- Pacchetto di Lavoro 6 -
Linee Guida per la
Prevenzione del Suicidio
Eva Dumon & Prof. Gwendolyn Portzky
Unit for Suicide Research – Ghent University
Il Progetto Euregenas ha ottenuto i finanziamenti dell’Unione Europea per il Programma di Salute
Pubblica 2008-2013. L’autore è l’unico responsabile di questa pubblicazione e l’Agenzia Esecutiva
non è responsabile dell’uso che si farà delle informazioni ivi contenute.
Co-finanziato dal Programma
dell'UE per la salute
Il presente lavoro fa parte della EQUITY ACTION (azione di equità) che ha ottenuto i finanziamenti dall’Unione Europea,
nell’ambito del Programma per la Salute. L’autore è l’unico responsabile della presente pubblicazione.
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Sommario
Informazioni su EUREGENAS
3
EXECUTIVE SUMMARY
6
I.
INTRODUZIONE
7
II. ASPETTI CHIAVE
8
 Definizioni
8
 Epidemiologia
8
 Luoghi comuni
9
 La comprensione del comportamento suicidario
III. STRATEGIE CHIAVE NELLA PREVENZIONE DEL SUICIDIO
10
12
 Promozione della salute mentale
14
 Istituzione di linee telefoniche di aiuto e servizi di aiuto online
15
 Attività educativa rivolta a professionisti della salute (mentale),
IV.
community facilitators e giornalisti
16
 Programmi rivolti a gruppi vulnerabili
18
 Programmi rivolti a gruppi ad alto rischio
21
 Limitazione dell’accesso ai metodi letali
23
RACCOMANDAZIONI FINALI
24
GLOSSARIO
26
BIBLIOGRAFIA
28
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Informazioni su Euregenas
Il progetto Euregenas intende contribuire alla prevenzione dei pensieri e dei comportamenti
suicidari in Europa attraverso lo sviluppo e l’implementazione di strategie mirate in tal senso, da
realizzare a livello regionale, per l’individuazione di buone prassi che possano essere prese ad esempio
nei Paesi dell’UE. Il progetto riunisce 15 partner europei, in rappresentanza di 11 Regioni europee che
hanno maturato esperienze diverse in materia di prevenzione del suicidio (vedi Fig. 1).
Figura 1 – Le Regioni Euregenas
Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona (AOUI-VR) – Italia
Agenzia Fiamminga per la Salute e il Benessere (VAZG) – Belgio
Regione Västra Götaland (VGR) - Svezia
Fondazione Romtens (ROMTENS) - Romania
Flanders
Istituto Nazionale per la Salute e il Welfare (THL) - Finlandia
Dipartimento di Ricerca sul Suicidio, Università di Gent (UGENT) – Belgio
Fundación Intras (INTRAS) – Spagna
Servicio Andaluz de Salud (SAS) – Spagna
Fundación Pública Andaluza Progreso Y Salud (FPS) - Spagna
Università di Scienze Applicate di Mikkeli (MAMK) - Finlandia
Università tecnica di Dresda (TUD) – Germania
Maribor
Istituto Regionale di Salute Pubblica di Maribor (RPHI MB) –
Slovenia
West Sweden (WS) – Svezia
De Leo Fund (DELEOFUND) – Italia
Cumbria County Council (CCC) – Regno Unito
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In linea con il ‘Secondo programma d’azione comunitaria in materia di salute pubblica’ (Commissione
Europea,
2008-2013, vedi http://ec.europa.eu/health/programme/policy/2008-2013/), il progetto
promuove l’utilizzo della gestione del cluster regionale, in quanto metodo innovativo volto a migliorare
i servizi già esistenti.
Incoraggiando le campagne e gli interventi regionali dedicati sia ai gruppi target sia agli stakeholder
che non rientrano nel comparto sanitario, il progetto si propone di attuare il Patto per la Salute e il
Benessere Mentale in relazione a quanto segue:
1) prevenzione del suicidio
2) destigmatizzazione dei disturbi mentali
3) promozione della salute fra i giovani
Gli obiettivi specifici del progetto Euregenas sono i seguenti:

individuazione e classificazione delle buone prassi con riferimento alle azioni e alle
strategie già esistenti a livello locale e regionale nell’ambito della prevenzione del suicidio;

svolgimento di un’analisi dei bisogni degli stakeholder;

sviluppo e diffusione di linee guida e strumenti in materia di prevenzione del suicidio
nonché sulle strategie di sensibilizzazione;

sviluppo delle specifiche tecniche per un modello integrato di salute mentale online,
orientato alla prevenzione del suicidio;

miglioramento delle conoscenze e delle capacità dei professionisti a livello locale e
regionale (i.e., psicologi, psichiatri, medici di base).
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Il progetto Euregenas si propone di raggiungere i suoi obiettivi specifici attraverso una serie di
“Pacchetti di lavoro” (PL). Si tratta di otto pacchetti: 3 orizzontali, dedicati rispettivamente alle attività
di coordinamento, divulgazione e valutazione e 5 pacchetti principali (vedi Figura 2).
Figura 2: I pacchetti di lavoro principali del progetto Euregenas
PL4 – Biblioteca online e valutazione dei bisogni degli stakeholder
Obiettivo: sviluppare una Biblioteca online e predisporre una "Valutazione dei
bisogni" degli stakeholder chiave. Tali attività costituiscono la base dei PL 5,6,7, 8.
PL 5 – Sviluppo di un modello concettuale online
Obiettivo: fornire tutte le informazioni necessarie alla creazione di un supporto
integrato e un’unità (mainframe) d’intervento per la salute online, orientati alla
prevenzione del suicidio e adattabili alle esigenze locali di tutte le regioni
europee nonché delle organizzazioni sanitarie regionali.
PL 6 – Sviluppo di linee guida e strumenti di prevenzione
Obiettivo: sviluppare delle linee guida generali nell’ambito delle strategie di
prevenzione del suicidio unitamente ad alcuni pacchetti di prevenzione specifici
(strumenti) nell’ottica di una sensibilizzazione in materia di prevenzione del
suicidio per i gruppi target individuati.
PL 7– Sviluppo di un Pacchetto di Formazione e conduzione del corso pilota
Obiettivo: sviluppare un pacchetto formativo destinato ai medici di base e
condurre un corso pilota nelle 5 Regioni selezionate. L’obiettivo primario
consiste nel fornire ai medici di base le informazioni aventi rilevanza ai fini
della diagnosi precoce e dell’invio del paziente a rischio di suicidio da uno
specialista.
PL 8– Aumento della visibilità e promozione dell’accessibilità a gruppi di
supporto per i survivor
Obiettivo: sviluppare un toolbox dedicato a moderatori di gruppi di supporto
per i survivor. È inoltre prevista la redazione di un catalogo contenente le
risorse attualmente disponibili a livello locale nelle regioni aderenti al progetto
e destinate a coloro che hanno perso un caro per suicidio.
