“Nella storia l’essenziale è sempre e soltanto la vita, la razza, il trionfo
della volontà di potenza” Oswald Spengler “ Il Tramonto
dell’Occidente “ Longanesi, Milano, 1957 pag-1425.
Nella sua <Prefazione alla traduzione> in “Il Tramonto dell’Occidente” di Oswald Spengler
(Longanesi, Milano, 1957, pag.19) Julius Evola dopo aver descritto la concezione spengleriana
del “cesarismo” scriveva che essa ebbe “effetto su Mussolini (che) per questo .. volle che
l’opera dello Spengler “Anni Decisivi”, ove tale teoria viene messa in rilievo, fosse tradotta in
italiano probabilmente perché vedeva in se stesso uno dei nuovi dominatori in funzione
dell’assoluto principio politico: portando però poca attenzione al luogo storico che in
Spengler. malgrado tutto ha il cesarismo, l’appartenenza intrinseca di questo al clima di una
civiltà agonizzante e ormai del tutto degradata e sconsacrata. Vero è, però che, a seguir lo
Spengler, vi sarebbe una sola etica, un solo imperativo: quello biologico, di realizzare ciò che
corrisponde alla fase ciclica in cui ci si trova a vivere. Anzi l’alternativa sarebbe: o non esser
nulla o esser ciò che un dato periodo storico esige, in ogni dominio, sotto specie di destino.”.
A meditare bene queste parole, chi fosse alla ricerca di una “ideologia di combattimento” per
affrontare i tempi drammatici che l’Europa e tutto il “mondo bianco” si trovano ad affrontare,
non potrebbe non sentirsi più vicino allo Spengler che al suo traduttore. L’autore del “Il
Tramonto…” sapeva che non sarebbe bastato in nessun caso deprecare la Zivilisation per
rientrare nella Kultur, e perciò cercava i modi per agire nella situazione in cui si ritrovava,
situazione che oggi per noi è ancora ulteriormente, e grandemente, peggiorata. D’altronde
che cosa avrebbe potuto proporre l’Evola di praticamente attuabile ai suoi (e ancor più ai
nostri) giorni? Chi non conoscesse la vita e l’opera dell’autore tradizionalista potrebbe
dedurne che l’unica cosa consigliabile sarebbe il racchiudersi in una “torre d’avorio” in attesa
che il “ciclo si chiuda”. Ma tutto ciò ci porterebbe troppo lontano; piuttosto si vuol qui dare
qualche cenno sull’influenza che effettivamente lo Spengler ebbe sul Duce dell’Italia fascista.
Come rilevava Renzo De felice in “Mussolini il Duce-Gli anni del consenso 1913-1936”
(Einaudi, Torino1974, pag.39) “Spengler, che di Mussolini fu un grande ammiratore, fu nel
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1925 due volte in Italia e, in occasione del primo soggiorno inviò al Duce..varie sue opere…”
Da parte sua Domenico Conte in “Introduzione ad Oswald Spengler” (pag.116) scrive
“Mussolini fu un deciso ammiratore di Spengler, e le prime traduzioni italiane si devono al
suo intervento” (Ricordiamo che “Der Mensch und die Technik” venne edito in Italia già nel
1931 come “L’Uomo e la Macchina” e ripubblicato nel 1970 dalle Edizioni del Borghese col
titolo “Ascesa e Declino della Civiltà delle Macchine”(1.)
Nel suo “Catene di Civiltà Studi su Spengler” (Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli1994,
pag.83) Domenico Conte scriveva: “L’interesse di Spengler per Mussolini è ricambiato, a
partire dalla fine degli anni Venti da una notevole attenzione di Mussolini verso Spengler. Un
primo momento di questa attenzione è testimoniato dall’ampia prefazione che Mussolini
scrive, nel 1928, per la traduzione italiana di un libro di Richard Korherr, uno studioso di
statistica e di demografia profondamente influenzato da Spengler. L’edizione originale del
libro in questione …. era preceduta da un’introduzione di Spengler, fatto questo assai raro
per Spengler, che detestava scrivere introduzioni, e segno della sua stima particolare nei
confronti di Korherr… Nell’edizione italiana del libro di Korherr (“Regresso delle Nascite-Morte
dei Popoli”, Roma, Libreria del Littorio, 1928) l’introduzione di Spengler viene preceduta da
quella di Mussolini, che vi riprende diffusamente i temi spengleriani della sterilità urbana e
della prolificità rurale.”.
Nella sua introduzione al volume del Korherr lo Spengler ribadiva la sua convinzione che il
popolo tedesco fosse “il meno logoro fra quelli della razza bianca”(pag.28), che “La salute di
un corpo vivo si estrinseca con la fecondità. La prolificità è una forza politica”. Perciò (pag,29)
“La prolificità del popolo italiano è la sua unica arma: quest’arma però è tanto forte che
coll’andar del tempo non permetterà agli altri di difendersi contro di essa. La Germania
invece è guidata da partiti, ovverosia da schiere di politicanti di professione, che cercano di
sfruttare, per lo meno a scopi materiali, la più vile e la più insensata di tutte le rivoluzioni.”
Oggi quando ciò che resta dei popoli italiano e tedesco sono alla testa nella gara di corsa di
tutte le stirpi bianche verso l’estinzione, queste parole non possono che suscitare le più
amare riflessioni.
Da parte sua Mussolini notava (pag.10) “l’ intiera razza bianca, la razza dell’Occidente, può
venire sommersa dalle altre razze di colore che si moltiplicano con un ritmo ignoto alla
nostra. Negri e gialli sono dunque alle porte? Sì, sono alle porte e non soltanto per la loro
fecondità ma anche per la coscienza che essi hanno preso della loro razza e del suo avvenire
nel mondo. Mentre, ad esempio, i bianchi degli Stati Uniti, hanno un miserevole quoziente di
natalità-…i negri degli Stati Uniti sono ultra fecondi”, Oggi si prevede che negli USA i bianchi
saranno in minoranza al massimo entro il 2050!
Il Duce dimostrava poi di non essere soddisfatto dei risultati fino allora ottenuti dalla
campagna demografica e incitava gli italiani a crescere e moltiplicarsi! Certo, allora ci si
illudeva che il numero fosse potenza, oggi si tratterebbe di evitare la sommersione da parte
delle altre razze e la definitiva estinzione.(2) Mi par di ricordare che un tempo, nel Nord
America gli aderenti al Ku Klux Klan dovessero anche impegnarsi a mantenere alta la
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“natalità bianca”, si potrebbe “girare” il consiglio ai giovani camerati provvisti dell’arma
necessaria per combattere codesta decisiva battaglia !
Ripartiamo dallo scritto di Adriano Romualdi “Spengler profeta della decadenza” apparso
come introduzione a Oswald Spengler “Ombre sull’Occidente” edito da Volpe, Roma, 1973 (si
tratta di una scelta di brani da “Jahre der Entscheidung”, lo scritto del Romualdi rappresenta
a tutt’oggi una ottima introduzione al pensiero del filosofo tedesco e da anni si attende che
qualche editore “d’area” provveda a ristamparlo) Leggiamo a pag.51 del testo del Romualdi
“….Mussolini gradì molto il libro. Gli apprezzamenti positivi per la sua opera lo lusingavano e
le frecciate contro i <nazi> lo divertivano particolarmente in un momento (in cui) la
questione austriaca lo opponeva a Hitler. Lo lesse –Spengler,come sua abitudine, gliene
aveva mandato un esemplare- e lo segnalò di suo pugno sul Popolo d’Italia.”
