-
Direz. e Redaz.: Piazza di Trevi, 86
00187 ROMA
ANNO XXII N. 5 Maggio 1974
Spedizione in abbonamento postale Gruppo 111/70
-
-
O R G A N O MENSILE
DELL'ASSOCIAZIONE
I T A L I A N A PER I L C O N S I G L I O
DEI C O M U N I D ' E U R O P A
La petizione popolare
per i poteri costituenti al Parlamento Europeo
I1 13 febbraio l'Esecutivo nazionale delllAICCE - anche nello spirito
della risoluzione « L e responsabilità del CCE nella battaglia per la Federazione europea e la sua cooperazione con altre organizzazioni politiche »,
approvata dalllAssemblea dei Delegati del CCE a Montecatini Terme il
28-30 maggio 1973 (la si veda nel n. 6, giugno 1973, di Comuni d'Europa ») - ha ribadito l'esigenza di una stretta collaborazione, sia al centro
che in periferia, fra 1'AICCE e il Movimento Federalista Europeo (Commissione italiana), nel quadro del Consiglio italiano del Movimento Europeo, dei suoi Comitati provinciali per l'Europa e delle sue altre strutture
organizzative e politiche. I1 19 marzo a Neu Isenburg (Germania federale)
si sono incontrate due delegazioni, una rappresentativa delllUnion des
L'EUROPA HA BISOGNO DI UN
GOVERNO:
L'ltalia ha bisogno dell' Europa per sopravvivere e rinnovarsi.
L'Europa ha bisogno di un governo europeo per non soccombere nefla prova di forza che si sta sviluppando nel quadro
mondiale. M a non ci sarà mai un governo europeo fino a che
r cittadini non mostreranno di volerlo.
Per dare ai cittadini la possibilità di manifestare la loro volontà
europea. i federalisti hanno promosso in tutti i paesi della
Comunità la raccolta di firme per una petizione, da presentare
e ripresentare fin che sia necessario, al Parlamento europeo
e ::i Parlamenti nazionali.
Con In petizione si chiede che venga affidato al Parlamento
eurapeo, uaieo rappresentante dei cittadini a livello europeo,
i l compito di elaborare il rapporto suil'unione europea previsto
dai vertice di Parigi. Nel contempo si chiede che questo rapporto preveda la creazione di un governo europeo responsabile
davanti ad un Parlamento europeo eletto a suffragio universale.
Per spro2are i partiti e il governo a fare questa decisiva scelta
europea, i iederalisti hanno promosso sin dal 1969 la presentazione di una legge di iniziativa popolare per il riconoscimento
del diritto di voto europeo in Italia. Sottoscrivendo la petizione
per il governo europeo, i cittadini favoriranno anche I'approvazbne di questa legge.
CIME
AICCE
FAFE
AEDE
. Consiglio
Italiano Movimento Europeo
Associazione Italiana per il Consiglio dei Comuni d'Europa
. Moviriiento Federalista Eiiropro Sezione Italiana dell'UEF
Associazione Eiiropea Insegnanti
-
-
fédéralistes européens (UEF: il segretario eeneralc Caterina Chizzola,
Eickhorn segretario del17Europa Union Deutchlands e Meriano) e l'altra
rappresentativa del CCE (il segretario gencrale europeo Philippovich, il
delegato alle relazioni coi movimenti europeisti Serafini, l'incaricato sovranazionale del settore studi Martini e Lena Townsend, Alderman del
Greater Londoi~C o ~ ~ n c i lsi
) : sono scambiati i rispettivi punti di vista sulla
democratizzazione della Comunità europea e si sono esaminati gli aspetti
pratici di una campagna per la petizione in favore del « piano Spinelli »
(mandato al Parlamento Europeo di redigere subito lo Statuto politico
della Con~unità).I1 3 maggio l'Esecutivo ha dato mandato alla Segreteria
politica dell'AICCE di portare avanti l'organizzazione della campagna; e
1'11 maggio la Segreteria ha partecipato a Roma ad una riunione comune
con la Segreteria del Movimento Federalista Europeo, coi responsabili regionali del MFE, con la Segreteria del Consiglio italiano del Movimento
Europeo e con quella del17AEDE (sezione italiana dell'Associatiotz européezne des Enseignants) per il lancio della campagna. Sentito ancora una
volta l'Esecutivo dell'AICCE il 22 maggio, il Segretario generale delllAICCE
Serafini si è quindi rivolto ai membri del Consiglio Nazionale, alle Federazioni regionali C ai Comitati di promozione delle Federazioni regionali
e a tutti i Soci (titolari e individuali) dell'AICCE con la « lettera », che di
seguito pubblichiamo. Le ragioni dell'appoggio al « piano Spinelli n sono
state esposte da Serafini anche nella relazione «L'Unione Europea e la
lotta per la Ragione », pubblicata nel n. 4, aprile '74, di K Comuni d'Europa »: nel quale numero sono stati pubblicati altresì (nella rubrica K Pensiero e azione dei federalisti europei ») i testi della petizione popolare da
rivolgere al Parlamento Europeo e ai due rami del Pai-lamento italiano.
Cari coileglzi ed amici,
vi è izofo clze il CCE si è sempre battuto per una costrztzione
dell'unità eztropea a ~ n i s u r ae con la partecipazione delle forze popolari e denzocratiche: per raggiungere questo scopo il CCE ha, anche
recentemente, più volte ribadito che sono essenziali u n intervento
coordinato e sovranazionale dei Poteri locali e regionali e l'elezione
diretta di u n Parlavzento europeo, che dovrà esprimere u n governo
comunitario ad esso responsabile.
La linea politica portata avanti dal CCE, in pieno accordo coi1
tutte le altre forze democratiche e federaliste, è quella di chiedere
che sia orvzai conferito al Parlamento europeo, eletto a suffragio universale e diretto, il mandato di redigere la Costituzione del primo
nucleo degli Stati Uniti d'Europa. Frattanto, poiché i Vertici europei
di Parigz e di Copenhagen hanno stabilito di chiedere che le Istituzioni etiropee presentino entro il 1975 u n progetto di Unione europea
da reulizzarsi non oltre la scadenza del 1980, il CCE e più particolarmente I'AICCE, sua Sezione italiana, hanno fatto proprio il Piano
Spinelli, cioè la richiesta ai Governi della Comztnità di accordarsi
i~ninediatainente sul conferimento al Parlamento europeo attuale
del coi~zpito di redigere uno Statuto politico dell1Unione europea
( S t a t u t o che dovrà prevedere anzitutto l'elezione a suffragio diretto
di uno dei rami del Parlanzento europeo, così come la formazione
di u n autentico Governo eztropeo per le nzaterie che non possono
più avere una gestione intergovernativa e diplomatica).
A questo punto l'Union des fédéralistes européens ( U E F ) ha
deciso di lanciare una campagna per una petizione popolare al Parlamerito europeo, i n base all'art. 48 del suo Regolamento, i n favore
del Pi~inoSpinelli, lasciando a ciascuna struttura nazionale, federalista :de~nocratica,di stabilire l'articolazione della campagna di ciascun Paese della Coinunità. L'art. 48 del Regolamento del Parlamento
europeo prevede che utla petizione possa essere presentata quatz-
COMUNI D'EUROPA
SOMMARIO
La petizione popolare per i poteri
costituenti al Parlamento Europeo . . . . . . . . . . .
1
Materie prime: imperialismo o £ederalismo?, di Gian Piero Roz
3
Per un Mediterraneo democratico,
di Adachiccra Zevi . . . . . .
7
Costituita la Federazione regionale
sarda delllAICCE . . . . . .
5
L'impegno dei cristiani per la Comunità europea, di Gianfranco
Martini . . . . . . . . . .
8
Dizionarietto:
Rendita fondiaria urbana, di Giuseppe Canzpos Venuti . . . . 10
C.P.E. (Congresso del Popolo Europeo), di Alberto Cabella . . 11
L'affratellamento dei Comuni, contributo all'integrazione della società europea . . . . . . . . l 2
I sindacati e l'Europa, di Andrea
Chiti-Batelli . . . . . . . . . 17
L'agricoltura comunitaria a Casalc
Monferrato . . . . . . . . . . 21
do è suffragata da firme, che rechino nonze
e cognome del firmafario, indirizzo, professione e nazionalità. Secondo gli intendimenti
delllUEF - e più particolarnlente dei federalisti inglesi e olandesi - la petizione dovrebbe già essere in condizione di u n possibile inoltro - cioè con un congruo numero
di firme - ad una delle sessioni del Parlamento europeo che precederanno l'interruzione estiva: ma si va affermando la tendenza che la raccolta di firnze continui anche
al di là del raggiunginzetzto di un numero
mininlo, cioè sotto fortna di una campagna
« permanente » e conzunque a più largo respiro, per evidenti motivi politici, al fine di
creare un impegno popolare più ampio intorno al Piano Spinelli.
La Conlnlissione italiana de1l1UEF (Movimento Federalista Et~ropeo)ha deciso di impegnarsi a fondo nella raccolta delle firme
per il Parlamento europeo, accompagnandola
in pari tempo con la raccolta delle firme
per una petizione di appoggio da presentare
ai due rami del Parlamento nazionale (con
firme per il Senato e firme per la Camera
dei deputati). Fino a che non si proceda
alle elezioni generalizzate del Parlamento
europeo ( e il risultato delle elezioni presidenziali francesi, se dobbiamo stare alle
intenzioni comunicate durante la campagna
elettorale da Giscard d'Estaing, dovrebbe
aver fatto cadere l'opposizone francese a
questo proposito), continuerà in Italia la
campagna per le elezioni unilaterali (canzpagna che ha visto un così rilevante impegno
dei Consigli regionali italiani ed anche dei
Consigli comunali e provinciali): tna si affianca ad essa, con altre nlodalità, la canzpagna per la petizione in favore del Piano
Spinelli. Sulla raccolta di firme per il Piano
Spinelli si è addivenuti a un accordo tra il
Movimento Federalista Europeo, I'AICCE,
I'AEDE (Association européenne des Enseignants, Sezione italiana), e i Comitati provinciali per l'Europa del CIME (Consiglio
italiatzo del Movimento europeo). Cosa deve
fare 1'AICCE e cosa debbon fare i Consiglieri
regionali, provinciali e comunali degli Enti
ad essa aderenti o essi stessi aderenti a titolo individuale?
L'impegno dell'AICCE in questa occasione
si articola in 3 punti e su questi, cari colleghi
ed amici, voglio soprattutto richiamare la
vostra attenzione:
1) le Amministrazioni ( m i rivolgo particolarmente alle Amministrazioni conzunali)
aderenti all'AICCE sono pregate di collaborare in ogni modo all'organizzazione pratica
della raccolta delle firme da parte dei federalisti europei, che ad esse si rivolgeranno,
e soprattutto di permettere l'occupazione del
suolo pubblico da parte di bancarelle o di
altre infrastrutture necessarie per la raccolta
all'aperto delle firme in calce alla petizione;
2 ) codeste Anznzinistrazioni sono pregate
altresì di appoggiare la raccolta delle singole firme dei menzbri dei Consigli regionali,
provinciali e comunali sulle schede della petizione;
3) le stesse Amministrazioni sono pregate
di facilitare la diffusione di manifesti, che
saranno fatti pervenire loro nei modi opportuni.
I n realtà in una larga parte di casi saranno i federalisti europei (direttanlente
oppure attraverso le Federazioni regionali
delllAICCE oppure attraverso i Comitati provinciali per l'Europa) che si rivolgeranno
alle Amministrazioni locali e regionali: dunque si tratterà in linea generale semplicemente di venire incontro a quanto sarà da
loro chiesto. Ma per ulteriori chiarimenti
e anche per un'iniziativa diretta, ove quella
dei federalisti non riuscisse a coprire adeguatamente tutto il territorio nazionale, vi
potete senz'altro rivolgere alla Segreteria
dell'AICCE, a Piazza di Trevi 86 Ronza.
Mi rendo conto che nella crisi della Comunità europea alcuni anzici, più facili allo
scoraggiamento o meno portati a guardare
al di la della mediocre congiuntura presente
(così come alcuni dz noi funzmo invece costretti a fare durante la più lunga Resistenza
al fascismo, cioè prima della stretta finale,
dell'ultima grande guerra e dunque già negli
anni '30), saranno portati talvolta a nutrire
dei dubbi nei riguardi di queste campagne
popolari ed anche dell'impegno politico incessante, sempre nuovo, che si chiede ai
Poteri locali in favore dei federalisti europei.
Ma vi prego di saper guardare fermamente
al di la del presente, alquanto grigio, tanto
più che non di rado muta improvvisamente
lo scenario politico e i nostri sforzi hanno
un premio fino a poco prima imprevedibile.
Proprio in questi giorni io ricordo agli
amici la presenza di Mario Soares, in veste
di coraggioso ma modesto esule democratico
portoghese, al Controvertice federalista organizzato a Parigi, nell'ottobre del 1972, durante il Vertice dei Capi di Stato e di Governo della Comunità europea: chi avrebbe
detto che era così vicina la caduta del regime totalitario in Portogallo, dove sembrava esser divenuto un fatto permanente?
Mentre l'Europa dei governi procede col
passo della tartaruga ( m a spesso procede
addirittura come i gamberi, e scusatemi questi accostanlenti da manuale di zoologia),
maggio 1974
il fronte democratico europeo lentamente
matura, nuove forze sociali e culturali si
convincono che non c'è alternativa democratica alla costruzione della Federazione
europea. Pertanto, proprio mentre preoccupanti accenti nazionalistici ritornano sulla
bocca degli statisti e mentre sembra che,
nel processo di integrazione europea, sulle
forze centripete finiscano per prevalere quelle
centrifughe, si avvicina il giorno in cui questo fronte democratico europeo potrà prendere finalmente piena coscienza di se stesso
e rzbaltare la situazione esterna.
Il malessere delllEuropa, quello dei suoi
singoli Paesi, la crisi della democrazia tradizionale non sono di questi ultinzi mesi,
ma già covavano da tempo: il 1968 ne fu
un'evidente espressione. Senonché, nzentre il
'68 giunse per nlolti imprevisto e sembrò
mettere il dito su diverse plaghe reali, denunciando classi dirigenti nazionali irretite
nell'autoconservazione e nel corporativismo,
esso poi fallì perché al momento negativo
non seppe affzancare u n momento positivo,
cioè obiettivi chiari e raggiungibzli, anche
se per questo non necessariamente mediocri
e rinutzciatari. Il '68 è rimasto a mezz'aria,
soprattutto perché non seppe assumere come obiettivo, accanto all'abbattimento di
privilegi, di feudalita, di oligarchie, la creazione della Federazzone europea sovranazionale, democratica e popolare, autonoma
dalle Superpotenze e capace effettivamente
di contestarne la ragion di Stato, creando
anche una scala socio-economica tale da
permettere l'esperienza di un nuovo modello
di sviluppo « personalista e conzunitario ».
Quando abbastanza untuosanlente ci si dice
che occorre attivare i giovani all'ideale della
Federazione europea, non si deve intendere
ciò come u n tentativo di distrarli dalle loro
generose follie » per portarli agli obiettivi
concreti n, che noi paternalisticamente vogliamo offrir loro: si tratta piuttosto di
stabilire fermamente coi giovani che non si
f a nessuna seria riforma, e neanche nessuna
seria rivoluzione politica, senza prospettare
chiaranlente l'alternativrc, anche di potere,
alla « triste » società presente. La Federazione europea non è una distrazione per vichiamare i giovani all'ord~ne,che è quello
oltretutto che piace e conviene alle vecchie
generazioni, ma è un duro discorso sulle
esigenze della Ragione, u n duro discorso,
profondamente antidemagogico, che è quello
che i giovani tutto sommato si attenderebbero da noi in ogni occasione.
E' in questo spirito che m i auguro che un
contributo particolarmente importante diano
alla campagna per la petizione federalista le
Anznzinistrazioni delle città « medaglia d'oro
della Resistenza D.
Mentre rimango a vostra completa disposizione con tutta la segreteria dell'AICCE,
per i chiarimenti che riterrete utili, vi auguro buon lavoro, vi ringrazio della fiducia
che continuate ad avere nella conzune battaglia e vi saluto con molta cordialità.
Umberto Serafini
P.S. - I1 coordinatore della campagna in favore della
petizione è per i federalisti europei, su scala nazionale
il prof. Massimo Malcovati, via San Lanfranco 60, ~ a v i a :
maggio 1974
COMUNI D'EUROPA
Materie prime : in2 permialismo o federalismo ?
di Gian Piero Roz
delllIstituto Affari Internazionali
I lavori dellJAssemblea
I1 2 maggio si è conclusa la sesta Assemblea straordinaria delle Nazioni Unite sulle
materie prime, Assemblea inaugurata 1'8 aprile dal Segretario generale delllONU, Kurt
Waldheim. Come è noto, ogni anno, in autunno, si svolge l'Assemblea delle Nazioni Unite
in cui si discute dei pricipali problemi connessi con il sistema internazionale, visti in
prevalenza sotto l'aspetto politico. Tuttavia,
il Segretario generale delle Nazioni Unite
ha l'obbligo di convocare delle Assemblee
straordinarie su argomenti specifici a richiesta dei due terzi dei paesi membri.
In occasione della riunione dei paesi consumatori di petrolio a Washington, per controbilanciare l'iniziativa americana, il ministro degli esteri della Francia, Jobert, aveva
proposto che alle Nazioni Unite si tenesse
una Assemblea sul petrolio. Tale proposta
f u ripresa dal Presidente algerino Boumediène, che, in qualità di Presidente in cari'ca
del gruppo dei non allineati, depose presso
il Segretario generale una proposta di convocazione di Assemblea straordinaria sulle
Materie Prime con lo scopo di coinvolgere
maggiormente l'interesse dei paesi del Terzo
Mondo e di evitare un conEronto troppo
aperto sul problema petrolifero.
I lavori dell'Assemblea erano suddivisi tra
quattro organi differenti. Mentre alllAssemblea vera e propria i rappresentanti dei vari
governi pronunciavano discorsi programmatici ed avanzavano proposte, una « Commissione ad hoc D, l'unica di questa sessione
mentre solitamente ne vengono costituite
numerosissime, presieduta dal rappresentante permanente dell'Iran alle Nazioni Unite,
Freydoun Hoveida, esaminava i due documenti presentati dal N gruppo dei 77 D. Questo gruppo raccoglie i paesi in via di sviluppo, è i1 nucleo centrale ed iniziale delI'UNCTAD (Conferenza delle Nazioni Unite
per il commercio e lo sviluppo) ed a lui si
deve l'elaborazione dei documenti fondamentali presentati a Santiago nel 1972; è composto attualmente da 97 stati ed aveva presentato, alla apertura dei lavori delllAssemblea, un draft di « dichiarazione per un nuovo
ordine economico mondiale D, ed un programma di azione ». 11 primo documento fu
esaminato dalla Commissione tra il 10 e il
18 aprile mentre il programma di azione fu
analizzato a partire dal 18. La Commissione
ad hoc » creò inoltre, in considerazione delle
proposte di modifica ai due documenti di
base che venivano avanzate nel dibattito in
assemblea generale, un wovking pavty che si
riunì per la prima volta il 17 aprile, gruppo
di lavoro aperto a tutti i paesi. I1 wovking
party lavorò soprattutto su proposte riguardanti speciali misure per mitigare le difficoltà immediate dei paesi in via di sviluppo
colpiti molto seriamente dalla crisi economica, tenendo conto soprattutto dei problemi
dei paesi meno sviluppati (1) e di quelli
(1) Come è noto i K paesi meno sviluppati 2 sono stati
definiti dal Comitato per la pianificazione dello sviluppo dell'ECOSOC (Consiglio economico e sociale delle
Nazioni Unite) nel 1971 e la loro categoria i3 stata
ufficialinente riconosciuta dall'Assemblea dell'UNCTAD
a Santiago. Essi sono: Botswana, Burundi, Dahomey,
Ethiopia, Guinea, Alto-Volta, Lesotho, Malawi, Mali, Ni-
senza sbocco sul mare. I1 tvorking pavty trasmise alla « Commissione ad hoc » una serie
di raccomandazioni presentate da diversi
paesi e riguardanti la creazione di speciali
commissioni delle Nazioni Unite.
Vi era infine un ultimo gruppo di lavoro,
il « Comitato per le credenziali » composto
da nove paesi e che aveva il compito di verificare la legittimità delle rappresentanze
nazionali. I lavori di questo speciale comitato si arenarono sul problema del riconoscimento del Sud Africa. Una proposta del
Senegal tendente a non accettare la rappresentanza sudafricana fu bocciata essendo il
voto risultato pari: Cina, Senegal, URSS e
Tanzania votarono in favore di questa proposta mentre Giappone, Nicaragua, USA ed
Uruguay vi si opposero; la Grecia, ultimo
membro della commissione, si astenne. Si
decise quindi di presentare alllAssemblea
generale la proposta del Senegal.
I1 29 aprile, dopo che l'ultimo dei 101 oratori iscritti a parlare davanti alllAssemblea
aveva pronunciato il suo discorso e dopo la
replica del Segretario generale delllONU Waldheim, la seduta dell'Assemblea fu aggiornata al giorno successivo per poter prendere in esame le conclusioni dei tre gruppi
di lavoro.
11 30 aprile il disaccordo tra il gruppo
dei paesi in via di sviluppo ed i paesi industrializzati, che fino ad allora si era concretamente manifestato solo in sede di commissione, apparve in sede di assemblea e
ne bloccò i lavori. La premessa la si vide
al momento dell'analisi dei lavori del Comitato per le credenziali: una proposta della
Siria tendente alla approvazione delle credenziali di tutti gli stati eccezion fatta per
quelle dei rappresentanti del Sud Africa fu
messa ai voti: ottantasei paesi votarono a
favore della proposta, 15 si astennero (Giappone, Nepal, Nuova Zelanda, Botswana, più
la maggior parte dei paesi latino-americani),
e 26 votarono contro appellandosi al regolamento delle Nazioni Unite e rifiutandosi
di dare un giudizio politico. Votarono contro
tutti i Paesi delllEuropa occidentale, Italia
compvesa, gli Stati Uniti, l'Australia, Israele,
il Malawi, il Brasile, il Canadà ed altri minori. Nel corso della discussione molte critiche si levarono anche contro il Portogallo
(non gli si riconosceva che la rappresentanza
del territorio metropolitano) e contro quella
della repubblica Kmera accusata di non r a p
presentare che 114 del paese.
Ma il fatto più importante fu la rottura
dell'assemblea in due blocchi. Tale rottura
bloccava già da alcuni giorni i lavori della
« Commissione ad hoc » in quanto i paesi industrializzati, guidati dagli USA, si opponevano al gruppo dei 77 soprattutto sulla dichiarazione per un nuovo ordine economico
e sociale. In particolare giudicavano inaccettabile la formulazione del secondo principio
che sancisce il diritto alle nazionalizzazioni
senza fare accenno agli indennizzi. I1 29 apriger, Uganda, Tanzania, Ruanda, Somalia, Sudan, Ciad,
Haiti, Afganistan, Butan, Laos, Maldive, Nepal, Samoa
occidentale, Sikkim, Yemen. Di questi, quindici sono
senza litorale.
