La Vetreria Operaia Federale
di Sesto Calende
e il manoscritto di Guglielmo Zamperini
Giovanni Di Bella
Contributi di storia locale
ASSOCIAZIONE PRO SESTO CALENDE
Contributi di storia locale
Volume realizzato con il contributo
del Comune di Sesto Calende
In copertina:
V.O.F. di Sesto Calende 1906
Edito da :
Associazione Pro Sesto Calende
Testo :
Giovanni Di Bella
Foto e
documenti:
Archivio Comune di Sesto Calende
Archivio Pro Sesto Calende
Archivio Varalli di Sesto Calende
Archivio Angelo Veronesi di Sesto Calende
Si ringraziano per la collaborazione
Foto Gavinelli
Paolo Gianini
Giannino Mazzoleni
Maryse Ribolzi
Realizzazione e stampa a cura
del centro progettazioni Selgraph
Cocquio Trevisago (VA)
Puntuale all'appuntamento di fine anno l'Associazione Pro Sesto
Calende presenta il sesto volume della collana " Strettamente
Sestese", dedicato alla Vetreria Operaia Federale e ad una tra le
figure di spicco della vita politica di Sesto Calende dei primi
decenni del Novecento. La scelta non è certo casuale ma si inserisce nel quadro delle iniziative volte a ricordare il centenario della
nascita della " Vetreria " di Sesto che nel marzo del 1906 apriva
ufficialmente i cancelli.
Giovanni Di Bella, autore di questo contributo di storia locale, ha
ricostruito le tappe più significative della storia dell'arte vetraria nel
bacino del lago Maggiore, soffermandosi, in particolare, sulla
nascita delle prime vetrerie costituite in forma cooperativa, fra le
quali quella sestese e sulla storia del movimento operaio dei
Bottigliai. Particolarmente meritevole inoltre l'intento dell'Autore di
restituire alla storiografia locale un personaggio come Guglielmo
Zamperini, che nell'impegno civile e politico, nella vetreria come
nella sezione di partito o di federazione, ha individuato la strada
maestra da seguire con coerenza e fedeltà per tutta la vita.
Anche questo volume, come i precedenti, si presenta ricco e vario
nel repertorio iconografico proponendo momenti della lavorazione
del vetro, ma anche vedute delle due vetrerie locali, personaggi e
riproduzioni di documenti.
Nella consapevolezza dell'importanza che la memoria del passato riveste oggi più che mai per le future generazioni,
l'Associazione Pro Sesto Calende dà inizio con la presente pubblicazione al secondo lustro di vita di questo progetto editoriale,
verso il quale la comunità sestese ha finora mostrato segni di particolare apprezzamento.
Associazione Pro Sesto Calende
La V.O.F. di Sesto Calende
PRESENTAZIONE
Con una legittima punta di orgoglio, che deriva dall'appartenenza viscerale alla "nobile" categoria dei Vetrai, prima in fabbrica, da giovane e poi come sindacalista impegnato nei rinnovi dei Contratti Collettivi di lavoro e nelle difficili vertenze aziendali ed individuali, presento volentieri questa particolare, impegnativa e puntigliosa ricerca condotta dall' "esterno", cioè dall'aronese Giovanni Di Bella, sulla V.O.F e attorno ad una figura simbolo dei "vetrai sestesi": Guglielmo Zamperini. Convinto
cooperatore, socialista "senza se e senza ma" e tra i primi sindacalisti della categoria, Zamperini ha condotto stupende e
coinvolgenti campagne di proselitismo e rivendicative (basti
pensare alla martellante richiesta di riduzione di orario e di
abolizione del lavoro notturno) e di propaganda politica con
scritti che stupiscono per la loro linearità e chiarezza e che
l'Autore ricorda e commenta con il dovuto risalto.
Da semplice operaio, Zamperini ha avuto il grande merito di
annotare con scrupolo e quasi con pedanteria su di un diario
personale, che è al centro dell'egregio lavoro di Di Bella, quasi
tutti gli eventi socio-politici che hanno accompagnato i soffiatori del vetro cavo dalla Vetreria di S. Anna fino alla realizzazione dello stabilimento sestese della Vetreria Operaia Federale
di Livorno.
Altri autori hanno scandagliato le motivazioni che hanno indotto una élite di operai altamente specializzati nel loro lavoro a
unirsi in cooperativa; ma pochi si sono soffermati a sottolineare - come invece appare commentato nel diario di Zamperini il fatto di essere riusciti, dal nulla e con una impresa senza precedenti, ad alzare il tiro sullo scontro sociale in corso da ben
tre anni (1899-1901) per conquistare il primo Contratto
Collettivo di lavoro della categoria, sul terreno della competizione produttiva con i padroni di allora.
Ecco allora che, pur fra mille difficoltà ed incomprensioni e
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La V.O.F. di Sesto Calende
ormai allo stremo delle forze, questi semplici operai guidati, tra
gli altri, dai sindacalisti livornesi, l'avvocato Giuseppe
Emanuele Modigliani e il suo più stretto collaboratore Cesare
Ricciardi, riescono come per incanto - e Zamperini ne è testimone attento - a trasformare i loro sogni e le loro aspirazioni in
realtà. Dal 1903 al 1909, grazie alla loro fatica e al loro entusiasmo, vennero infatti impiantate ben sei fabbriche per la lavorazione del vetro a soffio (bottiglie e damigiane), tutte appartenenti alla Cooperativa Vetreria Operaia Federale, rimasta fino
al 1912 leader sul mercato nazionale, per poi sgretolarsi come
un colosso d'argilla sotto l'incalzare di una forte crisi economica e per altri motivi che approfondiremo successivamente.
Per questo la fatica di Di Bella va considerata un tassello
importante di un lavoro che verrà completato con la prossima
presentazione di documenti inediti e con il dovuto spazio per
tutti i protagonisti di questa straordinaria "avventura" che, tra gli
altri meriti, ha contribuito a migliorare le condizioni di lavoro e
di vita dei vetrai sestesi.
L'augurio è che la lettura di questo frammento di storia vera
faciliti la comprensione delle profonde motivazioni che stavano
alla base delle manifestazioni di solidarietà e fratellanza che,
oggi ancor più di ieri, hanno bisogno di un'adeguata rivalutazione.
Mario Besozzi
Associazione "Amici della Vetreria"
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La V.O.F. di Sesto Calende
PREMESSA
L'11 marzo 1906 si aprivano ufficialmente i cancelli della V. O. F. di
Sesto Calende, azienda destinata a lasciare, insieme agli altri stabilimenti federati, un significativo contributo nella lunga storia dell'emancipazione dei lavoratori e delle relazioni sindacali non solo in
Lombardia ma sul territorio dell'intero paese. Ancora più di vent'anni
fa lo storico sestese Elso Varalli sottolineava come "la realizzazione
di una vetreria in forma cooperativistica, collegata alla Vetreria
Operaia Federale di S. Jacopo di Livorno", avesse costituito "un
evento di portata nazionale" (1); e ancora oggi la sua affermazione
non solo si dimostra condivisibile, ma viene confermata dagli studi sul
movimento operaio e sulla storia della cooperazione (2).
Erano gli anni della nascita del cooperativismo, di nuove forme di
organizzazione dei lavoratori (3) e del lavoro, dei primi tentativi di
imporre ai padroni modalità di contrattazione che introducevano effetti dirompenti nella politica aziendale tradizionale. Ma erano anche gli
anni, quelli di inizio secolo, del confronto di idee e del dibattito ideologico e politico, della solidarietà che sfociava nella costituzione delle
Società di Mutuo Soccorso, di cooperative di consumo e di particolari forme di associazionismo come i circoli (4) ; anni di lotte, di scioperi, di boicottaggi e di serrate che facevano però registrare nelle fabbriche le prime affermazioni del movimento operaio e nelle amministrazioni anche di piccoli comuni, come Sesto, le prime vittorie del
partito socialista, grazie soprattutto all'inesauribile impegno di compagni e lavoratori.
Numerosi storici locali sestesi, alcuni dei quali discendenti diretti o
parenti lontani di quei primi lavoratori, hanno già ampiamente trattato le vicende dell'industria vetraria a Sesto Calende e nelle località in
cui si sviluppò questa particolare lavorazione. C'è chi ha scelto di
analizzare la "vocazione" dell'ampia area che si affaccia sul lago
Maggiore, in particolare la sponda magra, risalendo nel tempo fino
all'epoca romana; chi invece ha proposto la storia dei vetrai di Sesto,
sottolineando il ruolo e i rapporti che personaggi come Giuseppe
Emanuele Modigliani e Cesare Ricciardi hanno avuto con la nascita
e lo sviluppo del cooperativismo e del capitalismo nel settore del
vetro.
Altri storici delle passate generazioni hanno preferito annotare in
1
La V.O.F. di Sesto Calende
modo puntuale, e qualcuno non molti anni fa con metodo annalistico,
tutti gli eventi più significativi per la comunità sestese, includendo
naturalmente quelli relativi alle vetrerie; scelta che ha consentito una
lettura sincronica e complessiva della storia locale di Sesto Calende
tra Ottocento e Novecento, favorendo il costante riferimento alle
vicende socio-economiche e politiche nazionali (5).
Venendo invece ai nostri giorni, si ricorderà che l'11 marzo scorso,
per celebrare degnamente il centenario dell'apertura della Vetreria
Operaia Federale, è stata inaugurata una mostra documentaria sul
tema "La lavorazione del vetro tra sogno e realtà", preceduta da una
interessante proiezione di slides, commentate da Mario Besozzi con
la collaborazione di Mario Bielli e Giorgio Galli.
È stata l'occasione per ammirare alcune suggestive immagini di una
lavorazione così particolare,
ma anche il momento per far rivivere gli anni gloriosi di un'azienda,
che insieme alla SIAI, quest'ultima a partire dal secondo decennio del
secolo scorso, hanno portato il nome di Sesto Calende all'attenzione
del mondo della produzione a livello nazionale.
Generazioni di Sestesi vi hanno lavorato; per alcuni di loro, i più
anziani, riascoltare termini quali "levavetro", "portantino", "grangarzone", "maestro o monsù", "brigata" è stato quasi un tuffo nel passato,
un tornar indietro nel tempo fino agli anni della loro gioventù, un
richiamo alla memoria dei racconti dei nonni o dei genitori; parole che
evocavano precise mansioni e ruoli all'interno della vetreria. Per i più
giovani si è trattato invece di una vera lezione di storia locale e, mi
sia permesso, di vita; un'occasione per apprendere, loro sì, che parole come "piazza", "campagna" "brigata" o "canna" hanno avuto fino ai
primi tre decenni del Novecento e, naturalmente, in contesti diversi,
significati del tutto opposti rispetto a quelli attuali; termini che equivalevano a lavoro in condizioni disumane, sacrifici, solidarietà, sfruttamento (6).
Un plauso va poi all'Associazione "Amici della Vetreria" che dal 2001,
anno della sua costituzione, ha condotto ricerche e realizzato molteplici iniziative (conferenze per studenti e per l'Università della Terza
Età, allestimento di mostre, produzione di un cortometraggio), ma
che altri ambiziosi progetti ha già in cantiere (il "Museo del vetro", un
bassorilievo riproducente un soffiatore e altre pubblicazioni) per "trasmettere alle nuove generazioni un pezzo di storia che altrimenti l'o2
La V.O.F. di Sesto Calende
blio e il tempo cancellerebbero inesorabilmente".
Ma a dire il vero c'è già stato, in anni più o meno recenti, chi si è
preoccupato di non far perdere la memoria di un patrimonio storico di
così alto significato sociale e di una terminologia specifica che
rischiava di sparire con l'avanzare della tecnologia. Basti pensare a
Cornelio Bruscherini che alla metà degli anni Cinquanta del secolo
appena trascorso, nella sua Breve storia dell'industria del vetro (7), si
soffermò con ricchezza di particolari sul sistema di lavorazione della
"piazza", cioè la piattaforma antistante ciascun forno, sui compiti e le
responsabilità dei quattro operai che interagivano nel ciclo produttivo
e sui nomi di alcuni attrezzi. Nel suo saggio Bruscherini non si limitò
tuttavia ad informazioni di carattere generale, fornì anche dati sugli
ingredienti utilizzati per la fusione del vetro, indicando anche le proporzioni e le quantità delle sostanze impiegate nella lavorazione delle
bottiglie e delle damigiane, "a cui meglio si adattavano le sabbie silicie del Ticino, che nel frattempo avevano sostituito i sassi di quarzo
macinato". Fu inoltre il primo storico locale ad accennare alla presenza nello stabilimento di bambini anche di otto anni e a fornirci dati
precisi sul numero degli operai presenti nella vetreria, sulla produzione per singola "piazza", arricchendo il suo saggio con interessanti
notizie storiche, quali ad esempio, quelle sui privilegi dell'antica corporazione dei vetrai.
Fondamentali per una conoscenza più approfondita del microcosmo
della vetreria sestese si rivelano poi i numerosi contributi di Elso
Varalli e soprattutto di Mario Varalli, pubblicati in anni più recenti, nei
quali, da parte di quest'ultimo in particolare, si è indagato in modo più
analitico su tecniche, mansioni, attrezzi ma anche personaggi, ruoli,
istituzioni legate alla storia dei bottigliai non solo di Sesto Calende.
Questo saggio si inserisce prioritariamente nel quadro delle iniziative
volte a non far perdere la memoria di un'esperienza "pilota" nella storia del movimento operaio, quella appunto di una delle prime aziende gestite in forma cooperativa. È doveroso pertanto dare il giusto
rilievo alla nascita e al breve periodo, purtroppo, di attività della V.O.F.
di Sesto, ricordando però anche gli anni che ne precedettero la costituzione e ne seguirono lo scioglimento. Le vicende relative alla
"Bonavia-Bertoluzzi" di S. Anna e alla Vetreria Operaia di San Jacopo
di Livorno come quelle della "Vetreria Lombarda" si intersecano infatti anche con la storia di protagonisti, dirigenti o semplici operai della
V.O.F., trovando così piena legittimazione alla loro trattazione in que3
La V.O.F. di Sesto Calende
sto contributo.
Altro obiettivo , strettamente connesso al primo, come si cercherà di
dimostrare, è poi quello di valorizzare la figura di Guglielmo
Zamperini, personaggio non certo di secondo piano della Sesto degli
inizi del Novecento, che insieme a Ernesto e Ambrogio Luigi Varalli,
Luigi e Giuseppe Milano, Carlo Bruscherini, Mentore, Antonio,
Santino Passoni, Alessandro e Francesco Besozzi, Lino Rosmarino
e Andrea Bertolazzi, solo per citare alcuni dei moltissimi nomi della
prima generazione dei vetrai non solo sestesi, ha lottato con passione e coerenza per l'affermazione del movimento operaio e della federazione dei bottigliai nel difficile cammino dell'emancipazione dei
lavoratori.
Nonostante i limiti di spazio posti dal format editoriale della collana
"Strettamente Sestese", si ritiene necessario proporre inizialmente un
excursus storico sull'industria e sull'arte vetraria nel bacino del
Verbano. Tale digressione proseguirà oltre il 1912, anno della cessazione dell'attività della V.O.F., per seguirne la trasformazione in
"Vetreria Lombarda" fin dalla campagna 1912-13 e concludersi nel
1936, data che assume un valore simbolico perchè coincide con l'introduzione a Sesto Calende delle prime macchine nella produzione
delle bottiglie, segnando così la fine dell'epoca della lavorazione a
soffio protrattasi per un millennio sulle sponde del Verbano.
Non si potranno tuttavia trascurare neppure quegli eventi e quei
momenti fondamentali che hanno caratterizzato il primo decennio di
vita della Federazione Italiana dei Bottigliai e che hanno visto protagonisti della "storia" dei vetrai personaggi, aziende o istituzioni non
solo sestesi. Si offrirà in tal modo al lettore la possibilità di collocare
in un contesto più ampio avvenimenti locali di cui potrebbero non
essere colti appieno il significato e l'importanza.
Seguirà una scheda biografica di Guglielmo Zamperini, utile per
inquadrare e sottolineare la passione e l'impegno politico di un personaggio che ha legato la sua vita alla storia dei vetrai sestesi, prima
nella vetreria di S. Anna, poi nella Vetreria Operaia Federale di San
Jacopo di Livorno e successivamente nella V.O.F. di Sesto Calende,
per concludersi nel 1936 nella "Vetreria Lombarda". La sua attività
(1897-1936) copre pertanto uno dei periodi eroici della storia del
movimento operaio dei bottigliai, snodandosi lungo un quarantennio
che ha visto la nascita e l'affermazione del capitalismo industriale ma
4
La V.O.F. di Sesto Calende
anche la progressiva maturazione della coscienza di classe di una
categoria di lavoratori così speciale.
La parte conclusiva del saggio sarà dedicata infine all'analisi del contenuto di un manoscritto, appartenuto allo stesso Zamperini (8), articolata per singole tematiche.
Le vicende della Vetreria Operaia Federale, come pure le precedenti esperienze dello Zamperini nella "Bertoluzzi-Bonavia" (9), saranno
pertanto rivissute anche attraverso le riflessioni e le annotazioni che
il grangarzone sestese ha raccolto nel suo manoscritto, sul quale ha
ricopiato molti dei suoi articoli pubblicati su "La Bottiglia", "organo ufficiale" dei lavoratori dell'arte vetraria, e su altre testate. Si tratterà
quindi di un'angolazione soggettiva e proprio per questo, forse, diversa dai toni oleografici e convenzionali che caratterizzano certe ricostruzioni. Per questo motivo si proporranno ampi stralci delle sue
pagine, per far conoscere, cioè, attraverso le sue stesse parole il suo
pensiero, la sua schiettezza e la sua passione, senza alcuna mediazione da parte dell'autore del presente contributo.
5
La V.O.F. di Sesto Calende
LA TRADIZIONE VETRARIA SULLE SPONDE DEL
LAGO MAGGIORE
Un'antica vocazione: i vetri di Locarno e i "cògoli" del Ticino
Per rendersi conto dell'importanza che le rive del Verbano hanno
avuto fin dall'età romana nella produzione del vetro, è sufficiente soffermarsi davanti alle vetrine del Museo Civico di Locarno, dove è
esposta l'intera collezione dei vetri ritrovati nelle necropoli di una
vasta area della regione che da Ascona giunge fino a Tenero. Coppe,
ampolle, balsamari, colombine e altri oggetti vitrei di varia forma e
dimensione, provenienti da corredi tombali del I e II sec. d.C., affascinano ancora oggi i visitatori con le tonalità intense o sfumate dei
loro colori (10).
In età basso medievale le poche e frammentarie notizie pervenuteci
dagli archivi o riportate nei testi degli storici coevi o posteriori non ci
consentono di avere un quadro certo dell'evoluzione dell'arte vetraria
nell'area intorno al lago Maggiore. Si può solo ipotizzare che alla
metà del XII secolo delle fabbriche fossero ancora in esercizio, se
Guido Visconti per l'investitura della corte di Massino dovette corrispondere all'abate di San Gallo anche cento vasi di vetro, prodotti
probabilmente dagli artigiani locali (11). Sappiamo poi che gli artigiani del vetro formavano una classe privilegiata retta da uno speciale
statuto e che già nel 1279 il loro spirito di categoria, o meglio di casta,
li aveva portati a riunirsi in una corporazione.
Il Quattrocento si rivela invece più generoso di dati relativi alla lavorazione del vetro; è noto infatti, avendolo ricordato lo Spinelli ancora
nella seconda metà dell'Ottocento, che per la sua produzione venivano utilizzati i sassi quarzosi detti "cògoli", raccolti in abbondanza
dal letto del Ticino. La loro "pesca" era stata oggetto di concessione
ducale già nel maggio del 1402, quando Gian Galeazzo Visconti ne
aveva autorizzato la raccolta a un tal Marco Cremosano (o Cremosa),
probabilmente un vetraio di Parma (12). Lo Spinelli annotò anche che
la raccolta dei cogoli si esercitava "in Sesto da tempo immemorabile"
e che per la loro macinazione esistevano "parecchi molini nel comune". Anche Cornelio Bruscherini riprese l'affermazione dello storico
sestese, senza fornire però riferimenti a documentazione d'archivio,
ma limitandosi a riferire un dettaglio tecnico, cioè che la frantumazio6
La V.O.F. di Sesto Calende
ne dei sassi doveva subire una preventiva cottura che li rendeva friabili.
A sostegno della particolare vocazione delle terre del lago per l'arte
vetraria Mario Varalli (13) ricorda che nel 1472 Giovanni da
Montaione, "proprietario di forni in Milano e fuori città", intratteneva
rapporti commerciali con i vetrai di Intra, dove "ancor l'officina de'
vetri", secondo la testimonianza del Vagliano, era attiva agli inizi del
XVIII secolo (14). Altra abituale citazione nella storiografia locale (15)
riferita ai "cogoli per far vetro", è costituta dalla richiesta avanzata nel
1558 da Pietro Francesco Brusca a Filippo II di Spagna per ottenere
la concessione esclusiva, per sé e per i suoi eredi, di raccogliere tali
sassi dal Ticino e dagli altri fiumi dello Stato di Milano, nonché di
poterli esportare anche fuori dai confini dello stato. Nell'aprile dell'anno successivo l'istanza venne accolta con l'introduzione di alcune
clausole che imponevano al Brusca non solo, com'era ovvio, il pagamento del dazio dovuto, ma che i ciottoli fossero utilizzati anche per
le fornaci di vetro dello Stato di Milano (16).
La famiglia Brusca esercitò tale diritto fino alla prima metà del XVIII
secolo, quando le innovazioni nella tecnica di lavorazione e l'introduzione di nuovi materiali da parte dei vetrai veneti resero poco conveniente la raccolta dei cogoli. Sappiamo però che sulle sponde del
lago Maggiore la lavorazione del vetro ad Intra rimase attiva, forse
ininterrottamente, per l'intera durata del secolo poiché è attestata in
documenti e volumi coevi (17).
Se si tralasciano le fornaci vetrarie di Personico e Lodrino, attive alla
fine del Settecento e situate sul Ticino svizzero lungo il tratto terminale Val Leventina, come pure le vetrerie Gioia-Mellerio (poi
Mantovani-Minetti) e Mantovani-Zanella-Strigelli di Porto Valtravaglia
(18) o la breve esperienza dei fratelli Franzosini a Laveno (19), per
limitarci invece ad un'area più vicina e più pertinente alle pagine del
presente saggio, bisogna spingersi al secondo decennio
dell'Ottocento per trovare in attività una vetreria.
Dall'esperienza di Giovanni Battista Rossini alla vetreria di Vincenzo
Bertoluzzi
Nel 1813, infatti, Giovanni Battista Rossini, di origine milanese (o
bustese, secondo il Bruscherini e altri, come, ad esempio, Elso
7
La V.O.F. di Sesto Calende
Varalli), impiantò la prima vetreria di Sesto Calende nell'insenatura di
S. Anna, della quale, a partire dallo Spinelli, gli storici sestesi si sono
diffusamente occupati e alle cui opere si rimanda per gli approfondimenti (20).
Anche Guglielmo Zamperini, riprendendo integralmente la parte iniziale della citazione dello Spinelli, ma riducendo a sintesi quella relativa alle vicende della famiglia Brusca e del loro monopolio nella vendita dei cogoli, così scriveva nel suo manoscritto:
"Nel 1813 si sviluppò assai l'industria del vetro per opera del milanese G.
Battista Rossini, il quale visto il buon prezzo della legna, la facilità di procurarsi sassi, vetri infranti, ecc. e il facile mezzo di trasportazione per acqua,
pensò di aprire quattro forni. Nel primo di questi forni si sarebbero lavorati i
vetri a soffio, nel secondo i cristalli ad uso Boemia e Francia, nel terzo lastre
di varia qualità e varia grandezza. Il quarto forno doveva sussidiare gli altri.
Trovarono lavoro ottanta persone. Il consumo della legna era di 140 fasci al
giorno. I sassi per fare il vetro detti cogoli venivano raccolti dal Ticino e ne
teneva da molto tempo il monopolio Pietro Francesco Brusca..." (21) .
Il Rossini, per promuovere la sua nuova azienda, ci dice sempre lo
Spinelli, aveva chiesto alle competenti autorità ministeriali di esporre
alcuni campioni della produzione vetraria di S. Anna nel 1813 a
Milano, in occasione di una mostra per la festa dell'onomastico dell'imperatore Francesco I, ma per le note vicende politiche (è l'anno
della sesta coalizione antinapoleonica e della battaglia di Lipsia) la
manifestazione non si tenne.
Le vicissitudini seguite alla cessazione dell'attività della vetreria
Rossini, ceduta poi ad Angelo Bordoni, fino ad arrivare alla "E.
Bonavia & C." erano ben note allo Zamperini, che vi aveva peraltro
lavorato dal 1897 al 1903, vicende che col titolo di Storia dei Bottigliai
Sestesi e Vetreria S. Anna troviamo descritte nel manoscritto (22) :
"Alla sponda sinistra del Lago Maggiore e precisamente dove in quel piccolo golfo le sue acque cessano la denominazione, per assumere il nome di
Ticino, è posta sulla parte della Lombardia l'Antica Vetreria nella frazione
chiamata S. Anna, vicino a Sesto Calende. Costruita all'incirca nell'anno
1860 con un piccolo forno a sistema Padella [a crogiuoli], la sua fabbricazione era composta di poche piazze di maestranza a bottiglie ed altre poche a
sistema Bufferia [fiaschi] e Lastre; la quale posizione era in quell'epoca molto
indicata all'incremento industriale e commerciale servendosi dei traffici, uso
8
La V.O.F. di Sesto Calende
velieri che trasportavano il combustibile (23) principale (di quell'epoca) proveniente dalla Svizzera e dai Monti che fanno catena al Lago Maggiore, servendosi di legna per la fusione del vetro; oltre avendo sul posto il silice e le
altre materie prime necessarie all'imballaggio della merce. Di più acquistò
nell'anno 1867 quando incominciò il funzionamento della linea ferroviaria da
Milano-Arona, trasformando la funzione del forno a Bottiglie, sostituendo il
fossile alla legna.