Su questo quotidiano, infatti, in data 15 XII 1933 si poteva leggere “Questo libro di Osvaldo
Spengler ci giunge con una copertina nera sulla quale spiccano le lettere bianche del titolo
“Jahre der Enscheidung” (Anni Decisivi). Prima parte “La Germania e lo sviluppo storico
mondiale” E’ un libro che si legge con interesse e può considerarsi in connessione stretta con
l’altro già famoso “Untergang des Abendlandes) (Tramonto dell’Occidente).Questo fu scritto
nel 1918, in piena guerra mondiale; l’attuale esce nel 1933, dopo la trionfale rivoluzione
hitleriana, della quale però, non si parla e gli scarsi indiretti accenni sono piuttosto
acerbamente critici e non apologetici. Nel libro di Spengler si può spigolare che “Napoleone
era un italiano il quale scelse Parigi come strumento della sua volontà di potenza”, che “non
ci sono vinti e vincitori, ma che l’Europa è stata vinta”, che “la Germania riprende la sua
funzione storica di frontiera contro l’Asia”, che “l’Italia finché Mussolini vive, è una grande
potenza la quale può forse trovare nel Mediterraneo la grande base per diventare una
effettiva potenza mondiale”, che l’analogia fra Stati Uniti e bolscevismo è più grande di
quanto non si possa immaginare>, che <l’Italia può diventare l’erede della Francia nel
Mediterraneo, se resta a lungo sotto la direzione di Mussolini, per fortificarsi spiritualmente e
durare>, che <il pensiero creatore di Mussolini fu grande ed ha avuto una efficacia
interiezionale: vi si vide un metodo per combattere il bolscevismo>, ecc. Le pagine 134-135
che lo Spengler dedica al Fascismo ne colgono alcuni aspetti, ma sono affrettate. Il fascismo
merita più attento e serio esame da parte di Spengler. Notevole il suo atteggiamento di
fronte al problema <razza> di così scottante attualità non solo in Germania, ma nel mondo.
Spengler vuol nettamente differenziare il suo punto di vista da quello volgare, darwinistico o
materialistico che è oggi di moda fra gli antisemiti d’Europa e d’America. Udite <L’unità della
razza -dice Spengler- è una frase grottesca dinanzi al fatto che da millenni tutte le razze si
sono mescolate… Chi parla troppo di razza, dimostra di non averne nessuna>. Fatte queste
citazioni e molte altre le lasciamo alla penna, qual’ è la tesi dello Spengler? Questa. Che il
mondo è minacciato da due rivoluzioni: una bianca e una di colore. La bianca è la <sociale>
ed è il risultato catastrofico del crollo della civiltà del secolo XVIII e dell’avvento del regno
della massa specialmente di quella che si ammucchia – senz’anima e senza volto – nelle
grandi città, avvento verificatosi nel secolo XIX sotto il segno del liberalismo, della
democrazia, del suffragio universale, della -globalmente detta – demagogia. L’altra
rivoluzione è quella dei popoli di colore, i quali essendo più prolifici dei popoli di razza bianca,
finiranno per sommergerla. Si pone, quindi per noi, europei del XX secolo, la domanda che
fare? Spengler non risponde molto chiaramente a questo angoscioso interrogativo. Per
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quanto concerne la Germania e forse anche altri paesi, egli addita la via della salvezza in una
ripresa nettissima della <Preussenthum>, in altri termini dello spirito militare prussiano
quale si palesò nella guerra dei sette anni e quale rimase da quell’epoca depositato e
venerato a Postdam.
Il Prof Beonio Brocchieri dell’Università di Pavia, che già sunteggiò brillantemente e
fedelmente l’<Untergang des Abendlandes>, può curare la traduzione di questo libro che la
letteratura politica italiana contemporanea non può ignorare.” (3)
Il pezzo non era firmato, ma era chiaramente attribuibile al fondatore stesso del quotidiano:
Benito Mussolini.
Scriveva ancora Adriano Romualdi (“Spengler profeta della decadenza”) pagg52-53 “E il
professor Beonio-Brocchieri “obbedendo all’invito di una altissima Autorità ”tradusse. Il libro
apparve in Italia nell’estate del 1934”
Il Beonio Brocchieri premise alla sua traduzione del testo spengleriano uno scritto introduttivo
“Al lettore italiano” in cui avvertiva subito che vi erano :“Alcune riserve da fare, varie
obbiezioni da sollevare”. In effetti (pag.X) “Si frappongono alle intuizioni geniali ed acute,
molte altre, difficilmente accettabili da parte nostra.” Scriveva poi il traduttore Brocchieri
che “…non mi sento affatto disposto né come italiano, né come latino, ad accettare la tesi
spengleriana secondo cui la missione di combattere la suprema battaglia per la difesa della
morente civiltà occidentale spetterebbe allo spirito prussiano, quintessenza eroica, punto
culminante nella tradizione europea.” E qui il solito richiamo alla I Guerra Mondiale, nella
quale a parere di chi scrive (e non solo) l’Italia si schierò dalla parte sbagliata.
Proseguiva il Nostro “Di quel vasto processo collettivo che si muove tra i fermenti
dell’illuminismo critico e la pace di Versaglia, Spengler non salva e non accetta che un
aspetto unilaterale. Riconosce valore soltanto alle manifestazioni di parte reazionaria. Tutto il
resto per lui è delitto, aberrazione, corsa verso la morte.”. Chi abbia letto Julius Evola non si
scandalizzerà certo di siffatte opinioni.
Ma continuava il Beonio Brocchieri, leggendo il libro dello Spengler “ ti accorgi che di quanta,
gente ha lavorato, ha combattuto, sul terreno morale, economico, politico dai primi del ‘700
ai primi del ‘900 si salvano a malapena, soltanto i forcaioli. Tutti gli altri appaiono a questo
furibondissimo filosofo sotto la veste di imputati da trascinare alla sbarra. Sono visti come
autori consapevoli dello sfacelo, oppure epigoni impotenti travolti dalla deriva demagogica; o
farabutti o scemi. Noi crediamo che la storia sia infinitamente più complessa, che il giudizio
da portare su di essa debba essere alquanto più cauto e vigilato”. E qui si possono vagliare le
considerazioni del prefatore anche considerando che una delle tante deviazioni suicide dello
schieramento nazionale italiano è stato il formarsi di ambienti che, partiti da una critica certo
giustificata della Rivoluzione Francese e dei “principi dell’89” si sono ridotti, invece che
affrontare i problemi del presente e del prevedibile futuro, a dedicarsi a orge masturbatorie
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incentrate sull’esaltazione dei Borboni, sulle critiche al massone Garibaldi e via elencando.
Poi leggiamo(XIV) “In un opuscolo recente…. e che si intitola <Gli Uomini e la Tecnica> lo
Spengler si è lasciato portare ad una formulazione cruda, violenta di certi postulati
fondamentali che ispirano la dottrina sua. Egli ha posto – in certo modo, a capo di una
discussione che verte sopra il destino dell’uomo nei confronti con gli strumenti meccanici
della civiltà moderna, un aforisma che suona così: <L’uomo è una bestia di rapina>. A ben
vedere, questo aforisma riassume in termini sbrigativi la posizione morale che ha ispirato allo
Spengler l’opera sua maggiore, quella per cui egli è salito improvvisamente a rinomanza
mondiale: ossia quel grande libro che s’intitola <La Decadenza dell’Occidente>. Egli vuol dire
-in sostanza che la natura profonda dell’uomo sta nella sua capacità di conquista, nella
potenza eroica e nello slancio di combattimento. Idee non nuove”
Passando poi agli “Anni Decisivi” scriveva il nostro(XVI) “Tutto il suo libro ridotto in termini
genuini vorrebbe essere un appello alla vecchia Europa perché in quest’ora tragica che segna
l’insorgere di altri popoli, d’altre razze, d’altri continenti in una paurosa competizione, in una
minacciosa corsa emulativa, sappia spremere dal suo seno tutte le forze, tutte le resistenze
di cui essa è capace.”
