DIARIO
GIOVEDÌ 9 DICEMBRE 2010
DI REPUBBLICA
■ 44
Le accuse di Berlusconi ripropongono un termine che,
oltre i simboli classici, torna frequentemente
nel discorso pubblico quando questo s’impoverisce
TRADITORI
Perché il grado zero della politica
riscopre la categoria dell’infame
FILIPPO CECCARELLI
LIBRI
GIANCARLO
DE CATALDO
I traditori
Einaudi 2010
PIERRE
E. DAUZAT
Giuda. Dal
Vangelo
all’olocausto
Arkeios 2008
TORQUATO
ACCETTO
Della
dissimulazione
onesta
Marco Valerio
2005
AGOSTINO
La Giustizia
Città Nuova
2004
MAURO
CANALI
Le spie
del regime
il Mulino
2004
MAURIZIO
RIDOLFI
Almanacco
della
Repubblica
Bruno
Mondadori
2003
GABRIELLA
TURNATURI
Tradimenti
Feltrinelli
2003
HANNAH
ARENDT
La banalità
del male
Feltrinelli
2001
MAURIZIO
VIROLI
Dalla politica
alla ragion di
Stato
Donzelli
1994
WILLIAM
SHAKESPEARE
Teatro
completo
Mondadori
1991
unga vita ai traditori,
verrebbe da dire. Tanto, se la prendono da
soli: e infatti di norma
portano a casa la pellaccia, così come in altri casi possono anche diventare condottieri, capi religiosi, re e presidenti. La
storia è più complicata di un talkshow. Inutile scaldarsi sul dilemma se Fini sia davvero un traditore: basta intendersi sulla parola,
che in politica dice meno di
quanto s’immagini. Né si consideri irriguardosa quella specie di
perifrasi evangelica secondo cui:
«Prima che la gallina canti...».
Perché la gallina, com’è noto,
non dà la sveglia, ma fa le uova. E
comunque Simone, detto Pietro,
rinnega Cristo, ma poi diventa
papa.
Con Giuda, certo, va in altro
modo. Assai richiamato, l’Iscariota, nel discorso pubblico, mai
come oggi sprofondato al grado
zero delle idealità e immiserito
dalle più accese tifoserie. Più che
sui rimorsi e sui suicidi, il potere
tende in effetti a concentrarsi su
quei famosi trenta denari. Un Natale di controverse picconate
(1991) Cossiga regalò l’equivalente in monetine di cioccolata al
suo ex allievo Mazzola, che non
approvava, ma il polemico regalino dice anche l’insopprimibile
tendenza dei potenti a sentirsi
Gesù.
Ce ne sono parecchi in giro, anche oggi; e uno più di tutti, quello
stesso che discese in campo annunciando che aveva infine deciso «di bere l’amaro calice». E
quindi: se Fini e i finiani sono dei
traditori, e come tali additati su
Libero con tanto di foto e indirizzo e-mail, che cosa sarebbero
quegli onorevoli dell’Udc, dell’Idv, del Pd e di tutti quegli altri
misteriosi gruppuscoli che il Cavaliere sta cercando disperatamente di comprare e ricomprare
nel suk di Montecitorio?
Per cui, anche a rischio di scetticismo o di bizzarria, varrà la pena di chiedersi se il tradimento, in
politica, non sia un punto di vista,
un dato percettivo, una condizione abbondantemente retrattile
come dimostra, per tornare al
presente, la circostanza che nel
1994 il traditore di Berlusconi era
Bossi, il quale Bossi a sua volta riteneva di essere stato tradito da
diversi leghisti che erano passati
con Berlusconi, ben due gruppi
parlamentari ne vennero fuori.
