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LETI'URE DEL RISORGI1HENTO.
LETTURE DEL RISORGIMENTO.
poI etani avevano respinto il nemico e fatti parecchi prigionieri.
Questo non era un trionfo, ma poteva. essere un principio di
buon suceesso. II re lo aveva fatto sperare, poiché al suo rientrare in città, vò1to alla popolazione plandente, aveva esclamato - A domani ... a. doma,ni ...
Il re si trovava pure questa volta alloggiato in casa del
marchese Guidi.
Non era piu notte ma non 6ra ancor giorno, quando tutta
la popolazione era già in moto, per l'ansietà di vedere quale
fosse il risultato della giornata dei 22 aprile. Le parole proferite il di innanzi dal re avevano ravvivata la speranza e posto
gli animi in aspettazione.
Il re, seguito dal suo brillante sta.to maggiore, andava fuori
di buon mattino: il popolo lo seguiva salutandolo con e ntusiastici applausi : egli si rivolse dicendo - lo non voglio degli
evviva, ma degli armati - . Un tal Basilio Dugheria trasse dal
fodero la sciabo la della guardia nazionale che aveva al fianco
e prontamente rispose - Maestà, I!CCO le armi -.
Il bravo comandante Delfini tornava da Rimini coi suoi
cannonieri, ed esso pure ripeteva essere Cesena una buona posizione e che non era da abbandonarsi: dunque tutti si persuadevano che dovesse qui aver luogo qualche importante fatto
d'armi : ma fu tutt' altro: il re stette fuori tutta la giornata
senza che ni un attacco si verificasse.
Gli austriaci, pigliata la strada della montagna, si erano
condotti a Polenta. Di tal guisa, due eserciti nemici si guardavano, si spiavano attentamente, restando in sospeso.
Quali consigli avessero presi i condottieri delle due armate
s'ignorava, e si stava in somma ansietà.
Ma sul fare della mezzanotte ogni dubbiezza era dissipata:
r armata napolitana tutta in corpo cominciava a ritirarsi verso
Rimini. Alle due ant. continuava a udirsi ancora il via vai dei
carriaggi, il marciare di quella truppa che al suo giungere
aveva suscitate tante speranze 1 e che ora àndandosene lasciava.
dietro di sé squallore, deserto.
Tutti i patriotti risolvevano di seguire P armata. Mio padre
esso Dure se ne andava1 dopo aver detto addio alla giovine e
tener~ sposa1 per la quale da quel momento cominciavano le
prove dolorose1 di mezzo alle quali dovea poi passare con
grandezza. d'animo invincibile.
LVI.
Giuseppe Pecchio.
Sl)irito pubblico del regno (l'Italia.
Dal Saggio storico sulla amministrazione finanziera dell' etc-regno
Il, cap. 3] pubblicato nel 1820.
d' lcalia dal f 802 al f 8 f -1 [par.
Una massa d'imposte di cento cinquanta milioni, ogni anno
gettato in circolazione, se tendeva a distrib uire le ricchezze. e
gli agi fra le classi inferiori dello stato, tendeva anche a d1ffondere i lumi, sempre compagni delJ1 ozio e dei comodi. L'istruzione adunque era divenuta piu faci le e generale.
I numerosi impieghi civili e militari 1 la creazione del corpo
d'ingegneri d' acque e strade, un migliaio e piu di geometri
impiegati nelle operazioni del nuovo censo, finalmente la legge
delle successioni piu equa distributrice dei beni, avevano accresciuto il numero r istruzione e l'influenza del terzo stato, o
sia del medio ceto, la sola base d'una libertà costituzionale.
Ogni rimprovero di prodigalità. che si dirige contro l' amministrazione del regno deve tacere in confronto d'un vantaggio
cosi eminente. Le due cariatidi del dispotismo sono la miseria
e l'ignoranza. Ogni volta che il terzo stato sar:\ potente di
numero e di lumi, il trionfo del regime costi tuzionale sarà. assicurato.
Il cambiamento di tante fortune 1 le metamorfosi di tante
persone, avevano generato una inquietudine e una. voglia. in
ciascuno di lanciarsi fuori della sua classe. Ciascuno voleva
migliorar sOl·te. 1\on v' era padre quindi che nella speranza
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LETTURE DEL RISORG I MENTO .
di aver nella famiglia un giudice, un magistrato, un generale,
non procacciasse a' suoi figli una colta educazione. Questa nuova
specie di speculazione era fomentata dalJa prospettiva dei ta.nti
gradi dell' esercito, delle tante cariche amministrative e degli
onori e guiderdoni che il governo prodigava ai dotti e ai corpi
scientifiei.