3
le la commissione aveva aggiornato i suoi
lavori « sine die » in quanto nessun accordo
pareva possibile e non si prospettavano soluzioni. Solo il primo maggio la « Commissione
ad hoc » adottò N by consensus » i due documenti presentati dal gruppo dei 77, leggermente emendati nelle loro parti meno importanti, documenti che venncro immediatamente trasmessi all'Assemblea unitamente
alle sei proposte trasmessegli dal wovking
pavty più uno schema, presentato dagli
Stati Uniti, per la costituzione di un fondo
di 4 miliardi di dollari per uno speciale programma di aiuto ai paesi in via di sviluppo
particolarmente colpiti dalla crisi economi.
ca. Tale proposta era stata presentata dagli
USA di sorpresa nella giornata del 29 maggio, con la giustificazione che il governo
americano aveva dovuto attendere i risultati
del colloquio Kissinger-Boumediène, svoltosi
ad Algeri, prima di presentare tale proposta.
Questa tesi f u smentita dai rappresentanti
algerini, tra cui il Ministro degli Esteri Bouteflika, i quali definirono tale proposta
K una manovra D tesa a dividere i paesi non
allineati.
I documenti vennero presentati « by consensus » ma questo « consensus » si riferiva
alla modalità di presentazione dei documenti
alllAssemblea generale e non al loro contenuto. Era stato un accordo « i n extremis »
per evitare che l'Assemblea generale si concludesse con un nulla di fatto.
I1 problema venne quindi solo rinviato.
Ed il lo maggio anche l'Assemblea fu obbli.
gata ad adottare i due documenti senza v o t o
cioè a divulgare semplicemente dei documenti presentati dai paesi in via di sviluppo
che mettevano in discussione il potere dei
paesi industrializzati, documenti destinati a
restare negli archivi e non a costituire una
base di azione.
La sesta Assemblea generale straordinaria si è così conclusa con un nulla di fatto,
cioè con l'adozione senza voto della « Dichiarazione su di un nuovo ordine economico
mondiale », del K Programma di azione » con
delle speciali misure per i paesi in via di
sviluppo particolarmente colpiti dalla attuale crisi economica. Tali misure, è da sottolineare per rendere più evidente l'ampiezza
del disaccordo, non sono quelle preconizzate
dalla proposta americana di cui abbiamo
parlato, ma bensì sono contenute in un documento presentato successivamente dalla Siria a nome del gruppo dei 77, documento
le cui linee erano state definite da Boumediène nel suo discorso di apertura.
Infine, dato che il disaccordo di base aveva praticamente bloccato per una settimana
i lavori della cc Commissione ad hoc », e che
questa non aveva quindi potuto esaminare le
proposte del working gvoup, queste ultime invero di importanza secondaria sono
state trasmesse allJECOSOC,il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite, che
era riunito in quei giorni a New York, affinché le valutasse e desse loro eventualmente
un seguito. Una dimostrazione di più del fallimento di questa sessione dedicata alle materie prime, fallimento che può condurre a
delle gravi conseguenze per il commercio
mondiale per i prossimi mesi. Dopo questa
conferenza, infatti, le posizioni dei paesi industrializzati e quelle dei paesi in via di
sviluppo produttori di materie prime si
sono allontanate, favorendo così la possibilità di ricorso, da una parte e dall'altra, a
delle misure drastiche che possono condurre
COMUNI D'EUROPA
4
-
maggio 1974
P
-
su scala più vasta dei periodi simili a quello
della recente crisi petrolifera, come vedremo nella terza parte di questo studio.
I documenti
di vedegià
re, la sesta Assemblea straordinaria delle
N
Nazioni Unite si è
ne '' di
estremamente controversi.
primo e più importante è la dichiarazione
per un nuovo Ordine
enunciazione di 20 principi su a~~
deve esser' foriordine, principi che presupaccettati la
pongono come
diritto
autodeterminazione dei popoli^
acquisizione di territori
la
ltintegrità
e la
interferenza
negli affari interni degli altri stati.
11 primo principio richiama particolarmen.
te l'attenzi0nesui gravissimi problemi dei
paesi meno
di quelli senza sbocco
sul mare e delle isole e sollecita degli aiuti
particolari. 11 secondo principio proclama la
Permanetzte
di
stato
s ~ l l l esue risorse tzdturalt )), sancisce il diritto
di Ogni stato ad esercitare un
effett i sulle
~ ~sue risorse e sul loro sfruttamento
1 nzezzi appropriati alla situazione,
inclusi il diritto alla t z a z i o f l a l l ~ ~ a z i o ned
e
alla e s ~ r o ~ r i a z i o ni en favore d i cittadlfli 20cali E' proprio su questa enunciazione del
diritto alla nazionalizzazione che si è verificata la rottura tra paesi ricchi e paesi poveri,
i primi non volendo accettare questo ~ r i n cipio, i secondi non vo'endo fare delle concessioni sul problema dell'indennizzo.
Anche sul terzo principio il disaccordo è
stato completo. Esso infatto sancisce che gli
stati, territori o popoli che si trovano sotto
l'occupazione straniera, o sotto il dominio
di alleati » o di potenze coloniali, oppure
che sono vittime dell'apartheid (la sottolineahma è
N.d.A.)
« i l diritto alla restituzione ed al rimblirso
totale per lo sfruttamento e
i danni, delle risorse naturali e di
tutte le dtrerisorse di questi stati, territori
e popoli D.
principi riguardano la necessità dj
porre
limiti alle attività delle multinaziOnalil la necessità per i paesi in via di svitutte le loro
luppo di
la necessità che la riforma
sistema
internazionale faciliti
i paesi in via di
e la promozione
tratzsfert di
verso i paesi sottoInfine una serie di principi riguardano il
ed in particolare richiedo110 che s ~ ~ s s i s t'un
a
giusto ed equo raPporto tra i prezzi
materie prime, dei
beni manifatturati e semimanifatturati espor
tati dai paesi in via di sviluppo ed i prezzi
delle materie prime, dei prodotti di base, dei
manufatti C dei beni capitali e delle attrez7ature che loro importano D.
11 documento comprende inoltre una richiesta affinché tutii gli stati membri proclaminO
la loro determina
zione unitaria ad operare urgentemente Per
lo
di un nuovo ordine econe
basato
giustizia,
la sovranità, l'eguaglianza, l'interdipendenza,
l'interesse comune e la cooperazione tra
tutti gli stati, indipendentemente dal loro
sistema politico e sociale ».
11 secondo documento scaturito dalla sesta
Assemblea straordinaria è il programma
d'azione che consiste in « urgenti ed effettive
misure (che) devono essere prese dalla comunità internazionale per aiutare i paesi in
via di sviluppo ». « I1 programma d'Azione m
è suddiviso in nove sezioni che in parte
ricalcano i problemi posti dalla dichiarazione di cui il programma di azione è la
logica conseguenza.
lnnanzitutto il programma concerne i problemi fondamentali delle materie prime e dei
prodotti di base in relazione al commercio ed
allo sviluppo. In questa prima sezione si
insiste in modo particolare sulla necessità
di porre fine alla dominazione ed allo sfruttamento esterni al fine di pervenire ad esercitare una sovranità permanente sulle risorse
naturali. Questa sezione auspica inoltre la
formazione di associazioni di produttori al
fine di poter meglio controllare l'evoluzione
delle ragioni di scambio, e questo soprattutto
in funzione delle importazioni dei prodotti
alimentari di cui hanno bisogno i paesi in
via di sviluppo. Seguono infine delle Taccomandazioni sull'organizzazione del commerci0 internazionale. La seconda sezione si rifeinvece al sistema monetario internazionale ed al finanziamento dello sviluppo
del Terzo Mondo. Essa contiene un certo
numero di obiettivi tra cui delle misure
per frenare l'inflazione nei paesi industrializzati e per prevenirla prima che sia stata
trasferita nei paesi in via di sviluppo, nonche delle misure per eliminare l'instabilità
del sistema al fine di evitare una perdita
di valore delle riserve dei paesi in via di
sviluppo. La terza e quarta sezione si occupano della industrializzazione e del tyans f e r t di tecnologia, mentre la quinta si sofferma sulle attività delle società multinazionali. Vi si richiede la creazione di un
codice per prevenire le interferenze negli
affari interni dei paesi in cui operano le
multinazionali e per impedire la loro collaborazione con i regimi razzisti e con
ministrazione coloniale. s i auspica inoltre
che il codice regoli i problemi di transfert
delle tecnologie all~internodelle
nali, che regoli il problema del rimpatrio dej
profitti e che promuova il ]oro reinvestimento nei paesi in via di sviluppo. La sesta
sezione del programma di azione riguarda la
Carta dei diritti e dei doveri economici degli
stati, elaborata dal N gruppo dei 77 » in accasione della terza UNCTAD e da questa adot.
tata: se ne auspica l'adozione da parte dell'Assemblea generale nel corso della sua prossima sessione ordinaria (settembre-dicembre 1974). Nella sezione seguente, a proposito della cooperazione tra paesi in via di
sviluppo, si auspica la creazione di meccanismi per la difesa del livello dei prezzi:
in questo contesto l'incremento effettivo
della mobilitazione delle loro risorse naturali, da parte di tutto il gruppo dei paesi
esportatori di petrolio, a beneficio del loro
sviluppo economico, è il benvenuto
così
si legge nel programma. E di seguito nello
stesso tempo è di primaria importanza una
cooperazione tra i paesi del Terzo Mondo
rapido sviluppo e con il più grande
per
di solidarietà possibile per assistere
i paesi in via di sviluppo a far fronte agli
immediati problemi che si pongono a causa
di questa legittima e perfettamente giustificata azione ». L'ottava sezione si occupa del
problema del controllo delle risorse naturali
mentre la nona conclude il Programma di
Azione con l'elencazione di un certo numero
di misure per rafforzare il ruolo del sistema
)),
delle Nazioni Unite nel campo della cooperazione economica internazionale.
I1 programma speciale di misure di emergenza per mitigare le difficoltà dei paesi
sottosviluppati particolarmente colpiti dalla
crisi economica conclude i documenti adottati dal17Assembleaed interviene come appendice al Programma d'Azione. Questo p r e
gramma speciale che dovrebbe protrarsi « il
più a lungo possibile almeno fino alla fine
della Seconda Decade dello Sviluppo » prevede in primo luogo che il Segretario generale delle Nazioni Unite dovrebbe K lanciare una operazione di emergenza al fine di
procurare delle tempestive risorse ai paesi
in via di sviluppo particolarmente colpiti
dalla crisi allo scopo di mantenere costanti
le loro importazioni necessarie per almeno i
prossimi 12 mesi ». I1 programma prevede
inoltre 12 tipi di speciali misure che si possono prendere: accordi commerciali su basi
favorevoli, dilazioni di pagamento per le importazioni essenziali, aiuti in merci, ivi compresi aiuti alimentari, sotto forma di doni
oppure di dilazioni di pagamento in moneta
locale, crediti a lungo termine ai fornitori a
condizioni favorevoli, aiuti finanziari a lungo termine, emissione di diritti speciali di
prelievo a particolari condizioni, instaurazione di un legame tra la creazione di diritti
speciali di prelievo e aiuto allo sviluppo,
rinegoziazione del debito estero, caso per
caso, in vista di concludere degli accordi
sulla cancellazione del debito, oppure su di
una moratoria O di un rinvio a nuovo ruolo,
sussidi per le spese di trasporto e di transito
specialmente per i passi senza litorale, ecc.
I1 programma speciale si conclude quindi
con delle richieste al Fondo Monetario Internazionale, alla Banca Mondiale ed al UNPD
(Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo) circa altri sussidi specifici da concedere ai paesi meno sviluppati.
Lo scontro Paesi sottosviluppati-Paesi
industrializzati
Abbiamo visto che le posizioni dei paesi
in via di sviluppo e quelle dei paesi industrializzati si sono scontrate e non hanno p@
tuto trovare un punto di incontro nei documenti presentati dal gruppo dei 77. Eppure il contenuto dei documenti in questione
non era affatto nuovo ed i paesi industrializzati potevano conoscerne il contenuto aimeno a grandi linee ben prima dell'inizio
delllAssemblea. Infatti i documenti del gruppo dei 77 non fanno altro che riprendere le
posizioni già espresse nella «Dichiarazione
e principi del programma di azione di Lima 2
adottate dal gruppo alla seconda riunione
ministeriale tenutasi a Lima nel novembre771
in preparazione alla terza UNCTAD e riprese
da quest'ultima. Inoltre i documenti sud
detti riprendono quasi testualmente la Dichiarazione Economica adottata al vertice
dei paesi non allineati, tenutosi ad Algeri
lo scorso settembre; in particolare, la seLione sette della Dichiarazione Economica
sulla « sovranità e risorse naturali contiene
espressi ancor più duramente i principi sul
diritto dei paesi in via di sviluppo di procedere alle nazionali~zazionied alle espropriazioni K in conformità alle leggi nazionali dei
singoli stati ». Sono documenti noti, che
erano già stati all'origine di forti divergenze
tra i due blocchi (ricordiamo tra l'altro il
fallimento dell'UNCTAD di Santiago in cui
vi fu una frattura anche all'interno stesso
maggio 1974
COMUNI D'EUROPA
5
dei paesi in via di sviluppo) e che a maggior
ragione hanno catalizzatc le posizioni a New
York, data l'attuale situazione economica
mondiale. I pacsi in via di sviluppo infatti,
con l'cccezioiie di alcuni dei paesi esportatori
di petrolio, si trovano iii una situazione
draiilinalica, scnsibilincntc pcggiorc chc iil
passato c cile, seconuo le previsioni degli
esperti della Banca Mondiale e d d l i ' U N C ' l ' ~ ~ ,
si degraderà ancora nei prossimi anni. Dall'altra si trovano i paesi industrializzati che
devono affrontare una crisi economica molto
grave da cui sono esenti solo gli Stati Uniti
cd in parte ia Germania e che cercano una
via di uscita all'impasse in cui si trovano,
Yeinbra quindi opportuno analizzare la si.
tuazione reale dei paesi in via di sviluppo.
L'assemblea era stata convocata per discutere del problema delle materie prime. Ora,
quando si parla di materie prime si pensa
automaticamente ai paesi in via di sviluppo
in quanto le loro esportazioni sono costituite
principalmente, per l'appunto, di materie
prime. Ora, negli ultimi tempi i prezzi delle
materie prime sono saliti talvolta in modo
vertiginoso tanto che le ragioni di scambio
tra di cssc ed i prodotti manifatturati sono
rimasti immutati nel corso del 4" trimestre del 1973 in rapporto alla media del 1950.
Ma, come ha fatto notare il Segretario generale delle Nazioni Unite Kurt Waldheim,
«sembra che i prezzi delle materie prime
esportate soprattutto dei paesi in via di sviluppo siano aumentate di meno che le materie prime che occupano una parte importante nelle esportazioni dei paesi industrializzati ».
11 punto fondamentale che sovente viene
dimenticato è che infatti la maggzor parte
delle esportazioni di materie prime proviene
dai paesi industrializzati. Nel 1973, ad esempio i paesi in via di sviluppo hailno esportato solo il 38% delle materie prime esportate nel mondo, mentre i paesi industrializ~ a t ne
i hanno esportate il 55%, il 7% essendo coinmercializzato dai paesi comunisti.
Inoltre non bisogna dimenticare che le materie prime di molti paesi del Terzo Mondo
sono controllate da grandi compagnie multinazionali oppure semplicemente straniere.
Per fare un esempio attuale, collegato con
Presso l'aula consiliare della Provincia di Cagliari, il 23 febbraio scorso, si sono tenuti
il recente colpo di stato, lo sfruttamento i lavori per la costituzione della Federazione regionale delllAICCE. Al termine della seduta,
dell'uranio del Niger non è controllato da cui hanno partecipato Sindaci di tutta l'Isola, è stato approvato il regolamento della Fedequesti che per il 14,66% il resto essendo sotto razione ed è stata eletta la Giunta Esecutiva. Nelle foto: ( i n alto), d a sinistra, Gianfranco
Putzu presidente della Provincia di Nuoro, Antonio Romagnino i n rappresentanza delllAEDE,
controllo della Francia, del Belgio, della Ger- Raffaele Gallus presidente della Provincia d i Cagliari, Aurelio Dozio i n rappresentanza delmania e delllItalia (tramite 1'Agip Nucleare)
I'AICCE, Franco Murtas sindaco d i Cagliari, Guido Spina assessore al lavoro della ReInoltre la commercializzazione delle materie gione, Giuseppe Usai i n rappresentanza del MFE; (itz basso), i n primo piano, il professor
prime è strettamente controllata sul mercato Iginio Cossu, l'avv. Piero Soggiu, l'on. Mariano Pintus, il sindaco di Ortacesus Luigi Pisano e il sindaco di Villacidro Francesco Matta.
internazionale da trusts finanziari occidentali ed i prezzi dipendono in larga misura
dalla speculazione che opera sulle borse mer- il 6,1°/0. Per il Piombo le proporzioni sono Quanto poi ai principali prodotti manifatturati che essi importano, negli ultimi cinque
ci mondiali, Londra e New York in partico- rispettivamente del 47,S0h e del 9,8%, per
lare. Se si considerano, infine, le sei materie la Bauxite del 64,4Ob e del 38%, per lo Sta- anni si sono verificati i seguenti aumenti:
il prezzo dell'acciaio è aumentato di 3 volte,
prime considerate come strategiche, ecce- gno del 47,2010 e del 23,3%, e per il Rame
quello del cemento di 4, quello dei trattori
zion fatta per il petrolio, si vede che, consi- del 39,1% e del 29,6% infine per lo Zinco del
55,2Oh e del 10,9%. I1 resto della produzione di 2. Infine il prezzo dei concimi chimici è
derando solo i maggiori produttori, i paesi
raddoppialo tra il mese di giugno '72 ed il
in via di sviluppo, che hanno il controllo proviene dai paehi corilunisti u da al11i paesi
settembre '73. Come ha fatto rilevare il preche
ne
producono
quantità
minime.
effettivo delle loro risorse, non controllano
Se si considerano inoltre le materie pri- sidente algerino Boumediène nel suo discor.
nessuna materia in modo sensibile: il 92,1%
me ed i prodotti di base importati massic- so inaugurale, « p e r i 25 paesi che sono clasdella produzione di Uranio del mondo occi.
ciamente dai paesi in via di sviluppo, si sificati dalllONU nella categoria dei paesi
dentale è controllata dai paesi industrializ- constata che la situazione è ancora peggiore.
meno sviluppati, l'effetto del rincaro dei prozati o ad essi assimilati (2), mentre i paesi
I1 prezzo del grano è raddoppiato dal lu- dotti alimentari sulla bilancia dei pagamenti
in via di sviluppo (3) non ne producono che glio 1972 al luglio 1973 ed è quasi raddoppiato è del 70°/o superiore all'effetto dell'incremento
nel corso dell'ultimo semestre del 1973; il dei prezzi del petrolio n.
(2) In questa categoria sono inclusi Canada, Stati
Questa è la situazione attuale. E per l'avprezzo dello zucchero si è quadruplicato in
Uniti, Guyana Britannica, Grecia, Sud Africa, Giamaica,
venire le previsioni non sono meno pessimimeno di tre anni; l'incremento del prezzo
Messico, Surinam, Filippine, Australia, Giappone, Malesia, Thailandia, CEE.
del grano e del riso ha comportato un au- stiche: gli esperti delllUNCTAD prevedono in(3) Peru, Bolivia, Cile, Zambia, Gabon, Niger, Guinea,
Indonesia.
mento della spesa dei paesi in via di sviluppo fatti che nel 1974 il prezzo medio del rame
Fonte: Annuaire des Minerauu ei Métaux 1972, citato
di circa 7 miliardi di dollari rispetto al '71. potrebbe scendere del 16Oh rispetto al 1973,
da Le Monde » ed elaborato dall'autore.
Costituita la Federazione regionale sarda dell'AICCE
COMUNI D'EUROPA
6
--
.
--
-
.
p
-
-
p
p
~
p
~
che il prezzo tlel ferro, pur rimanendo costante nel 1974, a causa dei contratti a lungo
termine slipulaii negli anni prcccdenLi, scenderà nel 1975, che, sempre ncl 1974 si verificherà una cad~ita dei prczzi del caucciì~,
dei semi oleosi. del cuoio, delle fibrc tessili
e dei concimi nat~iraliincntrc i prczzi del
grano, dello zucchero c del riso aumcntcranno Pino al 506.0 rispetto al '73.
Uno s t ~ ~ d iciella
o
Banca Mondiale pubblicdto di recente conlerma queste ipotesi e
prevede un progressivo detcrioramcnto dclle
ragioni di scambio per i paesi in via di sviluppo nci prossimi anni. Gli esperti della
BIRD (Banca intern~izionalcper la ricostruzione e lo sviluppo) hanno suddiviso questi
paesi, cscludcndo i paesi produttori di petrolio, in tre categocie; paesi a d alto reddito', a
reddito mcdio ed a basso reddito ed hanno
elaborato due ipotesi di andamento delle
ragioni di scambio, una ottimista ed una
pessimista.
Secondo la prima ipotesi, le ragioni di
scambio dei paesi ad aalto reddito » subiranno un deterioramento del 169'0, quelli a
reddito medio del 19% e quelli a basso red.
dito del 20%. Secondo l'ipotesi pessimista
invece, il deterioramento sarà rispettivamente del 29, del 30 e del 44 per cento. Come si vede i paesi in via di sviluppo si trovano in una situazione particolarmente difficile per cui la loro attitudine estremamente
dura nei confro'nti dei paesi industrializzati
è comprensibile. Inoltre a questo tipo di
atteggiamento hanno contribuito non poco,
a nostro avviso, la tensione e le divisioni esistenti nel campo dei paesi in via di sviluppo.
A questo proposito, due fattori devono esscre messi in evidenza; le conseguenze dell'aumento del prezzo del petrolio e del rif i ~ i t odei pacsi esportatori, ed arabi in primo
luogo, di concedere dei prezzi preferenziali
ai paesi del Terzo Mondo, ed il tentativo
arabo, algerino in particolare, di assumere
la leuderslzip del Terzo Mondo.
L'aumento del prezzo del petrolio ha messo
in difficoltà i paesi in via di sviluppo non
meno dei paesi industrializzati, anche se la
gravità della loro situazione, come abbiamo avuto modo di vedcre, ì: dovuta soprattutto all'accumularsi di due fatto'ri negativi,
il prezzo del petrolio e l'aumento delle materie prime e dei prodotti manifatturati che
essi importano. I1 rifiuto da parte dei paesi
produttori di concedere delle tariffe preferenziali e la costituzione da partc araba di
una banca per lo sviluppo con scarsi fo'ndi disponibili ha aggravato le tensioni che esistevano tra i paesi in via di sviluppo e che,
apparse in modo quasi drammatico a Santiago', si erano riproposte al vertice dei non
allineati ad Algeri. Queste divergenze si sono
protratte fino all'inizio dell'Assemblea sulle
materie primc tanto che solo 1'8 aprile il
gruppo dei 77 si era trovato d'accordo in
extremis per presentare due documenti comuni che non facevano altro che ricalcare
le loro precedenti dichiarazioni. I1 problema del petrolio ha rimesso pure in discussione il tentativo di leadership del Terzo
Mondo che il Presidente algerino Boumediène persegue da tempo', tantopiu che l'Algeria è stata uno dei paesi più duri, insieme alla Libia, ncll'opporsi ai prezzi preferenziali. In questo quadro meglio si capisce il motivo per cui è stato pro'prio Boumedikne a proporrc la convocazione delI'Asscmblea allargandone il campo dal petrolio al problema dclle materie prime. E si
può dire che il suo tentativo di ricuperare
Ic posizioni pei-dutc sia in parte riuscito.
