NOTIZIE FSM
Quadrimestrale - anno 9 - N. 15 - Febbraio 2009 - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - 70% - CNS PD
Il Focus
Dimmi come dormi...
La rete
Stop all’osteoporosi
Attività e...
L’intervento condiviso
La normativa che mancava
Plus
Ritornare al lavoro
Sinergie e collaborazioni in riviera
TecHnologie
Le potenzialità dell’e-learning
Il segreto della
longevità
Lo stile di vita per invecchiare bene
editoriale
la centralità
del paziente
Esistono alcune aree di intervento, alcune patologie che più e meglio di
altre evidenziano la nostra capacità, dimostrata ormai quotidianamente,
di mettere al centro del nostro operare il paziente e non la sua patologia,
le sue esigenze, e non i suoi sintomi, le sue aspettative di reinserimento
nel tessuto sociale e, in conseguenza di questo modo di “pensare” la
sanità oggi, organizzare la molteplicità degli interventi necessari alla
miglior presa in carico.
La Fondazione Salvatore Maugeri creata nel
1965 dal professore Salvatore Maugeri, come
“Clinica del lavoro”, opera nelle aree istituzionali della tutela della salute nell’ambiente
di lavoro e della Medicina Riabilitativa, con
l’obiettivo di favorire il recupero delle capacità
residue funzionali e attitudinali della persona,
l’autonomia e la qualità della vita mediante
una riabilitazione di Alta Specializzazione.
Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico dal 1969 è oggi presente su tutto il
territorio italiano con una rete di 11 Istituti
Scientifici e 3 Centri di Prevenzione. L’attività
clinica, rivolta a soggetti post-acuti e cronici, è
orientata alla diagnosi e alla cura delle malattie professionali, individuando e prevenendo i
rischi legati ad produttive, e alla Riabilitazione
di pazienti con menomazioni neuromotorie,
cardiologiche, pneumologiche e di patologie croniche polisistemiche disabilitanti,
NOTIZIE FSM
favorendo il reinserimento della persona al
lavoro e alle attività quotidiane e prevenendone la disabilità. L’attività assistenziale è di supporto alla ricerca scientifica per l’elaborazione
di protocolli diagnostici, linee guida e protocolli
riabilitativi ad approccio multidisciplinare
nell’ambito di patologie complesse, di grande
rilevanza epidemiologica e ad elevato assorbimento di risorse. L’attività di ricerca si avvale
di 48 Laboratori Scientifici e si sviluppa per
linee e tematiche sia specifiche che trasversali all’attività complessiva. La struttura a rete
diffusa sul territorio nazionale permette, da
un lato di accedere a campioni significativi
dal punto di vista epidemiologico, dall’altro di
garantire un continuo scambio di informazioni
ed esperienze in gruppi di lavoro omogenei,
interdisciplinari e multiprofessionali che
assicurano l’eccellenza dei percorsi clinicoassistenziali e della ricerca scientifica.
È successo con la SLA, in un percorso che vede Fondazione impegnata
ormai da oltre 20 anni offrire un servizio assistenziale di eccellenza,
completo e soprattutto personalizzato.
Ma anche altre sono le patologie che vengono affrontate in Fondazione
in quest’ottica: tra queste sicuramente troviamo quelle del sonno,
purtroppo in continuo aumento, che richiedono un intervento multiprofessionale e dove grande importanza riveste lo stile di vita. E questo
numero di NOTIZIE FSM affronta in apertura e in chiusura proprio questi
temi. Nel caso dei disturbi respiratori del sonno mettendo in campo
esperienza e modelli di intervento che oggi sono esempio per molti
Centri del Sonno del Paese. Parlando dello stile di vita rammentando a
tutti noi, nello speciale dedicato al tema della longevità, il potere di cui
disponiamo per vivere in salute, nella mente e nel corpo.
1
Di numero in numero la rivista si sta arricchendo di nuovi contenuti,
come è il caso dell’articolo che affronta il ruolo chiave della Commissione
Ministeriale sullo stato vegetativo, cui partecipa anche Fondazione, ma
anche di interventi più “leggeri” come la nuova rubrica Nonsolo FSM da
cui emergono passioni e hobby di dipendenti e collaboratori; un modo,
anche questo, per conoscersi sempre un po’ di più, oltre il camice o la
divisa.
Buona lettura a tutti.
Il Presidente
NOTIZIE FSM
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IL FOCUS
Dimmi come dormi...
LA RETE
Stop all’osteoporosi
ATTIVITÀ E…
L’intervento condiviso
La normativa che mancava
Come fare chiarezza
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Giornata Salvatore Maugeri 2008
SIRAS: Collaborazioni e multidisciplinarietà
29
TECHNOLOGIE
Le potenzialità dell’e-learning
High-Tech per la prevenzione
34
LO STUDIO
GOSPEL: lontani dalle ricadute
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PLUS
Ritornare al lavoro
Sinergie e collaborazioni in riviera
NEWS
Nasce AriSLA
Lumezzane: Radiografie al torace con accesso diretto
IN CLASSE
I Convegni di cui parlare:
“Lavorare in squadra per una multiterapia”
“Un aiuto dagli androgeni”
Piano formativo 2009
STILI DI VITA
Il segreto della longevità
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IL CASO
Parole, parole, soltanto parole?
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PARLANO DI NOI
La Fondazione e i media
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NONSOLO FSM
Un impegno tra RX e colori
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NOTIZIE FSM
Rivista quadrimestrale della
Fondazione Salvatore Maugeri Clinica del Lavoro e della Riabilitazione I.R.C.C.S.
Via Salvatore Maugeri, 4 - 27100 Pavia
Foto
Archivio Fondazione Salvatore Maugeri
Progetto Grafico
BtoB - Vicenza
Direttore Responsabile
Micaela Marcon
Stampa
Tipografia Nuova Jolly
Viale dell’Industria, 28
35030 Rubano (PD)
Redazione
UNOPUNTOTRE
Via G.B. Imperiali, 13 - 36100 Vicenza
Tel./Fax 0444 317974
[email protected]
Registrazione Tribunale di Padova
n. 2120 del 25 febbraio 2008
Stampato su carta contenente 100% di fibre riciclate
in conformità con RAL UZ 14- Blue Angel
NOTIZIE FSM
NOTIZIE FSM
del Centro di Medicina del Sonno della Divisione di
Pneumologia Riabilitativa dell’Istituto Scientifico di Veruno.
Per questo la verifica del riposo notturno può anticipare
il quadro futuro del paziente, affrontando la patologia in
una fase precoce di insorgenza ed evitando i danni che ne
possono derivare”.
Il focus
Dimmi
come dormi...
Disturbi respiratori nel sonno: un problema sottovalutato
Da Veruno a Pavia a
Montescano passando per
Tradate e Cassano. Ecco
alcuni esempi dell’esperienza
di Fondazione Maugeri
nell’affrontare le patologie del
sonno
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Russamento, apnee ostruttive, apnee centrali, ipoventilazione: patologie spesso
nascoste, collegabili a diverse condizioni del paziente, il quale è ignaro di
quanto accade. Pur comportando un’interruzione periodica e frequente della
respirazione (maggiore di 10 secondi) associata ad alterazioni dello scambio
dei gas nel sangue, della struttura del sonno, ed emodinamiche che possono
perdurare anche in veglia, la persona che soffre di disturbi respiratori durante
il sonno incorre in numerosi microrisvegli che non superano la soglia della
consapevolezza. La persona non si sveglia mai completamente, ma ha una
pessima qualità del sonno, che perde quindi la sua funzione riposante. Questo è
forse il primo sintomo del problema, il campanello d’allarme che deve portare ad
approfondire il problema e che spesso viene sottovalutato.
All’interno di Fondazione Maugeri possiamo trovare livelli di complessità
differenti nella gestione dell’attività che ruota comunque intorno ad un
medesimo approccio: le patologie del sonno richiedono una valutazione globale
del paziente e un coinvolgimento multidisciplinare delle professionalità. Il
paziente, pur afferendo tipicamente all’ambito respiratorio/pneumologico, può
interessare anche l’area cardiologica, neurologica o endocrinologica.
“Il problema respiratorio si acuisce durante il sonno, quando manca il controllo
volontario della persona - sottolinea il dottor Alberto Braghiroli, responsabile
Certo, mai confondere la stanchezza dovuta alla mancanza
di riposo, in termini quantitativi, con la scarsa qualità del
sonno, che ha come conseguenze la sonnolenza diurna e il
calo di attenzione e reattività. È questo il primo predittore di
questa patologia, a sintomatologia indiretta. L’ipossia che
si verifica nelle apnee, tipiche dei grandi russatori, produce,
infatti, un’usura dell’organismo che aumenta il rischio
cardio-vascolare e peggiora altre patologie respiratorie,
che spesso si sovrappongono, come la BPCO (BroncoPneumopatia Cronica Ostruttiva) e le OSAS (Sindrome delle
apnee del sonno).
La valutazione notturna con l’esame di polisonnografia,
eseguito dai Laboratori del Sonno di Fondazione Maugeri,
negli Istituti Scientifici di Veruno e di Pavia e Montescano,
permette diagnosi precoci e dettagliate di disturbi
respiratori che di giorno possono anche non dare sintomi.
Ad esempio, in caso di insufficienza cardiaca cronica il
paziente può ignorare il verificarsi di apnee notturne,
le quali invece aggravano la patologia e la situazione
cardiologica di base. Allo stesso modo oltre il 50% dei
pazienti con ictus soffre di questi disturbi, che rallentano il
recupero, peggiorando la prognosi.
L’esperienza ha portato i Centri di Medicina del Sonno di
Fondazione Maugeri ad essere riconosciuti dall’Associazione
Italiana di Medicina del Sonno come centri di riferimento
nazionale per la formazione degli aspiranti medici esperti
in quest’ambito.
“Le insidie di questa patologia - continua il dr. Braghiroli
- risiedono da un lato nella difficoltà della diagnosi, perché
i sintomi non sono direttamente correlabili, e dall’altro
nella trasversalità della patologia, che richiede un pool
di specialisti per inquadrare correttamente il paziente. Il
paziente-tipo è un russatore, prevalentemente maschio,
spesso obeso, con apnee che si interrompono con rumorosa
riapertura delle vie aeree, di cui è spesso unico testimone
il partner. In Italia si stima che ne soffra tra il 2 e il 4% della
popolazione adulta. Di circa un milione e seicentomila
persone, solo sessantamila sono in cura nei pochi centri
specializzati presenti in Italia, di certo insufficienti ad
affrontare una patologia con questa prevalenza. Oltre alla
polisonnografia, esame impegnativo e costoso, sono ora
disponibili alcuni sistemi portatili che hanno permesso
di passare da un ventina a circa 200 centri che fanno
diagnosi e terapia nel nostro Paese. Il prossimo passo è
un ulteriore sviluppo tecnologico e industriale, che vede
Fondazione impegnata nella ricerca, nell’ottica di rendere
maggiormente disponibile la strumentazione diagnostica e
le relative competenze”.
Il Laboratorio del Sonno di Veruno nei 20 anni di operatività,
ha dato un forte impulso alla sensibilizzazione dei medici a
questi disturbi: Medici di Medicina Generale, specialisti in
cardiologia, diabetologia, nefrologia, obesità, ora chiedono
valutazioni del sonno per i loro pazienti. Importante
l’interazione con la cardiologia, che esegue screening sui
pazienti con scompenso cardiaco, e propone il trattamento
per migliorarne la prognosi. Centro di riferimento per il
Piemonte, da cui arriva il 75% dei pazienti, funge da centro
secondario per altri ambulatori di tutta Italia. Le liste di
attesa vengono fatte con graduatorie in base al rischio,
dando priorità a chi svolge un lavoro che può diventare
pericoloso in caso di sonnolenza (autisti, turnisti o muratori
ad esempio), ai pazienti più giovani, nei quali la mortalità
per cause correlate è più alta, e a pazienti con patologie
cardiovascolari conclamate, nei quali il trattamento dei
disturbi del sonno rappresenta un importante fattore di
prevenzione secondaria.
Il trattamento elettivo e primario per queste patologie
consiste nell’evitare che le vie aeree collassino. Si interviene
dunque con una ventilazione meccanica e l’utilizzo della
mascherina C PAP - Continuous Positive Airway Pressure,
che aggiunge una modesta pressione positiva all’aria
inspirata. Il beneficio è immediato, e il paziente riprende
presto i normali ritmi sonno-veglia e le normali attività
lavorative, ma si tratta di un trattamento protesico che ha
dunque efficacia solo se utilizzato e non porta, di per sé ad
un miglioramento dei sintomi.
A VERUNO UN TRATTAMENTO
EDUCAZIONALE MIRATO
NOTIZIE FSM
Fondamentale per coloro che soffrono di
disturbi del sonno è lo stile di vita del paziente,
che spesso necessita di una rieducazione di
tipo alimentare, per combattere la tendenza
all’obesità e alla sedentarietà. A supporto
di questi pazienti e delle famiglie l’U.O.
di Pneumologia Riabilitativa di Veruno ha
sviluppato un programma educazionale che
accompagna in tutte le fasi che caratterizzano
la patologia: dalla diagnosi all’utilizzo e
gestione dell’apparecchiatura fino al followup periodico. Un aiuto apprezzato dai pazienti
che si traduce in una maggiore adesione al
trattamento. “Prossimamente - afferma il dr.
Carlo Sacco del Centro di Medicina del Sonno
di Veruno - l’obiettivo è di intervenire anche da
un punto vista psicologico attraverso tecniche
comportamentali e aggregative, mutuate
da approcci ad altre malattie croniche e alle
dipendenze, così da abbassare il livello di
abbandono della terapia”.
POLISONNOGRAFIA
L’ESAME SI SVOLGE DURANTE LA DEGENZA IN ISTITUTO: IL
PAZIENTE TRASCORRE LA NOTTE NEL LABORATORIO DOVE,
ATTRAVERSO UN POLISONNIGRAFO, SI ESEGUONO GLI ESAMI DI
ELETTROENCELOGRAFIA, ELETTROMIOGRAFIA E REGISTRAZIONE
DEL FLUSSO RESPIRATORIO, CHE PORTANO A VERIFICARE LA
PRESENZA DI APNEE DEL SONNO
I DISTURBI DEL SONNO
a Russamento
a Apnee ostruttive (OSAS)
a Apnee centrali
a Ipoventilazione
NOTIZIE FSM
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A colloquio con il dr. Bruno Balbi
Primario dell’U.O. di Pneumologia Riabilitativa
dell’Istituto Scientifico di Veruno
IL LABORATORIO DEL SONNO DI VERUNO
Fondato nel 1987, è il primo Laboratorio del Sonno inserito
in una U.O. di Pneumologia. Tra le specificità troviamo il
trattamento dei disturbi respiratori complicanti di patologie
pediatriche, come malformazioni, malattie genetiche
(sindrome di Down), e Sindrome di Ondine (interruzione della
respirazione nel sonno), che richiedono una ventilazione
notturna del bambino. Collabora, inoltre, con l’Università
di Novara per l’esecuzione di Sleep Endoscopy, valutazioni
volte a individuare le modalità di collasso, in vista di un
intervento chirurgico finalizzato al ripristino della normale
morfologia delle vie aeree. Intervento abitualmente eseguito
su pazienti giovani al quale partecipano contestualmente
l’otorino e il chirurgo maxillofacciale.
Si parla spesso di OSAS come sinonimo di disturbi del sonno. Quanto pesa la
presenza di pazienti con disturbi del sonno (DRS) in un’Unità di Pneumologia?
Si tratta di una quota rilevante: per quanto riguarda Veruno quasi un quarto
di tutti i pazienti. Nel 2008 sono stati circa 400 ed hanno coinvolto dal
punto di vista clinico molte aree della nostra attività; il paziente con DRS,
infatti, è un paziente respiratorio ma anche cardiologico con implicazioni
metaboliche che va quindi valutato nel suo complesso con un approccio
multidisciplinare. Per quanto riguarda l’aspetto pneumologico non è da
trascurare che i DRS sono spesso causa e concausa dell’Insufficienza
Respiratoria.
Dal punto di vista organizzativo questo cosa comporta?
La formazione del personale è fondamentale, la gestione di questi
pazienti richiede, infatti, un’interazione continua tra medici, tecnici del
sonno, personale infermieristico e assistenziale nell’ottica di ottimizzare
l’utilizzo delle postazioni e permettere l’inserimento dei casi segnalati da
altre Unità.
L’approccio educazionale che ruolo riveste nel successo del trattamento?
È importantissimo. L’interazione del personale abbinata agli strumenti
informativi cartacei e alle sedute settimanali con i pazienti ci permettono
di fugare dubbi, risolvere problemi pratici di gestione della patologia
e soprattutto far passare importanti messaggi sullo stile di vita e sui
cambiamenti necessari per ridurre i fattori di rischio.
a
a
a
Il laboratorio esegue 5 esami per notte, per cinque
notti a settimana
1400 esami/anno
400 gli eseguiti in Cardiologia
Staff:
a 2 medici specializzati
a 5 tecnici che svolgono l’attività di
programmazione, registrazione, lettura delle
polisonnografie ed educazionale
Accosciati da sinistra a destra: Sabrina Rossi, Mirella
Crevacore, Sonia Carli. In piedi da sinistra a destra:
Carlo Sacco, Alberto Braghiroli, Alessandro Danioni e
Massimo Godio
Attività ambulatoriale, ricoveri e sperimentazioni in Telemedicina
Le linee di ricerca del Centro di Medicina del sonno di Pavia-Montescano
Ecco come gli Istituti di Pavia e Montescano affrontano le patologie del sonno
a I DISTURBI RESPIRATORI DURANTE IL SONNO COME NUOVO FATTORE DETERMINANTE PER LO SVILUPPO DI INSUFFICIENZA
RESPIRATORIA O ALTERAZIONI DEL SISTEMA CARDIOVASCOLARE: PROGETTO EUROPEO COST B26.
a ANALISI DISCRIMINANTE DEI FATTORI RESPONSABILI DELLE ALTERAZIONI DELLO SCAMBIO GASSOSO NEI PAZIENTI AFFETTI DA
SINDROME DELLE APNEE DURANTE IL SONNO
a L’INTERAZIONE PAZIENTE/VENTILATORE MECCANICO DURANTE IL SONNO
a DEFINIZIONE DI NUOVI PROTOCOLLI RIABILITATIVI DOMICILIARE DA AFFIANCARE AL PERCORSO INIZIATO DURANTE LA DEGENZA
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Il Centro di Medicina del Sonno degli Istituti Scientifici di Pavia e Montescano,
centro di riferimento nazionale per i disturbi respiratori durante il sonno,
svolge attività clinica e attività di ricerca nel campo dei disturbi respiratori
primitivi durante il sonno, della funzione respiratoria durante il sonno in
corso di altre patologie respiratorie o sistemiche, principalmente cardiache,
neurologiche e neuromuscolari, e nel campo della ventilazione meccanica
non invasiva. In questo centro le patologie del sonno prevedono un approccio
a 360 gradi, compreso anche il trattamento in regime ambulatoriale, con
attività di diagnosi e follow-up periodici. Il programma riabilitativo definito
per questi pazienti è molto articolato e complesso con i ruolo cardine di
molte figure professionali, dai terapisti della riabilitazione, agli infermieri, al
Servizio di Psicologia. E proprio sul percorso di follow up si sono concentrati
gli sforzi dello staff con l’obiettivo di aumentare la compliance e migliorare
lo stile di vita complessivo. “Abbiamo condotto uno studio pilota per
verificare l’efficacia di un programma riabilitativo, per pazienti obesi con
apnee del sonno, gestito in modalità di Telemedicina. I risultati sono stati
molto incoraggianti - spiega il dr. Francesco Fanfulla, responsabile del Centro
di Medicina del Sonno dei due Istituti Scientifici pavesi - in particolare per
quanto riguarda il controllo del peso e il programma di allenamento. Il
paziente viene dotato di un metabografo da polso in grado di registrare i passi
giornalieri, il consumo energetico e il riposo notturno. Procediamo con un
monitoraggio periodico al telefono, per controllare l’aderenza al programma
fisico e a quello alimentare. In questo gruppo, seguito a distanza, si sono visti
risultati sovrapponibili per quanto riguarda la terapia delle apnee rispetto al
gruppo trattato in modo tradizionale (impiego della CPAP circa 6 ore/notte),
ma esiti decisamente migliori per il calo ponderale, che in circa 6 mesi si
attesta su una media di 2.5 punti di BMI (Body Max Index). Inoltre, in un altro
studio condotto dal Servizio di Psicologia dell’Istituto di Montescano insieme
al Centro di Medicina del sonno è stata dimostrata l’elevata prevalenza di
alterazioni psicologiche oltre alle note alterazioni neurocognitive.
