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Da tempo ormai
ogni generazione
vive in media
qualche anno in più
della precedente.
In alcuni Paesi
questo progresso
potrebbe fermarsi.
I nostri figli non
vivranno più a
lungo e meglio
di noi. La causa
è nota: l’obesità.
Ma sono noti anche
i rimedi: addio alla
sedentarietà e ai
chili di troppo.
colpevoli sono noti da tempo.
Si chiamano sedentarietà e
cattiva alimentazione. Il ‘reato’ è l’obesità: una condizione
che caratterizza ormai una persona
adulta su tre e che è alla base del diabete di tipo 2, così come dell’ipertensione e di altre condizioni di rischio
cardiovascolare.
Uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine disegna uno
scenario preoccupante: per la prima
volta da 200 anni, la speranza di vita
della popolazione statunitense potrebbe ridursi nei prossimi anni se
non verranno messe in atto politiche
sanitarie efficaci a contrastare la tendenza verso l’aumento di peso. «Un
discorso analogo vale ormai anche in
Europa. Molti studi hanno dimostra-
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Il futuro è nelle
nostre gambe
to che l’obesità è associata a una minore aspettativa di vita, non soltanto
per le malattie cardiovascolari, ma per
tutte le cause di morte», afferma Fabrizio Quadri, diabetologo presso il
Servizio di Diabetologia e Malattie del
Metabolismo dell’Ospedale Civile di
Grosseto.
Detto in positivo questo significa che
«abbiamo la possibilità di decidere se
vogliamo vivere più a lungo e meglio,
rimandando o cancellando gli appuntamenti che molti hanno geneticamente ‘fissato’ con il diabete e con
l’ipertensione», spiega Gaudenzio Stagno, responsabile del Servizio Territoriale di Diabetologia della ASL 10 calabrese a Palmi, «possiamo scegliere se
sprecare salute con la sedentarietà e
con una alimentazione sconsiderata o
guadagnarla con l’esercizio fisico e
qualche attenzione al cibo».
Prevenire il diabete è possibile.
Chi legge Modus probabilmente fa
parte di una famiglia dove esiste almeno un caso di diabete di tipo 2. La
predisposizione genetica è come una
pistola: se non è carica non è pericolosa. Allo stesso modo, se si tiene il
peso sotto controllo, la probabilità di
sviluppare il diabete si riduce nettamente.
Diversi studi, condotti su ampie popolazioni di persone non diabetiche,
hanno dimostrato che con una attività fisica aerobica, di moderata intensità e della durata di almeno 20-30 minuti al giorno, o 2 ore e mezza alla settimana, e con un calo ponderale del 5-
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10%, si riduce del 60% circa l’incidenza del diabete. Una efficacia doppia rispetto alle cure farmacologiche.
Studi condotti in Finlandia e in Cina
su popolazioni ad alto rischio, persone che già avevano un cosiddetto ‘prediabete’ (difficoltà a mantenere nella
norma la glicemia a digiuno o dopo i
pasti), hanno mostrato che una perdita limitata di peso era spesso sufficiente a rimandare, o forse a evitare,
l’evoluzione dell’intolleranza glucidica in diabete vero e proprio.
È importante non cadere nell’equivoco. «Quando noi medici
parliamo di ‘rischio-obesità’ non
intendiamo dire “chi è ufficialmente obeso ha un problema, gli
altri no”. Il rischio di diabete e di
malattie cardiovascolari e di tumori non compare oltre una
certa soglia di peso corporeo, ma
è un continuum che aumenta
parallelamente all’indice di massa corporea», sottolinea Quadri,
presidente della Sezione regionale Toscana della Associazione
Medici Diabetologi.
Uno studio danese ha trovato
una relazione diretta fra il rapporto peso/altezza (BMI o IMC
in sigla italiana) e il rischio di
morte. A partire dal livello di BMI
ideale (24-25 per i maschi 23-24 per le
femmine), ogni punto in più corrisponde a un 5% di rischio in più per
le donne, e il 7% di rischio in più per
gli uomini. «Detto in altre parole: essere grassi riduce l’aspettativa di vita»,
riassume Giuseppe Giordano, responsabile dell’ambulatorio di diabetologia di Mazara del Vallo, «altro che
‘grasso è bello!’».