Come commenta\.n « Lc Mondc » prima della
apcrtura dei Iavoi.i, « appare cvidente chc
(BouinediCnc) Irirà tli Lutto 1 x 1 ' poi-si come
leader del Tci-zo Mondo. E' vci-o che q ~ i e s t o
posto L; vacante dopo la scomparsa di Nehr~i,
Nasscr e Sukarno ma si prcvecic che difficilmente gli altri paesi poveri accetteranno
questa lradership algeriria. Già fin da ora
sono apparse delle forti tensioni tra i paesi
non allineati non foss'altro chc nella definizionc della posizione cornunc chc essi devono
adottare nel corso della sessione » (4).
Contrariamente alle previsioni, invece, i
pacsi in via di sviluppo hanno sostenuto a
fondo il documento da loro presentato e la dichiarazione, citata più sopra, di appoggio alla
politica dei paesi dell'OPEC ( 5 ) , deve essere
considerata come un fatto politico di notevole
Col tempo ... l'Europa sarà sempre
meno capita nei suoi aspetti positivi,
a meno che in essa mo'lte cose non mutino in modo radicale, rapido ed escmplare. La generazione dei Nerhu e dei
Senghor sta lentamente passando; spariscono i vecchi rivoluzionari come
Manvendra Nath Roy, che un ternpo
dirigeva il Dipartimento orientale del
Corilintern, ma si trovava di casa in
Germania, in Francia o in Svizzera
(come Lcnin, del resto); difficilmente
altri Panikkar soppeseranno con tanta
serenità il pro e il contro della dominazione europea in Asia. Rimarrà l'ombra dei delitti: sempre che gli europei,
dicevo, non rompano, a cominciare
dal loro stesso continente, col loro
passato, non di rado assai prossimo, e
non siano capaci di compiere una rivoluzio'ne demo'cratica - quella rivoluzione che è stata auspicata più che
iniziata dalla Resistenza e interrotta,
in ogni caso, dai restaurati nazionalismi -, sciogliendosi dalle attuali contraddizioni ».
«
dalla relaziotze politica d i Serafini
« L ' E u r o p a degli europei, strada maestra per la pace », al ZV Congresso
nazionale de1I1AICCE (13-15 novembre 1961), che ai problemi del rapport o tra Europa U ~ . ~ i teu Terzo nzo~zdo
dedicava larga parti:.
rilievo: la spaccatura dei paesi in via di sviluppo su cui tanto si profetizzava nelle capitali occidentali non solo non & avvenuta
ma al contrario sembra che si siano poste
le basi per una loro nuova politica comune.
Certo non bisogna sottovalutare a questo
proposito e gli errori commessi dagli europei, incerti tra la paura di aggravare la
loro posizione nei confronti degli Stati Uniti
ed il desiderio di aprire in modo costruttivo
ai paesi del Terzo Mondo su cui sperano
per la loro ripresa economica, e la posizione
americana che ha acuito le divergenze im.
pedendo così una qualsiasi possibilità di
intesa. Appare quindi ovvio che i paesi in
via di sviluppo, dopo anni di frustrazioiii,
viste inutili le speranze riposte nei paesi
industrializzati, abbiano preferito appoggiare la posizione araba e dei paesi espo'rtatori
di petrolio sperando se non altro in questi
per degli aiuti reali in futuro.
Abbiamo accennato alla posizione tenuta
dai paesi industrializzati nel corso dell'Asm Le .Monde D, 7-8 aprile 1974, pag. 1.
(5) Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio.
(4)
---
maggio 1974
semblea ed è opportuno soffermarcisi sopra
un atlimo. Come abbiamo già avuto modo di
mettere in evidenza, la posizione degli USA
i: stata particolarmcntc d ~ i r adurante tutto
lo svolgimento dei 1avoi.i. Sc nei lavori delle
corniriissiotii i rappi-esentanti an~ei.icaiiisollevavano conlin~ic obiezioni sui doc~imcnti
presentati dai paesi in via di sviluppo, il
discorso di Kissinger fece apparire pubblicamente l'intransigenza del suo governo. Nel
s ~ i odiscorso il segretario di stato americano ha ribadito il netto rifiuto a dclle modifiche Fondamentali nelle relazioni tra paesi
ricchi c paesi poveri. Egli ha cioè sostcnuto
che il sistema quale ì: va bene e non ha
bisogno che di qualche revisione in alcuni
meccanismi secondari. La politica americana
considera sempre come miglior soluzione ai
problemi dello svil~ippo il ricorso all'aiuto
interliazionale (ed in questo quadro si capisce
meglio la proposta avanzata il 29 aprile e
che destò tante polemiche), ma tale aiuto
può sparire se i paesi poveri esercitano
« politiche di pressione o minacce D. Politiche
di questo tipo, inaccettabili per gli USA,
sono ad esempio « l'organizzazione di un
gruppo di paesi come blocco n, le decisio'ni
unilaterali di modifiche dei prezzi, ecc. Il
discorso di Kissinger è stato seguito da numerosi interventi del rappresentante aine.
ricano alle Nazioni Unite John Scali, che in
chiusura dei lavori, ribadendo l'opposizione
americana ai documenti presentati dal « gruppo dei 77 » ha sottoliiieato clie « gli USA
non possono accettare l'idea di associazioni
di produttori come mezzi idonei alla promo.
zionc dello sviluppo o'ppure allo scopo di
fissare un rapporto tra i prezzi delle importazioni e quelli delle esportazioni )). Tutti
questi sono, secondo Scali, tentativi artificiali per guidare i mercati che igno'rano
le realtà economiche ed i legittimi intcrcssi
dei consumatori così come dei pro'duttori ».
In poche parole l'ordine esistente non deve
essere rimesso in discussione perché è il
migliore anche per i paesi in via di sviluppo.
Non pensiamo di dover richiamare l'attenzione del lettore sui brillanti risultati che
il sistema ha ottenuto negli ultimi anni
soprattutto per i paesi in via di sviluppo.
Ma ritorneremo sul problema in seguito.
La posizione aniericana tuttavia trova la
sua origine nella posizione di forza in cui
gli Stati Uniti si sono venuti a trovarc dopo
la crisi petrolifera. Infatti, dopo l'ottobre
1973, vi è stato un capovolgimcnto radicale
delle posizioni nello scenario mondiale rispetto al decennio precedente, con la restaurazione della supremazia americana, l'affermazione dei paesi arabi e mediorientali
esportatori di petrolio come potenza economica di rilievo mondiale e In crisi delllEuropa e del Giappone. Una rottura tra USA
e pacsi in via di sviluppo obbliga l'Europa
e gli altri paesi occidentali a fare una scelta
chiara per uno dci due campi, cioè per la
posizione americana favorendo così il disegno di Nixon di costituire un fronte unico
dei paesi consumatori di petrolio e di controllare più efficacemente la politica europea.
Questa politica americana è stata comunque facilitata dalla debolezza della po'sizione
della CEE. I paesi della CEE si sono presentati a New York, dopo aver consultato
la Commissione, con un piano che, bisogna
riconoscerlo, non era molto dissimile dalle
proposte americane. La CEE si è dichiarata
disposta a partecipare al riaggiustamento
dei prezzi delle materie prime esportate dai
niaggio 1974
paesi in via di sviluppo, si è dicniarata
p w n ~ a a con~ribuii-e ililanziariainente in
loru lavurc (e noia la ~Jl'opoSIii avanzala
uai Luinmissarlo aiio sviiuppo Lneysson su
cti uii coiirriouto
a iavore aei pacsi 111
via C i 1 Sviluppo ui 3Ud milioni ui dollari)
rlia L U I L O eio a conUiLioilc cnc i paesi prouu~coricii ~ L L I ' ~ J ~ eI Uui n~aterieprime ilon
1isS1110 i prezLi inettenao in pericolo i ecoiiuiilla ueii curopa. Il minlsLro uegii esteri
t ed esco bcneel, a nome della Lomunila, lia
proposto un piano in cinque punu: sLaoiIITC UCIIC rciazioili intei'nazionaìi basale suiia
Liuucia, costituire un consiglio dei saggi che
S~aOil1sCa I kondamenti e gli strumeii~iui
uila nuova suategia di cooperazione interiiazionaie, ratrorzare le strutture iinanziarie
ui aiuto ai lerzo 1Vlondo già esistenti, stipulare aegii accordi sulle materie prime, cosLruire nei paesi in via di sviluppo delle
indusLrie di trasformazione delle materie
primi-.
f i u o meno analoghe sono state le proposte avanzate in seguito dai rappresentanti
dei paesi europei i quali hanno tutti presentalo a loro vo'lta dei piani in cinque o
sei punti. IVla tutte le proposte avevano una
carat~eristica in comune: la salvaguardia
pura e semplice degli interessi ciell'Europa,
o quantomeno degli interessi considerati come essenziali per l'Europa, mentre mancava
totalmente una visione chiara e realistica
della nuova realtà internazionale.
Le posizioni sostenute dai rappresentanti
deila LEE non hanno avuto altro effetto
che confermare i paesi in via di sviluppo
nella loro diffidenza verso di essa e nel
dimostrare ancora una volta che l'Europa,
pur essendo il maggior mercato di materie
prime del mondo, non costituisce un partner
effettivo, non rappresenta un'alternativa di
fronte all'incontrastato dominio USA.
Come dicevamo, il discorso dei rappresentanti della CEE è stato un discorso vecchio
nel suo contenuto che si è cercato di far
passare per nuovo ed altruista. Non si è
negato infatti che « i n passato » vi fossero
delle ingiustizie nel sistema mondiale, ma
si è soprattutto parlato delle ingiustizie che
i paesi in via di sviluppo rischiano di fare
ai paesi industrializzati. Così si è cercato
di rendere responsabili i paesi del Terzo
Mondo dell'economia mondiale, falsando i
termini del discorso (non è inutile ricordare
a questo proposito quanto detto in precedenza sul controllo delle materie prime!).
Si è proposta una consultazione tra stati a
livello di parità. Ma è realistico pensare che
gli USA accettino di trattare da pari a parj
con i paesi in via di sviluppo? E se anche
ne fossero intenzionati, questo equilibrio è
impossibile perché in contrattazioni co'si concrete non si può prescindere dalla reale potenza economica. Ed infine gli Stati Uniti,
e l1Euro,pa,hanno dichiarato che il sistema
non deve essere modificato.
Un discorso particolare meritano le varie
proposte avanzate dai rappresentanti della
CEE in materia di prezzi. Jobert ha propostu
che i «prezzi si stabiliscano in modo omogeneo e che siano fondati su dei dati irrefutabili sufficientemente obiettivi, come il
valore d'uso per la domanda, costo di sviluppo per l'offerta, confronto con i prodotti
di sostituzione e previsione a lungo termine
dell'offerta e della domanda ». A nessuno sarà
sfuggita l'estrema indeterminatezza di questa
proposta, nonché il fatto che se si tenesse
conto di questi parametri, il prezzo del petiolio offerto dall'Algeria, ad esempio, im-
COMUNI D'EUROPA
pegnata a fondo in una costosissima politica
di sviluppo, dovrebbe essere almeno 10 volte
il prezLo attualc. Oltre a questa specifica
proposta tutti gli oratori hanno parlato di
prezzi equi e giusti. Ma su che base devono
csserc cqui e giusti! Lo sono quando non
mcttono in difficoltà i1 sistema cioè quando
non sono troppo elevati per i paesi industrializzati. In altre parole, i paesi industrializzati
che lianno finora controllato tutti i prezzi
e che controllano ancora i prezzi della maggior parte delle materie prime, oltre natu.
ralmente ai prezzi dei prodotti manulatturati, cercano ora di perpetuare questo controllo facendo valere la loro aspirazione ad
un nuovo mondo, ad un nuovo sistema che
nella sostanza non differisce in nulla da
quello attuale. Un'ultima obiezione ancora,
tra le tante che si potrebbero avanzare:
come si può pensare che sia possibile ottenere un equilibrio nel sistema mondiale dei
p r e ~ z iquando i prezzi delle materie prime
esportate dai paesi del Terzo Mondo sarebbero fissati dai governi magari con la partecipazione dei governi occidentali, mentre i
prezzi dei prodotti manifatturati non pos.
sono essere fissati che dalle industrie?
Come abbiamo avuto modo di vedere, appare logico che i paesi in via di sviluppo,
di fronte a questi « vaneggiamenti » (così
sono stati definiti dalla stampa del Terzo
Mondo) di fronte alla totale incomprensione
delle dimensioni effettive del capovolgimento economico, politico ed ideologico causato
7
dalla crisi del pctrolio nei paesi in via di
sviluppo, abbiano ritrovato unità di azione
e si siano opposti fermamente e, si può dire,
per la prima volta ai tentativi mistificatori
condotti dai paesi industrializzati. La sesta
Asscmblca straordinaria dcllc Nazioni Unite
sulle matcric prime quindi si è conclusa,
secondo noi, con una maggiore presa di coscienza da parte dei paesi in via di sviluppo
che lorse per l'ultima volta avevano riposto
dclle speranze di dialogo nei paesi indu
strializzati.
Per l'Europa ì: stala una cniiesima sconlitta: ma non poteva essere altrimenti, vista
la situazione fallimentare della Comunità e
l'ostinazione degli uomini politici dei vari
paesi europei a voler risolvere sul piano
nazionale la crisi economica che ha colpito
il vecchio continente. Dal loro punto di vista,
gli Stati Uniti ne sono usciti vittoriosi cssendo riusciti a coinvolgere la CEE nella
loro strategia. I1 futuro non si prospetta certo
roseo. Non possiamo farci illusioni sulla
disponiblità dei paesi del Tcrzu Mondo nei
confronti dei paesi industrializzati, e tan
tomeno delllEuropa, tantopiù che probabilmente gli stessi pacsi produttori di petrolio
dovranno tenere conto di questa nuova unità
di azione dcl Terzo Morido nelle luture trattative, in primis nell'incontro euro-arabo
previsto per il prossimo autunno.
P.S. - In questo studio non si C Patto cenno alle posizioni soslenute dall'URSS, dalla Cina e dai paesi dell'Europa orientale in quanto la loro partecipazione non
b stata particohrrnente rilevante.
Per un Mediterraneo democratico
di Adachiara Zevi
Si è svolto a Milano il 3-4 maggio, nella
sede dell'Assolombarda, il convegno « Cooperazione e sviluppo nell'area mediterranea n,
organizzato dalllIstituto Affari Internazionali
di Roma in collaborazione con la Commissione delle Comunità. Hanno preso parte ai
lavori rappresentanti di 18 paesi arabi, mediorientali ed europei. Grandi assenti I'URSS,
come hanno messo in evidenza alcuni oratori
arabi, la FIAT e la Montedison. Queste due
società, che avevano programmato un intervento ufficiale, hanno poi limitato la loro
partecipazione alla semplice presenza.
I1 convegno, intervenuto a pochi giorni
dalla fallimentare conclusione dell'assemblea
straordinaria delllONU sulle materie prime,
si proponeva di valutare le possibilità concrete per l'Europa di mettere in atto una
politica di sviluppo che coinvolga i paesi
arabi. Come ha messo in evidenza il relatore
del convegno Claude Cheysson, Commissario europeo per lo sviluppo, i paesi in via
di sviluppo ricercano uno stabile e remunerativo mercato per le proprie esportazioni
di petrolio, materie prime e prodotti agricoli,
col fine di trarre vantaggio dalle proprie
risorse per industrializzarsi. Dall'altra parte
i paesi industrializzati hanno necessità di
stabilizzare il flusso di materie prime dalle
quali dipendono e di superare i problemi che
l'iperindustrializzazione pone a livello di
manodopera e di inquinamento. Questa identità di interessi vale a maggior ragione tra
YEuropa e i paesi arabi: l'Europa è il più
grande mercato commerciale del mondo; la
la sua economia dipende dall'importazione
di materie prime; per la sua eccessiva frammentazione non corre il rischio di diventare
troppo rilevante come peso politico; la vicinanza geografica facilita i rapporti tra le
due aree; un poderoso sviluppo dell'area
mediterranea rappresenta un ottimo sbocco
per le csportazioni di manufatti europei.
La possibile cooperazione euro-araba si
pone a duc livelli: quello politico e quello
più strettamente economico. Sul piano politico il rapporto può porsi solo in termini
di cooperazione globale e di partnership
tra eguali. Uno sguardo all'attuale situazione
della Comunità è però sufficiente per rendersi conto che siamo ancora lontani da
questo obiettivo. Una delle ragioni, certo
non secondaria, di questa situazione è rappresentata dalle crisi interne ai vari paesi
che compongono la Comunità e dalla volontà
di superarle ricorrendo a soluzioni nazionali.
L'unica presa di posizione politica dell1Europa comunitaria negli ultimi mesi è stata la
dichiarazione del 6 novembre 1973 a Bruxelles
dei 9 governi europei a proposito delle 1-isoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU
n. 242, 338, 339, 340, relative alla restituzione
di tutti i territori occupati da Israele nella
guerra del 1967. Per il resto, l'interesse europeo verso i paesi arabi si t: limitato alla
ricerca affannosa di petrolio, da concretizzarsi attraverso rapporti bilaterali. Ricordiamo tutti, all'indomani della guerra d'ottobre,
l'ininterrotto pellegrinaggio dei vari ministri
e capi di governo europei, da Jobert, a Moro,
a Brandt, presso i capi di governo arabi.
Gli arabi invece hanno sempre guardato
con simpatia e speranza alllEuropa unita,
basti pensare alle dichiarazioni del presidente algerino Boumediène e alle varie proposte di smilitarizzazione dell'area mediter-
maggio 1974
COMUNI D'EUROPA
P
-
ranea. Ma queste speranze sono state finora
uisattese, come Ilunilo laLLo rilevare al coilvegno gli interventi ciegli arabi, m particulare quelli aci ministro deii'ccononiia Lunlsino Chealy Hyari. Uucsti ha a ~ f c r n l a ~ o
«hanno piu Iiu~icia iicli'buropa g11 arabi
Promossa da alcune Organizzazioni cridegli europci slessi ». 'lutti gli intci-vcn~i stiane europee (particolarmente il Gruppo
arabi hanno intatii iiisistito sulla ileccsslra di studi cristiani per l'unità europea, il Ceriche alla cooperazione economica prececia tra ecumenico di Bruxelles per la chiesa e
quella politica allmche essa possa attuarsi
la società e l'ufficio cattolico d'informazione
r1.a aree politicamente inregrate (quella eu- sui problemi europei) si è svolta a Londra
ropea ma anche quella araba). bu ques~o dal 16 al 20 aprile la Conferenza ecumenica
punto hanno iiisis~irosia il proicssor ~ o u - sul tema «Cristiani di fronte alla Comunità
iros Ghali, Uell'Universita ciel Cairo, sia i1 europea D. L'iniziativa ha raccolto oltre 200
prof. Sayeg, In rappresentanza del150YeC. partecipanti, comprendenti parlaiiientari, sinUuest'ultimo ha detto esplicitamente che
dacalisti, econo'misti, esperti di problemi
i'curopa unita ueve rappresentare per gli
educativi e culturali, rappresentanti delle
arabi ia « l'erzu v ~ u che permetta di su- istituzioni della Comunità europea, teologi.
perare il aominio delle due superpotenze La Conferenza si è articolata in quattro grupriel l\ilediterranco.
pi di studio dedicati rispettivamente a: 1) le
Alla richiesta precisa di volontà e di im- scelte dell'avvenire politico e sociale nella
pegno per scelte politiche I'Euro'pa ha ri- Comunità; 2 ) la Comunità europca c l'ordine
sposto a questo convegno con quaicne pro- mondiale; 3) la Comunità europea e i Paesi
posta a hvello economico. In particoiare
in via di sviluppo; 4 ) le dimensioni e le im1Vlarcelio Colitti, capo aeii'ufficio Studi Eco- plicazioni culturali e spirituali della costrunomici dell'EN1 ha ipotizzato un moueiio
zione europea.
di sviiuppo per Y paesi del Mediterraneo che
Ncll'assemblea plenaria di apertura, l'olanprevede un aumento del reddito nazionale
dese Kohnstamm, presidente delllIstituto unilordo medio annuo di questi paesi ael 12%.
versitario europeo a Firenzc, C il prof. LaCiò comporta l'acquisto da parte araba ui
drière, delllUniversità di Lovanio, avevano ribeni, capitali e servizi europei, destinati allo
chiamato l'attenzione degli intervenuti, con
sviluppo, pagabili in petrolio e materie pri- approc'ci assai diversi, ma con concezione
me. Questa proposta è stata giudicata con
unitaria, sugli obiettivi della Conferenza e
estremo interesse da parte degli interlocu- sul filo conduttore che univa la riflessione
tori arabi e più precisamente dal ministro
dei quattro gruppi di lavoro. Non poteva
Ayari che lia però fatto rilevare l'inadegua- mancare una vigorosa denuncia della crisi
tezza del tasso di sviluppo previsto.
attuale della Comunità europea, ma non liCneysson ha illustrato due progetti per
mitata agli aspetti più appariscenti e confavorire la cooperazione economica eurct
giunturali di essa, bensì trasferita più a
araba: la creazione di un segno monetario
mo'nte in quelli che sono le radici culturali
di prestito comunitario », slegato dalle sin- e i giudizi di valore sul processo d'integragole monete nazionali e quindi molto stabile, zione europea. Kohnstamm ha insistito sulla
per garantire l'afflusso di valuta pregiata dai
necessità che l'Europa rimediti con franpaesi arabi alllEuropa; ed inoltre la creazio- chezza i suoi obiettivi di fondo e il suo sine di un sistema di garanzie comunitarie per
gnificato riella storia umana. La preoccupasottoscrivere progetti multinazionali nei pae- zione per un'efficicnte produzione di beni
si arabi. Queste due pro'poste non rappresen- materiali, vista come una delle finalità della
tano in realtà granché di nuovo: del segno
costruzione europea subito dopo la guerra,
comunitario se ne parla ormai da anni senza non fornisce più una motivazione sufficiente.
che siano stati compiuti concreti passi in Gli europei vogliono oggi qualcosa di più
avanti; quanto al sistema di garanzie esso e di diverso, più giustizia interna, più eguarivela fino in fondo la poca fiducia ed il poco glianza nei rapporti internazionali. Per queslancio degli operatori europei nei confronti sto non si può lasciare tutto alla «mano indello sviluppo dei paesi arabi. Questa posi- visibile del mercato n: occorre una polizione si contrappone alla chiara volontà po- tica)) la cui mancanza si fa oggi pesantelitica che, anche in questo convegno, gli mente sentire.
arabi hanno dimostrato per una cooperazione
La Conferenza ha resistito alla tentazione
globale euro-araba. Sayeg ha parlato di estra- di elaborare una dichiarazione finale altisozione di petrolio in funzione delle necessità
nante: ha preferito lavorare sodo in sede
finanziarie dei paesi arabi, produttori e non, di gruppi dove si è sviluppato un dialogo
per le loro politiche di sviluppo, ed in fun- serrato, a volte vivacc, in cui esperienze dizione delle necessità dei C paesi amici ».
verse, confessioni diverse si sono confronKeramane, del Ministero dell'industria ed
tate. Mai si è prospettato l'ideale di una
energia algerina, ha parlato di so'cietà di
K Europa cristiana »:
il cristianesimo, nelle
stato che agiscano nell'ambito della pianifi- sue varie espressioni uscite dalla drammacazione e di socictà miste col 51°h minimo
tica lacera7ione della riforma del XVI sealgerino ed il resto europeo od americano. colo, si pone anche di fronte all'unificazione
I1 rappresentante algerino, come già gli delllEuropa come lievito interno, non come
altri oratori arabi, ha posto con forza in imposizione dall'esterno, come impegno personale e di gruppi nel ruolo multiforme
evidenza, durante tutto lo svolgimento del
convegno, come la cooperazione sarà possi- che essi svolgono nella società civile, non
bile solo se globale, in termini di assoluta come presenza istituzionale. In questo senso
il titolo tedesco della Conferenza C Chriparità tra Ic duc parti, tra aree politicamente
stliche Verantwortung fuer di Europaeische
integrate.
