Lucia Romiti
Nelle foto: sopra, la prima casa della congregazione a La Louvesc, dove
a soli 23 anni Teresa divenne superiora; sotto, l’abitazione della famiglia Couderc a Le Mas de Sablières.
TESTIMONI DELLA FEDE
Teresa Couderc
Una vita
consegnata a Dio
gli
speciali
il nuovo giornale
Perché questo libro
Santa Teresa Couderc.
Edizioni “Il Nuovo Giornale”,
settimanale della diocesi di Piacenza-Bobbio
Direzione e redazione:
Piacenza, via Vescovado 5
Tel. 0523.325995 - Fax 0523.384567
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Direttore responsabile, Davide Maloberti
Stampa: Grafiche Lama, Piacenza
Luglio 2008
Nel suo cuore ha abbracciato il mondo intero. Ogni
giorno l’ha vissuto nel nascondimento, dedita alla preghiera incessante e all’ascolto della volontà di Dio. Teresa Couderc è stata un’innamorata di Gesù e delle anime.
Sollecita al servizio, ha contemplato la Croce con uno zelo e una fedeltà rari. Giovanissima superiora della Congregazione Nascente, conduce con fermezza il timone della Congregazione nei periodi
di tempesta, per lasciarlo
prontamente in altre mani appena le viene chiesto. Una
donna e una santa che insegna ad amare ogni giorno come fosse il primo; la perla su
cui si fonda e cresce la Congregazione “Nostra Signora
del Cenacolo”. Teresa, nata
all’inizio del 1800 in Francia,
a Sablières, è una di quelle figure che non si dimenticano.
Indice
FIN DA BAMBINA
SI FORGIA UNA SANTA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 1
Occhi che hanno visto il Signore . . . . . . . . . . . . . . . “
1
Tempi difficili per i cristiani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “
4
DIO METTE LA SUA OPERA
NELLE MANI DI TERESA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 6
“Lasciatemi partire, vi prego!” . . . . . . . . . . . . . . . . “
6
Superiora a 23 anni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “
8
“Prendi il bambino che giace sulla paglia” . . . . . . . “ 10
Arriva il giorno tanto atteso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 11
LA FORZA DELLA DEBOLEZZA . . . . . . . . . . . . . . . pag. 13
Sia fatta non la mia ma la tua volontà . . . . . . . . . . . “ 13
Come roccia su cui l’Opera cresce . . . . . . . . . . . . . . “ 15
Uno spirito da fondatrice. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 16
CONSEGNARSI:
LA VOCAZIONE DI UNA VITA . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 20
Se livrer, un’esperienza mistica . . . . . . . . . . . . . . . . “ 20
NELL’ORTO DEGLI ULIVI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 22
Tutto è dono . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 22
La fecondità della Croce . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 24
“Ricomincerei volentieri il cammino” . . . . . . . . . . . “ 25
L’Opera continua. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 27
L’AUTRICE
Lucia Romiti, marchigiana, 27 anni, laureata in filosofia e
giornalista dal 2004, ha frequentato, a Roma, il Master
“Media Working Project” promosso dalla Pontificia Università Lateranense. Attualmente collabora con alcune
testate locali, di cui una online, e alla redazione della rivista ufficiale del Rinnovamento nello Spirito.
La vita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 29
Bibliografia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 32
FIN DA BAMBINA
SI FORGIA UNA SANTA
Occhi che hanno
visto il Signore
Una ragnatela di rughe
che dicono fatica, sacrificio,
vita donata. Il sorriso appena abbozzato di chi ama la
riservatezza e il nascondimento. Due occhi vivi,
profondi, che illuminano
tutto il viso. E parlano. Parlano di amore e dolore, di
attesa ardente e al tempo
stesso paziente, di forza e
dolcezza, di fermezza e sottomissione… Uno sguardo
intenso, capace di vedere oltre… uno sguardo che ha
catturato il Mistero. È suor
Teresa. In quella fotografia
che la ritrae negli ultimi an- Santa Teresa Couderc.
ni, appare il dolce contrasto
tra il naturale declino fisico della raccogliere pietra su pietra per codonna e la grandezza spirituale struire muretti e terrazze.
