«Dappertutto chiese
con le porte aperte»
Chi ascolta papa Francesco? Ci vorrebbe un poco di penitenza
“
io non
mi vergogno
del vangelo
“
Luigi Accattoli
S
ono per le chiese
sempre aperte, come
vorrebbe papa Francesco. Il mio parroco don Francesco
Pesce la sua la tiene aperta, nel Rione
Monti, a due passi dal Colosseo, dalle
7 alle 22 lungo la settimana, nel fine
settimana dalle 8 alle 24. Faceva questo prima dell’elezione di Francesco e
ora è felice della direttiva così chiara
e così disattesa che è venuta dal vescovo di Roma. Trovo utile quest’uso
e invito i lettori a segnalarmi – per un
ampliamento dello sguardo – esperienze simili a quelle che ora racconterò, partendo da un testo nel quale
Francesco fa la sua richiesta.
«La Chiesa è chiamata a essere
sempre la casa aperta del Padre. Uno
dei segni concreti di questa apertura
è avere dappertutto chiese con le porte aperte. Così che, se qualcuno vuole
seguire una mozione dello Spirito e si
avvicina cercando Dio, non si incontrerà con la freddezza di una porta
chiusa» (Evangelii gaudium, n. 47;
Regno-doc. 21,2013,650).
Spalancare tutte le porte
della nostra vita
Nel papa il motto della Chiesa
aperta è metafora e specifico precet-
to: «La Chiesa sia luogo della misericordia e della speranza di Dio, dove
ognuno possa sentirsi accolto, amato, perdonato, incoraggiato a vivere
secondo la vita buona del Vangelo.
E per far sentire l’altro accolto, amato, perdonato, incoraggiato la Chiesa deve essere con le porte aperte,
perché tutti possano entrare. E noi
dobbiamo uscire da quelle porte e
annunciare il Vangelo» (Udienza generale, 12 giugno 2013).
Questo era già l’atteggiamento
dell’arcivescovo Bergoglio. Ho raccolto molti testi d’allora e ne richiamo due, uno del primo anno da arcivescovo e un altro dell’ultimo. «Vi
esorto a spalancare le porte al Signore: la porta del cuore, della mente,
delle nostre chiese, tutte quelle della nostra vita» (Lettera ai sacerdoti
dell’arcidiocesi, ottobre 1999).
Lo spalancare le porte – tutte le
porte – Bergoglio lo pone a denuncia e a rimedio delle mille porte
chiuse che caratterizzano l’umanità
globalizzata. Nella Lettera all’arcidiocesi di Buenos Aires per l’Anno
della fede, che ha la data del 1° ottobre 2012, fa della porta chiusa
«un simbolo del mondo d’oggi»:
«Cari fratelli, tra le esperienze più
forti degli ultimi decenni c’è quella
di trovarsi davanti alle porte chiuse.
Il crescente senso d’insicurezza sta
portando a poco a poco a bloccare
le porte, a porre sistemi di vigilanza,
telecamere di sicurezza, a diffidare
dell’estraneo che bussa alla nostra
porta (…). L’immagine di una porta aperta è sempre stata il simbolo
della luce, dell’amicizia, della gioia,
della libertà, della fiducia. Quanto
abbiamo bisogno di ritrovarla! La
porta chiusa ci fa male, ci paralizza,
ci separa».
Condivido con il mio parroco –
dicevo – la scommessa delle chiese
sempre aperte. Avendo lanciato il
tema di questa inchiesta nel mio blog,
don Francesco mi ha mandato le sue
osservazioni sulla pratica delle porte
aperte, che persegue dal 1999: «La
mia prima messa l’ho voluta iniziare
simbolicamente aprendo il portone
della chiesa: forse lo psicologo avrebbe qualcosa da dire su questa mia
tendenza. Non ho riscontrato negli
anni nessuna controindicazione da
questo tenere la porta aperta, ma
anzi tante belle sorprese spirituali».
C’è chi dice che in chiesa
deve entrare anche il rumore
Don Francesco sostiene che in
chiesa deve entrare anche il rumore: «Chiesa aperta per me significa
aperta, cioè si deve capire con chiarezza che è aperta; quindi via subito
le retroporte di legno che la fanno
sembrare chiusa, e mettere vetrate
che servono per il freddo ma lasciano vedere l’interno; vedo però che
appena possibile e passa il freddo è
utile spalancare la vetrata, perché
deve entrare anche il rumore della
città e si deve percepire la massima
comunione tra dentro e fuori».
«Molto importante – dice ancora – è alla sera l’illuminazione che
deve fare due cose: illuminare molto
bene l’ingresso; creare uno spazio
privilegiato di luce nella zona del
tabernacolo e dell’immagine mariana o del santo nella chiesa. Utile
anche la musica sacra in sottofondo
(con un registratore è facilissimo). Il
“controllo” lo fanno le persone stesse che vengono a pregare ed è anche
utile avere un buon rapporto con i
negozianti del quartiere che ogni
tanto fanno una passeggiata in chiesa. “Fate buona guardia alla vostra
chiesa”, diceva Mazzolari».
Don Francesco afferma che è
«il popolo» – dice proprio così – a
farsi carico della custodia della sua
chiesa: «Dopo poco tempo si crea un
movimento di persone che rende as-
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attualità
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Per intercettare
la movida della notte
Nel fine settimana l’apertura è
prolungata verso la mezzanotte «per
intercettare la movida che qui da noi
si lascia intercettare volentieri». Se
qualche ragazzo o ragazza vestiti da
movida, cioè minigonna, tatuaggi,
anelli al naso, entrano per accendere
una candela? «Ringrazio il Signore
e li lascio in pace sull’abbigliamento
perché non prevedevano certo di andare a messa quella sera».