La. successione degli avvenimenti politici suscitò la curiosità e la .mania della. lettura in tutte le classi. I molti giomali
politici, letterari, scientifici, gli opuscoli che circolavano pe' caffé,
per le bettole, erano una prova del maggior comodo, dell' ozio,
della vanità e insieme deIIa propagazione de'lumi in tutti i ceti.
Bodoni aveva già da gran tempo procacciato all' Italia il
vanto, che ancora le mancava, di eleganti caratteri nella. stampa.
Senza il sentimento del bello generalmente sparso in quest' ultimo period o di vent' anni, senza il prurito della lettura, questo
perfezionamento sarebbe rimasto senza imitatori, Era d' uopo che
l'affiuenza dei lettori, come que1Ja de' consumatori riguardo
alle manifatture, convertisse quest' onore nazionale in un piacere ed in una eleganza comune. Il nostro amor proprio, già.
irritato dalle millanterie oltl'emontane, pensò a far mostra dei
tesol'i del nostro sapere. La collezione de' classici italiani cominciò ad esercitare i torchi nazionali. A questo museo dello
spirito italiano, che annunciava la nostra ricchezza nella storia
nella poesia e in uoa elegante verbosità, ma altrettanta indigenza in filosofia ed opere morali, successe la stampa degli
economisti italiani. L'apparato della nostra scienza economica
diveniva utile ne ' primordi d'un nuovo stato, e necessario
a nostra giustificazione contro quegli stranieri che ci insultavano come fanciulli nella grand' arte del l' uomo di stato .
Molte altre opere che tennero dietro a queste, e l'ardore
ognor crescente d'istrui rsi, diedero vita od alimento a. molte
tipografie. Bettoni in Brescia, Mussi in Milano, si distinsero
fra i molti altri tipografi per la bellezza e pe'l lusso de' tipi.
Il governo stabili una stamperia reale, che vinceva tutte le
altre in diligenza e correzione.
L' u~o delle pubbliche arringhe ne' processi civili e crimi-
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nali mentre prometteva allo stato degli oratori, purgava la
,
d' ,
lingua barbara del foro e infiammava l'amor proprio e glOvani, contribuiva. altresl ad istruire nella legislazione la moltitud~ne ascoltante, e a far nascere l'amor dell' esame e della
discussione. Lo spirito della critica. era CQsi indefesso, che non
v' era. notizia: legge, proclama del governo, a cui non fossero
fatte chiose e commenti ne' vari crocchi de' cittadini. Se il governo fosse stato meno prepotente, avrebbe molte volte potuto
approfittare della censura popolare, ch' è la sola giusta. ed imparziale di tutte le censure.
Il clero, eccettuato lo scandalo di pochi spostati, s'impose
una condotta piu severa, Gli sCl'itti della rivoluzione, non che
la guerra muta. che il governo fece per qualche tempo aJ suo
potere, lo posero nella. necessità. di confondere colla modestia
e integrità. de' costumi i suoi nemici i non altrimenti che ai
tempi della riforma le accuse de' protestanti contro gli abusi
della corte di Roma giovl\rono a togliere molti disordini del
clero cattolico.
Le province componenti il regn o d'Italia avevano sotto
gli antichi governi perduto J'abitudine delle armi e con essa.
il sentimento della gloria. L' oligal'chia veneta, temendo piu il
risentimento de' propri sudditi che un' estera invasione, aveva.
lasciato estinguere lo spirito militare nelle province di tena.
ferma: gli Schiavoni costituivano qua.si soli la sua potenza militare. L'esercito del Papa da due secoli era ai quartieri d'invernO. La Lombardia austriaca, esente per un funesto pri vilegio
dal servizio militare, non forniva all' Austria che poche reclute
di malviventi orgj\,nizzati in du e reggimenti, o, per meglio dire,
in due ergastoli ambulanti. Come mai potevano gl' Italiani
perdere il tel'fore delle armi straniere se non c~lla guel'l'a ~
La guerra e la coscri·zione operarono il prodigio di persuad ere
agl' Italiani che i nemici della loro indipendenza non erano ad
essi superiori in valore. La coscrizione aveva in pochi anni
creato nel regno d' Italia un' armata di ottanta mila soldati.
Educata dall' esempio del valore francese, n'era divenuta la
rivale.
