Anno II - Numero 178 - Martedì 30 luglio 2013
Direttore: Francesco Storace
BERLUSCONI IN CASSAZIONE MENTRE SI PUNTA ALLA NUOVA LEGGE ELETTORALE
CAMBIA TUTTO, TENIAMOCI PRONTI
Per la comunità della destra italiana è tempo di decidere
Roma, via Giovanni Paisiello n. 40
SOTTO ACCUSA LA MANCATA REVISIONE
38 I MORTI DEL PULLMAN
PRECIPITATO IN IRPINIA
di Francesco Storace
tare a guardare non ci è mai
piaciuto. Ed è per questo che
frustiamo, critichiamo, ci agitiamo. Da protagonista, una comunità di destra si è scoperta improvvisamente marginale, divisa, a tratti
inadeguata.
No, non va bene, mentre il mondo attorno
a noi scandisce una tempistica che su
noi comunque influirà.
Oggi si comincia col nuovo rito della
Cassazione. E tutti a fare i loro pronostici,
manco fosse la schedina. Vada come
vada, è il passaggio da un'epoca all'altra,
mi riesce difficile immaginare un altro
giro con Berlusconi candidato premier.
Tocca ad altri. Comunque.
Nei prossimi mesi, entro l'autunno, comunque anche in questo caso, accadrà
qualcosa da cui non potremo prescindere.
Ci sarà - e anzi dovremo tifare perché il
Parlamento ce la faccia - la nuova legge
elettorale. Il Porcellum non è davvero più
commestibile e comunque non conviene
alla destra italiana. Con la logica del due
per cento - e vale persino arrivare per
primi sotto soglia - ti leghi vita natural
durante ad alleanze che non discutono i
contenuti perché conta, se ce la fai, la
sola sopravvivenza; e, ancora peggio, la
tentazione più forte è quella di mettere
su bottega per raggiungere da soli il risultato. Mai più.
Si parla di correttivi all'attuale legge elettorale, tra cui lo sbarramento al 5 o addirittura al 6 per cento. Dal male può
nascere il bene, si dice al sud. Se varano
una legge del genere, saremo tutti - a
S
Controlli raddoppiati
Italiani spiati
ad ogni movimento.
Di conto corrente
isco sempre più spione,
italiani sempre più tartassati: secondo quanto
riporta il Sole 24 ore, è cresciuto infatti addirittura del
65%, in appena due anni,
il numero dei contribuenti
per i quali l'Agenzia delle
Entrate ha utilizzato indagini
finanziarie a supporto dei
‘normali’ accertamenti. Insomma, il numero dei controlli di fatto è più che raddoppiato. E, come se non
bastasse, ci si mette anche
la Guardia di Finanza. Le
indagini finanziarie delle
Fiamme gialle sono infatti
aumentate del 43% tra il
2011 e il 2012. Tutto questo
mentre alle porte bussa la
nuova super anagrafe dei
conti correnti: per ogni operazione, gli intermediari
devono inviare alle Entrate
i dati dei saldi iniziali e finali e gli importi totali
delle movimentazioni annue. Tutti i dati saranno
poi caricati in una "black
list" dove compariranno i
contribuenti a rischio evasione. L'attivazione del
nuovo archivio è prevista
per la fine dell'anno.
F
Oggi il D-Day del Cav davanti ai giudici di Piazza Cavour
Federico Colosimo e Micol Paglia a pag. 3
destra - costretti a guardarci negli occhi
e a smetterla con atteggiamenti di superiorità.
Ne abbiamo bisogno come il pane di
unità. Discutere, discutere e discutere e
alla fine decidere la forma, i contenuti, e
poi la leadership con una grande mobilitazione nel nome della democrazia.
Per fare tutto questo bisogno parlarsi e
l'ho detto ieri ad Alemanno, il quale prima
o poi comprenderà che cosa intendiamo
noi con la voglia di creare una destra
competitiva soprattutto perché unitaria e
poi porsi il problema delle alleanze.
Quando vorrà, lo dirò anche alla Meloni.
Ad Alemanno ho chiesto di spiegare che
cosa propone senza infingimenti anche
in un articolo per il nostro Giornale d'Italia.
I documenti promossi da esponenti politici
servono a radunare truppe. Il nostro quotidiano può essere utile al confronto fra
tutti. Basta volerlo. E magari dandoci appuntamento attorno a un tavolo. Ormai
ce lo chiedono tutti.
U
n chilometro contro
il guardrail, un tentativo di frenata inutile e poi un salto di trenta
metri. Uno schianto che è
stato fatale finora per 38
persone. Dieci invece stanno ancora lottando tra la
vita e la morte. È il tragico
incidente che domenica
sera ha coinvolto un autobus sulla A 16 a Monteforte
Irpino (Av) nei pressi del
viadotto Acqualonga. A
bordo anziani, adulti e bambini che da Telese Terme,
in Provincia di Avellino, e
La prima usa lo ‘ius soli’ per scalare Sel, l’altra per affermarsi con i media
Boldrini-Kyenge, coppia mediatica. E politica
di Igor Traboni
C
ecile Kyenge chiama, Laura Boldrini risponde. Oppure, invertite l’ordine dei fattori, tanto il prodotto
non cambia. Ieri la presidente della Camera è tornata a tirare la volata alle iniziative della ministra italocongolese. Ma soprattutto, ad arrampicarsi sempre un po’
di più sugli specchi e sulle specchiere
(“Chi è la più bella del reame politico?”).
E sul palco dei vertici Sel: oramai non è
più un mistero per alcuno che la Andrea
Riccardi in gonnella miri pure lei ad un
ruolo partitico. E quindi a scalare i
vertici di Sel, magari con poca gratitudine verso Nichi Vendola che pure l’ha
paracaduta alla presidenza di Montecitorio. Il prossimo passaggio è fissato
giusto tra un paio di giorni: la signora Boldrini andrà a
Bologna in rappresentanza del governo, alla commemorazione della strage della stazione. L’appuntamento che
ogni anno dà la stura a contestazioni di ogni tipo. Ma
stavolta, secondo il tam tam che filtra sui social network,
nessuno dirà nulla perché sulla Boldrini non si può. O comunque, vigerà la regola del silenziatore.
Tornando all’accoppiata tutta al femminile, la Boldrini
ieri ha rincarato la dose in merito alla legge sulla cittadi-
29 luglio 1900
Roma
nanza: "E’ sempre più necessaria per restare al passo con
i cambiamenti già avvenuti nella societa' italiana". Sembra
di sentire, a parte l’inflessione marchigiana, la signora
Kyenge. A proposito della quale, la Boldrini si è profusa in
salamelecchi, dicendo che “va ammirata per la compostezza, l'ironia, la misura utilizzate nel replicare alle offese
ricevute anche da figure istituzionali". Ma che sia in atto
una offensiva niente male, con un accerchiamento politico e mediatico sulla
questione della legge di cittadinanza,
è fuori discussione. Sempre ieri, ad
esempio, sono arrivate anche le forti
affermazioni di Filippo Bubbico, non
proprio l’ultimo dei governanti, visto
che nell’esecutivo Letta-Alfano ricopre
il ruolo di viceministro, con delega all’Interno. E che sembra avere anche
lui imparato a menadito la strofetta di madame Cecile:
“Un bambino figlio di immigrati che fa le nostre scuole
deve potersi sentire italiano. Dunque, avanti con lo ius
soli”.
E qui, gatta ci cova: Bubbico indica la linea d’azione del
governo? Oppure parla per se? Nel primo caso – che
pare verosimilmente il più probabile- qualcuno dovrebbe
comunque ricordare al parlamentare lucano che al governo
non ci sono lui, la Boldrini e la Kyenge.
Val di Susa
Quando Bresci uccise I Muse accusano:
No-Tav accusati
Re Umberto I° a Monza tangenti per il concerto di terrorismo
Emma Moriconi a pag. 5
Bruno Rossi a pag. 7
Gustavo Lidis a pag. 8
Calcio-scommesse
Per Mauri forse
solo omessa denuncia
Paolo Signorelli a pag. 11
dopo aver fatto tappa a Pietralcina nella terra di Padre
Pio, erano diretti nel capoluogo campano. Ancora da
accertare le cause della
tragedia, sulla quale la procura di Avellino ha aperto
un’inchiesta ipotizzando il
reato di omicidio colposi
plurimo e quello di disastro
colposo. Sotto accusa anche
la mancata revisione del
mezzo. Il Consiglio dei ministri ha intanto proclamato
per oggi una giornata di
lutto nazionale.
Barbara Fruch a pag. 9
STRAGE DI SANTIAGO
Il macchinista folle
in libertà vigilata
l macchinista del treno deragliato
mercoledì a Santiago di Compostela, dopo l’incriminazione
per "79 casi di omicidio per imprudenza", è stato rilasciato. Francisco José Garzon, che era in
stato di fermo, ieri è stato rimesso
in libertà poiché il magistrato ha
stabilito che "non esiste pericolo
di fuga né di distruzione delle
prove". Al macchinista è stato ritirato il passaporto e la licenza di
conducente per sei mesi.
Carola Parisi a pag. 6
I
VATICANO
Il Papa: lobby
da combattere,
dai gay allo Ior
utte le lobby vanno combattute, ad iniziare da quella gay
e passando per quelle finanziarie.
Lo ha sottolineato Papa Francesco, conversando con i giornalisti
ieri di ritorno dal Brasile. “Il problema – ha sottolineato il Pontefice argentino - è fare lobby e
questo vale per questo come per
le lobby gay, d'affari, le lobby
politiche, le lobby massoniche”.
Il Papa è poi tornato sulla necessità di riformare lo Ior ed è
tornato a dire il suo ‘no’ al sacerdozio femminile. A pag. 2
T
2
Martedì 30 luglio 2013
Attualità
DI RITORNO DAL BRASILE, IL PONTEFICE HA AFFRONTATO I TEMI DELLA PIÙ STRETTA ATTUALITÀ. SENZA NASCONDERSI DIETRO A UN DITO
Il Papa: no alle lobby, da quella gay allo Ior
L’Istituto verrà riformato, così come la Curia – Le donne sono una ricchezza per la Chiesa, “ma niente sacerdozio”
di Igor Traboni
D
i ritorno da Rio de Janeiro, stanco ma felice
per le intense giornate
assieme ai giovani di
tutto il mondo, Papa Bergoglio ha conversato a lungo con
i giornalisti, su tanti temi e tutti di
stretta attualità. Come al suo solito,
ha usato un linguaggio franco e
immediato, senza nascondersi dietro ad un dito. A partire dallo spinosissimo caso dello Ior:
LA VICENDA IOR - “Pensavo
di trattare la questione l'anno prossimo – ha detto il Papa argentino
- ma l'agenda è cambiata per i
problemi da affrontare a voi ben
noti. Come riformarlo e sanare
ciò che c'è da sanare? Ho nominato
una commissione «referente». Non
so come finirà lo Ior: alcuni dicono
che sia meglio avere una banca,
altri che servirebbe un fondo di
aiuto, altri ancora dicono di chiuderlo. Mi fido del lavoro delle persone dello Ior e della commissione
che stanno lavorando per questo.
Non saprei dire come finirà: si
prova, si cerca. Ma di certo qualsiasi cosa diventerà lo Ior, ci vuole
trasparenza e onestà”, ha puntualizzato il Pontefice.
LA CURIA DA RIFORMARE E
IL CASO SCARANO - Il PapaChe ha parlato anche di altre vicissitudini finanziarie che stanno
riguardando il Vaticano e, in particolare, la Curia romana con le
sue gerarchie: “Ci sono santi in
Curia, vescovi, preti e laici, gente
che lavora. Tanti che vanno dai
poveri di nascosto o che nel tempo
libero vanno in qualche chiesa e
esercitare il ministero. Poi c'è anche
qualcuno che non è tanto santo e
questi casi fanno rumore perché,
come sapete, fa più rumore un albero che cade che una foresta
che cresce. A me provoca dolore
quando accadono queste cose.
Abbiamo questo monsignore (il
riferimento è a Nunzio Scarano,
contabile dell'Apsa, arrestato nei
giorni scorsi che è in galera. Non
è andato in galera perché assomigliava alla beata Imelda! (uno
stinco di santo, ndr) Credo che la
Curia è un po' calata rispetto al livello che aveva un tempo, quando
c'erano alcuni vecchi curiali fedeli
che facevano il loro lavoro. Abbiamo bisogno del profilo dei vecchi curiali. Se c'è resistenza, ancora
non l'ho vista. È vero che non ho
fatto tante cose, ma ho trovato
aiuto, gente leale. A me piace la
gente che mi dice: "Io non sono
d'accordo". Questi sono i collaboratori leali. Poi ci sono quelli
che davanti a te dicono su tutto
"che bello", e poi magari quando
escono dicono il contrario. Ma di
questi non ne ho ancora trovati”,
ha precisato il Papa.
LE ACCUSE A MONS. RICCA
- Bergoglio ha parlato anche del
caso di monsignor Ricca, il prelato
dello Ior chiamato in causa per
una presunta condotta scandalosa,
con frequenze omosessuali quando era in Uruguay: “Ho fatto quello
che il Diritto canonico indica di
fare: una investigazione previa.
Non è stato trovato nulla di ciò di
cui veniva accusato. Non abbiamo
trovato niente! Tante volte nella
Chiesa si vanno a cercare i peccati
di gioventù e poi si pubblicano.
Non stiamo parlando di delitti, di
reati, come gli abusi sui minori
che sono tutt'altra cosa, ma di peccati. Ma se una persona laica, o
prete o suora ha commesso un
peccato e poi si è convertita e si
è confessata, il Signore perdona,
dimentica. Tante volte penso a San
Pietro che ha commesso il peccato
più grave, ha rinnegato Cristo.
Eppure lo hanno fatto Papa. Però
ripeto, su monsignor Ricca non
abbiamo trovato niente”.
NO AL SACERDOZIO FEMMINILE - Stimolato dai cronisti
sulla possibilità, a dire il vero assai
remota, che proprio lui possa
aprire al sacerdozio femminile, il
Papa ha detto: “Una Chiesa senza
le donne è come il collegio apostolico senza Maria. Il ruolo delle
donne è l'icona della Vergine,
della Madonna. E la Madonna è
più importante degli apostoli. La
Chiesa è femminile perché è sposa e madre. Si deve andare più
avanti, non si può capire una Chiesa senza le donne attive in essa.
Faccio in esempio che non c'entra
con la Chiesa: per me la donna
del Paraguay è una donna gloriosa.
Non abbiamo ancora fatto una
teologia della donna. Bisogna farlo.