NOTIZIE FSM
a
a
a
Dall’alto: Francesco Fanfulla, Nadia D’Artavilla Lupo,
Rossella Trentin, Rita Maestroni
OSPEDALIERA PER I PAZIENTI AFFETTI DA DISTURBI RESPIRATORI DURANTE IL SONNO E OBESITÀ SEVERA: IL CONTROLLO
TELEMATICO DEI RISULTATI E DALL’ADERENZA AL TRATTAMENTO.
I MECCANISMI FISIOPATOLOGICI DELLE ALTERAZIONI VENTILATORIE DURANTE IL SONNO IN CORSO DI SCOMPENSO CARDIACO
CRONICO.
LE ALTERAZIONI DELL’ATTIVITÀ FONATORIA NEI PAZIENTI AFFETTI DA MALATTIE NEUROMUSCOLARI DELL’ETÀ EVOLUTIVA: MARKER
PRECOCE DI ALTERAZIONE DELLA FUNZIONE RESPIRATORIA?
NUOVE MISURE DEL GRADO DI SONNOLENZA DIURNA
LABORATORI DEL SONNO DI
PAVIA E MONTESCANO
I DATI 2008
EPIDEMIOLOGIA DELL’OSAS
a
a
1000 PAZIENTI RICOVERATI
1000 PAZIENTI AMBULATORIALI
3500 INDAGINI NOTTURNE
100 DI TEST DI VIGILANZA.
50% I PAZIENTI FUORI REGIONE
6 APPARECCHIATURE STANZIALI
E 16 PORTATILI
CIRCA 10.000 SEGUITI REGOLARMENTE
DALL’INIZIO DELL’ATTIVITÀ (1997 MONTESCANO;
OTTOBRE 2004 PAVIA)
3-5% POPOLAZIONE ADULTA EUROPEA (9-15% QUELLA AMERICANA)
2-3% DELLA POPOLAZIONE PEDIATRICA (CA. IL 45% DEI BAMBINI
CON SINDROME DI DOWN)
a
a
a
a
a
40% DEI BAMBINI OBESI
10% DEI PAZIENTI CON BPCO
33% DEI PAZIENTI CON IPERTENSIONE ARTERIOSA
10-30% CON INSUFFICIENZA CARDIACA
ARITMIE NOTTURNE (CA. 4% DI TUTTE LE OSA)
RAPPORTO MASCHI:FEMMINE = 2:1 (1:1 NEI BAMBINI E NEGLI ANZIANI)
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L’Istituto di Tradate al tavolo di lavoro permanente per
affrontare l’aumento dei casi di OSAS a Varese
“L’U.O. di Pneumologia di Tradate - ci spiega la dottoressa Margherita Neri,
Responsabile dell’Unità - pur non avendo al suo interno un vero e proprio Centro
dello Studio del Sonno esegue abitualmente su questi pazienti monitoraggi
cardiorespiratori completi, solo raramente Polisonnografie.
I pazienti seguiti regolarmente sono ormai circa 500 e vengono effettuate nuove
diagnosi al ritmo di circa 100 all’anno. La domanda proveniente dal territorio è
in continuo aumento e proprio per questo la ASL di Varese ha allestito da alcuni
anni un tavolo di lavoro permanente che riunisce tutti i Centri della Provincia che
si occupano di questa patologia per un confronto di esperienze e di operatività;
ciò ha permesso di proporre ed adottare le migliori soluzioni per un problema di
grande impatto epidemiologico e socio-sanitario. I pazienti sono sempre ricoverati
per l’adattamento al ventilatore, modalità di accoglienza che permette all’équipe
non soltanto un’osservazione diretta per qualche notte ma anche di impostare un
intervento educazionale che si è strutturato negli anni in modo molto complesso ed
articolato.
Il paziente con OSAS è, infatti, accolto e preso in carico
da uno staff multidisciplinare composto Medici, Infermieri
professionali, Tecnici di funzionalità respiratoria, Psicologo,
Dietologo. L’intervento complessivo educazionale prevede:
a Somministrazione di test sanitari e psicologici
a Colloqui operatore sanitario-paziente
a Colloqui operatore sanitario-paziente-familiari
a Incontri con gruppi di pazienti
a Incontri con gruppi di pazienti e familiari
a Opuscoli illustrativi il cui contenuto viene discusso
con il paziente
a Dimostrazioni pratiche con i ventilatori utilizzati
8
Lo scopo del grande sforzo comune è quello di informare
il paziente della natura della sua patologia, della necessità
di terapia e delle opzioni terapeutiche. Spesso il paziente
è ancora giovane ed in età lavorativa, e gli si richiede di
modificare radicalmente le sue abitudini di vita adottando
uno stile di vita più sano ma probabilmente meno
gratificante. Per questo è indispensabile uno sforzo corale
di informazione, formazione e persuasione che coinvolga
tutte le figure elencate, in particolare lo psicologo e il
dietista. Con questi mezzi infatti cerchiamo di fare accettare
al paziente la sua patologia e di fargli seguire con costanza
le terapie necessarie, compresa l’eventuale dieta ipocalorica
o la necessità di eseguire attività fisica regolare.
Il follow up del programma di intervento prevede controlli
regolari dopo 3, 6, infine ogni 12 mesi, in occasione di
successivi controlli programmati già al momento delle
dimissioni e che vengono svolti in collaborazione con
l’équipe”.
CASSANO PUNTO DI RIFERIMENTO PER LE REGIONI DEL SUD
UN LABORATORIO DI POLISONNOGRAFIA CHE DAL
1995 EFFETTUA ESAMI PER LA DIAGNOSI DELLE
PATOLOGIE RESPIRATORIE LEGATE AL SONNO NONCHÉ
IL TRATTAMENTO DI TALE PATOLOGIA - AFFERMA
LA DOTTORESSA MARIA ALIANI RESPONSABILE
DEL LABORATORIO -. QUESTE VALUTAZIONI SI
EFFETTUANO IN REGIME DI RICOVERO PER ACUTI DOVE
VIENE EFFETTUATA LA DIAGNOSI E LA TITOLAZIONE
DELLA PRESSIONE TERAPEUTICA NECESSARIA AL
PAZIENTE PER LA NORMALIZZAZIONE DEL PATTERN
VENTILATORIO CON RIDUZIONE DEGLI EVENTI APNOICI
E DELLE DESATURAZIONI; E IN REGIME RIABILITATIVO
PER L’ADATTAMENTO ALLA PROTESI VENTILATORIA
PER POTER OTTENERE LA MIGLIOR COMPLIANCE
AL TRATTAMENTO STESSO. ATTUALMENTE SI
ESEGUONO CIRCA 600 ESAMI L’ANNO ANCHE SE,
VISTO L’AUMENTO DI INCIDENZA DELLA MALATTIA,
SIA IN AMBITO PNEUMOLOGICO, SIA CARDIOLOGICO
E NEUROLOGICO, IL NUMERO DI RICHIESTE DAL
TERRITORIO
(PROVENIENTI
PREVALENTEMENTE
Da Sinistra: Carmela Petruzzelis, Dionisio Fortunato, Maria Aliani,
Patrizia Guido, Angela Battista
DALLA PROVINCIA DI BARI, FOGGIA E LECCE, NONCHÉ
DALLE REGIONI BASILICATA, CAMPANIA, CALABRIA E
SICILIA) È IN CONTINUO AUMENTO E OGGI LA LISTA DI
ATTESA È DI CIRCA 6 MESI.
Stop
all’Osteoporosi
l’esercizio fisico principe
della prevenzione
L’osteoporosi è una malattia sistemica
dello scheletro, caratterizzata da una
ridotta massa ossea e dal deterioramento
della microarchitettura del tessuto osseo,
con conseguente aumento della fragilità e
predisposizione alle fratture, soprattutto
dell’anca, della colonna vertebrale e del
polso.
Un nemico feroce da non sottovalutare
per i soggetti in età avanzata, che
rischia di penalizzare fortemente la
qualità della vita: un esempio su tutti
la frattura al femore, che accade con
maggiore frequenza nelle donne e che
solo nel 30-40% dei casi consente una
ripresa completa, mentre circa la metà
dei soggetti colpiti deve fare i conti con
una più o meno grave disabilità motoria
nell’anno successivo alla frattura.
Per questo è fondamentale il lavoro di
prevenzione sin dalla tenera età: “È stato
fortunatamente dimostrato - afferma
Marco Monticone Primario dell’Unità
Operativa di Riabilitazione Neuromotoria
Specialistica dell’Istituto Scientifico di
Lissone della Fondazione Maugeri - che
un’attività fisica regolare può esercitare
un’azione benefica sui disturbi e sulle
malattie che colpiscono i muscoli e le
ossa, quali osteoartrite, dolori lombari e
osteoporosi: gli esercizi di allenamento,
infatti, rafforzano muscoli, tendini e
legamenti e migliorano la densità delle
ossa”.
L’osso è un tessuto vivo e complesso
che si modifica continuamente e
continuamente si ripara: si parla, infatti,
di “rimodellamento osseo”. Questa
continua attività di trasformazione e
rimodellamento ha lo scopo di rendere le
ossa più idonee alle esigenze funzionali
delle varie età. Soprattutto dopo la
menopausa si manifesta uno squilibrio
fra riassorbimento e formazione ossea,
principalmente a causa della carenza di
La rete
Agli Istituti Scientifici di Lissone
e Castel Goffredo una task force
per trattare, ma soprattutto
prevenire una patologia sempre
più diffusa
estrogeni che hanno di per sé un’azione
protettiva nei confronti del tessuto
osseo. Di qui l’importanza dell’entità del
patrimonio osseo con cui la donna arriva
alla menopausa: quanto maggiore è la
massa ossea raggiunta in età giovanile,
tanto più la donna risulta protetta nei
confronti della perdita ossea postmenopausale.
Tuttavia, anche quando l’attività fisica
in età giovanile non è stata esercitata
con costanza, l’esercizio fisico regolare
viene
comunque
prescritto,
anche
nei programmi d’intervento per la
gestione dell’osteoporosi conclamata:
infatti l’attività motoria, sia pur iniziata
tardivamente, aumenta la massa ossea
anche in soggetti con densità ossea
ridotta, diminuendo significativamente
il rischio di fratture, oltre ad essere
efficace anche nel ridurre il consumo di
analgesici.
osteoporosi: i dati
Le stime dell’International Osteoporosis
Foundation affermano che a soffrire di
osteoporosi è una donna su tre fra i 60 e
i 70 anni e due su tre dopo gli 80, anche
se prima della diagnosi la maggior parte
di esse non sa di essere a rischio. In
Italia sono 5 milioni le persone che ne
soffrono, di cui 4 milioni sono donne. Solo
600.000 italiane (cioè 1 su 5) si curano. La
complicanza più frequente è la frattura
del femore (78.000 l’anno circa), con una
previsione dell’OMS di 4 milioni di fratture
nei prossimi 25 anni. L’OMS ha collocato
l’osteoporosi tra le patologie di grande
rilevanza sociale e fra le grandi sfide dei
prossimi decenni.
Oltre ai fattori fisiologici ormonali e di
invecchiamento incidono sull’insorgenza
della malattia gli stili di vita tipici della
società del benessere: fumo, alcool,
sedentarietà, alimentazione, magrezza.
9
Quale attività fisica va preferita?
Dr. Marco Monticone
10
“Le Linee Guida SIMFER (Società Italiana di Medicina
Fisica e Riabilitazione) sull’Osteoporosi, pubblicate
nel dicembre 2005, hanno rivisto la Letteratura
sull’efficacia dei principali esercizi da svolgere per
i soggetti affetti da osteoporosi - continua il dottor
Monticone -. In particolare, in età post-menopausale,
hanno evidenziato gli effetti positivi a proposito
degli esercizi aerobici, sito-specifici, con macchinari
e posturali, sia per la riduzione del rischio di caduta,
sia per l’equilibrio e l’agilità, e aggiungono i criteri
valutativi e le raccomandazioni terapeutiche che
lo specialista in Medicina Fisica e Riabilitazione è
invitato a seguire”. “Molto semplicemente, bisogna
tener presente che per ess ere positivo il programma
di attività fisica deve poter essere facilmente eseguito.
Gli esercizi devono essere individuati e prescelti
dal personale sanitario autorizzato e competente,
evitando di scatenare dolore, rigidità articolare e
muscolare, cadute inaspettate, cali della pressione
arteriosa, dolore cardiaco (angina pectoris), o respiro
affannoso”.
Particolarmente indicate per il soggetto osteoporotico
sono tutte le attività eseguite a carico naturale in cui
il peso corporeo grava sulle ossa: infatti il peso del
corpo unito alla forza di gravità stimola positivamente
la calcificazione con conseguente aumento della
densità ossea. Pertanto le attività fisiche da preferire
sono la camminata, la marcia, il ballo, il salire le scale
e l’aerobica. “La corsa leggera, invece - conclude
Monticone - è un ottimo esercizio ma occorre evitarla
in caso di osteoporosi avanzata per non aumentare il
rischio di fratture. Mentre il ciclismo ed il nuoto sono
da evitare, se non altro in quanto esercizi in cui il carico
sulle ossa è inferiore e quindi meno utili”.
“L’esercizio fisico per essere efficace, però, deve
prevedere precise caratteristiche fisiche quali:
intensità, frequenza, numero di ripetizioni, durata
temporale e limite soglia. E l’effetto dipende dalla
modalità di esecuzione - sottolinea il dottor Monticone
-: il risultato finale è determinato dalla specificità e
selettività dell’esercizio. Purtroppo, invece, l’adesione
al trattamento non è sempre altissima e varia dal 42% al
63% per i soggetti che effettuano gli esercizi domiciliari
tre volte alla settimana, dal 26% al 72% in chi li svolge
almeno due volte”.
Oltre agli esercizi in carico, vanno consigliati quelli per
il potenziamento della forza muscolare (in particolare,
della colonna vertebrale e degli arti inferiori), quelli
posturali (attenzione al dorso curvo tipico dell’età
senile) e dell’equilibrio (per ridurre il rischio di caduta
a terra). Una sorveglianza continua nel tempo, da parte
del medico e del fisioterapista, dello stato del paziente
risulta fondamentale, così come una variazione negli
esercizi ad intervalli prestabiliti (ogni 3-4 mesi). Il
segreto della compliance, sia nelle sedute in palestra sia
a casa, risiede infatti nel motivare il paziente e aiutarlo a
comprenderne l’importanza.
Coloro che incorrono nella complicanza fratturativa vertebrale
vengono individuati quanto più precocemente possibile
(ricordo che 50% delle fratture osteoporotiche vertebrali
sono paucisintomatiche!) e trattati anche dal punto di vista
riabilitativo. Inizialmente il trattamento non potrà che essere
conservativo, con ausilio di apposito busto e limitazione del
carico ad evitare ulteriori complicanze; successivamente
verrà intrapresa una cauta fase riabilitativa che dovrà
soprattutto mirare ad un equilibrato potenziamento della
muscolatura antigravitaria, ad una rieducazione al cammino,
alle reazioni di equilibrio. Sono diverse centinaia i pazienti
trattati nell’Unità grazie anche alla presenza in Istituto di un
densitometro DEXA e allo staff che coinvolge medici Fisiatri,
Reumatologi, terapisti della riabilitazione, medici e tecnici
della Radiologia e Biologi del Laboratorio Analisi. I grandi
numeri della nostra attività potrebbero consentire in futuro
di dare vita ad un ambulatorio dedicato esclusivamente
ai pazienti osteoporotici. Intanto, sul piano della ricerca
scientifica è già concluso un trial clinico sull’efficacia di un
farmaco per la prevenzione dell’osteoporosi da glucocorticoidi
ed un altro trial multicentrico sull’efficacia di altro farmaco
nell’osteoporosi postmenopausale è tuttora in corso”.
Quando si parla di osteoporosi si parla soprattutto di
prevenzione delle fratture (e delle rifratture).
Osteoporosi significa difatti patologica fragilità dell’osso.
Innanzitutto bisogna prendere atto che ad occuparsi
scientificamente di osteoporosi, in Italia, sono soprattutto
Reumatologi, Endocrinologi e Fisiatri. La figura dell’Ortopedico
diviene invece fondamentale al momento della frattura,
soprattutto della frattura di femore o di polso. Infatti le
fratture osteoporotiche più comuni (quelle vertebrali), sono
spesso silenti o paucisintomatiche e di regola non richiedono
trattamento chirurgico potendo efficacemente essere trattate
da altre figure di Specialisti, purchè esperti di osteoporosi.
a Di regola l’osteoporosi non è dolorosa, e se lo diventa
è, probabilmente perché si è prodotta una frattura!
E’ quindi fuorviante pensare di attribuire ad una
bassa massa ossea disturbi articolari o muscolari che
devono essere correttamente valutati e diagnosticati
dal Reumatologo.
a La diagnosi di osteoporosi non può di regola essere
eseguita precocemente con la radiologia tradizionale,
giacchè diventa visibile solo in fase avanzata o peggio,
con l’evento fratturativo.
a
La diagnosi di osteoporosi si avvale della densitometria
ossea, ad oggi l’unico parametro misurabile della
densità minerale ossea (BMD). Al contrario i marcatori
del turnover osseo, ancorchè costosi e spesso di
difficile attuazione, possono essere utili soltanto in
ambito di ricerca o nei casi di osteoporosi secondaria.
a
Non esiste una sola forma di osteoporosi: se
numericamente
l’osteoporosi
postmenopausale
(femminile) è la più rappresentata, non bisogna
dimenticare che esiste anche l’osteoporosi nel
maschio; inoltre esistono numerose forme di
osteoporosi secondaria, dipendenti cioè da altre
patologie, da farmaci o da scorretti stili di vita.
a
Il trattamento dell’osteoporosi va sostanzialmente
personalizzato, pur nel rispetto delle linee guida
internazionali. Va subito detto che l’intervento
farmacologico va attentamente ponderato e messo
in atto con la massima precocità: oggi disponiamo
di farmaci in grado di recuperare la massa ossea e
quindi di diminuire il rischio fratturativo, tuttavia
essi necessitano di tempi medio-lunghi per potere
esplicare appieno la loro attività. Nel frattempo vanno
messe in atto tutte quelle ulteriori misure atte a ridurre
il rischio di caduta. A cominciare da quelle più banali:
le calzature devono essere chiuse e a base allargata
per aumentare la stabilità; i tappetini scendiletto
vanno tassativamente aboliti perchè spesso causa di
rovinose cadute; le ginocchia instabili vanno protette
Come individuarla, come intervenire
Con il dottor Gianantonio Saviola, Responsabile dellʼUnità Operativa di Reumatologia dellʼIstituto
Scientifico di Castel Goffredo, vogliamo mettere lʼaccento su alcuni punti fondamentali per la
comprensione dellʼosteoporosi in presenza di malattie reumatologiche
Dr. Gianantonio Saviola
Nelle malattie reumatologiche, ad esempio l’artrite
reumatoide, la co-presenza di osteoporosi è praticamente
la regola: all’esordio della malattia artritica infatti, un occhio
esperto potrà apprezzare una osteoporosi localizzata a livello
delle articolazioni colpite dall’artrite, soprattutto le piccole
articolazioni delle mani; successivamente il fenomeno,
diviene generalizzato.
