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approfondimenti
VIETNAM DEL SUD, NEL MEZZO DI UN PROCESSO DI RINNOVAMENTO
Chiesa in Vietnam
piccola, ma morde
Un viaggio a Thành-Phô Hô Chí Minh (Saigon, Vietnam) ha proposto l’occasione per uno
sguardo su quella porzione di Chiesa che vive in condizioni singolari: minoritaria ma
visibile, controllata ma apprezzata, spogliata e missionaria. L’incontro con alcuni pastori
di quella Chiesa ha permesso di apprezzare la sua vivacità paziente.
V
enendo dall’aeroporto di Thành-Phô Hô Chí Minh – la capitale economica del paese, nel Sud del Vietnam, della quale sentivamo spesso parlare quando si chiamava Saigon – saltano all’occhio alcune caratteristiche che si confermano dalla periferia al centro. Un traffico in
piena, quasi costretto ad avanzare dalla corrente di scooter, prodigiosamente coordinati da un orologiaio leibniziano. Abitazioni sempre più strette e slanciate in verticale, come se fossimo ad Amsterdam o a Hong Kong, perché anche qui, man mano che ci si avvicina
al centro, i prezzi del terreno edificabile crescono esponenzialmente.
E tanti cantieri, sempre attivi, urbani e immobiliari.
Uno di questi custodisce una storia. A lato di una delle arterie che
portano a Nord, si nota una struttura simile a un campanile moderno; lo si riconosce dalla grande croce che lo sormonta. Non mi aspettavo di incontrare così tanti campanili e chiese in questa città perennemente occupata in altro. Ai piedi della struttura c’è una cappella
dedicata alla Madonna di Fatima, meta di un discreto movimento di
devozione da tutta la città. Non so come sarà a lavori ultimati; al momento la torre sopravanza di poco i ponteggi dell’edificio che le stanno costruendo intorno. Gli autori del progetto si sono ben guardati
dall’abbattere e nemmeno compromettere quello che è venerato da
tutti come un luogo sacro.
Trovo sia un’immagine emblematica della Chiesa in Vietnam, oggi, almeno nel Sud. Piantata e radicata nel territorio, ben visibile e
frequentata, con il paese in fermento che le cresce intorno rispettandola senza privilegiarla.
I cattolici radunano fra il 7 e il 10% della popolazione: la seconda
nazione asiatica per densità di incidenza, dopo le Filippine. All’interno dei luoghi autorizzati è possibile oggi celebrare la messa. Nonostante orari per noi inusuali (le 5, le 6 del mattino dei giorni feriali, il primo pomeriggio della domenica...) le chiese sono piene. Folta
la partecipazione giovanile, certo anche in forza di un’età media decisamente bassa (28,2),1 ma non solo. Le celebrazioni, anche quelle feriali, sono sostenute da un’animazione che presuppone preparazione
e regia. Dal momento che le finestre sono griglie senza vetro, fanno
da schermo alla vista, ma non impediscono alle voci e ai suoni delle
celebrazioni di diffondersi tutto intorno.
Preparando l’abbigliamento per il viaggio, avevo intenzionalmente lasciato a casa ogni segno religioso, temendo che l’ostentazione potesse suscitare fastidio. Mi sono ritrovato in mezzo a giovani con il
crocifisso al collo e T-shirt esplicitamente... kerigmatiche; e prima dei
pasti, al ristorante, preghiera a voce alta con vistosi segni di croce.
settimana 9 giugno 2013 | n° 23
Doi moi – rinnovamento
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Anche i rapporti con il governo stanno evolvendo rapidamente.