Per quanto riguarda l'ordinazione
delle donne, la Chiesa ha parlato
e ha detto no. Giovanni Paolo II si
è pronunciato con una formulazione definitiva, quella porta è
chiusa. Ma ricordiamo che Maria
è più importante degli apostoli
vescovi, e così la donna nella Chiesa è più importante dei vescovi e
dei preti”.
LA LOBBY GAY - Il Papa venuto
da lontano non si è sottratto neppure alle domande sulla presunta
lobby gay in Vaticano: “Si scrive
tanto della lobby gay. Io finora non
ho trovato in Vaticano chi ha scritto
"gay" sulla carta d'identità. Bisogna
distinguere tra l'essere gay, avere
questa tendenza, e fare lobby. Le
lobby, tutte le lobby, non sono buone. Se una persona è gay e cerca
il Signore con buona volontà, chi
sono io per giudicarlo? Il problema
non è avere questa tendenza, il
problema è fare lobby e questo
vale per questo come per le lobby
d'affari, le lobby politiche, le lobby
massoniche”.
CATTOCOMUNISMO
E’ morto Tonini,
il cardinale rosso
sodale di Biagi
iumi di parole ieri sui giornali per la morte
del Cardinale Ersilio Tonini, scomparso domenica mattina a 99 anni. Con gran parte
della stampa tesa nella solita operazione di ‘incensare’ la Chiesa rigorosamente rossa. E di
buttarla a mare ogni qualvolta parla invece di
valori non negoziabili, vita, famiglia. Con Tonini
sono andati sul velluto, visto che il Cardinale
non ha mai risparmiato peana a favore della sinistra. Giornalista, scrittore, filosofo. "Sono un
nomade in viaggio per capire il nostro tempo'',
diceva di se stesso. E fu lui a spiegare in tv "I
dieci comandamenti all'italiana" nella trasmissione
con Enzo Biagi nel 1991. E proprio in difesa
dell'amico giornalista tuonera' poi contro il cosiddetto "l'editto bulgaro" pronunciato da Berlusconi, che secondo la vulgata di sinistra segno'
l'allontanamento dalla Rai di Luttazzi, Santoro e
dello stesso Biagi. Intervenendo nella trasmissione
"Annozero", Tonini disse: "Lo hanno ucciso. E'
stato un ostracismo. Enzo Biagi dava fastidio,
non era utile ed e' stato cacciato". "Biagi non e'
stato solo un uomo della tv, ma anche una
persona che ha combattuto per la giustizia e la
liberta', un uomo di una schiettezza piena. Non
si possono trattare gli uomini come pezzi da
giocare". Del resto, Tonini è stato uno dei tanti
uomini di Chiesa a cui è piaciuto non poco
aparire in tv, per rappresentare una Chiesa marcatamente di sinistra. Al settimanale Panorama,
nell'agosto del 1989, condannò - di fatto accettando questa definizione per sé - il termine 'cattocomunista', dichiarando: "Se c'è una parola
che mi infastidisce è questa. Cattocomunista è
una parola brutta, un'offesa priva di carità".
I.T.
F
“I sacrifici ci porteranno alla terra promessa”. Poi annuncia altre liberalizzazioni, ma ad ottobre
Letta si sente ‘messia’. E rimanda ancora
Soliti tentennamenti: “Dopo l’estate faremo il punto dei rapporti con il Parlamento”
Deve essere chiaro che i sacrifici non sono sacrifici
fini a se stessi, non sono l'obiettivo, ma lo
strumento per arrivare alla terra promessa'', ha
detto il premier Enrico Letta, parlando questa mattina
in una conferenza stampa assieme al greco Samaras.
Letta ha poi aggiunto: "La terra promessa verso cui
tendere è fatta di stabilita', crescita e occupazione''
Oltre a sentirsi il... messia, Letta ha preannunciato che
ad ottobre il governo presenterà un Piano - l'ennesimo
di questi anni - per le liberalizzazioni. Ma ancora una
volta l’ex vicesegretario del Pd ed ex uomo di punta
“
T
della Democrazia Cristiana, non ha sentito la sua fama
di temporeggiatore, visto che subito dopo ha aggiunto:
“A proposito delle liberalizzazioni, ora non sono in
grado di dire che cosa e quanto. Non voglio dare adito
a speculazioni: ci lavoreremo fra agosto e settembre".
Tra l’altro, Letta è sempre più convinto di essersi
insediato solo ieri, al massimo l’altro ieri: “Siamo
all'inizio della legislatura – ha detto con la solita
sicumera il premier pisano - Finita l'estate faremo una
messa a punto dei meccanismi di raccordo del rapporto
tra Governo e Parlamento, raccordo che e' decisivo"
Per quanto riguarda l'incontro con il premier greco
Antoni Samaras, Letta ha detto che sulla Grecia
l'Europa negli anni passati ha compiuto forti errori,
con strumenti e tempi sbagliati e questo ha fatto si'
che la crisi si avvitasse, provocando in tutta Europa
maggiore crisi finanziaria e maggiore disoccupazione.
Per Letta "se l'atteggiamento dell'Ue verso la Grecia
all'inizio fosse stato diverso ci sarebbe stato minore
disoccupazione e minore impatto della crisi finanziaria".
Poi Letta l’ha buttata sullo… storico, cercando di
salvare capra e cavoli per Italia e Grecia. Del genere:
mal comune, mezzo gaudio: ''Proprio l'occasione
delle due presidenze, greca e italiana, dell'anno prossimo
in Unione Europea e' l'occasione di dimostrare che
l'Europa e il futuro dell'Europa sono legati alla capacita'
che due Paesi dalle tradizioni millenarie che hanno
dato il loro dna alla cultura europea non sono due
Paesi del passato ma due Paesi del futuro''.
Dopo “Cucine Berloni”, gli asiatici si impossessano pure dell’abbigliamento sportivo
renta settembre: la “Sergio
Tacchini” cesserà le sue
attività nel Paese. Continua senza sosta l’inesorabile
smantellamento del Made in Italy. A mettere le mani definitivamente sulla storica azienda, con
oltre 50 anni di esperienza alle
spalle nell’abbigliamento sportivo, il colosso della “Hembly
International Holdings”; mentre la “Wintex” si occuperà
della valorizzazione del marchio.
Una parabola discendente: già nel 2007, per via della crisi,
il gruppo asiatico intervenne per salvare la società italiana,
che all’epoca sfiorava i 70milioni di euro di debiti. Una
manovra insufficiente che necessitò di un’ulteriore boccata
d’ossigeno: la H4T - una holding cinese che fa capo al presidente del gruppo “Hembly”, Billy Ngok - siglò un accordo
L’Italia saluta un’altra azienda
dal passato glorioso. Nel tennis,
la Tacchini mise fine all’era delle
cosiddette divise “all white”.
Grandi atleti furono testimonial
del marchio italiano: da Jimmy
Connors a Mc Enroe. Rabbia e rassegnazione tra i dipendenti. “E’ accaduto quanto
avevamo temuto, la cancellazione di quello che – ha spiegato il responsabile del settore
tessile della Cisl di Novara, Domenico Turri - era un tempo
la linea produttiva della Sergio Tacchini”. “La cessione ad
una finanziaria cinese – ha aggiunto il sindacalista - ha
visto ridurre ai minimi termini la produzione in Italia, sino
al totale trasferimento all’estero”.
In pochi giorni, dopo le “Cucine Berloni”, l’Italia dice
addio anche alla “Tacchini”.
Anche la Tacchini ai cinesi
Dal 30 settembre l’azienda cesserà tutta la produzione in Italia
di Giuseppe Sarra
di fornitura con la Tacchini. Nel 2012, però, altra battuta
d’arresto. La spa è stata costretta a smettere la produzione
nello storico stabilimento di Caltignaga, dove era iniziata
l’avventura del tennista. Poi, la “rivoluzione” societaria. La nuova proprietà, infatti,
ha già dato il via libera al trasferimento della sede di Bellinzago, dove peraltro erano rimasti solo il settore amministrativo e commerciale.
3
Martedì 30 luglio 2013
Attualità
NEL POMERIGGIO LA CASSAZIONE (MA IL VERDETTO POTREBBE “SLITTARE” A DOMANI) DECIDERÀ LA SORTE DI SILVIO BERLUSCONI
“Mediaset”: ultimo atto. Forse
Gli “ermellini” dovranno stabilire se la condanna a 4 anni (e 5 di interdizione dai pubblici uffici) deve essere confermata,
annullata o se debba essere modificato il capo d’imputazione. Sempre con un occhio all’impellente prescrizione
di Micol Paglia
rocesso “Mediaset”. Ultimo atto. Anzi. Processo
“Mediaset”, ultimo atto?
L’incognita è d’obbligo
quando si parla delle beghe giudiziarie del Cav. L’unica
certezza è che oggi è davvero il
giorno “x” per Silvio Berlusconi.
La Corte di Cassazione dovrà infatti
stabilire che cosa ne sarà delle accuse (e delle sentenze di condanna)
a carico dell’ex Presidente del Consiglio, al quale viene contestata una
frode fiscale da 7,3 milioni di euro.
Ma procediamo con ordine.
Preambolo - I fatti risalgono al
2002-2003. Il Cavaliere avrebbe
“truccato” i bilanci di Mediaset
(senza però firmarli e senza che
chi li ha firmati, cioè Fedele Confalonieri, sia imputato) in riferimento
ad alcuni diritti tv negoziati all’estero,
per la precisione in Egitto, con un
ricarico del 50%. Grazie all’aiuto
del produttore Frank Agrama che,
secondo l’accusa, non sarebbe stato
altro che una “testa di legno”, un
prestanome che agiva in nome e
per conto di Berlusconi stesso. La
difesa del Cav. sostiene da sempre
che Agrama sia invece a tutti gli effetti un intermediatore finanziario.
La faccenda è complessa. Quindi
P
è bene partire dai
punti fermi per capire
quali possibilità ha, di
fatto, difronte il Cav.
La Cassazione dovrà
decidere sulla base
di una “doppia conforme”. Ossia, caso
abbastanza raro, in cui
sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno inquadrato la faccenda
con le stesse coordinate: cioè svolgimento dei fatti e
pena richiesta (4 anni di reclusione
e 5 anni di interdizione dai pubblici
uffici, come misura afflittiva accessoria).
In caso di conferma - Se gli “ermellini” dovessero confermare le
sentenze precedenti, per Berlusconi
arriverebbe la prima condanna definitiva della sua lunga ed oramai
leggendaria epopea giudiziaria.
Ovviamente, ça va sans dire, il Cav.
non finirebbe in prigione. Avendo
76 anni (e dovendone compire 77
il prossimo 29 settembre) la legge
prevede che gli vengano automaticamente concessi gli arresti domiciliari. Non solo, grazie all’indulto
voluto da Clemente Mastella nel
2006, 3 dei 4 anni previsti dalla
sentenza verrebbero condonati.
La vera pena da scontare in toto (e
per quella non ci sono Santi in Paradiso che tengano) è l’interdizione
dai pubblici uffici che scatta in automatico per una condanna di questo tipo. Cinque anni in cui Berlusconi non potrebbe sedere su uno
scranno parlamentare, decadendo
–ovviamente- dalla carica di senatore. In questo caso, si potrebbe
parlare di pena definitiva. Perché
ad 81-82 anni davvero Berlusconi
non potrebbe riproporsi come guida
politica di qualsivoglia partito. Pdl
o Forza Italia che sia. L’unica possibilità (e si tratterebbe di un “unicum” nella storia della Repubblica),
il suo partito potrebbe ostacolare
il voto sulla declaratoria di decadenza. Siccome si parla del Cav.
nessuna possibilità dovrebbe sor-
prendere.
In caso di cassazione
- Se la Suprema Corte
scegliesse invece di
accogliere uno dei
cinquanta motivi di ricorso che hanno spinto il nuovo legale di
Berlusconi, il professor
Franco Coppi, ad impugnare la sentenza
d’Appello, ci si troverebbe difronte a due
possibili scenari. Una
“cassazione” con o senza rinvio.
Nel primo caso, gli “ermellini” rinvierebbero la decisione della questione nuovamente alla Corte d’Appello di Milano, per ridecidere il
caso. Indicando nello specifico quale
sia il punto della precedente decisione che deve essere rivisto. Il
tutto (e cioè un nuovo secondo grado di giudizio ed eventuale nuova
Cassazione) dovrà essere celebrato
entro e non oltre settembre del
2014, quando scatterà la prescrizione per i fatti commessi nel 2003
(fra appena un mese e mezzo, invece, si prescriveranno i fatti commessi entro il 2002).
In alternativa, la Cassazione potrebbe semplicemente annullare,
senza rinvio. Scegliendo di scrivere
la parola “fine” alle vicende del
processo Mediaset. Assolvendo con
formula piena l’illustre imputato.
La terza via - Però, c’è sempre un
però. E cioè esiste un’ulteriore possibilità. Quella della cosiddetta riqualificazione. Si tratta di un’ipotesi
tutt’altro che remota e che prevedrebbe un cambio del capo di imputazione. Da frode fiscale, ad infedele dichiarazione (in sostanza,
si passerebbe da un reato su base
dolosa ad uno su base colposa).
La Cassazione d’altro canto non
potrà non tenere conto dell’assoluzione (in udienza preliminare, sic!)
di Silvio Berlusconi nei due processi
gemelli: “Mediatrade” e “Mediatrade Roma”. I quali poggiavano
su un impianto accusatorio esattamente speculare a quello Mediaset.
In caso di rinvio - Ultimissima carta
che potrebbero giocare i legali del
Cav. (o, in alternativa, quelli degli
altri imputati) sarebbe il rinvio dell’udienza. Possibilità che potrebbe
comportare il rischio della prescrizione per la parte di reato riferibile
ai fatti del 2002. Staremo a vedere.
Molto probabile è che si arrivi a
sentenza soltanto domani, a causa
della complessità e lunghezza di
requisitorie e arringhe.
Comunque vada, per Silvio Berlusconi, il 30 luglio è davvero il giorno
del giudizio. Definitivo?
Trent’anni di accanimento, ma fino ad ora i passaggi in giudicato sono pari allo zero
Le vicende giudiziarie del Cavaliere dal 1983 ad oggi
Dal presunto e mai accertato traffico di stupefacenti dalla Sicilia, al caso Ruby,
passando per le accuse infamanti di concorso esterno in associazione mafiosa
di Federico Colosimo
ggi, per Silvio Berlusconi è il giorno del
giudizio. Ma l’insistenza giudiziaria da parte
degli inquirenti nei suoi confronti, parte da
molto lontano. Il fondatore di Fininvest è stato indagato e/o processato ben 34 volte. Le condanne
definitive? Zero. Per tanti motivi: per via di numerosissime assoluzioni, naturalmente, ma anche per
declaratorie di prescrizione, amnistie e depenalizzazione dei reati contestati. Fatto sta che il leader
del Pdl, volenti o nolenti, dai processi penali ne è
uscito praticamente sempre da vincitore.