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Executive summary
Le linee guida generali per la prevenzione del suicidio, descritte nel presente documento, sono rivolte
alle autorità responsabili (policy maker) e il loro obiettivo è creare una maggiore sensibilità rispetto
alle strategie di prevenzione attuabili in tale contesto. Il messaggio principale che si vuole trasmettere
è che la prevenzione del suicidio è possibile e implica programmi e politiche intersettoriali e
multilivello.
Il documento è suddiviso in quattro sezioni principali:
1. l’introduzione, che include il background delle linee guida generali per la prevenzione del
suicidio;
2. gli aspetti chiave in riferimento al comportamento suicidario come i dati epidemiologici, i
luoghi comuni da sfatare e un modello esplicativo del comportamento suicidario;
3. una rassegna dell’efficacia degli interventi di prevenzione del suicidio, incentrati sulla
promozione della salute mentale, sull’istituzione di linee telefoniche di aiuto e di servizi di aiuto
online, sulla formazione di professionisti, sulla strutturazione di programmi specifici per gruppi
vulnerabili e persone a rischio di suicidio e sulla limitazione dell’accesso ai mezzi letali;
4. raccomandazioni al fine di creare un piano d’azione nazionale per la prevenzione del suicidio e
condurre ricerche sul comportamento suicidario.
Il presente documento è stato elaborato dal Dipartimento di Ricerca sul Suicidio (Unit for Suicide
Research) dell’Università di Gent, partner leader del PL 6, con la preziosa collaborazione degli altri
Partner Associati al progetto e di esperti locali in materia di prevenzione del suicidio, invitati a fornire i
loro commenti e feedback.
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I.
Introduzione
Il suicidio rappresenta una questione di primaria importanza per la sanità pubblica in Europa, con un
tasso di prevalenza medio di 13,9 per 100.000 (Organizzazione mondiale della sanità, 2013). In molte
società, il suicidio resta un tabù. Tuttavia, la prevenzione del suicidio è oggetto di attenzione crescente
in tutta l’UE, grazie allo sviluppo di azioni, programmi e strategie di prevenzione nazionali diretti a
migliorare la salute mentale e a diminuire il numero di decessi per suicidio.
Le ‘linee guida generali’, descritte nel presente documento, si propongono di contribuire alla
prevenzione del comportamento suicidario in Europa. Esse costituiscono il primo risultato tangibile del
pacchetto di lavoro 6 del progetto Euregenas.
Le seguenti linee guida sono rivolte alle autorità responsabili (policy maker), operanti nei settori in cui
la prevenzione del suicidio è cruciale. Dato l’approccio multisettoriale richiesto per realizzare tale
prevenzione, la questione riveste un ruolo importante non solo in campo sanitario, ma anche in altri
settori non strettamente sanitari, come l’istruzione, il lavoro, il diritto, i media, ecc. Le linee guida sono
finalizzate a offrire informazioni di carattere generale sul comportamento suicidario e una panoramica
di strategie di prevenzione del suicidio e buone prassi corrispondenti. Esse riassumono una serie di
contributi potenzialmente validi alla prevenzione del suicidio in una regione, in una nazione o
nell’Unione Europea.
Invitiamo le autorità responsabili (policy maker) a leggere le presenti linee guida insieme al rapporto
dell’OMS, ‘Public Health Action for the prevention of suicide: a framework’, che prevede un approccio
graduale nello sviluppo di strategie di prevenzione del suicidio (vedi www.who.int).
Le linee guida si basano su un’analisi dei bisogni regionali degli stakeholder chiave e su una revisione
completa della letteratura e delle buone prassi, inglobate nel Pacchetto di Lavoro 4 del progetto
Euregenas. È stata inoltre passata in rassegna la letteratura internazionale sull’efficacia delle strategie
di prevenzione del suicidio, utilizzando ‘Web of Knowledge’. A ciò si è aggiunta l’istituzione, in cinque
regioni partecipanti al progetto, di reti regionali che hanno dato il loro sostegno allo sviluppo e alla
realizzazione di queste linee guida. Queste reti hanno coinvolto autorità responsabili (policy maker),
esperti di sanità pubblica, attori della comunità e stakeholder nel campo della prevenzione del suicidio.
Le linee guida generali sono disponibili in cinque lingue e possono essere
scaricate dal sito web www.euregenas.eu
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II.
Aspetti chiave
Definizioni
I pensieri e i comportamenti suicidari possono definirsi come un processo complesso che spazia
dall’ideazione suicidaria, passando per la pianificazione del suicidio, fino al tentato suicidio e
terminando con l’atto suicidario. Il comportamento suicidario è la conseguenza di fattori biologici,
genetici, psicologici, sociali, ambientali e situazionali interagenti (Hawton e van Heeringen, 2009).
Nel corso del tempo sono state date diverse definizioni del suicidio e del tentato suicidio. De Leo et al.
(2004) definiscono il suicidio come: “un atto non convenzionale con esito fatale che la persona
deceduta, consapevole dell’esito potenzialmente fatale o aspettandoselo, ha intrapreso e condotto a
compimento con l’intento di provocare cambiamenti voluti.”
Il comportamento suicidario con esito non fatale, che comprende tentativi di suicidio e
autolesionismo deliberato, è definito nel modo seguente: “un atto non convenzionale con esito non
fatale che la persona ha intrapreso e condotto a compimento, aspettandosi, o accettando il rischio, di
morire o di cagionarsi un danno fisico, con l’intento di provocare cambiamenti voluti”.
Epidemiologia
Il suicidio è una questione importante per la sanità pubblica nell’Unione Europea: causa infatti oltre 58.000
decessi l’anno (Organizzazione mondiale della sanità, 2003). Colpisce persone di ogni età, cultura e gruppi di
popolazione diversi. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), dei dieci paesi con il più alto
tasso di suicidio, nove si trovano in Europa. Lituania, Ungheria e Finlandia sono i paesi dell’Unione Europea,
dove il tasso è maggiore. In generale, i paesi meridionali come l’Italia e Cipro presentano tassi inferiori. In
tutti i paesi della regione europea, i tassi di suicidio nella popolazione maschile sono superiori a quelli
riscontrati in quella femminile. La maggioranza dei suicidi avviene nella fascia d’età 35-44 anni.
I tentativi di suicidio sono molto più frequenti dei suicidi. In base agli studi in materia, gli atti suicidari
con esito non fatale sono, infatti, almeno 10 volte più frequenti dei suicidi con esito fatale. A differenza
di questi ultimi, i comportamenti suicidari con esito non fatale sono più comuni fra gli adolescenti e
diminuiscono con l’età (Nock et al., 2008).