I malati reumatologici sono quelli maggiormente rappresentati
nel nostro Istituto all’Unità Operativa di Reumatologia
Riabilitativa.
A partire dal 1992, anno di istituzione del primo embrione
dell’Unità Operativa di Reumatologia Riabilitativa sono
centinaia i pazienti che vengono periodicamente sottoposti
a densitometria ossea e - ove necessario - a terapia
farmacologica per prevenzione delle fratture o delle rifratture.
Coloro che presentano un elevato rischio fratturativo senza
fratture da fragilità, vanno educati ad uno stile di vita congruo
(dieta con apporto sufficiente di calcio, cauto esercizio fisico,
riduzione di fumo ed alcoolici), mentre eventuali concause
osteoporogene debbono essere identificate e se possibile
eliminate.
con tutori appositi; inoltre vanno posizionati corrimano
sulle scale e nei servizi igienici. I pazienti con ridotta
capacità deambulatoria autonoma vanno tutorizzati
con bastoni, deambulatori o altro ausilio. Va posta
inoltre grande attenzione ad alcuni farmaci, soprattutto
gli ipotensivi e gli ansiolitici, perchè gli effetti
collaterali di alcuni di essi, soprattutto nell’anziano
possono manifestarsi con deficit dell’equilibrio.
Il ruolo della vitamina D
Da alcuni anni è stato chiaramente individuato un
importante fattore di rischio per le cadute, soprattutto
negli anziani: il deficit di vitamina D. La carenza
di questa vitamina è stata a lungo considerata
importante soltanto ai fini del mantenimento
dell’omeostasi del metabolismo calcico. In realtà si è
recentemente dimostrato che la vitamina D è anche
necessaria per contrastare la miopatia prossimale
dell’anziano, una forma di degenerazione muscolare
che colpisce soprattutto la radice degli arti inferiori,
con conseguente maggiore suscettibilità alle cadute.
Inoltre è stato pure dimostrato che la carenza di
vitamina D è una delle principali cause di fallimento
della terapia farmacologica dell’osteoporosi.
Pertanto l’adeguata somministrazione di vitamina D
(soprattutto colecalciferolo = vitamina D3) è uno dei
capisaldi non soltanto della terapia, ma anche delle
fasi preventive e riabilitative dell’osteoporosi.
vigilanza e l’attenzione, e riaffiorati i movimenti orolinguali,
si inizia lo svezzamento della deglutizione, secondo una
scelta nutrizionale che dipende dalla gravità della disfagia.
Attività e...
L’intervento
condiviso
L’importanza della gratificazione
del cibo per riabilitare dal trauma
Molti i disturbi correlati al
Trauma Cranio Encefalico tra
questi la disfagia occupa un
ruolo di rilievo
12
Quale relazione intercorre tra il miglioramento della disfagia neurogena e il
recupero funzionale sia cognitivo sia motorio in pazienti con esiti di Trauma Cranio
Encefalico?
Il Trauma Cranio Encefalico, infatti, comporta esiti di grande impatto sociale sia
per il tipo di disabilità che produce (cognitiva, neuromotoria, comportamentale),
sia perché interessa in particolare giovani adulti, vittime, nella maggior parte dei
casi, di incidenti stradali. Le fasce di età maggiormente a rischio sono tra i 15 e i
24 anni e dopo i 64 anni.
Fra i diversi disturbi presenti in caso di TCE, la disfagia occupa un posto di rilievo,
essendo responsabile di infezioni polmonari, disidratazione e mal nutrizione, che
possono influenzare negativamente il recupero funzionale.
I pazienti con grave Trauma Cranio Encefalico, trasferiti nella U.O. di
Neuroriabilitazione, non possono alimentarsi per bocca, in seguito a deficit
neuropsicologici, comportamentali, a danni alle strutture centrali e periferiche
delle strutture preposte alla deglutizione, oppure per la prolungata inattività o per
la presenza di dispositivi esterni di alimentazione come la cannula endotracheale
o il sondino naso-gastrico.
Uno studio retrospettivo, condotto su 33 pazienti con esiti di TCE di età compresa
tra i 17 e il 68 anni, dall’U.O. di Neuroriabilitazione intensiva di Fondazione Maugeri,
presente all’interno dell’Azienda Ospedaliera O.C.R. di Sciacca, contribuisce
a chiarire il valore della deglutizione quale potente stimolo risvegliante e
gratificante, che contribuisce al miglioramento delle abilità motorie e cognitive.
Lo studio, presentato nel novembre 2008 al XXXVI Congresso Nazionale SIMFER
(Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa) di Roma, evidenzia inoltre
una correlazione tra il recupero funzionale e la tempestività di un programma
riabilitativo-assistenziale mirato alla ripresa della deglutizione, che riduce la
frequenza delle complicanze, migliorando la prognosi.
“Il punto di partenza per l’intervento riabilitativo afferma il dottor Domenico De Cicco, Primario dell’U.O.
di Neuroriabilitazione - sempre personalizzato, è di
considerare l’individuo nella sua globalità, fisica, psichica
ed esistenziale, ovvero di considerare, ai fine della
nostra valutazione, non solo la situazione neurologica
complessiva, ma anche le condizioni familiari e l’eventuale
presenza associata di sintomi neurologici focali (aprassia,
disartria, afasia, emisomatognosia, ecc.). L’apporto di figure
multi-professionali e inter-disciplinari, in rapporto alle
diverse competenze contribuisce ad arricchire il quadro
complessivo del paziente e ci permette un intervento
davvero mirato”.
“Anche l’obiettivo terapeutico è stato diverso per i vari
pazienti, conclude il dottor De Cicco - pur puntando sempre
all’autonomia in ambito motorio e cognitivo. Diffrente è
stato, infatti, il recupero della deglutizione fisiologica, il
più possibile vicino alla normalità, la costruzione di una
deglutizione funzionale, caratterizzata da una maggiore
durata dell’atto deglutitorio. Questo ci ha permesso, anche
attraverso eventuali limitazioni dietetiche e l’adozione di
posture facilitanti, di puntare ad un nuovo inserimento del
paziente in ambito familiare e sociale, cercando di ristabilire
la giusta armonia affettivo-relazionale”.
il campione
33 pazienti con esiti di TCE: 30 maschi e 3
femmine
Riabilitazione:
quali i risultati
I risultati del programma riabilitativo sono valutati
rispetto ai temi della nutrizione, delle abilità
motorie, e dell’ambito cognitivo. Al termine della
degenza il 50% dei pazienti era in nutrizione orale
mediante dieta libera, il 15% era a dieta orale con
limitazioni e il 30% era in nutrizione enterale per
SNG/PEG.
Il 24% dei pazienti ha raggiunto l’autonomia
motoria, il 30% necessitava di assistenza parziale
e il 43% di assistenza completa. In abito cognitivo,
il 15% dei pazienti ha raggiunto l’autonomia, il
52% necessitava di assistenza parziale e il 30% di
assistenza completa.
Età tra i 17 e i 68 anni, con prevalenza di giovani
di età inferiore a 40 anni
22 presentavano una grave forma di disfagia
45-60 gg, la durata media della degenza
I pazienti presentavano deficit cognitivo e/o
comportamentale: contenuto della coscienza
ridotto, attenzione labile, comprensione labile,
verbalizzazione assente, disturbi comportamentali
apresenza
di riflessi
sunzione e muso)
primordiali
(morsus,
adeficit motori (posture del tronco e del
capo non corrette, deficit motori centrali o
periferici e presenza di dispositivi ostacolanti la
deglutizione).
Intervento riabilitativo
NOTIZIE FSM
La valutazione clinica inizia con l’analisi delle capacità attentive e dell’atteggiamento
posturale del capo e del tronco; considera, tra gli altri, i sintomi soggettivi relativi
al disturbo, la condizione clinica generale, e si basa sulla valutazione neurologica
ed in particolare dei nervi cranici coinvolti nel meccanismo della deglutizione.
L’osservazione della postura e la valutazione del tono, del trofismo, dell’articolarità,
dei deficit motori, dei deficit sensitivi delle abilità cognitive e motorie e delle
abilità nell’attività di vita quotidiana permettono poi una valutazione del percorso
riabilitativo. Per l’aspetto logopedico, invece, si esegue l’osservazione di diverse
componenti, come il livello di vigilanza, l’attenzione, la comprensione, la memoria
a breve termine, la postura generale, e si considerano l’aspetto morfologico e
funzionale delle strutture orofaringee e i movimenti bucco-linguo-facciali. Si
svolgono quindi le prove di deglutizione, verificando la presenza di eventuali
segni di inalazione e riflessi di protezione (tosse, raclage), e una valutazione
delle funzioni correlate con la deglutizione, come la fonazione e la respirazione.
La valutazione strumentale della deglutizione si avvale della videofluorografia,
eseguita da radiologo e logopedista, che consente un’analisi di tutte le fasi del
processo, evidenziando le aspirazioni silenti e stabilendo la gravità della disfagia
neurogena sulla base delle alterazioni documentate. Una volta migliorate la
Lo staff dell’dall’U.O. di Neuroriabilitazione intensiva di Fondazione Maugeri, presente all’interno dell’Azienda
Ospedaliera O.C.R. di Sciacca
13
I CAV SECONDO OMS
E NELL’UNIONE EUROPEA
Le funzioni e ruoli
identificati per i CAV
Attività e...
La normativa
che mancava
Siglato l’Accordo Stato-Regioni sui
Centri Antiveleni in Italia
Il 28 febbraio 2008 è stato sancito, ai sensi dell’articolo 4 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, un Accordo, tra il Governo, le Regioni
e le Province autonome di Trento e Bolzano concernente la definizione di
attività ed i requisiti basilari di funzionamento dei Centri Antiveleni (Rep.
Atti n. 56/ESR). Un traguardo importante frutto della collaborazione tra la
Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute, la
Direzione Generale Sanità delle Regioni Lombardia e Lazio e il contributo del
CNIT- Centro Nazionale di Informazione Tossicologica, dell’IRCCS Fondazione
Maugeri di Pavia che da tempo auspicava una disciplina dell’attività.
“Oggi, dunque anche l’Italia dispone di una normativa che definisce e fissa
ruoli e funzioni di questi servizi fondamentali per la salute pubblica che
svolgono funzioni specifiche, non riconducibili ad altre strutture operative
ed essenziali per i Servizi Sanitari Nazionale e Regionali - ci spiega il dottor
Carlo Locatelli del CNIT di Pavia che ha preso parte al tavolo di lavoro -. Per
svolgere l’attività medico-specialistica presso i CAV occorre, infatti, uno
staff di medici tossicologi esclusivamente dedicato, debitamente formato
e continuamente addestrato. L’elevata specializzazione e le peculiarità
funzionali dei CAV richiedono l’organizzazione di strutture complesse la
cui operatività si svolga in modo autonomo, ma sinergico, con altri servizi
eventualmente coinvolti nel percorso assistenziale, sia all’interno della
struttura ospedaliera ove il CAV ha sede che sul territorio”.
Le funzioni identificate dalla normativa hanno l’obiettivo di assicurare
almeno tre dei seguenti risultati di grande rilievo per la sicurezza e la
salute pubblica: (a) una migliore presa in carico del paziente intossicato
e appropriatezza delle cure prestate; (b) riduzione degli accessi impropri
al sistema ospedaliero delle urgenze e a quello territoriale, dei ricoveri
non strettamente necessari, delle indagini diagnostiche e strumentali
non appropriate, e (c) un valido supporto specialistico alle altre strutture
e Istituzioni (pubbliche e private) che operano in ambito sanitario o che
possono comunque essere determinanti per la sicurezza e la salute: ciò si
riferisce in particolare alla gestione di emergenze chimico-tossicologiche
convenzionali.
“L’importante riconoscimento delle funzioni e attività dei CAV da parte dello
Stato e delle Regioni - conclude il dottor Locatelli - implica un notevole
sviluppo e adeguamento di questi servizi nel breve-medio termine, non solo
per fronteggiare adeguatamente le urgenze, ma anche per poter dar risposta
alla crescente domanda di consulenza, di documentazione e di valutazione
epidemiologico-tossicologica da parte di Istituzioni, Organismi ed Enti locali,
regionali, nazionali e sopranazionali”.
NOTIZIE FSM
1
Consulenza tossicologica specialistica, in urgenza e
non, agli operatori sanitari delle Aziende Ospedaliere,
delle ASL, ai medici di medicina generale e pediatri
di libera scelta, per la gestione dei pazienti con
problematiche tossicologiche
2
Consulenza tossicologica specialistica per via
telefonica alla popolazione in relazione al grado
di pericolosità dell’esposizione, alla possibilità di
trattamento domiciliare o all’eventuale necessità di
ricovero
3
Attività clinica specialistica al fine di assicurare la
gestione diretta dei pazienti con intossicazione
acuta presso il pronto soccorso e il dipartimento
d’emergenza dell’ospedale in cui è operativo il CAV o
presso il proprio reparto (ove presente)
4
5
6
7
DAL 1953, ANNO IN CUI È SORTO UFFICIALMENTE IL
PRIMO CENTRO ANTIVELENI NEGLI USA, NUMEROSI
CAV SONO STATI CREATI IN QUASI TUTTI I PAESI
SVILUPPATI. NEGLI USA SONO OGGI OPERATIVI 69
CAV E IN EUROPA VE NE SONO PIÙ DI 80, ALMENO
UNO IN OGNI PAESE.
SONO DUE LE RISOLUZIONI CEE CHE DEFINISCONO
COMPITI E FUNZIONI DEI CAV NEGLI STATI MEMBRI:
RISOLUZIONE CEE 90/C 329/03 DEL 3 DICEMBRE 1990
RELATIVA AL MIGLIORAMENTO DELLA PREVENZIONE
E DEL TRATTAMENTO DELLE INTOSSICAZIONI ACUTE
NELL’UOMO E RISOLUZIONE CEE DEL 29 MAGGIO
1986 RELATIVA A UN PROGRAMMA D’AZIONE DELLA
COMUNITÀ SULLA TOSSICOLOGIA AI FINI DELLA
PROTEZIONE DELLA SALUTE
Attività di consulenza presso altri reparti
dell’ospedale e visite specialistiche ambulatoriali
Identificazione delle necessità di tossicologia
analitica clinica a livello nazionale, ai fini di una
razionalizzazione delle risorse esistenti e di una loro
migliore disponibilità
Reperimento,
implementazione
e
continuo
aggiornamento di banche dati tossicologiche e di
banche dati relative a tutti i prodotti commercializzati
in Italia (farmaci, prodotti per uso domestico, prodotti
per uso agricolo, prodotti industriali, ecc.)
Elaborazione statistico-epidemiologica dei dati
relativi alle intossicazioni, anche in collaborazione
con altri Enti istituzionalmente competenti
LE INTOSSICAZIONI: I DATI
L’INCIDENZA MEDIA ANNUA DELLE INTOSSICAZIONI
ACUTE È, NEL NOSTRO PAESE COME NEL RESTO
D’EUROPA, APPROSSIMATIVAMENTE DI 1 CASO OGNI
100 ABITANTI, E SONO IN CONTINUO AUMENTO. A
CAUSA DELL’ENORME VARIABILITÀ DI AGENTI TOSSICI
A CUI AVVIENE L’ESPOSIZIONE E DELLA MODALITÀ
DI ESPOSIZIONE (ES. ABUSO), I QUADRI CLINICI
SONO OGNI VOLTA DIVERSI E RISULTANO SPESSO
DI DIFFICILE INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO E
TERAPEUTICO. L’IMPORTANTE ATTIVITÀ SANITARIA
CHE NE CONSEGUE, SIA NEL CAMPO DELLA CURA
(DIAGNOSI E TERAPIA) SIA IN QUELLO DELLA
PREVENZIONE, È DIMOSTRATA DAI NUMERI DELLE
CONSULENZE FORNITE DAI CENTRI ANTIVELENI
(CAV) ITALIANI (PIÙ DI 150.000/ANNO) E DA QUELLI
DELLE DIAGNOSI PRINCIPALI DI DIMISSIONE (CIRCA
100.000/ANNO) RELATIVI A RICOVERI OSPEDALIERI
PER INTOSSICAZIONI/AVVELENAMENTI E ABUSO DI
ALCOL E ALTRE SOSTANZE. I DATI DELLE SCHEDE
DI DIMISSIONE OSPEDALIERE NON INCLUDONO
LE PRESTAZIONI PER INTOSSICAZIONI ACUTE
FORNITE NEI SERVIZI D’URGENZA E NON SEGUITE
DA RICOVERO (STIMABILI IN CIRCA 500.000/ANNO)
E QUELLE AMBULATORIALI (PER PROBLEMATICHE
CRONICHE).
8
Partecipazione alle attività di sorveglianza, vigilanza
e allerta, in collaborazione con il Ministero della
Salute, le Regioni e altri Enti istituzionalmente
competenti
9
10
Monitoraggio del fabbisogno e valutazione di
efficacia e sicurezza degli antidoti
Attività di collaborazione, fatte salve le competenze
dei livelli istituzionali, nell’approvvigionamento,
gestione e fornitura in urgenza degli antidoti di
difficile reperimento
11
Supporto tossicologico per la gestione delle urgenze
ed emergenze sanitarie derivanti da incidenti chimici,
convenzionali e non, ivi comprese le problematiche
terroristiche, anche a supporto della Protezione
Civile
12
Partecipazione a gruppi di lavoro per l’elaborazione
dei piani per le emergenze chimiche-industriali
in stretto collegamento con gli Organismi ed Enti
competenti in materia di Protezione Civile
13
Supporto, collaborazione e consulenza nei confronti
dei Dipartimenti di Prevenzione e dei Dipartimenti
Veterinari delle ASL, dei Laboratori di Sanità
Pubblica, degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali e
dei Dipartimenti Provinciali delle ARPA/APPA per gli
aspetti di competenza
14
15
Attività di formazione e aggiornamento in
tossicologia clinica rivolta agli operatori sanitari dei
Servizi Sanitari Regionali e Nazionale
16
17
Attività di ricerca clinica e, ove possibile, preclinica,
con particolare riferimento agli aspetti di diagnosi, di
trattamento e di prevenzione
Attività didattica rivolta a studenti di discipline
sanitarie, nonché attività didattica per la prevenzione
e il primo soccorso rivolta al pubblico (sia adulto che
in età scolare)
Realizzazione,
mantenimento
e
continuo
miglioramento, sia dal punto di vista funzionale che
tecnologico e scientifico, di un sistema nazionale in
grado di funzionare come una rete integrata sia nei
servizi d’urgenza sia in quelli della prevenzione, sia
a livello regionale che nazionale, nonché in grado di
interfacciarsi a livello europeo.
NOTIZIE FSM
15
Attività e...