Soprattutto con gli amministratori locali, ai quali sono delegate le
funzioni di controllo. Si apprezzano gli effetti del programma doi moi
(rinnovamento). Ci dice mons. Peter Kham, vescovo ausiliare: «La vita economica si sta sviluppando rapidamente, ma si manifestano anche una serie di problemi, soprattutto sociali. La forbice fra ricchi e
poveri sta allargandosi sempre più. Sono più diffusi prostituzione,
aborto, separazioni familiari e altri sintomi di malessere. Per la Chiesa, se si paragona il presente con la situazione del passato, il progresso
è evidente. Viviamo ancora forme di restrizione. Ad esempio, non si
trovano ospedali o scuole cattoliche in questo paese, perché sono monopolio dello stato. Però non abbiamo più bisogno di chiedere l’autorizzazione ufficiale al governo per accogliere nuovi studenti, per ordinare preti o per trasferire sacerdoti tra le diocesi del paese». Fino al
recente passato, vigeva un “protocollo” nei rapporti con le amministrazioni locali, che si potrebbe riassumere nel principio «tu chiedi e
io concedo»: richiesta di autorizzazione per ogni cosa (luoghi di culto, attività, seminaristi, ordinazioni...), contando di poterla ottenere
quasi sempre. Ora il “protocollo” è evoluto e ha assunto una modalità più contorta, ma più benevola: «tu mi informi, così io posso far finta di non sapere»... Le autorità locali preferiscono non si formuli
un’esplicita – e tanto meno formale – richiesta, perché questa li costringerebbe a dover firmare un permesso o un respingimento, entrambi fastidiosi per qualcuno. Però vogliono comunque avere il controllo di ciò che si fa ed esigono esserne pienamente informati.
«Negli ultimi quindici anni sono arrivate un centinaio di congregazioni religiose sul nostro territorio», ci dice il gesuita p. Thomas
Vu Quang Trung, incaricato per la vita religiosa. «Alcune di queste
erano già riconosciute dalle autorità locali. Molte di loro vivono ancora in condizione formalmente “clandestina”. Le autorità conoscono
bene le loro comunità e le lasciano vivere. In città le autorità amministrative sono mediamente giovani e di mente aperta; non ci sono
particolari problemi con loro. Ma molte delle congregazioni arrivate
qui di recente hanno una certa paura nei loro confronti; hanno sentito raccontare di abusi della polizia e di forme rigide di controllo.
Per questo preferiscono nascondersi. Un po’ alla volta anche loro scoprono che le autorità non sono ostili; che, se li contatti, puoi addirittura trovare un aiuto, e così vengono allo scoperto. Se sei riconosciuto dalle autorità locali, puoi svolgere le tue attività di tipo religioso,
puoi celebrare, puoi organizzare incontri».
Ci sono circa 200 congregazioni in diocesi, una su tre di origini locali le altre di fondazione straniera. 60 di queste congregazioni hanno qui la casa-madre e dunque, come altre 40, sono “riconosciute” dal
governo. L’altra metà preferisce la condizione di “basso profilo”. Sono circa 400 comunità, 6-7.000 religiosi, uomini e donne. 350 sono i
sacerdoti religiosi, e circa 5-6.000 religiose. I preti diocesani sono “solo” 260.
La “pastorale d’ambiente” (scuole e università, ospedali, media...) è
però sostanzialmente preclusa e l’unica forma ammessa è quella della parrocchia. La pastorale ordinaria guadagna il generoso apporto
dei religiosi e delle religiose, i quali però si sentono impossibilitati a
esprimere il proprio carisma apostolico. Si cerca di inserirsi a cuneo
negli spazi accessibili. Ad esempio, impossibilitati a possedere o gestire mezzi di informazione, si coltiva l’abilità dei giovani con il web,
anche qui molto frequentato. Si arriva a realizzare qualcosa di molto
simile a un canale televisivo, purché ci si mantenga entro il perimetro dell’annuncio. Oppure si percorre la via delle associazioni civili:
gruppi di professionisti, o espressione del territorio, diventano editori
di periodici in tutto simili alle nostre riviste diocesane.