Gli operai erano in maggior parte francesi, i quali si dichiaravano di essere di
sangue nobile, perchè appartenevano all'industria del vetro e conservavano
la casta d'apprendisaggio ai solo propri sanguinei e eredi Vetrai. Però poco
tempo dopo a richiesta dei proprietari venne assunto qualche portantino e
leva vetro, ove anche a Sesto Calende si cominciò a imparare l'arte vetraia.
Nel 1881 la vetreria venne sostituita dal forno a padella con uno a bacino
(sistema Quenne), allora aumentò da portantini a leva vetro; e così si incominciò a fare la strada; e via via qualche leva vetro a Grangarzone (24).
L'antica maestranza francese a poco a poco scomparve quasi tutta e furono
chiamati a sostituirla i Monsù della Cooperativa di Altare; anche questa gente
si credevano di sangue nobile e non erano Bottigliai ma Bufferinai e questi
dovendo lavorare a far bottiglie a sistema Prussiano conoscevano niente
affatto tale sistema di lavorazione, ove si sono provveduti da operai
Germanici i quali erano i benvenuti in Italia, e a loro si deve lo sviluppo
moderno di lavoro nella vetreria" (25).
La storia della vetreria di S. Anna e dei vetrai di Sesto, trascritta dallo
Zamperini sul suo quaderno, prosegue poi con le vicende comprese
tra il 1884 e il 1889:
"Nel 1884 la produzione di un sol forno non bastava; si costruì un secondo
più piccolo, e era quasi completo di gran garzoni e leva vetro sestesi; però i
quali non avevano diritto (a quel tempo) di fare il maestro, perchè i Monsù
Altaresi dicevano che i sestesi erano bastardi. I g.g. [gran garzoni] lavoravano con la seguente tariffa: il 40% circa della tariffa del maestro e il l.v. [leva
vetro] la metà del g.g., con l'obbligo i l.v. dopo finito la regolare giornata di
lavoro, dover rimanere in vetreria più di due ore per estrarre le bottiglie dalla
tempera.
In quel periodo di tempo fu aperta anche la vetreria di Torino; i sestesi pochi
erano che avevano capito che non erano bastardi, ma bensì uomini al pari a
chi li sfruttava; ben pochi avevano capito che nella vetreria esisteva la casta,
che gli altaresi conservavano a danno dei sestesi (campanilisti) chinando il
capo a papà Vincenzo [Bertoluzzi] di sangue proletario, sfruttando il proletariato colla prepotenza mediovale [sic]: o questo o la porta. Ma alla fine quelli che hanno capito ed erano stanchi di quel dominio che gli pesava sulle
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La V.O.F. di Sesto Calende
spalle , decisero di recarsi a Torino ove dopo poco tempo erano maestri; allora cominciarono a capire che non erano bastardi, che non bisognava essere
del sangue nobile come si dicevano i Monsù, aumentando di anno in anno
abolire quella casta.
Allora gli altaresi non sapendo quale vendetta indossare a quelli che disertarono la vetreria di Sesto per fare il maestro, gli esclusero di lavorare in detta
fabbrica in qualunque qualità si presentavano.
1888: un terzo forno e la maestranza altarese in numero maggiore dei francesi e tedeschi, però gg. e lv. tutti di Sesto.
1889: un buon numero erano sparsi in varie vetrerie lavorando a tutte le categorie" (26).
Nella narrazione degli eventi, così com'è tratta dal manoscritto di
Zamperini, si riscontra a questo punto una lacuna di sette anni (i suoi
cenni storici riprendono infatti solo dal 1896), ma anche il mancato
riferimento ad alcuni dati antecedenti, come ad esempio, l'uscita dalla
società di Antonio Magnoni e, di conseguenza, la modifica della
ragione sociale della ex "Vetreria Magnoni, Bertoluzzi & C." in
"Vetreria di Sesto Calende Bertoluzzi & C." nel 1885 (27) . É evidente che allo Zamperini interessavano poco, per quegli anni, i nuovi
assetti societari, mentre mostrava maggiore interesse per le condizioni di lavoro e la conquista dei diritti. A tale lacuna hanno posto
rimedio inizialmente Elso Varalli, seguito poi da Mario Varalli che con
alcuni significativi contributi e recenti studi ha consentito di conoscere nei particolari le vicende della vetreria di S. Anna fino all'inaugurazione della V.O.F. di Sesto Calende.
Apprendiamo così che durante la campagna del 1890-'91 nella
Vetreria "Bertoluzzi & C." lavoravano 86 maschi (29 dei quali d'età
inferiore a 15 anni) e 12 femmine, impegnati in lavoro sia diurno che
notturno nella produzione di bottiglie, bottiglioni e damigiane. Ma
dalle rilevazioni delle aziende produttive presenti nel 1890 si ricava
un altro importante dato; cioè come l'indotto dell'industria vetraria
facesse fiorire altre attività economiche ad essa collegate, quali la
fabbrica di "buste di paglia", cioè i coni per l'imballaggio delle bottiglie
o la "macinazione di minerali per vetrerie" (28).
La qualità della produzione raggiunta dalla vetreria di S. Anna e la
volontà di affermarsi sul mercato nazionale sono testimoniate dalla
decisione assunta dai vertici dell'azienda di partecipare ad una grande esposizione che si sarebbe tenuta a Palermo nell'autunno dell'anno successivo.
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La V.O.F. di Sesto Calende
Ma per la commercializzazione di prodotti così delicati non bastavano gli accorgimenti adottati nell'imballaggio; era necessario che le vie
di comunicazione che collegavano la vetreria di S. Anna con il centro
paese e lo scalo ferroviario avessero un'adeguata manutenzione.
Così non era, se Carlo Bertoluzzi si dimise nel 1892 dalla carica di
consigliere comunale proprio per poter, subito dopo, chiedere al
Comune un risarcimento per i danni subiti dalla rottura di una parte di
prodotti vetrari a causa delle condizioni di abbandono della strada
comunale per S. Anna.
Nella campagna del 1892-'93 risultavano occupati nella "Vetreria di
Sesto Calende Bertoluzzi & C." 350 maschi (54 dei quali con meno
di 15 anni) e 16 femmine. Dal confronto tra questi dati con quelli della
campagna del 1890-'91, si evince che in appena due anni l'occupazione maschile si era quadruplicata, che il numero delle donne era
rimasto pressoché invariato in valori assoluti mentre era precipitato in
rapporto all'occupazione maschile; per i minori, infine, si era verificata una drastica riduzione passando dal 34% al 15% circa rispetto agli
adulti.
Nel corso del '93 i tre amministratori della vetreria di Sesto Calende,
cioè Vincenzo Bertoluzzi , nato ad Altare (29), Giuseppe Candiani e
Luigi Bonavia, con due anni di anticipo rispetto al termine fissato per
la durata della società costituita nel 1885, prorogarono la scadenza
per altri dieci anni a partire dal 10 agosto 1894 (30).
Col '96, come si è detto, Zamperini riprende il filo degli avvenimenti
legati alla vetreria per proseguire fino ai primi giorni di dicembre del
1900:
"Si costituì la Società di Mutuo Soccorso e Miglioramento fra i lavoranti in
vetro; anche a Sesto si costituì la sezione che tutti fecero parte specialmente i G.G. [Gran garzoni] e i maestri non altaresi. La sezione, per la cocciutaggine degli altaresi che insistevano presso i G.G. per poco tempo di entusiasmo ebbe vita, perchè i monsù che non [ne] facevano parte avevano tutto
l'interesse che non continuasse a vivere la società; il più è che seppero a fingere i monsù, quando in una sera di giugno 1896 i soci della S.M.S.M. insistevano la rappresentanza di tutta la categoria maestri, escludendo i gg. sebbene soci; dopo lunga discussione infischiandosi dei gg. e lv. pur di conservare la casta; tentando di ribassare la tariffa, deliberano di proporre la tariffa
in vigore.
All'indomani tutto fu svanito e servì di monito a quelli della S.M.S.M. mettendo sul lastrico i proponenti della riunione e parecchi fautori della S.M.S.M.
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La V.O.F. di Sesto Calende
Nello stesso anno si ebbe la Ditta Bertoluzzi e Bonavia , la quale gerenza
senza distinzione di campanile altarese cercò di abolire la casta (nel suo interesse, si capisce, obbligando a norma di contratto l'apprendistato); doveva
essere libero a tutti, ma i monsù altaresi tentarono soffocarlo".
Una svolta significativa nella produzione della ditta e nella storia dei
contratti interni si ebbe l'anno successivo, sempre secondo la Storia
del grangarzone, accadde che:
"nel 1897, per la terza volta [la vetreria] venne trasformata da forni "Quenne"
a un forno a Gas, e venne[ro] contrattati 8 GG. sestesi da maestro, che accettarono la tariffa al 25% meno a quella dei maestri anziani; tradirono, è vero,
ma fu un esempio di rivoluzione nello stabilimento, in segno di protesta a
quelli che credevano schiavi i gg. e lv. sestesi.
I levavetro dichiararono sciopero, perchè il guadagno non arrivava a £ 2 al
giorno, questi insistevano di volere garantito £ 60 mensili; la mancanza di
organizzazione ha portato alla sconfitta dei lv. e diversi dovettero per volontà propria abbandonare il paese per non farsi dire che avevano abbassato la
testa; ma al principio della campagna susseguente, i lv. sono stati aumentati che arrivarono a guadagnare più di £ 60 mensile: così a poco per volta,
sono arrivati all'organizzazione abolendo anche la casta, calpestando anche
con minacce di fatto" (31).
Come già detto, Zamperini venne assunto come "leva vetro" nel
mese di gennaio del 1897, pertanto a partire da quella data egli fu
testimone diretto e poi anche parte attiva di molti degli avvenimenti di
cui farà menzione come, ad esempio, quelli degli anni immediatamente precedenti il 1900:
"Quelli [gli 8 gran garzoni sestesi] che aveva[no] accettato il contratto firmato per 5 anni alla tariffa ridotta, visto che l'atto da loro compiuto era una vendetta personale, egoisticamente portarono danno alla classe dei lavoratori
compagni bottigliai italiani; aderirono subito all'invito dei compagni bottigliai di
Livorno; ora venne a tenere una riunione l'onor. E. G. Modigliani di Livorno
nei primi di settembre del 1900 spiegando il bisogno e la necessità di unirsi
il lega di miglioramento e resistenza per tutelare i propri interessi; in quel
giorno tutti non erano presenti, si rimandò la costituzione della lega al 20 settembre; incaricato dei bottigliai di Livorno venne il seg. della Camera del
Lavoro di Milano, Vittorio Strazza, coadiuvato dai compagni sestesi che già
facevano parte della sezione di Milano; si costituì la sezione bottigliai e tutti i
presenti aderirono. Nel dicembre riuniti in adunanza generale si delibera che
i reclami verso la ditta si dovevano fare per mezzo di una commissione inter-
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La V.O.F. di Sesto Calende
na composta da cinque operai nominati dall'adunanza e si vieta con deliberazione i reclami personali".
Con un linguaggio più simile a quello di un verbale che ad una cronaca Zamperini ricostruisce poi le varie fasi della trattativa che portarono prima alla proclamazione di due (32) giorni di sciopero e successivamente al riconoscimento della commissione interna alla vetreria:
"Presentata alla ditta la commissione, risponde negativamente non volendo
riconoscere tale arbitrato d'operai dicendo che aveva dei contratti personali.
La sezione dopo altri inviti alla ditta, rispondendo sempre negativamente,
propose e fece sciopero che durò due giorni, poi venne sistemato con l'intervento del Seg. della C. del L. di Milano Scaramuccia e [del]l'Ing. Spaciani,
nonché il Sindaco locale Paolo Bassetti.
In seguito alla deliberazione si mandò un invito ai monsù altaresi piegando il
bisogno e la necessità di far parte della nostra organizzazione, spingendoli
ad unirsi con noi, che sarebbe sorpassato ogni rancore personale, essendo
la nostra istituzione una lega per il miglioramento e resistenza; risposero che
rifiutano di entrare in lega con noi, perchè essendo già inscritti in un'altra
società lo statuto gli vietava di appartenere ad altre associazioni" (33).
La fondazione della Federazione Italiana dei Bottigliai e i primi tre
congressi nazionali
Il mese di dicembre del 1900, come è noto, segnò anche una tappa
fondamentale soprattutto nella storia del movimento sindacale: a
conclusione del I Congresso Nazionale dei vetrai, svoltosi a Livorno
sotto la presidenza di Giuseppe Emanuele Modigliani, venne infatti
fondata la Federazione Italiana dei Bottigliai, che si trovò subito ad
affrontare delicate questioni, quali l'approvazione dello statuto federale (prevalsero i principi di solidarietà all'interno della categoria) l'abolizione dei "privilegi ereditari" (residui anacronistici di stampo
medievale), le dinamiche salariali all'interno della stessa categoria
dei vetrai (forte squilibrio retributivo tra i maestri e gli altri lavoratori)
e la definizione dell'età minima per poter svolgere le mansioni di
maestro, grangarzone e levavetro.
Il 2 giugno dell'anno successivo nella Vetreria di S. Anna "E. Bonavia
& C." venne proclamato uno sciopero "per causa dei fanciulli, i quali
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La V.O.F. di Sesto Calende
percepivano sino a quell'epoca il salario giornaliero di centesimi 90
ed 80, secondoché lavorassero quali scaldini oppure quali portantini".
Alla ripresa della lavorazione i ragazzi furono riassunti alle stesse
condizioni di salario e fu solo "per nostra spontaneità" - come scrisse
il Bonavia al sindaco di Sesto (34) - "che venne loro fatto un aumento di centesimi 10, cosicché gli scaldini percepiscono una lira ed i portantini centesimi 90". Le donne che non avevano aderito allo sciopero continuarono a ricevere il salario di L. 1.
Dal 7 al 10 luglio, altra data significativa per la storia del movimento
operaio, presieduto ancora una volta dal Modigliani, si tenne a Sesto
Calende il II congresso nazionale. Alla presenza dei delegati delle
varie sezioni italiane vennero trattati importanti argomenti quali la
nomina di un segretario federale, la pubblicazione di un giornale, "La
Bottiglia" ("organo ufficiale" della categoria), la creazione di una
vetreria operaia, la posizione da assumere nella fase contrattuale
con la controparte e gli effetti dirompenti della meccanizzazione sia
per i livelli occupazionali che per le retribuzioni.
La situazione, infatti, appariva più complessa per la recente costituzione della Società Anonima "Il Vetro"; la sua presenza, voluta dall'imprenditore Federico Rachetti, creava seri problemi di mercato alle
fabbriche vetrarie del Consorzio, alle quali apparteneva anche la
vetreria di S. Anna, dove peraltro i livelli retributivi erano inferiori
rispetto alle altre aziende del settore, prima tra tutte quella di Torino.
Lo scontro con la controparte si preannunciava duro anche sulla proposta di tariffa unica nazionale per i vari prodotti e sulla quantità giornaliera di bottiglie da soffiare per frenare lo sfruttamento di una categoria che già pagava un alto prezzo per le tante malattie contratte sul
lavoro.
E il mese successivo lo scontro si rivelò più duro del previsto: il
Modigliani, cui spettava il compito di dar corso alle decisioni congressuali di Sesto Calende, dovette fronteggiare le posizioni della
"Vetro", contraria alla proposta di contratto nazionale collettivo e
pronta al ricatto dei licenziamenti con la minaccia di una introduzione
della "macchina da far bottiglie tipo Boucher" per metà della sua produzione. Nello stesso tempo il presidente della federazione dovette
tenere nella dovuta considerazione anche quelle del Consorzio, dove
la produzione esclusivamente manuale rischiava di subire i contraccolpi della meccanizzazione preannunciata dal Rachetti (35).
L'accordo fu trovato solo con il rappresentante delle Consorziate, il
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La V.O.F. di Sesto Calende
ragionier Roberto Perego, che accettò sia l'ipotesi di contratto collettivo di lavoro, il primo nella storia del sindacato, che delle tariffe uniche nazionali elaborate durante il congresso di Sesto Calende.
Inoltre, per garantire il mantenimento degli stessi livelli occupazionali, il Consorzio si dichiarò favorevole alla riduzione del turno di lavoro
da otto a sei ore, aumentando quindi il numero delle "brigate" da tre
a quattro (36). Altro importante risultato, per il Modigliani, fu l'esclusiva di collocamento nelle aziende consociate del settore vetrario concessa alla F.I.B.; in altri termini, con l'accordo, la Federazione veniva
riconosciuta come la naturale intermediaria fra i proprietari e le loro
maestranze. Come contropartita la federazione si impegnò da parte
sua a non fornire mano d'opera alla "Vetro" se non dopo la regolamentazione del preannunciato impiego delle macchine, rivelatosi poi
un bluff, accettando come clausola di scioglimento l'eventuale assunzione nelle vetrerie controllate dalla concorrenza, di maestri e gran
garzoni della federazione per un numero complessivo superiore a
undici, anche solo per un mese (37).
Siglato il contratto, iniziò un periodo di lotta per colpire le vetrerie del
Rachetti sia mediante il giornale "La Bottiglia", sia attraverso una
capillare campagna di informazione sulle motivazioni del boicottaggio
e sul reclutamento dei "Krumiri".
Il 1901 si concluse con un evento di particolare rilievo: la nomina a
segretario della Federazione di Cesare Ricciardi, destinato ad assumere nel corso degli anni successivi, importanti incarichi nella
Confederazione Generale del Lavoro, nella Lega delle Cooperative
ma anche a ricoprire cariche amministrative nel giornale "Avanti!".
Nell'immediato primo dopoguerra, grazie anche all'esperienza maturata nel settore, sarà poi figura di spicco fra gli imprenditori dell'industria vetraria.
Fra gli eventi del 1902 si ricorda soprattutto il III congresso della
F.I.B., svoltosi a Milano, al quale partecipò, come nei precedenti, un
congruo numero di delegati sestesi; ma l'anno fu caratterizzato anche
dagli scioperi nelle vetrerie di Torino e Sarzana e dalle difficili trattative con la "Vetro", turbate da atti di violenza di cui furono protagonisti
i crumiri. Per rimanere in ambito locale si ricorderà invece la presenza del segretario Ricciardi nella sede della Federazione e la venuta
dello stesso Modigliani a S. Anna, il successo dei partiti di sinistra
nelle elezioni comunali, lo spegnimento di uno dei due forni della
vetreria di Sesto, con la perdita di ben ventotto piazze e, di conse15
La V.O.F. di Sesto Calende
guenza, la necessità di ricollocare gli operai nelle altre vetrerie consorziate.
Questi avvenimenti furono trattati da Zamperini in due articoli pubblicati su "Popolo e Libertà", il primo dei quali, datato 15 gennaio 1902,
aveva per titolo "Per una cooperativa di Bottigliai" (38). In esso l'autore accennava agli sforzi sostenuti per costituire una cooperativa di
produzione tra i bottigliai iscritti alla Federazione Italiana al fine di
sostenere la lotta che da ben 20 mesi si combatteva con la Società
del "Vetro" a Torino e Sarzana, dove lavorano molti crumiri. Si riferiva poi della visita del presidente Modigliani e del segretario Ricciardi
nelle vetrerie in cui erano occupati dei federati "per raccogliere dei
denari sotto forma di imprestiti mutuarii". Con orgoglio si sottolineava
inoltre che la sezione di Sesto, in proporzione al numero degli operai
iscritti, era quella che aveva versato la somma maggiore nella speranza che la Cooperativa venisse impiantata proprio a Sesto, "che è
una delle migliori posizioni". Nell'ipotesi invece che essa venisse
costruita ad Alessandria, pur riponendo piena fiducia nei rappresentanti dei vetrai che non guardavano, secondo Zamperini, ai loro
comodi ma all'interesse dei compagni, la sezione di Sesto aveva
provveduto ad inviare sul posto un incaricato per le opportune verifiche. Con un pizzico di campanilismo ma anche di orgoglio l'autore
ribadiva che la sezione di Sesto poteva contare sull'"appoggio intero
e cordiale del Sindaco e di vari assessori i quali s'adoprano con energia ad appoggiare la proposta della nostra lega, che speriamo vorrà
essere accettata dalla Federazione". La conclusione dell'articolo è
quella di un uomo che crede negli ideali, che "vola alto", che non persegue interessi effimeri, ma vede nel movimento e nelle decisioni dei
capi il credo cui obbedire con fiducia ("Ad ogni modo, qualunque sia
dal punto di vista dell'interesse locale, l'esito e l'iniziativa dei forti
lavoratori della bottiglia merita di essere segnalato a tutto il proletariato, cui può esser di non piccolo insegnamento").
Nell'autunno dello stesso anno, sempre su "Popolo e Libertà" nell'articolo "Fra i bottigliai" (39), Zamperini comunicava l'avvenuta nomina
del nuovo comitato della locale sezione da parte dell'assemblea
generale dei soci. Nel corso della riunione venne presa in esame la
condizione dei compagni che erano rimasti senza lavoro a causa
della fermata di un forno, ma soprattutto "si comunicò che, grazie alla
solidarietà e alla buona organizzazione della Federazione dei
Bottigliai, si è provveduto per loro, alcuni mandandoli a Savona, per
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La V.O.F. di Sesto Calende
altri cercando di trovar collocamento altrove, tanto che si spera quest'anno di non aver disoccupati". L'articolo si concludeva con un:
"Coraggio quindi compagni! Persistete nella buona via e vedrete che
la vittoria sarà per voi in tutte le battaglie ingaggiate e in quelle anche
che verrete iniziando".
Ma sarà il continuo fallimento delle trattative con la "Vetro" e le difficoltà che gravavano sui federati, stremati da un estenuante sciopero,
a far riprendere in esame la possibilità concreta della creazione di
una vetreria federale, resa possibile dalle favorevoli condizioni di
mercato del momento, stimolato da un forte aumento della domanda.
L'incarico di redigere il piano di fattibilità venne affidato al giovane
segretario Ricciardi su cui si riponevano le aspettative per la costituzione della nuova cooperativa.
Il progetto prendeva in esame in modo completo tutti gli aspetti tecnici e finanziari dell'operazione:
dimensionamento del forno, stime di produzione annua, spese di
impianto, finanziatori, criteri di distribuzione dei dividendi agli azionisti, impiego degli utili e loro destinazione a fini assistenziali e previdenziali dei soci, ecc.
La costituzione della Vetreria Operaia Federale e lo sviluppo della
vetreria di San Jacopo
Fu solo durante i lavori del IV congresso della Federazione, svoltosi
nel marzo del 1903 ad Asti, che venne approvata la costituzione (40)
della Cooperativa alla presenza di una folta rappresentanza di maestri e gran garzoni della sezione di Sesto, distintasi particolarmente
nella raccolta di fondi. I delegati congressuali vennero poi chiamati a
deliberare anche in merito allo statuto e al piano tecnico e finanziario
precedentemente redatto; adempimenti che portarono appena un
mese dopo alla costituzione, a Milano, della Vetreria Operaia
Federale (V.O.F.).
Per sottolineare il ruolo dei vetrai locali vale la pena di ricordare che
del primo consiglio direttivo
fecero parte ben sei sestesi su sette componenti, guidati dal presidente Ernesto Varalli e dal segretario Carlo Bruscherini.
"L'11 agosto si tenne al Ristorante dell'Agnello un cordiale ed allegro
banchetto al quale parteciparono più di 150 vetrai colle loro mogli e
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La V.O.F. di Sesto Calende
coll'intervento dei compagni ritornati dalle lontane fabbriche per passare i due o tre mesi, in cui a causa il gran caldo non possono lavorare" (41), con queste parole iniziava la cronaca di una memorabile
giornata raccontata da Zamperini sulle colonne del giornale "La
Bottiglia", riportata con altri particolari anche su "Il Nuovo Ideale".
Dopo il pranzo seguì l'intervento di Ricciardi, che rivolgendo "con il
suo accento toscano" calde parole al gentil sesso presente sottolineò
come "la donna non deve più considerarsi come un limone che quando è spremuto si getta nell'immondezzaio, e non deve tenersi come
una schiava; anche la donna deve diventare libera ed aiutare l'uomo
nella lotta per l'emancipazione". Ernesto Varalli, presidente della
cooperativa, rivolgendosi a quanti non avevano versato denari per la
realizzazione della vetreria operaia per eccesso di scetticismo li invitò ad uno slancio di solidarietà "ora che" - disse - "il fatto è compiuto"; soggiunse poi con orgoglio: "Speriamo col 20 settembre di cominciare a lavorare in casa nostra; noi bottigliai entreremo a Livorno nella
nostra Cooperativa Federale". A conclusione della giornata, dopo
l'immancabile canto dell'Inno dei Lavoratori, "ebbero luogo liete ed
animate danze sulla terrazza e si raccolsero Lire 10 a favore degli
operai vetrai scioperanti per boicottare la vetreria di Saint Gobain di
Pisa (42).
Falliti molti tentativi volti ad individuare la collocazione (Toscana,
Alessandria, Asti) della prima vetreria federale anche attraverso l'eventuale acquisizione di una struttura preesistente, i dirigenti si erano
orientati infatti verso l'acquisto dell'antica vetreria di San Jacopo di
Livorno. Tra l'agosto e il settembre del 1903, formalizzato l'atto di
acquisto, si procedette all'adempimento delle altre formalità imposte
dall'evento. Nel corso dell'assemblea straordinaria convocata ovviamente a Livorno, furono rinnovate le cariche sociali della vetreria
federale e conferiti gli incarichi di direttore tecnico e di gerente, rispettivamente a Giuseppe Milano e a Cesare Ricciardi. Nel nuovo consiglio vennero riconfermati sia il presidente, Ernesto Varalli, che il
segretario, Carlo Bruscherini.
L'entusiasmo fu subito alle stelle: in un'ideale corsa contro il tempo
vennero apportati gli opportuni adeguamenti all'unico forno, ammodernate le case per gli operai e trovata dignitosa collocazione per gli
uffici amministrativi. E in questo clima, che lo stesso Ricciardi definì
"eroico", non si badò né ad orario di lavoro e salario, né a ruoli o
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La V.O.F. di Sesto Calende
gerarchie. In un'atmosfera di contagiosa festosità e di egualitarismo i
vetrai federati si adattarono a svolgere mansioni anche inferiori alle
loro abituali qualifiche o totalmente diverse rispetto al loro lavoro, a
condividere sì le ristrettezze ma soprattutto la gioia e la soddisfazione di aver coronato un sogno.