A Le Mas, pochi chilometri dal
della santa. Un dolce contrasto,
come nella terra che ha visto la villaggio di Sablières, nel cuore
sua nascita, dove la natura è ma- dell’Ardèche meridionale francegnifica, ma anche selvaggia e ru- se, era il primo febbraio 1805
de, tanto che nel vederla ci si do- quando il focolare di Anne Méry
manda come è possibile gover- e Claude Michel Couderc si arricnarla. Lo si fa solo con un lavoro chì di una nuova luce: Marie Vicpaziente e ostinato, a dorso d’uo- toire, seconda di dieci bambini
mo e a mani nude, chinandosi a che saranno allevati in questa nu1
Una veduta degli splendidi orizzonti naturalistici delle Ardèche.
merosa famiglia.
La loro casa era di pietra grigia
come i blocchi di granito delle
colline intorno; il cielo blu era illuminato dalla luce del sud; nell’aria il profumo delle ginestre. I
Couderc vivevano su una grande
proprietà di terre divise tra pascoli, boschi e campi, che apparteneva alla famiglia da più di duecento anni; la loro masseria era la casa principale di una frazione piena di vita che contava allora una
quindicina di focolari.
I genitori della futura Teresa
erano figure considerate nel paese, godevano della stima e della
fiducia del curato e della gente
del villaggio. Entrambi avevano
mantenuto ben salda la loro fede
nella bufera della Rivoluzione
francese prima e nei tempi difficili delle guerre rivoluzionarie e napoleoniche dopo. Claude, da giovane, aveva rischiato la vita facendo la guardia quando dei preti
ribelli alla Costituzione civile del
Clero, imposta dal regime, si rifugiavano a Le Mas e vi celebravano di nascosto la Messa. Adulto,
aveva presieduto la Confraternita
dei Penitenti Bianchi della parrocchia ed era stato per quarant’anni sindaco del comune di
Sablières. La sua sposa, Anne, anche se gracile di salute, era una
donna forte e saggia, di quelle a
cui le altre erano solite rivolgersi
per chiedere consiglio e appoggio. Alcuni uomini aiutavano
2
L’altare nella cappella di Le Mas, in armonia con la semplicità di Teresa.
Claude nel lavoro dei campi, una
donna dava una mano ad Anne
nelle faccende pesanti di casa.
Nella chiesa del villaggio, Maria Vittoria fu battezzata il giorno
dopo la nascita, grazie alla sollecitudine per i sacramenti che apparteneva alle solide famiglie di
una volta.
Negli anni dell’infanzia si forgerà la futura suor Teresa, che
ben presto imparò lo spirito di sacrificio, la solidità, la concretezza
della vita di campagna, l’obbedienza e la devozione a Dio.
Bambina, aiutava la mamma a fare il pane e ad accudire i fratellini; raccoglieva legumi, verdure e
fiori nell’orto che era intorno alla
casa; badava agli animali da corti-
le e svolgeva tutti quei piccoli servizi che erano adeguati alla sua
età. Nelle sue giornate c’era spazio anche per il gioco, ma non si
dimenticava mai di recitare a lungo le sue preghiere. Un grande affetto circolava in famiglia; un legame profondo, fatto di gesti, di
silenzio e non di troppe parole,
alimentato dal lavoro e dalla vita
in comune.
A casa Couderc si respirava un
clima di unità, tenerezza e carità.
Madre Teresa stessa lo ricorda
quando, poco dopo la morte del
padre, scriverà: “Quando non si
hanno più né madre, né padre, allora si sente bene che si sono perduti i propri migliori amici…
Spero che il ricordo del nostro ca3
tendo dalla gente e dal quel comune senso di religiosità innato.