1
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Sebbene combattesse per l'ambizione d'un sol uomo e da
una politica gelosa fosse per lo piu dispersa nelr armata francese, nondimeno r uniforme, i colori, le bandiere nazionali, le
ticol'davano ad ogni momento ch' ella aveva una patria. E s'ella
aveva. costato molte lagrime alle famiglie, promette\'a un giorno
nn largo risarcimento al regno, la sua. indipendenza. Questo
giorno invocato da. venti anni era venuto. In fatti nell' aprile
del 1814, se fra i generali italiani che avovano in tante occasioni date prove d' nn segnalato coraggio si fosse trovato chi
avesse anche la eroica temerità. d'un Kosciusko.
L'istruzione, che ammansa gli animi ed è la nemica di
ogni tirannia, persuase finalmente i padri ch' essi non sono già
i padroni, ma soltanto gli amici e gli istitutori de' loro figli.
Abdicarono il dispotismo, deposero la sferza, l'irto sopracciglio,
il tuono burbero, e sostituirono la dolcezza e l'affab ilità. 1\oi
eravamo però ancora lungi dalla tenera benevolenza e dagli
affettuosi riguardi che i francesi e gl' inglesi tributano alla
sensibilità e all' amor proprio de' fanciulli.
La vaccinazione generalmente propagata per le perseveranti
cure del governo riempi largamente i vuoti che le frequenti
coscrizioni producevano.
L'educazione de' nuovi licei era piu feconda di cognizioni
di queIIa degli antichi collegi. I convittori furono vestiti di un
uniforme militare. Si censurò l'educazione del governo, come
quella che tendeva troppo di buon' ora ad infond,ere ne' giovani
l'amore delle armi. Questo rimprovero sarebbe ben applicato
alla F.;ancia alla Germania all' Inghilterra, dove le lettere le
imprese militari il governo hanno già. creato e abbellito il carattere nazionale. Ma in Italia che mai poteva accelerare di
piu lo sviluppo d'un carattere nazionale, se non se lo spirito
guerriero 1 Non è forse la, comunione de'pericoli e della gloria,
la fratellanza contra.tta sotto le insegne, che estingue r egoismo,
la diffidenza, l'amor di fazione, le gelosie, il timido e vile machiavellismo, difetti tutti che si l'infacciavano agl'Italiani di
vent' anni fa. 1
I giovani, creati uomini piu presto dalla legge che accor-
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Clava la minorità, lodati ne' bollettini militari, onorati, ricompensati ne' ministeri, avevano preso uu portamento, uno sguardo,
un linguaggio di cittadini intraprendenti.
La soppre ssione de' monasteri indusse nella necessità il
governo di aprire collegi per l' educaz;io~e delle fa.nciulle e di
affidare molte case di educazione ad istitutrici per la maggior
pr.ute francesi. La scelta di straniere educatrici non era una
parzialità. servile per la Francia. Tutta l'Europa, già da un
secolo, accorda alla grazia ed allo spirito delle donne francesi
questa preferenza. nell' educazione delle fanciulle. Il bel sesso
italiano a vrebbe reso col tempo piu amabile la. sua vivacità,
rattemprandola col contegno ri servato e colla istruzione comune
al bel sesso francese.
La carriera civile e milital'e, occupando l'ozio della gioventu, aveva estirpata un' usanza, che aveva fatto l'Italia
scherno degli stranieri, voglio dire il cicisbeismo, che aveva
trasformata la passione dell' amore in un mestiere. La razza
de' cavalieri serventi era. quasi estinta.
La nobiltà che da secoli piu non brandiva la spada, poco
sollecita. dell' istruzione de' viaggi né di quella delle lettere,
confidava in pas;;ato la sua pl'imazia nella società a' suoi titoli
e al suo fasto, I giovani di oscuri natali, che aveano nel corso
delle ultime vicende ricevuta una c61ta educazione, eransi
aperto l'adito ne' Cii'coli, e con la seduzione de' lumi minacciavano di usurpare ai patrizi r applauso delle brigate e gli onori
delle cariche, L'orgogli.o allora di questi ultimi si scosse ; e
I!onobbero la necessità di far fronte ai nuovi rivali abbellendo
la cortesia de' modi e rendendo piu invidiabili i doni del1a
fortuna co' pregi dello spirito. In vano si sarebbe ricercato fra
noi il protagonista della satira del Parini i si sarebbe detto
invece che quel poema' era una calunnia contro la nobilt~
lombarda. Questa nobiltà consecrata alle armi e 'a lla ma,gistratura soste neva oramai il confronto de'Ila nobiltà francese I
britannica.