Il mio parroco minimizza ma il
rischio dei furti è oggettivo. Ho sentito altri preti che avevano tentato
l’apertura continuata e vi hanno poi
rinunciato con l’approvazione e il
rammarico dei parrocchiani.
Un visitatore del blog ha raccontato di un gruppo che si è incaricato
di essere presente sabato e domenica, a turno, in un santuario: recitano
il rosario e accolgono pellegrini e visitatori. «Un’iniziativa del genere – è
il suo commento – potrebbe aiutare
a tenere sempre aperte le chiese e le
renderebbe più accoglienti e vissute».
Un altro visitatore evoca la possibilità – sperimentata in vari luoghi –
di impiegare giovani del servizio civile e volontari che potrebbero «non
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solo rafforzare il controllo ma anche
fare da ciceroni per i visitatori, che
potrebbero ricompensarli con una
piccola mancia».
Un’amica di Bologna, di nome
Giancarla, mi dice che la sua chiesa
parrocchiale ha «le porte sbarrate
quasi tutto il giorno», le apre solo
verso sera, poco prima della messa, per il Rosario e il Vespro. Lei
quando cerca una chiesa in altre
ore va nella cappella dell’ospedale Sant’Orsola che è aperta tutto il
giorno. Anche un amico di Roma
mi segnala come le più accessibili,
come orario, le cappelle di stazioni e
aeroporti, nonché quella della Città
universitaria.
Ho girato quattro chiese
per trovare un confessore
Alle volte il problema non è tanto
quello della chiesa aperta, ma della presenza in essa di un sacerdote.
Una visitatrice racconta che qualche
anno addietro, volendo confessarsi,
si trovò a girare quattro chiese della sua città: «E dalla seconda il giro
l’ho fatto insieme a un turista con
lo stesso desiderio e non pratico del
luogo. Finalmente giunti alla quarta
chiesa abbiamo trovato un prete che
aspettava nel confessionale».
A Pistoia, da due anni un cartello di enti e associazioni viene
sperimentando un programma che
si chiama Visiting Pistoia, promotore il Consorzio turistico, che affida a volontari e studenti del liceo
artistico la sorveglianza e la guida
a musei e chiese oltre gli orari di
apertura garantiti dai loro gestori.
Ho visto qualcosa di simile a Roma
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io non
mi vergogno
del vangelo
“
solutamente sicura la chiesa. A poco
a poco voglio qualificare l’apertura
continuata; ad esempio celebrando
la messa all’ora di pranzo (cosa che
adesso incominceremo a fare) e garantendo la presenza di un sacerdote
per le confessioni e i colloqui spirituali dopo la messa vespertina fino
alla chiusura; la gente torna dal lavoro tardi, naturalmente».
Come la mette il mio parroco
con i parrocchiani che protestano?
La mette drastica: «Fare finta di
niente, dandogli fintamente ragione per quietarli, quando all’inizio si
preoccupano dicendo che è pericoloso, la chiesa si sporca e i barboni
non hanno rispetto per nulla. Non
ho mai visto crollare una chiesa per
la sporcizia dei barboni. Anzi è una
cosa bellissima il povero che si mette
a chiedere l’elemosina: è un ottimo
vigilante e pulisce anche il sagrato
più volte al giorno».
per il Museo delle Mura e a Padova
per i Musei civici agli Eremitani. Mi
chiedo: ciò che fanno associazioni di
varia umanità non potrebbe essere
tentato, in altri luoghi, dalle associazioni di volontariato ecclesiale? Perché non si prova?
Esperienze simili a quella di Pistoia, ma a gestione ecclesiale, me le
segnalano amici di Enna, di Reggio
Calabria, di Ascoli Piceno. In tante
chiese, di tanti luoghi, si fanno turni
per garantire la presenza di un gruppo di persone nelle ore più scomode dell’«adorazione perpetua». Io
credo che analoghi turni potrebbero aiutare i parroci a tenere aperte
le chiese parrocchiali nelle ore della
pausa pranzo e la sera oltre l’ora della messa.
Lo scorso novembre è stato pubblicato dalla CEI un opuscolo con
«linee guida» per la tutela dei beni
culturali ecclesiastici: che fare per
evitare furti.
Forse sono possibili delle linee
guida per organizzare e gestire l’apertura continuata delle chiese, almeno di quelle parrocchiali.
Tenerle aperte
finché intorno c’è gente
Ma a che orario penso quando
dico apertura continuata? Il criterio
dovrebbe essere quello – che riportavo sopra – suggerito dal mio parroco:
finché intorno c’è gente. Brutta mia
impressione la scorsa estate in una
città della riviera ligure di Levante: la centralissima basilica, che dà
sulla piazza storica e ha il mare sia
a destra sia a sinistra, chiudeva alle
11.45 e riapriva alle 16.15, richiudendo definitivamente le sue nobili
porte alle 19.00. Orario balzano e di
pura comodità del parroco, se teniamo conto che la massima densità di
passeggio e di visite, nella stagione
balneare, lì si ha proprio nella tarda
mattinata e in serata, fino verso la
mezzanotte. Sarebbe come se Gesù,
quella volta a Cafarnao, fosse salito
sulla barca di Pietro per parlare alla
folla quando questa non c’era e ne
fosse sceso quando in tanti gli erano
intorno.
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