Per quanto riguarda i tumori, premesso che in alcuni casi la loro incidenza dipende da ‘cosa’ si mangia e non solo da ‘quanto’ si
mangia, Fabrizio Quadri ricorda
«negli uomini obesi aumenta
l’incidenza di tumori della prostata e dell’intestino. Nelle donne obese vi è una maggiore incidenza di cancro della colecisti e
di quello dell’apparato riproduttivo, anche per una maggiore
produzione di estrogeni da parte
del tessuto adiposo. I tumori
della mammella mostrano una
correlazione con la quantità di
grasso viscerale».
Fabrizio Quadri, diabetologo
presso il Servizio di Diabetologia
e Malattie del Metabolismo
dell’Ospedale Civile di Grosseto.
Come
disinnescare
la bomba obesità
Il problema
In Italia nemmeno una persona su due
pesa ‘il giusto’. Una su tre è obesa.
L’obesità predispone al diabete, all’ipertensione e ad altre condizioni che moltiplicano il rischio di infarti e ictus.
L’obesità aumenta il rischio di sviluppare
problemi ai reni, alle ossa e alcuni tipi di
tumori.
La soluzione
Per disinnescare la bomba obesità, soprattutto per quel che riguarda il rischio
diabete e il rischio cuore, occorre prima di
tutto aumentare l'esercizio fisico:
Rinunciare il più possibile all'auto e
all’ascensore.
Preferire passatempi all'aria aperta.
Camminare a passo svelto o dedicarsi
ad altre attività fisiche per almeno
mezz’ora al giorno, almeno 4-5 volte
alla settimana.
Per quanto riguarda l’alimentazione, basta perdere pochi chili, o meglio, pochi
centimetri, per avere degli effetti positivi.
Più che seguire una dieta rigida per poche settimane è meglio cambiare gradualmente, ma per sempre, le proprie
abitudini alimentari:
Inserire a ogni pasto una porzione di
frutta e verdura.
Dimenticare bevande zuccherate e
‘fuori pasto’.
Dire addio al burro e sostituirlo
con l’olio.
Salumi e formaggi, così come i dolci
sono da mettere in tavola solo
eccezionalmente.
Sostituire le carni rosse con le carni
bianche.
Gaudenzio Stagno, responsabile
del Servizio Territoriale di Diabetologia
della ASL 10 calabrese a Palmi.
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Giuseppe Giordano,
responsabile
dell’ambulatorio di Diabetologia
di Mazara del Vallo (TP).
Obiettivi sostenibili.
Premesso che l’ideale è rientrare nel
proprio peso forma, «per ottenere
vantaggi significativi in termini di riduzione del rischio diabete può bastare una perdita di peso limitata. Si parla di cinque, sette, dieci chili. Una riduzione del 5-7% nel peso corporeo
permette di ottenere già risultati sensibili nella persona fortemente sovrappeso o con obesità di primo grado»,
nota Stagno che per anni ha coordinato le attività di sensibilizzazione dell’opinione pubblica in Calabria, nell’ambito della Giornata Mondiale del
Diabete.
Il peso, a dire il vero, non è la misura
ideale per definire gli obiettivi. Il peso
corporeo totale è dato da ossa e organi
(la cui massa normalmente non cambia), da muscoli e da due tipi di grasso: quello sottocutaneo (localizzato
sugli arti, sulla schiena, sui fianchi e sul
torace) che non ha un effetto importante sul metabolismo, e quello addominale che è un vero e proprio organo.
