XVII Rapporto sul turismo italiano 839 CONCLUSIONI1 1. Destinazione sviluppo Come sarà il futuro del turismo? Tutti percepiscono che si verificherà un grande sviluppo e che il comparto diverrà la principale economia motivazionale del mondo, trascinando, per la sua trasversalità, molte altre economie di interi territori e di interi comparti. Ma l’enjeu è fragile e lo sviluppo sarà diseguale e condizionato dai processi istituzionali in atto nei vari Paesi e nelle varie aree del mondo. A fronte delle infinite opzioni che i sistemi turistici offrono, il cliente-turista desidera alcune condizioni di base essenziali; in primo luogo muoversi verso destinazioni di pace, ove può soggiornare con tranquillità ed ove è bene accolto dalla comunità che temporaneamente lo ospita. Analizzare il fenomeno solo considerando il movimento internazionale appare riduttivo perchè la parte nettamente prevalente del turismo è quella domestica. Basti pensare che il numero dei viaggi interni dei residenti in Cina è stimato in più di due miliardi nel 2010 2, anno caratterizzato da una accelerazione dovuta all’Expo di Shanghai. Ha comunque senso valutare il fenomeno in chiave internazionale, perchè è attività di export e, come tale, apporta valore aggiunto dall’esterno. A livello mondiale si avrà un grande sviluppo del turismo internazionale che avverrà ad un tasso di crescita assai elevato, intorno al 5% medio annuo per tutto il decennio. Dai circa 940 milioni di arrivi internazionali del 2010 si raggiungeranno quasi gli 1,6 miliardi di arrivi nel 2020. Nessun altro comparto avrà un trend simile. Per il turismo internazionale in Italia, nel 2009, si è raggiunto il minimo storico degli ultimi cinque anni del decennio, con 106,8 milioni di presenze alberghiere straniere e 32,6 milioni di arrivi, mentre nel 2010 le rilevazioni ConIstat stimano un andamento differenziato con un aumento della movimentazione degli stranieri ed una diminuzione di quella degli italiani, effetto sia della crisi, sia della concorrenza sui bassi prezzi degli altri Paesi mediterranei. Nel 2010 si stima che le presenze straniere complessive siano aumentate del 2,4% e gli arrivi del 4,6%, mentre le presenze domestiche sono diminuite del -3,1% e gli arrivi del -2,6%. Questi movimenti opposti determinano una situazione di quasi stazionarietà del movimento complessivo, con un aumento degli arrivi dello 0,5% e -0,7% delle presenze. Nel 2010 (163,3 milioni) si è quasi tornati alle presenze straniere dell’anno record 2007 (163,5 milioni) e con l’anno in corso si supereranno nettamente raggiungendo il nuovo record intorno ai 170 milioni, ad un tasso annuo che supererà il 4%. Una parte di questo aumento è sicuramente determinata dall’effetto rimbalzo delle crisi istituzionali dei Paesi della Riva Sud del Mediterraneo, ma è anche una prova del fatto che l’Italia è percepita come uno dei Paesi più affidabili in termini di sicurezza. Bisogna, comunque, essere in 1 A cura di Emilio Becheri. Mercury Srl – Turistica. Economia dei Beni e delle Attività Culturali, Università degli Studi di Firenze 2 Fonte: National Tourism Administration of People’s Republic of China. 840 Conclusioni grado di valorizzare questo turismo di ritorno quasi obbligato della clientela estera, con nuove opzioni e con la valorizzazione degli aspetti immateriali dei molti prodotti turistici. La lettura degli ultimi anni porta ad individuare alcune tendenze che sono emerse nei vari capitoli. Alle tradizionali macrodistinzioni del mercato fra leisure e business appare sempre più fondamentale quella fra turismo di prossimità e turismo di lontananza, perchè i due segmenti convivono e sono praticati contemporaneamente da una quota sempre maggiore di clienti. Alla gita fuori porta si è ormai sostituito il turismo fuori porta con molte famiglie che durante l’Estate vivono in una località di mare, ma nella stessa provincia ove risiedono, o in una provincia relativamente vicina se non nello stesso comune. Queste stesse famiglie compiono anche un viaggio di lontananza, magari con un soggiorno di una-due settimane in località mediterranee o caraibiche. Appare evidente che le due tipologie di vacanza non sono percepite dal cliente come concorrenti ma come complementari. Diverso è il comportamento del turista marginale che sceglie le proprie destinazioni in base al prezzo e che è molto attratto dalle località balneari egiziane e turche che, in termini di spiaggia, di mare e di ricettività