Non solo, ma i presunti Giuda
dell’oggi, cioè i finiani, ieri sventolarono nell’aula della Camera
uno striscione con su scritto
«Bossi Giuda»; mentre Dini, altro
ipotetico e storico traditore del
Cavaliere, e per questo premiato
Provvisorietà
L
Vale la pena chiedersi
se questo cambiare
bandiera in realtà
non sia solo un punto
di vista, un dato
percettivo, una
condizione retrattile
Nella polvere
Thomas More viene separato
dalla figlia prima di essere
giustiziato per alto tradimento
Assai richiamato,
l’Iscariota, mai come
oggi immiserito. Più
che sui rimorsi e sui
suicidi, il potere tende
a concentrarsi su quei
famosi trenta denari
dai suoi nemici con presidenza
del Consiglio, seggi garantiti e voce in capitolo nei mille inconcludenti tavoli dell’Ulivo, ecco, con
chi sta ora Dini? Con il Cavaliere
sta: è tornato nel 2008, per quanto l’altro giorno abbia dovuto
emettere una nota in cui si definiva «molto adirato per certi dubbi»
sulla sua lealtà al centrodestra —
dubbi che del resto avrebbero
confermato l’assioma secondo
cui chi tradisce una volta, tradisce sempre.
Vai a sapere. Ex partigiani che
fuggono con la cassa del Pci e fisici che esportano segreti nucleari
in Urss. Pentiti siciliani, da Pi-
sciotta a Buscetta; e terroristi di
tutte le risme, dal fratello di Fioravanti a Patrizio Peci. Ora, anche al
netto di Mussolini, del Gran Consiglio, del re e di Badoglio, grande
sarebbe la tentazione di presentare la recente storia d’Italia come un’ininterrotta catena all’insegna del relativismo proditorio,
per cui i dc tradirono i vecchi popolari (e poi anche De Gasperi),
mentre il partito nuovo di Togliatti tradì la Resistenza, e i socialisti dopo l’Ungheria tradirono il Pci e così via. Ma non è neppure divertente e non porta da
nessuna parte.
Ciò detto, ma su di un piano
VERSO IL PATIBOLO
SILLABARIO
TRADITORI
GILLES DELEUZE
FÉLIX GUATTARI
utto il teatro elisabettiano è attraversato da
queste figure di traditori che si vogliono assoluti, che si oppongono agli inganni dell’uomo
di corte o anche di Stato. Quanti tradimenti accompagnano le grandi scoperte geografiche della
cristianità, le scoperte di nuove terre e di nuovi continenti: linee di deterritorializzazione su cui piccoli gruppi di uomini tradiscono tutto, i loro compagni, il Re, gli indigeni, gli altri esploratori, nella folle speranza di fondare con una donna della loro famiglia una razza finalmente pura, con la quale tutto ricomincerà di nuovo. Il film di Werner Herzog,
Aguirre, è molto shakespeariano. Aguirre si chiede:
come riuscire a tradire sempre, in ogni cosa? Sono
io, qui, il solo traditore. È finito il tempo degli inganni, è giunto il momento di tradire. Che grandissimo sogno! Io sarò l’ultimo traditore, il traditore
totale, dunque l’ultimo uomo.
T
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che non è etico e forse nemmeno
politico in senso stretto, ma umano, bisogna pur dire che la faccenda si può forse più utilmente
spostare da chi tradisce, con le
dubbiose avvertenze che si sono
dette, a chi comunque si sente
tradito. E a questo proposito la
più indimenticabile testimonianza, anche perché espressa
senza rabbia e ispirata piuttosto
da una vena di sorpresa malinconia, è quella della signora Craxi,
Anna, che nel momento in cui
Claudio Martelli, l’eterno delfino, si propose di «restituire l’onore al Psi», così ebbe modo di qualificarlo: «Era l’unico che poteva
aprire il frigorifero».
In questo senso — che tiene
conto tanto dei frigoriferi che del
contegno da mostrare in certi
momenti — la caduta di Craxi e
delle altre divinità della Prima Repubblica offre senz’altro un indubbio affollamento di figure assimilabili a una delle sterminate e
sintomatiche definizioni — rinnegati, disertori, voltagabbana,
banderuole, camaleonti, riciclati, convertiti, gattopardi, defezionisti, ribaltonisti, infedeli, transfughi, eretici, apostati, felloni,
puttani — a cui il lessico politicogiornalistico ricorre in casi del genere. Il caso più doloroso e rimosso, una sorta di dramma shakespeariano, riguarda l’uomo che
era stato il più vicino ad Andreotti, cioè Franco Evangelisti; che
quasi in extremis, gravemente
ammalato, inguaiò il principale,
per giunta davanti un giudice,
dopo averne fino all’eccesso celebrato le virtù per un’intera vita.