Tutti i suicidi e i tentativi di suicidio colpiscono direttamente o indirettamente anche altre persone, con un
impatto molto forte sui cosiddetti survivors, come il coniuge, i genitori, i figli, i familiari, gli amici, i colleghi
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di lavoro e i coetanei di coloro che hanno compiuto un gesto suicidario, sia nell’immediato che nel lungo
periodo.
Luoghi comuni
Intorno al comportamento suicidario, esistono molte concezioni erronee. Di seguito si descrivono i
luoghi comuni più diffusi.
Non si può prevenire un suicidio
Uno dei luoghi comuni più diffuso è quello secondo cui il comportamento suicidario non è prevenibile.
La maggior parte delle persone a rischio di suicidio, però, nutre sentimenti contrastanti riguardo alla
morte. Perfino coloro che sono affetti da grave depressione dubitano, fino all’ultimo, se continuare a
vivere o mettere fine al loro dolore. Inoltre, esistono evidenze scientifiche che dimostrano un effetto
preventivo di un nutrito numero di interventi.
Parlare di suicidio con qualcuno aumenta il rischio di comportamento suicidario
Quando una persona esprime pensieri suicidari, essi non vanno considerati come un semplice grido
d’aiuto, bensì come un grido di dolore che indica, per l’appunto, che quella persona è disperata e
avverte un profondo dolore emotivo. Parlare di pensieri e piani suicidari non accentua l’intento
suicidario né la mancanza di speranza. Al contrario, discutere apertamente dell’ideazione suicidaria in
un ambiente familiare può costituire un efficace metodo preventivo/terapeutico. Inoltre, parlare di
suicidio può salvare una vita poiché incoraggia a cercare aiuto.
Il suicidio è una reazione normale a una situazione anormale
Il suicidio non è una reazione normale e adeguata a quelli che possono essere, ad esempio, eventi o
situazioni di vita estremamente stressanti. Il suicidio è una reazione inusuale e inadeguata a una
situazione abbastanza normale. Nella vita tutti dobbiamo affrontare situazioni di stress o eventi
negativi che si verificano spesso, ma non tutti sviluppiamo pensieri o piani suicidari.
Le persone che parlano di suicidio non tenteranno di commetterlo né si suicideranno
La maggior parte delle vittime di suicidio e di coloro che lo hanno tentato aveva comunicato i propri
pensieri suicidari prima di compiere l’atto. È quindi molto importante non sottovalutare alcuna
manifestazione di pensieri suicidari e incoraggiare la persona a cercare aiuto.
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La comprensione del comportamento suicidario
È stato chiaramente dimostrato che il comportamento suicidario è un problema molto complesso e
multifattoriale. Non vi è mai una singola causa e si sviluppa sempre come conseguenza di
un’interazione tra fattori di rischio, associati alla mancanza di fattori protettivi.
I fattori di rischio hanno caratteristiche tali da aumentare la probabilità che un soggetto consideri
l’idea del suicidio, tenti il suicidio o lo commetta. Tra di essi troviamo: malattie psichiatriche (ad es. un
disturbo depressivo, un disturbo da uso di sostanze), un disturbo somatico (ad es. condizioni mediche
che causano dolore cronico), esperienze negative precoci (ad es. perdita genitoriale in tenera età,
abusi), caratteristiche personali (ad es. mancanza di speranza, impulsività) e pregressi comportamenti
suicidari. I fattori di rischio non sono fissi e possono cambiare da un paese all’altro.
I fattori protettivi hanno caratteristiche tali da diminuire la probabilità che un soggetto consideri l’idea
del suicidio, tenti il suicidio o lo commetta. Tra i fattori potenzialmente protettivi si possono includere i
seguenti esempi: un’immagine positiva di sé, adeguate abilità di problem solving, comportamento
volto alla ricerca di aiuto, sostegno sociale…
Nella Figura 3 è descritto un modello bio-psico-sociale integrato, basato sull’impatto che i fattori di
rischio biologici, psicologici, psichiatrici e sociali possono avere sullo sviluppo di un comportamento
suicidario.
Il modello si focalizza su tre fattori chiave:

fattori legati ai tratti di personalità, quali i fattori genetici, biologici e psicologici (ad
es. disfunzioni della serotonina, della personalità e psicologiche cognitive);

caratteristiche legate allo stato emotivo, quali la depressione e la mancanza di
speranza, influenzate dagli agenti stressanti che possono intervenire nella vita (ad es.
crisi economica, problemi sociali, violenza domestica) o da un disturbo psichiatrico;

fattori di soglia che possono avere l’effetto di abbassare o innalzare la soglia di rischio. Ad
esempio, l’accesso a mezzi letali può abbassare la soglia che porta al comportamento
suicidario, mentre un sistema sanitario accessibile può avere un effetto protettivo ed
evitare che le persone sviluppino tale comportamento.
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Figura 3: Un modello esplicativo del comportamento suicidario (van Heeringen, 2001)
Fattori genetici
Esperienze di vita
precoci
Fattori biologici
Fattori psicologici
VULNERABILITÀ
Problemi
sociali
Disturbo
psichiatrico
FATTORI DI STRESS
Fattori che abbassano o innalzano la soglia
Fattori che aumentano il
rischio:




I mezzi di
comunicazione
Esempi di suicidio
Accesso a mezzi letali
Mancanza di sostegno
sociale
Fattori protettivi:





Conoscenza e
atteggiamenti riguardanti
il sistema sanitario
Accessibilità alle cure
necessarie per la salute
mentale
Sostegno sociale
Diagnosi e trattamento
Programmi di prevenzione
COMPORTAMENTO SUICIDARIO
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III.
Strategie chiave nella prevenzione del
suicidio
Negli ultimi due decenni, in Europa, sono state sviluppate numerose strategie per la prevenzione del
suicidio. Il presente documento descrive quelle maggiormente utilizzate e dimostratesi efficaci in
termini di riduzione dei tassi di suicidio.
Livelli d’intervento
Le strategie di prevenzione del suicidio possono essere classificate in base a tre livelli d’intervento
mirati a una determinata fetta della popolazione. Il modello USI (Universale-Selettivo-Indicato)
definisce tre livelli di prevenzione: prevenzione universale, prevenzione selettiva e prevenzione
indicata (Gordon, 1983; Nordentoft, 2011). Per garantire un’efficace politica di prevenzione del
suicidio, si raccomanda di operare su tutti e tre i livelli, poiché la prevenzione del suicidio richiede un
approccio multisettoriale che preveda varie attività da realizzare a vari livelli d’intervento.