Dal Coma agli stati
vegetativi, il percorso
dopo un danno cerebrale
severo passa per diverse
fasi cliniche, non sempre in
evoluzione
Come fare
chiarezza
Riprende l’attività della Commissione Ministeriale tecnico-scientifica sullo stato
vegetativo e sullo stato di minima coscienza che vede tra gli esperti, come nella
prima fase dei lavori nel 2005, la dottoressa Caterina Pistarini, Primario dell’Unità
di Risveglio e dell’Unità di Neuroriabilitazione dell’Istituto Scientifico di Pavia di
Fondazione Maugeri.
Un documento per la definizione degli stati vegetativi e stati di minima coscienza
è ritenuto essenziale per normare un campo sanitario ancora molto lacunoso e
dalle forti implicazioni etiche. Quello attuale riprende un percorso iniziato nel
2005, che è stato finora accidentato: si tratta di un iter che subisce l’influenza dei
fatti eclatanti di attualità, che rendono solo un rilievo mediatico alla problematica,
come sono stati il caso di Terry Schiavo, e ora quello di Eluana Englaro, ma che
richiedono una risposta istituzionale per fare chiarezza su alcuni concetti basilari.
È questo il compito del “Gruppo di lavoro sullo stato vegetativo e di minima
coscienza” istituito dal Ministero della Salute e del Welfare. La Commissione,
presieduta dal sottosegretario On. Eugenia Roccella oggi vede anche la presenza
di 17 membri in rappresentanza di realtà ospedaliere, universitarie, di ricerca,
cui partecipa, per Fondazione Maugeri, il professor Marcello Imbriani, Direttore
Scientifico Centrale.
Definire il problema è importante non solo a livello clinico ma anche per le
implicazioni a livello divulgativo. Troppo spesso, infatti, si creano aspettative
irrealistiche, anche nei familiari, rispetto a queste patologie.
Uno dei gruppi di lavoro si occupa di verificare quali siano le tecniche di indagine
neurofisiologica che permettono di capire se esistono aree cerebrali ancora
attive e, di conseguenza, approfondire il concetto di coscienza e di “contenuti
di coscienza”e di opportunità riabilitative a seguito della stimolazione. L’aspetto
epidemiologico della problematica, è attualmente di difficile definizione ma è
indispensabile per arrivare a stabilire le aspettative e i percorsi di cura più adeguati
per questi pazienti. Questo lavoro è affiancato da quello dei rappresentanti delle
diverse associazioni dei famigliari che esprimono le loro problematiche, attraverso
un apposito Tavolo.
“Una volta condiviso e approvato il documento finale - sottolinea la dottoressa
Pistarini - sarà più facile, anche se non meno doloroso, chiarire i confini e le linee
di azione nei confronti di casi che oggi assorbono l’attenzione dei media. Qui sta
l’importanza del documento che stiamo preparando, che contribuirà a chiarire
alcuni aspetti lacunosi del sistema legislativo che, ad esempio, non riconosce
validità al testamento biologico”.
16
NOTIZIE FSM
La mancanza di uno studio epidemiologico sugli stati vegetativi e stati di
minima coscienza è da attribuirsi alla relativa recente crescita del problema. Con
l’avanzamento tecnico-scientifico nel campo della rianimazione, e il miglioramento
della qualità dell’assistenza, infatti, i casi di sopravvivenza a patologie cerebrali
sono in aumento, e i pazienti hanno maggiore aspettativa di vita. “E’ essenziale
una classificazione uniforme e raffinata dello stato del paziente al momento della
dimissione dall’ospedale - prosegue la dottoressa - . Attualmente si verifica invece
una dispersione di dati a causa dell’interpretazione che viene data della patologia
e in conseguenza del fatto che i pazienti, dopo il ricovero in rianimazione, vengono
indirizzati in strutture di accoglienza di diversa tipologia. Il passo successivo che
GLOSSARIO
STATO VEGETATIVO
auspichiamo possa vedere la luce in tempi brevi è un registro
unico, in fase di elaborazione, con i dati delle strutture di
riabilitazione che porterà ad una conferenza nazionale di
consenso sulla cerebro-lesione, preposta ad elaborare le linee
guida per la gestione organizzativa e clinica, di questi pazienti”.
Nell’ambito delle Unità preposte in Fondazione Maugeri dal 2004
al 2006 sono stati trattati un centinaio di casi di stati vegetativi.
“In realtà - prosegue la dottoressa Pistarini - sappiamo ancora
poco sullo stato vegetativo. La domanda da porsi è quanto questi
pazienti siano disabili. Finché questa area non sarà disciplinata,
non si potranno definire i percorsi di cura e le caratteristiche
delle strutture più idonee ad accoglierli all’interno del Sistema
Sanitario”.
“Attualmente il nostro IRCCS dimette dopo un percorso di cura
verso strutture protette, raramente al domicilio del paziente
o verso le Unità di Accoglienza Permanente. Queste ultime,
ancora troppo rare per rispondere adeguatamente ai bisogni
specifici dei pazienti e delle loro famiglie - spiega la dottoressa
- potranno aumentare proprio in seguito all’attuazione del
documento in elaborazione. Dall’accordo con le Regioni arriverà
una risposta da parte del Sistema Sanitario ad un problema che
oggi è ancora lasciato all’iniziativa autonoma di privati, singoli e
associazioni”.
“L’attività della commissione riparte comunque dal buon
lavoro compiuto dalla precedente che ha lavorato nel 2006 conclude la dottoressa Pistarini -. Il centro dell’attenzione sta
appunto oggi sull’aggiornamento dei dati epidemiologici e sulla
definizione delle diverse situazioni cliniche che si determinano
dopo un evento neurologico. È importante giungere ad una
determinazione appropriata e condivisa di cosa si intende per
stato vegetativo, stato di minima coscienza, morte cerebrale,
grave cerebrolesione e coma. Il documento della Commissione
dovrà poi seguire l’iter amministrativo-legislativo per diventare
operativo”.
Stato di vigilanza senza consapevolezza.
La persona mantiene le funzioni vitali
(respiro, pressione), giace ad occhi aperti
ma non è in contatto con l’ambiente che la
circonda. Non manifesta consapevolezza
di se stesso o forme di comunicazione. Ha
motilità di tipo riflesso e non intenzionale.
STATO DI MINIMA COSCIENZA (MCS)
Descrive un quadro clinico di severa
compromissione di coscienza nella quale
però la persona dimostra una minima
evidenza di sè e dell’ambiente circostante:
esecuzione di ordini semplici, risposte
gestuali o verbali si/no, verbalizzazione
intelleggibile, movimenti o comportamenti
affettivi in relazione a stimoli ambientali
rilevanti e non attribuibili ad attività riflessa.
Almeno uno dei criteri nominati deve essere
presente e riproducibile per sostenere la
diagnosi.
COMA
Stato di completa perdita della coscienza
da cui il paziente non può essere risvegliato
dagli stimoli ordinari.
MORTE CEREBRALE
Stato in cui sono cessate irreversibilmente
tutte le funzioni cerebrali.
SINDROME DEL LOCKED-IN
Sindrome di de-efferentazione con
immobilità assoluta, ad eccezione della
motilità oculare, con coscienza conservata
e presenza di consapevolezza di sé e
dell’ambiente.
17
volta innescano una ricaduta sul piano socio-economico
sia generale, in seguito alla perdita di professionalità
e di forza lavoro o il ricorso a sussidi assistenziali, sia
di ordine personale, dall’aspetto economico privato ai
risvolti psicologici che investono l’autostima e la qualità
della vita delle pazienti.
Lo studio italiano è importante proprio perché prende
in considerazione l’aspetto del lavoro come momento
di realizzazione per la donna, un concetto ancora poco
radicato nella nostra cultura.
Plus
18
Ritornare al
lavoro...
...e alla vita di tutti i giorni
Dal cancro oggi si può guarire e
comunque si sopravvive sempre più a
lungo. Questo dato impatta fortemente
sul risvolto sociale e lavorativo dei
pazienti, ed è questa una delle tematiche
emergenti per l’oncologia. Il paziente
con diagnosi di tumore si trova infatti ad
affrontare il passaggio da una vita attiva,
all’inattività e alla disabilità temporanee
e deve essere accompagnato, oltre che
nel percorso di cura specifica, anche al
recupero della disabilità psico-fisica fino
al reinserimento occupazionale.
NOTIZIE FSM
Studi sulla ripresa del lavoro di donne
dopo un tumore al seno sono più
frequenti in Paesi del Nord Europa, in
contesti sociali che danno una diversa
rilevanza al ruolo del lavoro nel mondo
femminile. In Italia studi di questo
genere sono rari. Fondazione Maugeri
ha voluto esplorare quest’ambito per
cercare di dar voce al vissuto delle
donne e cogliere il legame tra malattia
e rientro al lavoro. Pubblicato nel 2008
e coordinato dalla dottoressa Maria
Rosa Strada, Responsabile dell’Unità
Operativa di Riabilitazione Oncologica
dell’Istituto Scientifico di Pavia, lo studio
era finalizzato a valutare l’impatto della
malattia e delle terapie sul ritorno al
lavoro, quantificando la percentuale di
pazienti che riprendono la professione,
verificando inoltre eventuali cambi di
mansione e di orario.
“Il dato generale - specifica la dottoressa
Strada - ci dice che le pazienti durante
la terapia desiderano tornare a lavorare,
il lavoro rappresenta, infatti, un segnale
di ripresa di una vita famigliare e
professionale il più possibile simile al
momento prima della diagnosi”. Certo, si
parla di patologie che possono lasciare
diversi gradi di disabilità, che a loro
L’approfondimento svolto da Fondazione Maugeri ha
interessato 131 pazienti in età lavorativa, operate per
carcinoma mammario e occupate al momento della
diagnosi. Il questionario per la raccolta dei dati riguardava
dati personali (età alla diagnosi, titolo di studio, presenza
di figli), fattori correlati alla malattia (durata della
malattia, effetti collaterali della terapia, comorbidità),
elementi inerenti il tipo e l’orario di lavoro. Per l’analisi
e la misurazione dei risultati, in mancanza di letteratura
locale, è stato tradotto e impiegato il test VBBA (van
Veldhoven, 1994), di paternità olandese e specifico per il
lavoro.
I risultati dello studio si possono considerare positivi e
mostrano che sono tornate al lavoro 97 pazienti su 131 (il
74%), con una prevalenza di donne con lavoro dipendente
(77 del totale dei rientri al lavoro), e intellettuale (65%). Nel
53% dei casi hanno ottenuto un orario flessibile.
Tra le pazienti che non hanno ripreso a lavorare, il 53% è
stato costretto dalle conseguenze fisiche della neoplasia
e dei trattamenti, il 41% per motivazioni personali, legate
al mutato ordine di priorità e di atteggiamento verso il
lavoro; il 6% per politiche aziendali.
“Dal punto di vista statistico - prosegue la dottoressa
Strada - sono risultati significativi nel determinare il
rientro al lavoro due fattori in particolare, ovvero il tipo
di lavoro (fisico oppure intellettuale), e la durata della
malattia, intesa come il periodo in cui la paziente ha
ritenuto di non sentirsi nelle condizioni di lavorare. A
questo proposito la linea di demarcazione è intorno ai 60
giorni di malattia. Certo la possibilità di poter disporre di
un orario flessibile è stato incentivante”. Rilevante anche la
presenza del sintomo della fatigue che anche nei pazienti
oncologici riduce i livelli di energia, aumenta la debolezza,
la sonnolenza e le difficoltà di concentrazione.
Lo studio, pur nei limiti del campione coinvolto, permette
di comprendere il ruolo della sfera occupazionale del
paziente oncologico sul tessuto lavorativo. Consente
inoltre una migliore conoscenza delle capacità
lavorative e dell’impatto della malattia e delle terapie
sulla performance fisica delle donne dopo un tumore
mammario.
Il prossimo step sarà considerare i diversi aspetti
della qualità della vita, il ruolo sociale, la ripresa della
quotidianità, gli aspetti psicologici delle pazienti.
Uno degli obiettivi della moderna oncologia si identifica,
infatti, con l’erogazione di una qualità di cura che preservi
la funzione e l’autonomia, minimizzando gli effetti
collaterali del trattamento, e che sia finalizzata ad un
ripristino, il più rapido possibile, di tutte le condizioni di
vita precedenti, compresa quella lavorativa.
I DIRITTI DEL
LAVORATORE MALATO
Le conquiste di AIMaC e FAVO
2003
- La legge di riforma del mercato del
lavoro, la cosiddetta “Legge Biagi”, prevede la
possibilità, per il malato dipendente del settore
privato, di passare dal tempo pieno al tempo
parziale per potersi curare con maggiore agio,
mantenendo però il diritto a riprendere il normale
orario di lavoro quando lo riterrà opportuno.
2005 - La legge n.80/2005 (riordino della Pubblica
Amministrazione) snellisce l’iter burocratico per
l’accertamento della disabilità e dell’handicap
presso le Aziende Sanitarie Locali, riducendo i
tempi di accertamento da un anno a 15 giorni.
FAVO e AIMaC stabiliscono un accordo con l’INPS.
Viene approvata una disposizione affinché le
commissioni mediche dell’Ente ottemperino alle
verifiche entro un termine di 30 giorni. Nel 2007
vengono aggiornati gli importi delle provvidenze
per gli invalidi civili e i limiti di reddito previsti per
avere diritto alle relative prestazioni assistenziali.
2007 - Il protocollo sul Welfare, collegato alla
Finanziaria 2008, estende i benefici della norma
della Legge Biagi ai dipendenti del pubblico
impiego e, in diversa misura, anche ai lavoratori
familiari o conviventi che assistono il malato.
www.aimac.it; www.favo.it
19
TUMORE AL SENO: i dati
34% di tutti i tumori femminili in Europa
Oltre 400.000 donne in Italia vivono con diagnosi di tumore
L’incidenza aumenta con l’età e mostra picchi tra i 45 e i 55 anni
(età lavorativa)
Aumento dei casi (dati di prevalenza): anno 1995 - 270.000 casi;
anno 2005 - 400.000 casi
LE PAZIENTI DELLO STUDIO
a131 donne con diagnosi di carcinoma mammario
aEtà: tra i 18 e i 60 anni, con età media di 45 anni
aIstruzione: 9 con istruzione elementare, 32 con
media
inferiore, 66 con media superiore, 24 con laurea
aMalattia: 26 con comorbidità; 63 con esiti chirurgici; 73 hanno
fatto riabilitazione; 50 presentano tossicità da chemio e radio
terapia
aRapporto di lavoro: 33 autonomo, 50 dipendente pubblico, 48
dipendente d’azienda
aTipologia di lavoro: 54 lavoro fisico, 77 intellettuale
aTempo di lavoro: 105 occupate a tempo pieno, 26 a part-time
Sinergie e
collaborazioni
in riviera
Plus
Con il direttore dell’Istituto
scientifico di Nervi, a tre
anni dall’inaugurazione
della nuova sede, facciamo
il punto per capire progetti e
sviluppo della riabilitazione
in Liguria
20
14
Un sole e una temperatura primaverili ci accolgono nella bellissima Nervi e
ci trattengono, rendendo difficile il ritorno verso le nebbie a cui siamo ormai
tristemente (sempre più) abituati.
Incontriamo il dottor Paolo Sessarego, Direttore dell’Istituto Scientifico di
Nervi, nonché direttore Scientifico, Direttore Sanitario e Primario dell’U. O di
RRF; e con lui incontriamo i molti collaboratori in corsia e in palestra da cui
traspare trasporto e quell’affiatamento tipici delle strutture di dimensioni
più contenute e che gli stessi pazienti percepiscono ed apprezzano.
62 posti letto di degenza ordinaria di cui 20 ad indirizzo neuromotorio,
più 5 letti di Day Hospital all’interno dell’Unità Operativa di Recupero e
Riabilitazione Funzionale; una piena operatività dopo il trasferimento nel
novembre 2005, una sede più idonea e funzionale e tanti progetti in corso e
per il futuro.
Parte quindi positivamente questo 2009 per l’Istituto?
“Abbiamo numerose collaborazioni in atto ma soprattutto abbiamo visto
rinnovata ed ampliata la fiducia nel nostro lavoro da parte della ASL 3
“Genovese” che nel novembre dello scorso anno ha appunto rinnovato il
Protocollo di convenzione con Fondazione Maugeri. Una convenzione che
per i prossimi tre anni regolerà i flussi dell’attività clinico-assistenziale e
le collaborazioni sul fronte della ricerca con l’obiettivo di orientare i nostri
interventi al recupero globale della persona”.
Questo significa anche un ampliamento del vostro intervento?
“Certo, con questa convenzione oltre al fatto di essere parte della rete
assistenziale della ASL, ovvero di tutta l’area metropolitana genovese, siamo
disponibili nella gestione di eventuali picchi di emergenza per accogliere, per
l’intervento riabilitativo, pazienti con patologie ortopedico-reumatologiche.
E ancora, la fiducia della ASL si legge anche nella possibilità che ci è stata
affidata di gestire i singoli casi, dalla segnalazione del ricovero fino alla
dimissione nel territorio, grazie alla disponibilità di strutture di riferimento
dove poter inviare i pazienti per continuare il trattamento in regime
riabilitativo non intensivo. Con le altre Aziende Sanitarie Locali cerchiamo,
invece, di organizzare i flussi sulla base delle segnalazioni nelle aree di
intervento di nostra competenza. Contribuiamo, quindi, a determinare quella
rete assistenziale che rappresenta uno degli obiettivi prioritari di un sistema
sanitario”.
Da IRCCS come si muove la collaborazione sul piano della
ricerca?
“Il focus del nostro intervento di ricerca vede in primo piano
il lavoro svolto con i colleghi della ASL 3 e dell’Ospedale
La Colletta di Arenzano per il trattamento riabilitativo
dei pazienti anziani dopo frattura di femore con uno
studio di follow up a sei mesi che dimostra l’importanza
dell’intervento riabilitativo intensivo. Progetto presentato
anche all’ultima edizione della SIMFER e che prevede un
riscontro complessivo a un anno”. Un’altra collaborazione
scientifica di rilievo, interna a Fondazione, è quella che
da anni si sta svolgendo nell’area nutrizionale con il Dr.
Roberto Aquilani.
In quest’ambito, è stato attivato quest’anno un progetto
di ricerca interessante su: “Prevalenza e correzione del
danno ossidativo in pazienti con Ictus ischemico in fase
subacuta”.
E sul fronte delle applicazioni di Telemedicina, come si sta
muovendo l’Istituto?
“Considerato il potenziale delle applicazioni della
Telemedicina attive in Fondazione, abbiamo presentato
all’Assessorato competente, in collaborazione con “La
Colletta”, un programma di Telemedicina per seguire il
malato neurologico. È ancora tutto da definire ma speriamo
possa trovare presto un terreno di operatività”.
La formazione sul campo riveste un ruolo fondamentale.
Quali sono le figure che l’Istituto accoglie per i tirocini
formativi?
“Medici specializzandi, Terapisti nell’ambito della laurea in
Terapia Fisica e Riabilitazione e Infermieri nell’ambito della
laurea in Infermieristica, sono le figure che trascorrono
qui da noi un periodo di tirocinio pratico e che spesso,
soprattutto per terapisti e infermieri, possono trovare un
valido punto di riferimento per l’attività professionale futura.
Le collaborazioni sono attive con la Clinica Universitaria e la
Clinica Ortopedica di Genova”.
Come funziona la convivenza con la ASL che nella struttura è
presente con piastra ambulatoriale?
“La collaborazione è totale. La convenzione che abbiamo
con il sistema ambulatoriale ci permette di assicurare
ai nostri pazienti una copertura totale delle prestazioni
specialistiche erogate dai colleghi”.
Parliamo ora di qualità percepita del servizio, il dato
che effettivamente esprime o meno la soddisfazione del
paziente.