«Alle suore è permesso aprire degli asili. In alcuni zone è stato concesso ai religiosi di organizzare scuole elementari per i bambini di
strada o per i figli dei migranti. C’è anche un caso di scuola secondaria, non ufficiale, che però può rilasciare pagelle e certificati. Molto di-
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La riforma della Costituzione
P. Vincent (i vietnamiti lo chiamano Vin Son, orecchiando la pronuncia francese) è stato fermato nel 2007 in aeroporto e, da allora,
non può più lasciare il paese. Non gli è stata contestata alcuna violazione della legge; si sa che le autorità non gradiscono il suo attivismo
per gli obiettivi di Giustizia e pace. Nel novembre scorso l’Assemblea
nazionale – il Parlamento composto per il 92% da rappresentati del
Partito comunista – ha indetto una consultazione popolare su un progetto di emendamento della Costituzione del 1992. «Ma la reazione
della società civile è andata molto al di là delle attese, dando luogo prima a una lettera intitolata Richiesta per una rifondazione della Costituzione, pubblicata sul web e in breve tempo firmata da migliaia di
intellettuali e personalità pubbliche, e poi a uno storico documento
firmato dai vescovi cattolici che appoggia la Richiesta e ne sviluppa
le istanze con ulteriori argomentazioni» (Regno-att. 6,2013,134).
Il 1° marzo la Conferenza episcopale ha reso pubblico il testo intitolato I vescovi cattolici del Vietnam trasmettono le loro osservazioni
e contributi circa il progetto di emendamento della Costituzione del
1992 (Regno-doc. 7,2013,232), nel quale sostengono con una franchezza sorprendente la necessità di «liberare la Costituzione dalle sue
contraddizioni e dalle sue incoerenze, perché essa possa convincere
la popolazione e guadagnarne la fiducia». «Ne abbiamo parlato nella
nostra parrocchia – dice p. Thomas – e gli agenti di sicurezza sono venuti per dirci che non abbiamo il permesso di diffondere il documento, perché viola la libertà dei cittadini. Io ho risposto che in quanto pastori abbiamo la responsabilità di aiutare i parrocchiani a discernere ed esercitare la loro responsabilità verso il paese. Far conoscere loro il documento è un modo per metterli in grado di aiutare il
governo nella guida del paese. Credo che questo non costituisca in
nessun modo una violazione della libertà».
P. Vincent sta spendendo il suo coraggio in questa campagna: «Ci
sono alcuni avvocati che collaborano con il mio ufficio Giustizia e pace per aiutare la gente a conoscere i loro diritti e ora stanno facendo
conoscere anche il processo di riforma della Costituzione. Stiamo cercando di diffondere il più possibile la Lettera della Conferenza episcopale, farla conoscere e spiegarla. Abbiamo preparato una sorta di
prontuario con 20 domande e 20 risposte sul contenuto». E aggiunge, con emozione: «In Vietnam ci siamo sentiti per lungo tempo soli. Ora, dopo la lettera della Conferenza episcopale, sappiamo di essere
sulla strada giusta. Nel passato, il silenzio dei vescovi mi lasciava dub-
bioso, non mi contrastavano e non mi sostenevano. Era molto triste.
Ci si chiedeva: quale strada dobbiamo percorrere? Nel passato qualche singolo vescovo mi ha dato supporto. Ora è molto meglio, perché è l’intera Conferenza episcopale a confermarmi».
La sfida della secolarizzazione
È una sfida maggiore il controllo del governo o il processo di secolarizzazione? «Entrambi», dice mons. Peter Kham. «Il governo comunista continua a voler controllare ogni cosa. Forse un po’ meno
del passato, ma persiste. Le politiche di sviluppo economico hanno
aperto porte verso il mondo esterno e questo ha reso più forte il problema della secolarizzazione. La maggioranza delle vocazioni viene
dalle periferie, non dal centro delle città. Se il processo di secolarizzazione si diffonderà velocemente, che ne sarà del nostro futuro?».
Sviluppo aggressivo, agenti chimici, politiche predatorie hanno devastato l’ambiente, da Sud a Nord, e sono rimasti molti poveri. Il 75%
della popolazione è in povertà. Ma anche l’ambiente culturale è minacciato. «Le giovani generazioni sono state private di valori fondamentali come la verità, la serietà», conferma p. Vincent. «Sembra che
li ignorino. Sembrano non distinguere il genuino dal falso. Anche per
quello che riguarda i prodotti, si accontentano delle imitazioni cinesi, perché costano meno. Ci vorranno generazioni per cambiare questo approccio alla realtà».