Tra i 142 vetrai che tra la fine di settembre e gli inizi di ottobre 1903
iniziarono la produzione nella Vetreria di San Jacopo di Livorno c'era
anche Guglielmo Zamperini (43), che lasciata l’antica vetreria di S.
Anna e la sua Sesto era pronto a vivere questa nuova ed esaltante
esperienza.
E mentre nella cittadina toscana la cooperativa muoveva i primi
passi, i vetrai di Sesto provvedevano al rinnovo delle cariche della
locale sezione bottigliai, riconfermando il segretario (Luigi Ambrogio
Varalli) e l'esattore (Andrea Bertolazzi), ma operando i necessari
avvicendamenti di alcuni consiglieri trasferitisi a San Jacopo, come
appunto lo Zamperini. Quest'ultimo, come si è già detto, andò anzi ad
occupare la carica di consigliere nel Comitato Centrale della
Federazione Italiana dei Bottigliai, alla guida del quale fu riconfermato il Modigliani.
Questi di inizio secolo, sono anni in cui risulta difficile separare l'impegno politico da quello "sindacale": l'abbiamo sottolineato per il
Modigliani e per il Ricciardi e lo sarà anche per Alceste De Ambris,
nominato nel 1904 segretario propagandista nel C. C. della federazione dei bottigliai.
Fucina e laboratorio comune di quegli anni furono le Camere del
Lavoro ma anche la federazione socialista e le stesse sezioni locali,
dove già si avvertivano i primi segnali della crisi riformista.
Agli inizi di marzo del 1904 entrò in funzione a San Jacopo un secondo forno, con una dotazione di sette piazze, garantendo così la piena
occupazione di 327 federati e, di conseguenza, il totale risparmio
delle spese prima necessarie per il sostegno economico ai disoccupati. E mentre a San Jacopo si accendeva per merito dei federati
questo nuovo forno, a Sesto, quasi per una forma di nemesi storica,
si spegnevano quelli della vetreria Bertoluzzi, nella quale si era formata un'intera generazione di vetrai.
Ma i profitti della V.O.F. e le retribuzioni degli operai non erano ancora tali da consentire l'istituzione di una cassa mutua, o meglio, di un
fondo per "l'assicurazione contro l'inabilità e la vecchiaia", di cui sia il
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La V.O.F. di Sesto Calende
De Ambris sia i federati avvertivano in modo pressante la necessità.
L'argomento venne affrontato nella sede più autorevole, cioè durante i lavori del V congresso della F.I.B., svoltosi a Livorno, al termine
della campagna 1903-04 che vide la partecipazione di parecchi
Sestesi, fra i quali anche lo Zamperini. Anzi fu proprio quest'ultimo
che, insieme a Ernesto Varalli, riuscì a far includere fra i beneficiari
della istituenda cassa mutua federale, anche i soci colpiti da malattie
veneree, patologie che altri delegati sestesi, come Bruscherini e
Bertolazzi, volevano invece escludere.
Il 1904 registrò un altro successo della federazione dei bottigliai: la
logica aziendale caratterizzata dallo scontro e dalla contrapposizione, di cui era stato sostenitore il Rachetti, e che aveva causato tre
anni di scioperi, portò gli stessi azionisti della "Vetro" a sfiduciarlo e,
successivamente, al passaggio dell'azienda alle Fabbriche Vetrerie
Consorziate.
La temporanea chiusura della vetreria di S. Anna, dovuta alla decisione dei proprietari di non rinnovare i contratti federati provocò invece lo scioglimento della sezione bottigliai di Sesto, che, senza ormai
la storica azienda del settore, furono costretti a cercare occupazione
nelle altre fabbriche indicate dalla federazione.
La situazione patrimoniale della V.O.F., come venne evidenziato nell'annuale assemblea del settembre, era ben solida; dopo appena una
sola campagna, gli utili superavano ormai le 13 mila lire; numerosi
erano gli interventi previsti a favore di vetrai non in grado di garantire, per motivi di salute, le stesse mansioni per le quali erano stati
assunti: per loro si pensò a riduzioni di orario, lavori meno gravosi,
concessioni di indennità di alloggio (44) estese anche ai levavetro.
Altre iniziative erano allo studio da parte della cooperativa, come sussidi agli orfani e una scuola infantile per i figli dei soci ed altre forme
di assistenza. In tal senso venne diramata dalla sezione di San
Jacopo una circolare del Comitato Pro-Cooperativa in cui, oltre a
ribadire i successi della vetreria operaia, si sottolineava la necessità
di pensare a stabili interventi di natura previdenziale, con una particolare attenzione alla possibilità di poter fruire di pensione di invalidità e vecchiaia, erogata da una Cassa di Mutuo Soccorso finanziata
dalle somme versate dai soci iscritti nel libro soci della Cooperativa.
Se la situazione per la V.O.F. si presentava rosea e lasciava prevedere ulteriori successi, a Sesto serpeggiava una nuova preoccupazione: con i capitali dei maestri di Altare si stava tentando di far rina20
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La V.O.F. di Sesto Calende
scere la vetreria di S. Anna; il progetto infatti andò in porto e nel febbraio del 1905, grazie ai soliti crumiri che avevano accettato di lavorare alle condizioni della proprietà, i forni della Bertoluzzi furono riaccesi. La lotta si preannunciava ancora una volta molto dura, come era
stata quella contro il Rachetti e la "Vetro"; la F.I.B. rimaneva irremovibile sulle sue posizioni, che poi erano le stesse del 1901, cioè la
proposta di estendere il contratto collettivo nazionale anche nella
vetreria di S. Anna e come azione di protesta attuò il boicottaggio e
l'ostruzionismo (45).
A questo proposito, merita di essere trascritta, almeno parzialmente,
"La lettera aperta a Carlo Bertoluzzi, direttore della vetreria di S.
Anna. Sesto Calende", scritta da Zamperini e pubblicata su "Popolo
e Libertà" del 4 marzo 1905 (46) :
"Illustrissimo Sig. Direttore
Per non darle noia sarò breve. Da fonte certa so che s'è cominciato a far bottiglie nello scorso febbraio nella di Lei vetreria con gente (per classificarli
bene) che sono dei Krumiri, traditori degli organizzati loro compagni di fatica,
o per lucro, o per ambizione, degli operai rifiutati da Torino e Sarzana (dove
ora lavorano i federati)dopo lungo tempo di lavoro, per incapacità e cattiva
condotta, perché non rendevano al lavoro. Ora pensa che la di Lei vetreria
potrà funzionare in regola, come quando vi lavoravano i federati? Ohibò!
Perché gente rifiutata da altri non tornerà certo utile alla di lei azienda. Il lupo
perde il pelo ma non il vizio. Guardi bene: oltre che incapaci , sono ubriaconi , lazzaroni; ve ne sono persino di quelli che da molti anni non lavorano più
nell'arte dei bottigliai e mi duole il sentire che Ella ha sotto di sé gente così
mal classificata, quando avrebbe potuto invece assumere alla vetreria operai capaci e laboriosi, domandandoli alla Federazione Italiana dei Bottigliai.
Una domanda sola alla di Lei signoria illustrissima e a suo padre Vincenzo,
ed è questa: quando lavoravano i federati, loro [il Direttore e suo padre
Vincenzo] dicevano sempre che era meglio lavorare con i federati che avere
dei Krumiri. Ora desidererei sapere… facevano il loro lavoro bene? Stavano
alla disciplina? Hanno fatto il di Lei interesse, o no?E se sì, allora perché [Lei
e suo padre] non hanno richiesto i vecchi operai che avevano?
Quando vi lavoravano i federati Ella diceva che era contento ed aveva meno
impicci, ora vedrà cosa c'è di mezzo a quella gente… Ci pensi però per il
mese di luglio e agosto, quando torneranno i bottigliai di Sesto Calende ora
sparsi per tutta l'Italia a guadagnarsi del pane, perché siano lasciati passeggiare sicuri della loro vita (ricordi i casi di Torino e di Sarzana!) al paese nativo durante la stagione estiva.
Ad ogni modo vedremo; e i bottigliai saranno pronti a respingere le persecu-
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La V.O.F. di Sesto Calende
zioni e guarderemo alla corruzione.
Attenti bottigliai federati! (Un bottigliaio cosciente). Z. G" (47).
E, rincarando la dose, così scriveva ai compagni della Società
Operaia di Mutuo Soccorso con l'intento di costringere Carlo
Bertoluzzi alle dimissioni da Presidente del sodalizio sestese:
"Ai lavoratori della Società Operaia di Mutuo Soccorso di Sesto Calende.
Carissimi,
So che avete come Presidente della vostra Società Operaia l'illustrissimo sig.
Bertoluzzi Carlo, che non è degno di coprire tale carica, poiché tiene alla sua
dipendenza nello stabilimento vetraio operai incoscienti che tradiscono la
nostra classe lasciandosi corrompere. Voi che già siete civilmente educati
dovete far indire un'adunanza e in quella provvedere alla tutela dell'amore
della vostra modernità, protestando contro i fautori del Krumiraggio. Il Carlo
Bertoluzzi si dovrà dimettere da Presidente se è uomo onesto e dignitoso.
Egli col suo contegno è contro gli interessi del proletariato e del nostro paese
(Un bottigliaio) Z. G." (48).
I tempi erano ormai maturi non solo per pensare ad istituzionalizzare
forme di previdenza come la pensione di vecchiaia o di invalidità ma
anche per creare una seconda vetreria federale, dagli utili della quale
sarebbe stato possibile attuare tutta una serie di iniziative volte ad
assicurare una vecchiaia serena ad una generazione di vetrai prossima all'uscita dalla produzione.
I progetti per una nuova vetreria operaia e lo scontro della F.I.B. con
le vetrerie del Consorzio
Ancora una volta, come era successo per la nascita della prima
vetreria di San Jacopo, il cammino per la localizzazione della nuova
vetreria operaia fu irto di ostacoli. La scelta cadde inizialmente su
Imola, città che godeva di una favorevole posizione geografica, perché vicina ad una grande città come Bologna ma soprattutto ai porti
dell'Adriatico che avrebbero di certo favorito le esportazioni.
Purtroppo le trattative seguirono un andamento altalenante; gli accordi conclusi con l'amministrazione comunale di Imola ebbero inizialmente il parere sfavorevole dalla Giunta provinciale di Bologna; superato poi questo ostacolo, ma non le obiezioni della Prefettura, la
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La V.O.F. di Sesto Calende
V.O.F. si scontrò con gli interessi della "Vetro" e delle Vetrerie
Consorziate. I capitalisti milanesi della "Lucchini, Perego e C." preoccupati infatti dello sviluppo raggiunto dalla Cooperativa in così breve
tempo "avevano brigato affinché la Giunta Provinciale Amministrativa
di Bologna impedisse il realizzarsi del desiderato della Vetreria
Operaia Federale" (49).
La lotta che ne seguì fu senza esclusione di colpi: all'ostruzionismo
dei federati la controparte rispose con l'arma della serrata. Si arrivò
così anche alla rottura definitiva delle trattative tra la F.I.B. e il
Consorzio, che decise di tornare ai contratti individuali, rinnegando
l'accordo sul contratto collettivo, siglato nel 1901 tra Perego e
Modigliani.
Purtroppo risultarono compromessi anche i rapporti all'interno della
stessa Federazione dei Bottigliai, dove Modigliani e De Ambris si trovarono schierati su posizioni opposte circa alcune iniziative di lotta da
intraprendere.
L'attacco che le "Fabbriche Vetrarie Consorziate", guidate dalla
"Vetreria Milanese", sferrarono alla F.I.B. può essere considerato uno
dei più duri di quei primi anni. Di questo scontro che il 2 maggio 1905
portò alla spegnimento dei forni della "Lucchini, Perego e C.",
lasciando sul lastrico più di trecento fra bottigliai e ausiliari, è rimasta
ampia e dettagliata documentazione in due importanti documenti a
stampa che illustrano le posizioni sia del Consorzio (50) che della
Federazione dei Bottigliai (51).
Se ne riferisce in quanto fu proprio a conclusione di questa drammatica vertenza, esasperata nei toni e volutamente costruita dai capitalisti su menzogne per soffocare lo sviluppo della V.O.F., che i vertici
della Cooperativa puntarono alla realizzazione di una nuova vetreria
operaia a Sesto Calende, visti i tentativi del Consorzio volti ad impedire la creazione di uno stabilimento a Imola.
In aggiunta a quanto già sopra menzionato, l'analisi dell'articolata
risposta della F.I.B. al "libellucciaccio pieno di menzogne" delle
Consorziate consente alcune puntualizzazioni, necessarie per conoscere meglio i termini di quella vertenza ma anche alcune clausole
contrattuali allora vigenti.
Fin dalla campagna 1904-05, ad esempio, tra la Federazione e la
controparte industriale era stata concordata la stipula di un doppio
contratto: uno da sottoscriversi individualmente dagli operai, l'altro, il
collettivo che, oltre a validare l'individuale, disciplinava tutti i rapporti
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La V.O.F. di Sesto Calende
fra Federazione e proprietari. Piena validità manteneva inoltre l'art. 8
del contratto collettivo che riconosceva alla F.I.B. il "servizio di ufficio
di collocamento" (52), assegnandole inoltre il ruolo di moderatrice
nelle controversie tra gli operai e padroni e quindi di rappresentanza
"giuridica" di fatto e per diritto dei lavoratori nelle singole fabbriche.
Dal citato opuscolo della Federazione si apprendono inoltre informazioni che ci fanno apprezzare ancora di più l'encomiabile impegno dei
vertici del sindacato dei bottigliai. I due segretari riscuotevano infatti
al massimo 150 lire mensili e chi ricopriva la carica di consulente
legale (l'incarico di presidente della Federazione era stato soppresso
dal V congresso) "lavorava ... per la gloria e pel semplice rimborso
delle spese".; infine ai gerenti delle vetrerie operaie toccavano meno
di 3000 lire annue. Di contro, gli azionisti del Consorzio, secondo gli
autori dell'opuscolo "La Verità vera", "oltre il dividendo del 30 per
cento si pappavano propine di dodici mila lire all'anno".
Una esemplare prova di maturità sindacale venne dimostrata dalle
singole sezioni della Federazione in occasione del II convegno federale di Milano del giugno 1905. Il Modigliani, per non insistere sulla
stipulazione federale dei contratti che poteva essere interpretata
dalla controparte come una puntigliosa difesa dell'autorità e dell'operato dei dirigenti, presentò un ordine del giorno che autorizzava le
singole sezioni delle vetrerie consorziate a stipulare contratti collettivi nelle rispettive fabbriche, purché i padroni riconoscessero alle
sezioni stesse la facoltà di rappresentanza collettiva e di ufficio di collocamento di spettanza alla Federazione. Sebbene tale proposta
fosse stata approvata a larghissima maggioranza, essa venne rifiutata da tutte le sezioni dei bottigliai per non intaccare il prestigio dell'organizzazione centrale ma anche per non creare disparità e fratture con i compagni delle V.O.F.!
La rottura tra le parti portò inevitabilmente al peggioramento dei contratti; venne introdotta in tutte le vetrerie consorziate la ritenuta "per
guarnitura" (53), e il limite massimo di produzione mensile fu trasformato in minimo obbligatorio, clausola che portava inesorabilmente ad
un "acceleramento nel lento, incosciente suicidio dei più deboli".
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La V.O.F. di Sesto Calende
La V.O.F. di Sesto Calende
Di fronte a tali difficoltà, fra i dirigenti della V.O.F. maturò l'idea di collocare una nuova vetreria a Sesto, località che godeva di particolari
favorevoli condizioni sia per la posizione geografica che per il reperimento della materia prima, cioè la sabbia silicea.
La proposta incontrò subito il favore dell'Amministrazione comunale
che delegò il sindaco Sironi a seguire personalmente i contatti a
Livorno con Ernesto Varalli, presidente della V.O.F., e Ricciardi, direttore della vetreria di San Jacopo.
Il piano finanziario venne tempestivamente attivato con la sottoscrizione di cinquantamila lire in azioni da parte dei vetrai e la raccolta di
ottanta mila lire in obbligazioni tra la fascia della borghesia sestese
più progressista, mentre all'acquisto dell'area, posta nelle immediate
vicinanze della stazione ferroviaria, provvidero i fratelli Ingegnoli.
Toccò al Ricciardi, nel corso di un'affollata conferenza tenuta nella
sala municipale di Sesto nel maggio del 1905, illustrare i contenuti
dell'accordo per "l'impianto di un nuovo forno cooperativo". Ormai la
strada era spianata; ottenuto il parere favorevole anche dall'assemblea straordinaria della V.O.F., il progetto si avviava verso la fase esecutiva, sostenuto in modo entusiastico dai federati della ricostituita
sezione dei Bottigliai sestesi. Questi erano infatti disposti a sopportare significative riduzioni nelle retribuzioni, a svolgere, se necessario,
anche lavori da manovali edili e ad incrementare il capitale della
V.O.F. di altre centodieci mila lire tra obbligazioni e azioni lire, pur di
realizzare la nuova fabbrica.
A turbare il clima di entusiasmo di quelle settimane rimaneva la difficile trattativa con i capitalisti della "Vetro" e delle Vetrerie
Consorziate; termini come " krumiri " e " boicottaggio " tornarono di
tragica attualità, e come si era verificato in simili casi già altre volte,
una gara di solidarietà sentita nei cuori, prima ancora che sancita
negli statuti, sorresse i vetrai di Milano licenziati in seguito agli scioperi del 1905. A Sesto si vivevano momenti di gioia irrefrenabile per
il successo ottenuto nelle elezioni comunali di fine luglio 1905 dalla
sinistra, che vedeva tra gli eletti del partito socialista Ernesto Varalli,
presidente della V.O.F.
Ma mentre la maggior parte della popolazione sestese godeva delle
distrazioni dell'estate, i bottigliai, invece, proprio quando un po' di
riposo sarebbe stato più che necessario alle loro fibre logorate dal
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La V.O.F. di Sesto Calende
fuoco e dal gravoso lavoro "non oziano, ma infaticabili e ingegnosi
trovano sempre la maniera di occuparsi e di strappare qualche guadagno […]; si trasformano parte in manovali, parte in contadini e, allegri e fieri del nuovo mestiere, vanno uniti dallo stesso pensiero: quello di resistere fino all'ultimo ai tentativi del Consorzio, e animati da
una stessa speranza: quella di vincere" (54).
Alcune corrispondenze di Zamperini, pubblicate su "La Bottiglia" nei
mesi di luglio-agosto testimoniano l'atmosfera di eccitazione e fervore che si viveva a Sesto durante quei mesi estivi, nella febbrile attesa della realizzazione del nuovo impianto:
"L'entusiasmo per il nuovo forno è immenso, generale e non si parla e non si
discute d'altro. A questo riguardo, nella riunione di domenica un forte numero di maestri, grangarzoni e levavetro decise di percepire durante la lavorazione solo il 30 o 40%, e ciò per rispondere alle calunnie dei proprietari del
Consorzio, che ne vanno spargendo a Sesto Calende delle cotte e delle
crude" (55).
Nelle stesse settimane Ernesto Varalli, neo eletto nel consiglio comunale, anticipò ai vetrai, nella sua veste di presidente della V.O.F., gli
obiettivi da raggiungere, incitandoli "a fare il loro dovere verso la
Cooperativa, ricordando che questa avrebbe incominciato l'impianto,
subito che sarà versato un terzo del capitale sottoscritto in azioni […];
e presto una bella ciminiera si eleverà vicino alla stazione, sfidando
le ire della concorrenza delle fabbriche consorziate. E la popolazione, caldamente entusiasta e solidale con noi, aspetta che la prima
pietra sia collocata"
Verso la fine del mese successivo, quasi in coincidenza con la convocazione a Sesto del comitato centrale della federazione dei bottigliai, che alla presenza del Modigliani esaminò soprattutto i positivi
risultati delle iniziative di lotta contro il padronato (56), cominciarono
i lavori per la costruzione del forno di dieci bocche e del capannone.
La mano d'opera venne data dai bottigliai sestesi, come Sestesi
erano Alessandro Besozzi e Malachia Bogni, responsabili, rispettivamente, della realizzazione del forno e dell'edificio.
Quest'ultimo, visti gli ottimi rapporti esistenti tra la V.O.F. e l'amministrazione comunale, nella richiesta di autorizzazione (cui era allegato il tipo in scala) spiegò al sindaco di aver tenuto conto per la dispo26
La V.O.F. di Sesto Calende
sizione e l'orientamento dei fabbricati, della possibilità che il comune
intendesse realizzare una strada tra la stazione ferroviaria e la provinciale per Angera verso l'Abbazia (57).
I sentimenti che provavano in quei giorni i vetrai sestesi erano di gioia
per il coronamento di un sogno ma anche di preoccupazione per la
tenuta del fronte sindacale rispetto alle lusinghe degli industriali del
vetro. Ce ne dà testimonianza sempre lo Zamperini con questa corrispondenza:
"La scorsa settimana sono giunti qui un vagone di terra refrattaria e un altro
di materiali promiscui per la costruzione del nuovo forno. I compagni si sono
presentati al lavoro provvisorio senza pagamento. Si sappia intanto che
domenica 16 vennero qui due rappresentanti del Consorzio a fare una passeggiata di piacere. Si rivolsero ai padri e alle madri di famiglia, esortandoli
a mandare i loro figli a prostituirsi, e dicendo che la Federazione e la
Cooperativa non potranno dar lavoro a tutti, ma i nostri bravi compagni sestesi hanno posato la punta del pollice della mano della destra sulla punta del
naso, e agitando le dita hanno risposto: cucù! Voi volete piantar carote fra i
sestesi? Vi sbagliate di grosso: le vostre arti sono troppo meneghine per non
essere conosciute".
Circa poi l'atteggiamento da tenere nei riguardi di chi sceglieva di non
seguire le direttive della federazione, pienamente condivise dai
vetrai, significativa appare quest'altra corrispondenza, sempre apparsa su "La Bottiglia", a firma "Solitario", pseudonimo con cui Zamperini
firmava alcuni pezzi:
"Si vocifera che un sestese (uno solo) senta il pizzicore del contratto individuale e voglia andare mercanteggiarsi. Però nulla vi è di preciso ed è onesto
quindi attendere. L'assemblea intanto deliberava di non curarsi di ciò, ma di
lasciar fare, rammentando solo che chi si arrende, viene espulso dalla
Federazione e perde ogni diritto come socio della Cooperativa. Meglio
abbandonare questa gente al proprio destino e non degnarla più di alcun
riguardo. Tutti ormai sanno il loro dovere, e chi diserta la battaglia è un sordo
e un cieco volontario destinato ad aprirsi la fossa della rovina. Come già
saprete, il forno di S. Anna ha occupato anche quest'anno i crumiri. Pare che
il Consiglio d'Amministrazione volesse trattare con la Federazione ma che a
ciò si opponesse il Bertoluzzi. Dimentica dunque costui di essere stato lui
pure un operaio della canna".
Un accenno, a questo punto, deve essere fatto ai lavori dell'assem27
La V.O.F. di Sesto Calende
blea ordinaria della V.O.F., non tanto per l'esame dei brillanti risultati
dell'esercizio finanziario 1904-05 o per le molteplici attività svolte dai
federati a San Jacopo nell'ambito politico e nel campo della cooperazione, educativo e ricreativo, quanto invece per i nuovi assetti negli
organismi societari. Se Ambrogio Luigi Varalli venne confermato nella
carica di segretario, Ernesto Varalli fu invece destinato a dirigere la
nuova vetreria di Sesto, mantenendo tuttavia la carica di consigliere
nel Consiglio della V.O.F.
Durante l'autunno gli oltre trecento vetrai sestesi, in attesa dell'inizio
della campagna 1905-06 che per loro sarebbe cominciata nella primavera dell'anno successivo, cioè a completamento dei lavori, trovarono impieghi diversi; molti parteciparono, come si è detto, alla
costruzione del forno e dello stabilimento, alcuni vennero assunti in
altre vetrerie, per altri non rimase altra soluzione che la temporanea
emigrazione.
Ma chi ebbe la possibilità di rimanere a Sesto, oltre all'impegno della
costruzione della vetreria, dovette svolgere un'azione di contrasto,
anche minacciosa, verso i crumiri di Altare che venivano assunti alla
Bertoluzzi, per la protezione dei quali la direzione dello stabilimento
richiese alla sottoprefettura di Gallarate la presenza a Sesto di altri
quattro carabinieri.
L'articolo che Zamperini scrisse per il giornale "Popolo e Libertà"
merita di essere trascritto integralmente per il sarcasmo nei riguardi
della forza pubblica:
"Una semplice ma severa, seria dimostrazione di protesta accolse ieri l'altro
i Krumiri arrivati qui per recarsi a lavorare alla vetreria Bertoluzzi e C. I traditori della causa proletaria, scorti e riconosciuti da un gruppo di lavoratori
mentre passavano in carrozza vennero salutati dalle grida di Abbasso i crumiri! Viva la Federazione! Viva la Cooperativa! Niente di male in ciò. Una
esplosione legittima di sdegno e di indignazione per la vigliaccheria di quei
tristi venduti. Ebbene i signori proprietari della vetreria di S. Anna o chi per
loro vollero, nientemeno, chieder in rinforzo a quelli della nostra stazione ben
altri quattro carabinieri. E il sotto-Prefetto di Gallarate, ligio sempre ai desideri dei signori o di coloro che nell'interesse dei signori agiscono, accontentò subito il pio desiderio, senza nemmeno chiedere il parere del Sindaco.
Incomprensibili ragioni di ordine pubblico? Ordine pubblico? Difesa delle
borse capitaliste coi denari del popolo e per mezzo di suoi incoscienti figli.
Macchè!" (58).