Poi leggiamo (XVIII) un conciso riassunto della filosofia del tedesco “Tutta la storia delle
nazioni è per lo Spengler uno sviluppo di stadi <culturali>. L’umanità si presenta agli occhi
suoi come una serie di formazioni autogene, di gemmazioni organiche, rispondenti ciascuna
ad una legge intima di svolgimento. Dichiara di aver attinto al verbo di Goethe il nucleo
ispiratore di tanta dottrina. Come nel mondo della natura tutto si esprime per forza di nuclei
biologicamente organizzati in un processo di nascita, di accrescimento, di morte, così
dev’essere anche il sistema della storia umana. Ogni gemmazione collettiva è come un
sistema cellulare, il quale contiene già di per sé per necessità inesorabile il disegno
morfologico del proprio destino. Questi nuclei sono le diverse <culture>. Vi è una cultura
arabica, una cultura egiziana, una cultura cinese, una cultura indiana, una cultura greca, una
cultura romana ecc. e anche… una cultura che egli chiama <occidentale> ossia la nostra,
quella europea..” E questa, com’è a tutti noto, secondo lo Spengler, sarebbe ormai nella sua
fase autunnale. Scrive il Conte “Albe e Tramonti d’Europa” pag.133 “Spengler riteneva… il
tramonto della civiltà occidentale un destino ineluttabile; l’unico dubbio era se la fine sarebbe
stata onorevole o non. Lui consigliava di <resistere sulla postazione perduta- senza speranze,
senza salvezza>“.
Si ha l’impressione leggendo le pagine del Beonio Brocchieri che egli cerchi seppur
garbatamente di “prendere in giro” il “pessimismo” spengleriano, con espressioni che allora
potevano forse parere “paradossali” o “scherzose”, ma che oggi possono anche parere
dotate di una tragica verosimiglianza con la realtà. Così leggiamo a pag.XIX “Inutile sperare
salvezza -dice lo Spengler- sono morte e consunte le culture che precedettero la nostra,
moriremo consunti anche noi. Anzi stiamo per morire. C’è odor di cadavere in tutto ciò che
vediamo e sentiamo. Se questo il destino, tutto sta ad accettarlo con forza d’animo”… E poco
oltre “Lo Spengler denuncia come un clinico i sintomi della veniente decomposizione. Tutte le
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strutture organiche della vita sono a suo giudizio sovvertite e dissolte. Un tempo la società si
reggeva sulla morfologia gerarchica delle classi araldicamente contrassegnate e distinte. Era
vita di feudo e di castello, a cui faceva riscontro un’arte radicata al gusto regionale, una fede
religiosa organicamente avvinta al tessuto della vecchia tradizione. Poi l’albero della vita
passando da maturità a vecchiezza ha cominciato a declinare. In luogo delle robuste
stratificazioni gerarchiche costruite sulla prevalenza biologica del sangue, garantite dal
privilegio atavico delle dinastie e delle stirpi, sostenute dall’impeto irriflessivo, pugnace,
ineffabile degli istinti vitali sono insorte le dottrine paritarie dei rivoluzionari borghesi. I diritti
dell’uomo al posto dei diritti di Dio; i parlamenti al posto delle Corti; gli avvocati al posto dei
guerrieri, i professori di filosofia al posto dei sacerdoti.” Sono sorte le grandi città con le loro
masse informi di abitanti facili prede dei demagoghi e, poi, degli agitatori di tutte le
sovversioni per finire con quella marxista. Noi oggi vediamo ancora di peggio: le città culla
della nostra civiltà Atene, Roma, Firenze, Berlino ecc.ecc. diventare parte del Terzo Mondo!
Come sarà forse noto ai lettori chi scrive teme anche di peggio: invece dei roghi e dei fiumi di
sangue di una <battaglia finale> potrebbe esservi una relativamente “indolore”
trasformazione del pianeta in un immondezzaio infestato, specialmente dalle “nostre” parti
da una putrescente massa di bastardi senza razza, senza patria e senza fede! Comunque
“Contrariamente alle chimere dei democratici di ogni sorta, la coesistenza pacifica tra razze
diverse in una stessa società è impossibile. Tale società, fatalmente, si disgregherà in una
lotta senza pietà per la supremazia razziale. L’illusione per eccellenza è di credere che sul
suolo dell’Europa, magrebini, asiatici e negri possano coesistere pacificamente. Le inesorabili
leggi della vita condurranno a nuovi conflitti per la supremazia” Edoardo Longo “La Razza
Ventura” in “Courrier du Continent” n-400- juin 1998. “Per tentare di trarre in inganno, i
governi europei evocano i benefici della società multiculturale, ma senza tener conto del
fatto che la guerra civile è…il destino della maggior parte degli Stati plurietnici e/o
multiconfessionali” Eric Werner <L’Anteguerra Civile> Il Settimo Sigillo, Roma, 2004, pag. 60.
E il Beonio Brocchieri sintetizza il pensiero dello Spengler con una frase che mi piace riportare
ancora una volta, allora, forse, “esagerata” e paradossale, oggi particolarmente adatta a
descrivere la situazione in cui ci troviamo.
“Prepariamoci dunque a sparire dalla faccia del mondo. Contro il destino è impossibile
andare. Questione di battersi con onore nell’ultima battaglia. Questione di raccogliere le forze
supreme e di mostrare in faccia ai negri, ai gialli, che c’è ancora gente, che ci sono ancora
popoli e razze, e nazioni in questa vecchia, schifosa, marcia, decomposta, incancrenita
Europa, capaci di sentire con orgoglio, con fierezza, con dignità, con titanico stoicismo
l’impegno assunto di fronte alla tradizione avita.” (Se ben ricordo alcune di codeste righe del
Beonio Brocchieri vennero utilizzate come “slogan” dal Centro Ordine Nuovo: un’esperienza
tutta da riscoprire specialmente da chi ardisse provare a delineare le basi di un eventuale
“Fascismo Dorico”!)(4)
Riteniamo però che se il Destino (o gli Dei, come si preferisce) ci farà la grazia di poter
combattere una estrema decisiva battaglia, non è detto che siano gli ultimi veri europei a
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dover soccombere e che questa lotta non possa essere l’inizio di quella che possiamo
chiamare la “rigenerazione della Storia”.
Ritornando al testo, possiamo ritenere lecito chiederci se l’”Altissima Autorità” che aveva
invitato a tradurre il libro dello Spengler abbia supervisionato codesta prefazione del
traduttore!
Ritorniamo al rapporto Spengler – Mussolini e al testo del Romualdi (cit.pag.53) “Non c’è
dubbio che Mussolini ravvisasse nell’opera di Spengler un pensiero affine al suo. Essa si
poneva come una ripresa della teoria della <volontà di potenza> di Nietzsche, ma calata in
un reale contesto storico. Meglio del vago hegelismo gentiliano, la filosofia di Spengler
esprimeva la concezione fascista del popolo <in forma> per i suoi obiettivi di potenza”.
Possiamo riportare quanto scrive Domenico Conte nel suo bellissimo e indispensabile “Catene
di Civiltà”: a pag. 81 e segg. leggiamo: “Spengler celebra la figura di Mussolini in modo quasi
sacrale….Ma si faccia attenzione: la celebrazione riguarda solo Mussolini, non il fascismo. Nel
fascismo -precisa Spengler- è ravvisabile il fenomeno graccano della presenza di due fronti:
quello di sinistra che fa capo alle “masse inferiori urbane”, e quello di destra che si estende
“dal contadino fino agli strati dirigenti della società. Questo contrasto, cui va aggiunto il fatto
che al fascismo “non sono estranee tendenze del socialismo operaio”, ne fa solo una “forma
di passaggio” ancora lontana dal “cesarismo del futuro”. Mussolini, invece, è già un pezzo di
futuro.