Prevenzione
universale
 rivolta a tutta la popolazione
 ad es. attraverso una campagna di
sensibilizzazione sulla resilienza
mentale
Prevenzione
selettiva
 rivolta a gruppi di popolazione a
maggior rischio di suicidio
 ad es. educando gli operatori
assistenziali (gatekeeper) a
riconoscere i sintomi di un disturbo
depressivo
Prevenzione
indicata
 rivolta a soggetti che sono già
entrati nel processo suicidario
 ad es. migliorando il trattamento
diretto alle persone a rischio di
suicidio
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Strategie chiave nella prevenzione del suicidio
Le seguenti strategie sono quelle normalmente impiegate nei piani d’azione nazionali per la prevenzione
del suicidio nell’UE e al di fuori dell’UE. La scelta di queste strategie si basa su una rassegna della letteratura
e delle buone prassi, condotta nell’ambito del progetto Euregenas. È stata, inoltre, effettuata una ricerca
nella letteratura internazionale, utilizzando “Web of Science” (gennaio 2000 - aprile 2013).
Le strategie selezionate operano su diversi livelli d’intervento che vanno dalla prevenzione universale,
passando per quella selettiva, fino alla prevenzione indicata (vedi Tabella 1). Alcune strategie si
concentrano su un unico livello di prevenzione (ad es. i programmi rivolti a gruppi vulnerabili si
concentrano sulla prevenzione selettiva), altri combinano livelli diversi (ad es. la promozione della
salute mentale può includere sia la prevenzione universale sia quella selettiva).
Tabella 1. Strategie selezionate e livelli d’intervento
LIVELLI D’INTERVENTO
PREVENZIONE
STRATEGIE
1.
UNIVERSALE
Promozione
della
salute
X
PREVENZIONE
SELETTIVA
PREVENZIONE
INDICATA
X
mentale
2. Istituzione di linee telefoniche
X
X
X
X
di aiuto e servizi di aiuto online
3. Attività educativa rivolta a
professionisti
(mentale),
della
moderatori
X
salute
di
comunità e giornalisti
X
4. Programmi rivolti a gruppi
vulnerabili
X
5. Programmi rivolti a gruppi ad
alto rischio
6. Limitazione dell’accesso a
X
X
X
metodi letali
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STRATEGIA 1
Promozione della salute mentale
Le strategie di promozione della salute mentale possono contribuire alla prevenzione del suicidio
grazie all’efficacia che, spesso, risultano avere in termini di rafforzamento di fattori di protezione
rispetto al comportamento suicidario, quali resilienza, inclusione sociale, ambienti sicuri (ad es.
ambienti scolastici e di lavoro sicuri).
Balfour (2007) descrive la promozione della salute mentale come: “il processo che consente agli
individui e alle comunità di avere il controllo della propria vita e migliorare la propria salute
mentale. Esso cerca di aumentare l’autostima, le capacità e le abilità di adattamento (resilienza),
il sostegno familiare e della comunità, nonché di modificare gli ambienti economici e sociali più
ampi che influenzano la salute mentale”.
La promozione della salute mentale prevede l’impiego di varie strategie, attuabili a livello
individuale, a livello di comunità o a entrambi i livelli:
 le strategie che si concentrano sugli individui sono finalizzate ad aumentarne la resilienza e
ridurre la vulnerabilità ai problemi di salute mentale, attraverso lo sviluppo di abilità personali,
autostima, strategie di adattamento (resilienza), abilità di problem solving e attraverso l’autoaiuto, che determinano un aumento della capacità di affrontare i momenti di passaggio e lo
stress nella vita. Esempi di strategie di questo genere sono i programmi di prevenzione nelle
scuole e gli strumenti di auto-aiuto online;
 a livello di comunità, le strategie per la promozione della salute mentale si concentrano
sull’aumento dell’inclusione e della coesione sociale. Tra di esse figurano opere di
sensibilizzazione, destigmatizzazione e riduzione della discriminazione, attraverso lo sviluppo
di ambienti favorevoli (ad es. reti di auto-aiuto) in diversi contesti, ad es. la scuola, il posto di
lavoro, il circolo sportivo, un centro comunitario, residenze per anziani, ecc.;
 alcune strategie, infine, combinano azioni a livelli diversi. Per esempio, si possono lanciare
campagne di sensibilizzazione finalizzate a migliorare le attitudini nei confronti del disturbo
depressivo (livello di comunità) e favorire un comportamento volto alla ricerca di aiuto (livello
individuale). In base agli studi in materia, campagne simili ottengono effetti significativi sugli
atteggiamenti nei confronti del disturbo depressivo, ma non si avvertono effetti diretti sulla
riduzione del tasso dei suicidi, né sull’aumento delle richieste d’aiuto o del ricorso agli antidepressivi (Mann et al., 2005; van der Feltz-Cornelis et al., 2011).
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STRATEGIA 2
Istituzione di linee telefoniche di aiuto e servizi di aiuto online
Le strategie che consentono alle persone a rischio di suicidio di avere un accesso migliore ai servizi
di aiuto possono essere utili nel prevenire il suicidio. Negli ultimi decenni, sempre più paesi e
regioni hanno iniziato a offrire linee telefoniche di aiuto e servizi di aiuto online che sembrano
essere un buon canale per raggiungere le persone a rischio di suicidio, oltre ai servizi sanitari
esistenti che offrono assistenza sanitaria d'urgenza.
Linee telefoniche di aiuto (helpline)
Molti paesi hanno linee telefoniche dedicate specificatamente alle persone a rischio di suicidio e
che offrono aiuto nella gestione della crisi. Sono pochi gli studi che hanno esaminato l’efficacia di
queste linee telefoniche ma la maggior parte di essi evidenzia un effetto positivo (De Leo et al.,
2002; Mishara et al., 2007; Kalafat et al., 2007; Leitner et al., 2008). Secondo una recente indagine
condotta online fra le persone che chiamano i Samaritans (linea telefonica di aiuto nazionale per la
prevenzione del suicidio nel Regno Unito), i chiamanti hanno riferito alti livelli di soddisfazione per il
servizio e hanno trovato utile questo tipo di contatto (Coveney et al., 2012).
Servizi di aiuto online
Nell’ultimo decennio, sempre più persone hanno cercato aiuto online. Internet offre una serie di
possibilità nella prevenzione del suicidio. Molte linee telefoniche di aiuto hanno ampliato i loro
servizi con mezzi di comunicazione quali l’e-mail e la chat, estendendoli anche ai siti dei social
network. La possibilità di rimanere anonimi e di ricevere informazioni personalizzate incoraggia a
cercare aiuto. In tal modo, i servizi di salute mentale online possono contribuire a rendere
accessibile l’aiuto e ad abbassare la soglia d’accesso all’assistenza sanitaria e alla prevenzione.
(Christensen et al., 2002; Gilat and Shahar, 2007).
Uno dei risultati del progetto Euregenas sarà lo sviluppo di linee guida etiche,
di criteri di qualità e di un modello concettuale da implementare sul web per la
prevenzione del suicidio con l’impiego di supporti tecnologici.
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STRATEGIA 3
Attività educativa rivolta a professionisti della salute (mentale),
community facilitators e giornalisti
Attività educativa rivolta a professionisti della salute mentale e
community facilitators
Una strategia usata frequentemente per la prevenzione del suicidio consiste in attività educative rivolte
a professionisti della salute (mentale), community facilitators ed operatori assistenziali (gatekeeper). Ciò
viene realizzato attraverso la formazione o la stesura di linee guida destinate a tali attori chiave.