28
La V.O.F. di Sesto Calende
E ritornando poi sull'argomento, dopo aver rivolto un caldo saluto a
tutti quei compagni vetrai che pur di non prostituirsi ai desideri dei
padroni consorziati avevano preferito, "da operai coscienti e onesti, il
volontario esilio alla sottomissione cieca e brutale ai voleri del capitalismo sfruttatore", chiedeva ai lettori de "La Bottiglia": "Volete un po'
di farsa?". Raccontato l'arrivo a Sesto dei Krumiri ingaggiati dalla
Bertoluzzi e la "piccola dimostrazioncella" improvvisata per loro,
Zamperini se la prendeva quindi con la forza pubblica, con quei quattro carabinieri che "trascinavano per le vie lo sciabolane tutelatore
dell'ordine minacciato", mandati dal sotto-Prefetto che, da parte sua,
"se la rideva sotto i baffi per l'energia e lo slancio eroico con cui aveva
ancora una volta salvato la patria"! L'affondo finale con uno stile colloquiale:
"Ma che cosa erano venuti a fare i quattro benemeriti gendarmi? - domanderà il lettore -. Un momento e lo accontento subito. Pochi giorni dopo doveva arrivare una ventina di krumiri altaresi, e siccome pare che anche costoro rappresentino un'autorità, i carabinieri erano alla stazione a riceverli. Che
brutta vita, Dio mio, dover viaggiar sempre con tanta paura e con tanto
sospetto! Ma che volete? Certi messeri preferiscono fare il boia, anche senza
stipendio… È questione di averci testa" (59).
L'anno si concluse con il rinnovo del comitato centrale della F.I.B. del
quale fecero parte con la carica di consiglieri Francesco Besozzi e
Guglielmo Zamperini, che in quel periodo lavorava come gran garzone nella vetreria di San Jacopo.
Presumibilmente agli inizi del 1906 il neo eletto consigliere Zamperini
pubblicò un articolo intitolato "Solidarietà" (60), che riprendeva una
frase ("I bottigliai sestesi piuttosto di arrendersi nelle mani del nemico lavoreranno per il solo pane quotidiano") apparsa sull'"Avanti!".
Era lo spunto per lodare il comportamento esemplare dei compagni
della Federazione, il loro "mirabile esempio di resistenza, di fede e
solidarietà", ma soprattutto l'occasione per ricordare come dal mese
di maggio molti di loro soffrivano il tormento della disoccupazione
"causa lunga malattia". Proprio per venire loro incontro, i federati
sestesi deliberarono "di lavorare alla domenica a vantaggio degli
infermi e nessuno osò negarsi a questa sacrosanta opera di commovente solidarietà, ma tutti con entusiasmo - nel giorno che per gli altri
29
La V.O.F. di Sesto Calende
è per riposare - vestono la casacca e picchiano il martello, ugualmente contenti e soddisfatti".
Una nota del redattore sottolineò, in coda all'articolo, l'opera dei compagni di Sesto che in silenzio, "come antichi spartani sopportano i
lavori, le privazioni, i sacrifici senza vantarsene, soffrono senza farcelo sapere, piangono e gioiscono ma l'amarezza dei loro pianti noi
ignoriamo, per conoscere soltanto le vivide scintille delle loro gioie
purissime".
Intanto i lavori della nuova vetreria procedevano alacremente e
"dinanzi allo stabilimento che si innalza e giorno per giorno si ingrandisce e si perfeziona" gli occhi di questa nobile schiera di forti e di
valorosi, "sfavillano, dal segreto dei cuori, scintille di riconoscenza al
lavoro, che traduce in fatto i miracoli della loro fede".
Grazie allo spirito di solidarietà e al senso di cooperazione che da
sempre avevano animato
i vetrai sestesi, disposti a duri sacrifici pur di completare in tempi rapidi la costruzione della "loro" vetreria, l'obiettivo venne praticamente
raggiunto nei mesi iniziali del 1906 con l'accensione del forno già a
febbraio e l'inizio ufficioso della produzione nella prima settimana del
mese successivo.
La cronaca dettagliata dell'inaugurazione è stata ampiamente
descritta da Mario Varalli (61); non si può tuttavia non ricordare che
la cerimonia si svolse di domenica, cioè l'11 di marzo, proprio per
favorire una larga partecipazione di operai, di rappresentanze sindacali di molte categorie di lavoratori, di uomini politici (furono molti i
deputati che fecero pervenire la propria adesione telegrafica), di
autorità ma soprattutto delle famiglie dei vetrai e degli abitanti di
Sesto che con slancio e generosità avevano contribuito a raccogliere il capitale necessario per la realizzazione dell'opera. Sembra
superfluo sottolineare il tripudio di vessilli rossi e l'eco delle note
dell'Inno dei lavoratori che allietarono la vista e l'udito di quanti vissero questa memorabile giornata!
Fra i molti oratori che presero la parola non potevano certo mancare
coloro i quali possono essere a buon diritto considerati i "padri" fondatori del movimento operaio dei vetrai: Giuseppe Emanuele
Modigliani, per molti anni presidente e poi consulente legale della
F.I.B., e Cesare Ricciardi, segretario della stessa Federazione e successivamente direttore della V.O.F. di San Jacopo.
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La V.O.F. di Sesto Calende
A quest'ultimo venne riservata anche una gradita sorpresa, cioè la
consegna di un "Album commemorativo", offerto dalle mogli dei bottigliai sestesi: Ecco come Zamperini ricorda nel suo manoscritto l'avvenimento (62):
Sesto Calende, 11 marzo 1906.
Sul centro del piazzale della V.O.F. sopra un apposito palco, i sottoscritti tre
ragazzetti figli di bottigliai, assistiti dalla distintissima signora Sironi Emilia,
rivolgono il seguente discorsetto:
"Cessaron gli amari durissimi stenti
Il sole oggi brilla su cuori contenti.
Siam liberi e forti nell'opra finita
Trovammo il lavoro, trovammo la vita.
Uniti in un patto d'amore e di fede
Non più mendichiamo l'avara mercede.
Padroni noi stessi del braccio che abbiam
Siam liberi e forti, quest'inno gridiam.
A voi che l'impresa sicura rendeste
Quest'inno dei padri si stampi nel cor!
Ci deste il lavoro, la vita ci deste,
Sia questo un ricordo del vostro valor".
Milano Alessandro, Bertolazzi Gina, Klingli Lina.
Sotto la guida sicura di Modigliani e Ricciardi, figure di riferimento che
della lotta sindacale e politica nelle fila del partito socialista e della
Federazione avevano fatto una scelta di vita, ma con la collaborazione e i sacrifici di una generazione di vetrai, si era finalmente realizzato un sogno: da operai sfruttati dai padroni i bottigliai erano diventati azionisti delle proprie fabbriche; un risultato ottenuto attraverso la
maturazione della coscienza di classe, ma con le lotte al padronato,
il ricorso al boicottaggio e agli scioperi, il duro contrasto al crumiraggio, azioni spesso pagate con umiliazioni, serrate e licenziamenti.
In poco meno di tre anni la V.O.F. aveva raggiunto risultati impensabili: il numero dei soci passato da 147 a quasi un migliaio; il capitale
sociale sestuplicato (a marzo del 1906 ammontava a L. 273.050
rispetto alle iniziali 45.550 lire), un incremento di quasi 10 volte del
31
La V.O.F. di Sesto Calende
numero di operai, per non parlare della produzione media giornaliera
passata da 45 a quasi 700 quintali (63). La V.O.F. era diventata così
la prima azienda nazionale nel settore del vetro.
1906-1909: un triennio di sviluppo
Le dieci piazze dell'unico forno (64) della Vetreria di Sesto, diretta da
Ernesto Varalli, erano in grado di assicurare il lavoro a circa 250 operai, compresi gli ausiliari. E i vetrai di Sesto, come d'altra parte quelli
degli altri stabilimenti federati (65), profusero nel lavoro tanto entusiasmo e tale professionalità da incontrare subito il favore della clientela; purtroppo questi successi registrati sul mercato in così breve
tempo misero in serio allarme le vetrerie della concorrenza, cioè
quelle dei capitani dell'industria che per recuperare il gap nel fatturato ridussero i prezzi dei prodotti, grazie anche ai primi cauti tentativi
di introduzione della meccanizzazione. Anche alla "Bertoluzzi", dove
proseguiva senza esclusione di colpi lo scontro, talvolta non solo verbale, con i crumiri da parte dei vetrai della V.O.F., vennero adottati
importanti provvedimenti per rendere competitiva sul mercato la produzione. Alle accresciute necessità finanziarie imposte dall'ammodernamento dei macchinari si fece fronte con un aumento di 50.000
lire del capitale sociale, che venne portato così a 200.000 lire, per
toccare, alcuni mesi dopo e anche con l'incremento del numero dei
soci, le 260.000 lire (66).
A trarre vantaggio di questo favorevole momento del mercato del
vetro fu anche l'indotto, con la nascita a Sesto, qualche anno dopo,
di una nuova ditta di rivestimenti per bottiglie e damigiane, la
"Colombo-Moroni".
L'emancipazione dei bottigliai sestesi aveva prodotto un altro risultato importante nella lunga lotta per la rivendicazione dei diritti di tutti i
lavoratori con la creazione di forme di aggregazione operaia: muratori, contadini si organizzavano in leghe: ben sette erano quelle di
resistenza a Sesto nei giorni in cui veniva inaugurata la V.O.F., i cui
operai avevano in tasca, si direbbe oggi, la doppia tessera, quella di
federati e l'altra, non meno importante, del partito socialista.
A testimoniare il clima di collaborazione e di rispetto delle reciproche
esigenze tra la direzione della V.O.F. e l'Amministrazione comunale è
sufficiente citare la pratica relativa alla costruzione di una via di col32
La V.O.F. di Sesto Calende
legamento tra lo stabilimento e la stazione ferroviaria, necessaria per
agevolare il trasporto di materie prime all'interno della fabbrica (67).
Qualche serio problema alla vetreria federata di Sesto venne creato
dai ripetuti ritardi nei rifornimenti di carbone, che costituiva l'unica
fonte energetica per l'alimentazione del forno. Il fermo della produzione comportava infatti la sospensione del lavoro per molte centinaia di lavoratori e, di conseguenza, la riduzione del salario (68).
I cancelli d'ingresso della vetreria operaia, da sempre luogo di raduno per cortei e manifestazioni del movimento operaio, furono teatro
di uno scontro con i componenti di opposto colore politico, organizzato dai cattolici in occasione della festa del Primo maggio del 1907.
Le elezioni del mese successivo confermarono l'ascesa del partito
socialista che conquistò sei seggi , mentre ben tre consiglieri entrarono in Giunta.
Per quanto riguarda la lavorazione sappiamo dal manoscritto dello
Zamperini che egli, gran garzone del maestro Luigi Cochard (69),
venne destinato alla produzione di "vetro misto" e "vetro chiaro". Il
salario mensile della sua "categoria" oscillava sia in base alle giornate e alle ore effettive di lavoro, sia in base alla quantità e qualità del
vetro prodotto. E poiché il "vetro chiaro" era più pregiato del "vetro
misto", un grangarzone durante la campagna 1906-1907 percepiva
tra le 180 e le 300 lire mensili.
Veniva inoltre corrisposta un'"indennità d'alloggio" annua, che da settembre a tutto agosto dell'anno successivo ammontava a L. 144,
equivalenti a L. 12 mensili, ma scendeva a L. 132 nel caso di fermata nei due mesi estivi. Fra le voci del salario si trova anche l'"indennità di cera" per la quale si percepivano L. 10 annue.
La situazione della V.O.F. ancora nel settembre del 1908 poteva dirsi
solida, potendo contare su un movimento commerciale pari a L.
3.800.000 e sul funzionamento, nel 1910, di ben sei vetrerie federate (San Jacopo, Vietri sul Mare, Sesto Calende, Imola, Asti e, per ultima, Gaeta). In occasione dell'assemblea generale svoltasi a Livorno
fu eletto direttore Cesare Ricciardi, mentre nel consiglio di amministrazione sedettero i sestesi Ernesto Varalli e Francesco Besozzi.
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La V.O.F. di Sesto Calende
La crisi del settore vetrario:la nascita della "Vetreria Lombarda" e la
chiusura della "Bertoluzzi"
Purtroppo verso la fine del primo decennio del secolo una grave crisi
colpì l'intero settore dell'industria del vetro, causata da un eccesso di
produzione che finì per compromettere il mercato, non più in grado di
smaltire un'offerta che superava oltre ogni limite la domanda di un
bene certamente di largo consumo, ma giunta ormai a livelli di saturazione. Rispetto alle altre aziende del settore che disponevano dei
mezzi per riconvertire la produzione di bottiglie e damigiane verso
altre tipologie di materiali vetrosi come le lastre, la V.O.F. venne maggiormente penalizzata anche dalla mancata riscossione dei crediti di
una parte della sua clientela. La pesante situazione finanziaria ne
determinò pertanto la messa in liquidazione nel 1911 "con la forma
del concordato preventivo", soluzione che limitò al 40% il pagamento
dei debiti (70). Vi lavoravano in tutto 222 operai, 221 maschi (201
d'età superiore a 15 anni e 20 con meno di 15) e una sola femmina.
Lo sviluppo e la crisi della V.O.F. si possono seguire anche attraverso le dettagliate annotazioni sui salari percepiti dallo Zamperini
durante le campagne 1906-07/1911-12 (quest'ultima campagna ebbe
un inizio ritardato, 21 novembre, e un termine anticipato, 5 giugno):
da un guadagno di L. 2291,93 della prima campagna, si arrivò alle
2895,44 del 1909-1910 per precipitare a L. 1609,37 (71).
Nello stesso anno la "Vetreria di Sesto Calende Bertoluzzi & C." registrava invece la presenza di 197 operai di cui 190 maschi (174 con
più di 15 anni e 16 con meno) e 7 femmine (6 con età superiore a 15
anni e 1 con meno di 15) (72).
L'esperienza cooperativistica della V.O.F. non andò persa del tutto
perché l'anno successivo, cioè il 12 agosto 1912, la vetreria proseguì
la produzione, trasformandosi in "Società Anonima Cooperativa" e
assumendo la nuova ragione sociale di "Vetreria Lombarda" sotto la
guida del direttore Ernesto Varalli (73). E non andarono deluse neppure le aspirazioni di vedere raggiunti negli anni successivi, alla conclusione del primo conflitto mondiale, altri obiettivi di natura previdenziale (1919, cassa pensioni interna) o la realizzazione delle case
prime operaie (1921), che alla fine degli anni Venti, tra acquisti e
nuove costruzioni, raggiunsero il numero di "120 locali di abitazione".
Elementi utili per la conoscenza complessiva dello stabilimento si
ricavano dalla "Denuncia d'esercizio" presentata agli inizi del mese di
34
La V.O.F. di Sesto Calende
febbraio del 1913 dal direttore della "Vetreria Lombarda" Ernesto
Varalli. Tale documento (74), oltre ad attestare la "variazione d'esercizio" conseguente al "cambiamento della ditta esercente", fornisce
molti altri dati, quali, ad esempio, l'uso dell'energia elettrica con un
utilizzo di 5 HP necessari per il normale funzionamento dell'azienda
(75). Circa la distribuzione del normale orario di lavoro apprendiamo
che i fanciulli dai 12 ai 15 anni venivano impegnati dalle 8 alle 12 e
dalle 12 alle 16; i maschi d'età superiore a 15 anni lavoravano su tre
squadre con turni di 8 ore: dalle 24 alle 8, dalle 8 alle 16 e dalle 16
alle 24. La forza lavoro dell'azienda era espressa solo da operai di
sesso maschile per un totale di 210 elementi di, cui appena 24 sotto
i 15 anni. Il modulo precisava inoltre che 190 operai lavoravano "in
locali chiusi", i rimanenti 20 invece "all'aperto".
La crisi del settore del vetro fece sentire le sue pesanti ripercussioni
anche alla "Bertoluzzi" di S. Anna che alla fine del novembre del 1913
venne messa in liquidazione, avendo lasciato un debito, soltanto per
salari non pagati, di ben 35.000 lire. La chiusura della vetreria comportò il licenziamento di 310 operai, la quasi totalità costituita da
uomini (236 con più di 15 anni, 59 con meno di 15) e 15 femmine
(76). Irrilevanti furono invece le conseguenze sul piano occupazionale per i bottigliai della ex-V.O.F. transitati nella "Lombarda": dal confronto dei dati si evince infatti una diminuzione, sul totale, di appena
12 posti di lavoro, soprattutto nella fascia degli operai con più di 15
anni, passati da 201 a 186.
Pendenze amministrative erano però rimaste aperte in seguito alla
chiusura della V.O.F., se ancora nei primi mesi del 1914 i bottigliai
federati lamentavano le lungaggini burocratiche connesse alla liquidazione della vetreria operaia.
35
La V.O.F. di Sesto Calende
Gli anni Venti-Trenta e la fine della lavorazione a soffio
Gli anni dell'avvento del fascismo videro poi i vetrai di Sesto impegnati nella difesa della loro azienda da chi ne voleva la distruzione o
mirava ad un "esproprio" di regime. Fu grazie all'abilità della direzione della "Lombarda"e ad una tempestiva modifica della struttura
societaria che la vetreria di Sesto poté mantenere la sua autonomia
fuori dalle ingerenze del regime, riuscendo così a difendere anche il
patrimonio sociale. Infatti nel 1924, grazie ai saggi consigli del
Ricciardi, da "Società Anonima Cooperativa (a capitale illimitato)" l'azienda fu trasformata in "Anonima semplice", pur mantenendo la
denominazione di "Vetreria Lombarda". L'anno successivo venne poi
costituita dagli operai la "Soc. An. di Mutuo Soccorso e Previdenza
fra Operai e Impiegati”.
Pochi anni prima, alla fine del 1921, ad opera di Vittorio Varalli era
stata costituita la "Società Anonima Cooperativa Fabbrica Lombarda
di Damigiane" per il rivestimento di questo particolare recipiente. Il
Varalli, che per tale operazione aveva avuto il consenso del direttore
della "Vetreria Lombarda", l'omonimo Ernesto, "diresse" la nuova
società "per 5 anni senza stipendio, senza alcuna nomina o carica
effettiva, [...] assumendo responsabilità in proprio, specie nei confronti dei fornitori", creando così una salda clientela e mettendo l'azienda " in posizione solidissima" (77).
Ma nel 1927 anche la società per il rivestimento delle damigiane,
com'era già avvenuto per la "Vetreria Lombarda" nel '24, da cooperativa venne trasformata in anonima pura e semplice per le stesse
ragioni politiche.
Infine, sempre nel 1927, la "Vetreria Lombarda", insieme a Cesare
Ricciardi che della V.O.F. era stato per molti anni uno dei protagonisti, diede vita alla S.A.C.I.V., dotata di attrezzature moderne per la
lavorazione meccanica delle bottiglie (78). I tempi erano quasi maturi perché questa innovazione tecnologica, osteggiata nelle trattative
con gli industriali fin dai tempi del Rachetti per la ricaduta negativa sui
livelli occupazionali, potesse essere introdotta in modo generalizzato
nelle vetrerie; ma fu solo nove anni dopo, nel 1936, che le macchine
automatiche cominciarono a essere le vere protagoniste nella produzione del vetro a Sesto. Si chiudeva così un'epoca, quella della classica lavorazione a soffio, e non fu forse per pura casualità che il 1936
coincise con il pensionamento di Guglielmo Zamperini. Il gran garzo36
La V.O.F. di Sesto Calende
ne non fece parte infatti dei circa 150 operai che mantennero il posto
di lavoro alla "Lombarda".
Agli inizi degli anni Trenta l'industria vetraria nazionale era rappresentata da circa 400 fabbriche, fra grandi e piccole, ed occupava
20.000 dipendenti. Nel settore specifico delle bottiglie (bottiglie nere,
damigiane, fiaschi, bufferie e affini) la capacità di assorbimento del
mercato, dopo il boom degli anni 1915-1924, era scesa da 100 a 2530 milioni di bottiglie a causa delle sfavorevoli condizioni economiche
generali e, di conseguenza, della contrazione dei consumi interni di
bevande (vini e liquori) nonché della diminuita esportazione. Le
aziende di questo ramo, cui apparteneva la "Vetreria Lombarda"
erano circa una trentina ed occupavano oltre 3500 operai.
Il regime aveva provveduto poi ad inquadrare tutte le aziende del settore nella Federazione Nazionale Fascista degli Industriali del Vetro
che, a sua volta, costituiva una delle più forti ramificazioni della
Corporazione del Vetro e della Ceramica.
Gli industriali del vetro avevano inoltre istituito particolari organismi,
ciascuno con l'obiettivo del potenziamento industriale e commerciale
del proprio segmento di produzione. Uno di questi fu la "Soc. An.
Vetrerie Italiane Riunite" (V.I.R.) creata per "facilitare la trasformazione degli impianti esistenti nelle Vetrerie Associate secondo i dettami
della tecnica moderna, di rendere più economica la produzione e di
disciplinare il mercato nell'interesse stesso del consumatore" (79).
Fra le undici vetrerie, oltre alla "Vetreria Milanese Lucchini Perego" di
Milano, alla "Vetreria Italiana Balzaretti Modigliani" di Livorno, alle
"Vetrerie Federate di Livorno e Gaeta" e alla "S.A.C.I.V." di Asti, troviamo anche la "S. A. Vetreria Lombarda" di Sesto Calende e la "S.
A. Vetreria Novarese" di Castelletto Ticino. Tuttavia solo sette delle
undici risultavano in attività agli inizi degli anni Trenta; fra queste la
vetreria di Sesto, ma non quella di Castelletto Ticino, fondata nel
1921 e che successivamente entrerà a far parte della "S.A.C.I.V." di
Asti . Presidente del Consiglio di Amministrazione della "V.I.R.", composto dai più bei nomi delle Riunite, era Ernesto Varalli che dal n. 7
di Piazzale Cadorna di Milano, sede della società, reggeva le sorti di
questo colosso del mercato vetrario, il cui capitale sociale ammontava a L. 2.357.600.
Ma Ernesto Varalli, come è noto, ricopriva anche la carica di Direttore
Generale della "Vetreria Lombarda", dove era affiancato dal presidente Pierino Besozzi.
37
La V.O.F. di Sesto Calende
Agli inizi degli anni Trenta il bacino del forno della "Lombarda" aveva
una capacità di assorbimento di ben 120 tonnellate di carbone mentre il suo punto di fusione raggiungeva i 1450°; i "turrini", cioè le boc che dalle quali fuoriusciva il gas, erano invece alimentati attraverso i
gasogeni; grazie poi ad una campana di inversione che ogni mezzora alternava il flusso del gas, al forno veniva assicurata una temperatura costante. Una rampa interna dava l'accesso al piano superiore dove si trovavano le"piazze", in ciascuna delle quali le quattro figure professionali che hanno fatto la storia dei vetrai fino alla meccanizzazione, con perfetta sincronia ed estrema perizia si alternavano
nelle varie fasi della lavorazione. Nel cosiddetto forno di "tempera",
alimentato a nafta, le bottiglie che vi erano state collocate dal "portantino", rimanevano per circa 20 ore, "succedendosi attraverso varie
temperature, finché dopo la ricottura compiuta ad alto grado di caloria" (80) uscivano fredde dall'estremità opposta del forno che, è il
caso di ricordarlo, aveva una capacità di 27 carrelli, su ciascuno dei
quali potevano essere accumulate varie centinaia di bottiglie. La fabbrica di Sesto, pur disponendo di una capacità produttiva molto maggiore, immetteva sul mercato circa 18.000 bottiglie al giorno, impiegando circa 130 quintali di vetro.
A completamento della descrizione, non può mancare un accenno al
deposito degli stampi, dove erano allineate molte centinaia di questi
oggetti in ghisa (81), corrispondenti ad altrettanti tipi di bottiglie; nello
stabilimento c'era inoltre un'officina meccanica per la preparazione di
queste sagome e per la riparazione dei macchinari, come pure un
ampio locale per la lavorazione delle materie refrattarie; queste ultime venivano abitualmente importate dalla Francia e dalla Germania,
ma a causa delle sanzioni imposte all'Italia ma anche per i rilevanti
costi, il Varalli pensava di poter utilizzare delle terre refrattarie nazionali, non molto differenti per composizione, da quelle d'oltralpe, ma
sicuramente più economiche, come quelle individuate nel territorio di
Gattinara o in Sardegna.
Alla fine degli anni Trenta arrivarono le tristi giornate del secondo
conflitto mondiale e poi quelle difficili del dopoguerra; ma questi anni
come quelli che vanno dall'acquisto della maggioranza delle azioni
della "Lombarda" da parte della "S.A.C.I.V." di Asti (1961) al suo passaggio al gruppo A.V.I.R. e infine alla "Owens Illinois" (1996), non
rientrano nella trattazione di questo saggio.
38
La V.O.F. di Sesto Calende
Ci si augura pertanto che presto altri qualificati storici del settore possano trattare ampiamente anche tale significativo periodo della storia
dell'arte vetraria a Sesto Calende.
39
La V.O.F. di Sesto Calende
GUGLIELMO ZAMPERINI (1878-1952)
Cenni biografici
Ernesto Guglielmo Zamperini nacque a Sesto Calende il 20 luglio
1878 da Carlo e Francesca Bassetti (82), discendente da una famiglia, e ci riferiamo a quella paterna, già radicata nel territorio sestese
almeno fin dagli inizi del secolo XIX. Poiché si conosce poco della
sua formazione scolastica e degli anni della sua giovinezza, gli
accenni alle vicende familiari riferite al nonno paterno e al padre, di
cui a dire il vero si hanno sporadiche notizie, diventano fondamentali per conoscere il suo retroterra culturale che, unito alle innegabili
doti personali, farà di Guglielmo uno dei protagonisti delle lotte sindacali e politiche nella Sesto Calende di inizio secolo (83). A fronte
infatti dell'elevato tasso di analfabetismo che nell'età post-unitaria
superava in Italia il 70%, troviamo il giovane Guglielmo in grado di utilizzare in modo più che adeguato lo strumento linguistico, come
dimostrano i numerosi articoli pubblicati su varie testate.
Il nonno Francesco, nato nel 1827 e "maestro privato" nel 1869,
gestiva a Sesto una ben avviata scuola privata elementare maschile,
aperta successivamente alle femmine e infine agli adulti, nella conduzione della quale veniva coadiuvato dalla moglie Antonia Pasini
(84). Arruolatosi nel corpo della guardia di finanza nel 1846, due anni
dopo prese parte alle Cinque Giornate di Milano, rimanendo nei reggimenti del corpo fino alla battaglia di Novara del 23 marzo '49,
com'egli stesso dichiarò nella domanda rivolta al Comune per ottenere l'assegno vitalizio concesso ai veterani delle guerre degli anni
1848-'49 (85). Purtroppo una invalidante forma di miopia gli impedì
nel 1885 di proseguire nell'attività di insegnamento per i bambini,
compromettendo temporaneamente ma in modo serio anche la situazione economica familiare.