Per il resto ci fu chi scagliò la
colpa su amici morti: tradimento
postumo; e chi, dopo qualche ora
in gattabuia, trovò il riscatto «azzannando la mano che l’aveva
nutrito», secondo la formula: tradimento come investimento.
Cortigiani scrissero memorie indecorose, ex dame di compagnia
aprirono i loro album di foto per
ghiotti servizi di rotocalchi. Da
parte delle vittime ci furono contro-opuscoli e perfino opere d’arte, vedi la serie di litografie craxiane dedicata da Hammamet a
«Becchini, bugiardi ed extraterrestri».
È nei momenti di passaggio,
quando il potere comincia a
scuotersi e sta per passare di mano, com’è oggi, che inesorabilmente si torna a parlare di tradimento. Quando accade, non è un
bello spettacolo, ma va così da
qualche millennio. Prima che la
gallina canti, di norma, il politico
sarà rinnegato. Ma come detto, la
gallina non canta: però fa sempre
buon brodo.
Gli autori
IL TESTO del Sillabario di Gilles Deleuze e Félix Guattari è tratto da Mille
Piani. Capitalismo e schizofrenia (Castelvecchi). Umberto Galimberti è autore di I miti del nostro tempo (Feltrinelli). Giancarlo De Cataldo è autore del
romanzo I traditori (Einaudi Stile libero)
I Diari online
TUTTI i numeri del “Diario” di Repubblica, comprensivi delle fotografie e dei
testi completi, sono consultabili su Internet in formato Pdf all’indirizzo web
www.repubblica.it I lettori potranno
accedervi direttamente dalla home page del sito, cliccando sul menu “Supplementi”.
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Repubblica Nazionale
William Shakespeare
Jaroslav Hasek
Milan Kundera
Sospetta, finché vivi, dei tuoi
amici come traditori; e tratta
come amici perfidi traditori
Per ogni quisquilia c’era pronta
una sanzione. Si sentiva
circondato dal tradimento
Ma che cos’è questo tradire?
Tradire significa uscire dai
ranghi e partire verso l’ignoto
Riccardo III, 1592
Il buon soldato Sc'vèjk, 1923
L’insostenibile leggerezza dell’essere, 1985
L’ANTICHITÀ
LA BIBBIA
L’INFERNO
I TOTALITARISMI
OGGI
Bruto e Cassio, gli
assassini di Cesare,
sono traditori? Nel ’700
Bruto incarnerà il mito
del liberatore tirannicida
Registra una storia
continua di tradimenti:
da Caino e Abele
a Giacobbe ed Esaù
fino a Giuda e Pietro
Dante punisce i traditori
nel IX e ultimo cerchio
dell’Inferno, dove si
trovano anche Cassio,
Bruto e Giuda Iscariota
Stalin era ossessionato
dalla paura di essere
tradito. I “traditori della
Rivoluzione” venivano
puniti con l’epurazione
Berlusconi ha accusato
i finiani che vogliono
sfiduciare il governo
di essere “traditori
e irresponsabili”
■ 45
Le tappe
Così il Risorgimento fu l’età del doppio gioco Quella voglia di liberarsi da vincoli e tutele
IL TRASFORMISMO IL RISCATTO
CHE FA LA STORIA DELL’INFEDELTÀ
GIANCARLO DE CATALDO
UMBERTO GALIMBERTI
Q
uelli che passano dalla Destra alla Sinistra, e viceversa, in politica si chiamano “trasformisti”,
essendo caduto in disuso l’aulico “voltagabbana”. Del trasformismo esalta la struttura di
eterna commedia l’arcinoto “Brindisi di Girella”: “viva
Arlecchini e burattini, viva gli inchini, e viva le maschere
d’ogni paese...”. Si abbatte immancabilmente sui trasformisti l’esecrazione morale quando passano dalla nostra parte a quella del nemico, mentre i transiti precedenti, a campi inversi, sono un’evidente manifestazione
di saggezza: solo chi ci abbandona, insomma, è un traditore, non chi si unisce a noi. Nella Storia patria, tradimento fa rima con Risorgimento. Tradiscono Carlo Alberto e Francesco di Modena, liberali della prima ora e
poi, rispettivamente, ispiratore, l’uno, di condanne a
morte degli antichi sodali, e killer, l’altro, del povero Ciro
Menotti.