La furia dei Lumi aveva tentato
di scacciare la fede; paradossalmente, la lotta per la libertà aveva
privato molti della libertà fondamentale, quella di credere in Dio.
Quando Teresa riceve la sua
prima Comunione, è la Pentecoste del 1815: siamo nel pieno dei
cosiddetti Cento Giorni. Per il generale Bonaparte la fine era iniziata qualche anno prima in Spagna, dove il suo esercito aveva
trovato un popolo disposto a lottare per il ritorno del re e della
Chiesa. Poi la campagna di Russia e, nel 1813, la sconfitta a Lipsia, quando si era trovato contro
i popoli d’Europa. La restaurazione di Luigi XVIII durò poco:
Napoleone, riuscito a sfuggire alla sorveglianza della flotta inglese, marciava su Parigi per riprendersi il potere. Un potere che
durò esattamente cento giorni, fino alla sconfitta campale di Waterloo. Fu in questo clima incerto
che Maria Vittoria si accostò all’Eucaristia; aveva dieci anni, e il
curato di Sablières dichiarò che
non aveva mai conosciuto bambini così ben preparati.
Claude aveva fatto venire al
Mas un vecchio istitutore per dare ai figli più grandi i primi rudimenti scolastici. Raggiunti i diciassette anni, l’adolescente Vit-
ro padre vivrà sempre nella famiglia e che la carità, la pace e l’unione dei cuori vi regneranno dopo la sua morte come durante la
sua vita”. A suo fratello maggiore
Jean, che diventerà abate, la lega
fin da subito un’intimità spirituale
piena di tenerezza, che saprà godere dello scambio di due lettere
l’anno, da tenere care sul comodino, da tornare a leggere nei momenti di nostalgia.
Nelle lunghe e fredde serate invernali, Claude riuniva i suoi figli
attorno al fuoco e leggeva loro
storie edificanti e vite di santi; Teresa respirò quindi fin da piccola
il profumo di un cristianesimo radicato e vissuto nella quotidianità.
Tempi difficili
per i cristiani
Fuori dalle mura sicure della
masseria dei Couderc infuriava il
potere napoleonico.
Certo, gli anni che erano stati i
più bui del periodo post rivoluzionario per la Chiesa, erano passati, ma avevano lasciato dietro di
loro terra bruciata: seminari chiusi, biblioteche date alle fiamme,
molte comunità e congregazioni
religiose scomparse. L’opera di
scristianizzazione c’era stata eccome, molti sacerdoti erano stati
ridotti a funzionari dello stato, e
ora bisognava ricostruire. Ripar4
toria viene mandata al collegio di di portare alla luce quel desiderio
Vans, tra i più stimati della regio- profondo di cui qualcuno si era
ne e tenuto dalle Suore di San accorto da tempo.
Giuseppe che, più o meno disperIl rapporto speciale che la sese durante la Rivoluzione, si era- condogenita dei Couderc aveva
no allora riunite. Passano così tre con Gesù era precoce e visibile
anni, dal 1822 al 1825, in cui Vit- già negli atteggiamenti della pictoria va a scuola da madre Casta- cola. Dice suo padre: “Dio ispirò
nier, due volte arrestata sotto il di buonora Marie Victoire. La veterrore giacobino e sfuggita alla devamo calma e riflessiva: menmorte solo per
tre si dedicala caduta di
va alle sue
Robespierre.
occupazioni,
meditava sulVittoria cola propria vomincia
ad
cazione”.
amare uno stiArriva la prile di vita che
mavera del
le sarà ben
1825; lei anpresto familiacora non lo
re. In alcuni
sa, ma sta per
periodi ritorna
prendere la
a Sablières,
decisione
dalla sua fami- Una fonte a Le Mas.