presentano condizioni di qualità non inferiore alle nostre principali, offrendo anche contesti culturali attraenti per una escursione; sono, perciò, molto e, spesso, più competitive. Non è necessario avere una grande quantità di risorse culturali ma ne bastano poche e di qualità per differenziare la piacevole monotonia di un soggiorno balneare. È per questo motivo che anche i tradizionali bacini di origine dei flussi balneari come la Germania e gli altri Paesi centroeuropei e del Nord Europa, ormai da diversi anni, stanno abbandonando le località balneari italiane di massa, mentre restano sempre attratti dalle destinazioni d’arte e ambientali-culturali per le quali continuano ad avere sempre un grande propensione. I nuovi stranieri delle destinazioni balneari italiane continuano, comunque ad essere europei, russi e degli altri Paesi dell’Europa orientale, mentre è difficile attrarre quei mercati intercontinentali che per i mari mediterranei non hanno mai avuto predilezione. Tuttavia, il quadro così delineato non è completo perchè vi sono segmenti per i quali l’Italia attrae ancora i tedeschi ed altri mercati tradizionali, come la nautica da diporto o quel particolare mercato rappresentato dalle crociere, ove le destinazioni italiane, nel loro complesso, sono leader nel Mediterraneo. Il mercato dei turismi del mare è quello più maturo e come tale rischia di perdere il suo appeal se non riesce a rigenerarsi, a rinnovarsi ed a reinventarsi. Forse sarebbe opportuno un progetto che lega il puro soggiorno balneare ad altri aspetti, come ad esempio l’enogastronomia e le tradizioni locali. Per un simile processo forse l’ostacolo principale è proprio costruito da quella clientela di prossimità abituata da sempre al proprio modus vivendi di quasi residente. Quante persone, durante l’Estate, si trasferiscono dalla propria residenza nell’appartamento al mare continuando da lì la loro vita quotidiana. Questo è lo zoccolo duro delle località balneari ma, almeno in parte, ne impedisce anche un maggiore orientamento al mercato internazionale. Forse è giunto davvero il momento di realizzare, nell’ambito del Piano strategico del turismo, un progetto specifico che potrebbe essere definito Reinventing Sea, analogo, per certi aspetti al Reinventing Hospitaliy, con il quale si incrocia, molto orientato ad una nuova immagine esperenziale, ove viene valorizzato il vissuto giornaliero e la qualità della vita e delle opzioni di intrattenimento presenti. È un processo che in qualche caso è già in corso, qualora si pensi, ad esempio, al connubio realizzato a Rimini fra mare ed attività degli eventi e congressuale. Per l’arte e la cultura la destinazione Italia è sicuramente leader nel mondo ma sul piano dell’immagine appare ancora troppo chiusa in se stessa, con poche estrapolazioni funzionali con XVII Rapporto sul turismo italiano 841 gli altri turismi, prevalentemente limitate al passaggio dalla ricettività alberghiera a quella agrituristica ed ai B&B, cioè più orientata dall’offerta che dalle nuove domande. L’arte, insieme alla moda, rappresenta un grande richiamo per tutti i Paesi, ma in particolare per quelli degli altri continenti; debbono essere inventate formule che collegano i soggiorni nelle città a quelli delle destinazioni balneari ed a quelli di altre tipologie turistiche. Nell’epoca di internet e dei social media, oltre che creare piattaforme e favorire le vacanze dei grandi numeri, bisogna sapere fornire prodotti molto di nicchia in grado di arrivare fino al cliente finale, perchè ormai si è in presenza di segmentazioni molto spinte che arrivano ai piccoli gruppi ed al singolo. Si pensi al rafting, al torrentismo, al turismo podistico e al trekking a cavallo, oppure alle molte articolazioni del turismo montano e dello stesso turismo sciistico (carving, sci alpino, sci alpinismo, sci di fondo, snowboard, freestyle). Non è un caso che molti di questi segmenti siano legati alla pratica di uno sport. I molti social media delle molte piattaforme sono in grado di attivare autonomamente processi di marketing virale che valorizzano questi prodotti di qualità. Convivono sul mercato segmenti che, nel loro insieme e sommati l’uno all’altro, fanno grandi numeri e che spesso vedono il Bel Baese in una posizione di avanguardia per aspetti che sembrano marginali ma che non lo sono; basti pensare che l’Italia è leader in Europa per diversi prodotti-strumenti turistici, dalla produzione di biciclette a quella delle imbarcazioni per la nautica da diporto. Il futuro sarà sempre di più orientato ai mercati di nicchia, ma i fruitori di nicchia continueranno anche a praticare le forme tradizionali dei soggiorni di prossimità e di lontananza. I due segmenti continueranno a crescere spinti dal turismo individuale e da quello dei piccoli gruppi, anche quando questi si ritrovano nei megavillaggi turistici di ultima generazione che offrono qualsiasi soluzione ricettiva. 