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«La ‘ciccia’ non è un semplice
deposito ma una sorta di ‘antipancreas’ che secerne numerose sostanze – leptina, adiponectina, resistina, interleuchina-6 e Tnf – che hanno quasi
tutte una azione nefasta per
l’organismo: lo tengono in un
costante stato di sub-infiammazione, rovinano la parete
interna delle arterie e rendono
meno efficace l’azione dell’insulina prodotta dal pancreas,
che di conseguenza ne produce sempre di più. Anche la
pressione arteriosa può aumentare a seguito di obesità e
insulinoresistenza» ricorda Gaudenzio
Stagno.
L’obiettivo non è quindi solo ‘pesare
meno’ ma ‘ridurre la pancia’. Non a
caso i medici, oggi, preferiscono misurare con il metro da sarta la circonferenza all’altezza della vita (poco sotto l’ombelico insomma). Qual è il livello ideale? «I maschi dovranno rimanere sotto i 94 centimetri, le donne
sotto gli 80», risponde Quadri.
«Se il grasso addominale non è il primo a ridursi – si perde più facilmente
grasso dalle braccia o dalle cosce e natiche – non bisogna disperare perché
basta una riduzione di pochi centimetri per fare davvero la differenza sull’equilibrio glicemico, sulla pressione
e sulla coagulazione del sangue», nota
Stagno.
Dire no a un mondo
che produce obesi.
Cosa bisogna fare? La risposta più efficace passa in primo luogo attraverso
l'esercizio fisico. Lo dimostra l’esperienza di Giuseppe Giordano. «Nel
mio paese vive una consistente comunità di persone provenienti dal Maghreb. Le mogli che stanno general-
mente in casa, diventano obese e sviluppano presto il diabete. I mariti, che
spesso sono più anziani e che probabilmente mangiano le stesse cose ma
svolgono lavori faticosi all’aria aperta,
come i pescatori e i contadini, no. La
discriminante è l’esercizio fisico, prima ancora dell’alimentazione».
È vero che perdere peso con l’attività
fisica richiede più tempo rispetto a
una restrizione alimentare. «Il solo dispendio calorico dovuto all’attività fisica, se non associato a un corretto regime alimentare, non può produrre
una sensibile perdita di peso. Ma la
sua efficacia sul metabolismo è evidente: diminuisce la resistenza insulinica associata all’obesità e, con essa,
diminuiscono i livelli pressori, quelli
glicemici, quelli dei trigliceridi con un
aumento del colesterolo-HDL», ricorda Fabrizio Quadri.
«In secondo luogo, l’esercizio fisico ha
effetti positivi sul morale e sulla sensazione di benessere generale nonché
effetti di prevenzione a 360 gradi che
vanno ben oltre il rischio cardiovascolare», spiega Giordano che da pochi mesi dirige un Ambulatorio dedicato a Diabete e Obesità presso
l’Ospedale di Salemi in provincia di
Trapani.
Non si tratta di fare quattro passi
ogni tanto. «Bisogna abbandonare la
sedentarietà, preferire la camminata
all’automobile, le scale all’ascensore,
andare a ballare invece che giocare a
carte», afferma Giordano. A una generale ‘mobilitazione’ del corpo occorre però accompagnare attività più
strutturate. Gli studi scientifici hanno
rilevato effetti importanti in termini
di prevenzione del diabete tra le persone che abitualmente avevano iniziato a camminare 30 minuti al giorno, almeno 4, meglio 5 volte alla settimana (o 20 minuti tutti i giorni).
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Non tutto ma solo quello
che ci piace.
Sicuramente la persona obesa deve
perdere peso ma non importa solo
‘quanto’ peso perde, non deve mangiare meno, deve mangiare meglio. «Per
esempio è importante che aumenti
nettamente la frutta e la verdura: almeno una porzione per ogni pasto, in
modo da compensare gli effetti proossidanti e infiammatori delle sostanze prodotte dal grasso addominale»,
ricorda Gaudenzio Stagno. Le porzioni di carboidrati vanno ridotte: 60-70
grammi di pasta e il pane in alternativa al primo, non in aggiunta. «Ma non
vanno aboliti come invece sarebbe bene fare con i grassi di origine animale:
burro, salumi, formaggi e carni rosse».