Traffico di droga - Tutto ebbe inizio nel 1983,
quando la Gdf, nell’ambito di un’inchiesta su un
traffico di droga, mise sotto controllo i telefoni di
Berlusconi. Per i militari, l’imprenditore avrebbe finanziato un intenso traffico di stupefacenti - provenienti dalla Sicilia – sia in Francia che in altre
regioni italiane. L’indagine non accertò nulla e 8
anni più tardi ecco arrivare l’archiviazione.
Falsa testimonianza sulla P2 – Nel 1990, la prima
condanna (inutile): la Corte d’Appello di Venezia lo
dichiara colpevole di aver giurato il falso davanti ai
giudici a proposito della sua iscrizione nella lista
P2. Il reato, però, viene dichiarato estinto per intervenuta prescrizione (1989).
Tangenti alla Gdf - Berlusconi è accusato di aver
pagato tangenti a ufficiali della Gdf per “ammorbidire”
i controlli fiscali su quattro delle sue società (Mondadori, Mediolanum, Videotime, Telepiù). Dopo le
condanne in primo e secondo grado, la Cassazione
(nel 2001) assolve l’imputato Berlusconi per non
aver commesso il fatto.
G8 - Nel 1994, un altro avviso di garanzia (poi dimostratosi infondato) consegnato a mezzo stampa
– sono passati 19 anni ma non è cambiato niente –
O
dal Corriere della Sera durante il G8 che si teneva a
Napoli.
Viganò e Verzellesi - Il 28 gennaio 1995, Berlusconi
viene nuovamente iscritto nel registro degli indagati
– perché accusato di falso in bilancio - nel processo
“Viganò Verzellesi”. Il procedimento è stato archiviato
(l’8 agosto del 2000).
Tangenti a Craxi (All Iberian 1) – il 12 luglio 1996,
il Cav viene rinviato a giudizio per i reati di finanziamento illecito e falso in bilancio. Secondo l’accusa,
l’imprenditore avrebbe versato illegittimamente 22
miliardi di lire al Partito Socialista Italiano guidato
da Bettino Craxi (coimputato nel processo per il
medesimo reato). Il denaro sarebbe partito da fondi
occulti della società berlusconiana Fininvest per
finire nei conti svizzeri del PSI. Il 17 giugno 1998,
un mese prima della sentenza di primo grado, il
processo viene diviso in due tronconi. Il processo
All Iberian 1 si è concluso il 22 novembre del 2000,
quando la Cassazione, confermando la sentenza
d’appello (2 anni e 4 mesi di reclusione) ha dichiarato
il proscioglimento dell’imputato per intervenuta
prescrizione del reato (finanziamento illecito al PSI).
All Iberian 2 – Berlusconi, nel banco degli imputati
per falso in bilancio, viene assolto nel 2005 dal Tribunale di Milano perché il fatto non costituisce
(più) reato.
Processo Lentini – il Cav, accusato anche qui di
falso in bilancio (nel 1995), viene prosciolto per intervenuta prescrizione.
Medusa cinematografica – Incolpato di comportamenti illeciti nelle operazioni d’acquisto della
società Medusa, viene assolto (nel 2000) in appello
con formula dubitativa.
Terreni di Macherio - L’imprenditore, nei guai per
l’acquisto dei terreni intorno alla sua villa di Macherio,
viene assolto dalle accuse di appropriazione indebita
e frode fiscale (nel 1999) e salvato dall’amnistia
per uno dei due falsi in bilancio contestatigli.
Lodo Mondadori – Sospettato di aver corrotto i
giudici di Roma durante le operazioni della Sme,
rinviato a giudizio insieme a Previti e Squillante,
viene assolto dal Tribunale di Milano (nel 2007).
Spartizione pubblicitaria Rai-Fininvest - Nella
bufera per aver indotto la Rai – da Presidente del
Consiglio – a concordare i tetti pubblicitari con la
Fininvest, la Procura di Roma, non avendo raccolto
prove a sufficienza, ha chiesto e ottenuto l’archiviazione.
Tangenti fiscali sulle pay-tv – Accusato di aver
pagato tangenti a dirigenti e funzionari del ministero
delle Finanze per ridurre l’Iva dal 19 al 4% sulle pay
tv per ottenere rimborsi a favore, anche qui, i
giudici capitolini hanno chiesto e ottenuto l’archiviazione.
Stragi del 1992 e 1993 – Le procure di Caltanissetta
e Firenze indagano sui cosiddetti “mandanti a volto
coperto” delle stragi del 1992 (Falcone e Borsellino)
e 1993 (a Firenze, Roma e Milano). Le indagini sull’eventuale ruolo di Berlusconi e Dell’Utri si concludono con un nulla di fatto.
Mafia – La Procura di Palermo indaga sul Cavaliere
per mafia: concorso esterno e riciclaggio di denaro
sporco. Nel 1998 l’indagine viene archiviata per
scadenza dei termini massimi.
Telecinco – Berlusconi, accusato in Spagna di violazione della legge antitrust, frode fiscale e reati
vari (quali riciclaggio di denaro), viene assolto nel
2008 dalla Corte di Cassazione iberica.
Caso Saccà – L’ex premier, incolpato dai magistrati
napoletani di aver corrotto l’allora presidente di
RaiFiction, Agostino Saccà, rimedia l’ennesima archiviazione (nel 2009).
Corruzione avvocato Mills – accusato di corruzione
in atti giudiziari per aver pagato la falsa testimonianza
di David Mills nei processi sulle tangenti alla Guardia
di Finanza e All Iberian, viene prosciolto dal reato
ascritto per intervenuta prescrizione.
Voli di Stato – Le indagini si riferivano ad un
presunto abuso nell'utilizzo degli aerei del 31º
stormo dell’Aeronautica militare di stanza a Ciampino.
Anche qui, nel 2009, ecco l’archiviazione.
Innocenzi – Annozero – Per i pm di Trani, il Cavaliere
“avrebbe esercitato pressioni sull’Agcom per arrivare
alla chiusura di Annozero”. Il 31 gennaio 2013,
ancora un’archiviazione.
Ruby – in primo grado Berlusconi è stato condannato
a sette anni di reclusione per i reati di concussione
e prostituzione minorile, oltre all’interdizione perpetua
dai pubblici uffici, per gli ormai celebri festini di
Arcore.
Unipol – Per le intercettazioni Fassino-Consorte, il
Tribunale di Milano ha condannato l’ex premier ad
un anno di reclusione per un articolo pubblicato da
“il Giornale” (di cui il fratello Paolo è editore e proprietario).
Laurea Di Pietro – Dopo che il Cavaliere ha più
volte messo in dubbio la legittimità della sua laurea,
l’ex pm lo ha querelato per diffamazione aggravata.
La Cassazione, dopo che il Tribunale di Viterbo ha
ritenuto non punibile Berlusconi, ha ordinato un
nuovo processo.
Corruzione De Gregorio – Il Cav è accusato dai pm
di Napoli di aver corrotto (nel 2006) il senatore De
Gregorio con 3 mld di euro per favorire il suo passaggio tra le fila del Pdl. Berlusconi è tutt’ora
indagato.
Per il leader del Pdl, la canzone “nessuno mi può
giudicare”, di Caterina Caselli, è tutt’altro che appropriata. Meglio “come te non c’è nessuno” (in
senso ironico), di Rita Pavone.
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Martedì 30 luglio 2013
Anniversari
La seconda parte dello speciale sulla turbolenta gioventù del Duce nell’anniversario dei 130 anni dalla sua nascita (29 luglio 1883)
Benito Mussolini: il figlio del fabbro
Dal 29 settembre 2013 al 31 maggio 2014 la prima mostra storica inedita sugli anni giovanili
di Emma Moriconi
omincerà il 29 settembre 2013 e si protrarrà
fino al 31 maggio 2014
la prima mostra storica sugli anni giovanili
di Mussolini presso la casa Natale del Duce a Predappio.
Duecento le opere in mostra,
molti gli inediti. È il Mussolini
meno noto, quello che emergerà dall’esposizione: gli anni
della gioventù, il socialismo, il
legame con la sua terra. E’ il
Mussolini uomo, quello sconosciuto ai più.
Le opere provengono da collezioni private e archivi di Stato:
lettere, cartoline, foto, articoli,
opuscoli, ritratti di quello che
diventerà uno dei personaggi
più emblematici della storia
d’Italia.
La mostra, sottolineano gli organizzatori, non vuole né celebrare né denigrare, ma essere uno strumento per storici
e pubblico per guardare Benito Mussolini da un’angolazione nuova e, appunto, inedita. Sono pezzi di una storia
finora sommersa, quasi dimenticata, o volutamente marginalizzata dall’ostracismo e
dalla demagogia. Dopo questa mostra, in programma una
seconda esposizione dedicata
al Mussolini interventista della
Grande Guerra.
Le irrequietezze giovanili
Per Mussolini giornalista le querele non si contavano, e l’irrequieto Benito non placò le sue
invettive politiche e giornalistiche
(ma neppure la passionalità e
l’ardore) nel rapportarsi con il
gentil sesso: il suo repertorio
di conquiste cresceva sempre
di più. Tra le tante storie d’amore,
più o meno intense e più o
meno durature, dirompente fu
la vicenda amorosa con l’istitutrice Ida Delser. Più grande di
lui, si atteggiava ad intellettuale.
Riferì la sorella Edvige, sul triste
epilogo della storia: “al figlio
C
avuto da lei, Benito diede il suo
nome. Passò, per il mantenimento del bimbo, un mensile
alla madre; provvide a farlo educare … ma ella era sempre all’erta per incontrare mio fratello
o Rachele: era pronta ad inveire
con parole aspre … lettere insultanti, con maledizioni per i
Mussolini tutti! … Ida Desler
morì tristemente in una casa
per alienati. Triste ed amara fu
anche la morte del figlio nato
dalla sua relazione con Benito
…”.
Nell’estate del 1909 venne condannato, per le polemiche giornalistiche, a cento corone di
multa e otto giorni di prigione.
E a settembre arrivò un altro
ordine di arresto e di perquisizione personale e domiciliare,
“procurando di evitare qualsiasi
pubblicità per iscansare eventuali disordini”.
Cesare Battisti si scagliò, due
giorni più tardi, dalla colonne
de Il Popolo, contro questa manovra, ma i suoi interrogativi
non ottennero risposta. Intanto,
l’istruttoria contro l’agitatore romagnolo procedeva velocemente. Fu processato a Rovereto
e assolto, ma il suo arresto venne
mantenuto: in carcere gli era
stato notificato il decreto di sfratto
“dai Paesi e Regni dell’Impero
austriaco”.
Rachele, ovvero “Chiletta”
In questo periodo il giovane
Mussolini alternava le lotte politiche alle passioni romantiche:
come il padre, era ardente ma
incostante. Quando conobbe
Rachele Guidi, lei aveva 16 anni,
ed era molto bella. Raccontò
Edvige: “fu tanto pronta, dopo
essersi innamorata di mio fratello,
a seguirlo, quanto egli era stato
pronto ad invaghirsi dei suoi
capelli, dei suoi occhi, della sua
persona. I due misero su casa
insieme a Forlì, al numero 2 di
via Merenda, ed ivi nacque la
loro primogenita, che fu chiamata Edda Rosa Edvige”.
La madre della giovane le con-
sigliò prudenza. Lei, naturalmente, non la ascoltò, e Benito
minacciò, con la pistola alla
mano, di uccidere la donna e
di suicidarsi se qualcuno si fosse
frapposto alla relazione. La portò
quindi con sé a Villa Carpena,
e poi a Forlì.
Alla fine del 1909 andò a dirigere
il nuovo settimanale “Lotta di
Classe”, e rifiutò l’aumento dello
stipendio a 200 lire: “ la nostra
Federazione è troppo giovane
per cacciarsi sullo stomaco un
simile onere finanziario”, disse.
Il primo numero di Lotta di Classe uscì il 9 gennaio 1910. A chi
gli suggeriva di ritagliare, per
economizzare, articoli da altri
giornali socialisti, rispondeva:
“il giornale io lo scrivo: lo faccio
con la penna, non con le forbici!”
La testata è l’occasione per una
lotta senza quartiere contro i
proletari borghesi : “Forlì, che
fu in passato città di forti entusiasmi, rimbecillisce a perdita
d’occhio fra il ballo, lo sport, la
lettura ricostituente dell’Amore
Illustrato e la protezione della
massoneria socialoide. Io propongo che si scambi lo stemma
cittadino: al posto dell’aquila si
metta un grande specchio e un
imberbe ben pettinato che vi si
rimira grattando una chitarra.”.
L’ascendente che Benito Mussolini aveva sulle masse era
qualcosa di eccezionale e di
immenso: portò i socialisti della
sua federazione a battaglie memorabili, preoccupando non
poco gli avversari, che non gli
risparmiavano violente invettive.
Dopo la nascita di Edda, il padre
morì improvvisamente: “scrivo
queste poche righe con trepida
mano non per essere una biografia o un elogio, ma semplicemente per deporre l’ultimo
omaggio della mia devozione
sulla tomba di mio padre e per
aggiungere qualche documento alla storia dell’Internazionale
romagnola.
Nella foto, la casa natale di Benito Mussolini a Predappio
Benito Mussolini
… di beni materiali non ci ha
lasciato nulla. Di beni morali ci
ha lasciato un tesoro: l’Idea. Ed
ora, dopo la sosta funebre, riprenda la Vita i suoi diritti e il
suo cammino”.
“Un certo Mussolini Benito che
si esprime da autentico contadino”
Il Congresso Socialista del 1910
fu la prima platea nazionale
del futuro Duce. “Ha la parola
il compagno Musolino”, disse
il presidente. La gaffe lo innervosì e parlò in modo concitato
e critico: “I socialisti non hanno
capito nulla del conflitto di Romagna. Ci avete dato sempre
una solidarietà piagnona, avete
sempre parlato di fratellanza
universale. Ma queste sono storie! Là si vive in piena rivoluzione, e voi continuate a non
rendervene conto”. Goffredo
Bellonci, per Il Giornale d’Italia,
parlò di “un certo Mussolini
Benito che si esprime da autentico contadino”. Ne rise, Benito, con la sorella Edvige: “Questo signor Bellonci non sa egli
stesso quanto abbia colpito
giusto!”