<Ciò che prefigura il futuro non è l’esistenza del fascismo come partito, bensì
esclusivamente la figura del suo creatore. Mussolini non è un capo-partito, per quanto
sia stato un capo operaio, bensì è il signore del suo paese… Mussolini è soprattutto
uomo di Stato, freddo e scettico, realistico, diplomatico. Governa veramente da solo.
Vede tutto, la capacità più rara per un dominatore assoluto>
Mussolini è riuscito ad ottenere la vittoria più difficile per un capo, che non è quella sui suoi
nemici, ma quella sul gruppo di seguaci che lo hanno aiutato nella conquista del potere “Le
più difficili e le più necessarie fra le vittorie di un capo non sono quelle sui propri nemici,
bensì quelle sui propri seguaci, i pretoriani, i “Ras”, come venivano chiamati in Italia. E’ qui
che dà prova di sé il dominatore nato… Il cesarismo compiuto è dittatura, ma non la dittatura
di un partito, bensì la dittatura di un uomo contro tutti i partiti, soprattutto contro il proprio.
Ogni movimento rivoluzionario giunge alla vittoria con un’avanguardia di pretoriani, dopo non
più utilizzabili, e anzi soltanto pericolosi, Il vero capo si vede nel modo in cui se ne libera,
senza riguardi, senza riconoscenza, mirando solo al suo scopo.” Mussolini è un<dominatore>
del tipo dei condottieri del Rinascimento. Possiede la <scaltrezza meridionale> tipica della
sua razza, che riesce ad adattare perfettamente al carattere dell’Italia, <il paese
dell’Opera>. A queste si aggiungono però anche delle qualità tipicamente <prussiane>: egli
infatti assomiglia più a Federico il Grande, e persino al padre di questi, Federico Guglielmo I,
che non a Napoleone”
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Fin qui il Conte il quale non manca di rilevare come il Beonio Brocchieri , nella sua traduzione
abbia apportato vari “miglioramenti” al testo, sui quali qui non è il caso di soffermarsi.
Parlando del trattamento che un “vero capo” dovrebbe riservare ai suoi “pretoriani” non può
non venire alla memoria ciò che avvenne in Germania nella tragica “Notte dei Lunghi
Coltelli”, personalmente considero che, al di là delle sue preferenze sessuali fin troppo note,
quella dello sventurato Comandante Ernst Röhm non meritasse la fine che fece ( analoghe
considerazioni possiamo farle per Gregor Strasser).
Nel 1973 Le Edizioni del Borghese pubblicarono una nuova edizione degli “Jahre der
Entscheidung” con una prefazione di Julius Evola in cui egli tornava al tema del cesarismo”
(pag.11) “Nella morfologia generale delle civiltà, tracciata dallo Spengler nella sua opera
principale, il cesarismo, in effetti, era stato collocato in una fase terminale e crepuscolare.
Qui (in “Anni Decisivi” nota ADF) esso viene invece presentato, in una certa misura, come un
fenomeno positivo, tale da poter bloccare la “rivoluzione bianca”, il che comporta l’auspicata
netta distinzione di una Destra da una Sinistra, perché ovviamente non è che ogni <maniera
forte> sia, soltanto per questo, di Destra. Non si può non rilevare che, tutto sommato, lo
Spengler conferisce al cesarismo dei tratti positivi, riservandogli anche il compito di
determinare il mondo futuro, mentre esso sta allo stesso livello del mondo delle masse,
seppure con segno opposto. Sarebbero invece necessarie forme diverse di autorità e di
sovranità, con un corrispondente crisma;….”In mancanza di codeste non meglio specificate
forme diverse di autorità, oggi come oggi, ci si potrebbe accontentare di un qualche “tribuno”
che riuscisse ad unificare ciò che resta dello “schieramento nazionale”!
Riguardo poi alla “altra rivoluzione mondiale, a quella dei popoli di colore, che minaccia il
mondo bianco.” L’Evola scriveva (pag.12) “..tutto ciò che è avvenuto (che si è lasciato che
avvenisse) dal tempo in cui lo Spengler scrisse il libro, ci fa chiedere se qualcosa può venire
ancora realizzato in questo senso. E’ nota la psicosi dell’<anticolonialismo>, così come lo è
l’opera svolta da una potenza in fondo antieuropea, quale è l’Unione Sovietica, che appoggia
e sobilla i popoli di colore intesi come il <proletariato mondiale> nella direzione che lo
Spengler aveva paventato, in quella della unione della rivoluzione interna con la rivolta
esterna. Ciò che in questo frangente avrebbe dovuto essere naturale, ossia la solidarietà
difensiva e offensiva delle Nazioni bianche quasi nei termini di una Santa Alleanza. Non si è
affatto realizzato. Queste nazioni hanno piuttosto perduto il loro prestigio già per la lotta le
une contro le altre, ed è difficile che esse prendano un diverso orientamento negli <anni
della decisione> dato il predominante clima politico generale e internazionale. Le vicende
dell’Indocina e dell’Algeria si sono concluse in modo negativo per la razza bianca e in altri
casi il peggio è stato contenuto solo per l’interferire degli interessi degli Stati Uniti. Così
anche a questo riguardo la situazione resta fluida e non si vede, fra le Nazioni bianche, quale
voglia far propria la qualità <prussiana> per combattere l’ultima battaglia, dimostrando di
avere ancora una <razza> nel senso non biologico spiegato dallo Spengler”.
Oggi come oggi (inizi 2012) la situazione è enormemente peggiorata, l’Unione Sovietica si è
disgregata, è emersa la Cina come superpotenza mondiale e le “nazioni bianche” sono tutte
più o meno invase, per ora pacificamente, dalle popolazioni “dì colore”.