In generale, la ricerca mostra che l’erogazione di formazione in tema di prevenzione del suicidio è
una strategia efficace (Andriessen e van den Brande, 2001; Capp et al., 2001; Matheson et al., 2005;
Ramberg e Wasserman, 2004). Le attività di formazione si sono rivelate efficaci nel migliorare le
conoscenze, gli atteggiamenti e la fiducia rispetto alla prevenzione del suicidio (Brunero et al.,
2008; Gask et al., 2006; Hayes et al., 2008; Oordt et al., 2009).
La formazione può essere erogata a gruppi target diversi. L’attività educativa rivolta ai medici di base (MB)
affinché riescano a riconoscere e a curare il disturbo depressivo, l’ideazione e i comportamenti suicidari è
una delle strategie più efficaci per la prevenzione del suicidio (van der Feltz-Cornelis et al., 2011).
Ulteriori evidenze dimostrano che gli infermieri (Appleby et al., 2000; Dennis et al., 2001; Fenwick
et al., 2004) e gli studenti di psicologia (McNiel et al., 2008) ricavano benefici dalla formazione, in
quanto essa migliora le loro abilità relative alla valutazione del rischio, all’analisi dei bisogni di
assistenza sanitaria e all’organizzazione di interventi per la prevenzione del suicidio.
Ma anche i cosiddetti community facilitators, quali insegnanti, psicoterapeuti, addetti alla
prevenzione, animatori giovanili e fornitori di servizi di assistenza geriatrica, possono svolgere un
ruolo importante nell’individuazione delle persone a rischio e nell’invio di soggetti a rischio di
suicidio a cure specialistiche. Ad esempio, la formazione di insegnanti e animatori giovanili, mirata
al riconoscimento dei segnali d’allarme rivelatori di un comportamento suicidario e
all’apprendimento delle modalità d’intervento e d’invio a specialisti in situazioni di crisi, si è rivelata
efficace (Chagnon et al., 2007). Inoltre, gli stessi moderatori di comunità considerano necessarie le
attività di formazione (Hawgood et al., 2008; Palmieri et al., 2008; Ramberg and Wasserman, 2004).
Tuttavia, quando si eroga formazione agli insegnanti, si raccomanda d’inserire queste attività di
formazione in una prospettiva e una politica per la salute mentale più ampie.
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Tra gli altri operatori assistenziali (gatekeeper) coinvolti nell’ambito di programmi di formazione per
la prevenzione del suicidio vi sono preti (Hegerl et al., 2006), poliziotti (Mishara e Martin, 2012;
Pinfold et al., 2003; Watson et al., 2004), farmacisti (Bell et al., 2006), e guardie carcerarie (Pompili
et al., 2009).
Attività educativa rivolta ai giornalisti
Gli studi, le revisioni sistematiche e le meta analisi relative al ruolo dei resoconti di suicidi riportati dai
media hanno costantemente evidenziato che la presentazione di notizie di suicidio può portare a
comportamenti suicidari di tipo imitativo, soprattutto quando si descrive il metodo usato per suicidarsi o
quando si riporta il suicidio di una celebrità (Pirkis e Blood, 2001; Sisask e Värnik, 2012; Stack, 2000; Stack,
2005).
Pertanto, molti paesi hanno sviluppato linee guida e programmi di formazione per giornalisti,
compiendo un’opera di sensibilizzazione sul ruolo cruciale che questi hanno nella prevenzione del
suicidio. È stato dimostrato che le linee guida per i mezzi di informazione hanno un impatto sulla
qualità dei reportage sui comportamenti suicidari (Niederkrotenthaler and Sonneck, 2007). Va
notato, tuttavia, che non tutti gli studi sulla formazione e sulla pratica di fornire linee guida mirate
ai giornalisti hanno prodotto risultati positivi (Goldney, 2005; Mann et al., 2005).
Oltre alle linee guida per i mezzi di comunicazione, alcuni paesi (ad es. Australia, Belgio e
Danimarca) organizzano premi nel campo dei media da conferire ai giornalisti che presentano in
modo responsabile le notizie riguardanti un suicidio. Dalle ricerche, emerge come i premi nel
settore dei media siano valutati positivamente dai giornalisti e come possano contribuire, in quanto
tali, in modo costruttivo all’attuazione delle linee guida relative (Dare et al., 2011).
Uno dei risultati del progetto Euregenas sarà lo sviluppo di linee
guida mirate alla prevenzione del suicidio, indirizzate a insegnanti e
personale scolastico, nonché linee guida specifiche per il luogo di
lavoro e per i giornalisti.
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STRATEGIA 4
Programmi rivolti a gruppi vulnerabili
Alcune popolazioni presentano un rischio maggiore di sviluppare comportamenti e pensieri suicidari,
ad es. chi ha subito una perdita di una persona cara per suicidio (survivor), le minoranze e fasce d’età
specifiche. Al momento di organizzare strategie, è importante essere consapevoli dell’esistenza di
questi gruppi vulnerabili e organizzare quindi degli interventi su misura.
Va notato che l’elenco fornito qui di seguito dei gruppi di popolazione vulnerabili non è esaustivo e
che il rischio di sviluppare un comportamento suicidario all’interno di un determinato gruppo può
cambiare nel corso del tempo, in base a fattori culturali o sociali.
Soggetti che hanno subito una perdita per suicidio (survivor)
Il suicidio e la malattia psichiatrica che colpiscono i familiari sono considerati fattori di rischio che
possono favorire lo sviluppo di comportamenti suicidari. Chi ha perso un parente, o un’altra persona
importante nella sua vita, a causa di suicidio, corre pertanto un rischio maggiore di sviluppare
malattie fisiche o psicologiche e un comportamento suicidario (Beautrais, 2004; Qin et al., 2002).
Numerosi paesi, ad es. il Regno Unito, il Belgio e la Svezia, hanno sviluppato azioni preventive mirate
ai soggetti che hanno subito una perdita per suicidio (survivor), organizzando reti e gruppi di
supporto a loro dedicati, sviluppando risorse che possono essere sfruttate per affrontare il suicidio di
un familiare oppure istituendo una linea telefonica di aiuto per chi ha subito un lutto.
Minoranze
Le persone appartenenti a minoranze sessuali (LGBT, acronimo che indica le persone lesbiche, gay,
bisessuali e transgender) e a minoranze etniche sono riconosciute come gruppi vulnerabili, che
potrebbero sviluppare comportamenti suicidari.