Nella stessa cella di Pietro Nenni
Rientrò a Forlì con la determinazione di fare una battaglia
contro i “rivoluzionari in pantofole”, che attaccava anche i
capi del Partito Socialista. Si
schierò contro la guerra italoturca, mettendo insieme socialisti e repubblicani di Forlì e
sabotando, nella manifestazione
di sciopero generale, la linea
Forlì-Mendola, con mucchi di
sassi rovesciati sui binari. Gli
scioperanti invasero la stazione
per impedire la partenza dei
richiamati alle armi: “Lo sciopero generale è, a Forlì, un’impressionante dimostrazione della potenza proletaria”, scrisse
l’Avanti!.
Il 14 ottobre 1911 venne arrestato, come il giovane repubblicano Pietro Nenni: per entrambi i capi d’imputazione
sono resistenza alla forza pubblica, violazione della libertà
dei richiamati sotto le armi, le-
sioni personali a pubblici ufficiali, forzata chiusura di esercizi
e di stabilimenti industriali, rottura e asportazione di fili telefonici. La pena fu di un anno di
reclusione, ma uscirono in anticipo, nel febbraio del 1912.
La scalata al Partito e all’Avanti!
Il 14 marzo l’anarchico Antonio
d’Alba attentò alla vita di Vittorio
Emanuele III: tre deputati socialisti si unirono alle congratulazioni per lo scampato pericolo. Gli iscritti al partito protestarono, e fu convocato in anticipo il Congresso, nel quale
Benito chiese l’espulsione dei
tre “per gravissima offesa dello
spirito e della tradizione socialista”. Stravinse: gli espulsi
fondarono il Partito Socialista
Riformista, altri restarono fuori
dalla direzione, Treves cedette
la direzione dell’Avanti al rivoluzionario Bacci.
Dopo il Congresso, l’attenzione
fu tutta sul giovane Mussolini. Il
Corriere della Sera scrisse:
“magro, aspro, che parla a scatti
con sincerità, piace al Congresso, il quale sente di avere
in lui un interprete dei suoi
sentimenti”. Il Giornale d’Italia
lo definì “capo degli intransigentissimi”. Prima della fine
dell’anno, la Direzione del Partito affidò a Benito Mussolini la
direzione dell’Avanti!.
Portò in breve l’Avanti! dalle
ventottomila copie alle centomila. Vivo, spregiudicato, denso,
appassionava e travolgeva i lettori.
Nel 1913 gridò la sua indignazione dalle colonne dell’Avanti!
per le vittime tra gli scioperanti
di Roccagorga, sostenendo il
diritto di vendicarsi “non metaforicamente, con la scheda
soltanto”, ma “uccidendo per
non essere uccisi”: rinviato a
giudizio, si difese con spavalderia e conquistò la corte. L’assoluzione fu un trionfo.
Alle elezioni del 1913 accettò
la candidatura per il Collegio
di Forlì, ma ne uscì sonoramente
sconfitto: “nemo propheta in
patria” commentò ridendo. La
lotta non si sarebbe fermata.
Il distacco dai compagni socialisti
e il Popolo d’Italia
Alla fine del 1914 Benito Mussolini diede un sonoro cambio
di rotta alla sua politica: “L’ostilità
del mio partito alla guerra non
è assoluta. Essa certamente cesserà nel caso in cui l’Italia dovesse schierarsi con il blocco
dei Paesi dell’Intesa”. È la frase
che gli fruttò l’appellativo di
“uomo di paglia” da parte dell’anarchico interventista Massimo
Rocca.
Il 19 ottobre il fondo del direttore
dell’Avanti! titolava: “dalla neutralità assoluta alla neutralità
operante”. Il Partito non gradì:
il direttore dell’Avanti! Prese
congedo. Il 15 novembre nelle
vie e nelle piazze di Milano i
venditori ambulanti di giornali
urlavano: “Il Popolo d’Italia!”. Il
ribelle di Predappio non si era
arreso, e titolava: “Audacia”.
Due mesi dopo i Fasci d’Azione
Rivoluzionaria fondati da Mussolini contavano 5000 aderenti
sparsi per il Paese: “io penso
che qualcosa di grande e di
nuovo può nascere da questi
manipoli di uomini che rappresentano l’eresia ed hanno il coraggio dell’eresia. Oggi è la
guerra. Domani sarà la Rivoluzione”.
Il 31 agosto 1915 giunse la cartolina-precetto. Il 2 settembre
era già al fronte: il Popolo d’Italia
pubblicò via via il suo diario di
guerra. Le sorti della Grande
Guerra e l’epopea fiumana sono
fatti noti. La rivoluzione fascista
e l’ascesa di Mussolini, alla fine
degli anni Dieci, erano ormai
inarrestabili. Il 23 marzo 1919,
nel circolo di Piazza San Sepolcro a Milano, si gettarono le basi
del Fascismo. Il 15 aprile i Fasci
di Combattimento erano già 82,
i fascisti 14.000. Il 28 ottobre
del 1922 le camicie nere marciarono su Roma. Il giorno successivo il capo del Fascismo riceveva dal re l’incarico di costituire il nuovo Gabinetto.
Il figlio del fabbro era diventato
il Duce d’Italia.
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Martedì 30 luglio 2013
Anniversari
Un'Italia divisa a metà decreta la morte del sovrano. La mano omicida di Gaetano Bresci stronca la sua vita
29 luglio 1900: l'assassinio di re Umberto
Le ultime ore del "re buono", il clima avvelenato dall'anarchia e le esequie: l'inizio del
nuovo secolo segnato dal sangue - Ecco un’altra pagina di storia troppo presto rimossa
di Emma Moriconi
l'inizio del nuovo secolo, l'età umbertina
è al suo ventiduesimo
anno. Re Umberto è
amato e odiato: è così
per tutti i capi. Si è conquistato
l'appellativo di "re buono" per
aver fronteggiato sciagure
come l'epidemia di Napoli del
1884, quando si era prodigato
personalmente nei soccorsi, e
per aver abolito la pena di
morte con la promulgazione
del codice Zanardelli. Un pezzo
d'Italia, invece, lo avversava pesantemente per il suo conservatorismo, per le repressioni
dei moti popolari del 1898, e
per aver insignito il generale
Fiorenzo Bava Beccaris per la
sanguinosa azione di soffocamento delle manifestazioni di
Milano. L'Italia è divisa a metà:
da una parte le forze conservatrici, dall'altra il proletariato
oppresso. È questa l'Italia che
condanna a morte Umberto I,
per mano di un anarchico.
È
Quel 29 luglio
È il 29 luglio, il primo del nuovo
secolo: i conflitti mondiali ancora
non hanno sconvolto il Paese,
ma il clima è rovente e il divario
tra le classi sociali comincia a
rivelare la sua insofferenza. Fa
caldo, in questa calda giornata
d'estate, e il re in serata deve
presenziare al saggio finale della
società ginnica monzese "Forti
e Liberi". Durante il giorno è
andato a messa con la regina
Margherita, la cugina che ha
sposato il 22 aprile del 1868, e
dopo aver pranzato ha riposato
un po' e fatto una passeggiata
nel parco. Dopo cena, nell'avviarsi al saggio, ha chiesto la
carrozza scoperta. Fa caldo, anche di sera. Con il sovrano ci
sono il generale Ponzio Vaglia,
ministro della Real Casa, e il
generale Avogadro di Quinto.
In un'altra carrozza salgono il
maggiore Marciani e due maestri di cerimonia. Sono le 22.30
quando il re scende dal palco,
mentre la banda del paese intona l'ultima marcia reale per
re Umberto I di Savoia. "Era
molto tempo che non assistevo
in mezzo al mio popolo a una
dimostrazione di simpatia così
cordiale" dice il re, pochi istanti
prima di salire sulla carrozza.
Umberto indugia qualche istante. Le tre detonazioni si mescolano con gli applausi scroscianti.
C'è confusione, molti non si accorgono neppure che si è attentato alla vita del re. La prima
rivoltellata colpisce il sovrano
alla gola, la seconda al cuore,
la terza va a vuoto. Nel precipitoso ritorno verso la Villa Reale
Umberto I muore. Mentre la
carrozza corre verso la reggia,
in piazza l'attentatore viene circondato e preso a bastonate
dalla folla che grida: "a morte!
A morte!" Lo salvano le forze
dell'ordine, che lo sottraggono
alla furia popolare e lo traggono
in arresto. Si chiama Gaetano
Bresci, è un anarchico ed è nato
a Prato nel 1869. Il probabile
movente potrebbe essere la
vendetta per la repressione dei
moti di Milano. Era "un giovanotto
mingherlino vestito da operaio,
piuttosto tarchiato, dal viso rotondo e grassoccio, dall'aspetto
intelligente, dai baffetti neri e
dall'occhio vivace" secondo la
descrizione del Corriere della
Sera del 30 luglio 1900.
La carrozza, intanto, è giunta a
destinazione: Margherita è una
donna forte, reagisce alla tragedia con compostezza, si occupa prima delle formalità, poi
si inginocchia vicino alla salma
del marito, dove resta per tutta
la notte. All'alba manda a chiamare la sua rivale, l'amante del
re Eugenia Litta Visconti Arese.
Lei è stata già avvertita nella
notte: vive subito al di là del
Nella foto, i titoli dei giornali dell’epoca
Nelle foto sopra, da sinistra a destra, Re Umberto di Savoia e Margherita Maria Teresa Giovanna di Savoia
parco reale. Margherita, quando
Eugenia arriva, la lascia sola
con la salma di Umberto. Regale
fino alla fine, finanche nel dolore.
Nella notte sono stati avvertiti
tutti i Savoia, anche il nuovo re
Vittorio Emanuele, il futuro Imperatore d'Etiopia, che viene
raggiunto dalla notizia mentre
è in crociera nel Mediterraneo
con la moglie Elena. Appena
arrivato, il 1 agosto, il trentenne
sovrano è accolto dalle braccia
della madre Margherita, poi
entra nella camera ardente, si
inginocchia. Si alza, e bacia
sulla fronte il padre defunto. Poi
dispone che vengano tolti dal
parco i lampioni che dalla reggia illuminano la strada fino a
villa Litta: con quei lampioni si
spegne, insieme, l'epoca umbertina. Margherita vuole tenere
con sé la maglia di fili di seta
che era stata traforata dalla pallottola assassina: e' la "sacra reliquia che accolse l'ultimo battito
di quel cuore leale".
Dopo l'attentato vengono arrestati tutti gli amici più stretti e
i parenti di Bresci: si vuole dimostrare che l'assassinio è frutto
di un complotto anarchico internazionale.
Il corteo funebre e le esequie
Nella serata del 1 agosto, a
Roma, un immenso corteo dalle
bandiere abbrunate parte da
piazza del Popolo, attraversa il
Corso, piazza Venezia. E giunge,
silenzioso, in Campidoglio, dove
viene celebrata un'onoranza funebre per il re assassinato. Nel
frattempo gli anarchici festeggiano ingollando fiumi di vino.
Il 3 agosto il primo ministro Saracco delibera da Milano il proclama reale: "mi aiuti Iddio e
consoli l'amore del mio popolo,
perché io possa consacrare
ogni mia cura di re alla tutela
della libertà ed alla difesa della
monarchia, legate entrambe
con vincolo indivisibile ai supremi interessi della patria".
I funerali di re Umberto I sono
preceduti da un solenne corteo:
dalla stazione Termini passa
per piazza dei Cinquecento,
via Nazionale e via del Corso
fino al Pantheon. Lungo il tragitto
del carro funebre, una folla sterminata. Un rombo di cannone
annuncia l'arrivo della salma,
in testa al corteo c'è il generale
Avogadro, "recando la spada
del re che gli era morto tra le
braccia", scrive Montanelli.
Durante il corteo funebre, ad
un certo punto, si alza un grido:
"gli anarchici!". Tutti fuggono per
le vie laterali, qualcuno fa da
scudo al re Vittorio Emanuele.
E' solo un mulo imbizzarrito,
gli anarchici stavolta non c'entrano. "Ma tale era il terrore scrive ancora Montanelli - delle
belve umane seminato dai giornali, che ci scapparono un morto
e una quarantina di feriti".
Umberto viene sepolto al Pantheon, il tempio romano consacrato a tutti gli dei, addobbato
riccamente sotto la direzione
dell'architetto Giuseppe Sacconi, vicino a suo padre, Vittorio
Emanuele II. Il Secolo lo definisce così: "grandi drappeggia-
menti di crespo nero si avvolgono alle colonne del pronao,
stendendosi poi da una colonna
all'altra. Il tumulo, nel mezzo, ha
l'altezza di circa sette metri e
poggia su una larghissima base
alta da terra un metro circa e
smussata agli spigoli. La parte
superiore è ricoperta di una
ricca coltre di velluto violaceo
a larghe fasce d'argento e verdi
palme ne accrescono la maestosità. Il tempio è illuminato
da 100 lampade a incandescenza poste nella cupola del
baldacchino, ciascuna cappella
è illuminata da 12 lampade nascoste da veli tra le colonne,
meno la cappella di Vittorio
Emanuele, che riceve luce da
32 lampade dissimulate con
arte. Sono accesi oltre 480 ceri,
dei quali 48 attorno al tumulo,
affissi in artistici anelli di bronzo".
Il cardinale Ferrari, arcivescovo
di Milano, si inginocchia davanti
al feretro e lo benedice in nome
di Papa Leone XIII.
Processo e fine di Bresci
Il 29 agosto comincia il processo
contro Bresci, presso la Corte
d'Assise di Milano. I maggiori
giornali d'Europa sono presenti.
Turati ha deciso di non assumere la difesa: non vuole compromettere il suo partito e lascia
la palla a Saverio Merlino, romano, ex anarchico militante. Il
processo si chiude con la condanna all'ergastolo di Bresci,
inasprita dalla segregazione
cellulare per i primi sette anni.
Se proprio re Umberto non
avesse abolito la pena capitale,
il suo assassino sarebbe condannato a morte. La fine di Bresci arriva nel carcere di Santo
Stefano, appeso per il collo all'inferriata della sua cella. Si
pensa ad un pestaggio da parte
di un gruppo di guardie carcerarie, ma viene ufficialmente
archiviata come suicidio.