“La dottoressa Marcella Ottonello, Responsabile della Qualità
in Istituto ha appena concluso l’analisi dei questionari che
esprimono un giudizio ottimo sotto ogni aspetto. Con un
buon giudizio anche sul fronte dei tempi d’attesa che da noi
si attestano, dal momento della segnalazione che ci arriva
dai vari ospedali, intorno ai 20 giorni.
A proposito di qualità abbiamo appena concluso il corso
ISO 9001 che ha coinvolto nell’arco del 2008 il personale
dipendente a tutti i livelli per la sistematizzazione dei
processi. E’ un lavoro che ha richiesto un grosso impegno
per la parte documentale e che richiederà ancora tempo
per essere poi trasferito in ogni aspetto dell’attività. Una
parte del processo di qualità ha coinvolto in particolare
il personale infermieristico che a breve inizierà ad
utilizzare la cartella infermieristica informatizzata e per
la quale abbiamo proposto una declinazione per il Day
hospital di RRF nell’ottica di poter disporre di una cartella
multiprofessionale”.
È stato un anno impegnativo su molti fronti?
“Decisamente e il 2009 non sarà da meno: ci sarà sicuramente
la verifica da parte di controllori esterni per il rinnovo della
certificazione e alla fine di quest’anno abbiamo il rinnovo
dell’Accreditamento con la Regione. Nella pratica si tratta
di aggiornare l’importante lavoro fatto tre anni fa per la
verifica dei requisiti della struttura, del personale e delle
apparecchiature. In questo percorso abbiamo, comunque,
il prezioso supporto della sede centrale.
Sempre nei percorsi di qualità è attivo un automonitoraggio
da parte del personale, funzionale ad attivare le azioni
correttive per quanto attiene le cadute, le lesioni e le
infezioni ospedaliere, ambiti che ci vedono costantemente
impegnati come da indicazioni a livello centrale”.
Il clima esterno come possiamo vedere è quantomeno
favorevole. E quello interno?
“Diciamo che è un tema che stiamo affrontando
gradualmente, settore per settore. È anche vero che l’analisi
del clima interno richiede una situazione di stabilità sotto
molti punti di vista. A Nervi la situazione è stata negli ultimi
anni molto complessa e variegata: per i preparativi legati allo
spostamento, per l’adeguamento nell’attuale struttura, per
il turn over del personale e gli impegni legati alle procedure
di certificazione e accreditamento. Premesso che è la prima
volta che si affronta in maniera così completa il problema
in Fondazione, oggi possiamo dire che la situazione si è
stabilizzata e grazie alla preparazione delle figure interne
preposte a queste valutazioni stiamo introducendo gli
strumenti per un’analisi approfondita delle relazioni e del
clima interni”.
Progetti per un riutilizzo della struttura storica?
“Si tratta di uno spazio che Fondazione intende utilizzare
e valorizzare. Naturalmente si cercheranno di individuare
alcune aree di attività in sintonia con la ASL e gli Ospedali
per dare ulteriori risposte alle esigenze di salute espresse
dal territorio”.
Ma questo è un altro capitolo… che rimandiamo alla
prossima intervista.
21
La ristrutturazione dell’Ospedale
Civile di Genova-Nervi: un esempio di
collaborazione pubblico-privato
lo staff amministrativo
La sede dell’Istituto Scientifico di Nervi è frutto del
recupero e della rifunzionalizzazione dell’ex Ospedale
di Nervi e rappresenta un esempio di positiva
collaborazione tra sanità pubblica e privata.
Inaugurata il 12 febbraio 2005 la struttura ospita oggi
il “Polo riabilitativo” per attività di degenza e Day
Hospital, gestito da Fondazione Maugeri, presente
già dal 1986 a Nervi e una piastra ambulatoriale
plurispecialistica, gestita dalla Azienda Sanitaria
Genovese n. 3.
La palestra
La struttura è dotata di un’ampia palestra attrezzata
per la valutazione baropodometrica statica e
dinamica, l’esame del cammino, un sistema di
valutazione dell’equilibrio e un treadmill, dotato di
sistema di supporto e controllo feed back, utilizzabile
nella riabilitazione del malato neurologico. Sono
inoltre disponibili apparecchiature per la terapia
fisica, tra cui laser terapia, elettroterapia antalgica,
elettrostimolazione e magnetoterapia.
L’ascensore
La struttura è dotata di un ascensore di collegamento
diretto tra Corso Europa e l’ingresso principale
all’ospedale, opera che crea un importante
collegamento tra il centro abitato e la struttura
sanitaria.
i fisioterapisti
La piastra ambulatoriale gestita direttamente dagli
specialisti della ASL N. 3 Genovese, comprende i
servizi di Laboratorio Analisi, Radiologia Cardiologia
e Diabetologia, oltre ai seguenti ambulatori:
Allergologia, Chirurgia, Dermatologia, Ginecologia
con ecografia prenatale, Oculistica e Fluorangiografia,
Ortopedia, Otorino Laringoiatria (ORL), Pediatria,
Pneumologia, Reumatologia, Terapia del dolore,
Urologia.
22
gli infermieri
NERVI in numeri
62 posti letto di RRF di cui 20 per
pazienti Neurologici e Neuromotori
5
posti letto di Day Hospital RRF
756 i pazienti ricoverati nel 2008
di cui 554 di RRF e 202 di
Neuroriabilitazione
78 i DH nel 2008
lo staff medico
NOTIZIE FSM
NASCE AriSLA PER UN MONDO SENZA SLA
News
È stata inaugurata lo scorso 18 dicembre, nei locali dell’Istituto Scientifico
di Milano di via Camaldoli messi a disposizione dalla Fondazione
Maugeri, la sede di AriSLA, l’Agenzia di Ricerca per la Sclerosi Laterale
Amiotrofica. Scopo dell’Agenzia, costituita da Fondazione Cariplo,
Fondazione Telethon, Fondazione Vialli e Mauro per la Ricerca e lo Sport
e AISLA, sarà di offrire ai malati di SLA più speranze di cura e migliore
qualità di vita, garantendo la migliore ricerca, che verrà sostenuta con
un investimento pari a 1 milione di euro all’anno. Con questo obiettivo
saranno messi a punto strumenti dedicati al finanziamento della ricerca
scientifica.
All’evento, presentato dalla giornalista di RAI 3 Ines Maggiolini, hanno
preso parte tra gli altri, il consigliere regionale della Regione Lombardia
Mario Sala in rappresentanza del governatore On. Roberto Formigoni,
il sovrintendente sanitario Antonio Spanevello e la dottoressa Chiara
Maugeri per l’IRCCS Fondazione Salvatore Maugeri, ed i rappresentanti
delle quattro realtà fondatrici di AriSla: Carlo Mango e Francesco Pierrotti
in rappresentanza del presidente di Fondazione Cariplo Giuseppe Guzzetti,
il presidente di Aisla Onlus Mario Melazzini, il condirettore generale
di Fondazione Telethon Angelo Maramai, l’ex calciatore Massimo Mauro
che, con Gianluca Vialli e Cristina Grande Stevens ha dato vita alla
Fondazione Vialli e Mauro per la Ricerca e lo Sport Onlus.
A chiudere la cerimonia inaugurale la benedizione di Monsignor Franco
Giulio Brambilla, Vescovo Ausiliare di Milano e Preside della Facoltà
Teologica dell’Italia Settentrionale.
LUMEZZANE
RADIOGRAFIE AL TORACE CON ACCESSO DIRETTO
Da gennaio 2008 il Servizio di Radiologia dell’Istituto Scientifico di
Lumezzane ha introdotto una novità per gli utenti: l’accesso diretto per
le radiografie al torace. Il paziente, in possesso dell’impegnativa del
medico di famiglia, può presentarsi direttamente al servizio (dal lunedì
al venerdì con orario dalle 8.30 alle 11.00 e dalle 13.30 alle 14.30) per
l’esecuzione dell’esame. Grazie alle nuove apparecchiature radiologiche
e alla nuova TC Multislice di recente acquisizione, che hanno velocizzato
le tempistiche d’esecuzione e migliorato la qualità delle prestazioni, è
stato possibile inserire i pazienti esterni nell’operatività programmata
del servizio.In presenza di patologia o in caso di acuzie, si procede alla
refertazione contestuale dell’esame, che è trattato quindi come un caso
urgente. Gli altri esami radiologici (Rx, TC, Mammografie, Ecografie) si
eseguono, invece, secondo liste di attesa che rimangono comunque
entro i termini definiti dalla Regione Lombardia.
La novità è stata introdotta al termine dei lavori di ristrutturazione,
con la ripresa della normale operatività. Essa rappresenta un servizio
ulteriore al paziente che, limitatamente a questa prestazione, vede
abbattute le liste di attesa. Dopo un anno di attività i pazienti che
giornalmente richiedono una radiografia al torace si sono attestati
intorno alla decina. Nel 2008 sono state erogate 1100 prestazioni con
la modalità di accesso diretto, senza che questo abbia interferito con i
tempi stabiliti per le normali liste d’attesa. Ma non mancano le eccezioni.
“Lo scorso inverno, in periodo di influenza - afferma il dottor Massimo
Zambianchi, Responsabile del Servizio di Radiologia - si è verificato un
picco negli accessi, con 22 persone in un solo giorno, ma si è trattato di
un caso eccezionale, che abbiamo affrontato grazie alla disponibilità del
personale di trattenersi più a lungo per fare questi esami. L’intento per il
2009 sarebbe quello di realizzare una modalità di accesso diretto anche
per l’ortopantomografia (la panoramica dentaria). Per questo sono in
corso le opportune verifiche di fattibilità organizzativa con la Direzione
Sanitaria”.
Nell’anno in corso il Servizio di Radiologia sarà anche impegnato nello
screening mammografico, da effettuarsi ad anni alterni. Si attendono,
nel complesso, circa 3400 donne che riceveranno a domicilio un invito
spedito dal personale della Direzione Sanitaria in collaborazione con la
ASL e con il Comune, con indicato l’appuntamento per lo svolgimento di
questo esame preventivo.
23
In classe
È iniziata l’attività formativa per l’anno 2009 del Centro Studi
Fondazione Maugeri che presenta corsi e congressi che
approfondiscono molti temi collegati all’attività clinica e di
ricerca di Fondazione. Pubblichiamo di seguito l’offerta dei
prossimi appuntamenti nazionali. Il calendario completo e
dettagliato è consultabile sul sito www.fsm.it al link Attività
formativa e congressuale.
I convegni di cui parlare
Lavorare in squadra
per una multiterapia
PAVIA
4500 i pazienti con Sclerosi Laterale Amiotrofica in Italia, 600 in Lombardia, una malattia rara che
richiede sinergie a vari livelli per arrivare ad una terapia. Se ne è discusso
al II Convegno Nazionale sulla SLA “Dal laboratorio di ricerca al letto del malato”
“La SLA, malattia rara, può offrire gli spunti per capire come il nostro sistema socio sanitario può e deve affrontare una
patologia che interessa trasversalmente molte aree dell’assistenza, - queste le parole dell’Assessore Regionale alla Sanità
Luciano Bresciani nel suo intervento al convegno Nazionale SLA tenutosi lo scorso 12 dicembre al Centro Studi Fondazione
Maugeri di Pavia –. Si deve poter disporre di due livelli di assistenza: quello per acuti dove trovare il massimo dell’offerta
tecnologica e il II livello territoriale dove poter disporre di un’assistenza multidisciplinare completa ed efficace che pone
al centro del sistema il paziente e il suo medico di fiducia. Solo così sarà possibile offrire risposte chiare ed immediate
in grado di incidere sulla qualità di vita dei malati SLA”. E ancora: “Nel giro di un anno dovremo arrivare in Lombardia ad
una dotazione finanziaria pro capite per ogni medico di Medicina Generale suddivisa per DRG così da permettere un reale
intervento a fronte di bisogni definiti ha concluso l’assessore”.
Molte le tematiche affrontate da oltre 20 specialisti e ricercatori al II° Convegno Nazionale sulla Sclerosi Laterale Amiotrofica
organizzato da Fondazione Maugeri. Ed in particolare si è parlato di ricerca “Che presenta numerosi spunti ma che ancora
richiede uno sforzo congiunto per dare una risposta ad una malattia conosciuta da 134 anni ma che ancora non si riesce a
fermare” ha affermato il Prof. Silvio Garattini, Direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano, che
nella sua lettura magistrale ha sottolineato l’importanza della ricerca traslazionale che permette di passare dal laboratorio
alle applicazioni cliniche per giungere a una cura personalizzata per ogni singolo paziente.
E la ricerca si muove su più fronti “Con il primo obiettivo di individuare uno o più biomarcatori in grado di permettere
una diagnosi tempestiva della malattia, di seguirne la progressione e quindi impostare un trattamento altrettanto
tempestivo” ha affermato Caterina Bendotti Responsabile del Laboratorio di Neurobiologia Molecolare del Dipartimento
di Neuroscienze delll’Istituto Mario Negri - “Anche dagli Stati Uniti molti sono i filoni di ricerca aperti per giungere presto
24
a questo obiettivo - è l’intervento di Piera Pasinelli
- direttore scientifico del ALS Packard Center della
Thomas Jefferson University di Philadelfia”.
Dopo l’intervento del Presidente della Provincia
di Pavia Vittorio Poma, quello del Preside della
facoltà di Medicina dell’Università degli Studi
di Pavia Alberto Calligaro, che ha illustrato il
livello della collaborazione e sinergia esistente
tra le facoltà di medicina lombarde, nonché le
eccellenti competenze registrate nel network
delle facoltà ora presente a livello europeo.
Le parole del Dr. Mario Melazzini, Direttore del
Day hospital oncologico dell’Istituto di Pavia
della Fondazione Maugeri e Presidente nazionale
dell’AISLA, raccontano della grande speranza
sia sul fronte della qualità dell’assistenza sia su
quello della ricerca che grazie ad AriSLA, l’Agenzia
di Ricerca per la Sclerosi Laterale Amiotrofica che
potrà contare annualmente su una base di un
milione di euro di grant per dare un giorno una
terapia alla SLA.
Un aiuto
28-29 maggio
Corso interattivo di diagnosi e terapia del dolore
inizio 16 febbraio
fine 20 novembre
Corso teorico pratico di Cifoplastica
tutti i mesi
Studiare il sistema nervoso osservando la cute
12 giugno
I limiti di trattamento nel paziente oncologico in
età avanzata
28 marzo
8 domande sui tumori alla mammella
8 domande sui tumori al colon-retto
14 e 21 maggio
La gestione del rischio clinico nelle presentazioni
radiologiche, radioterapeutiche e di medicina
nucleare
maggio e giugno
Individuazione, ruolo e responsabilità di dirigenti e
preposti in materia di Igiene, prevenzione e sicurezza
sul lavoro
maggio-giugno
Il Dolore
primavera
riedizione in autunno
TELESE
L’Insufficienza respiratoria:
un approccio multidisciplinare
2-18 aprile
La lesione midollare: dall’acuto alla riabilitazione
aprile
Corso di aggiornamento teorico-pratico
“La gestione del cardiopatico complesso”
maggio
25
CASSANO
dagli androgeni
Lo scorso 13 dicembre al convegno “Il ruolo degli androgeni nella Medicina riproduttiva e sessuale maschile e femminile”
organizzato dall’Unità di Medicina Interna ed Endocrinologia dell’IRCCS Fondazione Maugeri, diretta dal Prof. Luca Chiovato
e dall’Università di Pavia si sono affrontate molte tematiche della medicina in coppia. Parlare di androgeni significa parlare
di ormoni comunemente considerati “maschili per eccellenza”. Poco noto ai non addetti ai lavori è che gli androgeni sono
simbolo di fertilità e buona salute anche nella donna. Con l’avanzare dell’età questi ormoni tendono a diminuire e dal loro
calo possono derivare sintomi e patologie rilevanti per entrambi i sessi.
“Anche se nell’uomo non esiste una vera andropausa, molto spesso con l’avanzare dell’età - afferma il Prof. Chiovato - si
osserva una progressiva riduzione della secrezione di testosterone, che può avere importanti ripercussioni metaboliche,
cardiovascolari e neurologiche. Il calo degli androgeni ha influenze anche sulla sessualità e sul tono dell’umore, e quindi
sulla qualità di vita dell’uomo e della donna”. “Sul fronte del benessere mentale e della risposta sessuale femminile afferma la dr.ssa Rossella Nappi, ricercatrice dell’Università di Pavia e responsabile dell’ambulatorio di Endocrinologia
Ginecologica e Menopausa dell’U.O di Medicina Interna ed Endocrinologia dell’Istituto Scientifico di Pavia - ci sono positive
esperienze cliniche ottenute somministrando testosterone e molecole ad azione estrogenica ed androgenica come il
titolone. Questi farmaci si sono dimostrati efficaci nel contrastare i sintomi della menopausa, inclusi il calo dell’umore e
della libido”. Numerosi gli esperti italiani che hanno affrontato il tema legato agli effetti sistemici degli androgeni, sulla
riproduzione maschile e femminile, ai deficit androgenici nell’uomo e dei benefici che l’uomo ultraquarantenne può trarre
dalle terapie con preparati a base di testosterone. La sfera femminile, con tutte le sfaccettature collegate all’influenza
degli androgeni sulla riproduzione e sulla sessualità ha toccato i temi dell’iperandrogenismo nella donna, del deficit di
ovulazione e della conseguente infertilità, discutendo le possibili terapie volte non solo a favorire la fertilità, ma anche ad
evitare patologie correlate come la sindrome metabolica e il carcinoma dell’endometrio.
Diagnostica allergologica: test in vivo e test in
vitro
Corso Teorico-pratico sulla ventilazione assistita
in pazienti con scompenso cardiaco cronico
novembre
Terapia manuale con Metodo Pompages
7-10 maggio
VERUNO
GLI ANDROGENI:
lo studio
DA UNO STUDIO CONDOTTO IN 29 PAESI
SU UN CAMPIONE DI 27500 UOMINI E
DONNE TRA I 40 E GLI 80 ANNI, VOLTO
A VERIFICARE L’IMPORTANZA DELLA
SESSUALITÀ E LA PREVALENZA DELLE
DISFUNZIONI SESSUALI, È EMERSO
CHE PER L’ 82% DEGLI UOMINI E IL 76%
DELLE DONNE “UNA VITA SESSUALE
SODDISFACENTE È ESSENZIALE PER LA
RELAZIONE DI COPPIA”. LA MAGGIOR
PARTE DEGLI INTERVISTATI, SIA UOMINI,
SIA DONNE, CONCORDAVA CHE L’ETÀ,
ANCHE AVANZATA, NON LIMITAVA IL
DESIDERIO SESSUALE
Valutazione funzionale del paziente con
scompenso cardiaco cronico: dal laboratorio alla
pratica clinica
20-21 novembre
La riabilitazione respiratoria: basi generali e
nuovi orientamenti
12-13-14 ottobre
LISSONE
La riabilitazione del paziente sottoposto a protesi
totale d’anca
4 aprile
La riabilitazione del paziente sottoposto a
protesi totale di ginocchio
14 maggio
La riabilitazione del paziente con esiti di ictus
cerebri
14 maggio
“Burden of care” a causa del paziente cronico
Da definire
La tecnologia la servizio della Riabilitazione
Da definire
Qualità della vita o una vita di qualità?
Da definire
In classe
Giornata
Salvatore
Maugeri
2008
“La Sclerosi Laterale Amiotrofica.