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Una altra edizione degli “Jahre des Entscheidung” è apparsa col titolo “Anni della Decisione”
grazie alle Edizioni di Ar(Padova, 1994). Qui nella sua “Presentazione all’edizione italiana”
Carlo Sandrelli scrive (pag.13) “Ancora una volta sorprende la lucidità anticipatrice
dell’analisi, che riesce a scorgere, già nel 1933, i termini esatti della sindrome critica che
investe oggi il mondo occidentale……. L’incalzare dei flussi migratori di proporzioni
gigantesche, il nettissimo divario nell’incremento demografico tra <primo> e <terzo>
mondo, la maggior rimuneratività, per le imprese capitalistiche organizzate su scala
multinazionale, degli investimenti nella forza lavoro dei Paese socialmente più arretrati (dato
il costo enormemente minore della manodopera), le capacità produttive e la competitività
commerciale del Giappone”(5)
Riassume il Conte (“Catene di Civiltà..”cit.pag.84) “..bisogna…aggiungere la vera e propria
influenza della lezione spengleriana sull’evoluzione politica di Mussolini. Secondo l’autorevole
giudizio di Renzo De Felice, cha al rapporto Spengler – Mussolini ha dedicato pagine assai
puntuali, bisogna addirittura parlare di una <componente spengleriana> della cultura
mussoliniana, componente che nel corso del tempo sarebbe andata ad aggiungersi alla
precedente <componente gentiliana>. A parere del De Felice sono diversi gli aspetti della
concezione di Spengler che risultarono congeniali a Mussolini: dalla interpretazione cicliconaturalistica della civiltà, all’antiurbanesimo, dall’idea non materialistica della razza, alla
legittimazione di una politica di pura potenza. Ma l’elemento a giudizio di De Felice di gran
lunga più importante sarebbe proprio quello del cesarismo. A questo proposito De Felice
scrive che “si potrebbe addirittura sostenere che proprio solo grazie al concetto spengleriano
di “cesarismo”i vari elementi psicologico e culturali che contribuivano a determinare l’<idea
nazionale> che in questi anni animò la politica di Mussolini trovarono il loro cemento”
(Cfr.R.De Felice<Mussolini il Duce I Gli anni del consenso.1929-1936>Torino, Einaudi, 1974,
pp.38-44)”
Oltre al sunto del Conte meriterebbe qui riportare nella loro interezza le pagine che il
biografo del Duce dedica all’influenza avuta dall’autore de “Il Tramonto dell’Occidente”sul
capo dell’Italia Fascista. Giustamente egli sottolinea come codesto argomento sia stato
trascurato dagli storici. In complesso (cit.pag.38).. “..l’atteggiamento del Duce verso le tesi di
Spengler non fu di mera adesione, ma di accettazione e, al tempo stesso, di rifiuto: di
accettazione dello schema generale, ma di rifiuto della conclusione profezia con la quale
Spengler affidava al popolo tedesco … la missione storica di esercitare sul mondo
occidentale la sua funzione unificatrice e instauratrice di un nuovo <impero>, che avrebbe
rappresentato l’ultimo stadio della Zivilisation occidentale ….” Comunque (pag.39) “Quando
Mussolini sia entrato in contatto con il pensiero di Spengler non si può dire con precisione……
propendiamo a credere che la <scoperta>dello scrittore tedesco da parte di Mussolini debba
rimontare alla seconda metà degli anni venti, forse al 1925, quando Spengler gli inviò in
omaggio i suoi scritti di interesse politico, o – più probabilmente al 1927-1928 quando
V.Beonio Brocchieri pubblicò i suoi studi su di lui ed espose ampiamente le tesi principali del
<Tramonto dell’Occidente>, quando anche in Italia divenne di moda il tema della
<crisi>dell’Europa e presero ad essere discusse” anche “le opere di H.Massis, di R.Guenon
ecc. “Poi il De Felice faceva riferimento alla pubblicazione del libro del Korherr con le
introduzioni del Duce e del filosofo”e continuava “..con la fine degli anni venti Mussolini
cominciò a fare degli accenni che possono far pensare ad una conoscenza(diretta o indiretta,
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attraverso la traduzione francese del <Tramonto dell’Occidente> o solo attraverso Beonio
Brocchieri….) delle teorie di Spengler;:…” “inoltre sulla stampa fascista si cominciò in questo
periodo a stabilire qualche collegamento tra alcune affermazioni di Mussolini sul problema
dell’Occidente e le teorie di Spengler”
Poi (pag.40) “Con gli anni trenta le suggestioni spengleriane si fecero poi in Mussolini
numerose ed evidenti..”finché arriviamo alla famosa segnalazione su “Il Popolo d’Italia”di
“Anni Decisivi”.
Proseguiva l’illustre storico(pag.40) “I punti della teoria di Spengler che potevano trovare il
consenso di Mussolini erano numerosi. Innanzi tutto-…doveva riuscirgli congeniale la
concezione generale ciclico – naturalistica che Spengler aveva della civiltà della storia….e
che lo portava a teorizzare una storia dell’’umanità spezzata in cicli conclusi e corrispondenti
ad altrettante irripetibili civiltà. Non a caso l’idea del <ciclo> storico è così frequente in
Mussolini; ed è riferita non solo ai vari popoli e al loro ruolo egemone…..ma allo stesso
fascismo. E…..assolutamente congeniali dovevamo essergli—–tesi come quelle della
superiorità morale della campagna sulla città, sulla sterilità dell’uomo <della
civilizzazione>..e sulle sue rovinose conseguenze per i <destini> dei popoli, sul valore, sulla
funzione etica di una consapevole concezione di <razza>, non intesa per altro in termini
materialistico- darwinistici, ma psichici-spiritualistici………” E poco oltre (pag.41) “ Né ancora
– al pessimismo e al machiavellismo spicciolo di Mussolini poteva certo dispiacere di trovare
nell’autore del <Tramonto dell’Occidente> la conferma, la teorizzazione addirittura, della
validità storica di una spregiudicata politica di pura potenza:<la storia ha sempre sacrificato
la verità e la giustizia alla potenza, alla razza, condannando a morte gli uomini e i popoli per i
quali verità è stata più importante dell’azione e la giustizia più essenziale della potenza>)(“Il
Tramonto dell’Occidente”pag.1417)” Tuttavia, e qui ci si ricollega alle considerazioni
dell’Evola, (ibidem) “L’apporto vero, più caratteristico della scoperta di Spengler, era altrove
e la conferma l’abbiamo….nell’interesse vivissimo che in Mussolini suscitò la lettura di, Jahre
der Entscheidung….un’opera che…..aveva per Mussolini il gran pregio…… di porre più
nettamente in luce, il concetto, la teoria storica spengleriana del <cesarismo>…… facendo
riferimento allo stesso Mussolini.”
Inutile ricordare ai lettori che, per noi, un’esperienza storica di tipo cesari stico avrebbe
valore soprattutto se portasse alla fondazione di uno Stato organico e gerarchico stabile.
Ma, ritorniamo al De Felice (pag.41) “Secondo il sistema ciclico spengleriano, il <cesarismo>
sarebbe lo stadio finale della fase della <civilizzazione>, l’estrema lotta degli <individui
cesarei>, degli eroi, per frenare la decadenza della loro civiltà. Quando una <civilizzazione>,
col falso splendore delle città cosmopolite… è giunta al suo punto più artificiale raffinato,… E’
a questo punto che contro il denaro, il quale, dopo aver distrutto gli antichi ordinamenti della
<civiltà>, aveva trionfato <sotto forma di democrazia>, emergevano gli uomini di statura
cesarea: <essi infrangono l’onnipotenza del denaro>, pongono fine alla… democrazia e
realizzano la loro volontà <puramente politica> ”In effetti, pareva allora che l’epoca delle
grandi teorie e dei grandi sistemi (liberalismo e socialismo) volgesse ormai al tramonto e che
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il partito come forma politica fosse ormai in via di liquidazione.
Mussolini vedeva ben più di altri i sintomi della crisi della civiltà occidentale(6) e giungeva ad
augurarsi che il moto europeo suscitato dal fascismo potesse non solo arginare tale crisi ma
addirittura dare inizio a un nuovo ciclo di civiltà. Noi oggi vediamo che, con crescente
probabilità, non si tratterà più di cercare di “salvare il salvabile” e sarebbe troppo lungo
discettare qui su quanto sarebbe possibile, e meriterebbe, di essere salvato, ma di affrontare
una crisi globale e, effettivamente, di dare inizio a una nuova fase della storia (7)
Continuava il De Felice (pag.44) “In un certo senso, si potrebbe addirittura sostenere che
proprio solo grazie al concetto spenglerianio di <cesarismo> i vari elementi psiocologici e
culturali che contribuivano a determinare l’<idea morale> che in questi anni animò la politica
di Mussolini trovarono il loro cemento; così come è assai probabile… che il concetto
spengleriano di <cesarismo> abbia in qualche misura contribuito anche ad accentuare sino
all’esasperazione in Mussolini l’esaltazione della romanità e della funzione di Roma come
afferratrice nel mondo di una nuova civiltà (che, non a caso, non era mai quella repubblicana,
ma quella dell’età cesariana ed augustea).E volendo, si potrebbe forse giungere fino al punito
di chiedersi… se il profilo di Giulio Cesare tratteggiato da Spengler non abbia avuto qualche
influenza sul comportamento di Mussolini, sul suo modo di trattare gli affari di politica
interna” E qui si rimanda al <Tramonto dell’Occidente> (pag.1316 e segg.) “Cesare
riconobbe le cose come esse erano, mise da parte ogni sentimentalismo e fondò il suo
dominio su vedute concrete. La legislazione degli ultimi mesi della sua vita contemplava
esclusivamente disposizioni per nessuna delle quali era stata pensata una reale durata.