Nel novembre del 1889 svolgeva ancora la professione di maestro, in
condizioni di estrema precarietà, nella scuola serale frequentata
appena da venti "maggiori giovanetti di anni 12" (86).
Soprattutto in considerazione delle sue indubbie capacità venne
assunto nel 1894 come scritturale nel comune. Il suo spirito civico lo
spinse ad essere sempre presente nei momenti significativi della vita
40
La V.O.F. di Sesto Calende
politica di Sesto, come durante le elezioni per il rinnovo del consiglio
comunale del 30 giugno 1895, quando fece parte del seggio elettorale.
La documentazione d'archivio relativa al 1900 ci attesta infine la
riscossione di un sussidio "per rimunerazioni concesse per la scuola
agli adulti fatta l'anno scorso", confermando così il suo impegno nell'attività educativa per gli adulti almeno fino al 1899 (87).
Ancor meno si sa del padre Carlo; "di professione bracciante", come
egli stesso dichiarò in occasione della denuncia di nascita del figlio;
tuttavia, dalla richiesta di occupazione di uno spazio pubblico (in
prossimità dell'attuale piazza Mazzini) per realizzarvi un'edicola per
la vendita di giornali, presentata nel 1885 al sindaco Brianzoni, si può
ipotizzare che possedesse una discreta dimestichezza con la carta
stampata e fors'anche una buona base culturale, avendo potuto disporre a casa di un genitore-maestro (88). É probabile quindi che una
parte dello spirito rivoluzionario e della cultura del nonno, siano pervenuti nel DNA di Guglielmo, costituendo poi il volano del suo impegno civile e politico.
Nel gennaio del 1897, ancora diciottenne, Zamperini iniziò a lavorare, come "leva vetro", nella Ditta Bertoluzzi e Bonavia di S. Anna, che
proprio in quell'anno aveva introdotto significative trasformazioni con
la realizzazione di un forno a gas con sei piazze (89).
Ma la prima volta che la cronaca dovette occuparsi di lui fu in occasione di una manifestazione ciclistica svoltasi il 3 ottobre del '97,
quando il giovane Guglielmo arrivò secondo nella corsa di resistenza
Sesto Calende-Arona, conquistando così la medaglia d'argento (90).
Alla Bertoluzzi e Bonavia di S. Anna lavorò fino al maggio del '99; e
quando la vetreria venne messa in liquidazione, per concludere la
campagna 1898-'99 si trasferì a Bülach, nella Svizzera settentrionale al confine con la Germania, dove venne assunto nella vetreria della
cittadina elvetica come "gran garzone", rimanendovi per un mese e
mezzo circa.
Nel settembre del 1899, al suo rientro a Sesto lavorò, sempre "da
gran garzone a gran piazza" (91), col maestro Filiberto Cochard (92)
nella vetreria di S. Anna, dov'era frattanto subentrato come gerente
Enrico Bonavia.
Zamperini dimostrò subito un impegno particolare nel movimento dei
lavoratori del vetro, come dimostra la sua partecipazione, in qualità di
41
La V.O.F. di Sesto Calende
delegato della sezione locale, al II Congresso Nazionale dei
Bottigliai, che si svolse a Sesto dal 7 al 10 luglio del 1901.
Agli inizi di gennaio del 1902 risale il suo primo articolo, riportato
anche sul manoscritto e pubblicato su "Popolo e Libertà", dal titolo
"Una cooperativa di Bottigliai"; allo stesso anno si può far risalire la
collaborazione al giornale "La Bottiglia", organo ufficiale della categoria (93). Contributi iniziò a far pervenire anche a "Il Nuovo Ideale"
(94) già alla metà del 1903.
Il 10 ottobre 1902, anno significativo per la storia politica di Sesto in
quanto registra la prima affermazione di una maggioranza di sinistra
alle elezioni comunali parziali, Zamperini
entrò a far parte della Direzione della Sezione bottigliai di Sesto
Calende con la carica di consigliere.
Nella vetreria di S. Anna, che occupava in quegli anni ben 203 operai maschi adulti, si fermò fino al termine della campagna del luglio
1903 (95).
Il suo impegno non fu certo animato da motivazioni corporative né da
interessi personali, non si limitò infatti alla lotta e all'organizzazione
del movimento operaio nel settore vetrario, ma tentò di coinvolgere
anche tra le altre categorie di lavoratori il bracciantato locale; lo testimonia, ad esempio, la riunione che egli organizzò per i contadini
sestesi iscritti alla Camera del Lavoro il 2 agosto 1903 (96), prima del
suo trasferimento a Livorno (97). Alcuni giorni dopo ebbe inoltre l'opportunità di incontrare nella vasta terrazza del ristorante dell'Agnello
ben 150 "federati" insieme alle rispettive famiglie, ma soprattutto il
segretario della federazione Ricciardi (98).
L'agosto del 1903 verrà ricordato a Sesto come un mese particolarmente significativo nella storia del movimento operaio per la coincidenza di molti eventi; il 15 e il 16, appena quattro giorni dopo l'incontro con Cesare Ricciardi, i Sestesi festeggiarono infatti il 25° anno di
fondazione della "Società di Mutuo Soccorso fra gli operai".
Il mese di agosto si rivelò anche per Zamperini denso di impegni e di
attività: il giorno 30, dovendo organizzare per i giorni successivi un
importante incontro politico, chiese al comune per conto della sezione socialista di Sesto un locale in cui far tenere la conferenza del dr.
Angelo Crespi, redattore de "Il Tempo", sul tema "Avvento del socialismo".
Tra la fine di settembre e gli inizi di ottobre del 1903, lasciata Sesto,
iniziò a lavorare alla Vetreria Operaia Federale di San Jacopo di
42
La V.O.F. di Sesto Calende
Livorno, "con maestro Plais Pietro, in tutte le piazze". Il suo impegno
venne presto premiato il 15 novembre 1903, con la nomina a consigliere nel comitato centrale della Federazione Italiana dei Bottigliai
(99).
Il 3 luglio 1904 partecipò a Livorno al V congresso della Federazione
Italiana dei Bottigliai e a metà del mese, al termine della sua prima
campagna a San Jacopo, rientrò a Sesto, per sposare il 3 settembre
1904 Rachele Maria Chinetti.
Il 2 dicembre 1905, in occasione del rinnovo del comitato centrale
della F.I.B., il "gran garzone" Zamperini fu nominato consigliere per la
seconda volta.
Insieme alla moglie fece poi ritorno a Livorno, dove il 22 marzo 1906
nacque la primogenita Tina Clara. Da laico e anticlericale convinto,
non volle però che fosse battezzata. Pochi giorni dopo la nascita diffidò infatti il parroco di San Jacopo don Giovanni Guiggi dal somministrare il sacramento. Il 1 luglio 1906, fatto ritorno a Sesto ribadì per
iscritto questa sua volontà al preposto di San Donato, Leonida
Mapelli, cui rinnovò la diffida dall'impartire il battesimo.
Nel mese di ottobre del 1906 iniziò la sua prima campagna alla
Vetreria Operaia Federale di Sesto Calende, sempre da gran garzone, con maestro Luigi Cochard. É significativo riportare a questo
punto le parole con cui spiegò l'inizio della sua attività a campagna
già cominciata:
"Iniziato il 1 ottobre 1906 avendo dovuto lasciare lavorare quelli che avevano boicottato le vetrerie del Consorzio per non aver voluto fare i contratti con
la Federazione Italiana dei Bottigliai" (100).
Entrato a far parte del gruppo dirigente della sezione di Sesto
Calende della Federazione Italiana dei Bottigliai, si occupò anche dei
rapporti con la locale Amministrazione comunale, come attesta una
comunicazione al Sindaco del paese, a sua firma, in cui elencava
tutte le organizzazioni di lavoratori, con o senza statuto (101).
Il 27 settembre 1907, nelle case Brianzoni (al n. 2 dell'attuale via IV
novembre) in cui abitava insieme alla famiglia, nacque il secondogenito Adelmo Cesare. Tre giorni dopo, il 30 settembre da Livorno, dove
temporaneamente si trovava, Zamperini scrisse al settimanale socialista "Lotta di classe" una lettera per denunciare il "rapimento" da
parte dei parenti del figlio Adelmo, chiamato "Fedelino", al quale con43
La V.O.F. di Sesto Calende
tro la sua volontà era stato imposto il battesimo (102).
In occasione della festività del 1 maggio 1908, egli fu a capo di un
"Comitato misto" di lavoratori costituito per l'organizzazione del corteo che, con partenza dal palazzo comunale, avrebbe toccato vari
punti della città, come la località Molini e l'Abbazia; per concludere
poi la manifestazione davanti alla sede della Cooperativa La
Proletaria (103).
Il 20 marzo 1909 nacque la sua terzogenita, cui fu dato il nome di
Rosa Giovanna Ersilia.
L'impegno di Zamperini, come si è detto, non si limitò alla partecipazione attiva negli organismi dirigenti della Federazione dei Bottigliai,
ma si rese tangibile anche nell'organizzazione del proletariato sestese, come dimostra la sua riconferma, nell'aprile del 1909, a sindaco
effettivo della Cooperativa La Proletaria (104).
Grazie alla sua consolidata esperienza nel movimento operaio non
mancò poi di dare saggi consigli, come in occasione del comizio del
25 agosto tenuto nella sala de "La Proletaria" per protestare contro l'
annunciata visita in Italia dello zar. In quella circostanza suggerì infatti, a nome del "Comitato delle leghe di resistenza riunite", di farvi partecipare solamente persone adulte e in grado di comprendere le
parole degli oratori. Zamperini sapeva bene che in certi momenti non
contava tanto il numero delle presenze bensì un uditorio il più possibile qualificato.
Nell'ottobre dello stesso anno "con maestro Angelo Ruffo" lo troviamo sempre alla V.O.F. di Sesto Calende, dove proseguirà la sua attività lavorativa fino al 5 giugno 1912, data accanto alla quale annotò
laconicamente sul suo manoscritto: "Fine della Vetroperaia".
Costantemente in prima linea nel manifestare dissenso o solidarietà,
la sua firma è apposta insieme a quella dei soliti compagni di lotta,
come Carlo Bruscherini e Ernesto Varalli, nella petizione rivolta dalle
associazioni operaie sestesi al sindaco perché esponesse la bandiera municipale abbrunata, per esprimere il cordoglio della cittadinanza
in seguito alla fucilazione dell'anarchico spagnolo Francisco Ferrer.
Le cronache cittadine tornarono ad occuparsi di Zamperini nel 1910
(105), quando venne eletto segretario della sezione socialista di
Sesto; nello stesso anno fece inoltre parte del comitato elettorale (in
rappresentanza di Sesto Calende centro), costituto per preparare le
imminenti elezioni amministrative.
Uno dei problemi per i quali si batteva e, talvolta, si scontrava con i
44
La V.O.F. di Sesto Calende
compagni di lavoro era quello della tutela della salute dei bottigliai. Su
"La Bottiglia" del 1° maggio 1910 af frontò un tema scottante sia per
la categoria che per il Consiglio di Amministrazione, cioè l'abolizione,
anche solo parziale, del lavoro notturno. In un lungo articolo propose
una diversa divisione dell'orario di lavoro con interruzione dalle ore
24 alle 4 del mattino, riducendo da 8 a 6 ore e 40 minuti la giornata
lavorativa. Nell'articolo propose quindi che il Consiglio di
Amministrazione della V.O.F. desse la possibilità di sperimentare
questa nuova articolazione su tre brigate proprio a Sesto Calende
dove, a suo parere, c'erano le condizioni ideali per verificarne la validità. Si trattava, insomma, non di diminuire il lavoro ma di accelerare
in modo lieve la produzione senza arrivare agli eccessi della corsa
alla morte:
"Gli operai invece di restare in fabbrica a far niente anche per un'ora e più,
aspettando che si avvicini l'ora della campanetta, lavorerebbero sempre e si
produrrebbero 75 champagne all'ora, numero al quale tutti possiamo arrivare. Date le comodità della Vetreria, la qualità del vetro e i polmoni d'acciaio,
a Sesto tutti arrivano a produrre questo numero, anche i più deboli. [...].
Rimettendo 20 bottiglie al giorno, lavoreremo molti anni di più e faremo maggior conto della nostra salute" (106).
A conferma del suo impegno anche sul fronte della cultura, fu tra i
"pionieri" del "Comitato di Coltura Popolare", di cui è attestata la presenza a Sesto già nel 1911, in seno al quale ricoprì la carica di cassiere (107).
Nell'agosto del 1912, dalla gloriosa V.O.F. nacque la "Vetreria
Lombarda" (108) azienda in cui continuò a lavorare come gran garzone fino all'aprile del 1916.
Ancora impegni legati alla sua militanza politica ebbe in occasione
delle elezioni politiche del 1913, quando fece parte della sezione n.
36 insieme a Carlo Bruscherini e Aldo Capé. Non si è lontani dalla
verità se si ipotizza che il successo del candidato socialista a Sesto,
in controtendenza con gli esiti dell'intero collegio, fu anche merito del
"compagno vetraio" sul quale gravarono gli impegni organizzativi, di
mobilitazione e di propaganda elettorale.
Sempre convinto che dalla consapevolezza dei diritti ma anche dall'istruzione delle masse sarebbe dipesa la lotta e la vittoria del proletariato, Zamperini si fece promotore, a nome del comitato delle leghe
45
La V.O.F. di Sesto Calende
di resistenza riunite di Sesto Calende, di un ciclo di conferenze sul
tema dell'organizzazione dei lavoratori, contrapposta a quella dei
padroni, da tenere in modo capillare nel territorio (Molini, Oneda,
Sesto centro) durante il mese di aprile del 1914.
Per la tornata delle amministrative del 1914 egli diede la propria disponibilità a far parte di una lista composta unicamente da candidati
del partito socialista, che per Sesto Calende avrebbe compreso, oltre
al suo, i nomi di Carlo Bruscherini, Ernesto Varalli e altri. Venne premiato dall'elettorato con l'elezione a consigliere comunale.
Allo scoppio della prima guerra mondiale, sulla partecipazione alla
quale è ben nota la posizione del partito socialista nelle cui fila militava, lo Zamperini che aveva allora trentasei anni, continuò a lavorare nella Vetreria Lombarda fino al mese di aprile del 1916. Agli inizi di
maggio venne destinato alla polveriera di Vergiate e, successivamente, "al 17 dello stesso mese inviato a militare per disciplina,
essendo contro la guerra". Rientrato dal fronte nel novembre del
1918, dopo una breve licenza e alcuni giorni di lavoro svolti nel mese
di dicembre, riprese il suo posto nella Vetreria Lombarda a gennaio
dell'anno successivo, "a mezza piazza" con Terzaghi.
Sempre nel 1918 lo troviamo consigliere comunale eletto nella lista
del Partito Socialista (109); a testimonianza e riconoscimento del suo
incessante impegno nel movimento cooperativo viene poi eletto proboviro nella "Cooperativa agricola "Il sole"", fondata nel febbraio del
1919 (110).
Nel 1925 fu tra i soci fondatori della "Società di Mutuo Soccorso e
Previdenza fra gli operai della Vetreria Lombarda" (111), nella quale
lavorò fino all'11 agosto 1936, avendo da poco compiuto 58 anni, di
cui quasi 40 passati nelle vetrerie nelle quali aveva svolto le più
importanti mansioni: leva vetro, gran garzone e, per un mese soltanto (112), anche il maestro.
Si spense a Sesto Calende il 28 luglio 1952, all'età di 74 anni nella
casa in cui aveva vissuto per molti anni (al n. 44 dell'attuale via XX
Settembre), nello stesso fabbricato in cui abitava l'amico e compagno
di tante lotte Carlo Bruscherini, proprio di fronte al negozio della
Cooperativa La Proletaria, di cui era stato uno dei sostenitori (113).
Il suo impegno, le sue lotte, la sua incrollabile coerenza vennero
degnamente ricordate in un articolo apparso sulle pagine del settimanale della federazione socialista provinciale "Il Nuovo Ideale",
sulle colonne del quale Zamperini aveva spesso spronato e incorag46
La V.O.F. di Sesto Calende
giato i compagni di partito .
Al suo funerale, il primo celebrato a Sesto con rito civile per sua
espressa volontà rispettata dalla moglie, intervenne per porgergli l'estremo saluto una folla inattesa di amici, vetrai e militanti socialisti.
Fra le personalità del modo politico che presero la parola spicca il
nome del compagno Guido Canziani, che lo ebbe vicino "in tante battaglie strenuamente sostenute per l'affermazione dei postulati socialisti". La corrispondenza da Sesto, dopo aver accennato alle rosse
bandiere che si piegavano riverenti sulla sua bara, quelle stesse che
egli aveva tante volte seguito, tante volte innalzate e strenuamente
difese da coloro che avrebbero voluto strapparle, così continuava:
"Quali parole dobbiamo dire a tua lode, vecchio Zamp? Il partito Socialista
molto ti deve, tu fosti veramente uno dei suoi fedelissimi, tu fosti uno di quelli che non mutarono mai nelle proprie convinzioni, che diedero sempre senza
nulla chiedere per l'ideale più bello che abbia illuminato negli anni il cammino delle umili genti. Caro Zamp, di tutto quello che hai fatto noi ti ringraziamo, dell'attività che desti al nostro Partito negli anni giovanili, della generosità con la quale sempre rispondesti. Noi ti ringraziamo per quel tuo spirito alacre che ci rincuorava, per quelle carte vecchie di decenni, ingiallite dal
tempo, che ricordavano le prime lotte e le prime vittorie del Socialismo, carte
che tu ci donavi togliendole da quel tuo archivio che pareva una miniera inesauribile, e che pareva ammonirci che mai il cammino del Socialismo fu facile e piacevole, ma sempre erto e faticoso. Di tutto quello che tu facesti in vita
per il Socialismo noi ti ringraziamo e ne siamo orgogliosi [...]".
A queste brevi note biografiche si possono aggiungere alcune testimonianze dirette dei nipoti o tramandate oralmente dai loro rispettivi
genitori, che contribuiscono a farci conoscere meglio alcuni aspetti
del personaggio relativi soprattutto al suo impegno politico nel partito
socialista e alle sue capacità imprenditoriali.
É ancora vivo, ad esempio, il ricordo delle giovani figlie di Zamperini
che prima della messa domenicale su incarico del padre vendevano
nelle piazze del paese l'"Avanti!"; come pure si ricordano altri singolari episodi a testimonianza del suo irriducibile anticlericalismo. Già a
San Jacopo di Livorno, in occasione del passaggio di una processione religiosa, insieme ai compagni che condividevano la sua stessa
fede politica, aveva steso in modo irriverente la biancheria personale alle finestre degli alloggi dei vetrai. A Sesto inscenò qualcosa di
simile: durante un'analoga cerimonia sospese infatti ad una corda il
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La V.O.F. di Sesto Calende
ritratto di Lenin in mezzo all'attuale via XX Settembre, proprio davanti alla sua abitazione. Purtroppo un improvviso colpo di vento staccò
l'effigie tanto cara a Zamperini che andò ad infrangere la vetrina del
suo stesso negozio di frutta e verdura posto al piano terra.
Per tornare al suo impegno nel partito occorre ricordare che nel gennaio del 1947, in occasione della scissione di Palazzo Barberini
attuata dall'ala socialdemocratica di Saragat, egli rimase fedele alla
corrente di sinistra guidata da Pietro Nenni, mantenendo fino alla
morte "quella coerenza serena e quella fede inamovibile" che nel
corso degli anni gli venne sempre riconosciuta anche dagli avversari
politici.
Oltre alle responsabilità di natura politico-sindacale e all'attività di
vetraio, Zamperini mostrò di possedere anche capacità imprenditoriale. Nel 1911, come risulta anche da alcuni appunti annotati sul suo
manoscritto (115), aveva già intrapreso insieme ad un cugino un'attività commerciale legata in qualche modo alla produzione del vetro.
Aveva infatti ottenuto in gestione dalla proprietà della "Fonte Igea" di
Boario Terme la commercializzazione delle acque minerali. Da quella località termale faceva pervenire a Sesto le damigiane di acqua
minerale che, depositate nel cortile di casa Brianzoni, provvedeva
successivamente a distribuire alla clientela in damigiane di diversa
capacità o mediante imbottigliamento e stoccaggio in casse, dopo
aver apposto l'etichetta "Acqua di Boario - Fonte Igea ". Tale attività
continuò probabilmente fino al 1923, anno in cui la Fonte Igea passò
dalla vecchia proprietà alla famiglia Sant'Ambrogio di Milano.
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La V.O.F. di Sesto Calende
IL MANOSCRITTO
Il manoscritto di Guglielmo Zamperini è costituito da un quaderno (cm
21x cm 30) di 158 pagine di cui solo 107 sono state compilate anche
se non in modo continuo (116). Dalle condizioni in cui esso è pervenuto sembra tuttavia che il numero complessivo delle pagine, molte
delle quali visibilmente asportate, fosse maggiore; è probabile quindi
che qualche quinterno lasciato in bianco o singole pagine, col passare degli anni, possano essere andate perse.
Non è possibile inoltre presentare una puntuale elencazione dei contenuti del manoscritto in quanto l'autore non sempre ha seguito un
ordine tematico né cronologico, soprattutto nella seconda parte. Le
testimonianze significative per il presente saggio coprono un arco di
tempo che va da gennaio 1897 al 1936 (117) e riguardano soprattutto la trascrizione di corrispondenze e di numerosi articoli inviati a
varie testate come la "Bottiglia", "Popolo e Libertà" (Gallarate) e "Il
Nuovo Ideale" (Varese); vi si trovano però inserite anche annotazioni
di vario genere e argomento, come meglio si dirà più avanti. Si è tentato pertanto di raggruppare il contenuto del manoscritto per tematiche, al fine di presentare in modo organico un insieme di informazioni che rischiavano altrimenti di rimanere slegate e prive di contestualizzazione.
La vetreria
Nella tematica "vetreria", oltre ai numerosi articoli che sono stati già
ampiamente citati nella prima parte di questo saggio relativa alla storia dell'arte del vetro e che occupano nel manoscritto circa quaranta
pagine, possono essere inserite molte altre corrispondenze che
riguardano argomenti strettamente connessi alle vicende della V.O.F.
e della Federazione dei Bottigliai.
Interessanti si rivelano, in modo particolare, gli articoli che si riferiscono alla Vetreria Operaia di San Jacopo di Livorno scritti tra il 1904
e il 1905.
Nel primo di questi (118), ad esempio, lo Zamperini ripercorre le
vicende dello stabilimento fin dall'inizio della lavorazione (inizi di ottobre 1903), soffermandosi sulle difficoltà e sui sacrifici che nei primi
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La V.O.F. di Sesto Calende
tempi avevano dovuto superare i federati, animati tuttavia da una
fede incrollabile e dalla certezza del raggiungimento degli obiettivi:
" La lavorazione incominciò sui primi di ottobre 1903 con un forno di molto
piccolo e di molti operai, il quale non fruttava abbastanza per il numero delle
piazze 5 e tutti si lavorava con intensità per riuscire a cavare appena per
scampare la vita. Molte volte capitò di tornare dalla paga con pochi soldi in
tasca per portare alle nostre famiglie, ma pur contenti e solidali per l'ideale
della nostra cooperativa (mentre scrivo va divinamente bene coll'impulso e
l'intelligenza dell'egregio Ricciardi e Besozzi, direttore tecnico)".
Uno dei concetti di cui spesso lo Zamperini aveva sottolineato l'importanza anche in altre corrispondenze è quello della solidarietà; scriveva infatti più avanti:
"Si è verificato nel mese di gennaio e febbraio il vero senso di solidarietà col
dividere il guadagno di tutta la maestranza, perché 4 piazze di maestranza si
erano occupati come manuali al restauro di un secondo forno che diede bottiglie ai primi di marzo; e continuarono sino alla metà di luglio".
E al termine della campagna, col sopraggiungere della stagione estiva, esplodevano le contraddizioni sociali:
"E quasi tutti si dovette partire non avendo più alloggio, giacché S. Jacopo è
un vero paradiso di divertimenti, e tanti signori vengono a passare nelle
nostre camere, e a godere quella bell'aria sana di mare, passeggiando nei
giardini e sulla spiaggia" (119).
Il lungo articolo continuava poi con i particolari sulle novità circa la
produzione, ma soprattutto con alcune sottolineature sulla necessità
della sottoscrizione di collette:
"Dopo la metà di settembre si fecero bottiglie e damigiane a vetro chiaro al
forno n. 2: Quest'anno non succede come l'anno scorso; il vetro è sempre
bello e buono per essere lavorato. Ai primi di ottobre cominciò il forno n. 1 a
vetro mezzo bianco a tutt'oggi; quello che ha la penna in mano non è capace di descrivere l'immenso entusiasmo che esiste tra noi lavoratori senza
padrone. […].La sezione di S. Jacopo passò alla nomina di una commissione che studiasse le pratiche per una sottoscrizione pro-vedove e orfani di
federati e emanasse una circolare a tutte le sezioni da sottoscriversi".
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La V.O.F. di Sesto Calende
Agli inizi di febbraio del 1905, sempre su "La Bottiglia", Zamperini
ritenne di dover esprimere alcune puntualizzazioni relativamente alla
sezione di San Jacopo ma anche su temi di carattere generale.
Ribadì innanzitutto la necessità della lotta, che doveva essere sostenuta dalla totalità dei lavoratori del vetro per ottenere ulteriori miglioramenti; mostrandosi poi amareggiato perchè tra i bottigliai organizzati (il 90%), molti "non sentono ancora il bisogno di fare il proprio
dovere verso la V.O.F.".
Eppure i benefici che la cooperativa offriva erano molteplici: era già
stata attivata, ad esempio, una cassa di previdenza per i figli orfani
dei cooperatori; ciononostante c'erano alcuni federati che non avevano ancora pagato nemmeno la quota obbligatoria deliberata dal
congresso di Asti, inadempienza che faceva salire a L. 25.000 le
quote sottoscritte e non versate!
