anima (delle cui dolcezze
gusto qualche stilla nella mitezza
d’animo della mia madre terrena)
chiedo sempre d’insegnarmi non
a predicare, ma a parlare di Gesù.
Abbiamo complicato tanto la faccenda dell’apostolato? Possibile
che per far un po’ di bene ci voglia
davvero tanta tecnica, tanta carta
stampata, tante macchine organizzative? Non lo voglio credere.
Dio è così semplice! Basta farsi uomini con gli uomini, come lui s’è
fatto uomo con noi. Forse la nostra
parola ha poco mordente perché è
fasciata di troppa seta: non è più
nudamente evangelica. Parlare di
Gesù; e solo di lui, alle anime!».
POPOLARE IN TELEVISIONE,
MA SEMPRE UMILE
Grazie alla televisione, padre Mariano diverrà il «parroco» di tutti
gli italiani: dal 1955 al 1972 le
telecamere e i microfoni della Rai
Radiotelevisione italiana, lo fecero conoscere come predicatore
molto seguito e autentico formatore spirituale.
Il frate del «Pace e bene» – saluto francescano con il quale apriva i
suoi interventi –, cominciando praticamente da zero, dovette inventare rubriche, copioni, un linguaggio
religioso adatto al mezzo televisivo
e conquistarsi un uditorio.
Gli indici di gradimento erano
sempre alti, ma non tutti gradivano il bene fatto da un povero
cappuccino. Scriveva padre Mariano: «Fiat. Sono quasi certo che
il Signore non lascerà le cose così…
Gesù scherza e certo non ha bisogno di me per far del bene! Glielo
dico: “Fa’ tu come vuoi, purché tu
sia amato da tutti”».
La sua passione per Gesù e per
il vangelo lo fece entrare in tanti
cuori, convertendone molti. La
sua parola immergeva in un bagno di fede che purificava il cuore.
Faceva sentire vicino Dio, aiutava
a scoprirlo e a ritrovarlo. Eppure,
malgrado l’esposizione e la fama,
padre Mariano seppe mantenersi
umile: da buon cappuccino, si ritirava spesso in stanza o in cappella
per raccogliersi in preghiera; per
chi lo conosceva, sembrava avvolto in un silenzio abitato dal Cristo
che lo appassionava.
UMANITÀ E FEDE PROFONDA
Lontano dai riflettori, padre Mariano, il «parroco» televisivo degli
italiani, mostrava il suo volto più
vero e concreto. La sua imponente
mole corporea celava una profonda umanità e bontà. Era un frate
dal moto perpetuo, che leggeva
quasi sempre camminando: faceva lunghi percorsi a piedi per leggere qualche pagina di libro all’anziana mamma, quasi cieca.
Simpatia, stima e venerazione
lo accompagnavano fin dal noviziato, dove divenne presto, per
l’età (35 anni, all’epoca una vocazione «adulta», ndr), un punto
di riferimento per gli altri giovani
novizi. Sapeva ascoltare e coltivare i rapporti: dedicava molto tempo alla
corrispondenza con tantissime
persone. Sapeva condividere in
fraternità gli spunti e le riflessioni
che di volta in volta preparava per
le trasmissioni e predicazioni.
Il sentimento dell’amicizia era
sacro per padre Mariano: il contatto umano era per lui un bisogno,
un gran dono di Dio e l’insostituibile punto di partenza per un vero
apostolato cristiano. Dava confidenza e fiducia, anche nel raccontare spassose barzellette, sia ai frati come alla gente.
Egli stesso rivelò la radice della
sua umanità e della sua paternità
sacerdotale. Ecco una sua riflessione sul sacerdote: «Se posso
esprimere una mia impressione,
è questa: qualche volta il sacer-
dote non ha vera “comprensione”
del mondo d’oggi. Manca, tra lui,
apostolo, e il mondo che vuole avvicinare, quella conoscenza vera,
intima, cordiale, dell’uomo d’oggi,
che non è data dalle riviste o dalle
settimane di aggiornamento, ma
dalla preghiera fervorosa e dall’avvicinamento personale… Credo
che il modello insuperabile dell’apostolo sia il Curato d’Ars, che non
si staccava da Gesù sacramentato
se non per andare a visitare tutti
(uno per uno) i suoi parrocchiani. Credo che ogni sacerdote che
ha cura d’anime, più che starsene
nell’ufficio
parrocchiale, dovrebbe sistematicamente dedicare ogni giorno un
certo tempo alla visita (ininterrotta) di tutti i suoi fedeli». Dunque,
anima del suo essere frate e predicatore era la vita di preghiera. Un
velo di silenzio copriva i tempi della sua intimità con Dio.
PREDICATORE, SCRITTORE,
GUIDA SPIRITUALE
Padre Mariano aveva il dono di
saper annunciare il vangelo infiammando i cuori con una predicazione viva e profonda, anche
nelle «missioni al popolo». Lo
preoccupavano soprattutto i «lontani», quelli che non pregano, che
evitano il sacerdote, che non leggono e approfondiscono la propria
fede.
marzo 2015 Portavoce
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▶ «pace e bene a tutti!»
TRA RADIO E TELEVISIONE
Come predicatore era infaticabile. Ma anche come scrittore di
numerosi opuscoli su Gesù, sui
sacramenti, sulla catechesi, sulla Madonna, sui santi (anche sul
nostro san Leopoldo). Con i suoi
scritti, invitava sempre all’azione,
a operare quello in cui si crede.