Proprio questo è stato sempre perduto di vista. Cesare conosceva troppo a fondo le cose per
presumere di prevedere in quel momento, alla vigilia della spedizione contro i Parti, gli
sviluppi a venire e per fissare forme definitive.”
Troviamo poi accenni di Mussolini riguardo allo Spengler nei <Taccuini Mussoliniani> redatti
da Yvon De Begnac. Personalmente condividiamo a proposito di codesto testo quanto
scriveva il Conte (“Introduzione ad Oswald Spengler”pag.117) cioè trattarsi di “una fonte da
utilizzare con prudenza”). Alla pag.598 il Duce dice di aver parlato con lo stesso Spengler
“che veniva a donarmi le sue opere”. Comunque Mussolini dice (pag.593) “Di Spengler..
parlai diffusamente con il barone Julius Evola, che né è il profeta in Italia. Il suo lungo lamento
per un occidente che si va spegnando mi era stato segnalato, già nel 1918, dal professor
Farinelli e dal professor Panzini. a Roma. Non mi era stato possibile parlargli a Berlino nel
1921(8). Gli chiesi se proprio intendesse controllabile la struttura del destino sulla base del
nostro individuale accettare o respingere il mistero della speranza, e se fosse davvero
possibile svelare un segreto di vita con un segreto di morte. Mi aveva entusiasmato quel suo
rifiuto dell’intellettualismo generalmente .e genericamente, accettato come misura della
nostra capacità ad interpretare quel che, di noi, e di altri, sfugge alla conoscenza comune.
L’intellettualismo è quel leggere in noi, mi disse, ben diverso dall’immaginare i silenzi entro i
quali la vita restringe ogni nostra stagione, Non condivideva quel <morire a noi stessi> che
Spengler riteneva essere la nostra sorte. Glielo dissi, presente l’accademico Volpe, che è
stato suo amico ed estimatore. Spengler mi risulta abbia poi discusso di tutto ciò con il
barone Evola”.
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I lettori mi perdoneranno le lunghe citazioni, sono costretto a riportare tutto questo anche
nella speranza che qualche lettore più dotto possa aiutarmi nella mia ricerca. Indubbiamente
Oswald Spengler venne più volte in Italia, ci sono informazioni sui suoi eventuali incontri con
lo stesso Duce, con Gioacchino Volpe e con Julius Evola per il quale la definizione di <profeta
in Italia> dello Spengler è senz’altro erronea? Possibile che il De Felice, per quel che ricordo,
non ne parli? D’altra parte, neppure lo stesso Evola non fa alcun cenno di tutto questo nel suo
“Il Cammino del Cinabro”.(Ci sarebbe anche, e non solo per questo, da chiedersi quanto sia
attendibile la narrazione che l’Evola fa delle sue vicende in codesto libro)
In mancanza di altre conferme non possono che sorgere dei sospetti riguardo al De Begnac.
Possiamo anche riferire quanto scriveva Francesco Perfetti nella sua <introduzione> al
volume(XX) “Naturalmente, come per tutte le opere di natura consimile, siamo di fronte non
alle parole letterali e al pensiero autentico di Mussolini, ma alle parole e al pensiero di un
Mussolini sollecitato dall’interlocutore e, con ogni probabilità, filtrato attraverso la sensibilità,
gli interessi e, alla fin fine, la rielaborazione stilistica e la visione ideologica dell’autore. ”Mi
chiedo se il giudizio non debba essere ancor più severo.
Ritorniamo al testo, a pag.594 leggiamo che il Duce avrebbe detto “Avevo voluto
personalmente la pubblicazione in Italia dei due studi di Spengler <L’Uomo e la Macchina> e
<Anni Decisivi>. Il mio amico Beonio Brocchieri, ufficialmente, e il barone Evola,
ufficiosamente, realizzarono questo mio desiderio operazione non fece molto chiasso Non si
può pretendere che l’Italia di Farinacci possa apprezzare la cultura di Spengler. L’allora
maggiore Canevari affiancò Beonio- Brocchieri e Julius Evola nella meritoria fatica che costoro
andavano sostenendo“(9)
Anche qui si resta perplessi, inoltre credo che quella del Farinacci sia senz’altro una figura da
realizzare e che ci sia da deplorare che in troppi casi il Duce non abbia voluto seguirne i
suggerimenti!
Avrebbe ancora detto Mussolini “Spengler ebbe la bontà di considerare la mia modesta
persona come esempio unico della possibilità continentale di uscire dalla palude della
burocrazia che divide e uccide verso la chiarezza dell’impero che unisce e salva. Egli mi era
grato per aver io aggiunto alla sua prefazione a <Regresso delle Nascite, Morte delle
Nazioni> del Korherr un saggio breve a difesa della sola arma di cui noi disponiamo per
uscire dalle spire di un sistema che vorrebbe la nostra morte.”Parole profetiche, peccato che
l’arma della natalità sia ancor più andata persa dell’antico “Fuoco Greco”!
Ancora “La mia amicizia con Spengler? Nasce nel 1918. Cresce nel 1921. Diviene operante
nel 1928.- Si rafforza nel 1931 e nel 1934-. Siamo nel 1938. Da due anni piango la morte del
mio nobile maestro.”
Nella pagina seguente (595) leggiamo. “Der Untergang des Abendlandes-che conosco nel
testo originale e del quale ho tradotto qualche capitolo-è un capolavoro. Di là della tecnica un
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poco vichiana, un poco ferrariana con cui Spengler delimita i tempi delle grandi
trasformazioni esiste, resiste la verità di Spengler: la storia non va considerata
economicisticamente, socialisticamente come storia delle lotte di classe, ma come storia
dell’avvicendarsi del potere tra evo ed evo. Il suo odio nei confronti del liberalismo non può
non indurre all’amore per la rivoluzione.” Ancora “Non ho mai capito perchè a Marx la critica
politica non opponga Spengler, che concretamente ci ha insegnato a non fare, della cultura,
la giustiziera della storia in potenza e della civiltà in divenire. Spengler temeva che la libertà
liberale introducesse il caos. Sbaglio?” Infine “Ho sentito la scrittura di Spengler come
proiezione di quella di Nietzsche …”
Concludo citando da pag,596 “L’8 maggio 1936, mentre mi preparavo a proclamare l’ascesa
dell’Italia al rango di impero, ricevetti dal maggiore Renzetti, mio amico e massimo
rappresentante del fascismo presso il vertice hitleriano, la notizia della morte di Oswald
Spengler. Renzetti è stato amico di Spengler Con Renzetti, Spengler, che si sapeva in odore
di sospetto presso il mondo ortodosso di Goebbels, aveva di recente parlato sul tema del
prussianesimo ricorrente, del quale definiva con sempre maggior precisione i difetti immensi
e le virtù non trascurabili. Renzetti sapeva della cordialità intellettuale di cui Spengler mi
aveva sempre fatto oggetto. Lo aveva incontrato in aprile, Spengler gli aveva detto che il
proiettarsi del fascismo verso il cuore dell’Africa era inviso all’occidente democratico perché
prologo ad un’Eurafrica di cui remotamente avrebbe finito col beneficiare il nostro marcio
continente.”