La pro'ssima mossa tocca all'Europa. Gli Geiiieinschaft » (Responsabilità cristiana per
arabi hanno anche altri possibili partners:
la Comunità europea) esprime meglio del
la presenza politica ed economica degli Stati titolo inglese e francese il taglio e l'orientaUniti in Medio Oricntc e nel Maghreb ne è mento del Convegno.
Questa tematica si ritrova nelle sintesi dei
la riprova.
L'impegno dei cristiani per la Comunità europea
>)
.
di Gianfranco Martini
lavori dei quattro gruppi di studio. 11 primo
ha esaminato trc serie di questioni: gli
obiettivi di fondo della Comunità europea,
alcuni aspetti della sua politica attuale, la
definizione del ruolo dei cristiani e delle
chiese nella Comunità europea e in rapporto
ad essa. Annotiamo alcuni concetti emersi
dal dibattito. Di fronte alla crisi attuale, il
dinamismo interno alla Comunità può essere
ricuperato solo riformulando o formulando
più nettamente gli originari obiettivi: per alcuni aririi è riecessario un vero e proprio mutamento più deciso di direzione. Più concretamente sono così riemerse - anche nel
dibattito londinese - le esigenze di un'ini~iativacostituente del Parlamento europeo,
eletto in vista della creazione di un centro
comunitario di decisioni politiche, cioè di
un « governo curopeo nel significato pieno
dell'espressione. Tutti hanno insistito sulla
concezione della Comunita non come uri
fine a se stesso, ma come uno strumento al
servizio della pace e della giustizia nel mondo intero. I1 noto slogan: « n o alllEuropa
dei monopoli, sì all1Europa dei lavoratori
pur nella sua eccessiva e discutibile semplificazione di problemi molto complessi, ha
trovato uri'eco anche nella Confcrenza, nel
senso che i cristiani non possono rimanere
indifferenti alla creazione di una società
che sta costruendo, nello sperpero delle
risorse naturali e della forza di lavoro degli
uomini, un'economia che va a beneficio prevalentemente di qualche potentato economico.
Tra i numerosi aspetti dell'attività comunitaria, due hanno attirato l'attenzione del
primo gruppo di lavoro, la politica regionale
come strumento concreto di giustizia e i
problemi dei lavoratori migranti. Specie in
quest'ultimo campo le varie chiese cristiane
hanno al loro attivo numerose esperienze
che le portano a contatto con una realtà
sovente drammatica, non più tollerabilc C
che ripropone interrogativi di ordine non
soltanto morale e sociale, ma di incontri di
culture diverse e di una nuova organizzazione e .cooperazione economica tra Paesi
diversi. Quanto al ruolo dei cristiani delle
chiese nella Comunità europea in rapporto
ad essa, le comunità cristiane riconoscono
le grandi possibilità che l'integrazione europea offre per la costruzione di una società
responsabile e si impegnano a contribuire
affinché esse siano pienamente utilizzate,
sen7a che le chiese possano tuttavia essere
in alcun modo strumentalizzate dalla Comunità curopea. Le chiese cristiane devono
essere instancabili nel ricordare ai responsabili politici della Comunita curopea certe
irrinunciabili esigenze per garantire più giustizia interna e più solidarietà all'esterno.
I1 secondo gruppo di lavoro ha centrato invece la sua riflessione sulle responsabilità della Comunità europea per la COstruzione di un ordine mondiale più soddisfacente. E' stato dctto che l'esperienza di
unificazione europea può divenire, se non
un «modello » per il resto del mondo, almeno un « prototipo » di organizzazione della
solidarietà Ira i popoli. Tuttavia oggi la Comunità appare un potenziale gigante economico, incapace però di prendere delle iniziative e di reagire agli avvenimenti in tempo
,
)
)),
COMUNI D'EUROPA
maggio 1974
-
utile, per la debolezza delle sue istituzioni,
genza e cooperazione con tutti gli uomini ropea. alcuni passi della « lettera a Diogneper mancanza di coesione, per la difficoltà
di buona volontà. La chiesa non è chiamata
to » nella quale l'ignoto autore del 111 secolo scrive, tra
I cristiani non si
di individuare degli obiettivi comuni. Contro a strutturare l'Europa dell'avvenire, né a
dirigerla; non ha un manifesto né un pro- distinguono dagli altri uomini né per terriqueste lacune i cristiani e le chiese devono
alzare coraggiosamente la loro voce, affin- gramma a tal fine, ma essa può e deve, per
torio, né per lingua, né per costumi. Non
l'Europa e al di là delllEuropa, rivelare in
ché gli Stati membri accettino di rinunciare
abitano città proprie, né usano un gergo
a d una parte della loro sovranità nell'inteconcreto gli atteggiamenti fondamentali del
particolare,
né conducono uno speciale geresse comune. Più particolarmente, i Paesi
cristiano, la libertà creatrice, la fraternità
nere
di
vita.
della Comunità europea dovranno prendere
universale, il disinteresse, una speranza dil'iniziativa di un accordo tra i principali fab- namica. 11 cristianesimo non può essere assiLa loro dottrina non 6 la scoperta del
bricanti di armi (qualcosa di analogo al
milato ad un'ideologia, m a deve essere capace pensiero e della ricerca di qualche genio
Trattato di non proliferazione) affinché ven- di ispirare delle scelte, degli impegni, dei umano, né aderiscono a correnti filosofiche,
ga bloccata la corsa agli armamenti e alla
comportamenti responsabili, aperti anche al
come fanno gli altri. Ma, Pur vivendo in
loro vendita. Un'applicazione effettiva e ge.
rischio e alle sfide del nostro tempo La
citià greche o barbare
comc a ciascuno
neralizzata della convenzione europea di
costruzione dell'Europa unita deve essere è toccato - e uniformandosi alle abituStrasburgo dovrà assicurare una migliore
interpretata come un K segno dei tempi D, dini del luogo e nel vestito, nel vitto e in
pro'tezione dei diritti dell'uomo, tenendo pretutto il resto, dànno l'esempio di una vita
m a le soluzioni non sono prefabbricate: la
sente che nei Paesi in via di sviluppo questa
testimonianza di una chiesa cristiana unita
5ociale mirabile, o meglio - come dicono
protezione è inseparabile da una più equa
ripartizione della ricchezza sul piano mon- può rendere più facilmente credibili questi tutti - paradossale. Abitano nella propria
dialc. I cristiani dovranno anche partecipa- ideali. L'ecumenismo non è certam-nte limi- patria, m a come pellegrini; partecipano alla
re attivamente allo svilupo di una ricerca
tato alllEuropa, ma ignorarlo a livello euro- vita pubblica come cittadini, m a da tutto
scientifica sulla pace e sulle cause del con- peo potrebbe essere per i cristiani un alibi
sono staccati come stranieri; ogni nazione
flitto. Più complesso ed arduo il dibattito
è la loro patria, e ogni patria è una nazione
pericoloso.
sui problemi della difesa delllEuropa: se
I1 quarto gruppo si è anche occupato
straniera n.
varie opinioni si sono confrontate su questo
delle esigenze dei giodell'atteggiamento
e
In questo spirito e nel rispetto di una sopunto, sono apparse tuttavia evidenti le revani
e
della
loro
posizione,
spesso
criticietà
pluralista, i cristiani assumono tutte
sistenze di fondo al progetto di un'Europa
ca,
di
fronte
alllEuropa
dei
mercanti
e
le
responsabilità
per la costruzione di una
super-potenza nucleare e la convinzione che
all'ec~~menismo
degli specialisti. Gli obiettivi
Europa unita e per partecipare attivamente
la capacità di azione della Co'munità europea
europei devono essere loro incessantemente
a questa grande e storica impresa: ma il
non dipende soltanto dagli armamenti, ma
dal grado di unità al quale essa saprà giun- proposti ma bisogna inserirli in una prospet- loro animo va anche e sempre al di là dellc
gere e dal carattere democratico e dall'cffitiva più vasta, e alla fine più vera: quella
scelte contingenti per ricuperare e garantire,
cienza delle sue istituzioni.
del senso e della qualità della vita, dei fini
anche per l'Europa e nelllEuropa, taluni vaAnche il compito del terzo gruppo non
e del destino dell'uomo. Qualcuno, parafra- lori di fondo che soli dànno ad essa un siera semplice. Si trattava di affrontare i rapsando il linguagqio tecnico decli eurocrati, gnificato reale e chc investono, oltre i suoi
porti fra la Comunità europea e il terzo
confini, tutta la convivcn7a umana.
mondo, andando al di là della semplice ripe- ha parlato dclla Conferenza di Londra come
di un tentativo di K armotizione di formule e di esigenze ben note e
nizzazione delle anime ». Più
cercando invece di rendere operative le
mattamente si notrehbe dire
indicazioni dell'enciclica cattolica « Populoche essa h a costituito una
rum progressi0 » e del rapporto finale della
preziosa occasione per ricerConferenza di Uppsala del Consiglio ccume- care un supplemento d'aninico delle chiese (riformate) nel 1968. L'acma (per parafrasare invece
cento è stato posto sulla necessità di strut- Péguy) a questa Europa in
ture che istituzionalizzino questa coopera- crisi In questa prosnettiva.
zione in modo che sia sempre tenuta pre- i vari temi sopra ricordati si
sono rincorsi e intrecciati nelsente la complessa interdipendenza esistente
fra Paesi industrializzati e Paesi in via di le varie commissir>ni di lavoro, riprova di 11112 nroblemasviluppo. Due proposte concrcte sono emerse
tica varia e comnlessa ma sodalla discussione: la creazione di un Fondo
stanzialmente unitaria: nuova
speciale chc permetta di assicurare aiuti
testimonianza anche che per
urgenti ai Paesi più colpiti dall'aumento
fare 1'Europn hisoqna avere
recente dei prezzi di certe materie prime, il coraggio di +unnere al cuola concessione a questi Paesi da parte dei re di alcuni. nochi problemi
Paesi sviluppati di una moratoria sui debiti di fondo e che l'Europa settorialc o « alla carta 9 è in
contratti.
Ampio è il campo che si apre all'azione realtà un modo per eliidere
dei cristiani per migliorare i rapporti tra le scelte, ridiicendole ad una
Europa e Paesi in via di sviluppo, soprattutto pluralità di frammenti senza
incidenza r ~ a l r .Dalla Confeal fine di combattere il razzismo e I'oppresrenza di L o ~ d r a è apparsa
sione dell'uomo sotto qualsiasi forma, d.i evidente I'immaqine di un crigiungere ad un efficace coordinamento delle
stianesimo che si none di
numerose iniziative già esistenti c di garan- fronte ai fatti della storia
tii-e la rcalc paitccipazionc delle popolazioni
come coscienza critica e in
inicressate.
un atteggiamento profetico, di
servizio e non di potere. coL'ultimo gruppo di lavoro riassumeva in
un certo senso - su un piano più generale - sciente dellr i-~snonsabilitàdele preoccupazioni e le csigenze che già crano rivanti dal messaqgio di cui è
emerse nei precedenti gruppi in relazione portatore e chc lo inseriscono pr-ofondamenle nclla reala specifici problemi. In un mondo secolatà umana, anche se niiest'ulrizzato - è stato detto a Londra - i cri- tima non esaurisce il sipni.
E' uscito recentemente I',<Annuario 1974 » della CISPEL (Confe.......
---.
---.
.. .
stiani e le chiese sono chiamate a d indivi- ficato delle sue potenzialità.
derazione italiana dei servizi pubblici degli Enti locali, Roma
Piazza Cola di Rienzo, 80), che contiene i più importanti dati di
duare i punti in cui l'uomo contemporaneo,
al1a mente, anche bilancio e statistici delle aziende ed Enti associati, dei CRIPEL
anche senza parlare di Dio, colloca le sue a proposti0 dell'impegno eri(Comitati regionali imprese pubbliche Enti locali) e relative
speranze, per realizzare una lar,aa conver- stiano per l'unificazione euFederazioni nazionali di categoria.
((
-
((
))
-
COMUNI D'EUROPA
1O
dizionarietto
Rendita fondiaria urbana
di Giuseppe Campos Venuti
Da Marx a Gramsci
Se Marx nel Capitale si sofferma assai
poco sulla rendita fondiaria urbana, ciò non
avviene a caso, ma è spiegabile con lo scarso
peso che essa aveva al momento dei suoi
studi nel processo di acciimula~ionc capitalistica. I1 XIX, è il primo secolo dell'urbanesimo e la rendita urbana cresce rigogliosa
nellc città industriali ma lo sviluppo economico delle maggiori potenze trae le proprie
risorse principalmente dal trasferimento di
capitali dall'agricoltura e dal possesso delle
niatcrie prime - ferro e carbone -, dalla rapina nelle colonie e dalla I-ichezza prodotta
dalle grandi flotte mercantili: la rendita
urbana resta così in Inghilterra, come in
Francia e poi in Germania, un fattore accessorio, non dccisivo, dell'accumulazione di capitali utilizzati per la crescita economica.
Diversamente succede in Italia, ultima arrivata all'unità politica ed economica, nonché
allo sviluppo capitalistico, senza poter sfruttare colonie, né materie prime e commerci
marittimi internazionali, nelle quali anzi
- almeno per la metà del Paese - la stessa
agricoltura arretrata offriva ben modeste
possibilità di accumulazione di capitale. Nel
blocco storico fra industriali del Nord e agrari del Sud che tiene a battesimo la nuova economia unitaria italiana, la rendita fondiaria
urbana ha dunque un posto di riguardo che
all'cstero non avcva, rappresentando uno dei
principali fattori di accumulazione: nella
economia italiana i profitti sono dunque
strettamente legati alle rendite e nelle città
alla rendita urbana, imprimendovi qucllo
squilibrio fra Nord e Sud che Gramsci
- tanti anni prima di Mao - descriveva
come N simile a qucllo di una grandc città
c una grandc campagna ».
La rendita urbana
Ridotta ai minimi termini la rendita urbana appare come la differenza fra il valore
di mercato di un terreno edificabile e il
valorc che lo stesso terreno avrebbe se
usato per l'agricoltura: se la trasformazione
d'uso di quel terreno avesse caratteri produttivi, quella differenza di valore dipcnderebbe soltanto dai costi di urbanizzazione
(le opere necessarie, appunto, a garantire la
trasformazione) e dal margine di guadagno
dovuto all'operatore. Le cose invece stanno
ben diversamente: in primo luogo i costi di
urbanizzazione sono sopportati interamente
o in gran partc dalla comunità e gli operatori immobiliari restituiscono, quando va benc,
il costo di Lin giardiiietlo o di una scuola
materna; nicntrc il carattere urbano vicnc
attribuito ai suoli anche dagli ospedali e
dalle scuole superiori, dai servizi di trasporto pubblico o di ncttezza urbana, tutti esercitati a prezzi politici e quindi pagati in
parte dagli utenti e in parte con denaro pubblico, ma non certo con il contributo degli
operatori immobiliari. I n secondo luogo il
guadagno dcll'operatorc immobiliare è fondamentalmente diverso da quello dell'opera-
tore industriale: un imprenditore che produce beni di consumo si guarda bene, in
genere, dall'accumulare prodotti invenduti,
perché questi invecchiando perdono valore,
quando non deperiscono completamente. Un
terreno fabbricabile, invece, più invecchia e
più si valorizza e, quando viene edificato,
compensa abbondantemente nel tempo la
perdita di valore del fabbricato soprastante
che, del resto, per suo conto deperisce abbastanza lentamente.
Rendita assoluta e differenziale
Le opcrazioni immobiliari, quelle cioè che
trattano terreni e fabbricati, vengono così
definitc speculazioni, attribuendo al termine
un significato ben diverso da quello originario, pcr definire la natura parassitaria C
improduttiva dell'iniziativa. Con queste caratteristiche generali la rendita urbana si
presenta anche secondo due distinti caratteri
specifici, quelli assoluti e quelli differenziali. Sono assoluti, in sostanza, gli aspetti
della rendita che si manifestano su qualunque suolo, per il solo fatto di essere edificabile o anche di avere soltanto una propcnsionc all'edificabilità: mentre la parola
stessa indica come differenziali gli aspetti
eccezionali della rendita, quelli dovuti alla
posizionc o all'uso speciale dei suoli nel
contesto urbano, speciale per ragioni naturali (la riva del mare o di un fiume, una
collina) o artificiali (il centro della città,
la prossimità di grandi servizi pubblici, la
particolare destinazione). La rendita assoluta
viene sfruttata essenzialmente con la crescita
quantitativa delle città, realizzando cioè i
quartieri di periferia sui terreni chc fino a
pochi mcsi prima erano utilizzati per l'agricoltura. La rendita differenziale si sfrutta
invece con la crescita qualitativa delle città,
realizzando i quartieri privilegiati per motivi panoramici o anehe soltanto per selezione di censo, o trasformando la destinazione di un vecchio edificio in una nuova,
naturalmente più vantaggiosa.
maggio 1974
dizioni di crescita delle città, vengono privilegiate ora l'una, ora l'altra. Per restare
soltanto agli ultimi trent'anni, si nota in
Italia nell'immediato dopoguerra un intenso
sfruttamento della rendita differenziale, in
modo particolare nelle città bombardate,
con la ricostruzione di edifici distrutti e
comunque con la sostituzione di vecchie abitazioni, con abitazioni di lusso o con uffici.
Subito dopo però, la fortc domanda di alloggi determina, per quasi venti anni, lo sfrutlamento prevalente della rendita assoluta, attraverso la crescita vcrtiginosa, a macchia
d'olio come si dice, dellc periferie di tutte
le città italiane. E r a il periodo in cui nella
periferia romana 26 milioni di metri quadrati
di terreno erano in mano a 7 fra i -IJiÙ grandi
speculatori italiani: sono gli anni ruggenti
della speculazione immobiliare, delle prime
grandi battaglie urbanistiche da parte delle
forze politiche e culturali, della legge di riforma proposta e del suo rovesciamento,
della presa di coscienza sempre più vasta
da parte dell'opinione pubblica.
-
Ritorna la rendita differenziale
In questi anni mentre la popolazione aumenta di neppure 7 milioni di unità, vcngono costruite 26 milioni di stanze, anchc
se quasi tutte ad opera dell'iniziativa privata e a costi troppo elevati per la maggior
parte dclle famiglie italiane. I1 mercato privato è dunque ormai saturo, ci vorrebbero
case popolari, ma intanto la partecipazione
dello Stato alla costruzione di alloggi è scesa
al 5% della produzione. E l'iniziativa privata cambia cavallo, tornando allo sfruttamento intensivo della rendita differenziale:
la produzione di alloggi si dimezza in senso
assoluto, ma cresce in modo particolare
quella di case di villeggiatura - la seconda
casa per chi può permcttrrsela c noli sono
ancora in molti - e quella di uftici, negozi
di lusso, grandi magazzini e centri commerciali, la cosiddetta edilizia terziaria insomma,
che si sviluppa di pari passo alla terziarizzazione delle maggiori città e alla crescita
di una economia nazionale di tipo consumistico.
Son dunque ora le zone pacsaggistiche e
non più Ic periferie urbane ad essere intaccate in forma massiccia, dalle coste della
Dal dopoguerra a d oggi
Sardegna a quelle della Calabria, e insieme
i
centri urbani a subire un processo di traLe due manifestazioni della rendita urbana
sformazione,
secondo il quale alle funzioni
vengono sfruttate co,ntemporaneamente dagli
urbane
povere
(la residenza di modeste con.
operatori immobiliari, ma nel]e diverse co,n.
dizioni, l'artigianato ed il piccolo commercio,
l'industria) cspulse in periferia e nelle cinturc metropolitane, si sostit~iiscono quciic
più ricche, Ic lunzioiii Lei-ziai-ic. 1 gi-aiitli
N U O V I P O T E R I LOCALI
upci-atori iininobiliai-i rioii dctciigoiio piii,
A D E R E N T I ALL' A I C C E
come una volta, migliaia e illigliaia di ctia1.i
di terreno intorno alle città: oggi gli spccuComuni
Pop.
latori controllano le coste vergini dello Jonio
o
del Basso Tirreno e all'interno delle città
Casier (TV)
4.508
o
delle aree metro'politane, basta a d essi la
Giacciano con Baruchella (RO) 2.879
proprietà
di poche posizioni strategiche.
Motta di Livenza (TV)
7.221
Dallo sfruttamento estensivo di enormi quanPeglio (PS)
655
tità di terreno edificabile, si è passati a
5.495
Santa Giustii-ia (BL)
quello intensivo di aree privilegiate, per la
posizione già assunta sul territorio urbaniz-
COMUNI D'EUROPA
maggio 1974
zato o che viene favorita per il futuro dalle
scelte pubbliche per i trasporti e le infrastrutture.
Italia ed Europa Occidentale
Naturalmente tutto il Gotha dell'economia italiana partecipava alle speculazioni di
ieri, come partecipa a quelle di oggi, né la
matrice industriale di un'impresa ha mai impedito ad essa operazioni parassitarie come
quelle del sistema immobiliare. C'è anzi da
notare che la corsa allo sfruttamento della
rendita differenziale riaccosta l'Italia agli
altri paesi delllEuropa Occidentale, nei quali
la terziarizzazione delle maggiori città avviene oggi con fenomeni assai simili a quelli
italiani. Forse anche perché, in quei paesi,
cominciano a mancare, o diminuiscono d'importanza, quelle risorse - colonie, materie
prime, agricoltura avanzata - che hanno
fornito in passato una larga accumulazione
di capitali per la crescita economica.
(Congresso del Popolo Europeo)
di Alberto Cabella
La caduta della CED, che era stata difesa
dai federalisti come cavallo di Troia per la
creazione di un primo potere europeo, segna
la fine del corso diplomatico spinelliano.