L’esperienza di Fondazione Maugeri:
un percorso tra Passato, Presente e Futuro“
26
Una giornata di festa dal triplice significato:
ricordare l’esempio del Professor Salvatore
Maugeri, presentare quegli esempi di eccellenza
che l’Istituzione ha saputo sviluppare e proporre
come modello scientifico-clinico-assistenziale
negli ultimi anni e premiare dipendenti e
collaboratori con 25 e 30 anni di servizio. Filo
conduttore di lunedì 17 novembre 2008 è stata
la SLA - Sclerosi Laterale Amiotrofica, malattia
che ben rappresenta quell’approccio multi e
inter-disciplinare strutturato intorno al paziente
e che grazie anche al ruolo attivo del dottor
Mario Melazzini sta ricevendo l’attenzione delle
istituzioni e dei media. Attraverso un video
emozionale e gli interventi in sala dei relatori
coinvolti a vari livelli nella gestione della patologia,
sono emerse le specificità di un percorso che
ha richiesto vent’anni per essere codificato e
che oggi rappresenta un’eccellenza nel nostro
Paese. A chiusura della mattinata la consueta
consegna delle targhe ai collaboratori da parte del
Presidente.
NOTIZIE FSM
NOTIZIE FSM
In classe
Collaborazioni e
multidisciplinarietà
Ecco le linee guida per il secondo triennio di
attività della SIRAS
Esaltare le peculiarità delle attività riabilitative di elevata qualificazione
integrandole con la ricerca e l’innovazione clinica e con la promozione della
formazione e lo sviluppo culturale e scientifico in Medicina Riabilitativa di Alta
Specializzazione: con questi obiettivi scientifici e culturali, nel 2006 nasce la
SIRAS, Società Italiana della Riabilitazione di Alta Specializzazione, che vede in
Fondazione Maugeri il motore propulsore e che oggi raccoglie realtà scientifiche
e rappresentanti a livello nazionale.
Nel primo triennio di vita, sotto la presidenza del Dottor Pantaleo Giannuzzi, la
SIRAS ha raggiunto una definizione del proprio ambito di intervento e ha visto
l’instaurarsi di proficui rapporti di cooperazione con altre Società Scientifiche
e con gli Istituti operanti a livello nazionale ed internazionale nel settore della
riabilitazione avanzata e della ricerca applicata in riabilitazione.
Le attività principali sono stati gli annuali appuntamenti di approfondimento
scientifico che si sono tenuti prima a Pavia poi Benevento e infine nel 2008 a
Stresa.
Eletta Presidente per il periodo 2009 - 2011 è la dottoressa Caterina Pistarini,
Responsabile dell’Unità di Risveglio, dell’Unità di Neuroriabilitazione e
dell’Unità Spinale dell’Istituto Scientifico di Pavia. SIRAS, che attualmente
riunisce, per tutti i centri di Fondazione, le diverse professionalità, punta ora a
potenziare l’ambito di interdisciplinarietà.
“Negli obiettivi della Società - sottolinea la dottoressa Pistarini - abbiamo
l’ampliamento delle collaborazioni con le altre Società Scientifiche Nazionali
e Internazionali di Riabilitazione, Organizzazioni Governative ed Associazioni
Professionali, Istituzioni ed Enti per creare percorsi diagnostici-terapeutici
e riabilitativi multidisciplinari, per favorire l’aggiornamento scientifico e
rappresentare l’interfaccia tra mondo medico-scientifico e le competenti autorità
del settore socio-sanitario”. Il triennio appena iniziato sarà contraddistinto dalla
partecipazione di SIRAS a molteplici eventi formativi e iniziative scientifiche
locali, nazionali e internazionali e da azioni mirate allo sviluppo di iniziative
sul piano scientifico-clinico e della ricerca per promuovere la partecipazione
dei membri della Società, ad oggi oltre 500, che operano nelle diverse strutture
riabilitative nazionali.
L’appuntamento principe rimane il Congresso Annuale, previsto per il prossimo
ottobre a Pavia, che verterà sull’impiego delle nuove tecnologie e sul futuro della
Biomedicina. Coinvolgerà un ampio ventaglio di argomenti, dalla bioingegneria
all’applicazione medico-clinica delle strumentazioni più innovative
SIRAS: le discipline
a CARDIOLOGIA RIABILITATIVA
a PNEUMOLOGIA RIABILITATIVA
a RIABILITAZIONE NEUROMOTORIA
a FISIATRIA
a TERAPIA OCCUPAZIONALE – ERGONOMIA
a SCIENZE MOTORIE
I CONVEGNI NAZIONALI
E-learning
TecHnologie
la formazione a distanza
in medicina
I primi risultati di un progetto
sperimentale promosso
in collaborazione tra Ministero della
Salute e Fondazione Maugeri nelle
aree della salute e della sicurezza
in ambiente di lavoro
Il sapere professionale in medicina - visto il
costante evolvere delle conoscenze scientifiche
- richiede un continuo aggiornamento dei
professionisti di settore. Tale necessità è stata
tradotta in termini operativi tramite sistemi
formalizzati di controllo dell’aggiornamento
grazie ai programmi di Continuing Medical
Education - CME (Educazione Continua in
Medicina - ECM nella versione italiana). Il
programma ECM nel contesto italiano è giunto,
tuttavia, in un momento particolare della
rivoluzione delle tecnologie informatiche e
telematiche: ecco, quindi, l’introduzione della
“formazione a distanza”, o FAD, inserita nel
progetto nazionale ECM come uno tra i modelli
educativi sicuramente più innovativi, soprattutto
sul piano della fruizione dei contenuti.
Ma la FAD per l’educazione continua in
medicina non ha ad oggi una regolamentazione
da parte della commissione nazionale ECM. È
stata avviata lo scorso anno, dal Ministero della
Salute in maniera sperimentale, individuando
in campo nazionale 48 Provider organizzatori
per dare avvio e sviluppare programmi specifici
in aree di loro interesse per coinvolgere,
gratuitamente, circa 1000 utenti ciascuno.
29
2006 - Pavia
“Le Frontiere della Riabilitazione Multispecialistica” - Focus sull’intervento
riabilitativo in campo neuromotorio, cardiologico e pneumologico, in particolare
per il paziente critico e complesso
2007 - Benevento
“Le Sfide della Riabilitazione Multispecialistica” - Focus e approfondimenti sulla
biologia molecolare, nutrizione clinica e prevenzione
2008 - Stresa (VB)
NOTIZIE FSM
“Le Frontiere della Riabilitazione Multispecialistica: la gestione della comorbidità
in riabilitazione” - Focus specifico su tematiche di bioetica riferite al fine vita nei
pazienti portatori di malattie degenerative ad andamento progressivo
NOTIZIE FSM
In questo contesto si colloca il progetto
sperimentale “e-learning per la qualità della
vita e la sicurezza in ambiente di lavoro”
sviluppato, in collaborazione col Ministero
della Salute, presso la Fondazione Maugeri,
sotto la supervisione del Prof. Marcello
Imbriani e con il contributo operativo
dell’Ing. M. Cristina Mazzoleni della Direzione
Scientifica Centrale. Una sperimentazione
che, per quanto detto sopra, precorre i
tempi nella formazione continua in materia
di tutela del lavoratore e che si prefigge
lo scopo di produrre programmi volti al
miglioramento dell’ambiente di lavoro,
al fine di implementare le conoscenze
e la diffusione di linee guida in tema di
prevenzione e sorveglianza sanitaria del
personale esposto a fattori di rischio chimici,
fisici e psico-sociali.
Nell’ambito del progetto, e fino al 31 ottobre
scorso, sono stati avviati 11 corsi, per un
totale di 51 crediti, fruibili gratuitamente
via internet, su argomenti come asma
professionale, polmoniti da ipersensibilità
e pneumopatie da metalli duri, patologie
da esposizione a vibrazioni meccaniche,
patologie legate all’uso di videoterminali,
patologie
correlate
al
rumore,
la
movimentazione manuale di carichi, stirene,
stress lavorativo, il metodo Sobane e la
movimentazione manuale dei pazienti (il solo
corso per non medici).
30
I
corsi
realizzati,
accreditati
dalla
commissione nazionale ECM, erano rivolti
ai medici (specialisti in Medicina del Lavoro,
Medicina Legale e delle Assicurazioni, Igiene e
Medicina Preventiva), ma anche ad infermieri,
fisioterapisti e terapisti occupazionali.
Indubbiamente la FAD presenta notevoli
vantaggi: non richiede luoghi o tempi
prefissati per accedere alle informazioni.
Il prodotto formativo è basato infatti
sull’utilizzo di materiali durevoli quali i
supporti cartacei, audio e video, ma anche
informatici e multimediali (Internet, CDRom etc.). Questo permette quindi di poter
usufruire in maniera “asincrona” dell’evento,
in tempi e luoghi diversi, superando il più
classico approccio di didattica frontale,
applicato nelle attività formative di tipo
residenziale. Un’altra caratteristica della
formazione a distanza è l’attività individuale:
l’utente-discente
partecipa
all’attività
formativa singolarmente nei tempi e nei
luoghi prescelti, ma soprattutto, ricevendo
la formazione in forma singola, ne fa parte in
maniera attiva, sia nella fase di acquisizione
delle informazioni e conoscenze, sia nella
fase di autovalutazione. La individualità
dell’attività didattica si estrinseca anche nel
fatto che il fruitore del corso può, in massima
libertà e in maniera autonoma, scegliere di
approfondire le parti più interessanti, più
inerenti alla sua formazione o le tematiche
più complesse.
In senso positivo sono da considerare anche
i costi di gestione che prevedono, dopo un
investimento iniziale, la possibilità di rendere
fruibile il corso ad un numero elevato di
utenti.
Positivi i giudizi soggettivi raccolti attraverso
i questionari di gradimento e i messaggi
indirizzati ai docenti o inseriti su siti web e
forum del settore. Sono 2400 gli utenti che
si sono iscritti alla piattaforma e-learning
realizzata da Fondazione Maugeri (41%
medici, 18% infermieri, 34% terapisti) e più di
6000 i corsi erogati, numeri ben superiori alle aspettative.
E anche l’età anagrafica stupisce in quanto copre una
larga fascia di utenti, dai 23 ai 65 anni. L’interesse per
l’iniziativa è stato notevole se si pensa che i medici iscritti
hanno in media “frequentato” 4,9 corsi ciascuno (in un
range 1-10) e che in alcuni casi si sono avute iscrizioni
anche da parte di personale sanitario destinato a non
acquisire crediti ECM attraverso la fruizione di questi
corsi. Altro dato molto significativo è la consistente
presenza della componente femminile (38% dell’utenza
medica, 73% di quella non medica) a conferma che la
formazione a distanza ha caratteristiche confacenti
anche alle problematiche di chi deve maggiormente
gestire la conciliazione dei tempi lavoro-famiglia. Per
quanto riguarda la distribuzione geografica, poi, la
maggior parte dei corsi (62%) sono stati erogati ad
utenti residenti nelle regioni del nord Italia.
Per quanto riguarda i risultati, il confronto tra punteggi
raggiunti nei test di ingresso e nei test finali documenta
globalmente l’efficacia formativa del modello utilizzato:
i corsi sono stati completati e superati con successo
mediamente nel 78% dei casi. Va detto, però, che il
modello utilizzato presenta sicuramente maggiori
difficoltà: la presenza, in aggiunta al classico test finale,
dei casi clinici da risolvere implica, infatti, un impegno
ulteriore e spesso sono stati necessari più tentativi (in
media 1.9 , in un range 1-4) per raggiungere un risultato
positivo.
Per contro, è stato segnalato uno scarso utilizzo del
tutor, per chiarimenti o approfondimenti, anche in caso
di fallimento dei test.
31
REQUISITI DELLA FORMAZIONE IN E-LEARNING
aUn alto grado di indipendenza del percorso didattico da vincoli di presenza fisica o di orario specifico
(Formazione a distanza FAD)
al’impiego del personal computer come strumento principale per la partecipazione al percorso di
GLI STRUMENTI
DELLA FAD
Oggi la FAD dispone di strumenti e di potenzialità importanti. In America e nel
mondo è denominata “e-learning” e si può articolare fondamentalmente sulla
dimensione, audio, video e delle animazioni interattive del Web Based Training.
È utilizzata per la progettazione di corsi di autoapprendimento, e sull’uso degli
strumenti di comunità, come supporto all’apprendimento, quali il visual classroom,
le chat e i forum. Una grande opportunità di cui possono beneficiare diverse aree,
dal mondo dello studio, universitario e della ricerca, a quello delle imprese private
e delle organizzazioni pubbliche.
NOTIZIE FSM
apprendimento (computer based training CBT)
al’utilizzo della connessione in rete per la fruizione dei materiali didattici e lo sviluppo di attività
formative (WEB based training WBT)
aL’integrazione dei contenuti in una piattaforma tecnologica specifica (learning management system)
ail monitoraggio continuo attraverso il tracciamento del percorso seguito dal discente
ainterazione umana con i docenti/tutor e con gli altri studenti per favorire, tramite le tecnologie di
comunicazione in rete, la creazione di contesti collettivi di apprendimento
ala valutazione continua del processo di erogazione e fruizione
TecHnologie
Dagli studi effettuati dalla Federazione
Italiana delle Malattie Digestive (FIMAD) in
collaborazione con il Ministero della Salute si
evince non solo il forte impatto epidemiologico
delle malattie digestive compresi i tumori,
ma anche il forte aumento della domanda
di endoscopia nell’ambito della prevenzione
primaria e secondaria. In particolare nello
screening, nella diagnosi, nella terapia e
riabilitazione del tumore del colon retto.
High-tech per la
prevenzione
Fondazione Maugeri, in collaborazione con
la ASL di Pavia, partecipa alla campagna di
screening del tumore del colon-retto promossa
da Regione Lombardia nei confronti della
popolazione di età superiore ai 50 anni. Dei
circa 3.000 esami l’anno eseguiti dal servizio di
endoscopia digestiva, il 15% sono endoscopie
operative (polipectomie, inserimento di
protesi, dilatazioni e gastrostomie, estrazione
di calcoli nelle vie biliari), i restanti sono invece
indagini diagnostiche che sovente richiedono
l’esecuzione di biopsia.
Considerata
l’importante
valenza
dello
screening preventivo del tumore del colon
retto, una colonscopia di qualità garantisce
una diagnosi più sicura ed accurata. “A questo
proposito - conclude il Dottor Cupella - con
la Società Italiana di Endoscopia Digestiva
e Regione Lombardia abbiamo realizzato
dei programmi di retraining con l’obiettivo
di standardizzare al meglio le procedure
dell’esame colonscopico, collaborando per
definire gli indicatori di qualità”.
Con la tecnologia Narrow Band Imaging alI’Istituto di Pavia un passo avanti nel
riconoscimento delle lesioni, anche neoplastiche, del tratto digestivo
Fa un passo avanti l’endoscopia diagnostica,
grazie ai nuovi videoendoscopi ad alta
definizione, strumenti per l’acquisizione
di immagini che, grazie ad un elevatissimo
grado di risoluzione, permettono una
maggiore penetranza diagnostica e il
riconoscimento di lesioni pre-neoplastiche
e neoplastiche del tratto digestivo (tratto
superiore, stomaco, colon).
L’interesse maturato nei confronti delle
lesioni precedentemente non accessibili
all’endoscopia standard ha sollecitato
ulteriormente lo sviluppo degli endoscopi,
fino all’introduzione della magnificazione,
ovvero la possibilità di ingrandire
l’immagine inquadrata, per mezzo di una
leva posizionata nell’impugnatura dello
strumento, fino a 140 volte.
L’ambulatorio di endoscopia digestiva e
gastroenterologia riabilitativa dell’Istituto
di Pavia della Fondazione Maugeri da
dicembre 2008 ha interamente rinnovato
la dotazione strumentale, che consta ora
di sei videoendoscopi NBI (Narrow Band
Imaging) e altri due nuovi endoscopi a
tecnologia tradizionale. Un avanzamento
tecnologico
che
ha
richiesto
un
investimento complessivo importante di
circa 200.000 euro. L’Istituto di Pavia è così
il primo nella provincia e uno dei pochi
centri in Lombardia, ad avvalersi di questa
nuova tecnologia presente sul mercato
internazionale da circa 3 anni.
32
“L’ultimo decennio - afferma il Dottor
Francesco Cupella, Responsabile dell’
ambulatorio di endoscopia digestiva
e
gastroenterologia
riabilitativa
dell’Istituto - ha definitivamente sancito
NOTIZIE FSM
la superiorità degli endoscopi elettronici
ad alta risoluzione (videoendoscopi),
che impiegano la tecnologia NBI su
quelli
analogici
(fibroscopi).
L’alta
risoluzione delle immagini permette,
infatti, di discriminare lesioni anche
di piccolissime dimensioni che in una
endoscopia
tradizionale
potrebbero
sfuggire all’occhio dell’operatore. Questa
tecnologia sfrutta una specifica incidenza
della luce che, applicata ad una particolare
lunghezza d’onda, permette di evidenziare
i vasi sottomucosi, visualizzando le
caratteristiche della microcircolazione
della lesione. Ciò permette di orientare
in modo più preciso la nostra diagnosi.
Allo stesse tempo possiamo ottenere una
colorazione virtuale dei tessuti, evitando
di ricorrere ad una colorazione vitale, che
richiede una prassi più laboriosa e tempi
più lunghi di esecuzione”.
Nell’esame del tratto digestivo superiore,
ed
in
particolare
dell’esofago,
la
videoendoscopia è un importante ausilio
per definire e valutare eventuali condizioni
pre-neoplastiche, come accade nel caso
della patologia del reflusso gastroesofageo
o Esofago di Barrett, in aumento in
Occidente.
Per l’esame del colon, inoltre, la tecnologia
più avanzata permette una maggiore
evidenziazione delle lesioni polipoidi
piatte, che fino a pochi anni fa non venivano
nemmeno rilevate. Si tratta di lesioni ad
alto rischio di degenerazione neoplastica
che seguono un’evoluzione non lineare e
dunque, se non riscontrate, rappresentano
un grave rischio per il paziente.
33
INDICATORI DI QUALITÀ
della colonscopia
aInformazione
adeguata al paziente sulle indicazioni, sui rischi, sulla
preparazione e sui comportamenti da seguire dopo l’esame endoscopico
aAppropriatezza
delle indicazioni (intervallo di tempo nei controlli dopo
resezione del tumore o dopo asportazione di polipi)
aConfortevolezza (sedazione con oppiacei e ansiolitici durante l’esame)
aCompletezza dell’esplorazione, che deve arrivare fino al cieco nel 90%
degli esami
a Definizione unanime della corretta pulizia del colon
aTasso di evidenziazione di polipi non inferiore al 25% dei casi
aTempo
di osservazione del colon (tempo di estrazione dell’endoscopio)
non inferiore ai 6 minuti
aControllo
dell’incidenza delle complicanze (0.5 % perforazioni -1%
sanguinamento)
aGestione non chirurgica del sanguinamento (con mezzi endoscopici) nel
90 % dei casi
NOTIZIE FSM
Lontani dalle
ricadute
Lo studio
I dati dello studio GOSPEL
sottolineano l’importanza
della riabilitazione a lungo
termine per ridurre i rischi
cardiovascolari dopo un
attacco cardiaco
22
34
Creare un modello di intervento nell’ambito
della Riabilitazione Cardiologica fattibile ed
efficace nel modificare realmente i fattori
di rischio per l’infarto e allo stesso tempo
migliorare la compliance farmacologia
e lo stile di vita complessivo. Questo
l’obiettivo centrato dal progetto GOSPEL
(GlObal Secondary Prevention strategiEs
to Limit Event Recurrence after Miocardial
Infarction), partito in Italia nel 2001
grazie all’Associazione Nazionale Medici
Cardiologi Ospedalieri (ANMCO), che ha
visto l’Istituto di Veruno tra le strutture
partecipanti, per valutare l’incidenza dei
fattori di rischio e capire come aiutare i
pazienti a gestire la propria vita in modo da
limitare il pericolo di ricadute.