A tutto questo, specialmente per quel che riguarda l’Evola rimando ad uno scritto di
Gianfranco De Turris “Evola lettore di Spengler” riportato nel sempre interessante sito del
Centro Studi La Runa. Il De Turris si fiderebbe più di altri delle parole del De Begnac pur
concordando che di codesti frequenti contatti dell’Evola col Duce(cui sarebbe stato
presentato dal Marinetti) e con lo Spengler non si hanno altre testimonianze. Il De Turris non
può, anche egli, che auspicare nuovi studi, limitandosi per il resto dell’articolo a ricordare le
differenze tra il pensiero del’Evola e quello dello Spengler. Inevitabile peraltro giungere a
ritenere che nel suo “Il Cammino del Cinabro” l’Evola abbia, purtroppo, “sorvolato” su troppe
cose!
Non si può negare che le pagine del De Begnac lascino, comunque, alquanto sconcertati.
Credo di poter ritenere che questo mio modesto studio possa costituire non solo una ricerca
più o meno erudita nell’ambito della storia delle idee, indubbiamente sia il Fascismo
mussoliniano (e anche, naturalmente il Nazionalsocialismo germanico!) che il pensiero dello
Spengler possono ancor oggi offrirci degli spunti per la elaborazione di quella “ideologia di
combattimento” necessaria per affrontare gli “anni della decisione” in cui siamo ormai
entrati. Chi scrive ritiene ancora possibile che allo sfacelo dell’Occidente giudeo-cristiano e
liberal democratico e capitalista, possano sopravvivere elementi sani della nostra razza in cui
possa rivivere, per quel che sarà possibile, qualcosa dell’antico retaggio indo europeo, “una
rude razza pagana” capace di imporsi e, forse, di dar vita ad un nuovo ciclo di civiltà. Forse
per raggiungere questo obiettivo sarà necessario accelerare o approfondire certi crolli, per
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evitare che tutto venga assorbito in quello che il mondo moderno ci sta offrendo: un pianeta
ridotto a immondezzaio e popolato da putrescenti razze di bastardi!
ALFONSO DE FILIPPI
(1) La conclusione di questo saggio è nota, ma val sempre la pena di rileggerla(pag.123) “Siamo nati in questo tempo e
dobbiamo percorrere coraggiosamente sino alla fine la via che ci è destinata. Non abbiamo alternative. Il nostro dovere è
di tenere fermo sulle posizioni perdute, anche se non c’è più speranza né salvezza. Tenere fermo come quel soldato romano
le cui ossa furon trovate a Pompei davanti ad una porta: egli morì perché, quando scoppiò l’eruzione del Vesuvio, si
dimenticarono di scioglierlo dalla consegna. Questa è grandezza, questo significa aver razza. Questa onorevole fine è
l’unica cosa che non si può togliere all’uomo”
(2) Nel testo del Korherr possiamo leggere:“La decadenza della razza bianca, la scomparsa del suo istintivo orgoglio
etnico, l’imbastardimento intellettuale, le vociferazioni sull’uguaglianza dei diritti di tutti gli uomini, il decadere della
volontà vitale fra i nostri uomini con la popolazione che ne è una lenta conseguenza e, non da ultimo, l’assoluto predominio
dell’elemento economico, che non conosce alcuna differenza di razze, ma soltanto la convenienza delle forze del lavoro, ci
hanno portato già agli inizi di una <penetrazione pacifica>nella parte dell’Occidente mantenutasi fino ad ora pura, per
opera di appartenenti a razze straniere” (pag. 145) e profeticamente “Le razze straniere penetrate pacificamente …..
finiranno, —, con l’inondare l’Occidente. Con la loro maggiore prolificità supereranno presto di numero la decedente razza
bianca.”(pag.146) Più recentemente Piero Ottone in “Il Tramonto della nostra Civiltà’” (Mondadori, Milano1994, pag. 133)
scriveva ”La crescita demografica in Africa e in Asia, la pressione della gente di colore ai nostri confini, la comparsa delle
loro avanguardie nei quartieri poveri delle nostre città, sono i segni promonitori del nostro destino;….Tutto fa pensare a un
Terzo Mondo che sommerge, col suo immenso peso demografico, il mondo civile: è successo prima, in altri periodi storici e
con altre civiltà; potrà succedere ancora.”.
(3) Su Vittorio Beonio Brocchieri citiamo da Wikipedia “Allievo di Gaetano Mosca a Torino, nel 1926 diviene professore
incaricato di Storia delle dottrine politiche presso la neonata facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Pavia, fino a
divenirne professore ordinario nel 1939 ed emerito nel 1978.Tra i fondatori della storia del pensiero politico in Italia,
Beonio Brocchieri ha rivolto la sua attenzione allo studio di pensatori anglosassoni come Hobbes, Locke, Milton, Burke e
tedeschi come Nietzsche e Spengler. Di quest’ultimo in particolare aveva analizzato il pensiero in un celebre volume che
ebbe una certa influenza su Mussolini, visto che l’opera dell’autore de Il tramonto dell’Occidente non era stata ancora
tradotta in italiano.La sua attività di storico, non priva di originalità e di concessioni alla sociologia e alla letteratura,
assieme al carattere immaginifico del linguaggio, culminò nei quattro volumi del Trattato di Storia delle dottrine politiche,
dall’antichità al medioevo. Esperto aviatore, negli anni ’30 affiancò all’insegnamento una lunga serie di reportages per il
Corriere della Sera, compiuti attorno al mondo grazie al fedele biplano. La collaborazione col quotidiano di Via Solferino
iniziò quando nel 1928 Beonio Brocchieri partì per la Norvegia, offrendosi di raccontare ai lettori del quotidiano milanese il
tentativo di salvataggio di Ronald Amundsen, l’aviatore disperso nel tentativo di soccorrere Umberto Nobile e l’equipaggio
del dirigibile “Italia” naufragato tra i ghiacci polari. La Norvegia ricorda ancora Beonio Brocchieri con un fiordo a lui
intitolato: Brocchieri Laden. I viaggi successivi lo portarono dai ghiacci del Polo alle Hawaii, dalla Terra del Fuoco
all’Etiopia passando per la steppa russa e il Giappone. I numerosi articoli tratti furono raccolti in diversi volumi di largo
successo fino a tutti gli anni quaranta. Nel dopoguerra affiancò all’insegnamento e alla ricerca l’attività di apprezzato
romanziere, pittore, tanto che suoi dipinti vennero esposti alla Biennale di Venezia del 1958, e cultore dell’esoterismo. Tra
i suoi allievi ebbe il poeta Giorgio Manganelli, lo storico Arturo Colombo e il giornalista sportivo Gianni Brera.”
(4) Come incitamento meno pessimista ci può citare:“Essere o non essere: questo è il nostro problema. Noi saremo o
schiavi o padroni, e dato che non siamo adatti ad essere schiavi dobbiamo agire per ottenere una indiscutibile supremazia
mondiale della nostra razza. Non vi è altra possibilità di scelta. E’ un dovere verso noi stesi e ancor più verso quelli che
verranno dopo di noi.”A Jacob”White Man think again”New Christian Crusade Church,USA,s.i.d. pag.277. Il “Sole 24 Ore
radiocr in data 24 maggio 2011citava Giulio Tremonti allora ministro dell’economia che avrebb3e detto “Occorre cercare
una soluzione ai problemi innescati dall’immigrazione per evitare di finire tutti nazisti”.Visto che di tali soluzioni non ne
vengono nemmeno proposte,quanto dunque dovremmo ancora aspettare per assistere a sfilate e di camicie nere e brune?!
Per ora non riusciamo a sentire il rumore dei passi delle legioni in marcia!