Non tanto la caduta della CED in sé, ma la
delusione nei confronti di una classe politica
europeista, che persino in Italia non aveva
avuto la volontà politica di fare votare la
legge in Parlamento, e la constatazione di
un generale ripiegare dei Governi su più
anguste prospettive nazionali in politica estera ed interna.
Entra in crisi la politica di vertice dei federalisti, quella politica che concepiva il Movimento come un gruppo di pressione sui
partiti democratici, sui parlamenti, sui governi, per suggerire di volta in volta operazioni politiche arte a favorire l'avvio di un
processo di aggregazione politica a livello
europeo. Ora che il Movimento Federalista
non trova più interlocutori, la sua dirigenza
si trova frustrata, in una situazione di impotenza politica che la obbliga ad una revisione radicale delle proprie strategie. Ma non
solo della strategia. Si tratta di guardarc più
a fondo nella rcaltà di questi Stati nazio.
nali che tendono naturalmente ad autoconservarsi, si tratta di acquistare consapevolezza che il nemico da battere non sono
tanto gli antieuropeisti o i falsi europeisti
quanto una concezione dello Stato, quella
dello Stato-Nazione che inculcato fin dai
primi banchi di scuola diviene il quadro naturale dell'operare politico, nazionalizzando
tutta la cultura e tutta la politica, tanto che
persino le internazionali socialiste dinanzi
a questo Moloch moderno finirono per frantumarsi e corrompersi.
Appellarsi al popolo europeo, cercare di
mobilitarlo, significherà dunque rifiutare il
concetto romantico di Nazione » come « naturale » e proporre l'esigenza di un nuovo
contratto, di un contratto tra europei per
uno Stato nuovo che solo potrà gestire gli
interessi reali dei cittadini europei, dei lavoratori europei, in un continente egemonizzato dalle grandi potenze e privo di reale
autonomia.
I1 nuovo corso federalista, che trova in
Spinelli stesso un interprete autorevole, significa l'abbandono della politica di vertice
per una mobilitazione popolare, in chiave
mazziniana e gandhista nel richiamarsi all'esperienza del Congresso indiano che riuscì
poco a poco a sostituire la propria sovranità
reale a quella fittizia della potenza straniera
egemone.
Popolo europeo contro Stati nazionali,
nasce così il Comitato d'Iniziativa per un
Congresso permanente del Popolo Europeo
nell'aprile del 1956, composto all'origine di
pochi militanti italiani (di Torino e Milano),
francesi (di Lione e Strasburgo) svizzeri
(Ginevra) belgi (Anversa) olandesi (Maastricht) e tedeschi (Dfisseldorf).
Nel luglio a Stresa viene stilata una dichiarazione politica e fissata la strategia del
Congresso del Popolo Europeo in modo
organico e preciso, decidendo di circoscrivere l'azione in sole sette città in una prima fase per evitare dispersione di forze.
Tre stages di militanti, sempre a Stresa,
organizzati da chi scrive nella sua qualità
di segretario generale del CPE, preparano
i militanti delle diverse città a livello politico ed organizzativo, ed è la prima volta
che questo accade nella storia federalista;
la prima volta che vengano organizzati dei
corsi per quadri a livello internazionale con
un tipo di organizzazione e per una lotta
strutturalmente sovranazionali. Per rendere
operativo e manifesto questo processo di
organizzazione verticale europeo si stabiliscono delle date comuni per mettere a conoscenza dell'opinione pubblica nelle diverse
città la costituzione del Comitato di Iniziativa e il suo progetto, e successivamente per
Ic prime elezioni al Congresso.
L'originalità della strategia del CPE è duplice.
I n primo luogo, prendendo a prestito
l'esperienza della rivoluzione francese dei
« cahiers de doléance D, si cerca di qualificare il CPE come centro coagulatore delle
istanze sociali e culturali che rivendicano
un parlamento ed un governo europei per la
soluzione di tutti quei problemi che gli stati
na~ionalinon sono più in grado di assolvere
(dall'istruzione al mercato del lavoro, dal
controllo dell'industria monopolisticha all'esigenza di un sindacalismo europeo, dalla difesa dell'agricoltura a quella della ricerca,
dalla difesa delle autonomie comunali ed
etniche all'università europea, ecc.).
Al primo Congresso del Popolo Europeo
questi quaderni di rivendicazione costituiranno un primo materiale da elaborare, a
dimostrazione di come un piccolo nucleo di
militanti europei riesca a coinvolgere strati
più larghi della popolazione cittadina con
sostanziali assonanze indipendentemente dai
connotati nazionali.
I n secondo luogo le elezioni dirette, una
sorta di elezioni primarie comc negli USA,
su liste di cittadini in cui compaiono dei
militanti federalisti e quelle persone che
attraverso l'organizzazione della protesta in
ambienti diversi (dalla scuola ai sindacati
ecc.) sono stati conquistati alla nuova prospettiva di azione pcr la creazione degli
Stati Uniti d'Europa da parte del Popolo
Europeo.
Le prime clezioni hanno luogo nel novembre del '57 e a Torino si riunisce il I Congresso del Popolo Europeo, ai primi di dicembre, presenti dueccnto delegati in rappresentanza di circa 72.000 cittadini europei.
Al Congresso il prof. Guy Héraud, delllUniversità di Strasburgo, presenta un progetto
di trattato per l'istituzione di una Assemblea
Costituente Europea, progetto che successivamente verrà presentato al parlamento del
Consiglio d'Europa e a quelli nazionali, ma
senza esito alcuno.
I1 CPE, sostenuto a partire dal '58 dal quindicinale bilingue
Popolo Europeo », edito
a Torino, vede aurnentarc il numero dei suoi
elettori a 225.000 al I1 Cong-esso di Lione
(gennaio '59), a 400.000 circa al I11 Con,~ r e s s o
a Darmstadt (dicembre '59) fino a raggiungere il mezzo milione al IV Congresso di
Ostenda (dicembre '60). ma difficoltà finanziarie ed organizzative, e soprattutto i1 senso
di una nuova impotenza politica, consumano
gli entusiasmi iniziali e finiscono per bloccarne I'inzranaggio.
Nel 1961, dopo cinque anni, questa nuova
esperienza politica federalista dimostra di
essere alle corde, quasi esaurita.
I1 senso frustrante di essere fuori gioco,
fuori della politica che conta, fuori dei meccanismi che decidono (le elezioni nazionali,
l'azione dei partiti, le nate comunità europee ecc.), la constatazione che non si è più
un gruppo di pressione ascoltato dai vertici, scnza esscrc riusciti a divenire una consistente forza politica alternativa conduce il
CPE alla paralisi ed alla disgregazionc.
I maggiori Ieaders dell'operazione CPE
scelgono a questo punto trc strade diverse.
Spinelli deluso ritorna alla politica che
gli è più congeniale, alla politica di pressione
sui vertici, politica che lo condurrà a supcrare !C vecchie riscrve nei confronti delle
Comunità europee accettando di entrarvi
come funzionario per svolgervi un ruolo
federalista all'interno.
Cabella, convinto che bisogna fare 1'Europa con le forze che abbiano intcresse a controllare la organizzazione capitalistica curopea che sta sviluppandosi, e che i partiti
vadano contestati sul loro stesso terreno,
tenta la strada del partito fcderalista europeo, ma il progetto si rivela troppo ambizioso, pcr la carenza di quadri militanti di
sinistra.
Albertini cerca di inantencre un rapporto
con l'europeismo diffuso attravcrso una campagna di firme per l'elezione diretta del Parlamento europeo, una sorta di censimento
del popolo europeo, e gli interlocutori divengono nuovamente i partiti ed i parlamenti; in realtà è il ritorno alla politica tradizionale dcl MFE, delle petizioni dal basso
per esercitare una pressione sui vertici.
COMUNI D'EUROPA
maggio 1974
17affratellamento dei Comuni, contribui
Cesenatico - Aubenas - Delfzijl - Schwarzenbek Sierre - Zelzate
Diamo notizia in questo numero d i a
n di cerimonie svoltesi nell'àmbito d
si riferiscono agli ultimi mesi.
Cogliamo l'occasione per invitare i Co
pestivamente tutto i l materiale il!ustr$
occasione di celebrazioni, incontri, s
segnalarle sia su questo periodico, .
Notizie AICCE n. Solo così saremo i
rilievo che merita i l fondamentale C,
giovanile, è capace di portare all'inte!
E' in questo quadro che I'AICCE orga
uli primo congresso, riservato a gic
gemellate nell'àmbito del CCE, a F
compiti della giovane generazione I
politica dell'Europa n, al quale sono
italiani che hanno partners nella
Nettuno - Traunreut
Nel quadro dell'impegno preso 14 anni fa, il Comune di Cesenatico [Forlì) è stato recentemente
protagonista, insieme agli altri cinque Comuni gemelli, di molteplici iniziative che hanno toccato i
campi più diversi, ciò che gli è valsa, tra l'altro. l'assegnazione del Premio d'Europa n per il 1974.
Nel bilancio delle attività, che viene definita nel corso delle annuali riunioni della Conferenza
dei Sindaci e dei Segretari dei Comuni gemelli, in questi ultimi tempi ha fatto soicco il Festivnl
dei giovani che, realizzato per la prima volta ad Aubenas, è stato poi ripetuto in Italia. con lo scopo
di avvicinare 25 giovani di ogni città gemella in un ampio congresso per un confronto di idee,
esperienze e tradizioni del proprio Paese: in effetti. nelle varie assemblee svultesi sono stati
dibattuti problemi amministrativi e politici, soprattutto nella prospettiva dell'Europa unita.
Nelle foto: l'affettuosa a catena della fraternità ,, formata dai Sindaci di Aubenas [Francia) J. Moulin,
di Sierre (Svizzera] P. De Chastonay, di Cesenatico (Italia) G. Urbini, di Zelzate [Belgio!
L. Danschutter, di Schwarzenbek [Germania) H. Kock, di Delfzijl [Olanda] A. P. J. Van Bruggen;
la riunione di lavoro per la programmazione dei gemellaggio; l'attenta partecipazione popolare
alle manifestazioni organizzate a Cesenatico.
1,
La cerimonia ufficiale del gemellaggio fra Neti
città laziale il 23 ottobre 1973. a seguito di un:
giugno dello stesso anno a Traunreut. ove q~
gemellaggio. Nelle foto: i l Borgomastro Haberlz
sinistra i l Sindaco di Nettuno Antonio Simecni
gli amministratori comunali delle due città par
siliare del Comune di Nettuno.
COMUNI D'EUROPA
maggio 1974
13
o all'integrazione della società europea
;une manifestazioni di gemellaggio,
gemellaggi da tempo stipulati, che
nuni gemellati a volerci inviare temtivo delle iniziative da loro prese in
:arnbi di giovuni, ecc., in modo da
ia sul bollettino interno per i soci
I grado di seguire e divulgare con i l
ntributo che la base, specialniente
razione della società europea.
lizza, dal 14 al 19 ottobre prossimo,
/ani italiani e tedeschi delle città
ondragone (Caserta), sul tema
I
J i l suo contributo all'unificazione
nvitati ad iscriversi tutti i Comuni
crmania Occidentale.
I
Q
,--
a
.
..-
Gl3MrcLLA<:GIO
Lucca - Abingdon - Colmar - Sint-Niklaas Schongau
In esecuzione del mandato
del Consiglio coniunale, la
città d i Lucca, già gemellata con Colmar (Francia). Sint-Niklaas (Belgio)
e Schongau [RFT), ha voluto stabilire un rapporto
anche con la città inglese
d i Abingdon (Gran Bretagna) nella certezza che
i l patto di glmcllaggio è
l< uno
degli sbrlimenti a:traverso cui i I~icchesi.ed
i n particolare i giovani.
sapranno
conoscere e
comprendere la situazione
ed i problemi dei loro
fratelli europei e lavorare
nel senso dell'unità e
della pace come è detto
nel inanifesto alla cittadinanza firmato per I'occnsione dal Sindaco di Lucca, Giovanni Msrtinelli.
Nelle foto: un momento
delle manifestazioni ad
Abingdon; i l Sindaco di
Lucca consegna al collega
inglese Michael Matthews
la pergamena per la firma
durante la cerimonia nel
M,!nicipio di Lucca.
J..
Nettuno
-
1-'I'I
t!
Traunreut
i'.\<,
<>L#<,l>r+.
,!Iz:i
i o (Roma) e Traunreut [RFT) è avvenuta nella
fisita compiuta da una delegazione italiana ne!
;ta estate avrà luogo la cerimonia di ritorno del
ler firma il protocollo d i gemellaggio, alla sua
il Vice-presidente del17AICCE Giuseppe Bufardeci:
:ipano alla manifestazione solenne nell'aula con-
14
COMUNI D'EUROPA
maggio 1974
Oria - Lorch
Più d i 30.000 persone hanno assistito, ad Oria (Brindisi], alla
cerimonia di ritorno del gemellaggio con la città d i Lorch
(RFT], presenti autorità comunali,
provinciali e regionali. alle quali
il Sindaco Pasquale Sartorio e
il Vicesindaco di Lorch Lothar
Frey, hanno illustrato il significato del gemellaggio. Fra l'altro,
sia a Lorch che ad Oria due
piazze hanno preso il nome del
comune gemello. Nelle foto: la
manifestazione al campo sporti.<.lo; il Presidente della Regione
Puglia, Trisorio Liuzzi, porge il
saluto agli ospiti, con a fianco
il Vicesindaco d i Oria Emanuele
Mazza.
Trieste - Graz
Ospedaletti - Soulac-sur-Mer
Numerose manifestazioni di carattere culturale, sportivo, giovanile. nonché incontri di studio, specie su argomenti urbanistici.
organizzati sotto il patrocinio delle rispettive amministrazioni
civiche. sono il primo bilancio del gemellaggio che lega da alciini
mesi la città austriaca di Graz con Trieste. Nel corso delle
riunioni si è rilevata inoltre l'opportunità del miglioramento
dei rapporti commerciali ed economici e dei collegamenti stradali, ferroviari ed aerei fra i due Comuni. Nella foto: dopo
due impegnati discorsi, nei quali era stata ribadita la volontà
delle rispettive comunità di contribuire direttamente alla costruzione della nuova Europa, il Sindaco di Trieste, Marcello Spaccini, e il Sindaco di Graz, Alexander Gotz, firmano le pergamene
del gemellaggio, solennemente celebrato nella Sala del Consiglio comunale d i Trieste alla presenza delle autorità locali e
regionali, dei rappresentanti della cultura e della vita cittadina.
La cerimonia d i ritorno del geinellaggio fra la città francese di Soulac-sur-Mer
e i l Comune d i Ospedaletti (Imperial si è svolta ~ i e l l aSala conciliare di questa
città, alla presenza delle massime autorità locali e regionali, fra le quali i l
Presidente del Consiglio regionale on. Paolo Machiavelli. Nelle foto, due momenti delle manifestazioni: le de!egazioqi francese e italiana, guidate dai
rispettivi Sindaci Jean Francois Pintat e Eraldo Crespi, escono dal Municipio d i
Soulac dopo la prima cerimonia ufficiale; la Signora Pintat taglia il nastro inaugurale della Passeggiata a Mare che Ospedaletti ha dedicato a Soulac-sur-Mer.
COMLINI D'EUROPA
maggio 1974
Genova - Marsiglia
Ventinove alunne d i un liceo genovese, accompagnate dall'Assessore alla
P.I. d i Genova Maria Patrone Bugiardini. sono state ospiti. nel 1973. della
città gemella francese nel quadro dei programmi di scambi culturali previsti t r a i Comuni di Genova e Marsiglia legati dal vincolo d i gemellaggio
dal 1958, mentre recentemente il Sindaco d i Genova, Giancarlo Piombino,
ha ricevuto un folto gruppo d i studenti francesi ospiti della città. Nella
foto: un momento della visita delle studentesse genovesi alla cittadina
universitaria di Luminy, situata nei sobborghi d i Marsiglia.
Verona-Nimes-Monacodi BavieraSalisburgo
Viaggio di studio per 29 a Marsiglia
Nel r o i m
ui t r i i rieeuimeillo
1
La città d i Verona, già gemellata con Nimes (Francia) e Monaco di
Baviera (RFT), ha recentemente esteso il suo legame alla città di
Salisburgo (Austria]. Nel corso della cerimonia. avvenuta nella Sala
degli Arazzi della Residenza municipale veronese. è stata ribadita la
precisa volontà delle due municipalità di procedcre insieme, i n un
clima di ritrovata amicizia. Nella foto: la pergamena che attesta il
gemellaggio fra Salisburgo e Verona.
Marino - Zaandam - Boulogne Billancourt - Neukolln
Dal 7 al 19 aprile 1974 si è
svolto a Marino il Geinellaggio
della gioventù
con la partecipazione di gruppi giovanili delle
città gemelle. Tali gruppi, composti ciascuno da 15 giovani d i
ambo i sessi e da due accompagnatori. hanno trovato ospitalità pressa le famiglie di Marino.
Durante il soggiorno essi hanno
avuto incontri sia con esponenti
<iell'Amministrazione coinunale.
presenti il Sindaco, Franco Arinati. i Capigruppo consiliari e
il Responsabile del gemellaggio.
Dino Lauri. sia con i giovani
della cittadina laziale, con i
quali hanno discusso dei problemi politici e culturali che
attraversa i n questo momento
l'Europa.
Nella foto: il Sindaco di Marino
consegna i doni dell'Amministrazione comunale ai responsabili
del gemellaggio di Zaandam.
Olga Gilyam Korte; di Neukolln.
I(urt Deutschland; di BoulogneBillancourt. Roberto Falce.
1).
COMUNI D'EUROPA
maggio 1974
Lecco - Macon
La città di Lecco si è unjta recentemente i n gemellaggio con la città francese d i Macon, concretizzando così una nuova iniziativa nel quadro della
tradizione europeistica del Comune lombardo, costantemente rinnovata dalle sue amministrazioni comunali. Nelle foto: i Sindaci d i Lecco, Puccio, e d i
Macon, Huinblot, depongono una corona d i alloro al monumento ai caduti di t u t t e l e guerre sul lungolago lecchese, dando inizio al programma ufficiale
delle manifestazioni di gemellaggio; un gruppo di studenti francesi ripresi nell'aula conciliare d i Lecco, durante il loro soggiorno in Italia.
A ERLI E MALVITO LA BANDIElIA D'EUROPA
11 26 marzo 1974 la Commissione dei
Poteri locali dell'Assemblea consultiva
del Consiglio d'Europa ha assegnato la
Bandiera d'Europa n, per l'Italia, alle
città di Velletri, Lecco e Cagliari, mentre
nel 1973 erano stati premiati i Comuni di
Vidracco e Malvito. Ricordiamo inoltre
che, sempre nel 1974, Cesenatico ha
ottenuto i l massimo riconoscimento del
Consiglio d'Europa con l'assegnazione
del << Prix d'Europe X , dopo che, nel 1972,
aveva ricevuto la Bandiera ».
=.*E**
MOVIMENTO FEUERALISTA EUROPHI
t&: !+
+ x +
C I 1 novembre 1973 Malvlto rfcewe la bandbra Sonora
per le sua &mte
c'"*.r.iii.>
.<,,,i,.:,, b~*i-..
\eu>.ign
ioil
I FederaR.li Wibresi mnsidwaran taIe data giornata slorioa per Malvito e lnvltsnoill
Pariamento Iteliano a voler coneludere positivamenta I'ibsr della -sta
di l-e
I'eledona diretta a sutirapo universale dei delegati al Parlamento Eumpeo.
. ...~
C-"*&
I
' a i n n r mi,
per
LA SEGAETER1A REGIONALE
La consegna della Bandiera d'Europa 31 Comune di Malvito (Cosenza), quale
riconoscimento dcll'attività svolta in favore della Federazione europea, è avvenuta 1'11 novembre 1973 alla presenza di numei-osissimi cittadini e personalità
politict?e. Per I'occc!s:one sono statc predisposte una serie d i manifestazioni cui
hailno parteci,3ato esponenti delle amministrazioni civiche della provincia e delle
locali Sezioni del Movimento Fcdera!ista Europeo. i quali hanno espresso la loro
adesione anche in alcuni rnanifcsti fatti affiggere per le vie del Comune calabrese. La consegna della Bandiera. da parte dell'on. Frédéric Picket a nome del
Consiglio d'Europa, al Sindaco di Malvito Oscar Principe, è stata l'occasione per
ricordare i l gemellaggio che lega Malvito alla città francese d i Rognes [è stata
scoperta una lapide-ricordo) e per la consegna di diplomi ai vincitori del concorso
su u n tema europeistico. bandito dal Comune. Nelle foto: I'on. Picket consegna
la Bandiera nelle mani del Sindaco Oscar Principe, alla cui destra è il Vicepresidente dellfAICCE on. Giuseppe Bufardeci.
N
Ad Erli [Savona) la Bandiera d'Europa ,v è stata consegnata il
24 giugno 1973 (dato che, per diverse ragioni. non era stato
possibile farlo nel 1970. anno del conferimento), nel corso d i
una manifestazione solenne, cui hanno partecipato, oltre al Sindaco di Erli, Davide Falco, numerose personalità politiche ed
esponenti locali.
deR'Eurwa da palle C C. E.
ettivlt8 ai fsii Europeistici e FedaalistKI.
11
COMUNI D'EUROPA
maggio 1974
il lettore di alcune considerazioni e raffronti
Corse non del tutto privi d'interesse, C pcr più
rispclti assai islruttivi.
I sindacati e l'Europa
di Andrea Chiti-Batelli
N Nciii
sculeiiiciit Ics syiiclicals curopCciis, diviscs ci1 li-oi\ ci~~ii-;iiiis.ii'oiil pii
prcseiitcr uii tront commun unique, niais aucuil il'a liu \c clolci rlch slruclii~c',r l (Ics
moyens reconiius comme nécessaires i scs objectifs conirnunauiaires [...l Ricii ii'cat
lait pour promouvoir ellicacemeiit uii véritablc syndicalismc
supranaiional
L...] Lc
potentiel de lutte i l a n i nul s u r lc plan eur-opéeii, il ne peut doiic y abciir <le lutte
au sens propre, mais seuieilient des a\.is D .
(M. J. De Grave, DimensLm etrroyéeiirie d r ~s ~ i i d i c a l i ~ ~otivrier,
ne
2 voll., Uriivcrsité
Catholique de Louvain, 1968).
"
"
e Non vi è coscienza di iiiteressi comunitari tra i diversi sindacati, e gli strumenti dell'azione sindacale solio rehtati escliisi\aiiieiite nazionali D.
(F. Onofri, G. Bechelloni c altri, Alciriii j ~ r . o ~ c s ssio ~ i r ~ ~ ~ ~ i z a r~ iloro
o r ~ acorisrgrlrilzc
li
sul fut~zionamentodello stato r iicllo &vcirtii civile, << Tempi Moderiii n, inverno 1966-67).
Questo saggio vorrebbe inserirsi, c o m e terza giornata », nella trilogia sull'argomento
così autorevoimente iniziata, s u queste colonne, drc Sergio Pistone e altri ( I Sindacati e
l'Europa, « C o m u n i d'Europa D, luglio-agosto 19iO) e da Lucio Levi e altri (I1 movimento
dei lavoratori in Europa e le società multinazionali, Conzuni d'Europa D, gennaio 1974).