Il corteo funebre
Esteri
6
Islamisti
in
marcia
contro
l'esercito
E mentre gli Stati Uniti continuano a tentennare, Europea si muove a piccoli passi:
Martedì 30 luglio 2013
Continua la protesta dei Fratelli Musulmani, oggi un milione di persone in piazza
TRENO DERAGLIATO A SANTIAGO
Spagna: libero il macchinista
responsabile della strage
l'Alto Rappresentante agli Affari Esteri, Catherine Ashton, è, da ieri, in visita al Cairo
C
di Carola Parisi
i prova l'Unione Europea
a mettere ordine nel caos
egiziano.Catherine Ashton,
alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, è
arrivata al Cairo per chiedere
che cessino le violenze e che
le parti in causa avviino un processo di transizione "pienamente inclusivo". Il capo della diplomazia europea incontrerà i
vertici del Paese -dal presidente
'ad interim', Adly Mansour, al
vicepremier e titolare della Difesa, il generale, Abdel Fattah
al Sisi, oltre a uomini del partito
Libertà e Giustizia, braccio politico della Fratellanza Musulmana.
Intanto i sostenitori del deposto
presidente, Mohamed Morsi,
non mollano. Gli islamisti hanno
deciso di scendere di nuovo in
piazza, oggi, per la "marcia del
milione di persone": sfileranno
all'insegna dei "martiri del colpo
di Stato", ha fatto sapere l'Alleanza anti-Golpe dei gruppi islamisti che stanno organizzando
le proteste in Egitto. ‘Piovono’
volantini dagli elicotteri dell'esercito che ha chiesto, a quanti
sono ancora accampati davanti
alla moschea di Rabaa al-Adawiya, di rinunciare alle violenze.
Un portavoce dell'esercito ha
fatto sapere che le forze armate
erano a conoscenza della marcia e che hanno ordinato ai
manifestanti di non avvicinarsi
alla base. Un ordine per ora
ignorato dai sostenitori di Fratelli
Musulmani e che potrebbe portare ad ulteriori violenze. Intanto,
si continua a morire a Port Said:
ieri gli scontri tra oppositori e
sostenitori del deposto presidente islamista si sono conclusi
con altro sangue. Tre morti e
circa 30 feriti, secondo i dati
forniti dal Ministero della Salute.
Anche nella penisola del Sinai
la tensione resta altissima. Nella
zona, divenuto un altro focolaio
di instabilità e guerriglia, un
soldato è rimasto ucciso e un
altro ferito nell'ennesimo attacco
di miliziani armati.
Al Cairo sono stati arrestati due
dirigenti del partito islamista
moderato al-Wasat: la polizia li
ha rinchiusi nel carcere di Tora,
alla periferia del Cairo, lo stesso
dove si trovano l'ex rais Hosni
Mubarak, e i suoi due figli.
Aboul-Ela Madi, presidente di
al-Wasat, e il suo vice, Essam
Sultan, accusati di istigazione
alla violenza, sono stati arrestati
in un raid prima dell'alba nel
quartiere cairota di Muqatam:
i due, che avevano una notevole quantità di denaro in
euro, si erano rifugiati in un
edificio in costruzione.
Caccia al ladro a Cannes, rapina all’Hotel Carlton: 130 milioni di dollari
Il Lupin della Croisette colpisce ancora
i tratta di uno dei più importanti furti al mondo.
Un colpo grosso. Il danno subito per il furto
dei gioielli all'Hotel Carlton di Cannes ha raggiunto la cifra record di 136 milioni di dollari, equivalenti a circa 103 milioni di euro: è quanto ha annunciato la procura di Grasse, nel sud della Francia.
La rapina è avvenuta in pieno giorno nello stesso
hotel dove Alfred Hitchcock ha ambientato alcune
S
scene di "Caccia al ladro" nel 1955, e che quest'anno
celebra il centenario. L'uomo è entrato nell'albergo
mentre era in corso una mostra di gioielli. Armato
di pistola automatica, con indosso i guanti e una
sciarpa a nascondergli il volto, ha fatto irruzione ordinando ai presenti di consegnarli alcune buste con
i gioielli. Si è poi dileguato, dando inizio alla caccia
sulla Croisette.
M
omenti di grande dolore
ieri sera la cerimonia di
commemorazione delle
79 vittime, tra cui un ragazzo
italiano, del deragliamento del
treno a pochi chilometri da Santiago de Compostela, avvenuto
mercoledì scorso. La cerimonia
funebre è avvenuta alle 19 nella
cattedrale di Santiago, uno dei
luoghi di pellegrinaggio più famosi del mondo cristiano, in
Galizia. Erano presenti anche il
premier spagnolo Mariano Rajoy,
diversi ministri e i principi Felipe
ed Elena. Ma una notizia arrivata
nella mattinata di ieri ha turbato
le famiglie delle vittime: è stato
scarcerato dai giudici spagnoli
ed è ora a piede libero, Francos
Garzon, il macchinista che ha
causato il terribile incidente. I
magistrati, al termine di un interrogatorio durato oltre 2 ore,
gli hanno confiscato il passaporto
e gli ha imposto l'obbligo di
firma ogni settimana, fino al
processo, oltre a decretare l'interdizione dalla guida.
Al momento del deragliamento
il treno procedeva a 190 km/h
in un punto in cui la velocità
massima consentita era di 80.
Erano scadute le 72 ore di detenzione preventiva ed è stato
rilasciato.
Arrestato giovedì dalla polizia,
Garzon, 52 anni, ha ammesso
davanti al giudice di Santiago di
Compostela, Luis Alaez, di aver
commesso un'imprudenza. Finora il macchinista si era invece
avvalso del diritto di non rilasciare
dichiarazioni. Il magistrato Luis
Alaez ha formulato nei suoi confronti l'imputazione dell'omicidio
colposo aggravato di 79 persone
e del ferimento di decine di altre.
Nel corso dell'interrogatorio, avvenuto a porte chiuse, secondo
quanto riportano i media locali,
Garzon avrebbe ammesso di
aver affrontato la curva dell'incidente a velocità troppo elevata,
attribuendo l'errore a un attimo
di distrazione.
Nessuna delle parti in causa, tra
cui la compagnia ferroviaria statale Renfe, la consociata Adif e
due compagnie assicurative,
hanno richiesto l'arresto di Garzon in attesa di giudizio e il
macchinista non è stato giudicato
a rischio di fuga.
7
Martedì 30 luglio 2013
Italia
Da via Labicana, affogata dai cantieri di questi giorni, sale l’urlo di dolore della piccola impresa
Fori Imperiali, commercio a fondo
Gli esercenti della zona: “Con la pedonalizzazione e il traffico diretto tutto
su quest’area, sarà ancora peggio. Non ci resta che chiedere i danni”
di Ugo Cataluddi
e prime vittime della funesta pedonalizzazione
dei Fori Imperiali, tanto voluta dal sindaco Ignazio
Marino, sembrano essere proprio i commercianti.
In attesa della chiusura definitiva al traffico
privato che avverrà il 3 agosto, si può già avere
un antipasto di quelli che saranno i disagi che investiranno
quel quadrante del centro storico.
Su via Labicana, la strada maggiormente invasa dai cantieri
per ridisegnare i sensi di marcia, gli esercenti dopo appena un paio di
settimane, già lamentano un calo vertiginoso della clientela. Ristoranti, bar,
negozi di abbigliamento e alimentari, sono infatti letteralmente oscurati dalle
transenne e penalizzati dal divieto di sosta lungo la via. A fronte quindi di “un
calo dell’80% di clienti”, come lamenta il titolare del ristorante “Crema e
Gusto”, sulle pagine del Messaggero, e visti gli altissimi costi dell’affitto delle
mura, i commercianti chiedono un risarcimento direttamente al sindaco Marino.
Sì perché seguendo questo andazzo si rischia seriamente di andare incontro
ad una vera e propria catastrofe per tutti gli esercizi commerciali della zona
L
che continuano a svotarsi anche durante il weekend. “Con
gli incassi di luglio – lamenta un altro ristoratore - non raggiungo neanche la metà della cifra che devo dare al proprietario del locale. Per non parlare dei dipendenti. Qui ci
lavorano tre famiglie”. E via, il grido d’allarme dei lavoratori
di via Labicana è ormai unanime, ma sembra restare inascoltato dal primo cittadino che di converso celebra l’imminente chiusura, presentando “la Notte dei Fori” che ne
saluterà l’avvio. Una notte bianca circoscritta nell’area interessata dove andranno in scena “spettacoli musicali,
culturali e visite gratuite”, per festeggiare un provvedimento di cui, di fatto,
nessuno sentiva l’esigenza.
E non sarà neanche con la fine dei cantieri che i commercianti vedranno la
fine del tunnel. Il rione Esquilino è infatti uno dei più a rischio per quel che riguarda il congestionamento delle auto che si riverseranno su questo quadrante.
Il traffico impazzito e l’impossibilità di parcheggiare taglieranno inevitabilmente
le gambe alle attività commerciali, che in ogni caso annunciano battaglia:
“faremo fronte comune – spiegano – e ci mobiliteremo per chiedere garanzie
e, se necessario, per chiedere un risarcimento al comune”.
Solita gazzarra per i cent’anni di Priebke
Ma tra urla e aggressioni, parla la partigiana: “Basta con questo odio”
di Robert Vignola
L’occasione per una nuova gazzarra è stata
preparata nei minimi dettagli per almeno una
settimana, finché ieri non è stata puntualmente
celebrata, insieme ai cento anni di Erich Priebke. A
striscioni e scritte (nella foto) buoni solo per nutrire
la tensione, han fatto eco centinaia di comunicati
stampa redatti con la malriposta speranza di non ripetere quanto era già stato scritto o detto un minuto,
un giorno, un anno o un decennio prima. Con l’ovvia,
ma questo è sottinteso mobilitazione in forma di
“presidio”. Alla fine la giornata per il centesimo genetliaco del capitano delle SS ha fatto registrare un
tentativo di aggressione a suo nipote, non esattamente
un giovanotto: siccome l’anziano signore è stato riconosciuto sotto la casa di Boccea con una bottiglia
di campagne in mano, è stato accusato di essere un
provocatore. Urla, contestazioni e l’agitarsi di sigle
semi-sconosciute (di “entrambe” le parti politiche
in gioco) hanno dato insomma una ulteriore tribuna
A
pubblica ad una vicenda che – in molti si ostinano a
non capirlo, dimostrando solo l’estrema efficienza
della propria ottusità – ha e può avere ormai esclusivamente un aspetto privato. La parola finale l’ha
detta, al Corriere della Sera, Agape Nulli Quilleri. A
87 anni, l’ex staffetta partigiana (che conobbe
Priebke da carceriere) sembra decisa a scrivere al
Presidente della Repubblica. “Adesso sia io che
quell'uomo apparteniamo a un mondo che non c'è
più. Per questo dico al presidente Giorgio Napolitano:
conceda la grazia a Priebke. Questo non significa
né dimenticare né perdonare perché io la mano a
Priebke non la stringerò mai. Quando ero giovane
e combattevo, Priebke l'avrei ucciso ma adesso è
giunto il momento di buttare fuori da noi ogni sentimento di odio generalizzato. Dico basta, in nome
del mondo che consegneremo ai nostri nipoti”. E
ancora: “Trovo assurdo che a distanza di 70 anni da
quegli eventi ci sia ancora chi sta scontando pene
detentive. C'è già stata abbastanza sofferenza per
tutti, dobbiamo avere il coraggio di compiere un
passo che chiuda un'epoca di odio”. Un messaggio,
purtroppo, destinato a rimanere inascoltato, per la
Seconda Guerra Mondiale come per altre pagine
dolorose della storia dell’uomo.
NOTE DOLENTI
La tomba di Rino Gaetano
saccheggiata al Verano
on c’è pace per Rino Gaetano.
La tomba del cantatore crotonese è stata saccheggiata
da ignoti, armati di un attrezzo da
carpentiere. Il colpo è stato portato
a termine sabato mattina quando i
malfattori sono entrati nel Cimitero
Comunale Monumentale Campo
Verano, nel quartiere Tiburtino, facendo razzia di ricordi lasciati dagli
ammiratori ma anche degli arredi
che ornano la tomba del cantante
calabrese, scomparso in un terribile
incidente stradale il 2 giugno del
1981, all'età di 31 anni.
Nel bottino dei predatori, insieme a
un quaderno su cui visitatori lasciavano il proprio messaggio e al
perno con il quale era fissata alla
lapide una chitarra in marmo, è
finita anche la riproduzione dell'ukulele con il quale il cantante si
esibì al festival di Sanremo del
1978. La chitarra, in marmo afyon,
fu commissionata ad un artista
dalla sorella di Rino, Anna. Sulla ri-
N
produzione, campeggiava una scritta: "Sognare la realtà, vivere un sogno, cantare per non vivere niente".
L’avvocato Leopoldo Lombardi, che
rappresenta la famiglia Gaetano,
ha confermato che si procederà ad
una denuncia formale dell’accaduto,
contro ignoti. “Io non credo all’ipotesi
dell’ammiratore feticista. Non mi
meraviglierei se quell’oggetto finisse
in vendita on-line o, peggio ancora,
fosse usato per un’estorsione alla
sorella di Rino. Si tratta di un reato
grave, perché oltre al furto con destrezza scatta anche l’articolo 408
del codice penale in materia di vilipendio di tomba che prevede una
pena da sei mesi a tre anni”, ha aggiunto l’avvocato Lombardi.
Le indagini degli inquirenti si concentrano proprio sulla preziosa chitarra di marmo trafugata, costata
all'epoca mezzo milione di lire. A
commissionare il furto potrebbe
essere qualche collezionista senza
scrupoli.
B. R.
I Muse le suonano al Comune
DA ROMA E DAL LAZIO
AL MUNICIPIO 2
Emendamento
di De Salzar,
nasce lo sportello
anti-usura
di Valter Brogino
a crisi morde, il credito
è un miraggio e le famiglie sono quasi alla
fame. È questo il brodo primordiale nel quale, storicamente, vivono e proliferano i
“cravattari”, come vengono
definiti a Roma. Ma lo strozzinaggio va combattuto, in
tutti i modi, proprio per questo
suo martoriare i più deboli, e
anche l’amministrazione pubblica è nel dovere di farlo.
Qualcosa, però, a volte si
muove. “Al Municipio 2 sarà
attivo uno sportello anti-usura
grazie al voto unanime del
Consiglio municipale sul mio
emendamento alle linee programmatiche circa l'istituzione
di un punto per ascoltare e
risolvere un problema delicato
e pericoloso quale l'usura”,
annuncia in una nota Francesco De Salazar che del Municipio 2 è consigliere.