Fra i suoi meriti la V.O.F. poteva però ascriverne altri: era stata d'esempio non solo ai bottigliai, ma anche ai cosiddetti "affini" (120), che
scoprendo i vantaggi dell'organizzazione erano riusciti a farsi diminuire le ore giornaliere di lavoro da 11, e anche più, a 9 d'estate e 8
d'inverno, ottenendo anche un aumento di paga "da una grossa ditta
di borghesi che pensava solo ad accumular ricchezze per sé".
L'esempio era stato seguito successivamente dai portantini che,
dopo aver costituito una loro lega, avevano subito ottenuto dei miglioramenti senza neppure dover ricorrere allo sciopero.
Non poteva mancare, a conclusione dell'articolo, il ringraziamento a
tutti quei lavoratori della V.O.F. (compresa la Sezione Socialista) che
con slancio esemplare avevano concorso nell'apertura della cooperativa di consumo "Avanti!" che:
"non è amministrata da gente incapace o che tutto fa per lucro proprio; qui è
aperta a tutti, operai cooperatori e non cooperatori; e tutti concorrono a servirsi,perché si compra merce di prima qualità e ai minimi prezzi. L' "Avanti!"
fiorirà dal seme che getta! Lavoratori, essa vi serva d'esempio!" (121).
In un'altra corrispondenza (122), sempre da San Jacopo, dopo aver
accennato all'importanza della Cooperativa, definita con toni enfatici
"nuova fortezza dei bottigliai Italiani", Zamperini si soffermava sui
lavori dell'assemblea generale del 19 marzo 1905, convocata per
"udire la relazione del carissimo Ricciardi, circa l'impianto d'una suc51
La V.O.F. di Sesto Calende
cursale a Imola". Il progetto, proposto dal consiglio d'amministrazione della V.O.F. e sostenuto, oltre che dal gerente anche dal direttore
tecnico Besozzi, venne approvato all'unanimità dai federati livornesi
ai quali si erano uniti i compagni di Torretta. Ricciardi sostenne infatti che le difficoltà che obiettivamente venivano poste sull'ubicazione
a Imola di un nuovo stabilimento erano ampiamente compensate
dalla disponibilità dimostrata dal municipio, disposto a elargire un
premio di 100 mila lire "a quell'industria che desse lavoro a più di 100
operai della città di Imola, là residenti da 5 anni".
Le puntuali corrispondenze livornesi di Zamperini tenevano costantemente informati i federati circa l'inesauribile azione del Ricciardi, in
visita nelle varie sezioni (Vietri sul Mare, Milano, Savona e Torino) per
sostenere il progetto del nuovo forno. E l'impegno veniva ripagato
con la sottoscrizione continua di azioni da parte dei bottigliai, nella
convinzione che un nuovo forno a Imola avrebbe costituito un ulteriore successo per la Cooperativa. Slancio ed entusiasmo accendevano gli animi, ma i federati livornesi rimanevano ben ancorati alla
realtà, come dimostrano le prove effettuate sulla materia prima, fatta
venire proprio da Imola, sui risultati della quale unanimi furono i consensi delle maestranze ("Tutti quelli che lavorano al forno n. 2 hanno
constatato che il vetro era proprio bello e buono da lavorare; per questo nella nostra sezione è aumentato l'entusiasmo per poter arrivare
allo scopo designato"). Ma Zamperini non dimenticava mai, nelle sue
corrispondenze, di essere anche un "sindacalista" e un attivista politico e che pertanto le singole lotte di una categoria dovevano essere
sempre finalizzate all'affermazione del movimento proletario nella
sua globalità ("l'operaio non è più uno schiavo, ma un uomo libero
con tutto il diritto di conquistare la propria emancipazione") (123).
Altri momenti della vita della sezione toscana, "raccontati" da
Zamperini (124), riguardano ad esempio l'approvazione della relazione del De Ambris sulla necessità, "accolta col più schietto entusiasmo", di lavorare "a 4 brigate" per dare occupazione ai compagni di
Milano che si trovavano in difficoltà, e ancora, la visita del sindaco di
Imola insieme a quello di Sesto, Sironi, accompagnato dal consigliere Tortini (125) per discutere col presidente Varalli dei nuovi impianti
nelle loro rispettive città.
Dallo stesso articolo si apprende che alla metà di giugno del 1905,
per consentire a tutte le maestranze di discutere l'o.d.g. da presentare al Convegno della V.O.F. e della Federazione, visto che la lavora52
La V.O.F. di Sesto Calende
zione era divisa in quattro brigate, si tennero ben due "adunanze". La
decisione era particolarmente delicata: i federati di San Jacopo dovevano infatti votare la relazione del consiglio di amministrazione che
dava "libera facoltà ai rappresentanti della V.O.F. di fare l'impianto del
forno a Imola e a Sesto".
Altro punto di rilevante importanza riguardava la linea da tenere nella
stipula dei contratti con
gli industriali del Consorzio. Anche in questo caso si deliberò all'unanimità di attenersi alle regole statutarie della Federazione, di rifiutare,
cioè, i contratti individuali e accettare solo quelli collettivi, subordinandoli comunque all'approvazione del comitato centrale della F.I.B.,
con l'obiettivo di "ripristinare l'autorità diretta dell'organizzazione dei
bottigliai". Era un chiaro segnale di opposizione all'"audacia dei sigg.
del Consorzio" che consideravano gli operai "arnesi di lavoro".
Lapidarie e sferzanti le parole con cui Zamperini concludeva l'articolo: "Lo sappiamo che siamo arnesi, ma sapremo anche far valere i
nostri diritti da arnesi. Avanti! Per la via intrapresa della redenzione
operaia!".
All'interno della stessa organizzazione non mancavano tuttavia le
divergenze di opinione; e il 1905 può essere considerato un anno
emblematico in tal senso; sancisce infatti, ai vertici, la definitiva rottura tra il Modigliani e il De Ambris (126). Ma divergenze, di certo
meno laceranti rispetto a quella testé citata, si registravano anche a
livelli più bassi, come testimonia la contestazione che dovette subire
il Rosmarino, consigliere del comitato centrale fin dal novembre del
1903, in occasione dell'approvazione della relazione in vista del convegno di Milano, svoltasi a San Jacopo nel mese di giugno:
"Dopo una relazione fatta dal compagno Rosmarino in mezzo ai più vivi
rumori sul convegno cooperativo di Milano, fu votato un ordine del giorno nel
quale si dichiara che l'assemblea non intende riconoscere nel Rosmarino il
proprio legittimo rappresentante all'adunanza dei Cooperatori di Milano, in
quanto che la relazione da lui testé fatta è la più assoluta negazione della
volontà della maggioranza" (127).
Tra i numerosi articoli di particolare rilevo, riconducibili alla tematica
"vetreria", se ne citano soprattutto due. Il primo è intitolato "Per il futuro Congresso" (128), particolarmente significativo per il contributo fornito da Zamperini, sul piano del metodo, al dibattito precongressuale
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La V.O.F. di Sesto Calende
di Livorno, città scelta per ospitare per la seconda volta il congresso
della F.I.B., il quinto, dopo essere stata la sede anche del I nel dicembre del 1900.
Zamperini sottolineò che "le modificazioni allo statuto e tante altre
proposte utilissime furono sempre assai trascurate dai rappresentanti dei congressi, perché poco studiate dalle Sezioni, cosicché molte
volte succede che si prolungano i congressi senza concludere quasi
niente, perdendosi in quisquiglie e puerilità". Ma la critica non risparmiava neppure la cosiddetta base, perché:
"i compagni che tutti sentono il bisogno di un opportuno rinnovamento devono pure sentire il dovere di porgere il proprio contributo di idee molto prima
del giorno del congresso. Così ogni congressista avrà la sua condotta ben
delineata anche davanti ai rappresentanti di altre sezioni e al ritorno, nella
sua qualità di rappresentante, darà relazione del suo operato, approvato o
no, e la Sezione dovrà accettare i deliberati del congresso".
Si tratta di alcune osservazioni di metodo che mantengono anche
oggi piena validità e di cui non sempre si tiene conto (ed è passato
più di un secolo) in occasione dei congressi di categoria, talvolta
nemmeno a livello provinciale!
Zamperini osservava criticamente, ma in modo costruttivo, come nei
quattro congressi precedenti si era dovuto modificare lo Statuto, ma
che poi, nella realtà quotidiana,
"è ancora il primo che funziona. Le modificazioni sono a verbale o sulla
Bottiglia, ma non basta. Bisogna mettersi tutti quelli di buna volontà a studiare le nuove modifiche, presentarle, approvarle e fare uno statuto quasi
nuovo e definitivo, salvo le modifiche richieste dal C. C. alle Sezioni per referendum, come fanno tante altre Federazioni di Miglioramento e resistenza".
Un giudizio negativo veniva rivolto circa i costi per l'organizzazione
dei congressi con cadenza annuale ("e poi, procuriamo di risparmiarci tante spese che si fanno tutti gli anni per il congresso"), cui facevano seguito un suggerimento e una valutazione pessimistica circa
l'utilità dei congressi stessi condotti come per il passato ("Non sarebbe meglio, visto che quasi tutte le altre Federazioni non li fanno tutti
gli anni, se non in caso di bisogno, fare così anche noi? Tanto e tanto
i congressi lasciano il tempo che trovano").
E dopo tanto scetticismo, quasi a conclusione dell'articolo, arrivava
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La V.O.F. di Sesto Calende
però l'incitamento:
"All'opera, dunque, o compagni di buona volontà! Almeno col prossimo
Congresso si finisce di fare lo statuto della Federazione Italiana dei Bottigliai.
Rivolgo questa mia raccomandazione ai compagni di buona volontà perché
s'adoprino per questo prossimo congresso senza perdersi in tante minutaglie
come nei Congressi passati, abbandonando sopra tutto le idee del medio
evo, sull'apprendisaggio e su tante altre cose. Lasciamo la libertà a tutti, e
facciamoci grandi e forti veramente colle nostre istituzioni sociali moderne
che rappresentano il vero baluardo del nostro diritto".
Di rilevanza non inferiore si dimostra un altro articolo dal titolo
"Organizzarsi?", apparso anche questo su "La Bottiglia" nel maggio
del 1904, in cui Zamperini ricostruiva le tappe più significative della
storia della federazione (129). Non poteva quindi mancare il riconoscimento al Modigliani, cui andava ascritto il merito, già agli inizi del
1900, di aver stimolato nella classe operaia dei vetrai il bisogno di
organizzarsi.
Grazie ai suoi ragionamenti più volte esposti in molte riunioni si era
giunti infatti alla costituzione della prima sezione, in cui i lavoratori
potessero finalmente riunirsi, discutere dei propri interessi di lavoro,
formarsi insomma quella coscienza di cui la classe operaia era ancora priva. Nel corso di questi incontri, riferisce lo Zamperini,
"si capiva allora tutta l'Ingiustizia di cui si era vittime e si capì soprattutto
quanto danno recasse l'abitudine contratta di farsi reciproca concorrenza con
la corsa alla morte (130), per arrivare in fine del mese a un più lauto guadagno. In tale modo l'unione delle nostre forze fece sorgere in tutti un solo pensiero di solidarietà; ed ecco cessare la corsa alla morte; i giovani impararono a pensare alla loro salute ed a riflettere che continuando ad esaurirsi in
un lavoro eccessivo avrebbero avuto la stessa ricompensa che toccava a
tanti compagni divenuti vecchi, che non arrivando a dare la produzione dei
giovani, erano messi alla porta dopo tanti anni di lavoro".
Si cominciò a capire che per tutelare la salute e il posto di lavoro bisognava imporre dei limiti alla produzione. Ma con quali armi se non
con lo sciopero? E puntuale, "dopo poco tempo che la lega funzionava", arrivò il primo sciopero di quattro giorni, con l'obiettivo di ottenere una commissione interna nello stabilimento per vigilare sull'andamento del lavoro. Compatta fu l'adesione alla protesta e a nulla
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La V.O.F. di Sesto Calende
valsero i tentativi e le lusinghe dei padroni "che tentarono inutilmente
di chiamare i portantini da leva vetro, i leva vetro da gran garzoni e i
gran garzoni da maestro, perché nessuno abboccò all'amo, come
nessuno si lasciò intimidire dalle minacce".
Frequentando le adunanze e ascoltando le conferenze gli operai
capirono il vero significato del termine "organizzarsi", che
"non vuol dire solo pagare le quote mensili, leggere il giornale e poi lasciar
correre tutto con indifferenza. Organizzarsi vuol dire conoscere la forza del
proprio diritto; vuol dire pensare come un sol uomo, vuol dire essere disposti in un determinato momento ad agire collettivamente per imporre a chi non
ha ancora sentita la voce del dovere, l'attuazione di quei desideri per cui ci
siamo uniti".
Nella parte terminale dell'articolo Zamperini toccava quindi uno dei
temi più delicati della condizione dei vetrai, quello della salute fisica
minata dalle pesanti e rischiose condizioni di lavoro; e rivolgendosi ai
compagni ammoniva:
"dobbiamo saper fissare oggi quel massimo di lavoro che le nostre forze e il
nostro fisico consentono; non sciuparsi da giovani per essere buttati in un
canto da vecchi. La nostra classe (e lo capiscono anche i signori della
Società il Vetro che hanno introdotto le macchine per la nostra salute) è soggetta a malattie, dovendo soffiare nelle canne in comune ed è pure soggetta
a un rapido indebolimento organico, dovendo lavorare con un calore eccessivo che ci rovina i polmoni e ci fa invecchiare precocemente" (131).
E al termine del suo ragionamento egli poneva come obiettivo di lotta
un orario di lavoro che riducesse ad un massimo di sei su ventiquattro le ore complessive giornaliere.
A distanza di due anni egli tornò a scorrere "la istoria del sodalizio
glorioso" (132), ricordando gli anni precedenti il 1900, quando "la
classe dei bottigliai era abbrutita dal vizio dell'alcool, dall'assenza di
ogni civil sentimento, quando la donna veniva considerata come una
bestia, come una schiava non avente diritto di assidersi alla nostra
mensa". Ricordò poi le numerose conquiste, come la tariffa unica in
tutte le fabbriche del Consorzio ma anche qualche sconfitta , come il
fallimento delle trattative con la Vetro che negli stabilimenti di Torino
e Sarzana introdusse "le macchine a bottiglia". E ancora, nel 190203, la decisione di lavorare a quattro brigate per aiutare i disoccupa56
La V.O.F. di Sesto Calende
ti delle vetrerie recalcitranti, o quella di pagare una congrua sopratassa per quanti si trovavano sul lastrico. Il 1904 fu un anno memorabile perché oltre all'accensione del secondo forno a San Jacopo
che assorbì molti vetrai disoccupati, si costrinse la "Vetro" ad entrare
nel Consorzio.
La primavera del 1905, scrive Zamperini, registrò un clima di accesa
conflittualità tra i bottigliai federati di Milano e i proprietari dello stabilimento sui contratti della campagna 1905-06. La rottura delle trattative "sulla stipulazione del concordato annuo di lavoro" portò alla proclamazione dell'ostruzionismo nella vetreria milanese, applicato poi
anche dai federati di Portocivitanova e di Torretta (Livorno). Una lotta
che fece registrare defezioni e tradimenti ma anche atti di eroismo, di
abnegazione e di nobiltà!
La fede incrollabile nell'organizzazione e l'orgoglio di aver contribuito
alle conquiste più significative della categoria appare evidente a conclusione del pezzo:
"Ma la storia della Federazione non si arresterà qui. Noi abbiamo pensato a
provvedere per le vedove, per gli orfani, per i vecchi e per gli invalidi, con un
progetto di cassa pensioni; e altri miglioramenti via via si effettueranno, se
avremo la costanza di continuare la marcia intrapresa per la nostra emancipazione".
Ai crumiri, infine, attaccati in molti articoli e ai quali preannunciava un
triste destino che avrebbe coinvolto inesorabilmente anche i loro
familiari, rivolgeva queste parole:
"Noi non siamo così cattivi da odiarvi e da non sentire per voi una infinita
pietà. Ma perché tentaste di troncare la vita a noi, che pur fummo vostri fratelli di lavoro, di fatiche e di stenti e che intemerata abbiamo la coscienza?
Badate: la viltà e l'ignavia sono due colpe massime. La vittoria sorride soltanto al forte e al buono".
Nell'aprile del 1906 Zamperini rispose sul giornale "La Bottiglia" (133)
con toni fermi e risentiti ad un attacco pubblicato sul n. 20 del "Grido
della Folla" di Imola. In questa corrispondenza si muovevano critiche
quasi contro tutti gli organismi e i dirigenti: dal consiglio di
Amministrazione della V.O.F. al direttore Ricciardi, dal direttore locale Giuseppe Milano al Comitato Centrale, senza risparmiare nemme-
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La V.O.F. di Sesto Calende
no il segretario della Federazione (134). Zamperini affermò che quanto scritto non era conforme a verità e riferendosi "ai richiami all'ordine e al dovere" dichiarò che essi erano stati rivolti "quasi sempre a
quegli operai che si credono più evoluti nell'idea e nel progresso e
che amano chiamarsi libertari o individualisti, ma che non pensano al
loro dovere illudendosi forse che la V.O.F. sia una fonte di benessere e di quattrini a bizzeffe".
Rivolgendosi poi a tutti i federati e per rendere più chiari gli obiettivi
della V.O.F. a chi non aveva ancora capito, o fingeva di non capire,
l'importanza innovativa di una realtà produttiva senza padroni, così
continuava:
"Cari compagni, finora non è arrivato il giorno della manna che casca dal
cielo, per ora si sta combattendo per un diritto umano e per imparare a gestire, da noi stessi operai, la produzione sociale; e tutti dobbiamo aiutare con
lena e costanza la nostra istituzione, la quale abolisce i privilegi del capitale,
e non aiutare la propaganda dei preti che lascerà i diritti del regno di Dio ai
poveri, purché restino poveri! E tanto perché i nostri competitori intendano,
nelle V.O.F. non ci sono né padroni né pezzi grossi né autoritari né leggi
capestro. Il Consiglio d'Amministrazione è composto di operai che lavorano,
dal Direttore generale al portantino; sono tutti operai autentici, che compiono
il lavoro a cui sono più adatti, senza che nessuno, alla fine di bilancio, divida
gli utili come avviene in tante altre cooperative (vedi cooperativa Altaresi) e
nelle industrie capitalistiche, dove il lavoratore è sottoposto da mane a sera
a un regolamento e a uno sfruttamento esoso, senza ch'egli possa reclamare dal panciuto borghese, che è sempre pronto a indicargli la porta".
Zamperini però non voleva negare il diritto di critica, che egli stesso
aveva esercitato tante volte proprio sul giornale dei bottigliai, ma esigeva che le contestazioni si basassero su elementi di concretezza e
di obiettività:
"È giusto che la critica sulle ingiustizie e parzialità sia fatta pure in mezzo a
noi, ma essa deve sempre ispirarsi a verità e non mettere in ballo cose
strampalate. […] Può darsi che l'articolista del "Grido" sia in buona fede - e
io voglio ammetterlo - e pensi che le quattro V.O.F. siano oggi la panacea di
ogni male, oppure la vacca alla quale tutti possono, attingere, ma se egli pretende ottenere lì per lì un frutto immediato è meglio che si ritiri, che lasci soli
coloro che pochino a pochino contendono il terreno della vittoria".
58
La V.O.F. di Sesto Calende
In alcune pagine del manoscritto (135), egli trascrisse anche i testi di
auguri o di necrologi letti in occasione di matrimoni o di scomparsa di
compagni vetrai. Si tratta di una toccante testimonianza dei legami di
affetto profondo e di sincera amicizia che legavano i bottigliai sestesi anche al di fuori dello stabilimento. Si ricordano quelli per le nozze
di Filiberto Cochard, il suo "caro e buon maestro" e di Giacomo
Bassetti, "compagno di lavoro, di fede e di Idea". Ai momenti di gioia
si alternavano quelli del dolore, come per l'immatura morte del diciannovenne levavetro Pietro Salina, "nobile figura di combattente nelle
file della nostra organizzazione" o di Carlo Maretti, "uno dei più forti
campioni delle nostre battaglie". Del Maretti ricordò la sua presenza
per due anni nella sezione di San Jacopo e la sua militanza come
consigliere e proboviro della V.O.F., trascrivendo anche il testo del
telegramma di condoglianze inviato dalla Federazione alla famiglia.
Zamperini tornò a parlare del lutto che aveva colpito la comunità,
addolorata per la scomparsa del Maretti, in una corrispondenza in cui
riferì i dettagli della cerimonia funebre. Grazie poi al "culto della
memoria" dell'autore del manoscritto, siamo in grado di leggere ancora il testo integrale del discorso pronunciato da Andrea Bertolazzi in
occasione delle esequie.
Una certa sorpresa, velata da una punta di mistero, si avverte nel leggere tra le pagine del manoscritto anche due "prose", trascritte con
una calligrafia diversa da quella solita e firmate, la prima, con delle
iniziali ("C" seguita, forse, da una "R"), la seconda invece con il nome
"Cesare".
Non si può innanzitutto non sottolineare lo stridente contrasto, per
contenuto e toni, con tutte le altre pagine del quaderno. Circa poi il
mistero, se così può essere definito, esso riguarda sia l'autore sia il
motivo per cui con grafia diversa, o volutamente modificata, i due
testi si trovano nel quaderno. Per quanto riguarda l'attribuzione dei
brevi componimenti, la firma apposta in calce attesta chiaramente
che l'autore è un vetraio di nome Cesare, mentre il riferimento, come
si vedrà più avanti, all'innamorata "Iduccia" che l'aspetta "sulla riva
del Ticino", non lascia dubbi sul nome della destinataria né sulla sua
residenza. Il motivo dell'inserimento nel manoscritto, invece, interessa meno in quanto le citazioni vengono esclusivamente qui riportate
per i toni di struggente nostalgia che vi si colgono.
I testi sono stati infatti composti a San Jacopo, dove l'autore, non
59
La V.O.F. di Sesto Calende
importa tanto chi egli sia, si trovava a lavorare nella locale vetreria.
Se ne trascrivono di seguito alcuni stralci per la testimonianza di quei
sentimenti che, sicuramente, tutti i vetrai, lontani da casa per tanti
mesi, provavano verso i loro cari, le loro spose o le fidanzate.
Da "Primavera":
"[…] Il mattino di Livorno sveglia con le mille voci della natura, con quelle
misteriose melodie…….mentre nelle anime innamorate sotto la pineta, sul
viale Regina Margherita sussurrano le foglie. A te, venticello primaverile affido le mie confidenze; porta un affettuoso bacio col tuo muto linguaggio là
sulla riva del Ticino, dove una dolce creatura ansima e fremente mi attende…; ricordale ch'io passo delle ore intere su questa spiaggia col guardo
immoto, pensando che lontano lontano v'è il sorriso della mia vita…"
Da "La vita":
"[…] Cosa sarebbe la vita senza amore? Un lume senza fiamma, una città
senza abitanti… [...]. È dolce amare per quei cuori come il mio e quello della
mia Iduccia, che son nati solo per l'amore".
La politica
Si è già detto che Zamperini profuse il suo impegno non solo nell'attività di federato ma anche nella vita politica sestese in un periodo in
cui risulta a volte difficile separare i due ambiti. Se è pur vero, infatti,
che la lotta per l'emancipazione del proletariato si combatteva giorno
per giorno nella fabbrica, è innegabile anche che il cammino sarebbe
stato più agile se a reggere le istituzioni locali e nazionali fossero
state chiamate dall'elettorato quelle forze politiche che dalla classe
operaia ottenevano consenso e ai cui valori si ispiravano. E
Zamperini ne era consapevole.
In questo saggio ci si limiterà a testimoniare il suo impegno nella
locale sezione del partito socialista solo attraverso le testimonianze
lasciate nel manoscritto che con tanto zelo egli compilò per quasi
quarant'anni.
Il primo dei sui articoli in realtà è solo un accorato appello rivolto ai
compagni di Sesto perché si mettano in regola con le quote mensili
non ancora versate e soprattutto perché partecipino, unitamente ad
eventuali simpatizzanti, a un'assemblea indetta dal comitato per il 14
60
La V.O.F. di Sesto Calende
giugno del 1903 presso la sede delle leghe di Miglioramento e
Resistenza. Non è noto l'ordine del giorno, ma dal comunicato si
evince che si discuterà probabilmente di un rilancio organizzativo; la
locale sezione, infatti, "sorta entusiasticamente e fondata da gente
che si credevano fidi al partito, a poco a poco per mancanza degli
ascritti va quasi sciogliendosi perché son troppi gli ascritti di poca
coscienza che non adempiono ai doveri che si sono imposti per ottenere i sacrosanti diritti che ci avviano alla redenzione sociale" (136).
In vista delle elezioni parziali amministrative del 30 luglio 1905
Zamperini invitò i compagni socialisti nella sala della lega dei bottigliai per uno scambio di idee circa la tattica da seguire nell'imminente tornata elettorale. "Si deve fare l'accordo coi popolari? O continuarlo, avendo però maggior cura nella scelta degli uomini da mandare al potere?" - chiedeva ai compagni di lotta. E la decisione non
tardò ad arrivare. Il giorno antecedente le votazioni inviò infatti una
corrispondenza al giornale "Popolo e Libertà" in cui, "contro un'ibrida
coalizione nereggiante", invitava i lettori a sostenere la lista
dell'Unione dei Partiti Popolari, composta da seri candidati (137).
Ma Zamperini non si limitò al semplice appello al voto; ritenendo
infatti fondamentali nella sua azione "educativa" della classe operaia
l'informazione e la circolazione delle idee, espresse anche le motivazioni di una tale scelta:
"L'opera amministrativa, vantaggiosa per il proletariato, profittevole per lo sviluppo civile del paese, svolta in passato dai popolari, [nonché] le particolari
esigenze dell'immediato avvenire - data l'iniziativa dell'istituzione di una
nuova succursale della Vetreria Operaia Federale - hanno indotto noi socialisti a rinnovare il patto dall'alleanza. L'esperimento precedente ci lascia
abbastanza soddisfatti e s'ha ragione che così sarà per l'innanzi. E il proletariato cosciente voterà compatta la lista dei candidati popolari tra cui sono
parecchi dei forti lavoratori della bottiglia".