fondamentale
glia, ma in
collegio si trova bene; “vi si di- della sua vita. Le scelte successivertiva”, racconta il curato del ve verranno di conseguenza, e sasuo villaggio. Il programma delle ranno tutte scelte di amore. Un
religiose non aveva pretese intel- bel giorno Claude Couderc bussa
lettuali, ma cercava di preparare alla porta del collegio: “Riporto a
le giovani alla vita futura. Saper casa mia figlia, per farla parteciprendersi cura del focolare dome- pare alla missione che sarà tenustico era allora importante per ta dai sacerdoti di La Louvesc”,
una ragazza, un vero e proprio dice alla superiora. Maria Vittoria
corredo, se rafforzato dalla retti- fa i bagagli e ritorna a casa per
tudine di giudizio, dalla sobrietà prendere parte con tutta la famiglia alla missione che avrebbe
e dall’esattezza di espressione.
Ma la vocazione la aspetta, per dovuto aver luogo nel villaggio.
Vittoria sta arrivando il momento Era la prima dopo la Rivoluzione.
5
DIO METTE LA SUA OPERA
NELLE MANI DI TERESA
“Lasciatemi partire,
vi prego!”
Uno dei tre missionari diocesani venuti a predicare nella
piccola parrocchia di campagna, era padre Etienne Terme.
Trentatrè anni, è prete da dieci.
È un uomo divorato dall’amore
di Dio e dallo zelo apostolico,
perfetto per convertire e suscitare dei discepoli. Proprio quello che occorreva ai francesi di
allora: essere risvegliati nella
fede e riabituati alla tradizione
religiosa.
Quando Vittoria viene condotta sotto il pulpito di padre
Terme, ha quasi vent’anni, e
certo suo padre non immagina
che quell’incontro cambierà per
sempre la vita della sua secondogenita.
Padre Terme è un uomo molto amato dalla gente; schietto e
persuasivo, autoritario e al contempo tenero, umile e generoso. Ben presto raccoglie le confidenze di Vittoria, che finalmente apre il suo cuore al sacerdote. La sua chiamata, infatti, anche grazie all’ascolto del
Gesù predicato da padre Terme,
Padre Etienne Terme.
si fa più nitida; quella voce interiore che dolcemente la invitava a donarsi al Signore, diventa più ferma e distinta.
Ma deve attendere ancora.
Per lei l’inizio di una vita religiosa non è ancora arrivato. Padre Terme, una volta conosciuto
il suo desiderio di consacrarsi,
le propone di iniziare subito il
noviziato ad Aps, oggi Alba la
Romaine, presso la piccola comunità delle Suore di San Régis che lui stesso aveva fondato.
Claude, però, non è d’accordo.
A casa c’è bisogno di aiuto:
6
Régis, morto nel 1640. Teresa
raccoglie così le sue poche cose e docilmente si incammina
per la nuova via che il Signore
le ha aperto davanti; il passo è
fermo e calmo, la volontà fedele e costante. Siamo nel giugno
1827.
Suor Agnès è nominata superiora del piccolo gruppo, mentre Teresa sarà la maestra delle
novizie che da quel momento in
poi padre Terme vuole che si
formino nella casa di La Louvesc dove vengono accolte le
pellegrine.
Quel convento, sepolto sotto
la neve durante gli interminabili
mesi invernali, era considerato
la casa madre dell’Opera. Un
posto da lupi, proprio come
suggerisce il termine. Posta a
mille metri di altezza, soltanto
in estate La Louvesc attirava,
coi suoi fitti boschi di abete,
folle di pellegrini; in inverno le
montagne diventavano inospitali e toccava a suor Teresa e alle
altre spostarsi dove l’urgenza
apostolica le chiamava. Con generosità e slancio si portavano
in una parrocchia abbandonata,
distante due ore di cammino,
per dare lezioni ai piccoli poveri e, in assenza del parroco, far
pregare quella buona gente.
Passano due anni, la Provvidenza sta per modificare le car-
Anne attende l’ultimo bambino,
il piccolo Ferdinand, che sarebbe nato proprio in quell’anno.
Vittoria sa attendere: lo spirito di sacrificio, l’obbedienza e
la fiducia nelle vie di Dio sono
innate in lei.
