www.IlCorrierediGiulianova.it
Anno III – Numero 33 – Sabato 26 Marzo 2005
Edizione telematica
Settimanale di Politica Cultura Sport
Autorizzazione Tribunale di Teramo n. 517 del 13.08.2004 - Direzione redazione: Via Luigi Longo, 12 – Giulianova Lido (TE)
Tel./Fax 085.8001874 – Amministrazione, Grafica: Via Capri, 38 – Giulianova Lido – E-mail: [email protected]
Editore: Frezza.NET Communications di Antonio Frezza – Sede Legale: Giulianova Lido (Teramo), Via Capri, 38 Tel. 347.6642461 - Fax 085.8009206
Direttore Eden Cibej
Andrea Palandrani voce storica della memoria collettiva
QUANDO UNA FESTA PATRONALE DIVENTA PROMOZIONE DI CULTURA E ARTE
di Antonio Frezza
[ … ] All’ombra del Gran Sasso, in odore di salsedine e sotto lo sguardo
assopito del “gigante addormentato”, c’erano davvero pochi insediamenti in
quella campagna prospera e gravida di nuovi eventi: era il 1951 quando la
buona volontà ed il sacrificio dei primi abitanti di quella zona riponevano le
loro speranze e la loro Colleranesco sotto la protezione e la buona luce di
San Giuseppe. […] Così scriveva Andrea Palandrani lo scorso anno nel
presentare ai lettori l’opuscolo curato dall’Associazione “San Giuseppe” di
Colleranesco e stampato grazie al buon cuore dei benefattori in occasione
dei festeggiamenti in onore del Santo Patrono Universale della Chiesa. Il
giovane professore ha firmato quest’anno un altro, interessante studio, da lui
condotto attraverso le testimonianze dirette di persone e ambienti, documenti
inediti e ricordi visivi per delineare in tutta la sua drammatica verità il primo
e unico passaggio della guerra, nella storia dell’ età moderna, nelle nostre
zone, a Colleranesco e Giulianova in particolare. Un salto di oltre
sessant’anni per Andrea Palandrani che restituisce voce a quanti, allora, ci
furono dentro ed oggi, nonni, chiudono nella saggezza del silenzio l’urlo
ricacciato in gola davanti a tanto orrore. Nessuno riuscirà a comprendere mai la guerra e quindi a
dimenticarla. Essa cambia la vita e, forse, insegna agli uomini ad amarla di più e a difenderla con maggior
forza e spirito di sacrificio attraverso la pace. Ognuno a suo modo, secondo la sua esperienza di vita, il suo
impegno nel lavoro e nel sociale, la sua cultura insomma. Andrea Palandrani lo fa con la sua limpida
idealità, con la cultura del rispetto di cui quotidianamente dà prova come uomo e come intellettuale. Al
mattino egli è il professore che offre ai suoi studenti la passione della sua competenza professionale, la sera
offre il suo sostegno fisico ed organizzativo alla sua famiglia nella conduzione di un ristorante e, pur tra i
legittimi spiragli della vita sentimentale e ludica, nell’arco dell’intero anno si prodiga per offrire alla “sua”
gente documenti letterari e storici da cui ricavare quella coscienza e quella identità che fanno di una massa
amorfa ed indistinta persone individuali strette in un patto sociale fraterno e solidale. Perché se c’è un
elemento che brilla nel quadro opaco di dolore e di morte che viene disegnato dalla guerra nel lucido
affresco di Andrea Palandrani è proprio la solidarietà nella sofferenza e nella lotta per la vita, che dopo la
guerra si trasforma in voglia di ricostruzione sopra le macerie di fuori e ancor di più di quelle invisibili che il
passaggio di una guerra lascia per sempre negli occhi nella mente e nel cuore degli uomini.
Condotto con il metodo comparato del doppio binario – il secondo conflitto mondiale in Europa e nel locale
– il racconto scivola fluido e accattivante con l’interesse di particolari inediti sia narrativi che visivi senza
inutili compiacimenti o lacrime di troppo. Gli occhi di Andrea Palandrani sono asciutti, ma il suo
animo è ricco di quella “pietà” che Pasolini metteva al primo posto nelle qualità che impediscono all’uomo
di cadere nella barbarie.
Il documento storico “1943 - 1944: il passaggio della guerra a Colleranesco, tra
storia locale e storia mondiale” che ha animato le pagine della pubblicazione
per i festeggiamenti in onore di San Giuseppe diventerà presto l’opera
organica di un libro al quale Andrea Palandrani lavorerà nei mesi estivi
rinunciando al mare.
“Vere guerre non son vinte mai” diceva Edward Estling Cummings ed aveva
ragione, così come aveva ragione Pasolini quando scriveva “ Io non credo che
possa finire. Ora che ho visto cos’è la guerra, cos’è guerra civile, so che tutti,
se un giorno finisse, dovrebbero chiedersi: - E dei caduti che facciamo? Perché
sono morti? – io non saprei cosa rispondere. Non adesso, almeno. Né mi pare
che gli altri lo sappiano. Forse lo sanno unicamente i morti, e soltanto per loro la guerra è finita davvero.”
Ma è anche vero che finchè ci saranno quelli che lavoreranno perché la conoscenza del
dolore si trasformi in coscienza civile ed anelito di pace una speranza ancora c’è che
l’uomo si ribelli alla guerra e restituisca certezze al mondo dei nostri figli.
LA V ELEMENTARE DI
COLLERANESCO RACCONTA “LA
GUERRA DEI PROPRI NONNI”
Anche quest’anno la scuola di
Colleranesco ha collaborato alla
stesura del tradizionale libretto con un
ricerca condotta dagli alunni della
classe quinta coordinati dalla maestra
Maria Rosaria Pesce. I ragazzi hanno
utilizzato i racconti dei loro nonni per
inserirsi all’interno del tessuto drammatico della guerra di occupazione
tedesca.
“L’iniziativa – dice la maestra Pesce – ha incoraggiato il recupero di aspetti di vita sconosciuti agli allievi
valorizzando il fecondo rapporto con la precedente generazione.”
Scrive Debora Ippoliti: “Mio nonno si chiama Franco e ha 81 anni; quando lui fece la seconda guerra
mondiale ne aveva circa 30 e si trovava a Colleranesco.Il nonno racconta di tanti bombardamenti che
distrussero case e ponti; ricorda tante storie tra cui, in particolare, quella di una famiglia di campagna che
accolse i soldati disertori che poi lavoravano insieme ai contadini nei campi. Questi soldati aiutavano a
tradurre le notizie che arrivavano per radio, oppure attraverso i giornali.Mio nonno non si ricorda
dell’arrivo dei tedeschi, ma si ricorda dei saccheggiamenti e delle perquisizioni nelle case dei contadini. Si
ricorda molto bene dei partigiani cioè uomini che lottavano per liberare il nostro paese, che insieme agli
alleati facevano fuggire i tedeschi.Ma in quegli anni, anche quando ci fu la ritirata dei tedeschi, lecondizioni
non migliorarono perché il lavoro era molto faticoso e si dovevano guadagnare i soldi per ricostruire le
case distrutte, comprare i vestiti che non erano lussuosi ed erano indossati da padre a figlio, da fratello a
fratello.”
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------La foto a destra ritrae militari in divisa dell’Aereonautica. In alto da sinistra: Basilio
Cicconi,Domenico Marin, Emidio Ciafardoni; in basso: Raffaele Nazziconi e un soldato allora
residente nella vicina Cologna.
(Cortesia Sig. Antonio Nazziconi)
Scarica

1 - Il Corriere di Giulianova