Padre Mariano fu anche un’apprezzata guida spirituale: ogni
mattina si alzava presto per leggere le numerose lettere, e ne curava
la risposta con passione evangelica e delicatezza. La pastorale della
penna si rivelò fin da subito come
una «vocazione» speciale, tanto
che il frate lasciò un ricordo indelebile di sé.
Non perdeva occasione di ringraziare Dio della vita, delle esperienze compiute e della chiamata a
seguirlo: «Ringrazio la Provvidenza di aver fatto sentire a me la sua
voce chiara quando già ero maturo
d’anni. Non so se prima avrei gustato tanto la grazia del sacerdozio
e se sarei stato preparato all’apostolato sacerdotale. L’esperienza
del mondo mi giova moltissimo.
Quando mi sento dire: “Padre, lei
ci capisce” vorrei rispondere a
quelle anime: “Non è merito mio,
è dono… dell’esperienza”. Quando mi scrivono: “Si direbbe che lei,
padre, abbia vissuto nel mondo”
rido sotto i baffi e la barba, e… ringrazio la Provvidenza».
UN CAPPUCCINO CONTENTO
Padre Mariano scriveva nel 1955:
«Beata vita cappuccina che semplifichi tante cose: fare a meno del
rasoio al mento, delle calze ai piedi,
del cappello in capo! Mi sentii perfettamente a mio agio: scoprii che…
forse ero nato cappuccino». E i confratelli gli dimostrarono sempre
tanta fiducia: eletto sempre ai capitoli provinciali, venne anche nominato consigliere provinciale.
Per la famiglia cappuccina aveva una venerazione commovente:
«Se vado ripensando alla mia vita
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Portavoce marzo 2015
Nel 1949 padre Mariano inizia le prime trasmissioni radiofoniche, Il quarto
d’ora della serenità (Radio Vaticana) e Sorella radio (Rai).
Nel 1955 ha inizio la sua presenza in televisione con Sguardi sul mondo,
rubrica religiosa. Padre Mariano è il primo predicatore televisivo, scelto
dai dirigenti fra una trentina di candidati
È del 1959 il nuovo programma televisivo, La posta di Padre Mariano, che
lo rende popolarissimo. In famiglia e Chi è Gesù sono altri programmi condotti, fino a pochi mesi prima della morte nel 1972. Collaborò con il periodico Epoca e con altre testate. Nel 1969, rispondendo a una domanda
sul Radiocorriere, espose le sue convinzioni sul modo di predicare: «Farsi
sentire dall’orecchio, dalla mente, dal cuore».
trascorsa, non posso non adorare
le disposizioni della Provvidenza
che mi ha condotto con mano di
ferro in guanto di velluto a essere
cappuccino».
La scelta della vita religiosa
come chiamata provvidenziale e
irresistibile. Racconta ancora: «Il
mirabile fu questo. Presa la decisione, simultaneamente decisi anche: sarò cappuccino. Chi erano i
cappuccini? Dove li avrei trovati?
Mi avrebbero accolto? Nell’anticamera d’un amico, attendendolo, cercai in uno scaffale di libri
qualcosa da leggere: mi capitò tra
mano la vita di Ignazio da Laconi.
Lo presi e senza attendere l’amico tornai a casa. Lessi quella vita
mirabile di un fraticello laico cappuccino, illetterato. Quella lettura
raddoppiò la mia certezza: sarò
cappuccino. Cercai, trovai, fui accolto. Oggi sono cappuccino».
Frate conosciutissimo, grazie
alla tv, e sempre al passo con i
tempi, nello stile di vita e nell’azione era un religioso «tradizionale»: praticava l’apostolato tra i carcerati, i malati e gli anziani, come
i primi cappuccini; pur usando il
moderno mezzo della televisione,
predicava verità sempre in linea
con la fede cattolica ed esortava
alle devozioni tradizionali. Soprattutto padre Mariano era un
innamorato del sacrificio eucaristico, e tale passione riusciva a comunicare con parole semplici ma
profonde.
GIOIA E MALATTIA
Robusto e sano, visse sempre nella
attività e nella gioia, da vero innamorato del vangelo. Solo il cancro
indebolì i suoi ultimi mesi di vita.
Accettò con rassegnazione la malattia: «Un po’ di sofferenza offerta,
vale più delle parole più efficaci.
Vorrei proprio dare tutto me stesso
al Signore per quello che mi concederà di vita ancora». Morì il 27
marzo 1972 a 66 anni, esclamando
con san Paolo: «Omnia cooperantur
in bonum» («Tutto concorre al bene», Rom 8,28, ndr).
È sepolto a Roma, nella chiesa
di Santa Maria Immacolata in via
Veneto. La fama di santità spinse
la Chiesa ad avviare la causa per la
sua beatificazione e canonizzazione. Benedetto XVI firmò, il 15 marzo 2008, il decreto che riconosce
le virtù eroiche di padre Mariano,
oggi Venerabile. P
PER APPROFONDIRE
R. Cordovani, Padre Mariano. Il
parroco di tutti gli italiani, EMP,
Padova 2011
G. Fiorini, Pace e bene a tutti. Padre Mariano da Torino. Quel primo
frate in Tv, San Paolo 2006
G. Fiorini (a cura), In dialogo. La posta di padre Mariano, Ist. Storico
dei Cappuccini, Roma 2010
S. Troncarelli, Padre Mariano, Ed.
Dehoniane, Roma 1996
Sito web ufficiale:
www.padremarianodatorino.com
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Portavoce - San Leopoldo Mandic