Le vocazioni sono ancora molto numerose e il governo non impone più di fatto il numero chiuso per i seminaristi. L’80% dei religiosi
è costituito da giovani. «Il problema è la qualità», dice p. Vincent.
«Qual è la ragione di tante vocazioni? È forse la possibilità di uscire
dalla povertà, di lasciare il proprio villaggio o il proprio paese? Il prete in Vietnam fa parte della classe alta; può disporre di denaro e gli
viene riconosciuto un certo potere. Dobbiamo essere molto avvertiti
nella selezione dei candidati. Per questo il nostro iter formativo è lungo, per darci la possibilità di plasmare adeguatamente la mente e il
cuore alla missione». Negli ultimi quindici anni sono approdate in
Vietnam molte congregazioni, pensando di attingere al promettente
bacino vocazionale. «All’inizio ignoravano il problema – dice p. Thomas – e hanno portato all’estero molti giovani che poi hanno lasciato, e così hanno perso molte vocazioni dopo aver speso molto denaro».
Ho chiesto a p. Thomas come traducono il carisma del discernimento, degli esercizi spirituali. «I giovani hanno molti più contatti
con il mondo, attraverso il lavoro come attraverso Internet, ad esempio. Perciò nelle parrocchie e nei centri pastorali organizziamo attività
di gruppo per aiutare i giovani a discernere. Ci sono piaghe sociali,
come l’aborto o il divorzio precoce, sempre più frequenti in Vietnam.
La perseveranza dei giovani è un problema che riguarda anche la vita consacrata. È importante in ogni campo, nella vita religiosa come
nella famiglia, che i giovani imparino ad affrontare le difficoltà, senza scoraggiarsi subito. Non si tratta di rispettare una legge, ma di imparare a essere liberi. È un problema serio».
Chiedo a p. Vincent quale sia il sogno che lo mantiene combattivo
nonostante le contrarietà. Mi risponde, visibilmente commosso: «Spero in un futuro di libertà per il mio paese. Abbiamo avuto l’indipendenza e l’unità, ora abbiamo bisogno della democrazia. Prego e faccio
quanto posso per riscattare la storia del mio paese. Come Chiesa possiamo farlo. Dobbiamo farlo».
Marcello Matté
1 Il 24,6% della popolazione è sotto i 15 anni; il 18,4% fra i 15 e i 24; il 44,4% fra i 25
e i 54 anni. Complessivamente, l’87,4% ha meno di 55 anni.
settimana 9 giugno 2013 | n° 23
pende dalle relazioni che si stabiliscono con le autorità locali. C’è un
accordo con le province US dei gesuiti e, da circa sei/sette anni, abbiamo un distaccamento della Loyola University di Chicago qui in
città. In questo modo alcuni professori possono venire a insegnare
qui in forza di un contratto fra i due Ministeri dell’educazione».
«Possiamo gestire strutture per accogliere ragazze madri, o bambini di strada, per i quali possiamo anche organizzare un servizio di
dopo-scuola che in alcuni casi è una vera e propria scuola», mi dice
p. Vincent Pham Trung, battagliero provinciale dei redentoristi. «Noi
abbiamo una casa per ragazze incinte e single, alle quali offriamo assistenza anche per aiutarle a portare avanti la gravidanza ed evitare
che considerino l’aborto l’unica soluzione. Nella nostra casa vivono
circa 20/25 di queste ragazze». Domando: «Dove trovate il denaro per
sostenere iniziative come questa?». «Possiamo contare soltanto sulle
offerte. Distribuiamo opuscoli, presentiamo i progetti pro-life nelle
parrocchie, nella predicazione invitiamo alla solidarietà a favore della vita. Spesso queste ragazze devono partorire di nascosto. Nella mia
casa sono nati più di 500 bambini in situazioni simili nell’arco di 10
anni!».
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