Passa qualche mese e finalmente arriva l’inverno del 1826,
quando la giovane può lasciare
la sua masseria. Coglie infatti la
prima buona occasione che ha
per supplicare i genitori: “Lasciatemi partire, vi prego, pregherò tanto per voi il buon Dio
perché benedica la casa e vi
conservi in buona salute”. Il
papà, racconta lui stesso, deve
cedere alle sue insistenze e ai
suoi pii desideri. La mamma,
nonostante abbia bisogno dell’aiuto della figlia, sa intuire la
profondità del suo tendere a
Dio, e non vuole impedirle di
donarsi a Lui.
Ed eccola ad Aps, a nord
ovest di Viviers, dove non tarda
a diventare sorella Teresa. Finito il noviziato nella casa delle
Suore di San Régis, nata per
istruire e catechizzare i bambini del villaggio, padre Terme la
chiama a La Louvesc con altre
due Sorelle. Qui il sacerdote ha
appena aperto un ospizio per le
pellegrine che ogni anno vanno
a pregare sulla tomba del gesuita san Giovanni Francesco
7
La Casa madre della congregazione a La Louvesc.
te in tavola, e contro ogni previsione il ruolo di Teresa nella
comunità religiosa cambia improvvisamente.
sapevamo ciò che si faceva:
Dio ha guidato ogni cosa”.
Come fosse il suonatore di
un’arpa, Dio ha soffiato sulle
docili corde di Teresa uno spirito da fondatrice.
Lei ha solo 23 anni, ma con
l’aiuto divino è pronta a prendere il timone della nave, anche
arrivasse un momento di tempesta; padre Terme è convinto
delle sue qualità: la piccola superiora di La Louvesc ha “buona testa, buon giudizio e un discernimento degli spiriti che è
raro trovare in una donna;
grande possesso di sé, grande
fermezza”.
Superiora a 23 anni
Suor Agnès è richiesta dallo
zio, curato di Plagnal, per la
sua scuola parrocchiale. Deve
abbandonare La Louvesc. Chi
potrà sostituirla come superiora? Padre Terme non ha dubbi:
la responsabilità della comunità e della casa deve essere affidata a suor Teresa, nonostante
la sua giovane età. “Né padre
Terme né io – racconterà lei –
8
desinare quand’ecco in refettorio fa irruzione padre Terme.
Era appena tornato dai propri
Esercizi spirituali presso i gesuiti a Vals, vicino Le Puy. Era
felice, aveva una grande notizia
da annunciare: erano gli Esercizi di sant’Ignazio, fondatore dei
Gesuiti, il metodo che mancava
alla Congregazione nascente.
Suor Teresa e le altre cominciano a formarsi per poter donare
agli ospiti della casa questa
nuova forma di preghiera particolarmente meditativa. Lei ne
rimane subito affascinata, ritrovandovi l’abitudine alla contemplazione che aveva fin da
bambina.
Intanto padre Terme, spesso
lontano per le missioni, incoraggia madre Teresa nella sua funzione di superiora; si preoccupa
di impedirle di lasciarsi scoraggiare dalle difficoltà esterne e
dalle pene interne. Nelle lettere
che le indirizza, scrive: “Lasciate fare al buon Dio e siate
sicura che farà bene i vostri affari, tanto spirituali che temporali”; la invita ad accostarsi regolarmente all’Eucaristia e a
“viaggiare con coraggio attraverso il deserto”, restando “generosa nel fare per Dio tutti i
sacrifici che domanda”, badando a “volere sinceramente ciò
che Egli vuole” e desiderando
La sua fiducia era stata ben
riposta. E presto la giovane
gliene dà una prova.