I dati sono stati pubblicati recentemente
su Archives of Internal Medicine di Jama
e dimostrano la validità e l’efficacia di un
programma di durata triennale dopo la
riabilitazione cardiaca nella riduzione del
rischio di un secondo attacco cardiaco e di
altri eventi cardiovascolari.
Da tempo l’Istituto di Veruno è in prima
linea nella diffusione di programmi
intensivi di prevenzione secondaria a
lungo termine dove i cardiopatici sono
sempre più pazienti complessi e per
questo gestiti all’interno di percorsi di
alta specializzazione per la riabilitazione
cardiovascolare al fine di affrontare
in modo organico ed efficace le
problematiche assistenziali, compresa la
gestione della fase post-acuta e cronica di
pazienti critici.
La riabilitazione cardiovascolare è un
processo multifattoriale, attivo e dinamico
che ha come fine ultimo quello di favorire
la stabilità clinica, ridurre la disabilità
conseguente alla malattia, favorire un
ruolo attivo nella società. Tutti obiettivi
realizzabili attraverso un approccio globale
e integrato di tipo clinico e un intervento
attivo, intensivo e a lungo termine. Tuttavia,
le attuali procedure di riabilitazione sono
purtroppo ancora basate esclusivamente
su programmi a breve termine che
hanno una scarsa probabilità di produrre
benefici di lunga durata perché i pazienti
non raggiungono quasi mai gli obiettivi
terapeutici fissati, in quanto non sono
costanti nelle cure e ligi nel seguire le
indicazioni dei medici.
Il progetto GOSPEL è stato condotto su due
gruppi di pazienti, sottoposti, gli uni, ad un
intervento riabilitativo a breve termine, gli
altri, ad uno più intensivo a lungo termine,
per verificare le modificazioni effettive e
persistenti dei comportamenti scorretti
legati allo stile di vita, e i pazienti seguiti
con il programma intensivo hanno avuto i
migliori risultati.
“Con GOSPEL siamo riusciti a dimostrare
quanto l’intervento sullo stile di vita
possa incidere nel prevenire nuovi
eventi acuti, spesso fatali - afferma il
dottor Pantaleo Giannuzzi, primario della
Divisione di Cardiologia Riabilitativa
dell’Istituto di Veruno nonché Direttore
scientifico e coordinatore del progetto
GOSPEL -. Il miglioramento si è potuto
vedere anche nella capacità di gestire
positivamente le relazioni con l’ambiente
esterno che possono essere fonte di
stress, ansia, depressione, tutti fattori
che influiscono in maniera significativa
sulle patologie cardiache. Certo, un
percorso così complesso richiede anche
un’organizzazione già orientata a questo
tipo di approccio, una struttura in grado,
quindi, di fornire al paziente gli strumenti
per un effettivo cambiamento, anche
attraverso una continua analisi delle
professionalità coinvolte.
“Va detto che i partecipanti allo
studio GOSPEL sono pazienti a rischio
cardiovascolare relativamente basso conclude il dottor Giannuzzi - sono infatti
abbastanza giovani, tra loro vi è una bassa
percentuale di obesi (il 15%) e di ipertesi
(il 44%). Tutto ciò ci fa pensare che in
pazienti a più alto rischio cardiovascolare
o semplicemente più anziani, ovvero nella
gran parte dei soggetti colpiti da infarto,
la riduzione del rischio cardiovascolare
e i benefici possibili sarebbero ancora
maggiori”.
Al di là di quanto emerso dallo studio, il
grande merito di GOSPEL è di aver diffuso
e standardizzato nella comunità scientifica
le componenti e le competenze richieste
per condurre e ottimizzare il programma
educazionale a lungo termine.
PREMESSA
78
GOSPEL: i numeri
in Italia solo 1 paziente su 2 segue le
cure dopo l’infarto, meno del 50%
corregge le proprie abitudini
alimentari, e appena uno su 10
smette di fumare
i Centri cardiologici ospedalieri
italiani coinvolti
3241i pazienti,57 anni,
1620
con un’età media di
che avevano subito un infarto del miocardio
nei 3 mesi precedenti l’ingresso nello studio
pazienti sono stati seguiti
con un intervento educativo
e comportamentale
a lungo termine
RISULTATI
pazienti sono stati seguiti
con un programma di
assistenza tradizionale
a riduzione del 33% di morte cardiovascolare più attacco cardiaco e ictus non fatale (3,2% nel
gruppo di intervento contro il 4,8% nel gruppo con assistenza tradizionale),
a riduzione del 36 % di morte cardiaca più attacco cardiaco non fatale (2,5% contro il 4%)
a riduzione del 48% degli attacchi cardiaci non fatali (1,4% contro il 2,7%).
a il 90% di chi ha partecipato al programma intensivo pratica un’attività fisica di difficoltà
medio-alta a 3 anni dall’infarto,
a il 65% segue una dieta mediterranea sana,
a il 55% dei pazienti ha imparato a gestire meglio lo stress e affronta la vita in maniera più
positiva rispetto al passato.
NOTIZIE FSM
1621
35
di Franco Rengo
Direttore Scientifico
dell’Istituto di Telese
dell’IRCCS Fondazione
Maugeri e Direttore della
Cattedra e della Scuola di
Specializzazione in Geriatria
dell’Università di Napoli
Federico II
Il segreto della
longevità
I FATTORI DELLA LONGEVITÀ
La longevità, intesa come invecchiamento in
buona salute, fisica e mentale, è una condizione
biologica che si riscontra nel 10% degli ultrasessantacinquenni. È dovuta a vari fattori, quali:
Lo stile di vita per invecchiare bene
Stili di vita
36
22
PERCHÈ L’ITALIA È UN PAESE DI VECCHI
aPossiede la più alta percentuale di ultra-
sessantacinquenni (17,8%)
aLa vita media è di 82,8 anni nelle
femmine ed i 76,7 anni nei maschi
aÈ il terzo Paese del mondo per aspettativa
di vita alla nascita, che è di 78 anni
aÈ la prima nazione del mondo ad aver
raggiunto nel 1995 la parità numerica
tra i giovani di 0-19 anni e gli ultrasessantenni, situazione che gli USA
raggiungeranno nel 2025
aIn Italia dal 1995 al 2020 gli ultraottantenni aumenteranno di oltre il
350%
aLa famiglia media italiana è costituita da
un bambino, due genitori, quattro nonni
e due bisnonni (1 bambino per 8 adultianziani).
NOTIZIE FSM
La longevità, intesa come invecchiamento in buona salute, è un tema divenuto
di grande attualità negli anni ‘80, allorchè ci si è resi conto del drammatico
fenomeno dell’invecchiamento della popolazione nei Paesi industrializzati. In
questo contesto, il nostro Paese si è trovato nel 2003 ad avere un tasso del
24.3% di ultra sessantenni, con il 15.1% di giovani con meno di 15 anni (ISTAT,
2003). Questa realtà demografica è legata alI’aumentata durata della vita media
ed al contemporaneo basso tasso di fecondità (1.25 figli/donna, tasso del 45%
al di sotto del livello di sostituzione pari a 2.1, che assicurerebbe sia la crescita
zero della popolazione sia il blocco del suo invecchiamento).
Le nostre generazioni stanno dunque assistendo ad una vera rivoluzione
demografica mai osservata prima nella storia dell’umanità. È un fenomeno
che trova le sue motivazioni in molteplici fattori, quali le migliorate condizioni
socio-economico-ambientali ed igienico-sanitarie, gli importanti avanzamenti
della medicina in campo diagnostico-valutativo e terapeutico-riabilitativo ed i
miglioramenti dell’assistenza sanitaria.
Questo scenario demografico da una parte ci ha posto di fronte ad una
nuova realtà epidemiologica ed a nuove necessità assistenziali, dall’altra ha
spinto il nostro interesse ad approfondire le conoscenze sull’invecchiamento
fisiologico, potendo disporre di soggetti longevi, in età molto avanzata ma in
buona salute.
L’invecchiamento della popolazione, soprattutto nella coorte degli ultra
ottantenni, ha permesso di selezionare una nuova tipologia di malati, noti nella
letteratura internazionale come “anziani fragili”, caratterizzati da patologie
multiple di vari organi ed apparati, da gradi diversi di disabilità fisica e/o
mentale, da necessità di polifarmacoterapia, da un alto rischio iatrogeno, per i
quali la medicina clinica tradizionale si è dimostrata inadeguata.
Sono pazienti che per la loro complessità richiedono la disponibilità di un’équipe
multidisciplinare coordinata dal geriatra, definita Unità di Valutazione Geriatrica
(UVG) e costituita dal geriatra coordinatore, dall’infermiere, dall’assistente
sociale, dal fisioterapista e dai vari specialisti necessari al singolo caso clinico.
L’UVG opera con strumenti di Valutazione Multidimensionale (VMD), capaci
nel contempo di pesare la salute fisica, la salute mentale, le condizioni socioeconomiche e la situazione ambientale, premessa indispensabile per poter
definire un piano terapeutico-riabilitativo individuale da attuarsi nell’ambito
della rete dei servizi socio-sanitari nella logica della continuità della cura. Un tale
modello funzionale e strutturale si è dimostrato capace di ridurre la mortalità
ospedaliera, di migliorare lo stato funzionale e di ridurre la riospedalizzazione e
l’istituzionalizzazione.
La presenza, d’altra parte, di soggetti in età molto avanzata ed in buone
condizioni di salute ci ha permesso di studiare il cosiddetto “invecchiamento
di successo”, costituito da soggetti ultra ottantacinquenni, senza importanti
patologie e con conservate alte performance fisiche e mentali. È stato possibile
in questi soggetti definire lo standard biologico strutturale e funzionale dei vari
organi ed apparati invecchiati fisiologicamente ed individuare il ruolo di alcuni
stili di vita, in particolare il tipo di alimentazione e l’attività fisica svolta, che
• un buon patrimonio genetico alla nascita
• la tutela del proprio genotipo attraverso
l’adozione di corretti stili di vita
• l’adozione della dieta mediterranea
• la pratica di una costante attività fisica
aerobica
• il controllo dei fattori di rischio
cardiovascolari
37
certamente hanno contribuito a garantire la longevità. La
curva di mortalità è molto bassa nella popolazione che ha
seguito uno stile di vita non salutare (dieta ipercalorica e
sedentarietà), per espandersi in coloro che hanno assunto
stili di vita salutari, con valori massimi in assenza di
comorbilità.
La ricerca scientifica ci ha fatto comprendere le
modificazioni di molti meccanismi molecolari capaci
di regolare nell’invecchiamento numerose funzioni. In
questo contesto noi abbiamo particolarmente studiato
il fenomeno del “precondizionamento ischemico”, che
rappresenta il più potente meccanismo endogeno
di protezione all’ischemia. Si tratta di una sorta di
vaccinazione fisiologica del miocardio all’ischemia, che è
in grado di ridurre la mortalità intraospedaliera per IMA del
50%, capacità che si perde con l’invecchiamento. Questa
perdita può essere impedita dall’abitudine a praticare
una buona e costante attività fisica e/o ad evitare regimi
dietetici ipercalorici.
C’è poi un fenomeno a cui stiamo assistendo senza porvi
la dovuta attenzione e, soprattutto, senza intervenire
operativamente. I mass-media spesso divulgano proiezioni
che avvalorano la possibilità per l’uomo di raggiungere i
105, i 110 o i 120 anni. Più recentemente, disponendo dei
dati epidemiologici degli anni ’80-’90, sono state riviste le
proiezioni relative all’aspettativa di vita delle donne di 65
anni rispetto a quelle calcolate in base ai dati epidemiologici
degli anni ’70-’80. La differenza tra le due proiezioni
dimostra una perdita di oltre 2 anni di aspettativa di vita
entro il 2050. In questo lasso di tempo assisteremo nei Paesi
industrializzati ad un drammatico incremento dell’incidenza
delle cardiovasculopatie, in particolare la cardiopatia
ischemica, che dal 5° posto nel 1995 raggiungerà il 1° posto
nel 2020 tra le malattie cronico-degenerative, facendo
prevedere per il 2050 una triplicazione degli attuali eventi
coronarici. La causa di questa rivoluzione epidemiologica è
rappresentata dall’esplosione dell’obesità che attualmente
colpisce anche in Italia circa il 70% del sesso femminile, il
55% del sesso maschile ed il 30% dei bambini.
NOTIZIE FSM
IL PARERE DELLO SPECIALISTA
Genetica, fattori ambientali e
qualche attenzione in più
Cambiare prospettiva per facilitare un invecchiamento in salute
Prof. Franco Rengo
a
38
Invecchiamento: uno standard biologico fisso?
Bismark per primo identificò l’età geriatrica con l’età del
pensionamento, per cui su questa scorta ai giorni nostri
sono definiti anziani gli ultra-65enni. Una tale definizione
ha in passato assunto un significato esclusivamente
burocratico-amministrativo, finchè i risultati più recenti
della ricerca gerontologica hanno dimostrato che i
65 anni rappresentano nell’uomo un’età-spartiacque
capace di mettere in evidenza significative modificazioni
anatomo-funzionali a livello dei vari organi ed apparati,
dando all’età geriatrica una valenza di tipo biologico.
Nell’ambito dell’età geriatrica la longevità, intesa come
invecchiamento in buona salute, riguarda gli ultra-85enni
in assenza di importanti patologie e completamente
autonomi dal punto di vista fisico e mentale. Questa
invidiabile condizione biologica si riscontra nel 10% degli
ultra-65enni, che sono riusciti a superare senza danni le
numerose insidie della vita. L’invecchiamento è, infatti,
un fenomeno molto variabile tra soggetti. L’aumentata
aspettativa di vita nei Paesi sviluppati si è accompagnata
ad un progressivo miglioramento del suo standard
biologico, soprattutto nel sesso femminile. In assenza di
un invecchiamento patologico, il sessantenne del 1950
corrisponde all’attuale ultra settantacinquenne. Dalla
metà del ‘900 l’età della maturità si è andata espandendo,
dai 50-60 anni agli attuali 70-75 anni, mentre l’età della
vecchiaia è rimasta fissa agli ultimi 10 anni di vita, in cui
l’invecchiamento si complica con patologie e disabilità.
a
Fattori genetici, fattori ambientali e corretto stile di vita
come condizionano la longevità?
Il ruolo della genetica è stato esplorato negli ultimi 30-40
anni. Oggi sappiamo che non basta scegliersi ascendenti
longevi. Sono stati individuati numerosi “markers” della
longevità, regolatori di numerose funzioni biologiche etàcorrelate, anche se dobbiamo ammettere l’impossibilità
di poter giungere ad una comprensione completa di tutti
i meccanismi che sottendono ad un fenomeno tanto
complesso quale l’invecchiamento.
La genetica spiega circa il 30% dell’invecchiamento in
buona salute, mentre il 70% dipende dall’ambiente e
dagli stili di vita. Individuati i “fattori di rischio” di molte
malattie cronico-degenerative (cardiovasculopatie, BPCO,
diabete, osteoporosi, neoplasie, etc), si è redatta una serie
di linee guida per la prevenzione e la cura di numerose
patologie. È andato poi aumentando l’interesse scientifico
per i fattori ambientali e gli stili di vita che condizionano
lo stato di salute dell’uomo, ed in particolare per il ruolo
svolto dall’attività fisica, dal controllo di fumo e alcool,
e dalla restrizione calorica nella prevenzione delle
numerose patologie cronico-degenerative.
NOTIZIE FSM
Sono elementi importanti nella prevenzione primaria e
secondaria di molte patologie, e una premessa per un
invecchiamento in buona salute.
a
Quando inizia la prevenzione per diventare anziani in
buona salute?
Questi stili di vita non vanno assunti una volta raggiunta
l’età geriatrica (>65 anni) bensì in età giovanile-matura,
al fine di garantire una prevenzione primaria e, anche
successivamente, qualora sia insorta nel frattempo una
patologia.
Numerosi studi dimostrano che giovani in normopeso,
che hanno svolto nell’arco della loro vita un’attività
sportiva regolare e continua, raggiungono età molto
avanzate in buona salute. La combinazione dell’esercizio
fisico aerobico e della restrizione calorica è in grado di
prevenire l’ipertensione, le cardiovasculopatie, l’obesità,
il diabete, le dislipidemie ovvero di condizionarne la
morbilità e la mortalità (la sedentarietà e l’obesità
incrementano il rischio cardiovascolare, con più alte
prevalenze di ipertensione arteriosa, diabete di II tipo ed
iperinsulinemia).
a
Perché è giusto parlare di prevenzione nell’anziano?
È evidente l’interesse ad invecchiare senza importanti
malattie (prevenzione primaria) ovvero evitando le
recidive (prevenzione secondaria). Nel contesto degli
interventi di prevenzione secondaria, oltre il controllo dei
fattori di rischio ed una buona compliance terapeutica,
un ruolo importante è recitato dall’attività fisica e della
restrizione calorica. La lotta alla sedentarietà e all’obesità
è riconosciuta infatti basilare per contrastare morbilità e
mortalità cardiovascolare.
a
È necessario avere particolari attenzioni nella terza età per
prevenire incidenti domestici o in altri contesti di rischio?
L’invecchiamento è rappresentato dalla progressiva
riduzione delle performance anatomo-funzionali dei vari
organi ed apparati, che si riducono dopo i 65 anni e con
maggiore evidenza dopo gli 80-85 anni. La maggiore
perdita funzionale coinvolge l’apparato locomotore, per
la riduzione della massa, della forza muscolare della
reflettività nervosa, con conseguente compromissione
dell’andatura e dell’equilibrio, ed alto rischio di incidenti
domestici.Rischio che si aggrava ulteriormente in presenza
di deficit cognitivo e/o di patologie somatiche e mentali.
Nella prevenzione, di grande efficacia si dimostra
l’allenamento fisico (nelle forme di attività fisica comprese
quelle ludiche come ballo, piscina o palestra) che riesce
a mantenere il trofismo e la forza muscolare, favorendo
l’autonomia e riducendo significativamente il rischio di
incidenti. Questo vale soprattutto in assenza di malattie
importanti nello “young old” (65-75 anni) e nello “old-old”
(75-85 anni), perdendo progressivamente valore nello
“oldest-old” (>85 anni).
a
Quale sport nella terza età: benefici e rischi?
Non esistono controindicazioni assolute a continuare lo sport
da sempre praticato, a meno che non insorgano patologie che
consigliano la sospensione dell’attività sportiva o l’eventuale
sostituzione con un’attività fisica di più lieve intensità. In tal
caso è necessario sottoporsi a controlli medici e strumentali
periodici, almeno due volte l’anno.
a
“Mens sana in corpore sano”: si può tenere allenata la
mente?
L’attività fisica di per sé rappresenta anche un notevole
stimolo sul sistema nervoso centrale e periferico e ci
sono evidenze che l’esercizio muscolare eserciti un
effetto favorevole anche sulle funzioni mentali, mentre
si osservano effetti devastanti della sedentarietà e
dell’isolamento della persona. Il detto “mens sana in
corpore sano” però non è sempre verificabile in età
geriatrica, tenendo conto che la demenza, in particolare
la malattia di Alzheimer, può compromettere in maniera
drammatica l’autonomia mentale, pur in presenza di
una completa normalità della salute e delle performance
fisiche. Per invecchiare in buona salute, è necessario
comunque che la persona non rinunci, finchè è possibile,
all’impegno fisico e mentale, pur senza dimenticare che
ad 80 anni non si è più ventenni.
a
Riabilitare il paziente anziano: serve un approccio speciale,
basato sulla visione globale del paziente?