Comprensibile che Giuseppe Mazzini, condannato a
morte, ça va sans dire, per “alto tradimento”, organizzi
un clamoroso duplice tirannicidio dei predetti. Il sicario
designato, Antonio Gallenga, tradisce l’incarico. Anni
dopo, ormai affermato politico e gazzettiere moderato,
accusa Mazzini del misfatto. L’antico Maestro ristabilisce la verità storica con un’acuminata chiamata di cor-
LE IMMAGINI
“Il bacio
di Giuda”
di Cimabue
Sotto, da
“Le petit
journal” del
13 gennaio
1895
“Dégradation
d’Alfred
Dreyfus”
orse val la pena di riscattare il tradimento da quel
giudizio negativo con cui siamo soliti considerarlo,
perché, accecati come siamo quando ci sentiamo
traditi, non sappiamo cogliere quel lampo di autenticità che ogni tradimento segretamente custodisce. Se
è vero infatti che in ogni tradimento c’è un gesto di infedeltà, è pur vero che nella fedeltà spesso si nasconde l’incapacità di vivere non protetti da un amore, da un’amicizia, un’idea, una fede, un’appartenenza. Figure queste che
spesso sono preferite al rischio di essere se stessi senza protezioni, o al coraggio di rifiutarsi di trascorrere la propria vita come semplice risposta alle attese altrui. Ma per scoprire il lampo di autenticità e di emancipazione segretamente custodito in ogni tradimento occorre avere il coraggio di
vedere il lato oscuro dell’amore che, sotto le parvenze nobili della fedeltà, spesso nasconde un bisogno di possesso
dell’altro o la paura infantile di essere abbandonati. Del resto le nostre mamme spesso ci hanno troppo amato e non
ci hanno generato fino in fondo. Questo amore incondizionato, che nella nostra infanzia per lungo tempo abbiamo sperimentato, finisce col fare da paradigma a tutti gli
amori che in seguito incontriamo nella vita. Dove per la verità nell’altro non scorgiamo veramente un altro, ma semplicemente chi più di ogni altro ci garantisce dedizione e fe-
F
LIBRI
BART
D. EHRMAN
Il Vangelo
del traditore
Mondadori
2010
ISAIAH
BERLIN
Libertà
Feltrinelli
2010
FRIEDRICH
NIETZSCHE
Umano,
troppo
umano
Newton
Compton
2010
MARIO
BRELICH
L’ambiguità
L’esigenza di un amore
L’attitudine dei voltafaccia è quella di cambiare
il corso degli eventi. Ciò rende ambigua la percezione
che ne abbiamo: sono esecrabili se ci danneggiano
ed estremamente saggi in caso contrario
Chi si smarca da un legame, una fede o un’appartenenza
rifiuta di essere una semplice risposta dell’attesa altrui
E chi si sente ingannato farebbe bene a riflettere
sul proprio disperato bisogno di rafforzare l’autostima
reo. Gallenga perde il seggio, e per il resto dei suoi giorni
continuerà a spargere veleni sui repubblicani.
Garibaldi, che già aveva portata via Anita al suo povero legittimo sposo ciabattino, cade vittima di un diverso
genere di tradimento, per sua fortuna smascherato,
quando, nell’imminenza delle nozze con una florida giovinetta di nobili natali, viene informato della scarsa virtù
della promessa. Gran parte dell’ambiguità della nostra
percezione del tradimento sta nella sua attitudine a farsi
motore della Storia. Il conte di Saint-Martin, ministro degli interni del neo regnante Vittorio Emanuele, d’intesa
con il Padre della Patria Massimo D’Azeglio, manda a Losanna una spia, tal Paschetti, per stanare Mazzini, reduce dal fallimento della Repubblica Romana. Mazzini capisce tutto, e organizza le contromosse. Paschetti cerca
di comperarsi due repubblicani momentaneamente
dissidenti, dunque potenziali traditori. Costoro, in un
sussulto di fedeltà, riferiscono a Mazzini. Che li autorizza a sviluppare il doppio gioco: “risposi accettassero”,
scrive alla madre il 24 gennaio 1850, “impedivano così
che venisse un altro agente, ignoto a noi, e lo illudevano
con falsi rapporti”. L’emissario sabaudo cade nel tranello, e illustra un piano per rapire Mazzini e portarlo a Torino. Il Maestro, che non aspettava altro, rende pubblico
l’accaduto, e d’un sol colpo copre d’infamia i piemontesi e manda a monte la prima rendition dell’evo moderno.