Le persone lesbiche, gay o bisessuali sembrano correre un rischio maggiore rispetto agli eterosessuali di
sviluppare un disturbo mentale, un’ideazione suicidaria, di fare uso improprio di sostanze e di commettere
autolesionismo intenzionale. Da almeno 16 studi condotti su giovani appartenenti alle categorie lesbiche,
gay e bisessuali (LGB) è emerso un numero elevato di tentativi di suicidio, con percentuali che variano dal 20
al 53% (Haas et al., 2011; McDaniel, Purcell e D’Augelli, 2001; Savin-Williams, 2001b; van Heeringen e
Vincke, 2000). Lo stesso vale per le persone transgender, i cui tassi di tentativi di suicidio, secondo gli studi,
sono elevati (Dhejne et al., 2011; Mathy, 2002).
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Uno studio europeo multicentrico ha rivelato che i tassi dei tentativi di suicidio fra gli immigrati in Europa,
appartenenti ad altre culture o paesi dove il numero di suicidi è più alto, sono maggiori rispetto a quelli
riferiti per la popolazione autoctona (Bursztein-Lipsicas et al., 2011). Pertanto, in alcuni paesi (ad es. la
Germania), sono state ideate campagne rivolte specificatamente agli immigranti.
Gli anziani e i giovani
Quando si confrontano i rischi di suicidio in diverse fasce d’età, sono due i dati che emergono dagli studi: i
tassi di suicidio sono particolarmente alti fra gli anziani (De Leo e Spathonis, 2004), mentre i tassi relativi al
comportamento suicidario con esito non fatale sono maggiori fra i giovani (Nock et al., 2008).
Una recente revisione dei programmi di prevenzione mirati agli anziani ha evidenziato l’efficacia della
maggior parte di essi (valutati scientificamente) nel diminuire i pensieri e i sentimenti depressivi o
l’ideazione suicidaria o i tassi di suicidio (Lapierre et al., 2011). La maggior parte dei programmi
s’incentrava sulla riduzione dei fattori di rischio, ad es. riducendo l’isolamento e migliorando lo
screening e il trattamento del disturbo depressivo. Sono invece pochi i programmi finalizzati al
rafforzamento dei fattori protettivi, quali ad es. il miglioramento della resilienza e la promozione di un
invecchiamento attivo: questo potrebbe essere un approccio innovativo ed efficace (Lapierre et al.,
2011).
I risultati dei programmi di prevenzione del suicidio, rivolti agli adolescenti, come quelli nelle
comunità e nelle scuole (nel programma di studio), sono eterogenei (Mann et al., 2005).
Per concludere, al momento di organizzare strategie per la prevenzione del suicidio, si
raccomanda vivamente di sviluppare interventi mirati e personalizzati nei confronti dei
gruppi di popolazione vulnerabili. Alcuni esempi di interventi sono:
 il rafforzamento della resilienza dei gruppi vulnerabili;
 la prestazione di un supporto specifico ai gruppi vulnerabili (attraverso gruppi di
supporto, linee telefoniche di aiuto, programmi di sensibilizzazione, opuscoli,…);
 il miglioramento dell’accessibilità alle cure da parte dei gruppi vulnerabili.
 la realizzazione di un’opera di sensibilizzazione (e in alcuni casi la lotta contro lo
stigma) fra i gruppi vulnerabili, educando la popolazione, gli operatori assistenziali
(gatekeeper) e i professionisti della salute (mentale).
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STRATEGIA 5
Programmi rivolti a gruppi ad alto rischio
I programmi rivolti a gruppi ad alto rischio sono finalizzati allo sviluppo di strategie per lo screening,
la cura e il trattamento di soggetti seriamente a rischio di suicidio. Tra questi, chi tenta il suicidio e
chi è affetto da disturbi psichiatrici ha maggiori probabilità di sviluppare piani e pensieri suicidari.
Migliorare i servizi di assistenza post-cura (“after-care”) per chi ha
tentato il suicidio
Una storia di tentati suicidi si è più volte rivelata uno dei fattori predittivi più forti di un futuro
comportamento suicidario (Oquendo, Galfalvy, Russo et al., 2004; Tidemalm et al., 2008). È importante,
pertanto, elaborare strategie efficaci di “after-care” per assistere queste persone.
Le ricerche dimostrano che il contatto di follow-up con chi ha tentato il suicidio può ridurre i tassi di
suicidio. Nella loro estesa rassegna delle strategie per la prevenzione, incentrate sui contatti di
follow-up, Luxton, June e Comtois (2013) hanno messo in evidenza l’effetto preventivo dei contatti
di questo tipo che possono consistere in chiamate e invio di cartoline, sms ed e-mail.
Migliorare i servizi di assistenza per gli individui affetti da disturbi
psichiatrici
Non esiste una sola causa di suicidio, sebbene esso possa essere associato a disturbi psichiatrici in
una percentuale che arriva fino al 90% dei soggetti che lo portano a termine. Sfortunatamente,
un’altissima percentuale (fino all’80% di quei casi), al momento della morte, risultava non aver
ricevuto alcun trattamento (Lopez et al., 2006).
Esiste un rischio più alto di comportamento suicidario in molti disturbi psichiatrici, ad es. il disturbo
depressivo, i disturbi legati all’abuso di alcol e di sostanze, la schizofrenia, i disturbi bipolari, i
disturbi dell’alimentazione e i disturbi d’ansia (Hawton e van Heeringen, 2009).
La prevenzione dei tentativi di suicidio e del suicidio attraverso procedure diagnostiche e
trattamenti adeguati di tali disturbi è, pertanto, una priorità alta nei contesti clinici. Esistono, per
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esempio, prove inconfutabili della possibilità di ridurre i tassi di suicidio attraverso una prevenzione
e un trattamento adeguato del disturbo depressivo, dell’abuso di alcol e di sostanze (OMS, 2012).
Migliorare il trattamento delle persone a rischio
I dati emersi da una recente indagine mondiale indicano che il 44% delle persone a rischio di
suicidio nei paesi ad alto reddito non ricevono alcuna forma di trattamento (Bruffaerts, et al.,
2011). Gli investimenti nel trattamento farmacologico e psicoterapeutico delle persone a rischio
dovrebbe essere una priorità nella cura della salute mentale.
È stato dimostrato che il trattamento farmacologico contribuisce alla diminuzione del rischio di
suicidio in soggetti affetti da vari disturbi mentali (Mann et al., 2005). Ad esempio, tassi più alti di
prescrizione di antidepressivi (Moller, 2006) e trattamento a lungo termine con il litio (Baldessarini
et al., 2006; Guzzetta et al., 2007) sono correlati a una diminuzione dei tassi di suicidio nei pazienti
depressi. Tuttavia, l’impiego di antidepressivi per trattare i giovani depressi può avere effetti
negativi, pertanto bisogna usare cautela nel proporlo (Stone et al., 2009).
Numerosi studi e revisioni hanno dimostrato l’efficacia del trattamento psicoterapeutico per le
persone a rischio di suicidio (Brown et al., 2005; Guo e Harstall, 2004; Mann et al., 2005).