L’invecchiamento patologico ha fatto individuare
un nuovo standard clinico, caratterizzato dalla
contemporanea presenza di comorbilità e disabilità,
meglio noto nella letteratura internazionale come
“anziano fragile”, che si riscontra con una prevalenza
nel 15-20% degli ultra sessantacinquenni e nel 50-60%
degli ultra ottantenni. L’anziano fragile è un paziente
caratterizzato dall’incapacità a reagire efficacemente ad
eventi che turbano il suo già precario equilibrio, quali il
riacutizzarsi di una malattia cronica, l’instaurarsi di una
malattia acuta anche se di modesta entità, un evento
traumatico, sia di natura fisica che psichica, un intervento
terapeutico inappropriato. Per affrontare la complessità di
Benessere per punti
a tavola:
restrizione calorica. Dieta completa e
bilanciata, sul prototipo della dieta mediterranea, che è
contenuta in zuccheri semplici e grassi, ricca di verdure e frutta.
attività fisica: il camminare a passo sostenuto in
piano per 4-5 Km al giorno o mezz’ora di cyclette al giorno,
in assenza di carico di resistenza, almeno per 5 giorni alla
settimana
aFumo: abolizione del fumo
aAlcool: uso moderato
Lo “HALE project”, condotto per oltre 10 anni in vaste casistiche,
mostra come la sopravvivenza a 10 anni si incrementa
drammaticamente se ad un fattore dello stile di vita se ne
aggiunge progressivamente un altro, risultando massima nella
popolazione che segue tutti e quattro gli stili di vita sopraccitati.
questo paziente, la letteratura e la pratica clinica hanno
accertato l’utilità della competenza geriatrica, garantita
da un’équipe multidisciplinare capace di valutare la salute
fisica, la salute mentale, la condizione socio-economica
e la situazione ambientale, per definire il programma
terapeutico-valutativo-riabilitativo
individuale
nel
contesto della continuità della cura, nei differenti livelli di
assistenza.
L’anziano fragile è una realtà clinica che riscontriamo
sempre più numerosa anche nelle strutture di riabilitazione
intensiva, come si evince dai dati degli Istituti della
Fondazione Maugeri, dove gli ultra sessantacinquenni
hanno ormai superato il 65% dell’intera casistica.
IL POTERE DELLE IMMAGINI E DELLE “CHIACCHIERE”
Parole, parole
NEGLI OSPEDALI, DI NORMA, OGNI COMUNICAZIONE AVVIENE IN FORMA VERBALE. A MONTESCANO INVECE
SI UTILIZZA ANCHE MATERIALE VISIVO, AD ESEMPIO CON IL MENÙ ICONICO O CON LA MAPPA ICONICA DEL
DOLORE E DEI BISOGNI. SONO STRUMENTI SEMPLICI PER RENDERE LE INFORMAZIONI DISPONIBILI AD
ALTRE PARTI INTEGRE DEL SISTEMA COGNITIVO, IN PAZIENTI IN CUI L’AREA DEL LINGUAGGIO È SERIAMENTE
COMPROMESSA.
LA PERSONA TORNA COSÌ ATTORE DELLA PROPRIA VITA, NONOSTANTE LA DISABILITÀ, ESPRIMENDO
BISOGNI, PREFERENZE E PERSINO CONCETTI ASTRATTI, INGAGGIANDO IN VERE CONVERSAZIONI. DA
QUESTO NASCE L’INIZIATIVA DEI “SALOTTINI”, MOMENTI DI INCONTRO IN UNA DIMENSIONE NON
OSPEDALIERA, PARTICOLARMENTE APPREZZATI DAI PAZIENTI. LA POSSIBILITÀ DI REGISTRARE GLI
INCONTRI PERMETTE AGLI OPERATORI DI COGLIERE SFUMATURE ALTRIMENTI SFUGGENTI O RI-TARARE
L’APPROCCIO CON UN SINGOLO PAZIENTE.
FONDAMENTALE LA FORMAZIONE DEL PERSONALE, IN PARTICOLARE DEI LOGOPEDISTI, CHE ACQUISISCONO
LE ABILITÀ DI ASCOLTO ATTIVO PER SAPER INTERPRETARE I SEGNI DEL LORO INTERLOCUTORE, E DI
RESTITUZIONE GRAFICA DEL PENSIERO DEL PAZIENTE.
soltanto parole?
Stili di vita
Riabilitare il
linguaggio orale e
scritto, ma anche
ristabilire una
comunicazione non
verbale per il paziente
afasico
Forse è difficile simulare la condizione in cui si trova una persona nel momento in cui
diventa impossibile per lei comunicare con l’esterno: il paziente afasico vive come
“murato vivo”, con una sofferenza intima e una forte frustrazione causate dalla sua
difficoltà a ripristinare un contatto, anche minimo, con l’esterno.
L’afasia consiste in disturbi del linguaggio conseguenti ad una lesione cerebrale, a carico
dell’emisfero sinistro, di natura vascolare, traumatica, neoplastica o degenerativa, che
interessano la formulazione e la comprensione dei messaggi, orali o scritti. Rieducare
al linguaggio significa sfruttare al massimo le capacità residue, ripristinando le funzioni
danneggiate, con un programma sempre personalizzato per ogni singolo caso.
La riabilitazione comporta un lavoro lungo, spesso anche di anni, che coinvolge tanto
il paziente quanto le persone che gravitano attorno a lui (dagli operatori sanitari ai
famigliari). Le attività previste per stimolare un recupero funzionale sono apparentemente
semplici e a bassa tecnologia, molto basate sul “materiale umano”: un programma
intenso e prolungato che utilizza solo carta e matita, in molti casi; decisamente poco
impattante in termini di efficienza delle strutture ospedaliere. È anche per questo motivo
che forse il servizio di logopedia, oggi, è spesso carente nell’offerta territoriale.
40
All’Istituto Scientifico di Veruno il servizio di logopedia si avvale del lavoro della
dottoressa Marcella Laiacona e delle logopediste Nadia Allamano e Lorena Lorenzi.
L’attività del servizio è principalmente rivolta ai pazienti ricoverati, prevedendo solo una
attività diagnostica per eventuali pazienti ambulatoriali.
Cruciale l’importanza della diagnosi che riguarda tutti gli aspetti del linguaggio: la
comprensione di parole, di frasi, l’eloquio spontaneo, la scrittura. In base alla diagnosi
si procede con la definizione del programma riabilitativo. Per la valutazione del disturbo
afasico il Servizio si avvale di tre test validati per la lingua italiana: il BADA, per l’analisi dei
deficit afasici, il test A.A.T. (Aachener Aphasie Test) e infine l’Esame del Linguaggio che
costituisce l’aggiornamento del “classico” test per l’afasia di Anna Basso.
Spesso il disturbo del linguaggio si estende anche alla scrittura. Questo può dipendere
da un deficit di natura lessicale (relativo alle rappresentazioni delle parole nel lessico
ortografico) oppure sublessicale (relativo alla routine che permette la scrittura tramite un
procedimento di conversione fonologico-ortografica).
Dall’alto lo staff dei servizi di logopedia
di Montescano e dell’Istituto di Veruno
NOTIZIE FSM
La Fondazione Maugeri, con una sinergia tra i servizi di Logopedia degli Istituti di Veruno
e Montescano, ha realizzato un test di diagnosi per le problematiche di scrittura (Test
di deficit di scrittura, 1994, a cura di C. Luzzatti, M. Laiacona, N. Allamano, A. De Tanti,
M.G. Inzaghi, L. Lorenzi). Un ulteriore studio su pazienti con disturbo di scrittura misto
(lessicale e segmentale) è in fase di ultimazione.
Alla dimissione del paziente in riabilitazione, viene rilasciata dal servizio una diagnosi
del disturbo residuo e la rieducazione prosegue, quindi, nelle strutture del territorio di
residenza. Le possibilità di recupero sono legate al tipo di deficit. Si possono raggiungere
risultati ottimi, ma non si arriva mai ad un ripristino della
condizione precedente al danno cerebrale. Dopo un primo
recupero spontaneo, che avviene di solito entro un mese
dall’evento che ha causato l’afasia, si inizia la rieducazione,
fatta di stimolazioni mirate in base alle capacità residue.
L’obiettivo è migliorare la comunicazione, con traguardi
graduali e specifici, per una vita di relazione che sia il più
possibile soddisfacente.
All’Istituto Scientifico di Montescano il servizio di logopedia
è invece rivolto, oltre che ai pazienti ricoverati, anche a
quelli ambulatoriali. Il centro è attivo, in particolare, sul
fronte del recupero di casi più gravi di afasia, nei quali
il linguaggio verbale è perduto e i test tradizionali non
possono nemmeno essere somministrati. “Questo non
significa che manchino i presupposti per la comunicazione
- spiega la dottoressa Caterina Guarnaschelli, Primario
dell’U.O di Riabilitazione Specialistica Neuromotoria 2
- Gravi Cerebrolesioni cui afferiscono i pazienti sottoposti
a trattamenti con i logopedisti -. Dal 2003, primi in Italia,
abbiamo implementato metodi che si rifanno alle tappe di
sviluppo precedenti alla formazione del linguaggio verbale,
per recuperare le possibilità di comunicazione della
persona basandosi sulla sua capacità di simbolizzazione,
ovvero di formare nella mente il concetto da esprimere. Il
lavoro del logopedista consiste nel capire cosa il paziente
vuole comunicare, e trasformare il messaggio compreso in
una rappresentazione iconica e verbale ”.
A questo processo si rifanno le tecniche della AAC
(Comunicazione Aumentativa e Alternativa). “In pazienti
con grave cerebrolesione acquisita, che presentano
gravi difficoltà motorie, lesioni cerebrali devastanti,
capacità comunicative praticamente assenti, si utilizza la
metodologia fondata sulla comunicazione non verbale,
puntando sul tono, sulla mimica, sulla postura, o ancora
sugli sguardi per trovare una possibilità alternativa di
comunicazione, ri-creando il contesto di vita del paziente
(spazi, personaggi della realtà quotidiana del disabile,
diario delle sue attività) e gli strumenti affinché questo
possa farsi comprendere dagli altri - spiegano dal Servizio
di Logopedia guidato dalla dottoressa Antonella Contardi”.
Si ristabilisce, insomma, un flusso tra un emittente e
un destinatario di un messaggio, trovando un nuovo
codice, un sistema di segnali condiviso che permetta di
ricostruire e decifrare quel messaggio. L’abile verifica la
propria comprensione delle intenzioni del disabile, con
una restituzione, verbale e grafica, di quanto si pensa sia
nell’intenzione del paziente.
“Abbiamo trovato un metodo per ristabilire un contatto
- prosegue la dottoressa Guarnaschelli - la possibilità di
esprimere ciò che piace o non piace, ad esempio nella
scelta del menù, ma anche di raccontarsi. Questo riduce
sensibilmente l’ansia e la disperazione del paziente, già
fortemente limitato dalla malattia, ma anche la frustrazione
dei caregivers, che riescono ad interpretare correttamente
le intenzioni della persona, ripristinando, se pur a fatica,
una relazione con il proprio caro. Non dimentichiamo che si
tratta di persone con funzioni cognitive spesso integre, cui
manca la parola, che hanno piena intenzione di comunicare
e di avere un ruolo attivo nella loro vita”.
La collaborazione continua, sia clinica che formativa, con il
Prof. Luzzatti ha permesso di approfondire alcune tematiche
di rilievo connesse alla diagnosi e alla rieducazione dei
deficit articolatori, fonologici e morfo-sintattici nell’afasia,
dei modelli mentali volti all’identificazione di immagini e
alla denominazione e all’uso dei test di linguaggio nella
rieducazione dei pazienti afasici.
Di grande impatto per il paziente, e funzionale al suo
recupero, è il quaderno personale che si crea con le
rappresentazioni dei concetti che appartengono alla sfera
personale dell’afasico e le sue esigenze di comunicazione.
Così Francesca, una donna ancora in giovane età, riesce
nuovamente a gestire la sua famiglia, Mario ha creato un
entourage di persone con cui comunicare e per Luca, che
a 40 anni ha avuto un evento emorragico, si è improntato
un programma intensivo di riabilitazione finalizzata ad un
ritorno al lavoro e ai suoi affetti. Tanti esempi di come sia
possibile avere comunque un ruolo attivo nonostante la
disabilità comunicativa.
NOTIZIE FSM
23
41
Parlano di noi
L’Espresso
gennaio 2009
RAI TRE
Come Stai
dicembre 2008 - febbraio 2009
Elisir
“Longevità”
Il Quotidiano di Foggia
Il Quotidiano di Bari
gennaio 2009
novembre 2008
Il Sannio
gennaio 2009
Puglia
gennaio 2009
la Provincia Pavese
novembre 2008
il Sole 24 ore Sanità
dicembre 2008
Gente
novembre 2008
TELENOVA
TgN
“Inaugurazione sede AriSLA”
il Sole 24 ore Sanità
dicembre 2008
Corriere della Sera
ed.Milano
dicembre 2008
dicembre 2008
42
23
Il Ticino
novembre 2008
Io Donna
dicembre 2008
Salute - La Repubblica
novembre - gennaio 2008
Telesette
novembre 2008
RAI 1
la Provincia Pavese
novembre - dicembre 2008
Sabato & Domenica
“Riabilitazione dall’Ictus”
novembre 2008
NOTIZIE FSM
NOTIZIE FSM
Istituti Scientifici
Massimo Zambianchi,
responsabile del Servizio
di Radiologia e Diagnostica
per immagini a Lumezzane,
ci racconta la sua passione
Un impegno tra RX
e colori
Nonsolo FSM
PAVIA 27100
Sede di Via Salvatore Maugeri, 10
Sede di Via Palestro, 26
Tel. 0382 5921 fax 0382 592081
Sede di Via Boezio, 28
Tel. 0382 5931 fax 0382 593081
MILANO 20146
Via Clefi 9
Tel. 02 43069511 fax 02 43069529
MILANO 20138
Via Camaldoli 64
Tel. 02 507259 fax 02 50725202
MONTESCANO 27040 (PV)
Via per Montescano
Tel. 0385 2471 fax 0385 61386
LISSONE 20035 (MI)
Via Mons. Bernasconi, 16
Tel. 039 4657235 fax 039 4657234
44
Pittura ed emozioni con materiali di recupero: questo è
anche il mondo di Massimo Zambianchi, Responsabile
del Servizio di Radiologia e Diagnostica per Immagini
dell’Istituto di Lumezzane e operativo in Fondazione
Maugeri da più di 10 anni.
La sua passione per le pittura nasce già tra la fine degli anni
’70 e la prima metà degli anni ’80. «Ero appena diciottenne,
esordisce Zambianchi, e mi dedicavo in particolare alla
fotografia, mio primo grande amore, ma non disdegnavo
le mostre di pittura. Un giorno andai ad una personale
di un artista che non mi piacque per niente, anzi quella
mostra in particolare mi sembrò quasi una presa in giro e
fu, per assurdo, lo stimolo ad iniziare, perché, pensai, se
poteva dipingere quel pittore lo potevo fare anch’io!». Dalla
fotografia alla pittura il passo è stato breve anche se il dottor
Zambianchi non ha mai abbandonato la prima. «Mi piace
immortalare la realtà, fissare fenomeni naturali e momenti
significativi: per questo amo la macchina fotografica. Ma
nella pittura ho trovato un qualcosa in più: con un quadro,
o nell’arte in genere, si riesce ad esprimere quello che non
può essere riprodotto con gli altri mezzi, come le emozioni,
i tratti della personalità, i sentimenti».
Si rifà a qualche modello?
«Attingo dalla corrente astratta e informale, adattandola
alla mia personalità. A dire il vero ho iniziato dal classico ma
non mi piaceva e io riesco a dipingere solo se mi diverto».
Che stile segue e che materiali usa?
«Il mio stile è stato definito neo-informale dal professor
Martucci, uno dei periti di arte contemporanea iscritto al
Tribunale di Milano, in occasione di una critica apparsa in
Arte e Cultura per una mia personale a Brera. Ma se dovessi
autodefinirmi direi che le mie opere sono astratte: utilizzo
materiali diversi, di scarto, soprattutto plastica, legno, cavi
o dispositivi elettrici, abbinandoli ai colori ad olio, in tutte
le tonalità. Tutti i miei quadri hanno poi una caratteristica
comune: lo spago, simbolo del legame con la realtà. Sono
quadri molto materici, con un certo spessore, dove i vari
elementi emergono dalla superficie per incontrare vista e
tatto dello spettatore».
LUMEZZANE 25066 (BS)
Via Mazzini,129
Tel. 030 8253011 fax 030 8920262
Quanto tempo dedica a questa passione?
«Dipingo quando ne ho voglia perché lo faccio per puro
piacere personale. Il genere di pittura cui mi dedico, però,
richiede molto tempo, la maggior parte del quale in termini
di preparazione, per “pensare” alla realizzazione: per questa
fase possono essere necessarie dalle 15 alle 25 ore».
CASTEL GOFFREDO 46042 (MN)
Via Ospedale, 36
Tel. 0376 77471 fax 0376 779886
Quante mostre ha al suo attivo?
«Tre personali (Giugno 2004, Pietra de’ Giorgi, Pavia; Maggio
2007, Milano, Brera; Ottobre 2008, Broni, Pavia) e molte
collettive, tra cui le più importanti a Roma, nella Chiesa
degli artisti, e a Firenze, in Galleria del centro storico».
Progetti per il futuro?
«Cito due impegni dei quali sono molto fiero. L’uno più
vicino e l’altro in fase di programmazione. Il primo riguarda
un mio bozzetto che è stato scelto per la copertina di
un libro che verrà presentato a febbraio a Roma, per un
progetto benefico a favore dell’infanzia. Si intitola “La
prima casa”, scritto a quattro mani dal professor Mancuso e
dalla giornalista Zezza, e parla del feto all’interno del ventre
materno. Il secondo riguarda invece un progetto personale:
una mostra multimediale dove la pittura si mescolerà ad
altre forme d’arte, come la fotografia e la musica – tutto
rigorosamente di mia produzione, compresa la musica
-. L’obiettivo è quello di esprimere il concetto di arte
universale, identica in ogni sua forma espressiva, capace in
vari modi di raccontare e rafforzare pensieri ed emozioni».
TRADATE 21049 (VA)
Via Roncaccio, 16
Tel. 0331 829111 fax 0331 829555
NERVI 16167 (GE)
Genova-Nervi
Via Missolungi, 14
Tel. 010 307911 fax 010 30791269
VERUNO 28010 (NO)
Via per Revislate, 13
Tel. 0322 884711 fax 0322 884816
CASSANO DELLE MURGE 70020 (BA)
Via Per Mercadante KM 2
Tel. 080 7814111 fax 0820 7814310
Sedi distaccate di Sciacca e Mistretta:
SCIACCA 92019 (AG)
U.O di Neuroriabilitazione intensiva
c/o Azienda Ospedaliera O.C.R. di Sciacca
Via Pompei c.da Seniazza
Tel. 0925 962369 fax 0925 962359
MISTRETTA 98073 (ME)
U.O di Neuroriabilitazione intensiva
c/o Presidio Ospedaliero
Santissimo Salvatore
Via A. Salamone
Tel. 0921 389562 fax 0921 389572
TELESE TERME 82037 (BN)
Via Bagni Vecchi, 1
Tel. 0824 909111 fax 0824 909614
CAMPOLI M.T. 82030 (BN)
Via Nino Bixio, 10
Tel. 0824 873072 fax 0824 873073
Laboratori di Medicina del
Lavoro e Igiene Industriale
PAVIA 27100
Via Salvatore Maugeri, 10
Tel. 0382 592300 fax 0382 592072
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