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(5) così il Sandrelli sintetizza le concezioni razziali dello Spengler: “<essere di razza>equivale ad identificarsi
integralmente con il destino del proprio popolo e della propria Nazione, assumendo questa identificazione come un
imperativo che orienta e imprime il suo sigillo sull’intera esistenza individuale.”Molto bene, anche se chi scrive ritiene che
sarebbe necessario rafforzare tale concezione con una certa dose di “biologismo”: a mio parere, gli “Jahre der
Entscgheidung”andrebbero letti insieme alle due più importanti opere di Lothrop Stoddard ” The Rising Tide of Color”e
“The Revolt against Civilization”.
(6) Si può citare dall’articolo “Decidersi !” apparso anonimo nel “Popolo d’Italia”del 12 Gennaio 1932 “Le orecchie abituate
a percepire non soltanto i rombi delle tempeste, ma anche i rumori sordi delle lime sotterranee, sentono che qualche cosa
scricchiola; che molti vincoli si sono allentati; che taluni postulati tradizionali e basilari- come il rispetto della vita, della
casa, della proprietà altrui- franano; che la sfiducia nel domani conduce a teorizzare il .carpe diem e la disperazione sbocca
da una parte nell’’avarizia e dall’altra nella dissipazione. Se a questi aggiungete altri sintomi che ricordano, con
un’analogia più che singolare, quanto accadde nelle epoche di decadenza di altre civiltà, sintomi che vanno, ad esempio
dalla efferatezza e dalla frequenza di certi delitti alla stupidità di certe gare, voi intuirete che non solo un determinato
aspetto della nostra civiltà è in gioco, ma che tutta la civiltà della razza bianca può disintegrarsi, indebolirsi, oscurarsi nel
disordine senza scopo, nella miseria senza domani” Non si potrebbe certo dire che la situazione sia migliorata nei decenni
successivi alla sconfitta di quello che alcuni definiscono il “male assoluto”!
(7) Si può qui ricordare come il maltese Norman Lowell,leader del movimento Imperium Europa, abbia esposto, seppur
brevemente, la sua “filosofia”della Storia nel saggio <Vìew fron Malta: Crescendo to Imperium>
http://www.nationalvanguard.org/story.php?id=1014 “…noi della Destra Radicale Razzialista abbiamo una Vìsione Sferica
della Storia, opposta a quella lineare. La marcia storica delle razze umane è come una palla da biliardo che può venire
messa in moto improvvisamente in qualsivoglia direzione. La decadenza dell’Uomo Occidentale ha raggiunto il culmine con
la rivoluzione francese e, poi, con quella bolscevica, entrambe furono dei cataclismi satanici: Ora siano al punto ZERO. Un
interregnum, un deserto spirituale. In esso ha luogo una progressiva sparizione delle diversità e noi siamo trascinati in
catene verso una “civilizzazione mondiale”, creazione infernale dei manipolatori internazionali… .Un mondo in cui l’Uomo
Bianco ..,.verrà sommerso dalle prolificanti masse del Terzo Mondo. Ma come passa una notte senza Luna, una nuova era
inizia ad albeggiare. L’ UMSLAG, la SVOLTA (in italiano nel testo N.d.T.) può avvenire in ogni momento, improvvisamente,
come un cataclisma, come ci ha chiaramente mostrato 1’1l-IX-2001…”Per un approfondimento della concezione sferica
della Storia e del concetto di “interregnum”,cft. Giorgio Locchi <L’Essenza del Fascismo> Ed. del Tridente, La Spezia,
1981 e Armin Mohler < La Rivoluzione Conservatrice> Akropolis, Napoli,1990.
(8) Agli inizi del 1922 Benito Mussolini compì un viaggio in Germania di cui scrisse una relazione. Ernst Nolte in “I Tre
Volti del Fascismo”(Sugar, Milano, 1966, pag,785), ne cita codesta frase “l’unico distintivo che si vede qua e là è la croce
uncinata, che sarebbe come chi dicesse il distintivo degli antisemiti”.Primo incontro col fatale simbolo!
(9)Qui,oltre all’accenno a Giuseppe Ferrari(1811-1876)filosofo e politico di orientamento democratico socialista- si fanno
comparire due personaggi interessanti Elio Canevari e Giuseppe Renzetti Sul Canevari riportiamo da Wikipedia Emilio
Canevari (generale) (1892 – 1966) è stato un generale e saggista italiano, esponente di spicco del fascismo e in particolare
della Repubblica Sociale Italiana fondata da Benito Mussolini nell’autunno 1943, della quale organizzò l’Esercito Nazionale
Repubblicano siglando, il 16 ottobre, con il generale Buhle per parte nazista, gli accordi fondamentali per la ricostituzione
delle forze armate italiane.[Già colonnello nel Regio Esercito, autori di saggi e collaboratore ordinario di Il Regime Fascista
con lo pseudonimo di Maurizio Claremoris, fu fra i firmatari del Manifesto della razza che dette vita alle leggi razziali
fasciste.Nel 1941 tradusse, con il capo dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito Ambrogio Bollati, il testo del
1832 del militare e teorico prussiano Carl von Clausewitz Della Guerra.[Dopo la caduta del fascismo e l’Armistizio di
Cassibile dell’8 settembre 1943 aderì alla RSI della quale divenne Segretario Generale dell’Esercito Nazionale
Repubblicano al ministro della Difesa nazionale prima di Domenico Chirieleison e Umberto Giglio[]. Fu poi a capo della
missione militare italiana per l’addestramento di quattro divisioni italiane nell’alleata Germania nazista Aggiungo che
collaborò anche alla <Vita Italiana>del Preziosi.
Di grande interesse è anche la figura del Maggiore Giuseppe Renzetti (1891-1953)Combattente nella Guerra di Libia e nel I
conflitto mondiale,passato poi alla diplomazia,fui presidente della Unione Italiana delle Camere di Commercio a
Berlino.Qui,nonostante fosse sposato ad una ebra,ebbe l’incarico di tenere i contati con lo schieramento nazionale
germanico, ebbe modo così di acquisirsi l’amicizia di Hitler Goring e tanti altri gerarchi,avrebbe collaborato alla costituzione
di quella alleanza tra Nazionalsocialisti,Nazional-Tedeschi (DNVP) ed <Elmi d’Acciaio>che portò il Fuhrer al potere. Proseguì
la carriera diplomatica e dopo il 25 Luglio 1943 aderì alla parte sbagliata cioè governo Badoglio il che non bastò a salvarlo
poi da misure epurative
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BIBLIOGRAFIA
Beonio Brocchieri V. “Spengler – La dottrina politica del pangermanesimo post
bellico”Athena,Milano,1928C
Conte Domenico “catene di Civiltà-Studi su Spengler”Edizioni Scientifiche
Italiane,Napoli,1994
Conte Domenico “Albe e Tramonti d’Europa – Ernst Junger e Oswald Spengler”Edizioni di
Storia e Letteratura,Roma,2009
Conte Domenico “Introduzione a Spengler”Laterza, Bari, 1997
Damiano Giovanni (a cura di) “L’Ora che Viene – Intorno a Evola e
Spengler”Ar,Padova.2004
a
De Begnac Yvon “Taccuini mussoliniani”Il Mulino,Bologna,1990
De Felice Renzo “Mussolini il Duce-Gli anni del consenso 1929-1936”Einaudi,
.Torino,1974
Evola Julius “Oswald Spengler”Fondazione J.Evola,Roma,2003
Farrenkopf John “Prophet of Decline. Spengler on World History and Politics” Louisiana
Un.Press. USA,20021
Giusso Lorenzo “Oswald Spengler”AR,Padova,1981e
Korherr Riccardo “Regresso delle nascite:Morte dei Popoli”Libreria del
Littorio,Roma,.1928
Romualdi Adriano “Spengler profeta della decadenza”in O:Spengler “Ombre
sull’Occidente”Volpe, Roma1973
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MUSSOLINI e SPENGLER – ALCUNE NOTE