C o m e avrò occasione d i dire anche in seguito, il rapporto del m i o scritto c o n i loro e
quello d i Bertoldo alla corte del re d i Francia e dei suoi dignitari. Questi u l t i m i inangiavano lepri e pernici, Bertoldo invece rape e fagioli. Voglio dire che Pistone e Levi dipingono con nzaizo i~zaestrail « dover essere » d i u n iiioviinento sindacale consapevole che
la Federazione europea è la leva dlArchimede, la prenzessa indispensabile - per essi, c o m e
in genere per le sinistre - al raggiunginzento dei loro più ambiziosi obiettivi politici, anzi
d i t u t t i i loro obiettivi; m e n t r e io, più modestanzente e attraverso u n a cronaca paziente
- e t a n t o più ingrata - cerco d i mostrare quanto, purtroppo, il reale sia ancora lontano da quell'ideale, per ragioni che n o n s o n o n é occasionali n é transitorie.
E' bello guardar lontano, e i n alto. Occorre però anche star atteilti a n o n cadere, p,asseggiando a testa alta, nelle fosse dell'Alltagliches, c o m e accadde a Talete, che - « d a
geografo profondo D, avrebbe d e t t o il Batacclzi - teneva gli occhi seilzpre rivolti al cielo,
« M a fu quest'avvertenza inavvertital d a Malagigi, per pensarvi poco »: ed è questo, se mai,
il punto che mi divide dai d u e Dioscuri taurinensi del federalismo italiano, dei quali per
il resto interamente condivido l ' i m p o s t a ~ i o n e politica del problema che q u i c'interessa, e
le conclusioni che essi n e traggono.
un'Europa, quale quella ufficiale, che non fa
una politica della classe operaia, m a del granUn flash-back a guisa d'introduzione: de capitale: quasi che - è un giusto rilievo di
Jacopo Di Cocco - i sindacati si disinteressi« plus qa change, plus c'est la meme
no del Mezzogiorno, poniamo, o del problema
chose »
dell'occupazione in Italia, solo perché il go1. - La presa di coscienza, o piuttosto la ca- verno italiano, la classe padronale, la burocrazia del nostro Paese non svolgono, in querente presa di coscienza europea del mondo
sti
campi, una politica conforme a quella prosindacale sembra riflettere nella sua lentezza
pugnata dalla C.G.I.L. o dalla C.I.S.L. o dalla
- per non dire immobilità - i progressi meU.I.L. (1). E il pretesto è rilevatore proprio
desimi (anche questi pressoché inesistenti,
per
la sua inconsistenza, che denunzia una
quando non sono regressi) dell'integrazione
mancanza di approfondimento, una incapacità
europea e della vita comunitaria.
di pensare all'altezza - ormai continentale L'autore di queste note ebbe a pubblicare
nel 1962 un lungo saggio, estratto d a vari nu- dei problemi che non è solo frutto di immeri di Comuni d'Europa n di quell'anno preparazione, di superficialità, di provincialismo; m a partecipa della generale incapacità
- L e C o m u n i t à a S e i giudicate dal Parlamento
Europeo -, in cui si svolgeva analiticamente delle sinistre di saper unire, alla critica diun esame critico quanto più possibile com- struttiva del sistema, un contro-progetto orpleto, e concluso da un giudizio profonda- ganico di una nuova società in un quadro stamente negativo e pessimista, sulle tre Comu- tale di dimensioni adeguate agli sviluppi
nità e sulle singole politiche in ciascuna di odierni dei rapporti di produzione e alla
loro internazionalizzazione e interpenetraesse attuate, o soltanto programmate, E gran
zione
continentale; ed inoltre - vi torneparte, per non dir tutte, le considerazioni ivi
remo fra poco - mostra un'insofferenza agli
svolte potrebbero oggi esser ripetute, quasi
aspetti sovrannazionali ed europei dei proparola per parola, tanto invano sono passati
blemi
perché direttamente contrastante con
più di dieci anni per Comunità nate troppo
le
strutture
nazionali, ad essi radicalmente
male e in modo troppo distorto - m a soincongrue, delle organizzazioni sindacali.
prattutto nate per non essere né dinamiche
Ma ad ogni modo, e pur con queste riserve
né politiche, perché così erano state fin dal- che non sono né piccole né marginali l'inizio volute - per poter conoscere sviluppi
non sono pochi coloro che ritengono di poe progressi reali, anche se di natura non qua- ter affermare che, sul piano sindacale, quallitativa. Ebbene, un discorso identico si può
cosa si muove sul fronte europeo. I o non crefare, come accennavo, per il preteso « risvedo di poter esser di tale avviso: e poiché
riprodurre quanto scrivevo su questo argoglio europeo » dei sindacati, che a molti è
mento dieci anni fa - per poi mettere jn rapsembrato e sembra di constatare, come caso
particolare di tutta una maggiore sensibiliz- porto quelle mie tesi con la realtà odierna non prende se non poco spazio - a differenza
zazione comunitaria delle sinistre in genere,
di quello che avverrebbe se volessi ripubblicanel corso di questi ultimi anni.
re tutto ciò che, come ricordavo, ebbi a scri2. - Resta, è vero, una allergia di fondo, vere nei 1962 sulle Comunità europee - non
spesso giustificata con l'inconsistente pretesto voglio privare né me di questo piacere, né
che i lavoratori non possono interessarsi di
Parte prima (*)
seconda parte verrà pubblicata sul pros(*)
simo numero.
( I ) E' stato, dicevo, u n giusto rilievo di Jacopo Di
Cocco al Convegno oreanizzato dall'Istituto Affari Internazionali del novembre 1973 a Roma dal titolo a Un programma per l'Europa >,, i cui atti verranno prossiniamente pubblicati a cura dell'Istituto promotore.
3. - Sciivcvo duriquc poco dopo avci. pubblicato qucll'csan~cgcncralc della rcalià CUnlunilaria, nella rivisia lorinesc Popolo ELIropeo », sollo il titolo I .>iizdacati europei
scoprono l'Europa? Sindacati liberi e prob l e m a europeo (2):
I. - A Dortmund, nel pomeriggio del 5 luglio [1963], si è riunito il Comitato Esecutivo dei
Sindacati liberi delle Con-iunità Europcc, chc
rappresentano più di 12 milioni di lavoratori
organizzati, alla presenza anche di numerose
delegazioni di lavoratori dci diversi paesi, c
soprattutto della Francia, pcr uii totale di
25.000 partecipanti. Non t: stato dunque u n
vcro congresso - giacché la durata della riunione ha appena superato quella di un five o'
clock tea - voglio dire il tempo necessario
per ascoltare alcuni discorsi d'occasione di qualche vccchio bonzo dell'europcismo « borghese »
come Jean Monnet, per lasciare pronunziare
ai capi delle organizzazioni nazionali allocuzioni non meno ufliciali e iinalmcnte per approvare all'unanimità e aenza discussione una
dichiarazione preparata in anticipo. Non è stato, dicevo, un vero « Congresso », nel senso
di un dibattito e di un conironto di idee; ma
gli organizzatori hanno potuto ugualmente parlare, a buon diritto, della maniicstazione numericamente più vasta e politicamente più rappresentativa - anche più di quelle organizzate
all'Aja, nel 1948 C nel 1953, dal «Movimento
Europeo » - in favore dell'idea europea.
Ascoltando questa voce, senza dubbio impor.
tante, che ci viene improvvisainente da Dortmund (chi per lungo silei7zio purea fioco) si può
dunque dire che i Sindacati liberi, che le forze
del lavoro si pronunziano per la Fcderazione
Europea?
Non lo crediamo, e ne spiegheremo brevemente le ragioni.
2. - La prima, e fondamentale, risiede nel
contenuto stesso della dichiarazionc approvata
a Dortmund (non si può neppure chiamarla
una mozione, giacchf essa it altrcttanto povera
di contenuto politico quanto la riunione che
l'ha preceduta t: stata povera di idee e di discussioni).
Per fare l'Europa non basta parlare vagamente della sua necessità (questa è anzi la
tattica stessa dei suoi nemici più intelligenti).
Bisogna avere obiettivi precisi; piani e strutnenli per realizzarli e una volontù tesa a questa
realizzazione, che subordini tutta l'azione politica a quegli obiettivi e a quci piani: la crcazione di una democrazia C di uno stato federale attraverso una Costituente europea. Esaminiamo separatamente questi trc punti.
a ) Quanto agli obiellivi, la dichiarazionc si
limita ad affermare che i Sindacati dei sei
Paesi cc clziedorio lo svilrippo ulteriore della Coinuiiitb Elrropeu atluule negli Stati Urliti d'Eicropu comprei7denti la Grun Bretagna », e condannano le « conceziotii orniai superale di coalizioni intergovernative n.
Che può mai significare, in simile contesto,
l'espressione s Stati Uniti d'Europa »? Come gli
interventi dei leaders sindacali nazionali hanno
confermato, se essa significa una condanna dell'« Europa degli Stati » britannica e gollista, essa
non significa afiatto una pronunzia in favore
delle idee della Federazione Europea hic et nunc,
che resta per i Sindacati - nessuno l'ha detto
in modo più perentorio di Robert Botherau,
Force Ouvrikre Segretario Generale di
a un ideale ancora molto loiilaizo cialle rzostre
effettive possibilità rli realizzaziorie n.
Che
senso può avere - egli ha precisato - opporre l'Europa delle patrie all'Europa sovrannazionale? L'Etiropa delle patrie sta sparendo e
l'Europa sovrannazio~iale resta ailcora una visiotie dell'avveiiire, giucclzé lu Graiz Bretagna
tiori acceila questa /orma di iiilegrazioile euroopa
pea, iizei7fre la siia presenza in ~ ~ n ' E ~ ~ runita
(2) Qucsto breve sacgio è stato anche ripubblicalo
in estratto, nell'opuscolo Partiti politici e Federazione
eriropeu (con t r e note su Elezioni italiane e fedelal i ~ m o .Il convegno degli amici del C Mondo r: che lave
per l'Europa? e Sindacati liberi e problema europeo),
Firenze, 1963, 34 pp.
COMUNI D'EUROPA
costitrlisce ulza ~ l e c e s s i t ù per l'eqiiilibrio nzoncliale ».
Qiicsto si cliinnia parlai- chiaro (3).
h ) Quanto ai pialli c agli strunicnti, i leadeis
sindacali <\ci di\*ersi paesi, scmplicementc, non
ne hanno. Coinc in passato essi hanno solo
scpiiilo passi\1ainciiic, e spcsso controvoglia, gli
sloi-zi tlei Monnei, dei Dc Gaspcri, degli Schuiiian o degli Adcnauci., scnza niai presentare
un suggcrinicnto posiLi\,o, e hanno accettato
tacitamente l'idea che la costituzione europea
ci-a cosa chc doveva esser fatta, nella sostanza,
da altri - e semmai da essi corretta, qua e
là, nei pariicolari - ina sui cui stessi fondaiiicnti essi noil avevano nulla da dire; aiialogainciiic oggi cssi rendono esplicila questa conipleiri dclegazionc di poteri a benericio dei rapprcsentaiiti degli intci.essi nazionali borghesi.
« l rappreselzfanii [li 12 i ) ~ i l i o n id i lavoratori,
~ d diee in proposito la diriuniti a D o r t t ~ z u ~ ehiaraz.ione approvata - chiedono c h e i popoli,
le Comttnitù europee e i govei.rzi dei loro paesi
prendano seriza esitare ttttte le m i s u r e necessarie per I-aggi~cllgerequesti obiettivi u.
Quali? G Videaiit consules ... n.
Anche quando si traila di una questione,
scnza dubbio grave, come quella che concerne
diretlamente gli interessi e la rappresentanza
dei lavoratori - e l'esercizio della loro influenza - in seno alle Coniunità, i sindacalisti europei non sanno se non affermare vagamente
che la voce d e i lavoratori e d i ttttti i cittadini e i ~ r o p e idov1.6 essere s e m p r e più ascoltata
nella fornzazione della v o l o ~ l t à della C o m u n i t à
Ettropea 2, senza essere in grado di presentare
una sola proposta, una sola rivendicazione concreta.
Anche qui L: Robcrt Botherau cluello clic ha
(3) Botherau moslrava di aver così rapidamente dimenticato - c la cosa ci sembra particolarniente significativa, per apprezzare a1 giiisto valore le dichiarnzioni
e le parole in senso europeo che non impegnano a nulla,
e che ormai, negli anni '70, sono sempre più frequenti
siilla bocca dei sindacalisti di ogni colore - quanto egli
stesso scriveva qualche anno pi-ima, e sempre come segretario della << C.G.T. - Force Ouvri6re », sostenendo invece il préalable sovranazionale, e cio& che occorre una
realtl economica europea già realizzata perché si possa
s u quella impiantare un e piano sociale (R. Botherau,
Le syizdicalirnze orivrier dnrzs l'i-rirope de 1959, nel volume di P. Huvelin, A. Graendel e altri, 1,'Occiilent à la
recherche d'iine doctrine sociale, Neuchatel, La Baconnière, 1959).
reso, meglio di ogni altro, esplicita la filosofia
cl:c è alla base di un simile atteggiamento di
tlcbolezza e di desistenza: « L'Europa, egli ha
àctto, noi? può izascere i m p r o v v i s u i ~ z e ~ z tda
e un
c o n f r o n t o d i tesi opposte: essa si realizzerà7 anzi
.si rcalizza già ilel lavoro i?nziell/e d i t u t t i i
giorrii, attraverso 1~ ricci'c'<r d i solzczioni ilor1
.spcitucolari m a ellicuci <li i111 problema, clze
vunilo ad uggiungersi u quelle giù approvate ».
Si interroghino quei nemici dell'unità europea,
a capitalisti » e « borghesi » di cui parlavamo
all'iiiizio, che si dichiarano per l'Europa di doinani, per meglio sabotarla fin da oggi: essi
parlano esattamente negli stessi termini dci
:astri bi-avi sindacalisti.
c ) Ciò che abbiamo detto è più che sufficiente
a comprendere che dietro le vaghe dichiarazioni del testo che stiamo commentando non
vi è alcuna linea politicrc europea seria, né alcuna seria intenzione di realizzarla. I Sindacati - vi si può leggere - renderanno i loro
sforzi per la causa europea alicora più dinamicz ,, (quasi che - modestia a parte - fossero già tali). Tutto qui.
((
3. - Gli altri discorsi pronunziati a Dortinund confermano questa nostra analisi. Certo,
i diversi oratori non osano rivendicare la paternità della causa europea: ciò sarebbe troppo
manifestamerite eontrario alla realtà di un passato ancora recentissimo. Ma affermano con
energia di aver appoggiato fin dall'inizio e
senza arrière-pensées i tentativi ufficiali di
unione, e soprattutto quelli per l'Europa a Sei:
il che spesso è quasi altrettanto falso. Lasciamo pure da parte l'atteggiamento dei sindacati non rappresentati a Dortmund, come la
CGIL italiana o la CGT francese, che per
aver il coraggio di assumere una posizione un
po' meno conformista n nei confronti del MEC
hanno addirittura avuto bisogno di lunghi anni
di destalinizzazione. Ma come dimenticare qual
era l'atteggiamento della socialdemocrazia tedesca all'inizio degli anni cinquanta in relazione all'idea europea? Come passar sotto silenzio che ancora nel 1959 le edizioni di « Monde Ouvrier » pubblicavano uno scritto ( L e Marc h é Comnzitn: c h o m a g e o u prospérité?) in cui
la CEE veniva sottoposta alle critiche più severe? Come, soprattutto, non ricordare che
BANCO DI NAPOLI
Istituto di credito di diritto pubblico
Fondato nel 1539
Fondi patrimoniali e riserve: L. 99.754.952.734
DIREZIONE GENERALE
-
NAPOLI
Tutte le operazioni ed i servizi di banca
CREDITO AGRARIO - CREDITO FONDIARIO
CREDITO INIIUSTRIALE E ALL'ARTIGIANATO
MONTE DI CREDITO SU PEGNO
SERVIZI D1 RICEVITORIA-ESATTORIE E TESORERIE
500 FILIALI I N ITALIA
ORGANIZZAZIONE ALL'ESTERO
Filiali: Buenos Aires - New Vork
Rappresentanze: Bruxelles - Buenos Aires - Francoforte s / M
Londra - New Vork - Parigi - Zurigo
Banca affiliata
Banco di Napoli (Ethiopia) Share Co. - Asmara
Uffici cambio permanenti a bordo T/M C Raffaello n e M/N
Corrispondenti in tutto il mondo
cc
Augustus
maggio 1974
queste critiche sul carattere r capitalistico » e
a filo-monopolistico
delle Comunità
che, diciamolo cliiai-amentc, condividiamo in larghissima misura - non sono mai sviluppate nella
prospettiva di una più grande sovrannazionalità,
dclla istiiiizione di una dcmocrazia lederale europea che coi-rcggcrcbbc o porrebbe i fondainenti
politici per superare i difetti c gli squilibri
giustamci~tc laincntali, ma proprio nella prospettiva opposta di un indebolimento ulteriore
dei poteri comunitari e di un ritorno - secondo
la tesi appunto del citato scritto francese - a
una grande Zona di libero scambio D ?
E' difficile pensare a un'eflettiva modifica tli
questo orientamento, se tale passato, lungi dall'esser ripudiato, viene invece allegato come
prova del propi-io spirito europeo.
Ed infatti non si può dire che quella prospettiva sia inolto cambiata oggi, se non ci si
lascia ingannare da semplici parole senza conseguenze. Certo, vi sono delle sfumature nei
diversi discorsi, e se quanto abbiamo detto
fin qui quadra perfettamente col tono della
dichiarazione, ad esempio, di Robert Botherau,
dalla quale abbiamo citato alcuni dei passi più
significativi, è ugualmente incontestabile che
interventi come quelli, ad esempio, dei rappresentanti dei Sindacati dei tre Paesi del Benelux
hanno mostrato una intonazione un po' diversa,
giacché in essi si afferma, con un linguaggio
senza dubbio altrettanto vuoto e retorico, ma
tuttavia meno equivoco, la necessità di una
unione europea sempre più « sovrannazionale »
e sempre più allargata dal campo economico
e tecnico a quello generale e politico.
Ma a parte il fatto che il compromesso si è
realizzato - il testo approvato lo dimostra su tesi molto più vaghe e sfumate (o, più esattamente, molto più ... precise, nel senso detto
prima), ciò che colpisce, nelle dichiarazioni
dei vari oratori, è la mancanza completa di
una sola idea nuova, di un solo suggerimento
originaici ed efficace, del più semplice sforzo
costruttivo, fosse anche nel quadro di quel
« riformisino europeistico » che noi abbiamo
condannato, ad esempio, nel Convegno degli
Amici del mondo; e il carattere vuoto e senza
significato di affermazioni costantemente ripetute in favore di una
Europa democratica »,
che non sono mai accompagnate neppure dal
sospetto che un'Europa realmente « democratica » può costruirsi solo partendo da una
critica radicale anche della formula istituzionale, non rneno falsa ed ingannatrice, delle
Comunità a Sei, e che appunto muovendo da
tale critica si può realizzare quel superamento
delle troppo equivoche e fragili strutture sovranazionali, con tutti i difetti necessariamente
connessi di estrema acquiescenza - verso gli
interessi degli stati, degli imprenditori, dei monopoli - che le forze di sinistra e i Sindacati rimproverano, e il più delle volte con
ragione, alle istituzioni comunitarie, senza però
mai essere in grado di collegare queste critiche - e di dar loro con ciò una forza e una
efficacia reale - a una visione organica e ad
esse propria - realmente democratica perché
realmente « sovra-nazionale » (cioè federale) della nuova Europa, in cui la stessa radice
istituzionale di quegli errori e di quelle ingiustizie sarebbe superata.
-
4. - Si deve trarre da tutto ciò una conclusione radicalmente negativa sulla capacità dei
sindacati nazionali di aprirsi all'idea della Federazione Europea? Al contrario, è manifesto che
vi sono al loro interno dei fermenti validi di
un'europeismo sincero e rispondente a interessi
reali delle forze rappresentate, anche se incapace di divenire realmente cosciente di sé, di
proporsi delle scelte precise, di consolidarsi e
cristallizzarsi in una linea politica chiara e
tenacemente perseguita.
Questo effetto « catalizzatore n, questa « precipitazione » di un sentimento in una politica,
non può essere realizzato attraverso saggi consigli o belle parole di un rnentore disinteressato
e supra partes. Può esser solo ottenuto da una
forza politica federalista degna di questo nome,
e cioè capace non solo di persuadere, ma di
esercitare una pressione effettiva (unicamente
possibile se essa è in grado di far energicamente concorrenza, sul loro stesso terreno,
proprio ai partiti e alle organizzazioni che essa
desidera come alleati) e di polarizzare in tal
modo i gruppi e le tendenze che, all'interno
di questi organismi, si rivelano più sensibili
COMUNI D'EUROPA
maggio 1974
-
all'idea curopca, oflrcndo loro un solido appoggio esterno.
La creazione cii qucsla forza resta pertanlo
pci- iioi, oggi, il \ero ( ~ p i é a l n l ~ l e r .
Dieci anni dopo: il problema europeo
nei sindacati italiani
1. - Ebbene, a distanza di tanti anni rion
credo di aver a modificare sostan~ialmentc
q ~ i c lgiudizio - che, come dirò tra poco, si
può ora estendere dai sindacati liberi a tutte,
wnza ccce7ione, le forze sindacali -; e di
dovei anzi ribadire con pari energia quanto
in particolare ivi affermato nella conclusione:
e cioè che senza una forza politica esterna,
originariamente strutturata in senso dichiaratamente sovrannazionale, che prema verso
11integra7ione e operi da stimolo e da innesco anche sul mondo sindacale, è difficile che
organizzazioni concepite, strutturate e orientate in senso nazionale e per operare nello
stato nazionale e attraverso di questo si
aprano davvero a una strategia europea di
fondo, sostitutiva e inglobante lc strategie
riai-ionali.
La questione essenziale è, secondo me, la
seguente: si potrebbe davvero affermare che
la prospettiva europea dei sindacati è radicalmente cambiata, o anche solo notevolmente
modificata, se si potesse mostrare che cambiata essa è, e sostanzialmente, nel punto
capitale, e cioè nell'attacco che detti Sindacati, come tutte le forze del rinnovamento
e di opposizione al sistema, dovrebbero rivolgere al cardine, al fondamento medesimo di
questo: la sovranità nazionale il cui superamento dovrebbe costituire I'obicttivo strategico essenziale, raggiunto il quale tutto il
fronte si sposta ed avanza, la battaglia si pone
in tcrmini nuovi, e si prospettano obiettivi,
alleanze, traguardi fino a poco tempo prima
impensabili. Ma è davvero lecito affermare
che quel passaggio dall'ordine statale a un
ordine federale europeo - qualitativamentc
diverso da quello realizzato dalle Comunità,
che anzi di esso è solo una caricatura e
uno scliermo - sia ormai avvertito, o cominci
ad essere avvertito come lo scopo essenziale,
primario e condizione di ogni altro delle masse lavoratrici come delle forze di sinistra, a
un dipresso come, poniamo, settanta o ottanta anni addietro i movimenti socialisti, a un
determinato momento della loro storia, compresero il carattere pregiudiziale, ai fini stessi
del raggiungimento dei loro obiettivi sostanziali e sociali, della realizzazione di u n traguardo meramente formale e politico quale il
suffragio universale, e agirono in conseguenza?