Lo studio danese Dps e l’americano
Dpp hanno mostrato quanto una dieta povera di grassi di origine animale
possa ridurre la probabilità di svilup-
pare il diabete di tipo 2.
Studi analoghi hanno mostrato effetti di riduzione
anche sulla pressione arteriosa grazie a questo tipo
di dieta. È importante anche che l’alimentazione
scelta sia sostenibile. Occorre muoversi all’interno
delle proprie preferenze
alimentari.
«Dei sacrifici vanno fatti:
addio alle bibite – ricche
di zuccheri – e ai fuori pasto», commenta Giordano, ma è inutile pensare di
perdere peso alimentandosi con cibi che non sono di proprio gradimento. Insomma,
si tratta di sostituire gli alimenti meno
salubri della nostra dieta con altri, più
salubri, scelti comunque fra quelli che
ci piacciono. d
Al passo con la salute
Una iniziativa di prevenzione e lotta al diabete e all’obesità davvero a 360 gradi è stata promossa dalla Associazione Medici Diabetologi, coinvolge diabetologi, dietisti e farmacisti, associazioni di
pazienti, media, politici e scuole nell’intento di convincere il numero maggiore possibile di persone a modificare le loro abitudini di
quel poco che è sufficiente per ridurre drasticamente il rischio metabolico e cardiovascolare.
Il progetto, di durata triennale, si chiama Prevenzione Diabete ed
Obesità. È attuato dalla Provincia di Cosenza, nell’ambito della più
generale Campagna di Prevenzione e Tutela della salute “Al passo
con la Prevenzione?”. «Questo progetto vede un’intera Società
Scientifica, l’Associazione Medici Diabetologi, scendere in campo
e mettersi in gioco per cambiare la storia del diabete a partire dalla provincia con un numero maggiore di casi di questa malattia in
Italia», sottolinea il Presidente dell’Associazione Medici Diabetologi, Sandro Gentile.
In una regione dove una persona su sedici ha il diabete, il 50% in
più rispetto alla media nazionale, «la prevenzione primaria e secondaria del diabete (in pratica, impedire che arrivi o, almeno, ritardarne o scongiurarne le conseguenze) è un problema di sanità pubblica e su questo punto l’attuale Amministrazione della provincia di
Cosenza è molto sensibile» afferma Giuseppe Armentano, componente del Direttivo Nazionale della AMD.
Il progetto, iniziato nel maggio 2010 con un corso master per 60
Giuseppe Armentano,
componente del Direttivo Nazionale
della AMD.
formatori (diabetologi, medici di
Medicina generale, dietisti e farmacisti) è articolato a diversi livelli.
A livello di opinione pubblica è
prevista una campagna stampa
per promuovere la prevenzione di diabete, obesità e malattie
cardiovascolari accompagnata dalla stampa di 300 mila opuscoli divulgativi. «Le persone che riusciremo a raggiungere e a motivare potranno contattare un call center per ottenere un primo
orientamento», spiega Armentano.
Il secondo asse di sviluppo sono gli studenti. Si terranno nelle
scuole della provincia conferenze su temi legati alla corretta alimentazione e all'attività motoria. Anche qui saranno prodotti e
distribuiti al termine di questi incontri, degli opuscoli che ribadiscono i consigli relativi allo stile di vita e gli alunni saranno invitati a disegnare ‘poster’ che riassumono ed esprimono i concetti principali.
Sul piano politico un momento forte sarà una ‘passeggiata della
salute’ che sarà organizzata a Cosenza la prossima estate e vedrà la partecipazione di dirigenti politici provinciali, sindaci e della popolazione interessata.
«Nella primavera 2011 il progetto sarà a metà strada e sarà possibile presentare le prime valutazioni. Quale miglior sede del
Congresso nazionale della AMD?», afferma Armentano, coordinatore del comitato organizzativo del prossimo congresso AMD
che si terrà appunto in provincia di Cosenza, a Rossano Calabro,
nel maggio del 2011.
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