2. Una riflessione Il turismo è come alcune discipline sportive. Tutti ne parlano perchè lo praticano, lo vivono e lo subiscono e tutti se ne sentono esperti, anche se il comparto è molto difficile da capire e da analizzare per la sua complessità e perchè di fatto è la composizione di mercati l’uno diverso dall’altro e pure, in qualche modo, tutti integrati fra loro. Il turismo è un mercato di mercati: di prossimità e di lungo raggio; con modelli di massa e di élite, d’affari e leisure, di giovani e anziani, di abbienti e di meno abbienti , di fruizioni intensive e slow, di voli point to point e di itinerari, di tanti prodotti che si sovrappongono e talvolta si oppongono, di tanti turismi sincronicamente concorrenti e diacronicamente complementari. Il turismo ha molte anime e nella sua evoluzione perenne ha dato luogo per gemmazione a molte segmentazioni che hanno acquisito una sempre maggiore autonomia: dal maturo turismo balneare ai turismi del mare, dalle terme al benessere, dalla montagna ai suoi sports ecc.; in molti Paesi il turismo è anche la maggiore industria così come accade anche in Italia, e ancora di più in alcune sue regioni, anche se spesso si misconosce questa realtà; le vacanze si consumano sul luogo di destinazione e, a differenza di tutti gli altri comparti produttivi. è il cliente che si reca a trovare il prodotto ove è localizzato e non il prodotto che si reca dal cliente nella bottega o nel supermercato sottocasa. Per questo motivo “fare vacanze” è attività che, per il Paese ospitante, si assimila all’esportazione di un bene (all’export); le vacanze sono scambi di cultura e civiltà ed il turismo è strumento di pace che fugge le guerre o i pericoli di guerre; fare turismo è fare cultura in modo interattivo a fronte di prodotti che ormai sono molto differenziati in termini di qualità e di prezzo ed adatti a fasce sempre più ampie di clienti; fare turismo è muoversi da una città all’altra, 842 Conclusioni è capire i luoghi per viverli nella loro identità; fare turismo è partecipare e vivere la propria esperienza secondo il rapporto che si determina fra la propria cultura di appartenenza ed il genius loci della destinazione. Fare turismo è tutto questo ed ancora molto e di più, come si è cercato di spiegare in questo Rapporto che ha bisogno di poche conclusioni e che ha la sola pretesa di avere, ancora un volta, aiutato a fare capire la realtà che il fenomeno sottende. Spesso si è avuto la sensazione che si avesse paura a riconoscere ed a manifestare le grandi potenzialità del fenomeno e non si è mai andati fino in fondo subendo le classifiche assurde proposte da alcuni enti internazionali; basti pensare al World Economic Forum, società svizzera che mette il suo Paese sempre ai primi posti delle sue graduatorie, quando le realtà dei fatti affermano il contrario, o come certe statistiche volutamente male interpretate della (United Nations) World Tourism Organisation che per anni hanno collocato la Francia al primo posto nelle statistiche internazionali senza che in realtà lo sia mai stata. Fa parte del genius loci dell’Italia e del suo marchio essere da sempre un grande Paese di destinazione dei flussi, divenuto, più recentemente, anche un grande Paese di origine degli stessi. Fa parte dell’assurdità dell’atteggiamento verso il comparto non avere avuto a lungo un Ministero per l’attività più importante del Paese, composizione di servizi, di commerci e di industrie. È un’assenza che si è sentita e che si capisce ora che un Ministro c’è ed è presente con una propria struttura operativa che, fra l’altro, ha consentito l’attivazione di un insieme di attività internazionali e nazionali che stanno facendo assumere al comparto quel ruolo che merita nei rispettivi contesti e che era andato perduto. È abusato dire che il turismo è il “petrolio dell’Italia” ed è anche piuttosto arido perchè è prima di tutto un bene immateriale nobile e perchè non sgorga spontaneamente dal suolo e va costantemente promosso e valorizzato