I1 mio parere è che se progressi parziali
sono indubbiamente stati compiuti, e in ispecie da quei sindacati che - più strcttamente
legati, fino a ieri, alla strategia sovietica in
Europa - avevano assunto verso l'integrazione continentale, quale che essa fosse, una
ostilità di principio; su questo punto centrale,
invece, e senza il quale anche tutto il resto
non costituisce avanzamento vero e vero approfondimento di consapevolezza europea,
non vi sia stato cambiamento qualitativo
reale.
2. - Per meglio chiarire il mio pensiero e con parole non mie, ma di un convinto
marxista ed extra-parlamentarc germanico,
che è anche un convinto federalista, e cioè
Heinz Kuby - ricorderò quanto quest'ultimo
ebbe a d affermare qualche anno addietro ad
Lin convegno romano:
« La siiuazionc dclla siriisii-a i11 Eui-opu i: coiidizionata da una pluralilà di Stali, iiesuno dci
cliiali iondaio dagli opci-ai, ma, al contrario, <la
cliici gri~ppicontro i cltiali csqi dcbboiio lottare.
i)i
coiiscgiienza, sviluppo c sirLiiiLira dillcrcnti
dei nosii-i Stali c loro riv~ilitiimpoiigoiio alla
sinistra inicressi dilLcrciiti c spesso contraddilLori da un Paese aiì'aìtro.
Così, con le buone C con le cattive, il moviniento operaio si è nazionalizzato. Tanto i pari111 quanto i sindacati.
La strategia del movimento operaio era detlala da un eri-ato apprezzamento del ruolo dello
blato. 15sscndo considerato come semplice sovrastruttura della società capitalistica, esso avrebbe
dovuto " niorire " con la strategia. Tuttavia,
lo Stato, invcce di morire come era previsto,
i: diventato lo stabilizzatore del sistema. E le
organizzazioni operaie sono diventate il pilastro
di questo stabilizzatore e quindi, sotto certi
aspetti, l'aiuto principale del sistema capitalistico.
Oggi però gli Stati stessi diventano Iattori
di instabilità; poiché l'organizzazione delle forze
produttive corrisponde sempre meno all'organizzazione politica, da un lato produzione, distribuzionc e mobilità dei capitali si organizzano su scala continentale; dall'altro gli strumenti di intervento degli Stati restano sempre
gli stessi. Così cssi non riescono più a garantire lo sviluppo, conkormc al sistema, dell'ecoiioniia.
E' così che gli Stati europei, agendo separatamente, non possono più operare efficacemente;
t: questa la i-agione per cui la loro integrazione
t: cominciata, per approntare i necessari strumenti di intervento sul piano transnazionale.
111 tal modo però, insieme con lo stabilizzatore
' Stato ', t: il sistema dclla stessa società che
iiiiplicitamente t: chiamato in causa: il mezzo
principale per colmare e distrarre gli operai
(cioè per nazionalizzarli) non funziona più senza
difficoltà. La transizione offre la possibilità del
cambiamento. Per la prima volta, nell'Europa
occidentale, t: possibile approfittare di questa
possibilità di cambiare le strutture dello Stato.
Ne segue che l'azione transnazionale non è una
appendice dcllc strategie nazionali, ma al contrario essa devc tendere a una strategia transnazionale.
I due metodi che la sinistra devc seguire
- anticapitalisino e antiautoritarisrno - non
possono avere un effetto sulle niassc, quando
gli Stati lormati dalle forze ostili non sono
messi in causa. L'azione della sinistra deve dunque essere transnazionale, anche là dove agisce
in un quadro geografico, locale o regionale, limitato » (4).
Nello stesso spirito, e press'a poco nello
stesso periodo di tempo, un leader della sinistra socialdemocratica tedesca, Jochen Steffen, ha scritto nella rivista « Conkret » (5):
« Una parte della sinistra non è riuscita a
capirc che non è possibile, a livello nazionale
c con strumenti nazionali, programmare una
politica degli investimenti, in accordo con gli
interessi dei lavoratori, né cambiare il sistema
fiscale né mettere in atto una politica sociale
in grado di raggiungere questi obiettivi. La
nostra economia è irreversibilniente integrata
in un mercato europeo e questa irreversibilità
significa che tornare indietro porterebbe alla
rovina economica. Una azione - a livello nazionale - può soltanto modificare, entro un
margine molto ristretto, la politica economica,
la politica fiscale, la politica regionale e settoriale, la politica infrastrutturale, ecc.
Ma niodiIicaziorii radicali sono possibili solo
(4) Questa tcsi è svolta da Heinz Kuby, ilcl secondo
dei due volumi: Prospettive e strategia della sinistra in
Elrropa (il secondo reca anche il sottotitolo Nuovi sfriltilenti di organizzazione della classe operaia), pubblicati dal Movimento Politico dci Lavoratori di Livio Labor
e in cui s i raccolgono gli atti d i due convegni internazionali s u tale argomento svoltisi nel corso del 1970
a Parigi e a Roma (Roma, M.P.L., s.d., pp. 140 e 158).
Si veda anche il suo saggio (non pubblicato, e che
conosciamo in uri testo ciclostilato) Truiz.siiafionale
Zusamn?eii«rbeit iii Europa.
(5) Trag-p la citazione da uno dei documenti più
significativi presentati al « Contro-vertice n organizzato
dal Movimento Federalista Europeo a Parigi nell'ottvbre 1972: quello della Federazione giovanile repubblicana, intitolato Iiifeg1-azioiie europea e squilibri regioizali.
se si riferiscono all'intcro sistema economico,
il clic significa all'Europa [...l. Le più importanti
Ic\,c per can1biai.c la socicili o l i o state ormai
d a iciiil?o ~i.asSci.iic;i li\,cllo curopco. Soltanto
Ic organizzazioni europee. possono usarle ricl.
I'iritercssc del popolo
)).
1 giovani Lcclcialisli genovesi, che rappresentano l'ala marxista del M.F.E., hanno
anch'essi posto in luce - scrivendo indipendentemente dal Kuby e dallo Steffen la stretta correlazione fra battaglie ecuiiomico-sociali c p r ~ a l u h l e europeo: per esser
progrcssisti, cssi affermano, non basta esser
impegnati nella lotla di classe e battersi
contro il sislema, occorre altresì impostare
questa lotta in una prospettiva europea,
esser all'avanguardia dclla battaglia per uno
stato europeo, contro uno stato nazionale (6).
E oggi ormai anchc un membro autorevole del P.C.I., l'on. Silvio Leonardi, membro
del Parlamento Europeo - nel numero dell'ottobre 1973 di « Politica ed Economia » si domanda, sia pure in forma dubitativa, se
l'integrazione curopca non sarebbe oggettivamente un Ienomeno progressista che, messo in
moto e gestito da classi conservatrici nel loro
interesse cori un succubo intcrvento pubblico,
ha creato contraddizioni tali da rendere possibile una profonda trasformazione dell'attuale
sistema economico e sociale nei paesi membri
nel loro complcsso sulla base di anipie alleanze
tra forze diverse, e se ciò avvenisse, il processo
di integrazionc comunitaria sarebbe non un
ostacolo, ma un clcincnto essenziale per la
trasformazione socialista dei paesi dell'Europa
occidentale, c quindi cleniento di spinta e non
di ostacolo alle azioni nazionali n.
«
3. - A queste considerazioni si legano
strcttamente, anche se prospettate da un'altra angolazione ideologica, quelle di Sergio
Pistone e dei suoi collaboratori (7), laddove
essi hanno messo in luce quello stretto rapporto - che sfugge spesso, invece, ai sindacati e alle sinistre - fra tipo di integrazionc europea e sua struttura istituzionale,
da u n lato, e qualità delle politiche economiche e sociali che essa attua, e può solo
attuare, dall'altro: una politica progressista
passa per un'Europa federata; un'Europa
come quella delle Comunità europee può
invece solo svolgere una politica conservatrice.
Ecco dunque quello che si può leggere
in detto sagsio, a nostro avviso Eondamentale:
K ... come già nel '64, la spinta decisiva ad una
politica più o meno moderatamente deflazionistica proviene dagli organi della CEE, i quali
agiscono in base alla quasi esclusiva preoccupazione di evitare che un'eccessiva tensione
inflazionistica in un Paese della Comunità esport i squilibri c difficoltà nei restanti paesi-membri.
Si tratta ovviamente di un'impostazione tendenzialmente conscrvatrice e volta a suggerire
politiche troppo prudenti c quindi contrarie
agli interessi delle grandi masse lavoratrici;
tale impostazione potrebbe pertanto teoricamente essere sostituita, in seguito ad una forte
pressione dcllc forze progrcssiste, da una più
(6) C Bollettino ,, dei giovani federalisti d i Genova,
1971, n. 3. Si veda ora anche, deeli stessi. la rivista
Lotta di classe e integrazione euGpea n (Genova), diretta da Alessandro Cavalli, e in particolare il n. 1 del
gennaio-Febbraio 1974 (dedicato al icnia Lotta d i classe
e integrazione europea). in cui si :iflernia tra l'altro, nell'Editoriale, che mentre a senza fare i conti con l'attuale
tipo di integrazione europca non C possibile ridiscutere
coli successo la ~ l r a t e p i adella classe n. di fatto il nuovo
corso europeo delle forze della sinistra a non sembra
caratteriz7ato dalla critica ai Fondamenti s u cui si
regge I'atiuale tipo di integrazione né dall'apprqfondimento dei nodi che ne evidenziano le maggiori conche è appunto la nostra tesi.
traddizioni
Comu(7) S. Pistone e altri, I sindacati e l'Europa,
ni d'Europa », luglio-agosto 1970 (ripubblicato anche a
parte, poco dopo e con lo stesso titolo, in urlo dei
e Quaderni della Commissione italiana del MFE s, Pavia, s.d.).
e
-~~~
~
.:
COMIJNI D'EUROPA
maggio 1974
-
p
-
coraggiosa c diiiainica politica di espansione
prograinniata sulla base di obiettivi decisi in
coiliunc tiai paesi della Coniuniti. I1 l'atto che
cosi iioii n \ , \ . c n s a iioii :ì per0 casuale, iiia clipciidc loiiduiiicnlaline~ilc tlalla circostanza clic
gli orzaiii coiiiuiiiiari non lianiio il potcrc poliIico c cio? I;i Icgiltiiiiiiii clciiiocrulica curopca
iiidisp~iisahilc per claboi.arc ctl iiiipori-c uiin
iiicisiva poliiicn ccoiioiiiica curopca. A causa
clcilii loro clci~olw,.ii essi clcbbono liiiiitarsi ad
iiiipoi-i-c dei viticoli alle sccllc iiazionali, senza
poicr conipicrc a loro volta delle scelte dinamiclic e positive, e quindi il coordinamento
dellc poliliciic cconoriiichc che essi attuano si
i-iduce ad uii coiiiproiiics~oal miniinu comunc
cleiioiiiinatorc c si iraducc perciò fatalmente in
una liiica di pura conser\~azioiicdegli equilibri
ccoiiuiiiicu-sociali esistciili D.
E' q~iestoil nodo politico di fondo, il préa
lable lederalista Pondamental'e, visto sub
specie sindacale, intorno al quale non si
puì) assuini.re una posizionc sfumata, giacché uno stato c una legalità nuova non si
crcano a spicchi e a fette, u n pezzetto oggi e
uno domani: se non si è decisamente per,
si necessariamente, obiettivamente contro.
4. - Orbene, forze sindacali che davvero
avesscro fatto proprie - voglio dire compreso e accettato nelle loro proionde implicazioni, e non solo vagamente recepito nei
loro programmi e nei loro discors'i - quellc
tesi di Kuby e di Pistone, dovrebbcro interamente rivoluzionare la loro strategia, rendersi conto chc è proprio sulle strutture istiLuzionali (semprc, invece, accettate come
date, come sostanzialmente decise, e come
se noil potcssero non esser decise, dalla
borghesia, dai padroni, da chi co'manda)
che dovrebbe concentrarsi la loro azione,
non riformatrice, m a decisamente e qualitaLivamente rinnovatrice: tanio più che per la
realizzazione di un tale obiettivo politicoformale sarebbe assai più facile ottenere
la solidarietà di vasti gruppi anche al di
tuori del mondo o'peraio, e che in passato
si sono battuti, o almeno pronunziati per
unrEuropa genuinamente sovrannazional~e:sì
che la posta sarebbe non solo strategicamente più importante, ma anche meno difficile da raggiungere, se una mobilitazione
seria e una strategia articolata e di lunga
lena venissero messe in opera a livello sovrannazionale e a partire dal mondo s'indacale e delle sinistre.
Ora nulla di tutto ciò si delinea all'orizzonte; e restano invece, come prima, azioni,
intraprcse dai sindacali al livello europeo,
di carattere laterale e marginale, manovre
di piccoio riformismo, volte a chiedere una
qualche maggiore voce in capitolo per le
forze del lavoro, ma nell'ambito dell'impalcatura istituzionale comunitaria, e quindi
di una struttura decisionale che resta, sostanzialmente, invariata e in maiii altrui: il
che non è senza conseguenze assai gravi,
dal punto di vista degl'interessi che i sindacati difendono, non solo, co'me Pistone ci ha
poco fa ricordato, in ordine alla generale
politica econo'mica comunitaria, ma, più specificamente, in ordine alla stessa politica
sociale della CEE, come altra volta abbiamo cercato di mo'strare noi stessi su queste
colonne (8).
(8) E sewnatamenle nci numeri di « Comuni d'Europa N
del1 aprileD1971 c del luglio-agosto 1973, nei quali abbiam o cercato di diniosli-ai-e, per dirlo con le parolc di
L. Zanzi - c sulla scorta del fondamentale rilievo sop r a citato di Pistone - che è fittizio il dilemma tra
una politica buona » e una s cattiva >> della Comunità,
giacché la modifica tli tale politica dipende anzitutto
da una modifica istituzionale di detta Comunità (L. Zanzi, nel suo intervento nel volunic del Movimento Europeo
che raccoglie gli atti del Convegno, I luvoratori e 1'Europa, tenutosi a Roma il 25 e 26 maggio 1973 (Roma,
Movimento Europeo, s.d. [1974], 388 pp.). O
per ado-
-
Deviare verso obiettivi laterali le spinte
delle forze di rinnovamento, mantenendo intatto il nuclco centrale del potere, è stata
sempre la strategia principe, e sempre pagante, di t ~ i t t e lc conscrvazio~ni; e a tale
strategia i sindacali sembrano tuttora prcstarsi docilmeillc.
5. - A coni'ermarlo, come dieci anni addietro feci col Convegno di Dusseldorf, prcnderò questa volta come base della mia « riprova per nove » l'incontro unitario delle
tre organizzazioni italiane - CGIL, CISL e
UlL - sui problemi dell'=ione sindacale
nell'Euro'pa comunitaria, che si è tenuto a
Roma nell'estate del 1971 e i cui atti sono
stati racco'lti in volume (9).
Basta percorrere i punti essenziali del
« Documento conclusivo n, approvato al termine dei lavori, per rendersi conto che
quella luteralitù, che dicevo, dell'azione sindacale europea, che quel suo carattere settorjale e strettamente limitato ai problemi
del lavoro non è affatto superato, nemmeno
oggi, in una superiore concezione politica, di
cui sopra postulavo l'esigenza, e che sola potrebbe dare anche all'azio'ne più spelcificamente sindacale spazio e respiro nuovo. Ciò
a cui si tende è - citiamo da quel DocumenLo - « il rafforzamento del potere sindacale
nelllEuropa comunitaria n: ma in un'Europa
che, ancora una volta, e a parte qualche
lip-service reso a mezza bocca e senza seria
convinzione all'idea della « democratizzazione. delle istituzioni comunitarie, si concepisce e si accetta come destinata a restar
indefinitamente quella che è, e di cui non
si postula pertanto mai la «mutazione federalista P. Com'è confermato dal carattere
estremamente moderato - appunto, riformista e non federalista, in perfetta sintonia
con le tesi dei partiti e delle forze borghesi - di quelle proposte di democratizzazionc, sempre blandainente correttive, e mai
radicalmente innovatrici, che vengono formulate in quel documento, e che potrebbero
csser sottoscritte da un qualsiasi convegno
europeo di democristiani, o da una qualunque internazionale liberale. (Significativa, in
proposito, la parte finale della relazione
Della Chiesa, che è la più esplicita e diffusa
in materia, e che non supera mai tali orizzonti riformistici). (10).
. .
E' importante certo, ed è un progresso rispetto al passato, che si affermi - ci riferiamo ancora al Documento conclusivo - la
necessità di superare definitivamente « atteggiamenti di estraneazionc sindacale rispetto al processo di costruzione europea n,
così come l'esigenza di assicurare coerenza
tra le scelte rivendicative che i sindacati
hanno operato in Italia e l'azione unitaria
in Europa D. Ma con questo non sli esce da
quella concezione setto'riale, di cui Kuby e
Pistone hanno così lucidamente messo in
risalto l'inadeguatezza. Quando, in coerenza
perare invece i termini uaati in quello stcaso Convegno.
dai due fratelli Majocchi -, poiché quelle << contraddizioni sono implicite nel meccanismo di sviluppo comunitario, l'obiettivo non è più di cercare certe trasformazioni all'iriterno del meccanisn~o; il problema è d i
cambiare il tipo di meccanismo » (cosi il primo de li
altri due Dioscuri
questi, allobrogo-longobardi
fel
fcderalismo ilaliario, Alberto, p. 165): donde la morale
che il più grosso alleato, nclla storia della conservazione, è stato ed è la stupidità della sinistra, perché troppo
spesso la airiistra iion hu individuato e non individua
il terreno su cui può vincere, e si batte invece sul terreno syi cui C pendente >> (cosi Gino, p. 295).
(9) L uziune sindacale nell'Europa cumunttaria. Incontro rinirario CGZL-CISL-LIIL, Roma, Ed. Stasind. 1971,
-
-
77(f&'Lo stessa dicasi per altra relazione dello stesso
autore (dal titolo L'impegno dei Sindacati nell'integrazione europea) nel volume testé citato del Movimento
Europeo I lavoratori e l'Europa.
con tale accrcsciuto impegno, si sottolinea
la necessità di proposte e azioni comuni, con
particolarc riferimento, si dice, «alla politica del pieno inzpiego, alla politica regionale,
alla circolazione dclla /nano d'opera, al controllo dclla circolazione dei cr~pitaIi,alla polilica ngrarin, alla polilica industriale, alla
politica dcll'encrgiu, alla poliiica sociale e
a quella dei frusporti » - e chi più ne h a
più ne metta -, si conferma appunto tale
chiusura, e si dà un'ulteriore dimo'strazionc
dell'incapacità di cogliere il legame profondo
che passa fra tali po'litiche e la struttura
istituzionale che le secerne, relazione così
brillantemente messa in luce da Pistone, e
che dovrebbe costituire il punto d'i partenza
C il motore centrale di ogni pollitica europea che, al di là delle paro'le altisonanti, non
si limiti ad accettare sostanzialmente l'ordine costituito, e a chiedere voce in capitolo
so'lo per i dettagli, come costantemente avvenuto fin qui (e l'esempio italiano, che qui
più partico'larmente si esamina, viene privilegiato solo perché esso può costituire, a fortiori, uno specchio e un esempio dell'atteggiamento - in genere ancor più moderato - che
si è tenuto e si tiene al livello sindacale negli
altri Paesi membri della CEE).
6. - Non h a molta importanza in proposito - anche se non è privo di significato che in alcuni sindacalisti, come risulta dal
dibattito svoltosi in quel convegno, la lucidità dell'analisi sia tale da porre tutte le
premesse per quella « rivoluzione copernicana nella strategia europea dei sindacati
di cui sopra si cercava di mostrare le necessità, quando poi tutto resta a mezzo,
come prima, e le conclusioni teoriche come
operative (la sola cosa che davvero conta
i n politica) non vengono tratte, e anzi nemmeno abbozzate.
Ascoltiamo, ad esempio, quella che è foise
l'analisi più penetrante, anche se brevissima,
chc ci è stato dato leggere in queste interessanti pagine del Convegno romano, dovuta a Mario Didò della CGIL:
.Le scelte di politica economica C sociale
in Italia sono sempre più condizionate dal tipo
in atto
intese
che si moltiplicano tra i gruppi oligopolistici
impegnati in un processo di riorganizzazioile
~roduttiva la cui caratteristica è l'estendersi
di un processo di concentrazione e la creazione
d'imprese multinazionali.
[...l Mentre i centri decisionali, sia per quanto
riguarda le aziende, sia per quanto riguarda la
politica economica, tendono a sfuggire ad un
controllo nazionale, a livello comunitario e dei
singoli paesi viene sostenuta una politica d'esaltazione del profitto e della logica di illei-cato,
che contrasta nettamente con l'esigenza di una
programmazione democratica basata sul controllo degli investimenti e del movimento dei
capitali. I1 risultato è l'esasperazione degli squilibri, sia a livello mondiale, a sfavore del Terzo
Mondo, sia all'interno della CEE e dei singoli
paesi. La poliiica sociale è subordinata alle
esigenze d'un meccanismo di sviluppo dominato
dai gruppi oligopolistici e finanziari, anziché
essere la condizione dello sviluppo.
I1 movimento sindacale europeo è impotcntc
di fronte a questi fenomeni, perché è diviso
dal nazionalismo e dall'ideologia. I1 rilancio
dell'azione sindacale su posizioni di classe esige
il rinnovamento della linea strategica e delle
strutture del sindacalismo europeo », tanto più
che l'isolamento della nostra lotta e dei suoi
contenuti portcrcbbc, a luiigo termine, alla vanificazione dei nostri sforzi per la soluzione
nazionale dei nostri problemi n.
Parrebbero qui poste tutte le premesse
per quella « metànoia », per quel totale cambiamento di fronte che si diceva: e invece
COMUNI D'EUROPA
maggio 1974
21
~~~~~~~~
anche Didò non esce dalle rivendicazioni di
settore, e la sua massima ambizione resta,
come risulta dalle sue prime parole - e
come già avevamo visto dal documento conclusivo - quella di « dare una dimensione
comunitaria alla iniziativa rivendicativa dei
sindacati italiani ., ossia, come è confermato
dal seguito della sua relazione, quello di elaborare « u n a linea e contenuti alternativi
per una nuova società europea ». I1 salto
qualitativo da questi contenuti all'ambizione
di riplasmare gli stessi organi europei, e la
loro struttura politica, che tali contenuti
dovranno definire a livello continentale, non
c'è, e non fa neppur capolino, in tutti questi
dibattiti, il cui vero scopo è stato riassunto
efficacemente - ed, ahi, quanto pedestremente - da Baldassarre Armando, della
CISL, quando ha detto che l'obiettivo dei
sindacati è « addizionare al livello europeo
il loro potere contrattuale nazionale »: quasi
che non fosse proprio l'assenza di un potere
statale e democraticamente legittimato a livello europeo a vanificare anche quel poco
che i Sindacati riescono a raggiungere sul
piano interno.