I ricchi già. provetti in età, mirando a ritrovare un com
penso de' tributi che pagavano allo stato, rinunciarono anticl:
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LETTURE DEL RISORGIMENTO.
LETTURE DEL RISORGIMENTO.
pregiudizi, e non disdegnarono piu di commerciare o dedicare i loro lumi e la loro probità all' a mmini strazione pubblica.
imprese impossibili a lui e ad ogni umano potere, e disprezzando
gli uomini tutti ei pur era predominato da spregevole vanità.
Si cieca era in lui questa. passione, che alimentavasi della storia
senza l'accoglierne alcuna. lezione. Non curò che, per quella cerimonia di incoronare gl' imperadori, i pontefici, diventando
piu potenti, nell' opinione del popolo, avessero assunto diritti
funesti a molti regnanti i e tuttavia cacciò da Roma il papa,
dal quale egli aveva mendicato la nozione e il diritto regio di
Samuele. Cercò parentadi di sangue d'antica razza di re legittimi cb' egli aveva avviliti, e lo disprezzavano come plebeo i
e ch' egli avea minacciati di distruzione, e anelavano di vendicarsi i e ch' egli aveva traditi, ed avevano acquistato ilil'itto a tl'adirlo: e fini querelandosi della fortuna della quale
aveva abusato, e adirandosi che il suo carceriere non lo trattasse da re consecrato. Pur s'ei fosse restato imperadore
nuovo di eserciti che avevano combattuto e vinto eontro le
razze antiche e derise le dottl;ne e le cerimonie del loro diritto divino, se, avendo trovato il popolo senza altari né preti
né riti, lo avesse rifatto cristiano, ma non cattolico; se avesse
lasciato il papato vivere d'elemosina e languire di consunldone; se non avesse creduto cbe la rovina e l'assedio ai mari
avrebbe potuto arricchirlo i gl' Inglesi lo avrebbero riconosciuto
monarca di fatto, e gli avrebbero aggiudicato ne' trattati quel
titolo cb' ei ridomandava morendo in prigione. Ma, quando 6i
si abbelliva di un' altra corona di diritto regio divino in Milano, intimò con un decreto l'assedio all' Inghilterra e all'Oceano, Né pare volesse avvedersi che la terra sta pur circondata dall' Oceano; né partorirebbe mai tanti eserciti che
potessero circondarlo. E quando, abbandonato da tutti, rifuggi
all' Oceano, e non vi si precipitò in modo che nessuno degli
Inglesi potesse mai vedere il suo cadavere, parlava tuttavia
di diritti. E p.bbandonandosi nelle loro mani, s' è fatto debitore della sua sepo ltura aUa terra di ragione de' loro mercanti.
So quanto voi, molti in Italia - e qui e forse altrove ta...
Iuni -, mi accuserete di poca riverenza alle ossa del grandis-
Così 1'individuo cominciava a riscuotere rispetto dallo straniero; e i viaggiatori transalpini, cbe ci adulano in viso e appena l'ivalicate le alpi ci mandano calci: non avevano piu diritto di stampare, che gl' Italiani non hanno né forza né energia
né dignità, e che il solo vegetabile che abbia degenerato in
Italia. si è r uomo.
LVII.
Ugo Foscolo.
Bonaparte e 1'Italia.
Dalla citata Lettera apologetica. Otcorl'e ricordare che é segnatamente
indirizzata ai dotti e letterati italiani del Regno italico, e fu scritta ma
non finita in Londra dopo il 1822,
Dalle copie de' :protocolli del Congresso di P:l.rigi e dai
ragguagli de' deputati milanesi presso gli alleati, vedo che lord
Castlereagh, pl'edicandovi e predicendovi meraviglie delle monarchie assolute ove sono legittime e de' pericoli imminenti
a' popoli govemati da costituzioni , esortava tutti ad accorrere
alla casa d'Austria, che governava legittima insieme e paterna.
Ma era ingannato da altri: ingannò voi, e pili molti; e credo
anche i suoi: s' ingannò peggiormente da sé. Persisteva imponendo agli organi della sna mente di reggere a faccende gravi
anche a' mortali di altro intelletto, di alte anima e di a ltro
sapere j onde la snervò innanzi tempo, ed ei fini di morte com miserata ma non compianta; né voi dovete esecrarlo. Napoleone
superava di mente quel misero, quanto l'uno e l'altro erano
superati da Washington di virtu: ma persisteva. anch' egli in
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Giuseppe Pecchio. - Fondazione Giangiacomo Feltrinelli