Considerato che viviamo in un mondo informatizzato, un'altra area valida e importante per la
prevenzione del suicidio è rappresentata dalla prevenzione con l’impiego di supporti tecnologici. Ad
es. ha mosso i primi passi e si è già rilevato efficace il trattamento online del disturbo depressivo e
di pensieri e comportamenti suicidari, per mezzo di interventi di auto-aiuto. Secondo uno studio
controllato randomizzato di van Spijker (2012), i pensieri suicidi, la mancanza di speranza, le
preoccupazioni e lo stato di salute delle persone che nutrono tali pensieri sono migliorati in misura
significativa in seguito ad un intervento di auto-aiuto. In Nuova Zelanda è stato sviluppato un gioco
informatico d’intervento terapeutico cognitivo-comportamentale (‘SPARX’), rivolto ad adolescenti
depressi, che si è dimostrato efficace quanto il trattamento abituale (e in alcune condizioni perfino
più efficace) nel ridurre sintomi depressivi (Merry et al., 2012).
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STRATEGIA 6
Limitazione dell’accesso a metodi letali
Le strategie finalizzate a limitare l’accesso a metodi letali sono uno degli sforzi nell’ambito della
prevenzione che gode di maggiori prove di evidenza a proprio sostegno, nella riduzione dei tassi di
suicidio (Mann et al., 2005; Sarchiapone et al., 2011). Una possibile spiegazione può risiedere nel
fatto che tali strategia possono essere attuate piuttosto rapidamente e misurate in maniera
relativamente semplice, rispetto ad altre strategie per la prevenzione del suicidio (Florentine e
Crane, 2010).
Nella loro rassegna, van der Feltz-Cornelis et al. (2011) hanno elencato esempi di interventi,
finalizzati a limitare l’accesso fisico a metodi di suicidio:
 Detossificazione del gas domestico
 Uso obbligatorio di convertitori catalitici sui veicoli a motore
 Limitazione all’utilizzo di armi da fuoco, regolato da apposita normativa
 Limitazione all’utilizzo di pesticidi
 Limitazione dell’accesso a luoghi elevati, per impedire la possibilità di suicidarsi gettandosi
dall’alto: ad. es. istallando recinzioni di sicurezza negli edifici residenziali molto alti o in luoghi
elevati da cui ci si potrebbe buttare, come la Torre Eiffel, il Ponte del Porto di Sidney e
l’Empire State Building (Lin e Lu, 2006; Beautrais, 2007)
 Restrizioni alla prescrizione e alla vendita di barbiturici e paracetamolo
 Impiego di nuovi antidepressivi, a bassa tossicità
 Restrizioni alla disponibilità di alcolici.
I metodi restrittivi non sono privi di rischi. Ridurre le possibilità di ricorrere a un metodo di suicidio
non garantisce che quel metodo non venga sostituito da un altro. Ciononostante, come indicato da
Nordentoft (2011): “in contesti appropriati, quando la sostituzione è meno probabile, e in
associazione a sforzi di prevenzione psicosociale, la limitazione dell’accesso fisico a metodi di
suicidio può essere una strategia efficace per la prevenzione del suicidio”.
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IV.
Raccomandazioni finali
I vantaggi di un piano d’azione nazionale per la prevenzione del
suicidio
Negli ultimi decenni, molti paesi e regioni hanno sviluppato programmi regionali e nazionali di vasta
portata per la prevenzione del suicidio, ad es. la Finlandia, la Svezia, il Belgio (la regione delle
Fiandre), la Danimarca e il Regno Unito.
Avere a disposizione una strategia nazionale può essere efficace ai fini della riduzione dei tassi di
suicidio. Analizzando i dati riferiti al periodo 1980-2004, Matsubayashi e Ueda (2011) hanno cercato di
notare se ci fosse una differenza statisticamente significativa nel tasso di suicidio prima e dopo
l’attuazione di programmi nazionali per la prevenzione del suicidio. L’analisi ha rivelato un calo dei tassi
di suicidio complessivi, in seguito all’introduzione di programmi per la prevenzione del suicidio su scala
nazionale.
Nel rapporto ‘Public Health Action for the prevention of suicide: a framework’, l’OMS descrive i
componenti chiave di una strategia nazionale per la prevenzione del suicidio. Questi sottolineano
l’importanza di:
 Obiettivi chiari
 Una visione chiara dei fattori di rischio e dei fattori protettivi
 Interventi efficaci
 Strategie di prevenzione a diversi livelli
 Miglioramento della registrazione dei casi e conduzione di ricerche
 Monitoraggio e valutazione.
Il piano d’azione fiammingo per la prevenzione del suicidio include inoltre i criteri seguenti per la
selezione degli interventi:
 Specificità degli interventi per il suicidio
 Convenienza economica degli interventi
 Qualità delle prove di evidenza degli interventi
 Opportunità di attuazione degli interventi.
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Inoltre, un piano d’azione dovrebbe essere multi-settoriale, dal momento che la prevenzione del
suicidio è una questione importante non solo per il settore sanitario. Le iniziative potrebbero essere
incoraggiate stabilendo un obiettivo numerico comune in termini di salute (ad es. porsi la finalità di
diminuire il tasso di suicidio di una determinata percentuale in un determinato arco temporale). Infine,
occorre prestare particolare attenzione alla sostenibilità delle strategie e delle azioni elaborate.
“Gli interventi di prevenzione del suicidio dovrebbero essere multimodali, basati su prove di evidenza, guidati da specifiche ipotesi
verificabili e realizzati tra popolazioni di grandezza sufficiente da
poter produrre risultati generalizzabili e affidabili.” (Mann et al.,
2005)
La necessità di ricerca
Occorre compiere più ricerche nel campo della prevenzione del suicidio. Si raccomanda pertanto
vivamente di includere la ricerca nell’ambito di una strategia di prevenzione. La ricerca può
contribuire a migliorare le conoscenze relative a:
 Epidemiologia dei suicidi e dei tentati suicidi
 Fattori di rischio e protettivi del comportamento suicidario
 La neurobiologia del comportamento suicidario
 Efficacia delle azioni e delle strategie di prevenzione.
S’incoraggia inoltre a effettuare più ricerche a livello locale e regionale, poiché l’ideazione suicidaria
può essere influenzata da marcate differenze socioculturali.
La biblioteca online di Euregenas
Nell’ambito del Pacchetto di Lavoro 4 del progetto Euregenas, è stata sviluppata una biblioteca
online che raccoglie testi della letteratura e buone prassi sulla prevenzione del suicidio, in grado di
fornire una panoramica esauriente e aggiornata della situazione attuale nell’Unione Europea.
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Link
Per maggiori informazioni sulla prevenzione del suicidio, consultare i siti web dell’Organizzazione
mondiale della sanità e dell’Associazione internazionale per la prevenzione del suicidio.
ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÀ (OMS)
L’OMS è l’autorità di direzione e coordinamento per la sanità delle Nazioni
Unite, responsabile di fornire una guida sulle questioni relative alla salute
globale, definire l’agenda per la ricerca in campo sanitario, stabilire norme e
standard, articolare opzioni politiche basate su prove di evidenza, fornire
supporto tecnico ai paesi, monitorare e valutare le tendenze della salute.
L’OMS dispone di molte risorse nel campo della prevenzione del suicidio.
www.who.com
ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE PER LA PREVENZIONE DEL
SUICIDIO (IASP)
La IASP è un’organizzazione non governativa, affiliata ufficialmente
all’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), che si occupa di prevenzione
del suicidio. È impegnata a prevenire il comportamento suicidario,
alleviandone gli effetti, e a fornire un forum agli studiosi, ai professionisti
della salute mentale, ai lavoratori nei centri di crisi, ai volontari e ai superstiti
di un suicidio. Fondata dal Professore Erwin Ringel e dal Dr. Norman
Farberow nel 1960, la IASP riunisce ora professionisti e volontari di oltre 50
paesi.
Ogni anno, il 10 settembre, la IASP organizza la “Giornata mondiale per la
prevenzione del suicidio”, un’occasione offerta a tutti i settori della comunità
di unirsi alla IASP e all’OMS per richiamare l’attenzione pubblica sul carico e
sui costi inaccettabili del comportamento suicidario con diverse attività,
volte a favorire la comprensione del suicidio e ad evidenziare le attività
efficaci di prevenzione .
www.iasp.info
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Glossario
Comportamento autodistruttivo/autolesionismo intenzionale/lesioni corporali autoinflitte. I vari metodi
utilizzati dagli individui per causare un danno a sé stessi: per esempio procurarsi tagli, violenza autoinflitta,
overdose o comportamenti deliberatamente avventati.
Comportamento suicidario con esito non fatale. Atto non convenzionale con esito non fatale che il soggetto
ha intrapreso e condotto a compimento, aspettandosi, o accettando il rischio, di morire o di cagionarsi un
danno, con l’intento di provocare cambiamenti voluti (De Leo et al., 2004). Il comportamento suicidario con
esito non fatale può includere il tentativo di suicidio, l’autolesionismo intenzionale e l’auto-avvelenamento
intenzionale, con o senza lesioni.
Contagio. Un fenomeno per cui alcune persone vengono influenzate e indotte ad adottare un
comportamento suicidario quando vengono a conoscenza di atti suicidari di un’altra persona.
Disturbo (di salute) mentale / disturbo psichiatrico / malattia mentale. Un disturbo (di salute) mentale o un
disturbo psichiatrico è una malattia diagnosticabile, caratterizzata da alterazioni del pensiero, dell’umore o
del comportamento (ovvero una combinazione di essi), associata a una sofferenza che interferisce in misura
notevole con le abilità cognitive, emozionali o sociali dell’individuo.
Fattori di rischio (per il comportamento suicidario). Quei fattori che possono favorire lo sviluppo di pensieri
suicidari e/o tentati suicidi. Rientrano nella locuzione ‘fattori di rischio’ i fattori biologici, psicologici o sociali
legati alla sfera individuale, familiare e ambientale.
Fattori protettivi (per il comportamento suicidario). Quei fattori che scongiurano il rischio che gli individui
sviluppino pensieri suicidari e/o tentino il suicidio. Rientrano nella locuzione ‘fattori protettivi’ i fattori
biologici, psicologici o sociali, legati alla sfera individuale, familiare e ambientale.
Ideazione e comportamenti suicidari. Un processo complesso che può variare dal nutrire pensieri suicidari al
pianificare il suicidio e portarlo a termine. Il comportamento suicidario è la conseguenza dell’interazione di
fattori biologici, genetici, psicologici, sociali, ambientali e situazionali (Hawton e van Heeringen, 2009).
Intento suicidario. Attesa e desiderio soggettivi di compiere un atto auto-distruttivo che termini con la
morte.
Operatori assistenziali (Gatekeeper). Persone all’interno della comunità che sono abitualmente a stretto
contatto con un gran numero di membri della comunità; possono essere formate affinché siano in grado di
riconoscere persone a rischio di suicidio e inviarle da uno specialista o presso un centro di supporto, in base a
quanto ritenuto più opportuno.
Postvention. Una strategia o un approccio attuati dopo il verificarsi di una crisi o di un evento traumatico.
Prevenzione. Una strategia o un approccio che riduce la probabilità del rischio d’insorgenza (o ritarda
l’insorgenza) di problemi dagli effetti negativi per la salute o riduce il danno cagionato da determinate
condizioni o comportamenti.
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Prevenzione del suicidio con l’impiego di supporti tecnologici (Technology Based Suicide Prevention TBSP). Programmi progettati per la prevenzione del suicidio con l’impiego di supporti tecnologici, ricorrendo
a tecnologie avanzate di vario genere, come internet, smartphone e tablet. Sono inclusi tra i programmi che
impiegano supporti tecnologici anche i siti web educazionali e interattivi, i giochi “seri”, il trattamento online,
ecc.
Problema di salute mentale. Abilità cognitive, sociali o emozionali ridotte, ma non in misura tale da essere
considerate come un disturbo mentale.
Rischio di suicidio. Il grado di pericolo per sé stesso che un individuo affronta sulla base dell’assenza o della
presenza di comportamenti suicidari e fattori associati alla probabilità del suicidio.
Salute mentale. La salute mentale è uno stato di benessere in cui l’individuo realizza le proprie capacità,
riesce a far fronte alle normali tensioni della vita, a lavorare in modo produttivo ed è in grado di dare un
contributo alla comunità. In quest’accezione positiva, la salute mentale è il fondamento del benessere
individuale e del funzionamento efficace di una comunità (OMS, 2010).
Segnali di preavviso. Indicazioni per cui un individuo si può ritenere a rischio di suicidio.
Soggetti che hanno subito una perdita per suicidio (survivor). Membri della famiglia, persone che hanno
importanza nella vita del suicida o conoscenti che hanno sperimentato la perdita di una persona cara a causa
del suicidio. Talvolta l’espressione ‘sopravvissuti a un suicidio o survivor di un suicidio’ è utilizzata anche per
indicare i sopravvissuti a un tentativo di suicidio.
Sopravvissuti a un tentativo di suicidio. Individui che sono sopravvissuti a un precedente tentativo di
suicidio.
Suicidio (o ‘comportamento suicidario con esito fatale’). Un atto con esito fatale che la persona deceduta,
consapevole dell’esito potenzialmente fatale o aspettandoselo, ha intrapreso e condotto a compimento con
l’intento di provocare cambiamenti voluti (De Leo et al., 2004).
Valutazione del rischio. Il processo di quantificazione della probabilità che un individuo cagioni un danno a
sé stesso o ad altri.
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