Il successo eclatante della coalizione venne commentato con queste
parole:
"Splendida è stata la vittoria popolare nelle elezioni amministrative di domenica. Tutte le manovre dei neri a nulla valsero contro le compatte falangi proletarie che furono il coefficiente principale della riuscita trionfale della lista
concordata tra democratici e socialisti. Sono entrati in Consiglio Comunale
altri 3 socialisti, così ora ne contiamo sei nell'amministrazione, semplici ope-
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La V.O.F. di Sesto Calende
rai, ma energici compagni, che godono la più alta nostra fiducia e che
sapranno tutelare efficacemente gli interessi proletari" (138).
Tra il privato e il pubblico si pone invece la lettera inviata nel settembre del 1907 da Livorno ai compagni della "Lotta" (139) in cui
Zamperini esprimeva con toni aspri il suo risentimento per il battesimo impartito al figlio Adelmo nonostante il suo netto rifiuto. Vi si dedica qui solo un accenno , perché ad essa si è già fatto riferimento in
altra parte del saggio.É sufficiente ricordare che Zamperini articolò in
tre punti i motivi del suo risentimento "di padre socialista e di operaio
profondamente nemico di ogni idea religiosa", attaccando il parroco
don Leonida Mappelli e smentendo le voci circa un suo tacito consenso al battesimo.
Un contributo rilevante per conoscere la preparazione politica di
Zamperini ci viene dai numerosi articoli che egli pubblicò sulla rubrica "Spigolature quindicinali", aperta su "La Bottiglia" (140).
Nell'impossibilità di riferire su ciascuno dei singoli pezzi si accennerà
soltanto alle motivazioni che lo spinsero a questo ulteriore impegno,
rinviando gli interessati alla lettura delle pagine in questione.
E come spesso si è fatto nel presente saggio, anche in questo caso
si preferisce dare voce allo stesso autore:
" La rubrica è utile per noi che siamo incamminati sulla via dell'emancipazione e abbiamo il dovere di tener dietro al molteplice svolgimento dei fatti
sociali".
Ma la motivazione è soprattutto di natura politica, si potrebbe dire di
formazione, se non di indottrinamento:
"L'arma più potente per il proletariato è l'unione, e noi che abbiamo dato
prova di sacrifici, di tenacia, di abnegazione e di stenti pur di costituire le
nostre cooperative, bisogna adoperare perché tutti gli operai dal federato al
crumiro facciano il loro interesse di classe".
E in un altro intervento sulla rubrica spiegava:
"Mi sono messo a spigolare nei giornali professionali i punti più salienti e di
maggior interesse per noi operai, che siamo stati sempre dominati da una
classe che ci sfrutta, senza che ci accorgessimo di essere costretti a pagare
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La V.O.F. di Sesto Calende
l'ozio, il lusso e il vagabondaggio altrui. Noi dobbiamo rammentare quanto fu
esposto nel manifesto dei Comunisti […], purtroppo la classe dei bottigliai
non è arrivata ancora a comprendere che bisogna leggere per istruirsi, e
molti leggono soltanto ciò che loro interessa personalmente […]; così avviene che si sbraita contro chi la pensa in diverso modo, senza neppure conoscere le idee. Io che non perdo troppo tempo in discussioni vane e mi dedico sempre alla lettura di giornali e opuscoli, imparo non a ingaggiar polemiche personali, né a tenere conferenze maldicenti e confusionarie ma a rispettare e a farmi rispettare, tanto quando lavoro sotto proprietari borghesi, come
quando mi trovo al par di oggi nella V.O.F.".
Solo per dare un'idea degli argomenti trattati nella rubrica basterà
dire che Zamperini commentò, ad esempio, l'ingiusta condanna subita dal deputato socialista Enrico Ferri e da Augusto Salustri, gerente
del giornale "Avanti!", per aver affermato che nel Ministero della
Marina "si annidava una camorra che dilapidava il denaro dei contribuenti"; ma scrisse anche ripetutamente della ricorrenza del Primo
Maggio (141), che si svolse "senza alcuna dimostrazione per la giornata di otto ore". Per coinvolgere i lettori della "Bottiglia" sui problemi
che toccavano anche compagni proletari di altre categorie, li informò
sugli scioperi dei lavoratori del Mare e, in una rubrica successiva,
intervenne duramente sull'uccisione "dei nostri fratelli di lavoro di
Calmiera", freddati a colpi di rivoltella da una banda di briganti nei
corridoi della Casa del Popolo di Torino "mentre stavano discutendo
il da farsi contro la cocciutaggine di certi industriali". Informò sugli
scioperi delle "compagne risaiuole" nel Vercellese, come su quelli dei
muratori a Firenze, sui processi ai compagni socialisti accusati di
aver svolto campagna antimilitarista, soffermandosi sulle agitazioni
promosse dalla lega delle arti tessili per ottenere la riduzione della
giornata di lavoro da undici e dodici ore a dieci e per l'aumento del
salario.
Per l'interesse che riveste per la storia locale si trascrive, utilizzando
il testo di Zamperini, quanto accadde a Sesto Calende nel settore
tessile:
"Per circa un mese uno stabilimento è stato chiuso non volendo aumentare
la tariffa, finché le scioperanti, divise in due leghe, si recarono altrove. Ma la
pressione del parroco e del sindaco repubblicano, mazziniano e massone
fecero l'accomodamento senza l'intervento dei rappresentanti delle leghe.
Ma la Camera del Lavoro di Gallarate non sapeva nulla e, delle operaie
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La V.O.F. di Sesto Calende
addette alla lega della Camera del Lavoro, ben poche si recarono al lavoro;
soltanto quelle della lega cattolica furono compatte nell'arrendersi. E ciò è
naturale. Bravo, sig. Sindaco; in Francia i repubblicani cacciano sdegnosamente il clericume, voi gli baciate la mano. Dov'è la coscienza politica?"
(142).
Che trattasse dell'analfabetismo o dell'incidenza della tisi polmonare
fra le lavoratrici tessili, Zamperini non si limitava mai alla notizia; non
era questo lo scopo dei suoi interventi. Dai numeri di una statistica o
dalla cronaca di un evento, come appare evidente anche dall'ultima
testimonianza appena citata, egli traeva sempre lo spunto per chiamare i compagni alla lotta contro lo sfruttamento, per convincere della
necessità dell'unione e per rafforzare la coscienza di classe attraverso la solidarietà. Ruolo determinante, quello dell'educazione delle
masse, che egli attribuiva prioritariamente alla "volenterosa gioventù
socialista".
Il salario
Come già in precedenza accennato, Zamperini annotò mensilmente
con ricchezza di dettagli e con rigorosa precisione tutto quanto "guadagnò nell'Arte Vetraria", dal primo giorno di lavoro nella Ditta
"Bertoluzzi - Bonavia e Comp." (gennaio 1897) all'ultimo (11 agosto
1936) nella "Vetreria Lombarda".
Si può quindi immaginare come queste pagine del manoscritto costituiscano anche una fonte di informazione straordinaria. Si può seguire ad esempio la "storia" del salario di un grangarzone (143) per circa
un quarantennio, passato dalla Vetreria di S. Anna alla V.O.F. di San
Jacopo; e poi dalla V.O.F. di Sesto alla Vetreria Lombarda.
A fine campagna, Zamperini annotava infatti anche l'ammontare complessivo del salario percepito da settembre a luglio e, per tenere la
contabilità progressiva, segnava inoltre nel margine inferiore di ciascuna pagina la somma degli importi precedenti. Dai suoi appunti e
dalle numerose postille è possibile risalire alle differenze di salario
nel caso di prestazione in "gran piazza" e "a mezza piazza"o di produzione di "vetro misto" anziché di "vetro chiaro" Si conoscono poi gli
importi delle varie indennità percepite, come quella di alloggio, di
cera, e, a partire dal 1912-13, anche il contributo corrisposto per
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La V.O.F. di Sesto Calende
"bonifico carbone" o per ore aggiuntive di lavoro. Nel salario della
campagna troviamo poi il "caro viveri", e il dividendo ricevuto sulle
azioni, nella misura del 4 per 1000. Negli anni Venti compare la voce
"indennità di riscaldamento" e il bonifico per "fondite" (144), ma
anche "l'indennità di blocco"; il "caro viveri" diventa "caro vita". Negli
anni Trenta infine tra le voci del salario troviamo anche le "ferie" (L.
135).
Di alcune pagine del manoscritto nelle quali sono riportate annotazioni e appunti di carattere personale e privato si tralascia, per evidenti motivi, di riportarne il contenuto.
Miscellanea
In una ipotetica "Miscellanea"può essere raggruppata la trascrizione
di numerosi articoli prevalentemente di natura politica che lo stesso
Zamperini intitolò "Raccolta di scritti di vari Autori" (essa occupa nel
manoscritto ben 16 pagine: pp. 116-119, 123-134). Se ne fornisce un
sommario e parziale elenco esclusivamente per documentare gli interessi e le letture che egli riteneva di dovere tenere sottomano per la
sua "missione" di formatore del proletariato locale.
La "Raccolta" si apre con un significativo "Essere socialista che significa?" e prosegue con "La storia del Primo Maggio" (G. Stianelli) e
"Suffragio Universale" ("Dal Sempre Avanti, 2 Gennaio 1906"), in
coda al quale è stata trascritta una citazione di Louis Blanc sulla
"redenzione" della classe operaia che tarda a venire. Ancora su
tematiche generali vi si possono leggere citazioni su "Il significato di
Rivoluzione e di Riforma" di Vassalle o scritti su "Il giornalismo mondiale" e "Le Religioni nel mondo". A sfondo politico le ultime trascrizioni come "I Congressi Socialisti", "I deputati socialisti nei vari stati
europei", per finire con un articolo di natura "sindacale" dal titolo
"Sempre a proposito dei Circoli vinicoli" in Lombardia (Zamperini non
ha indicato il giornale su cui è stato pubblicato l’articolo, ma solo l’autore, E. Ferrari, e la data: 15 gennaio 1906).
65
Note e bibliografia
(1)
E. VARALLI, I reggitori della cosa pubblica. 1884-1914. Da Antonio Brianzoni ad Adolfo Panza,
Sesto Calende 1993, p. 8
(2)
Tra i numerosi testi che trattano del tema si citano, per gli approfondimenti: L. CAMPOLONGHI,
Azione sindacale: l'esempio dei bottigliai italiani, Libreria Editrice Mongini, Roma 1905; M.
DEGL'INNOCENTI, Storia della cooperazione in Italia 1886-1925, Roma 1977; AA. VV., Il movimento cooperativo nella storia d'Italia, 1854-1975, a cura di F. FABBRI, Milano 1979; AA. VV., Il
movimento cooperativo in Italia. Storia e problemi, a cura di G. SAPELLI, Torino 1981; A. MARIANELLI, Proletariato di fabbrica e organizzazione sindacale in Italia. Il caso dei lavoratori del vetro,
Franco Angeli, Milano 1983.
(3)
La Confederazione generale del lavoro (CGdL o CGL) venne fondata a Milano nell'ottobre del 1906.
(4)
La "Società di mutuo soccorso fra gli operai di Sesto Calende" era già stata fondata il 1 gennaio
1878; al 1 dicembre 1895 risale invece la costituzione della "Società anonima di consumo fra gli
operai e i contadini", seguita due anni dopo dalla nascita del "Circolo fratellanza operaia agricola".
Cfr. ID., Cooperazione e cooperatori a Sesto Calende, in R. GHIRINGHELLI (a cura di), Il movimento cooperativo nel Varesotto (1886-1986). Aspetti e vicende, Lega Cooperative, Varese 1987,
pp. 246-249; (Cfr. anche ID., "Quaderni Sestesi" n. 5, Sesto Calende 1987, p. 1 e sgg.).
(5)
Un'agile sintesi in M. VARALLI, Sesto Calende: una storia di vetro, in L. CRESPI (a cura di),
Architetture nel segno dell'acqua. Progetti della ex vetreria di Sesto Calende, Firenze 1998, pp. 2326.
Non sono certamente da includere fra questi giovani gli studenti delle classi 2ª CI - 2ª CP dell'Istituto
d'Istruzione Superiore "C.A. Dalla Chiesa" di Sesto Calende che coordinati dai loro docenti hanno
condotto durante l'anno scolastico 2001-2002 una approfondita ricerca su "Le Vetrerie sestesi". Cfr.
www.superiorisesto.it/studenti/as0203/vetrerie/.
(6)
(7)
C. BRUSCHERINI, Breve storia dell'industria del vetro sul Verbano e particolarmente a Sesto
Calende, "Rivista della Società Storica Varesina", fasc. V, 1956, p. 225-227.
(8)
Una fortuita circostanza mi ha permesso di visionare, proprio nel corrente anno, un manoscritto
appartenuto a Guglielmo Zamperini, che della V.O.F. può essere considerato se non un protagonista di primo piano sicuramente tra i più accesi e convinti sostenitori. Nelle note successive il manoscritto sarà sempre indicato con Ms., seguito dal numero della pagina (la numerazione è stata data
dall'autore del presente saggio, essendone il quaderno del tutto privo). É opportuno ricordare inoltre che, per una scelta di cui si ignora la motivazione, l'autore non trascrisse sul manoscritto tutti gli
articoli mandati ai vari giornali, ma soltanto una selezione di essi.
(9)
Per le numerose modifiche alla ragione sociale come per l'avvicendamento dei proprietari e dell'assetto societario si rimanda alle agili schede del "Quadro delle aziende storiche e attuali" in P.
MACCHIONE - A. BERTONI, La sponda operosa. Società, industria e arte da Sesto Calende a
Maccagno, Varese 1996, p. 232-234. Il corposo volume dei due autori passa in rassegna il processo di industrializzazione della sponda lombarda del Verbano, con un'attenzione particolare all'industria del vetro a Sesto e nelle altre realtà come Porto Valtravaglia.
(10) Sui vetri romani del Locarnese e del Canton Ticino, con splendide fotografie a colori, si veda A. CRIVELLI, I vetri romani di Locarno, "Verbanus" 1-1979, Alberti Libraio Editore, Intra 1979, pp. 21-39 e
R. CARAZZETTI - S. BIAGGIO SIMONA (a cura di), Vetri Romani del Canto Ticino, Città di Locarno
e Museo civico e archeologico, Locarno 1988, Catalogo della mostra.
(11) C. BRUSCHERINI, Breve storia dell'industria del vetro sul Verbano..., cit., p. 222; M. VARALLI,
Giuseppe Emanuele Modigliani e i vetrai d Sesto Calende 1900-1906, "Tracce", n. 4, Varese 1993.
(12) La notizia venne citata dallo Spinelli (A. G. SPINELLI, Ricerche spettanti a Sesto Calende, Milano
1880, p. 109) che l'aveva, a sua volta, attinta da L. OSIO (a cura di), Documenti Diplomatici tratti
dagli archivi milanesi, Milano 1864-1872, voll. 3. Luigi Osio diresse per un ventennio (1862-'82)
l'Archivio Governativo di Milano, che successivamente assunse il nome di Archivio di Stato.
66
(13) M. VARALLI, Giuseppe Emanuele Modigliani e i vetrai di Sesto Calende..., cit., p. 316.
(14) G. G. VAGLIANO, Le rive del Verbano, Milano 1710, p. 151, in P. FRIGERIO - P. G. PISONI (a cura
di), Le rive del Verbano, Intra 1976.
(15) Sulle vetrerie della sponda lombarda cfr. P. MACCHIONE - A. BERTONI, La sponda operosa..., cit.,
p. 14-15 ("I cogoli").
(16) M. VARALLI, Giuseppe Emanuele Modigliani e i vetrai di Sesto Calende..., cit., p. 320-321.
(17) Ivi, p. 316. Varalli cita le "le provvidenze" della Regia Camera de' Conti del Piemonte sulla distribuzione commerciale del vetro nello Stato sabaudo del 1759 in cui si fa riferimento alla fabbrica di
Intra, come pure le vetrerie Peretti e Simonetta, collocate nella stessa area in alcuni studi di Carlo
Amoretti, pubblicati sul finire del secolo XVIII. Sempre ad Intra va ricordata la vetreria dei fratelli
Franzosini la cui attività produttiva è attestata dal 1722 al 1881.
(18) Per le complicate vicende delle vetrerie di Porto Valtravaglia si rimanda a M. VARALLI, Giuseppe
Emanuele Modigliani e i vetrai di Sesto Calende..., cit., p. 316-317. Qui basterà ricordare che la
Mantovani verrà assorbita dalla Minetti in cui entrerà come socio Angelo Lucchini, fondatore poi,
insieme a Roberto Perego, della "Vetreria Milanese". Fondamentale rimane però B. CAMPAGNANI, Duecento anni di vetreria a Porto Valtravaglia, "Loci Travaliae", IV, 1995, pp. 43-121.
Aggiornamenti sulle vetrerie di Porto, Porlezza e Laveno in B. GALLI - TRAPLETTI, Industrie della
"sponda magra" (sec. XIX), "Verbanus" 21-2000, pp. 304-313 (Vetrerie e vetrai).
(19) Per le indicazioni bibliografiche si rimanda a G. MUSUMECI, La vetreria Franzosini di Laveno e le
ragioni della libera concorrenza, "Verbanus"13-1992, pp. 297-301.
(20) A. G. SPINELLI, Ricerche spettanti a Sesto Calende, cit., pp. 108-109; C. BRUSCHERINI, Breve
storia dell'industria del vetro sul Verbano..., cit., p. 225; E. VARALLI, I reggitori della cosa pubblica.
1860-1883. Da Biagio Viganotti a Francesco Bonini, Sesto Calende, 1983, p. 110; ID.,
Cooperazione e cooperatori a Sesto Calende, cit., p. 258 ( qui i forni attestati sono invece "cinque
per la produzione di damigiane e bottiglie di vetro verde e mezzo bianco"). É il caso di sottolineare
come lo Spinelli, pur pubblicando la sua opera nel 1880, non abbia aggiornato le vicende relative
alla vetreria Rossini, accennando cioè alle ripetute modifiche della ragione sociale, al succedersi
dei proprietari (Bordoni-Bertoluzzi-Magnoni) nel ventennio 1860-1880, ai dati sulla produzione, ecc.
(21) G. ZAMPERINI, Ms., pp. 17-18. Lo Zamperini non cita la fonte, che sappiamo essere lo Spinelli, perchè probabilmente ha trascritto la pagina solo come pro-memoria e non per la pubblicazione su
qualche giornale.
(22) Ivi, pp. 50-53, Storia dei Bottigliai Sestesi e Vetreria S. Anna, Livorno 12 marzo 1906. Per una lettura più agile degli avvenimenti di quegli anni si rimanda invece al saggio di M. VARALLI, Giuseppe
Emanuele Modigliani e i vetrai di Sesto Calende..., cit., pp. 317-321.
(23) I forni venivano alimentati inizialmente a legna; si passò poi al carbone; in tempi relativamente
recenti venne utilizzato come combustibile la nafta e infine il metano.
(24) Il passaggio dal forno a padella a quello a bacino costituì una innovazione tecnologica di grande
rilievo per la produzione; infatti la possibilità di poter disporre in una stessa vasca della massa vetrosa in fusione a temperature diverse consentì l'azzeramento dei tempi d'attesa, l'incremento della
produzione e la necessità di assumere altra mano d'opera. Ulteriore conseguenza fu l'avanzamento di qualifiche all'interno della scala gerarchica, da portantino a levavetro e da levavetro a grangarzone.
67
(25) G. ZAMPERINI, Ms., pp. 50-51.
(26) Ivi, p. 51.
(27) Archivio Storico Comune di Sesto Calende (d'ora in avanti: A.S.C. Sesto Calende), Tit. VI,
Agricoltura, industria, commercio, 1885, Atto di fondazione società Bertoluzzi. In archivio si trovano
due estratti di atto pubblico; il primo riguarda lo scioglimento e la messa in liquidazione della
"Magnoni, Bertoluzzi e Compagni"; il secondo invece attiene alla costituzione della "Vetreria di
Sesto Calende - Bertoluzzi e Compagni", il cui capitale sociale "è determinato nella somma di italiane lire 100.000".
(28) E. VARALLI, I reggitori della cosa pubblica. 1884-1914..., cit., p. 60.
(29) Altare, cittadina presso Savona, fu uno dei più importanti centri di produzione del vetro, dopo
Murano. Sulla storia della tradizione dell'arte vetraria si veda il fondamentale saggio di G. MALANDRA, I vetrai di Altare, Savona 1983.
(30) E. VARALLI, I reggitori della cosa pubblica. 1884-1914..., cit., p. 80-82.
(31) G. ZAMPERINI, Ms., pp. 52-53.
(32) Mario Varalli, attingendo ad altre fonti, afferma che i giorni di sciopero furono esattamente il doppio.
Cfr. M.VARALLI, Giuseppe Emanuele Modigliani e i vetrai di Sesto Calende..., cit., p., 324.
(33) G. ZAMPERINI, Ms., p. 53.
(34) A.S.C. Sesto Calende, Cat. 11, Agricoltura, industria, commercio, 1902, Comunicazione Bonavia al
Sindaco su scioperi 1900 e 1901; Salari per scaldini, portantini, donne, fanciulli.
(35) Più semplicemente: il Rachetti avrebbe licenziato la metà del personale per introdurre la macchina
ed il Consorzio ne avrebbe anch'esso espulso la metà se il Rachetti avesse introdotto la macchina!
(36) Inizialmente la maestranza si alternava nell'arco delle 24 ore con tre turni di otto ore, che passarono successivamente a sei, costituendo così le quattro brigate.
(37) Una comminatoria prevedeva che non appena sei piazze rachettiane avessero potuto funzionare
con operai federati, il Consorzio , ritenendosi svincolato da ogni obbligo contrattuale, avrebbe potuto licenziare tutti gli operai delle sue quattro fabbriche.
(38) G. ZAMPERINI, Ms., p. 1.
(39) Ivi, p. 3.
(40) La "Vetreria Operaia Federale" Società anonima cooperativa a capitale illimitato, venne costituita a
Milano con atto notarile il 12 aprile 1903.
(41) Il periodo di sospensione dell'attività veniva definito "forno morto".
(42) Ivi, pp. 4-6, "Banchetto dei bottigliai", "Il Nuovo Ideale", Varese agosto 1903; "A Sesto Calende", "La
Bottiglia", 21 agosto 1903. Su quest'ultimo giornale, riferendosi all'intervento del Ricciardi sulla
donna, scrisse che anch'essa "sfida con l'uomo le battaglie per l'esistenza, lui sprona a nuove lotte,
lui consola nell'infierire dei colpi".
(43) Ivi, p. 54. "Dal primo giorno che la V.O.F. funziona a S. Jacopo, vi lavoro in qualità di gran garzone".
(44) Ai maestri come ai grangarzoni era riconosciuta un'indennità di alloggio che poteva essere goduta
in denaro o in natura. In questo secondo caso essi avevano il diritto di usare l'alloggio per tutto il
mese dopo il termine regolare del loro ingaggio.
68
(45) L'ostruzionismo consisteva nella riduzione ai minimi limiti contrattuali della produzione media mensile degli operai. Tale strumento di lotta, che non costituiva una violazione dei contratti nel senso
stretto della parola, se attuato in modo massiccio, procurava agli imprenditori rilevanti danni economici.
(46) G. ZAMPERINI, Ms., pp. 16-17.
(47) Ivi, pp. 16-17.
(48) Ivi, p. 17.
(49) Per la citazione cfr. nota n. 47.
(50) LE FABBRICHE VETRARIE CONSORZIATE (SEZIONE BOTTIGLIE), Per la verità. Note e documenti riguardanti l'azione violenta della Federazione italiana dei bottigliai contro la Vetreria milanese Lucchini, Perego e C. e le Fabbriche vetrarie consorziate in Italia, Milano 1905.
(51) FEDERAZIONE ITALIANA BOTTIGLIAI, La verità vera. Risposta all'opuscolo diffamatorio e menzognero pubblicato dalle "Fabbriche Vetrarie Consorziate", Unione poligrafica livornese, Livorno
1905, pp. 1-37.
(52) Quando però l'ufficio di collocamento federale non riusciva a fornire il personale richiesto entro dieci
giorni, i proprietari erano liberi di provvedere in piena autonomia. Il contratto collettivo, fra le numerose clausole, prevedeva per la risoluzione delle controversie tra le parti il ricorso all'arbitrato.
(53) Su trattava di una ritenuta del 2,5 % che consisteva nel far pagare indirettamente agli operai del
Consorzio le rotture che la merce subiva nell'immagazzinamento; tale ritenuta era stata invece abolita nelle vetrerie della Cooperativa.
(54) G. ZAMPERINI, Ms., p. 29.; cfr. ID., A Sesto Calende, "La Bottiglia", 28 luglio 1905.
(55) Le corrispondenze dei mesi di luglio e agosto 1905 si trovano in Ms., pp. 29-31.
(56) Lo Zamperini diede un dettagliato resoconto dell'intervento del Modigliani su "La Bottiglia" del 12
settembre 1905, che trascrisse sul suo Ms., p. 32. Tra le deliberazioni del C.C. una in particolare
meritò il suo elogio, quella di aiutare le desolate famiglie delle vittime di Grammichele: la cassa
federale avrebbe offerto un contributo di 50 lire, mentre tutti i compagni venivano sollecitati a " non
essere avari del loro obolo alle disgraziate famiglie". Cfr. anche M. VARALLI, Giuseppe Emanuele
Modigliani e i vetrai di Sesto Calende..., cit., p. 354. Occorre ricordare che tra il 16 e il 18 agosto,
durante un'azione di protesta dei contadini della cittadina in provincia di Catania, le forze dell'ordine avevano sparato sui manifestanti, causando 14 morti e più di 60 feriti.
(57) A.S.C. Sesto Calende, Cat. 10, Lavori pubblici e edilizia privata, cl. 10, fasc. 1, 1 settembre 1905,
Ing. Bogni.
(58) G. ZAMPERINI, Ms., p. 33. Si veda pure "Un magistrato contro il krumiraggio"; Ivi, p. 120, pubblicato su "Popolo e Libertà", 12 ottobre 1905.
(59) Ivi, p. 34. Cfr. "La Bottiglia", 15 novembre 1905.
(60) Ivi, p. 37. Purtroppo non è stato possibile individuare né la testata né la data, ma è probabile che si
tratti de "La Bottiglia".