“In tempi di crisi - prosegue
il rappresentante locale - l'usura è in continua crescita e
purtroppo molti esercenti e
titolari di attività fanno ricorso
a canali non convenzionati
per ottenere denaro, con tutte
le conseguenze pericolose
che si conoscono. Ho ritenuto
doveroso e responsabile presentare in consiglio un emendamento, accolto sia dalla
maggioranza che dall' opposizione, in virtù del fatto che
il Municipio ha competenze
ampie e definite in materia di
commercio e attività produttive, che rappresentano la
vera economia locale. Per tal
motivo - conclude De Salazar
- porterò già in settimana dei
documenti nella Commissione consiliare Sicurezza per
attivare in tempi brevi lo sportello presso nei locali del Municipio e dar la possibilità ad
imprenditori e commercianti
in difficoltà di esser supportati
e difesi”.
L
“Costretti a corrompere un funzionario per usare fuochi d’artificio”
n “raggio” di The Sun illumina Roma e la
scopre nuda come un verme mangiato dalla
corruzione. Non è una bell’immagine e non è
neanche un film. La colonna sonora, invece, non è
male: ne sono autori i Muse, tra i gruppi più
apprezzati nella scena pop-rock internazionale. Loro
hanno fatto tappa recentemente in Italia, ma al di là
del calore del pubblico hanno riportato a casa lo
sgradevole ricordo di aver dovuto corrompere funzionari pubblici per uno spettacolo pirotecnico che
avrebbe dovuto fare da corollario a quello musicale.
Praticamente una bomba, che è stata lanciata dalle
colonne di The Sun attraverso una intervista sul
tour di quest’anno, passato anche da Torino. Ma è
su Roma che si è concentrata la vergogna, per
effetto delle parole del leader della band britannica
Marc Bellamy. “Ovunque andiamo ci sono problemi
organizzativi - ha detto al popolare tabloid inglese a Roma, abbiamo dovuto corrompere delle persone
pagandole migliaia di euro solo perché potessimo
usare i fuochi d'artificio”.
E non finisce qui. Il cantante ha ammesso che andare
in giro con uno show così mastodontico non è facile
e ogni volta tutto il team si deve scontrare con la burocrazia. “Abbiamo commercialisti e avvocati che discutono ogni volta con amministratori locali, polizia
U
e promoter - ha continuato Marc - A Roma abbiamo
dovuto chiamare anche l'Ambasciata Britannica per
poter parlare con qualche funzionario e risolvere i
problemi. Quando vuoi fare uno show simile e sei
lontano da casa è una cosa grossa e molto costosa.
A dirla tutta, è incredibile quanto sia costosa”.
Ecco, forse Bellamy non lo sa ma è esattamente la
“vitaccia” cui sono sottoposti milioni di italiani, con
particolare riferimento a chi tra loro ha ancora la
voglia un po’ folle di cimentarsi a fare impresa, a restaurare un immobile o semplicemente a gestire
una piccola attività commerciale. Chissà, il cantante
potrebbe comporre una bella canzone contro la burocrazia, laddove si annida larga parte di quella
infamia che è la corruzione, peraltro non solo italiana.
Sarebbe un bel modo di aiutare i ragazzi a crescere
con dei valori. È ormai tempo, tantissimo tempo,
che la musica non contribuisce ad insegnare al suo
pubblico qualcosa di davvero positivo.
Vedremo se poi, nel frattempo, al Comune di Roma
(o chissà: alla Procura) qualcuno si sveglierà per
regalarci la soddisfazione di sapere chi è (o chi
sono) il malfattore che si nasconde nella pubblica
amministrazione capitolina. Il concerto, per la cronaca,
è di neanche tre settimane fa.
Bruno Rossi
Roma, via Giovanni Paisiello n.40
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Martedì 30 luglio 2013
Chiomonte – Attivisti per la prima volta imputati di atti eversivi
No Tav accusati di terrorismo
I giudici di Torino dispongono perquisizioni.
Dodici le persone iscritte nel registro degli indagati
ttentato per finalità terroristiche o eversione. È l’accusa
mossa, per la prima volta,
nei confronti di alcuni attivisti
No Tav ritenuti responsabili
dell’assalto al cantiere di Chiomonte, in
provincia di Torino. Nella nottata tra domenica e lunedì sono scattate le perquisizioni degli agenti della Digos nelle
abitazioni e nei locali di riferimento del
movimento: a Torino, Bussoleno, Brusasco, Susa, San Mauro e in provincia di
Grosseto, a Castiglione della Pescaia.
Al termine delle perquisizioni 12 persone
sono state iscritte sul registro degli indagati. Sono tutti appartenenti a centri
sociali di estrazione autonoma di Torino
e della Val di Susa. Nel corso delle perquisizioni, che hanno interessato anche
un’osteria di Bussoleno, ritenuta punto
di riferimento valligiano di alcuni esponenti dei centri sociali, sono stati sequestrati bombolette urticanti, manuali
per la fabbricazione di molotov, razzi
del tipo di quello utilizzati in occasioni
degli scontri, apparecchiature elettroniche e telefonini.
Le indagini, condotte dai pm Andrea
Padalino e Antonio Rinaudo, hanno se-
A
guito il sul blitz al cantiere Tav che aveva
fatto segnare una vera e propria escalation di violenza. I fatti contestati farebbero riferimento proprio alla notte del
10 luglio scorso quando al termine di
una passeggiata al cantiere della Maddalena si è verificato un attacco alle
forze dell’ordine ad opera di un gruppo
di attivisti che si erano avvicinati alle
reti lanciando bombe carta e petardi,
costringendo le forze dell’ordine a intervenire per respingerli. Un attacco
“stile paramilitare”, “particolarmente
violento”, lo avevano definito dalla procura. Dopo un sopralluogo sul posto in
cui erano stati trovati resti di molotov, i
pm titolari dell’inchiesta, avevano iniziato
ad ipotizzare il reato 280, punito da sei
a vent'anni di reclusione. Fino a ieri
nessun No Tav era stato denunciato o
arrestato per terrorismo, ma adesso,
secondo la Procura, ci sono gli estremi
per farlo. Secondo gli inquirenti c'è stato
un cambio di rotta nelle modalità di
protesta del movimento No Tav, negli
ultimi mesi. Un cambio in cui la violenza
si è accentuata, e in cui gli obiettivi
degli antagonisti sono diventati azioni
più pericolose.
Non si è fatta attendere la replica dei
No Tav. “Tutte le perquisizioni hanno
dato esito negativo, tranne una – scrive
in un comunicato il centro sociale Askatasuna riferendosi a una militante del
centro sociale, alla quale sono state sequestrate delle mappe della zona. “Erano
parte del materiale che deve fornire al
collegio di difesa per i processi contro
il movimento per i fatti del 3 luglio 2011,
di cui è consulente legale – spiegano
gli attivisti – Erano indicate in quella
piantina i luoghi in qui il movimento
subì violenze dalle forze dell’ordine.
Per gli inquirenti, pericolose mappe di
contro-guerriglia. Quattro petardi diventano “bombe”, atti di sabotaggio diventano azioni di guerra. Tutto l’armamentario fraseologico viene impiegato
nella costruzione del nemico pubblico.
L’emblema di queste esagerazioni è
evidente nell’insistenza con cui si citano
molotov che non ci risultano mai esser
state rinvenute. Più volte alcuni organi
dell’informazione mainstream hanno
mostrato in prova foto di bottiglie di
birra Moretti presenti all’interno del cantiere”.
Gustavo Lidis
Eurosky Tower .
Entrare in casa e uscire dal solito.
Italia
DAL CENTRO E DAL NORD
TRAFFICO DI DROGA SPIETATO A BOLOGNA
Omicidio volontario,
caccia a tre tunisini
Secondo l’accusa hanno causato due morti per
overdose: uno lo hanno abbandonato in agonia
a lobby dei tunisini a Bologna è ben conosciuta.
Sotto le Due Torri, lo spaccio, prevalentemente quello
dell’eroina, è gestito dai maghrebini. Gente senza scrupoli,
che ora però oltre al reato di
traffico di sostanze stupefacenti
dovrò rispondere anche di omicidio volontario: è questa l'accusa per gli spacciatori che
hanno venduto le dosi che negli
ultimi giorni hanno causato
due morti per overdose a Bologna. Martedì scorso un uomo
di 40 anni era stato trovato
morto, mercoledì stessa tragica
fine per uno studente di Giurisprudenza 25enne. Le indagini
sono dei carabinieri, coordinati
dal pm Augusto Borghini, ed
hanno portato ad individuare i
soggetti responsabili dello spaccio: si tratta di Harwen Gamzi,
19 anni, Acheret Garilesh, 20
e Karih Rahmouni, 19, accusato
della cessione della droga. Nei
confronti dei tre tunisini, irreperibili, la Procura di Bologna
ha emesso tre fermi per omi-
L
cidio volontario pluriaggravato
per la morte del 40enne, trovato
il 23 luglio nei pressi dell'ex
Manifattura Tabacchi. Agghiacciante la ricostruzione dell’accaduto. Secondo un testimone,
dopo aver venduto la droga, si
erano accorti che l'uomo stava
male e si è accasciato. Lo
hanno quindi issato su un muretto all'interno della struttura
e 'scaricato' in un sentiero all'esterno. Solo qualche ora
dopo è stato ritrovato da un
passante, ormai senza vita. Con
il loro comportamento hanno
impedito che arrivassero i soccorsi e forse, secondo gli investigatori, hanno potuto continuare a svolgere indisturbati
la loro attività. Con i tre, sono
destinatari di fermo anche altri
quattro tunisini, per spaccio.
Proprio per cercare i sette, ma
anche con l'intento di 'bonificare' la zona, una sessantina
di militari ha fatto irruzione all'alba negli spazi dell'ex manifattura e nelle zone limitrofe.
Valter Brogino
A CAPALBIO
Svaligiata casa Zingaretti
Recuperata la refurtiva
isavventura estiva per Nicola Zingaretti. Ladri si
sono infatti introdotti nella
casa al mare del presidente
della Regione Lazio, svaligiandola. Il fatto è accaduto a Capalbio, tradizionale luogo di ritrovo balneare della “sinistra
che conta”, lo scorso fine settimana. Gli intrusi si sono introdotti nel villino, che si trova
in zona Scalo, da una finestra
aperta mentre il governatore,
la moglie e le due figlie dormi-
D
vano al suo interno. Senza destarli, hanno portato via tutto
quello che sono riusciti a trovare, compreso l'ipad dell'esponente del Pd. Poi hanno svaligiato le abitazioni vicine e sono
fuggiti a bordo di due auto rubate. All’altezza di Tarquinia
sono stati intercettati: i carabinieri hanno iniziato l'inseguimento e i ladri, dopo aver abbandonato le autovetture, sono
fuggiti a piedi lasciando anche
la refurtiva.
V. B.
BOLZANO
La Destra alle minoranze:
“Il tricolore non si tocca”
ra pretendono di fare i padroni anche in casa nostra.
Proposta choc dalla comunità germanofona in Alto Adige,
che vorrebbe rimuovere il tricolore
da tutti i monumenti della Provincia autonoma di Bolzano.
“Giudico pericoloso il continuo
gioco al rialzo del partito di Eva
Klotz contro i simboli dello Stato
italiano”, ha tuonato il capogruppo
provinciale de La Destra, Mauro
Minniti. “Procedere con la rimozione del tricolore, oltre ad essere
politicamente paranoico – ha aggiunto ancora - è oltraggioso, offensivo e stupido”.
Non usa mezzi termini Minniti
contro gli esponenti delle minoranze linguistiche: “Peraltro è
proprio grazie ai valori che la
bandiera italiana esprime, che
gente come Roland Lang può vivere in Alto Adige da minoranza
tutelata!”.
O
Il relax ha una nuova casa.
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Già in passato, la comunità germanofona ha proposto la secessione dell'Alto Adige dall'Italia
e la sua annessione all'Austria.
E’ un fiume in piena il consigliere
provinciale de La Destra: “Ci si
dovrebbe inchinare di fronte al
tricolore”. E ancora: “Nessun
altro paese ha avuto nei confronti
delle minoranze lo stesso riguardo dell’Italia con gli altoatesini di lingua tedesca!”.
Chiaro il messaggio dell’esponente del partito di Francesco
Storace nei confronti di Eva
Klotz e i suoi 'seguaci': “Se al
partito dei parenti dei terroristi
il tricolore non piace e sono
stufi di essere accuditi dallo
Stato italiano, soltanto a 80 km
dista il confine con l’Austria,
ammesso che quel Paese abbia
ancora intenzione di dare asilo
a questi personaggi. Cosa che,
sinceramente, dubito”.
Martedì 30 luglio 2013
9
Italia
DAL SUD
Avellino - A bordo del mezzo 48 persone: 10 i sopravvissuti, molti in gravi condizioni
Strage di Monteforte Irpino: 38 morti
Il mezzo era danneggiato: l’autista avrebbe disperatamente tentato di frenarlo
appoggiandosi al guard-rail. Tre i bambini deceduti, due restano in fin di vita
di Barbara Fruch
ento metri contro il guardrail e poi il volo
dal viadotto. Un salto di 30 metri e il terribile schianto. Quello che doveva essere
un fine settimana di festa alle terme, con
un pellegrinaggio a Pietralcina nella terra di
Padre Pio, si è trasformato in una delle tragedie
più drammatiche della storia delle autostrade
italiane: 38 vittime e 10 feriti, molti dei quali in
gravi condizioni.
C
L’incidente - Intorno alle 20.40 di domenica sera
l’incidente. Il pullman Granturismo della Mondotravel proveniente dalle Terme di Telese è precipitato dal viadotto Acqualonga sulla A16 NapoliCanosa, all’altezza di Monteforte Irpino. Il mezzo
con 48 persone le persone a bordo, di cui quattro
bimbi tra i 3 e i 10 anni, ha sbandato alla fine di una curva in pendenza, in prossimità di rallentamenti dovuti al traffico. A quel
punto ha travolto alcune auto incolonnate per un rallentamento e,
dopo aver sfondato il guardrail, è precipitato dal viadotto nel
burrone sottostante con un volo di circa 30 metri.