7. - In conclusione in due soli interventi,
oltre a quello di Didò, abbiamo trovato
spunti che, s e opportunamente sviluppati (il
che purtroppo non è avvenuto) avrebbero
potuto costituire una piattaforma valida da
cui prender le mosse per quel radicale cambiamento di prospettiva e di strategia sindacale sopra più volte postulato.
L'uno è stato il discorso di Aldo Bonaccini, anch'egli della CGIL, il quale ha affermato che l'azione europea dei Sindacati
non deve essere una funzione di sostegno
delle attuali strutture comunitarie, m a deve
avere « propositi profondamente innovatori D.
E' di qui che si dovrebbe partire - ed è
qui, invece, che ci si ferma.
L'altro è stato il discorso di Fabrizia Badue1 Glorioso, della CISL, la quale ha affermato - toccando un punto particolare, ma
che potrebbe esser suscettibile di spunti generali di grande importanza - che la strategia delle società multinazionali, capaci di
operare « a l di fuori di ogni quadro istituzionale e di ogni dialettica contrattuale [...l
rende superate le dimensioni attuali del potere di lotta sindacale (11).
Ora tali « dimensioni » non sono casuali,
m a sono connesse al11esisten7a di uno stato.
La creazione di uno stato europeo è dunque,
in ultima istanza, la condizione istituzionale
non eludibile perché esista un sindacato
che abbia dimensioni continentali: le sole
valide ed efficienti per combattere la strategia, anch'essa continentale, del grande capitale.
Ma finché tale conclusione - pur così
manifestamente implicita in quelle considerazioni - non viene tratta; e finché, soprattutto, non diventa operativa, traducendosi in un progetto d'azione e in una strategia europea - e nulla lascia supporre che
ciò in un prossimo futuro possa accadere -,
fino a d allora le nostre riserve, il nostro
scetticismo, il nostro giudizio radicalmente
negativo su un'evoluzione che non c'è, se non
forse in qualche parola, non potranno restare
se non quelli di dieci anni addietro.
Valga a confermarlo il fatto che se, a
parte questi spunti, si vuol trovare, nell'ambito di pubblicazioni, di convegni o di dibat)>
(11) Per una trattazione sistematica e oarticolarmente
approfondita del problema delle multinazionali, condotta
da un punto di vista rigorosamente federalista, si veda
il saggio di L. Levi e altri 11 movimento dei lavoratori
i t ~ Eirropa e le società mt~lti~tazionali,
o Comuni d'Eliropa », gennaio 1974.
-
p
titi sindacali, un approfondimento in chiave
europea di un tema pur così capitale, occorre cercarlo in interventi di « non addetti ai
lavori », e fra quelli meno vicini alla sinistra ufficiale e canonica: come la relazione di
un professore di economia democristiano Siro Lombardini - al ricordato Convegno
I lavoratori e l'Europa, il quale, trattando
il tema Quale integrazione?, ha detto, insistendo sul carattere prioritario di una effet.
tiva unità politica, e in conseguenza economica, delllEuropa, e quindi di « u n a certa
omogeneizzazione nelle possibilità di sviluppo economico delle varie regioni D, come
condizione « necessaria per rafforzare il Sindacato a livello europeo' »:
« Vi sono delle aree molto deboli, dove i grossi
=ruppi europei possono insediare nuove attività
produttive e i movimenti sindacali di alcuni paesi possono essere facilmente ricattati: quelle imprese possono minacciare di spostare le nuove
iniziative verso i paesi dove, essendo le condizioni
più arretrate, anche i lavoratori sono propensi
ad accettare certe condizioni salariali, certe condizioni di lavoro. Se poi i sindacati mantengono,
malgrado la relativa depressione economica, una
certa forza, è più facile in questi paesi instaurare regimi neo-fascisti.
Lo sviluppo rapidissimo, che si è avuto recentemente, degli investimenti in Grecia è un sintomo chiaro di questa possibile evoluzione. La
quale, osservian~o,non solo indebolisce il sindacato - e lo indebolisce a livello europeo ma crea anche delle situazioni di instabilità. Le
condizioni favorevoli all'insediamcnto di attività
industriali in certe regioni infatti oggi esistono
e domani possono non esistere. Quindi investimenti che oggi appaiono giustificati, domani possono apparire meno giustificati » (economicamente, o anche solo politicamente).
I...] Noi possiamo valutare meglio l'interesse
dei lavoratori al processo di unificazione europea in negativo, esaminando cioè che cosa si
verificherebbe per il mondo del lavoro, se questo processo di integrazione europea dovesse
fallire. Si verificherebbe nel liingo periodo un
-
L'agricoltura comunitaria a Casale Monferrato
Proinosso dalla Federazione regionale piemontese delllAICCE e dall'Amnzinistrazione comunale di Casale Monferrato, si è tenuto in questa
città, il 23 marzo, u n Convegno su « I Fondi e le iniziative europee per l'Agricoltura n. Al Convegno Izanno partecipato numerosi amininistratori locali piemoiztesi, rappresentanti della Federazione regionale, docenti universitari ed esperti, rappresentanti delle categorie agricole
e parlamentari locali. Nelle foto: al tavolo della presidenza, da sinistra, il sindaco di Casale Monferrato Pier Enrico Motta, il prof. Aurelio
Dozio, il sen. Giovanni Boano, m e m b r o del Parlamento Europeo e l'avv. Gzanfranco Martinz; (a destra) parla il szndaco Motta, seduti:
l'assessore all'agricoltura di Casale Luigi Tartara e il sindaco di Pranzo110 Eugenzo Maccari, vicepreszdente della Federazione stessa.
maggio 1974
COMUNI D'EUROPA
indebolimento dei sindacati nei Paesi ad alto
sviluppo industriale, proprio per la presenza di
paesi sottosviluppati, dove è possibile collocare
nuove iniziative produttive. Si prospetterebbe
una posizione marginale, anche se ancora autonoma, di certe cconomie, come l'economia tedesca e l'economia francese; e per altre economie
la sola alternativa che si offrirebbe sarebbe una
posizione subordinata. Si vcrrebbe in tal modo
a realizzare - anzi ad accentuare perché le premesse già sussistono, purtroppo - un processo
di colonizzazione, per cui alcune attività di ri.
cerca ed alcune attività produttive ad alto livello
tecnologico verrebbero concentrate in alcuni paesi, mentre le altre attività produttive sarebbero
dirottate verso altri paesi ». (pp. 21-22) (12).
Si mettano a confronto queste lucide tesi
con le affermazioni confusionarie fatte, in
quello stesso dibattito, da un Silvano Levrero, che p u r proviene dal Centro Studi della
CGIL, secondo il quale non vale proporci
il nuovo mito della sovrannazionalità » (pagina 57): e non si potrà non condividere
il malinconico rilievo che sopra abbiamo
espresso.
8. - Basta del resto prendere in considerazione i documenti ufficiali dei no'stri sin(12) Esiste un'abbondante letteratura. e molta di primissima qualità, sulle multinazionali, ed essa tende a
porre in luce i fatti seguenti: I ) il fenomeno è in sé
positivo, e corrisponde in ogni caso a uno sviluppo dci
rapporti di produzione e dell'economia internazionale
che è impossibile arrestare se non si vuol tornare a forme deprecabili di autarchia; 2) tuttavia. in assenza di
un potere politico internazionale che le controlli, le
multinazionali possono esser causa di gravi disordini,
specie monetari, 3) e soprattutto minare la sovranità
degli stati, 4) mentre anche i sindacati sono singolarmente impotenti di fronte ad esse, giacché riescono
molto meno di quclle a internazionalizzare e coordinare
la loro strategia. 5) Un'altra buona letteratura mette in
luce come un rimedio, almeno parziale, potrebbe esser,
nell'ambito della CEE, la formazionc di società europee.
Ma nessuna delle opere che abbiamo potuto esaminare,
e che fra poco citeremo - e nemmeno quellc dovute
a sindacalisti - riescono a rendcrsi conto che per
avere una strategia coordinata dei sindacati o dei poteri pubblici, vòlta a recuperare la sovranità statale. a
controllare l'attività economica come i guasti monetari
e a contrapporre ad essc una stradelle multi~~azionali
tegia dei lavoratori occorre un potere politico continentale, e che questo potere o è uno stato federale o non
è adeguato a quel compito, difctto a cui non sfugge
nemmeno la comunicazione assai deludente dclla Commissione delle Comunità Europee, Le imprese multinazioriali e la Comunità ( a Bollettino delle Comunità Europee D , Suppl. 15/73).
Il problema - dice uno studioso americario della materia, il Tugcndhat - ricorda quello del conflitto dei
secoli passati fra Stato e Chiesa: minacciati nella loro
sovranità, principi e imperatori dovettero, o foggiarsi
una religione nazionale, o venire a patti col Papato,
attraverso i concordati. E ' un paragone - la spada e
il pastorale - a cui era già ricorso Silvio Trcntin,
mcttendo in guardia contro il pericolo che tutto il
potere politico e tutto il potere economico fossero riuniti nelle stesse maiii: c se il dilcmma stesse davvero
nei termini indicati dal Tugendhat, non si potrebbe
sfuggire alla conseguenza, anch'essa dilemmatica: o l'autarchia o una sovranità solo di nome. Ma in rcaltà è
possibile immaginare una terza soluzioiie - quella liberale, per restare al paragone - e cioè la formazione di
uno stato avente le stesse dimensioni o almeno le stesse
proporzioni di quelle imprese, e perciò capace, secoiido
i casi, di controllarle o di nazionalizzarle, senza con
ciò né abdicare ai propri compiti né cadere iii un
cesaro-papisnio n che assorba tutta l'attività ecoiiomica: secondo una << terza via. che è quella del socialismo decentrato e dal volto umano disegnato più di
trent'anni fa da Adriano Olivetti, e tuttora validissimo.
Ecco dunque alcune delle opere più importanti che
ci C stato dato di leggere sull'argomerito:
a ) da parte americana: J. N. Behrman, Nationnl
Interest and the hfirltiiiational Enterprise. Tensions
among the North Atlaritic Countries, Englewood Cliffs,
Prentice Hall, 1970; The International Corporation: A
Symposium Ed. by Ch. P. Kindlberger, Cambridge
(Mass.), The M.I.T. Press, 1970; The Mu1ti)lational Corporation iii the World Economy, Ed. by S.E. Rolfe and
W. Damm, New York, Prager, 1970; R. Vernon, Sovereignty at Bay. The Multinational Spread of U.S. Eiiferprises, New York-London, Basic Books, 1971; Chr. Tugendhat, The hfi~ltinationals, New York, 1972; United
Nations, Multinational Corporations in World Development, Ncw York, 1973; St. Hymer, Le imprese multinazionali (tr. it.), Torino, Einaudi, 1974;
b) da parte europea: M. Z. Brooke e H. L. Remmers, The Strategy of Multinational Eriterprises, London,
Longmans, 1970 (tr. fr. Paris, Sirey, 1973); R. Hellmann,
Weltunternehmen n u r amcrikariisch? Baden-Baden, Nomos, 1970 (tr. it.: Europa e America: gl'investimenti
interna;iona,li. Per una politica europea verso le im-
dacati, o sfogliare le loro riviste, per vedere
fino a che punto ogni preoccupazione sovrannazionale - alla barba del profondo
ammonimento di Kuby - esca dal loro orizzonte e praticamente, nella loro prospettiva,
non esista.
Oggi, come per il figlio1 prodigo, si guarda
prese multinazionali, Milano, Franco Angeli, 1973 [una
politica che è solo nel titolo]); L. Turner, Invisible
Empires, Afultiiiarioi~al Companies and the Modern
World, London. Haniisch Hamilton. 1970: W. A. P.
Manser, The Financic~lRole of Multiriarional Enterprises,
London, Cassel, 1973 (specie la conclusione); D. Robinson, Iricornes Policy and Capita1 Sharing in Eilrope,
London, Croom Helm, 1973 (specie il cap. 6: N Ti-ade
Uilions and Multinational Companies D); A. Sampson,
The Sovereign State. The Secret History o/ I.T.T.,
London, Hodder rtnd Stoughton, 1973; Fr. W. Frohlich,
M~iltinationale Unteri~ehmen. Entstclzirng, Orgatnisation
~ i n dMana,oement. Baden-Baden, Nomos, 1974 (con ricca
bibliografia);
Le Monde Diplomatique n , maggio 1974
ipag. 8).
Segnaliamo anche due numeri speciali di riviste interamente dedicati al problema: Les nouvelles strritegies
iricli~striellesen Enropc, << Vie et Scicnce Economiques m,
settembre 1969 e L'eriirrprise .kfultinationalr,
Revue
Economique D, luglio 1972, nonché vari articoli di notevole interesse rispettivamente in « Analyse et Prévision D, novembre 1972; W The World Today n, novembre 1972; << Dialoguc a, 1972 n . 3; L'Europa D, settembre 1973 e 15-31 marzo 1974; cc Monde Diplomatique »,
maggio 1974;
e ) da parte di autori sindacalisti: Ch. Levinson.
Capital, Inflation aiid the Multinationals, London,
Allen and Unwin, 1971; dello stesso, Les syndicats face
ou d i l i inultinatiorial, s Preuves n, 1972, n. 9 ( =
Problcmcs Economiques >>, 12 aprilc 1972 = « Ulisse
dicenibr-e 1972); W. Braun, Les travailler~rs face aux
cartels, n hlonde d u Travail Libre D, marzo 1972; Two
Papers on M~iltinationals, Socialist Affairs n , genii:
febbr. 1973; W. Spickler, Mozlichkeiten des Arbeitnrhmereinflusses in Multinatiofialen Unternehmen,
Gewerkschaftliche Monatshefte n, febbraio 1973 (nonché
.,
con attenzione particolare all'accresciuto, e
diverso, interesse europeo che si crede poter
ravvisare nell'azione dei comunisti e dei
loro affiliati sindacali. Ma se si considera
ad esempio - per limitarci a documenti p i ì ~
recenti - la mozione conclusiva dell'VIII
Congresso della CGIL (Bari, 2-7 luglio 1973)
- quale la si può leggere in ((Rassegna
Sindacale » del 15 luglio di tale anno - si
vedrà non solo che l'idea europea è collocata
in posizione, ancora una volta, marginale
e di nessun rilievo - un po' come la lotta
per il Vietnam (o, se il Congresso si fosse
svolto qualche mese dopo, per il Cile), lotta
di cui pure è menzione in quel testo, ma
che fa parte, ovviamente, del « contorno »,
e non del nocciolo politico e strategico di
esso -; ma che, se possibile, essa resta
ancora al di qua del ((Documento ,) sopra
H. Perlmutter, Naziorii, Sindaca~ti e societlf >izr<ltinazioizali, N Futuribili n, dicembre 1970);
d ) studi per una società europea: H. Aszkenazy,
Les grarideb societés européennes, Bruxelles, Centre de
Recherches et d'Information Socio-Politiques, 1971; Chr.
Layton, Cross-frontier Mergers in Europe. How Cari
Governineizts Help? Bath Univ. Press, 1971 (si veda
anche dello stesso, Investimenti attraverso l'Atlantico,
tr. it., Bologna e I1 Mulino D, 1967); H. van der Groeben
e altri, E u r o p ~ i s c h e Aktiongesellschu~t,Beitrag zur sozialein Integi,a,tiori?, Bonn, Europa-Union, 1972; J. Boucourechliev, Pour une s.a.r.1. eziropéenrie, Paris, P.U.F.,
1973. (Ma come i sindacalisti non vedono che premessa
a una loro strategia europea è uno stato europeo, così
questi autori non comprcndono che la stessa premessa
è necessaria per istituire. come contro-altare alle multinazionali d'oltre atlantico, multinazionali continentali:
tipico, in tal senso, l'articolo di C. M. Milcs, in a Intei-.
national Affairs n dell'aprile 1969).
COMUNI D'EUROPA
maggio 1974
Roberto Michels aveva dimostrato più di
quarant'anni fa come, proprio per l'effetto
decisivo di questa ragion di partito » non
ci siano, appunto nei partiti politici, rapporti se non vaghi fra l'ideologia e la
strategia. Lo stesso discorso vale per le
forze sindacali, e le sinistre in genere, la
cui « nazionalizzazione si è realizzata e si
va realizzando in modo sempre più pieno,
e nelle qual~i pertanto l'internazionalismo
resta, appunto, almeno in larga misura, una
innocua impalcatura ideologica, che trova
qualche espressione in incontri di vertice
delle varie organizzazioni, m a che non diventa mai né fatto di base né scelta strategica. E d è questo che né Levti né Pistone
mostrano di aver davvero capito, e tanto
meno di averne tratto le conseguenze che si
impongono.
commentato del 1971: nessuna allusione essendo stata fatta a Bari, in quella mozione
conclusiva, alla pur blanda democratizzazione, che si richiedeva due anni prima, degli
organi comunitari (evidentemente accettata
allora assai più per accogliere tesi degli altri due sindacati, e in particolare della UIL,
che per intima convinzione); e tutto limitandosi a chiedere sia, genericamente, un
<C coordinamento delle politiche sindacali in
Europa D, sia, come nel 1971 - e sempre
genericamente - politiche europee comuni
più in armonia con gl'interessi dei lavoratori e « coerenti con gl'indirizzi riformatori
conquistati al livello nazionale D. Frase,
quest'ultima, assai significativa per rivelare
fino a che punto alligni ancora l'illusione
che nell'ambito nazionale si possa K far da
sé 2, e che l'Europa venga solo dopo, come
appendice, conseguenza e riflesso, che dovrà allinearsi a scelte autonome prese nel
campo del proprio stato.
10. - Per la verità Levi coglie perfettamente tale aspetto - capitale - della questione, quando scrive:
9. - La verità è che, non diversamente
dalle forze politiche e dai partiti, i sindacati
accettano solo a malincuore e occasionalmente la dimensione europea, di cui preferiscono di disinteressarsi in tutti i momenti
seri della loro attività e della definizione
di una strategia propria, concentrandosi in
tali casi sulla dimensione nazionale che è
unicamente quella congeniale e coerente
alla loro struttura organizzativa: dimensione nazionale la quale soltanto, anche per
essi, risponde alla loro profonda cc ragion
di stato D, alla loro possibilità di svolgere
un ruolo, una politica, un'influenza, insomma di esercitare un potere.
Le internazionali dei sindacati e dei partiti
non sono in grado di schierare le masse dietro
le proprie decisioni, perché non sono assemblee
democratiche capaci di stabilire la linea politica internazionale del movimento dei lavoratori. Non sono altro che conferenze di dirigenti con il compito di difendere gli interessi
nazionali del proprio partito o del proprio sindacato in un mondo di nazioni antagonistiche.
E i dirigenti che, in noine dell'internazionalismo, non difendessero gli interessi nazionali
dei lavoratori che rappresentano finirebbero
con l'essere rimossi dal loro posto. Mancando
così le condizioni istituzionali che permettono
ai lavoratori di esprimersi in modo unitario
a livello internazionale, la divisione tende a prevalere s~ill'unità e la solidarietà nazionale su
quella internazionale. [...l Da quando hanno
cessato di essere esclusi dallo Stato e i loro
diritti sono stati, almeno in parte, riconosciuti,
i lavoratori hanno acq~iisitoun diretto interesse
alla potenza della propria nazione a.
Ma anch'egli, dimenticando il Michels,
mostra poi di ritenere che le organizzazioni
sindacali esistenti possano accedere alle tesi
federaliste e persuadersi d i quanto queste
affermano: e cioè che
non si può realizzare l'unificazione organizzativa dei lavoratori se non nel quadro di uno
Stato, cioè dove c'è la possibilità di organizzare
e di mobilitare i lavoratori, in quanto nucleo
fondamentale della popolazione, nella lotta politica e sindacale. [...I Senza queste premesse di
carattere istituzionale a livello europeo, il movimento dei lavoratori rimarrà in una posizione
subalterna e le grandi scelte continueranno a
compierle i governi e i padroni D.
Ciò è indubbiamente vero: ma senza una
forza ab extra che li stimoli e li costringa
( e i movimenti federalisti sono ormai una
caricatura di tale forza) è vano sperare che
i sindacati operai si lascino, più di quelli
padronali, o dei partiti politici, convincere
p e r la sola forza della logica ad abbandonare le loro posizioni di potere nazionale:
e su questo punto - che è, ripeto, capitale - neppure Levi riesce, più di Pistone nonostante tutta la loro filosofia - a vedere
con chiarezza « l'anello che non tiene », direbbe Montale, dell'intera questione, che
Machiavelli esprimeva affermando che in politica occorre saper cc forzare D, e che « i profeti disarmati ruinorno ». I vostri non appreser ben quell'arte, verrebbe voglia di
dire ai due pur agguerriti federalisti albertiniani.
(conttnzta)
COMUNI
S
m
A
M
m
m
D'EUROPA
Organo de1l'A.I.C.C.E.
ANNO XXII - N. 5 - Maggio 1974
SOCIETAARTISTICA MARMI
a r.
I.
Direttore resp.: UMBERTO SERAFINI
Redattore capo: EDMONDO PAOLINI
DIREZIONE,
REDAZIONE
E AMMINISTRAZIONE
Amministrazione: Corso Mazzini, 54
Laboratorio:
Viale
FA ENZA
- Tel.
Marconl,
21.4.08
9
(Rovenno)
a
Lavorazione pregiata
di marmi e pietre
Specializzata in caminetti,
balaustre, altari
Piazza di Trevi, 86 - Roma
-
tel.
Indir. telegrafico: Comuneuropa
I
D I
-
Roma
Abbonamento annuo L. 2.500 - Abbonamento annuo estero L. 3.000 - Abbonamento annuo per Enti L. 10.000 - Una copia
L. 250 (arretrata L. 500) - Abbonamento
sostenitore L. 150.000 - Abbonamento benemerito L. 300.000.
I versai?zenti debbono essere effettziati
sul C / C postale n. 1133749 inte.stato a:
Comuni d'Europa, periodico mensile Piazza di Trevi, 86 - Ronia D (specificando la causale del dersamento), oppure
a mezzo assegno circolare - non trasferibile - intestato a « Comuni d'Europa D.
Aut. del Trib. di Roma n. 4696 dell'll-6-1955
Associato all'USPI
Unione Stampa
Periodica Italiana
PREZZI
6.784.556
6.795.712
CONCORRENZA
TIPOGRAFICA CASTALDI
-
ROMA-l974
Schedari orizzontali Synthesis
L'efficienza dei servizi anagrafici è un dovere che ogni Amministrazione Comunale ha verso i propri amministrati. L'archivio anagrafico è un archivio vivo in continuo movimento: chi nasce, chi arriva, chi se ne va,
chi sposa. Esso richiede anzitutto uno schedario sempre aggiornato, rapidamente consultabile, dove sia
facile trascrivere i dati essenziali, le notizie che servono, gli elementi da evidenziare. Uno schedario che
contenga la massima'quantità di informazioni nel minimo spazio. Uno schedario orizzontale Synthesis.
Scarica

Anno XXII Numero 5 - renatoserafini.org