(61) M. VARALLI, Giuseppe Emanuele Modigliani e i vetrai di Sesto Calende..., cit., p.358. Cfr. anche E.
VARALLI, Cooperazione e cooperatori a Sesto Calende…, cit., p. 262; ID., I reggitori della cosa
pubblica. 1884-1914…, cit., p. 215-216.
(62) G. ZAMPERINI, Ms., p. 38.
(63) M. VARALLI, Giuseppe Emanuele Modigliani e i vetrai di Sesto Calende..., cit., p. 364, Tabella 4,
Lo sviluppo della Vetreria Operaia Federale.
69
(64) Il secondo forno verrà realizzato solo nel 1952.
(65) Dopo appena tre anni dalla sua costituzione, la V.O.F. impiegava nelle sue cooperative quasi 1600
operai così suddivisi: circa 300 a Imola e Sesto Calende, 400 a Vietri sul Mare e Livorno.
(66) P. MACCHIONE - A. BERTONI, La sponda operosa. ..., cit., p. 39.
(67) E.VARALLI, I reggitori della cosa pubblica. 1884-1914…, cit., p 227.
(68) Dal manoscritto di Zamperini si evince che la mancanza di carbone per soli nove giorni nel novembre del 1908 ridusse il salario a L. 190,67, rispetto ad una media mensile di L. 300!
(69) I Cochard erano originari del paese di St. Martin nel cantone svizzero di Friburgo, località da cui
Giulio Cochard, maestro vetraio, si era allontanato verso la metà dell'Ottocento con parte della
famiglia per stabilirsi a Porlezza. Qui, nella locale vetreria attiva già agli inizi dell'Ottocento, esercitò la "nobile" arte insegnandola ai figli maschi. Ad eccezione di Giorgio, rimasto a Friburgo, gli altri
fratelli venuti in Italia trovarono occupazione in varie vetrerie: a Sesto Calende, Luigi e Filiberto (trasferitosi in seguito ad Asti); a Milano, Antonio e a Savona, Giuseppe (di cui si può leggere su "La
Bottiglia" del 17 ottobre 1910 un'accorata corrispondenza sull'acquisto della bandiera per la locale
sezione dei bottigliai ). A S. Anna e successivamente alla V.O.F. di Sesto Calende, lavorò infine
Gaspare (nato nel 1884), nonno materno della signora Stefania Massa Mazzoleni che ringrazio per
le informazioni gentilmente fornitemi.
(70) M. VARALLI, Sesto Calende: una storia di vetro…, cit., p. 26. Cfr. anche E. VARALLI, Cooperazione
e cooperatori a Sesto Calende, cit., p. 263.
(71) G. ZAMPERINI, Ms., pp. 46-47.
(72) Alla fine del 1912 la Bertoluzzi di S. Anna potrà utilizzare la nuova linea elettrica per uso industriale grazie all'ampliamento di tale rete autorizzato dalla prefettura di Milano. Cfr. E.VARALLI, I reggitori della cosa pubblica. 1884-1914…, cit., p. 302.
(73) Il Varalli, direttore della "Lombarda", nel 1913 era una delle figure di maggiore spicco della sezione
socialista di Sesto e da ben otto anni ricopriva la carica di consigliere comunale (Ivi, p. 318). Tale
carica mantenne poi fino al 1922 e successivamente nel 1945. La Società per Azioni "Vetreria
Lombarda", venne costituita a Sesto Calende il 23 agosto 1912 (Ivi, p. 300).
(74) A.S.C. Sesto Calende, cat. 11, Agricoltura, industria e commercio, cl. 2, fasc. 4, 1903, Denuncia d'esercizio Vetreria Lombarda. Si tratta del "Modello E" che gli industriali "esercenti aziende soggette
alla legge sul lavoro delle donne e dei fanciulli" erano tenuti a presentare alla Prefettura annualmente e in caso di apertura, variazione o cessazione di attività.
(75) Sul modello non è precisato l'utilizzo dell'energia elettrica, ma si può facilmente dedurre che, come
nella "Bertoluzzi", essa servisse per la ventilazione e, probabilmente, per il trasporto meccanico
delle bottiglie all'interno dello stabilimento.
(76) Ivi, 1903, Denuncia d'esercizio "Vetreria di Sesto Calende Bertoluzzi & C".
(77) Cfr. "Contributo dato da Varalli alla V.O.F. e alla Vetreria Lombarda" in Archivio privato di Evandro
Varalli. Vittorio Varalli venne assunto nella Vetreria di S. Anna come portantino nel 1901, non avendo ancora compiuto 13 anni. L'anno successivo fondò la lega dei portantini, divenendone segretario. Federato e cooperatore lavorò presso la "Vetreria Milanese", e come levavetro alla V.O.F. di
Sesto e di Asti. A Savona prese inoltre "parte attiva al buon andamento della sezione bottigliai".
Portatosi nel 1908 ad Imola, ricoprì la carica di presidente della commissione di vigilanza; a Savona
venne poi nominato membro del C.C. della Federazione, mentre era segretario Francesco
Campolonghi. Rientrato a Sesto nel 1911, dopo un breve utilizzo come gran garzone, venne assunto in qualità di impiegato (responsabile del magazzino dei prodotti finiti e materie prime) nella V.O.F.
Fu anche collaboratore della Bottiglia su cui pubblicò, soprattutto nel 1910 interessanti contributi.
Nella Vetreria Lombarda ebbe un ruolo di primo piano divenedone nel 1954 Amministratore
Delegato.
70
(78) G. RASI, Le vetrerie italiane riunite e la saliente attività delle aziende consociate, in "L'economia
nazionale. Rassegna mensile illustrata", Anno XXVIII, Aprile 1936-XIV, p. 6. La lavorazione meccanica venne introdotta ad Asti tra il 1927 e il '28, con l'installazione, al di sopra del forno maggiore,
di ben otto macchine del tipo "Roirant B", di produzione belga. Proprio ad Asti nel 1924 due vetrai,
Vincenzo Ambrogio e Mario Klingly brevettarono il "soffietto", "un marchingegno grazie al quale con
il movimento della mandibola riuscivano a dilatare con piccolo sforzo grandi quantità di vetro fuso".
Cfr. L. CARABELLI, L'ex vetreria A.V.I.R. di Asti. Storia e progetto di recupero, Università degli Studi
di Genova, facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 2006, rell. G. Rosso del Brenna - G. Franchini, p. 123
(Intervista a Mario Besozzi ex dipendente della Vetreria Lombarda).
(79) G. RASI, Le vetrerie italiane riunite…, cit., p. 4. La sigla "S.A.C.I.V." riassume "Società Anonima
Commerciale Industriale Vetrerie".
(80) Ivi, p. 5.
(81) Gli stampi erano realizzati inizialmente in legno; solo nel Novecento furono costruiti in ghisa.
(82) A.S.C. Sesto Calende, Registro atti di nascita: 1878, n. 87. I genitori di Ernesto Guglielmo, questo
il nome completo, erano Carlo, bracciante, e Francesca Bassetti, sarta, rispettivamente di trenta e
ventiquattro anni.
(83) Fondamentali si sono rivelate le pagine di Elso Varalli per conoscere le vicende della famiglia
Zamperini, di cui sono stati individuati due rami (Cfr. E. VARALLI, I reggitori della cosa pubblica.
1860-1883. ..., s.v. "Zamperini"; ID., I reggitori della cosa pubblica. 1884-1914. ..., s.v. "Zamperini").
(84) A.S.C. Sesto Calende, Tit. XIV, Istruzione pubblica, fasc. 5, 1873, cart. n 106. Dal prospetto e dall'allegata relazione del maestro Zamperini risulta che le scuole serali maschili, dalla classe Iª alla
IVª, erano frequentate da 78 alunni (l'inizio delle lezioni era fissato alle ore 17.30, termine alle 20.30;
sabato giorno di riposo, per un totale di 15 ore settimanali), mentre alle "meridiane" femminili erano
iscritte 50 allieve (con inizio alle ore 12.00 e termine alle 13.30, con riposo il mercoledì, per complessive 6 ore e mezza settimanali). L'età oscillava tra i 9 e i 20 anni per i maschi e gli 8 e i 22 per
le femmine.
(85) ID., I reggitori della cosa pubblica. 1860-1883..., cit., pp. 87, 98, 101, 120. É forse il caso di ricordare che in quegli anni a Sesto erano funzionanti sia la scuola comunale sia quella delle suore
Orsoline. Il nome di Francesco Zamperini, come quello di altri Sestesi, non figura tuttavia nell'elenco ufficiale dei partecipanti agli eventi del '48, redatto da Arturo Faconti che ne include solo tre.
(86) A.S.C. Sesto Calende, Tit. XIV, Istruzione Pubblica, 1889, cart. n. 111, fasc. 24, Richiesta contributo. Con grafia incerta a causa della vista malferma richiese "all'Onorevole Giunta Municipale" la
concessione "6 o 7 quintali di legna da ardere per riscaldare la scuola" durante la stagione invernale. La condizione di precarietà del lavoro e di indigenza si evince non solo dal testo del documento ("La S. V. Ill.ma sa che causa la mia vista sono privo di lavoro e di soccorso") ma anche dall'esiguo numero di ore di insegnamento, solo due al giorno e limitate ai mesi di lezione.
(87) A.S.C. Sesto Calende, Cat. 9, Istruzione pubblica, cl. 1, fasc. 8, 1900, Trasmissione documenti relativi al maestro Zamperini.
(88) E. VARALLI, I reggitori della cosa pubblica. 1884-1914..., cit., p. 26.
(89) G. ZAMPERINI, Ms., p. 52.
(90) L. CARAMELLA - M. VARALLI, Quando i Sestesi andavano in bicicletta. Un po' di storia: dal 1897
al 1945, "La Proletaria" - Pro Cultura Popolare, Sesto Calende 1995, p. 21. Gli autori citano anche
il nome del vincitore, cioè Ernesto Varalli, anch'egli vetraio, ma riferiscono un particolare curioso
relativo al nome che Zamperini aveva dato alla sua bici: "Splende il sole", con palese riferimento al
suo ideale politico. Notizie sulla stessa gara anche in P. MACCHIONE - A. BERTONI, La sponda
operosa ..., cit.,p. 34. Si apprende inoltre che il Varalli, si era distinto anche la settimana precedente giungendo secondo in una delle primissime gare ciclistiche svoltesi ad Omegna e che per primo
aveva percorso la salita da Sesto Calende a Golasecca.
71
(91) La "gran piazza" riguarda la produzione di damigiane, la "piccola piazza" invece quella di bottiglie.
(92) In occasione del matrimonio del suo "caro e buon maestro" con Rosa Suppo, Zamperini scrisse un
biglietto di auguri il cui testo ricopiò su Ms., p. 3.
(93) .Zamperini firmava i suoi pezzi a volte col cognome e nome, a volte solo col cognome, ma spesso
anche con l'iniziale del cognome (Z.) e talvolta con lo pseudonimo di "Solitario". Il periodico iniziò la
pubblicazione il 10 settembre 1901 e cessò le stampe nel 1913 col numero 172. Cfr. M. VARALLI,
Giuseppe Emanuele Modigliani e i vetrai di Sesto Calende..., cit., p. 328.
(94) "Il Nuovo Ideale" era il periodico settimanale della Federazione provinciale del P.S.I. di Varese, fondato nel 1902.
(95) A.S.C. Sesto Calende, Cat. 11, Agricoltura, industria, commercio, 1903, Dichiarazione numero operai Vetreria Bonavia. Vi lavoravano inoltre 6 femmine maggiorenni, 30 maschi minori di 15 anni, 4
femmine minori di 21. Nel lavoro notturno erano utilizzati 150 adulti. Per quanto riguarda l'indotto,
nello stesso anno la "Premiata Fabbrica di buste di paglia" ("a macchina pedale e a mano") del dottor Antonio Bassetti occupava in tutto tra maschi, femmine maggiorenni, ragazzi e ragazze, 49 operai (Ivi, 1903, Dichiarazione n. operai Fabbrica buste di paglia Bassetti Antonio.
(96) E. VARALLI, Cooperazione e cooperatori a Sesto Calende, cit., p. 269. In una sala del palazzo
comunale venne invitato a tenere una conferenza Giovanni Suzzani, segretario della federazione
provinciale dei lavoratori dei campi.
(97) ID., I reggitori della cosa pubblica. 1884-1914..., cit., p. 185.
(98) Cronaca dettagliata della giornata, pubblicata a sua firma (Z.), si può leggere sul suo Ms. pp. 4-6
(Sesto Calende. Agosto 1903, "Banchetto dei bottigliai", "Il Nuovo Ideale", Varese 1903, e "A Sesto
Calende", "La Bottiglia", 21 agosto 1903); un accenno anche in E. VARALLI, I reggitori della cosa
pubblica. 1884-1914..., cit., pp. 186.
(99) M. VARALLI, Giuseppe Emanuele Modigliani e i vetrai di Sesto Calende..., cit., pp. 341, 362
(Tabella 2).
(100) G. ZAMPERINI, Ms., p. 46.
(101) A.S.C. Sesto Calende, Cat. 15, Pubblica sicurezza, cl. 8, fasc. 2, 1907, Federazione Italiana dei
Bottigliai, elenco. In data 20 febbraio 1907 la lega bottigliai, con regolare statuto, contava 105 iscritti; la "Lega Affini" 63, quella dei portantini 52 (senza statuto). Erano inoltre presenti la lega dei muratori e dei contadini, rispettivamente con 71 e 15 iscritti.
(102) E. VARALLI, I reggitori della cosa pubblica. 1884-1914..., cit., p. 240; ma anche in Ms., pp. 9, 39.
(103) Per buona parte delle vicende relative all'impegno politico e sindacale di Zamperini comprese tra il
1908 e il 1914 di seguito citate si è fatto ricorso a E. VARALLI, I reggitori della cosa pubblica. 18841914..., cit., p. 246, 260, 263-265, 276, 280, 321-331, 336.
(104) ID., Cooperazione e cooperatori a Sesto Calende, cit., p. 251. La "Società anonima cooperativa
di consumo proletaria" venne costituita il 3 marzo 1907 e autorizzata dal Tribunale di Busto
Arsizio il 30 dello stesso mese.
(105) ID., Socialisti a Sesto Calende tra Riformismo e Rivoluzione (1889-1918), "Tracce" n. 2, Varese
1994. p. 135.
(106) G. ZAMPERINI, "Contro il lavoro notturno", "La Bottiglia", 1° maggio 1910.
(107) Devo la segnalazione a Mario Varalli, che l'8 dicembre 1991, in occasione delle celebrazioni dell'80°
di fondazione dell'Ente Autonomo "Pro Cultura Popolare", ebbe modo di sottolineare l'impegno di
Zamperini nella comunicazione "L'ente autonomo pro cultura popolare dal 1911 al fascismo".
72
(108) E. VARALLI, I reggitori della cosa pubblica. 1884-1914..., cit., p. 300.
(109) ID., Socialisti a Sesto Calende tra Riformismo e Rivoluzione (1889-1918), p. 135. Nonostante l'impegno politico nelle fila del partito socialista almeno fin dal 1903, non risulta che Zamperini abbia
ricoperto cariche amministrative nel comune di Sesto prima del 1914; la ragione è probabilmente
da ricercare, soprattutto per i primi anni del Novecento, sia alle condizioni del suo lavoro caratterizzato dalla mobilità, sia agli incarichi ottenuti all'interno della federazione, che assorbivano molto
del suo tempo residuo.
(110) ID., Cooperazione e cooperatori a Sesto Calende, cit., p. 270. Il notaio G. B. Franzetti redasse l'atto di fondazione il 9 febbraio 1919 presso la trattoria del Sole di Castelletto Ticino, nella quale si
erano riuniti i 51 contadini, soci fondatori.
(111) Statuto della "Società di Mutuo Soccorso e Previdenza fra gli operai della Vetreria Lombarda",
Castelletto Ticino 25 maggio 1925, in Archivio privato di Evandro Varalli.
(112) G. ZAMPERINI, Ms., p. 48. Nel maggio del 1915, probabilmente per carenza di personale richiamato al fronte, Zamperini lavorò anche "da maestro" nella Vetreria Lombarda.
(113) L'abitazione di Zamperini era posta al n. 46 dell'attuale via XX Settembre.
(114) "Ricordo di Guglielmo Zamperini", "Il Nuovo Ideale", Anno VIII (L), Nuova serie, n. 32, Varese 9 agosto 1952.
(115) G. ZAMPERINI, Ms., pp. 98-102, 157. Dal manoscritto si evince che la clientela di Zamperini non
era solo sestese ma anche di altre località della Lombardia, come Laveno, Gallarate, Leggiuno,
Saronno, Busto, Milano ed anche ad Iseo! Nella nuova veste di "imprenditore" rispettoso delle normative vigenti in materia, aveva scrupolosamente ricopiato gli articoli di legge e le relative circolari
ministeriali sul regolamento generale di sanità, sull'esportazione e vendita delle acque minerali. É
utile ricordare che agli inizi del Novecento in seguito alla scoperta della Nuova Fonte Igea, le terme
di Boario, frequentate perfino dal Manzoni nel 1845, ebbero un rilancio di immagine, che favorì
anche il mercato delle acque minerali che ne portavano il marchio.
(116) I "buchi" più consistenti si trovano da p. 73 a p. 97, da p. 103 a 115 e da p. 144 a p. 156 (numerazione data dal curatore).
(117) In realtà Zamperini, dopo l'uscita dalla vetreria, ha utilizzato saltuariamente il manoscritto fino al
1944, annotandovi solo alcuni dati personali.
(118) G. ZAMPERINI, Ms., p. 12-13. Non è stato purtroppo indicato né il numero né la data della
"Bottiglia", ma è senz'altro da collocare tra il 1904 e il 1905.
(119) Lo Zamperini auspicava poi che per il futuro l'amministrazione della V.O.F. richiedesse al municipio
di Livorno uno stabile per la maestranza , "acciocché noi bottigliai possiamo essere un po' meno
disturbati, dovendo far da mangiare a tutte l'ore e dormire di giorno".
(120) Con questo termine o con quello di "ausiliari" si indicavano gli operai di una vetreria che svolgevano particolari mansioni, come i "compositori", "padellisti", "arrangiatori", "acquaioli" e altri. Per i
significati si rimanda a al saggio di M. VARALLI, Giuseppe Emanuele Modigliani e i vetrai di Sesto
Calende..., cit., p. 318.
(121) G. ZAMPERINI, Ms., pp. 14-15. Cfr. anche "S. Jacopo", a firma "Solitario", "La Bottiglia", 9 febbraio 1905.
(122) L'articolo, che Zamperini ha firmato con l'abituale pseudonimo di "Solitario", è trascritto a p. 21 del
suo Ms.
(123) G. ZAMPERINI, Ms., pp. 24-25; "A S. Jacopo", a firma "Solitario". L'articolo è stato scritto tra la
fine di giugno e la metà di luglio 1905.
73
(124) Ivi, pp. 27-28, "A Sant'Jacopo", a firma "Solitario", "La Bottiglia", 28 giugno 1905.
(125) In occasione della visita il Tortini fece una sottoscrizione per il forno di Sesto di circa L.12.000 in
azioni.
(126) Sui rapporti tra De Ambris e Modigliani si veda M. VARALLI, Giuseppe Emanuele Modigliani e i
vetrai di Sesto Calende..., cit., pp. 350-351.
(127) G. ZAMPERINI, Ms., p. 28.
(128) Ivi, pp. 7-8; cfr. "La Bottiglia" 27 febbraio 1904.
(129) Ivi, pp. 10-11; cfr. "La Bottiglia" 26 maggio 1904.
(130) Ciascun maestro aveva l'obbligo di confezionare un numero di bottiglie stabilito, superato il quale
gli veniva corrisposta una percentuale aggiuntiva sulla tariffa. È chiaro quindi che lo sforzo cui i più
dotati nel fisico si sottoponevano pur di aumentare il salario ne debilitava a tal punto l'organismo da
accelerarne il decesso; da ciò trae origine l'espressione corsa alla morte.
(131) L'utilizzo promiscuo della stessa canna da soffio che passava dal gran garzone al maestro e che
spesso veniva usata dalle tre brigate indistintamente, comportava la trasmissione di quelle che oggi
verrebbero classificate come malattie professionali: tubercolosi, sifilide, patologie delle vie respiratorie e dell'apparato gastro-intestinale. A queste si aggiungeva la cataratta da energia raggiante
causata dalla continua esposizione davanti alla bocca del forno. La vita media di un vetraio pertanto
solo raramente arrivava ai sessant'anni.
(132) G. ZAMPERINI, Ms., pp. 40-41.
(133) Ivi, pp. 54-55. "Una dichiarazione", "La Bottiglia" n. 72, aprile 1906.
(134) Purtroppo non è stato possibile reperire il giornale in questione, pertanto si ignora il contenuto specifico dell'articolo contestato.
(135) G. ZAMPERINI, Ms., pp. 3, 8, 33, 35-36, 121-122.
(136) G. ZAMPERINI, "Ai Socialisti", "Il Nuovo Ideale", giugno 1903. Cfr. Ms., p 2.
(137) Cfr. Ms., p. 25. La lista era composta da Carlo Bollini di Modesto, Giovanni Gnemmi, Giuseppe
Brianzoni, Paolo Ingegnoli, Guido Brovelli, Tommaso Tamburini e Ernesto Varalli.
(138) Ivi, p. 26.
(139) Lettera spedita da Livorno il 30 settembre 1907 al settimanale "Lotta di Classe".
(140) Per la raccolta dei suoi interventi per la rubrica "Spigolature quindicinali", cfr. Ms, pp. 58-67.
(141) Sulla nascita e sulla storia di questa festa si veda, sempre dello Zamperini, l'articolo "La Festa del
proletariato", in Ms., pp. 56-57, "La Bottiglia" n. 73, aprile 1907.
(142) G. ZAMPERINI, Ms., p. 64. Purtroppo non viene indicato né il nome dello stabilimento e neppure la
data dell'agitazione. Potrebbe tuttavia trattarsi dello sciopero delle tessitrici attuato tra l'aprile e il
maggio del 1906 nella tessitura dell'industriale Piero Borgni. Cfr. E. Varalli, Socialisti a Sesto
Calende tra Riformismo e Rivoluzione..., cit., p. 132.
(143) A dire il vero nel triennio 1897-1899 Zamperini lavorò da "leva vetro"; solo a partire dalla campagna
1899-1900 iniziò a lavorare da "gran garzone".
(144) La "fóndita" era l'operazione di fusione della miscela vetrosa che avveniva all'estremità del bacino
(vasca rettangolare a temperatura differenziata) in cui si raggiungevano i 1500°.
74
Sommario
TESTI INTRODUTTIVI
Presentazione (MARIO BESOZZI)
pag. IV
Premessa
pag. 1
LA TRADIZIONE VETRARIA SULLE SPONDE DEL LAGO MAGGIORE
pag. 6
Un'antica vocazione: i vetri di Locarno e i "cògoli" del Ticino
pag. 6
Dall'esperienza di Giovanni Battista Rossini alla vetreria di Vincenzo Bertoluzzi
pag. 7
La fondazione della Federazione Italiana dei Bottigliai e i primi tre congressi nazionali
pag. 13
La costituzione della Vetreria Operaia Federale e lo sviluppo della vetreria di San Jacopo
pag. 17
I progetti per una nuova vetreria operaia e lo scontro della F.I.B. con le vetrerie del Consorzio
pag. 22
La V.O.F. di Sesto Calende
pag. 25
1906-1909 un triennio di sviluppo
pag. 32
La crisi del settore vetrario: la nascita della "Vetreria Lombarda" e la chiusura della "Bertoluzzi" pag. 34
Gli anni Venti-Trenta e la fine della lavorazione a soffio
pag. 36
GUGLIELMO ZAMPERINI (1878-1952)
pag. 40
Cenni biografici
pag. 40
IL MANOSCRITTO
pag. 49
La vetreria
pag. 49
La politica
pag. 60
Il salario
pag. 64
Miscellanea
pag. 65
75
Foto e Documenti
6 agosto 1901 Vetreria di S. Anna
Vincenzo Bertoluzzi, proprietario della Vetreria Magnoni - Bertoluzzi di S. Anna
79
1909 La famiglia di Carlo Bertoluzzi ( primo a sinistra )
Bicchiere di produzione altarese con inciso il nome " Carlo ", figlio di Vincenzo Bertoluzzi
Bicchiere di produzione altarese con inciso il nome " Bertoluzzi "
80
Gaspare Cochard ( insieme alla moglie ), maestro vetraio a S. Anna e nella V.O.F.
Rilevatore di temperatura ad olio rosso - Vetreria di S. Anna
81
82
83
1 settembre 1905 Progetto costruzione Vetreria Operaia Federale
84
11 marzo 1906 Inaugurazione Vetreria Operaia Federale
1906 Vetreria Operaia Federale
85
"Logo" della Vetreria Operaia Federale di Sesto Calende
Ricevuta di versamento quota del capitale sociale
86
Produzione delle bottiglie della V.O.F. e della Vetreria Lombarda
87
Buste intestate
88
1912 Vetreria Lombarda
Un particolare dello stabilimento visto dal lato dei depositi damigiane
89
Fasi della fabbricazione delle bottiglie
Lo stabilimento visto dal lato dei gasogeni col deposito dei combustibili
90
Fasi della fabbricazione delle bottiglie
Particolare del forno per la fabbricazione delle bottiglie
91
La piazza per la fabbricazione delle damigiane
92
Copertina del manoscritto di Guglielmo Zamperini
Manoscritto di Guglielmo Zamperini pagina 1-2-3
93
Guglielmo Zamperini ( 1878 - 1952 )
Medaglia d'argento ( diritto e rovescio )
Conquistata da Zamperini nella corsa ciclistica Sesto Calende - Arona ( 3 ottobre 1897 )
94
Giornale “La Bottiglia” organo ufficiale della Federazione Italiana Bottigliai
95
Carta intestata e timbro della federazione dei Bottigliai - sezione di Sesto Calende, con firma
di Guglielmo Zamperini
96
Finito di stampare
nel mese di dicembre 2006
dalla litografia Selgraph - Cocquio Trevisago (VA)
Scarica

La Vetreria Operaia Federale di Sesto Calende