Le vittime - Pesante il bilancio dello schianto: 38 morti di cui
tre bambini (trentasei recuperati già senza vita e due deceduti
in ospedale subito dopo) e 10 feriti, tra cui cinque bambini,
alcuni in condizioni molto gravi. A questi vanno aggiunti 14
feriti lievi tra gli occupanti di sei auto urtate dal bus prima di
finire nella scarpata. Nel corso dell’intera nottata i cadaveri
ed i feriti sono stati estratti dalle lamiere di quel che resta del
pullman con l’aiuto delle fiamme ossidriche grazie all’intervento
dei vigili del fuoco che hanno liberato tutti i corpi, trovandone
pochi ancora in vita. La maggior parte dei feriti sopravvissuti,
tra i passeggeri ricoverati all’ospedale di Nola e al Santobono
di Napoli, sono in prognosi riservata. Cinque i bambini feriti
ricoverati in ospedale, e due di loro sono molto gravi. Le
salme, di quella che è stata definita la strage di Monteforte
Irpino del 28 luglio, sono state portate nella palestra di una
scuola elementare di Monteforte, adibita a camera ardente,
dove si sta svolgendo lo straziante riconoscimento da parte
dei congiunti. Urla, pianti, disperazione sui volti. “Erano amici
che andavano in gita spesso, si conoscevano quasi tutti - racconta uno di loro - Avevano deciso di trascorrere un fine settimana a Telese Terme e poi un giorno a Pietralcina. Ad organizzare era sempre la stessa persona, Luciano Caiazzo, salumiere di Pozzuoli”. Dopo l’autopsia disposta dal magistrato
di turno, ieri le vittime sono state trasferite al Palasport Monterusciello, frazione di Pozzuoli (città di provenienza di gran
parte delle vittime) in attesa dei funerali di oggi. Il sindaco,
Vincenzo Figliolia, intanto ha già proclamato tre giorni di
lutto cittadino.
Cinque i bambini in ospedale - Nessuno dei genitori dei
cinque piccoli coinvolti nel tragico incidente è purtroppo al
capezzale dei propri figli. A confermarlo è il direttore medico
di presidio dell’ospedale pediatrico Santobono Carlo Maranelli.
Potrebbero essere ricoverati in qualche ospedale oppure figurano tra le vittime. Nell’ospedale Santobono ci sono due
bimbi in rianimazione: Francesca, 3 anni, molto grave, operata
per una frattura al cranio che, molto probabilmente, sarà nuovamente sottoposta a intervento chirurgico per un’altra frattura.
Nello stesso reparto anche un bambino, Cristoforo, anche lui
ha tre anni, ed è molto grave. In neurochirurgia, non in pericolo
di vita, c’è un bimbo di 10 anni con una frattura alla mandibola,
fratello di Francesca. Nello stesso reparto c’è anche una femminuccia, di 4 anni, Maria, con una frattura alla tibia e al
perone. L’ultimo bimba, si chiama Marianna, ha 10 anni, ed è
ricoverata in chirurgia d’urgenza per una frattura alla mandibola.
I bambini sono giunti nella notte nell’ospedale pediatrico napoletano dai nosocomi di Nola e Avellino.
L’inchiesta – La procura di Avellino ha aperto un fascicolo per
omicidio colposo plurimo. Il procuratore Rosario Cantelmo,
che ha trascorso gran parte della notte sul luogo dove è precipitato il pullman, attende un rapporto dettagliato dalla Polstrada
di Avellino sulla dinamica e sulle possibili cause. Una delle
ipotesi è che lo sbandamento del pullman sia stato dettato da
una manovra in extremis per evitare una colonna di auto
bloccata da un altro incidente. Un’altra ipotesi è che si siano
rotti i freni. Molti aspetti restano comunque da chiarire. Gli accertamenti giudiziari dovranno far luce infatti non solo su
eventuali responsabilità dell’autista, che è morto nell’incidente,
ma anche sulle condizioni tecniche dell’autocorriera. Inoltre,
sarà verificato il corretto segnalamento dei cantieri autostradali
presenti nella zona. L’inchiesta potrà poi riguardare anche la
qualità tecnica della barriera di protezione che è stata abbattuta.
Nessun segno di frenata – Per alcuni testimoni il bus avrebbe
sterzato per evitare auto incolonnate nei pressi di un cantiere,
per altri sarebbe scoppiata una gomma. Quello che sembra
certo è che prima di abbattere il guardrail e finire nella
scarpata l’autobus andava ad una velocità elevata. La circostanza è stata riferita da diversi testimoni agli investigatori e
confermata dai primi rilievi. Gli uomini della Polstrada, che
dovranno ora accertare se la velocità elevata sia dipesa dall’autista o da un problema al mezzo, intanto precisano che
sul luogo dello schianto non ci sono segni di
frenata: il mezzo secondo una prima ricostruzione si è trascinato lungo una barriera
di cemento ed ha poi sfondato il guardrail finendo nella scarpata. Sulla base di questi
elementi, si ipotizza, che il pullman per problemi di controllo del mezzo abbia tentato di
limitare la propria velocità appoggiando il
veicolo sul margine destro, senza tuttavia riuscirci, dal momento che la velocità segnalata
e i danni provocati sul viadotto alle auto tamponate e all’infrastruttura indicano un impatto
a forte velocità contro la barriera.
Il bus perdeva pezzi – L’autista dell’autobus
avrebbe quindi tentato di limitarne la velocità,
non avendo più il controllo del mezzo, appoggiando il veicolo sulla barriera laterale
destra già centinaia di metri prima del luogo
da dove è precipitato. Secondo quanto emerso dalla ricognizione notturna infatti, parti del sistema di trasmissione
del pullman erano a terra, oltre un chilometro prima dell’incidente. Ciò indica l’alta probabilità che il pullman fosse già
danneggiato, mentre percorreva un tratto in forte discesa. Ci
sono inoltre abrasioni sulla barriera laterale a tratti tra 600 e
800 metri prima. E ancora ci sono abrasioni anche sul muro
di margine destro e le barriere metalliche di margine destro
risultano spostate, così come il New Jersey in calcestruzzo
di inizio viadotto.
Siamo ciò che… fotografiamo
10
Martedì 30 luglio 2013
Tecnologia
Sembra che a nessuno interessi quello che sta accadendo intorno a noi. Invece tutto è filtrato attraverso immagini, scatti e nuove tecnologie
Il successo di Instagram, l’applicazione utilizzata da 100 milioni di utenti che consente di condividere istantanee
personali, svela una contraddizione: mostrare tutto di sé pur chiedendo che la privacy venga sempre garantita
di Carola Parisi
iamo tutti arruolati
nella società delle immagini. Un esercito
che apprende guardando, compra guardando e ricorda fotografando.
Una generazione immersa ed
impantanata in un fiume in
piena fatto di scatti, condivisione totale della sfera privata
e corsa incessante all’attimo
perfetto da fissare in un’ immagine.
Un semplificazione della vita
che avviene attraverso situazioni e momenti fissati in una
fotografia, in mille fotografie,
in centomila fotografie. Non
serve più possedere una preziosa macchina fotografica,
basta il telefonino che abbiamo in tasca per inchiodare
l’attimo fuggente. Poi si "rovescia" tutto nel computer,
paginate infinite di ricordi che
si soffocano uno con l’altro in
quel marasma di sorrisi, saluti,
paesaggi, abbracci, addii.
Sembra che a nessuno interessi quello che sta accaden-
S
do in quel preciso istante,
quel miracolo della vita che
sta lì, davanti ai nostri occhi.
Tutto ci arriva filtrato da
un’immagine. Ormai tutta la
vita è una gita a Pompei o a
Venezia, scendiamo continuamente da un pullman e
inquadriamo, fotografiamo,
con la stessa rapidità con cui
dimentichiamo. E’ la ‘giapponesizzazione’ dello sguardo: il mondo e il tempo che
si mettono in posa per essere
riprodotti da una macchina
fotografica o da un telefonino.
Sembra che ogni possibilità
di partecipazione esistenziale
all’evento sia negata. Mettere
ordine sul proprio computer
senza capire, senza assorbire
nulla. Ma le fotografie non
riescono a restituirci l’autenticità del momento: come in
‘Blow up’, il celebre film di
Antonioni, la verità si sottrae
all’obiettivo, sta dietro, è un
punto nascosto, quasi indecifrabile. Più fotografiamo,
più ci distanziamo dalla vita.
Gli anziani ricordano, le nuove generazioni catalogano
gli attimi in musei privati,
forse per cancellarli prima e
controllarli meglio.
Il boom dei social network.
Continua il grande successo
di Instagram, l'applicazione
di condivisione di foto, acquistata lo scorso anno da
Facebook, ha raggiunto i 100
milioni di utenti attivi. Il suo
segreto? Unisce la macchina
fotografica e la camera oscura, illudendo ogni utente di
essere il nuovo re della fotografia d’autore, il nuovo Henry
Cartier-Bresson. Permette di
condividere con amici e sconosciuti momenti intimi, viaggi, feste e la vita quotidiana
e ha un utilizzo pratico e molto
semplice. Il successo? Come
detto sopra sta nel fatto che
le applicazioni che si fondano
sull’immagine trovano terreno
fertile in una società affamata
di scatti e di voyeurismo. Il
social network ha annunciato,
trionfalmente, il risultato pubblicando una foto del suo
team, con la didascalia: "Oggi,
siamo entusiasti di annunciare
che ci sono al momento 100 milioni
di utenti attivi su Instagram. Avete letto
il numero giusto:
cento milioni di persone usano Instagram ogni mese!".
Anche se il successo di Instagram non è comparabile
con quello di Facebook, che
ha all'attivo più di un miliardo
di utenti, il social network ha
ora la metà degli users di
Twitter, che a dicembre ha
annunciato di aver raggiunto
la soglia di 200 milioni di
utenti. Tra i due è in corso da
mesi una battaglia, nel tentativo di fidelizzare gli utenti:
da dicembre, le foto scattate
con Instagram non sono più
visualizzabili direttamente su
Twitter, ma è necessario collegarsi a Instagram per vederle e commentarle. Ma
Twitter non si è fatta sorprendere, visto che era prevedibile un cambio di strategia
con l'acquisto di Instagram
da parte di Facebook, e ha
lanciato una nuova versione
che permette agli utenti di
scattare, tagliare e ritoccare
le foto con otto filtri, e di condividerle.
La privacy.
Il risultato di Instagram impressiona perché è stato raggiunto in poco più di due
anni, visto che la app è stata
lanciata nell'ottobre 2010, e
che per iscriversi serve un
iPhone o un dispositivo Android. L'applicazione di condivisione fotografica, però,
non lascia nulla all’immaginazione. Tutto il mondo può
vedere le nostre nuove scarpe, il luogo delle nostre vacanze, la casa, l’auto e qualsiasi cosa si voglia condividere attraverso un’immagine.
La app, infatti, è stata recentemente accusata, con le nuo-
ve normative, di violare la
privacy degli utenti, permettendo l'uso delle foto a scopi
promozionali. Dopo il dietrofront di Kevin Systrom, cofondatore di Instagram, causato dalla rivolta scatenatasi
sul web, è stata comunque
accusata di non fare nulla
per evitare l'uso a scopo
commerciale delle foto, all'insaputa degli autori. Ma
questo è il rischio che si
corre in una sharing community. La degenerazione
delle sovraesposizione delle
immagini non è più gestibile.
Ed il paradosso risiede qui:
voler mostrare tutto di sé,
dare in pasto a chiunque la
propria memoria fotografica
e poi chiedere la massima
tutela della privacy. Ma quale
privacy?
La regina delle agenzie fotografiche ha ufficializzato la nomina di Michael Christopher Brown, ‘l’uomo
con l’iPhone’, a far parte dell’esclusivo club che riunisce il gotha del fotogiornalismo mondiale
Magnum Photo apre al reporter con lo smarthphone
ichael Christopher Brown è un ra- mentazione sociale, la fotografia naturaligazzone americano della Skagit stica e la fotografia di guerra (in questo
Valley, una tranquilla zona agicola post alcuni esempi dell’evoluzione del suo
dello stato di Washington. Laureato in lavoro nel corso degli anni), distinguendosi
psicologia, ha conseguito un master in nel lungo periodo per la sua serietà profotografia documentaria all’Università del- fessionale, la brillantezza della sua visione
l’Ohio nel 2003 e da allora ha lentamente fotografica, il suo stile compositivo molto
ma costantemente scalato l’impervia mon- grafico ed efficace e per una predispositagna della celebrità nel fotogiornalismo, zione e un’apertura innate verso stili e
passando attraverso riviste universitarie tecnologie alternative nel fotogiornalismo.
e sportive fino ad arrivare
E dopo anni di duro laai magazine più importanti
voro, la svolta sembra
al mondo, da Fortune a
essere arrivata dato che
Newsweek, da Time a
il 1 giugno la Magnum
National Geographic.
Photos, la regina delle
Fotografo decisamente
agenzie fotografiche ha
eclettico, Michael Brown
ufficializzato la sua noè passato attraverso il
mina a far parte delbianco e nero, la street
l’esclusivo club che riuMichael Christopher Brown
photography, la docunisce il gotha del foto-
M
giornalismo mondiale. Se tutto andrà
bene, nel 2015 verrà approvata definitivamente la sua candidatura e nel 2017
Brown potrà diventare membro effettivo
della Magnum Photo.
Una notizia che non è passata inosservata
tra gli addetti ai lavori e che farà discutere
il mondo dei fotoreporter.
Tecnologie alternative. Da qualche
anno a questa parte, Michael Christopher
Brown lavora quasi esclusivamente con
il suo iPhone e con le sue app, in particolare Hipstamatic. E non usa questo
strumento per fare foto di piacere o
per mostrare il dietro le quinte del suo
lavoro. Quest’uomo fa reportage veri e
propri. Interi servizi fotogiornalistici di
grande qualità e attualità, anche su temi
forti come la guerra, con l’uso del suo
smarthphone. E li pubblica sulle maggiori
Uno scatto realizzato con l’I-Phone
testate del mondo.
La domanda che sorge spontanea è:
ma si può fare? È legittimo nel fotogiornalismo l’uso di uno strumento
come Hipstamatic che altera da solo,
automaticamente, il colore e la tonalità
delle fotografie? Una polemica che si
è già innescata tempo fa quando il premio World Press Photo è andato a Paul
Hansen e la sua foto- probabilmente-
ritoccata con Photoshop.
Ma in molti sono dalla parte di Brown,
che è convinto della qualità del suo lavoro anche attraverso l’utilizzo di un
telefonino. E forse lo è anche la Magnum, che nominando “l’uomo dell’iPhone” potrebbe aver sdoganato definitivamente la controversa tecnologia
nel campo del fotogiornalismo profesC.P.
sionale.
11
Martedì 30 luglio 2013
CALCIO SCOMMESSE: LA LAZIO POTREBBE NON ESSERE PENALIZZATA
Svolta nel processo Mauri:
solo omessa denuncia?