di giorno in giorno. Eppure questo vecchio concetto ne esprime bene la valenza economica qualora si pensi che in una realtà come quella del Dubai la principale risorsa del Paese, in termini di apporto di risorse dall’esterno, non è, come comunemente si crede, il petrolio ma il turismo. È quanto andiamo dicendo da tempo come gruppo di lavoro oramai storico che da sempre accompagna il Rapporto e che ha enucleato alcuni concetti e categorie divenute di riferimento come l’impatto del comparto sulle altre attività rispetto alle quali in questi anni “giunge a valere quattro volte quello prodottosi nel comparto agricolo-alimentare, più di cinque volte la ricchezza generata dal settore dei Tessili e abbigliamento”. Il turismo assume una importanza ancora più notevole per l’economia rarefatta di alcune aree, in particolare di alcune meridionali, per le quali è ragione di sopravvivenza, anche se le grandi potenzialità del Mezzogiorno (Sud e Isole) sono tuttora sottoutilizzate. Rispetto alle sue regioni sul mercato internazionale è molto forte il divario fra appeal e scelta effettiva del fare vacanza. Gli stranieri presenti sono molto pochi rispetto al resto d’Italia e rispetto alle regioni concorrenti degli altri Paesi mediterranei, sia della Riva Nord che della Riva Sud. Anche gli italiani delle altre regioni non sono molto presenti, per cui prevale un turismo di prossimità non sempre di qualità. Non è mai stato fatto un vero e proprio piano turistico per il Sud, per dotarlo di una offerta integrata di qualità sia in termini materiali che immateriali; per destagionalizzare un’area che presenta un clima migliore rispetto al resto dell’Italia, ma una stagionalità più accentuata; per valorizzare le sue risorse culturali e le sue tradizioni (Paradosso della stagionalità). In realtà un Piano Southern Italy, recentemente è stato tentato, abbozzato ed abortito fra le ipotesi per la programmazione dell’Unione Europea 2007-2013; forse anche perchè non è stato pensato nell’ambito di un più ampio Piano strategico nazionale, fondato su poche ma decisive e convinte linee strategiche. XVII Rapporto sul turismo italiano 843 Attendiamo con fiducia questo Piano che ha avuto una prima importante anticipazione nel Codice del Turismo, nel quale, fra l’altro, sono stati esplicitamente riconosciuti alcuni turismi ed è stata riconosciuta la valenza strategica di alcune attività che prima erano considerate a latere del turismo, e non parte essenziale, come ad esempio quelle relative alla ristorazione. Il connubio e l’integrazione fra turismo ed enogastronomia, in tutte le sue manifestazioni, è una delle linee principali di razionalizzazione e di sviluppo del turismo italiano. Tale Piano, probabilmente, sarà la prima grande novità che avverrà dopo la presentazione di questo rapporto e va atteso con fiducia, perchè da ormai un trentennio più volte è stata annunciata quella programmazione nazionale del comparto che magari ha dato luogo a qualche opuscolo presuntuoso ma che mai si è realizzata, anche a causa dell’assenza di quel coordinamento ministeriale che ora c’è. Consideriamo utile a questo Piano anche l’attenzione data, in questo Rapporto, ai temi della competitività di prodotto e territoriale. A conclusione di tutto il Rapporto la sintesi estrema che emerge può essere la seguente: il turismo c’è e ci sarà sempre di più, ma bisogna saperlo coltivare perchè rappresenta il principale prodotto autonomo del Paese, il suo maggiore valore aggiunto in termini economici e anche d’immagine, la sua anima e la sua caratterizzazione. Ne è una prova il fatto inequivocabile che anche in periodo di crisi è il comparto che ne ha risentito meno e che, comunque, ha retto l’economia del Paese. Il turismo c’è e ci sarà sempre, ma come sarà dipende dalle scelte di oggi. Non bisogna avere paura ad orientare il Paese ai suoi turismi di qualità, dall’arte al mare, dal rafting alle crociere e dal golf alla natura proprio perché il comparto determina il maggiore valore aggiunto del Paese e si integra con le altre eccellenze legate al Made in Italy, delle città-cultura come musei all’aperto, dei musei reali e delle molte altre risorse paesaggistiche sulle quali ha più o meno inciso l’attività dell’uomo, dalle Dolomiti ai Sassi di Matera. Il turismo è il canovaccio del nostro modo di essere italiani e di proporsi al mondo. Il turismo c’è e ci sarà sempre di più. Il turismo c’è, ma bisogna accorgersene e prenderne consapevolezza.