Le pellegrine che arrivavano
nel piccolo convento erano talmente numerose da rendere difficile, per le suore della comunità, condurre una vita da autentiche religiose. C’era bisogno di maggiore silenzio, contemplazione e tempo per la preghiera. Come risolvere la questione? La nuova superiora ha
le idee molto chiare: a La Louvesc si sarebbe data ospitalità
solo alle donne che volevano
santificare il loro soggiorno con
uno sforzo di riflessione e di
preghiera, anche solo per la durata di un triduo o di una novena. Teresa riesce a convincere
padre Terme: la casa diventa
un’oasi di ristoro dell’anima,
che lì può avvicinarsi a Dio;
quel convento vuole essere, da
quel momento in poi, il luogo
di un servizio apostolico grazie
al quale approfondire la fede e
imparare la vita cristiana.
Per Teresa è il primo atto da
fondatrice: nasce qui il futuro
“Cenacolo”.
Ma il Signore non lascia le
sue opere a metà. Come insegnare a pregare? – si chiedeva
Teresa –; quale metodo usare?
Un giorno, le suore avevano
appena finito il loro modesto
9
to alle sue figliole: “Ecco Colui che vi lascio come vostro
sostegno, guida, conforto”. Padre Terme, il fondatore, era
morto nel momento in cui, nella sua parrocchia natale di Plagnal, cominciava una serie di
Esercizi in preparazione del
Natale.
La notizia cade come un fulmine a ciel sereno sulle giovani
opere del sacerdote: come potranno sopravvivere alla sua
morte improvvisa? Oltre al dolore del distacco, le suore si
sentono orfane di un padre. Ma
madre Teresa non si lascia abbattere; mai scoraggiarsi, le
aveva insegnato padre Terme,
ma lasciarsi semplicemente
condurre dalla via dell’amore,
procedere nel desiderio di fare
la volontà di Dio, donandosi a
Lui senza riserve. La grazia
guida Teresa che, ancora una
volta, dà prova del suo spirito
di fondatrice.
Una quindicina di giorni dopo la morte di padre Terme,
viene aperto il suo testamento,
redatto per l’ultima volta due
anni prima: non parla che delle
sue figlie del Ritiro, e lascia in
eredità non solo la casa ma tutta l’Opera alla signorina Vittoria Couderc. E per il futuro di
quell’Opera, a cui tiene di gran
lunga più di se stessa, Teresa
di “raggiungere una grande purezza di cuore”. Teresa non dimenticherà mai queste parole
che nel suo animo puro, umile,
guidato dallo Spirito Santo e affidato a Maria, troveranno terreno fertile.
“Prendi il bambino
che giace sulla paglia”
È il 12 dicembre 1834. Sta
arrivando una tempesta inaspettata che rischia di far vacillare la Congregazione nascente.
A La Louvesc sono le sette
di sera, la neve abbondante copre ogni rumore. Ad un tratto
un violento bussare alla porta
del convento fa sussultare le
suore. Che succede? Chi può
essere a quest’ora, in pieno inverno? Vanno ad aprire, agitate. Sulla soglia, un uomo dallo
sguardo sconvolto, messaggero
di una brutta notizia: padre
Terme è morto. A 43 anni, quel
sacerdote pieno di zelo era stato divorato da una polmonite.
Prima di partire per la sua ultima missione si era come congedato dalla sua comunità; Teresa racconta che era visibilmente emozionato e che, deponendo sul tavolo il grande crocifisso di missionario che portava sempre su di sé, aveva det10
Renault, provinciale dei Gesuiti
di Francia. Perché
anche
questo era scritto nel testamento di padre Terme. Teresa scrive a padre Renault: “Cosa
sarà dell’opera
di Dio? Dobbiamo abbandonarla? O possiamo
sperare, reverendo padre,
che lei verrà in
nostro aiuto?
Essendo ancora
La cappella nella Casa madre a La Louvesc.
nella culla, le
occorre un pacomincia a lottare tenacemente, dre per formarla e una guida
portando avanti le volontà di per dirigerla. Solo lei può darcolui che era stato la sua guida ci tutto ciò”. Il suo cuore di
madre implora aiuto per la sua
spirituale.
In un giorno di pieno inver- creatura.