Decisiva una documentazione, fornita dagli avvocati del giocatore
che dimostrerebbe l’assenza di puntate anomale nell’agenzia di Aureli
Sport
PALLANUOTO - QUARTI DI FINALE DEI MONDIALI DI BARCELLONA 2013
Italia - Spagna: la rivincita
Gli azzurri partono favoriti, ma dovranno fare i conti con una piscina che
si preannuncia tutta esautita ed un arbitraggio finora poco convincente
di Federico Colosimo
di Paolo Signorelli
a richiesta di Stefano Palazzi ormai è
nota. Quattro anni e mezzo per Stefano
Mauri e 6 punti di penalizzazione per
la Lazio, più un ammenda di 20 mila euro
alla compagine capitolina. Un fulmine a ciel
sereno quello che si è abbattuto sul capitano
biancazzurro e sulla società romana. Ma,
dalle prime indiscrezioni, sembrerebbe che
tutta l’accusa del procuratore federale possa
cadere. Si parla, ed ormai è più di una voce,
“soltanto” di violazione dell’articolo 1 (principi
di lealtà e correttezza) e di omessa denuncia.
Dunque, non più di illecito sportivo. In questo
caso la pena per il centrocampista brianzolo
scenderebbe a 18 mesi (forse anche meno)
e la Lazio non prenderebbe nemmeno un
punto di penalità. Ma solamente una multa,
poiché la responsabilità oggettiva sarebbe
attenuata. Stessa sorte che toccò ad Antonio
Conte lo scorso anno, quando venne condannato per omessa denuncia, in riferimento
alle partite Novara-Siena e Albinoleffe-Siena
del campionato di serie B 2010-2011 (quando
sedeva sulla panchina della squadra toscana).
La sentenza della Commissione disciplinare
sul caso è prevista per oggi, massimo mercoledì pomeriggio.
A giocarsi la carta, che potrebbe rivelarsi
vincente, sono stati i legali di Mauri, Amilacare
Buceti e Matteo Melandri. Un’azione in contropiede, è proprio il caso di dirlo, nei minuti
finali del processo per sorprendere Palazzi
e far crollare il castello accusatorio. Gli avvocati hanno infatti presentato alla Discipli-
uesta sera, alle 21:45, a
Barcellona, nella splendida
arena della piscina Picornell, i quarti di finale di pallanuoto.
Di fronte, il Settebello campione
del mondo in carica e i padroni
di casa della Spagna.
Una sfida nella sfida, che non
può far altro che rievocare i
ricordi alle Olimpiadi del 1992:
quando, in una finale-maratona
estenuante, dopo tre tempi supplementari conditi da sviste arbitrali, fughe, rimonte e risse a
bordo vasca, Ferdinando Gandolfi
mise la parola fine ad un incontro
che sembrava interminabile. Davanti al tifo e agli occhi di re
Juan Carlos, la squadra guidata
da Ratko Rudic si aggiudicò una
medaglia d’oro indimenticabile.
Sono passati 21 anni, ma è cambiato poco. Almeno per l’Italia.
Gli azzurri sono ancora lì, a incantare le platee e a impartire lezioni sonore agli avversari. Questa
volta, in panchina, c’è il delfinoallievo di Rudic, Sandro Campagna che, quella finale (Barcellona
’92), l’ha vissuta da protagonista
in acqua. Giocatore incredibile,
allenatore fantastico. L’Italia è favorita. Non toccate ferro, non
incrociate le dita: è così, lo dicono
le prestazioni ed i risultati, ma
soprattutto gli uomini in vasca.
Q
L
nare una documentazione che dimostrerebbe
l’assenza di scommesse anomale nell’agenzia
di Luca Aureli, amico del capitano biancoceleste che gli aveva fornito una scheda coperta. Una mossa che ha spiazzato totalmente
la Procura federale, e che ha segnato un
punto a favore di Mauri e della Lazio, i cui
destini sono strettamente legati.
Ovviamente nulla è ancora deciso. Si tratta
solo di indiscrezioni che trapelano e che tengono la società romana e il suo capitano comunque con il fiato sospeso. Dopo la sentenza
della Commissione disciplinare ci sarà quella
della Caf (commissione appello federale).
Ad emettere il verdetto definitivo sarà poi il
Tnas. Ma, se il buongiorno si vede dal mattino,
quella messa a segno dagli avvocati di Mauri
è stata un rete importante. Pesantissima. Uno
scenario utopico 12 mesi fa, ma ora possibile.
E i tifosi laziali sperano.
A guidare gli azzurri, dalla porta,
il portiere più forte al mondo:
Tempesti. In regia, a centrovasca,
un fuoriclasse assoluto, Maurizio
Felugo. La Spagna, però, davanti
ad una piscina che si preannuncia
tutta esaurita (sono attese circa
15mila persone), sogna lo sgambetto e, perché no, l’impresa.
Molina, Espanol e Perrone, campioni assoluti, le anime degli iberici. L’eccezionale e asfissiante
pressing degli azzurri potrebbe
fare ancora una volta la differenza.
Con una vittoria, il Settebello potrebbe poi trovare in semifinale
la potenza della Serbia. In quella
che potrebbe considerarsi a tutti
gli effetti una finale anticipata.
Questo perché la Croazia campione olimpica, quest’anno, ha
dovuto rinunciare a un giocatore
eccezionale come Boskovic (che
si è preso un anno sabatico). E
soprattutto perché a bordo vasca
non c’è più il tecnico-mago più
vincente (nella pallanuoto) al
mondo, Rudic, ma un allenatore
“normale”, Tucak.
L’Italia è forte e non teme nessuno. Contro, come sempre, avrà
tutto e tutti. Dai tifosi, ai due
arbitri. Che, ogni volta che si
viene a creare una situazione
dubbia, indirizzano le loro decisioni a favore dei padroni di casa.
La partita del girone di qualificazione contro la Grecia ne è stata
la dimostrazione più lampante. I
valori in acqua, tuttavia, sono
evidenti. E come ama ripetere il
“grande” Eraldo Pizzo, “non si è
mai visto un arbitro far perdere
la squadra più forte”.
Destra
Il Manifesto degli intellettuali
È
12
Ecco l’Appello per l’unità della destra, con alcuni principi irrinunciabili
Martedì 30 luglio 2013
tempo di tornare alla
Politica. Quella grande,
viva e vera, che accompagna il destino
dei popoli. La politica
ha due compiti essenziali: uno
è governare e decidere, amministrare gli interessi generali,
cambiare le cose e incidere
sulla realtà. L'altro è far sentire
un individuo dentro una comunità, mutare la massa in popolo,
dare simboli, inserire la vita del
presente dentro una storia: è la
politica come anima civile e
passione ideale. E' necessario
che sorga un movimento che
non offra solo promesse contabili o esprima rancori e invettive.
Ma che incarni principi ideali
e chiami a raccolta tutti coloro
che vogliono scrivere insieme
una storia. I nostri punti fermi
non sono negoziabili: saranno
il volto e l'anima della destra
che nasce.
- Il nostro punto di partenza e la nostra priorità
è l'Italia e resta l'Italia. Nell'Europa e fuori d'Europa, nel
locale come nel globale. L'Italia
come civiltà prima che come
nazione. Amor patrio. Di conseguenza la nostra prima battaglia sarà la tutela della sovranità italiana. Sovranità nazionale
e popolare, politica e monetaria.
Sovranità degli interessi generali
degli italiani su ogni altro interesse privato o internazionale
per arginare lo strapotere della
finanza e dei tecnocrati. Piena
integrazione all'immigrazione
in regola. Intransigenza con l'immigrazione clandestina.
1
- La sovranità politica esige
l'avvento di uno Stato autorevole, che promuova la
Repubblica presidenziale, la rivoluzione meritocratica, l'ordine
e la riforma delle istituzioni.
Elezione diretta del Capo del
governo, così come alla guida
di ogni ente locale, in modo
che chi governa sia nelle condizioni piene di decidere e di
rispondere al popolo in un rap-
2
porto fiduciario d'investitura diretta. Grande riforma meritocratica ad ogni livello e uno
Stato più autorevole dimezzato
nei suoi organismi, nelle sue
strutture e nel personale politico.
- L'Europa per noi è civiltà
prima che mercato comune, è integrazione delle
Patrie e non disintegrazione
degli Stati nazionali. E' l'Europa
dei popoli. Vorremmo un'Europa
più unita e coesa verso l'esterno,
in politica estera, nelle difesa o
per fronteggiare l'immigrazione
e la concorrenza globale, e più
duttile al suo interno, che riconosca le differenze tra aree, popoli e Nazioni, a cominciare
dall'Europa mediterranea rispetto all'Europa del nord. E
che faccia valere un criterio:
quando c'è da scegliere tra l'assetto contabile della finanza e
la vita reale dei popoli, la priorità
è la seconda, non la prima.
Nessun debito può sopprimere
una Nazione o far fallire uno
Stato sovrano. Rinegoziare l'euro.
Rinegoziare il fisco con l’obiettivo di dar vita ad una politica
fiscale dialogante
con le famiglie e con le imprese.
3
- Dopo le esperienze tramontate dello statalismo
parassitario e invadente
e poi del liberismo basato sul
primato assoluto del mercato
e del privato, è tempo di aprire
una terza fase incentrata sull'economia sociale di mercato,
fondata sull'economia reale e
sul primato del lavoro, sul valore
sociale dell'iniziativa privata e
della proprietà privata, sulla
protezione del marchio italiano,
con la mediazione di uno Stato
autorevole che non gestisce ma
guida i processi. E' necessario
che si realizzi in Italia, come
già avviene in Germania, la
società partecipativa, attraverso nuove forme cooperative, comunitarie e di cogestione sociali in nome dell’azienda-comunità. L’orizzonte
4
sociale di questa destra nuova
deve assumere la lotta alle
nuove povertà, alla decrescita
demografica, allo “sviluppismo” come alibi delle oligarchie economico-finanziarie
per l’impossessamento delle
risorse elementari delle Nazioni.
- Davanti al diffuso desiderio di farsi e disfarsi
la vita a proprio piacere,
noi siamo dalla parte della
vita, della nascita e della famiglia, nel loro inscindibile
intreccio di diritti e di doveri.
Non tuteliamo la vita ad ogni
costo ma la sua dignità. E non
confondiamo il matrimonio
che è un bene comune, con
altre unioni che attengono alla
sfera privata. La nostra proposta Bioetica è scommettere
su ciò che nasce, che costruisce, che liberamente si lega
e si assume responsabilità, e
non sul suo rovescio. Saremo
dunque al fianco di tutte le
battaglie per la tutela e l'affermazione della vita, della
famiglia come struttura naturale e culturale su cui si basa
ogni civiltà e sul sacro rispetto
5
I PROMOTORI DI QUESTO APPELLO SONO:
Marcello Veneziani, Gennaro Malgieri, Massimo Magliaro,
Renato Besana, Primo Siena, Luca Gallesi, Marco Cimmino,
Gianfranco de Turris, Luciano Garibaldi, Pierfranco Bruni,
Nino Benvenuti.
Hanno già aderito: “La Destra” di Francesco Storace, la "Fondazione
Nuova Italia" dell'on. Gianni Alemanno, "Io sud" della sen. Adriana
Poli Bortone, "Azione popolare" dell'on. Silvano Moffa, "Mezzogiorno
Nazionale" del sen. Pasquale Viespoli, il sen. Giovanni Collino, il
centro di politica e cultura "Controcorrente" del sen. Domenico
Benedetti Valentini, "Pronti per l'Italia!" dell'on. Mario Landolfi,
"Iniziativa Meridionale" di Bruno Esposito, "Italia 2 punto zero" di Pierangiola Cattaneo, "Nuova Alleanza' del sen. Domenico Nania,
Guido Paglia, Direttore editoriale de “Il Giornale d’Italia”, sen. Nando
Signorelli, prof. Vincenzo Pacifici, Ordinario di Storia contemporanea,
Mauro Minniti, consigliere regionale del Trentino Alto Adige.
della morte, che non è smaltimento delle vite di scarto.
- L'Italia ha bisogno di
riscoprire l'abc della
civiltà, la grammatica
elementare dei rapporti umani. Da qui dunque la necessità di riportare al centro
della vita pubblica il tema
dell'Educazione. Vogliamo
una società educata, che recuperi stile, decoro e rispetto, e riteniamo che il compito
principale di una famiglia,
ottemperate le necessità primarie, sia quello di educare
e formare i figli. Occorre un
grande progetto che passi
dai nuovi media, dalla scuola
e dalla tv, per la crescita civile e culturale del nostro
Paese, che salvaguardi la ricchezza della nostra cultura
anche con la tutela delle differenze contro il pensiero
unico che mira ad omologare
i principii, i comportamenti,
i linguaggi, le scelte. La difesa della cultura nazionale
ed europea anche per aprirsi
e dialogare con le altre identità, sopratutto nel Mediterraneo.
6
- Come vogliamo un’Italia sovrana e dignitosa
nei rapporti internazionali (politici, economici, culturali), così siamo per la tutela
dei diritti dei popoli a forgiarsi
il loro destino, in piena libertà,
secondi i principii riconosciuti
di indipendenza e autodeterminazione.
7
- Noi siamo eredi della
Tradizione. Ci sentiamo
figli di una civiltà che
viene da lontano e vogliamo
tutelare, affermare e rinnovare
la tradizione di cui siamo
continuatori. L'Italia ha radici
antiche, romane e cattoliche,
rinascimentali e risorgimentali. Il nostro amor patrio si
lega al paesaggio e al linguaggio, alla vita e alla Storia,
alle città e all'anima italiana.
E' difesa della natura, dell'agricoltura e dei beni artistici, memoria storica e tutela
dell'eccellenza italiana. La
Tradizione è il senso della
continuità e delle cose che
durano, amore del passato e
voglia del futuro, rispetto delle
origini e fedeltà innovativa,
patto tra le generazioni, l'ono-
8
re dei padri e l'impegno dei
figli, comune sentire, patrimonio di esperienze e valori
trasmessi in politica come in
famiglia, nello Stato come
nella società. La Tradizione
è connessione, durata e primato della comunità sugli
egoismi. Tradizione nella Modernità, Modernità con la Tradizione: questa è la sfida del
futuro.
Una forza politica e civile così
oggi manca in Italia; è tempo
di colmare il vuoto. La politica
miserabile dei nostri giorni
che promette solo vantaggi
pratici e rimuove principi
ideali, non parla al cuore degli
italiani, non mantiene nemmeno le promesse concrete
e accompagna il degrado
che stiamo vivendo. Quanto
più cresce il peso della tecnica e dell'economia, tanto
più urge il contrappeso di
una visione spirituale della
politica e della comunità.
Quanto più viviamo nell'era
globale, tanto più sentiamo il
bisogno di un luogo eletto
che sentiamo come la nostra
casa.
ADERITE ALL’ APPELLO
Per aderire scrivete a:
“Il Giornale d’Italia”
via Giovanni Paisiello, 40
00198 Roma, oppure mandate una mail a:
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indirizzo, un numero di telefono fisso
o un numero di cellulare.
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