Anni dopo, Cavour architetta piani insurrezionali con
Mazzini, pur sempre reo di Stato, riservandosi, alla bisogna, di rivendicare o di tradire: se il piano avrà successo,
sarà un suo piano, in caso contrario è roba dei terroristi,
e lui li farà prendere e appiccare ad alti pali. Mazzini, vecchio cospiratore, lo batte sul tempo, e i moti li suscita altrove, facendosi beffa dei patti: ma tradire un traditore è
tradimento? I tradimenti reciproci giocheranno la loro
brava parte nel successo dell’avventura risorgimentale.
L’Italia imperfetta e zoppa che conosciamo oggi, comunque unita, è anche figlia di quello che Vidal-Naquet
chiamava il “buon uso del tradimento”: dovremmo, invece che lamentarcene, rivendicarlo con orgoglio.
deltà come risposta ai nostri bisogni di sicurezza, che evidentemente ci affascinano di più del nostro bisogno di
emancipazione.
Per questo al tradimento reagiamo male e in modo
scomposto, anche se l’altro probabilmente non ha tradito
propriamente noi, ma solo il nostro bisogno di protezione
e sicurezza. E allora reagiamo o con la vendetta che scarica
la tensione emotiva ma non emancipa la coscienza, oppure con la negazione del valore dell’altro che un tempo avevamo apprezzato o addirittura amato, o infine con la svalutazione di tutti quei valori sentimentali e affettivi che abbiamo provato per l’altro, che riteniamo ci abbia “tradito”
semplicemente perché ha imboccato una propria via, perché quella che insieme avevamo percorso non era propriamente la sua. L’altro che se ne va per la sua strada sfugge al
nostro controllo. E chi non può vivere se tutto non è sotto il
suo controllo, non può ammettere di non essere in grado di
controllare tutto. Ne va della sua autostima, del suo amore
di sé. E allora ipotizza complotti e scenari persecutori che
hanno fatto saltare il suo perfetto sistema di controllo, senza neppure il sospetto che, sotto il suo controllo, l’altro non
respirava più. E questo capita anche nelle cose d’amore dove, come ci ricorda Gabriella Turnaturi nel suo libro Tradimenti (Feltrinelli), quando lui o lei incominciano un loro
personale viaggio, ciò che tradiscono il più delle volte non
è né lei né lui, ma quel “noi” divenuto troppo asfittico, angusto, soffocante, privo di felicità, spesso scambiata, come
ci ricorda Freud, per un po’ di sicurezza.
E allora in presenza di ogni tradimento le riflessioni non
le deve fare il traditore, le cui spiegazioni, per il tradito, suonano insignificanti, se non patetiche. Ma le deve fare il tradito, per spiegare a se stesso se la pretesa fedeltà dell’altro
non era tanto un’esigenza d’amore, quanto una conferma
del proprio potere, una rassicurazione dell’autostima, da
non sospettare neppure che l’altro potesse fare a meno di
lui. Ed è questa sorpresa, nel constatare che, oltre a lui, esistono persone, relazioni, idee, appartenenze più affascinanti di lui, a indurlo a riflettere che il tradimento se l’è procurato lui con le sole sue mani.
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L’opera del
tradimento
Adelphi 2008
ANTONIO
DI GRADO
Giuda
l’oscuro.
Letteratura
e tradimento
Claudiana
2007
JUDITH
N. SHKLAR
Vizi comuni
il Mulino 2007
EMILIA
FIANDRA
Desiderio
e tradimento
Carocci 2005
ROSARIO
VILLARI
Elogio della
dissimulazione
Laterza 2003
G. CARLO
ZAPPAROLI
Paranoia
e tradimento
Bollati
Boringhieri
1992
JAMES
HILLMAN
Senex
et Puer
Marsilio
1990
Repubblica Nazionale
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