E l’aiuto non tarda ad arrivano, la vediamo scendere da La
Louvesc a Viviers, per parlare re. All’inizio esitante, il provincon il Vescovo. Lascia il con- ciale dei Gesuiti è convinto da
vento all’alba; in certi punti del una voce interiore che pare amcammino la neve le arriva alle monirlo: “Prendi il bambino
ginocchia e la fatica aumenta, che giace sulla paglia!”.
ma la serva di Dio non si stanca, non si ferma a riposare; il Arriva il giorno
suo passo è sicuro, costante, sa
tanto atteso
bene qual è il suo compito: otSiamo nel 1835. È una limpitenere dal Vescovo che la comunità venga affidata a padre da mattina di aprile; il clima
11
naturalmente, tanto amore per
quelle anime stanche che nella
loro casa, in una cameretta povera ma linda, avrebbero trovato sul tavolo il catechismo della
diocesi, l’Imitazione di Cristo e
il regolamento.
Teresa è più che mai abbracciata dall’amore di Dio, e lo
comunica a coloro che la circondano; i tratti fini, i lineamenti delicati, abitualmente un
dolce sorriso le illumina le labbra; non fa affidamento sulle
sue forze, sa bene che senza di
Lui non possiamo far nulla, e
come il tralcio prende linfa dalla vite, non si stanca di lasciarsi inondare dalla forza dello
Spirito Santo: si fa tutta a tutti,
pronta ad accogliere sempre
quello che il Signore le chiede.
Con queste certezze d’animo,
pronuncia i voti perpetui che la
donano al suo Dio e alla sua famiglia religiosa per sempre. È
il 6 gennaio 1837, Teresa ha 32
anni.
Quanto aveva desiderato quel
momento di unione con Dio!
Quanto aveva immaginato, in
silenzio, il giorno in cui sarebbe divenuta la sua sposa! È felice, ma il momento della prova, che tutti i santi accomuna,
sta per arrivare. E per lei durerà
anni.
dolce della primavera ha sciolto quasi tutta la neve e per le
vetture è più facile salire verso
la montagna. Sulla strada principale che corre tra i boschi
una carrozza è diretta al convento. Dentro, c’è padre Renault.
Quando lo vede, Teresa sente
allargarsi il cuore, e piena di
gioia riunisce la comunità. Ci
si confronta sulle origini e l’evoluzione dell’Opera, sulle difficoltà che erano sorte. Alla fine, si ritiene necessaria una separazione tra le Sorelle che volevano continuare con gli Esercizi e quelle che si dedicavano
alle scuole e al catechismo. Le
prime rimangono a La Louvesc, le altre potranno portare
avanti la scuola, ma si rendano
autonome.
Una separazione profondamente dolorosa, ma necessaria
perché la giovane Congregazione assuma la sua identità.
Del resto – ricorda Teresa – tra
tutte le opere che padre Terme
aveva lasciato, la principale era
quella dei Ritiri.
Le quindici suore destinate
all’Opera degli Esercizi cambiano nome; si chiameranno
Religiose del Ritiro: cuffia
bianca, mantellina viola sull’abito nero, croce e anello; poi,
12
LA FORZA DELLA DEBOLEZZA
Sia fatta non la mia
ma la tua volontà
Renault decide di mandarla a
Notre Dame d’Ay, un santuario
mariano a 20 chilometri da La
Louvesc. Vuole che si riposi,
ma in realtà il suo obiettivo,
più o meno cosciente, è di allontanarla per un po’. Ultimamente Teresa non godeva più
della piena fiducia del padre
gesuita. Qualcuno, all’interno
della comunità, aveva seminato
in lui qualche sospetto verso la
superiora, e lo stava convincendo che era stata imprudente.
Stavano venendo tempi difficili per la Congregazione; ancora una volta l’Opera tanto cara
a Teresa stava per imbattersi in
una tempesta.
I familiari di suor Gallet impugnano il testamento della
giovane per rivendicarne l’eredità. Le suore perdono il processo: il debito della Congregazione ammonta a 37 mila franchi; Teresa e le Sorelle devono
condurre una vita di privazioni,
anche se sopportate generosamente. Secondo i ragionamenti
di padre Renault, è necessaria
una svolta.
Per Teresa inizia quel lungo
periodo di prova che la vedrà
A La Louvesc stavano per
terminare i lavori della nuova
cappella quando suor Elisa Gallet si ammala gravemente. Quei
lavori erano stati possibili proprio grazie alle donazioni di
questa giovane vedova entrata
nella comunità a 18 anni. Teresa le voleva un gran bene e non
si stancò di supplicare Dio per
la sua guarigione: quando si
trattava di se stessa, non chiedeva mai niente, accettava tutto,
ma per le sue Sorelle pregava
Gesù e Maria con audacia.
La divina Provvidenza, però,
ha disposto diversamente, e madre Teresa, come sempre, si rimette con amore ai suoi piani.
Dio scrive dritto anche sulle righe storte, e per la superiora di
La Louvesc la Sua volontà è cibo quotidiano: “Ciò che c’è di
più grande, di più perfetto, di
più utile – scrive – è fare la volontà del Padre celeste immolando la nostra”. Suor Gallet
muore e madre Teresa ne cade
ammalata. Siamo nel 1837.
All’inizio di agosto padre
13
si getta ai piedi della Vergine. È
ancora vivo, in lei, il momento
in cui padre Terme aveva pronunciato un atto di rinuncia ad
ogni diritto sulla casa e sull’Opera in favore della Regina del
cielo. Da quel giorno, sono passati sei anni: è il momento di ricordare alla Madonna la promessa di consacrazione; Teresa
le chiede di gradire l’offerta di
se stessa e le affida le Sorelle
tanto amate.
È l’atto di una fondatrice. “Ti
prego, o Madre buona, di venire in aiuto a tutte le anime che
praticheranno i santi Esercizi
del Ritiro nella tua casa. Dico,
la tua casa: d’ora innanzi non
la voglio più considerare che
come appartenente a te, e se tu
vuoi che porti ancora il nome
di superiora, voglio che non sia
che per rappresentarti; infatti,
io mi dimetto oggi dalla mia
carica”.
La risposta della Vergine non
tarda ad arrivare. Padre Renault
decide di destituire Teresa, invitandola senza riguardi a rinunciare al suo ruolo.
È da un po’ che nell’aria si
sente pronunciare il nome di
una certa madame de Lavilleurnoy, una vedova di buona educazione e soprattutto dotata di
un solido patrimonio. Siamo
nell’ottobre 1838; un bel giorno
La Vergine Nera di Notre Dame
d’Ay.
sprofondare nella via dell’umiltà; il cuore gonfio per l’ingiustizia, preoccupata per il futuro della comunità religiosa, la
sua consolazione è Maria. Un
giorno, nel silenzio orante del
santuario di Notre Dame d’Ay,
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e lo zelo soprattutto per la nostra perfezione. È tempo ormai
di lavorare e diventare delle
buone religiose”.
madre Teresa è convocata a Notre Dame d’Ay. La aspetta padre Renault. C’è poco da tergiversare, la decisione è stata presa; il padre gesuita non usa
mezze parole: madame de Lavilleurnoy era predestinata da
Dio a salvare l’Opera dal baratro della crisi finanziaria; l’unica capace di farlo.
Dopo aver ascoltato queste
parole, Teresa non perde tempo;
il suo primo pensiero è correre
dalla Vergine e attraverso di lei
gettare ai piedi della croce lo
smarrimento che provava. Fu
un attimo, perché la preghiera a
Colui a cui aveva deciso di dedicare la vita, le donava subito
nuova forza. Nessun rancore,
forse un po’ di amarezza, ma
vissuta nel silenzio e nel sacrificio. Non un segno di cedimento. Teresa prende carta e inchiostro, e scrive poche righe
alle Sorelle. Le preparerà lei ad
accogliere la nuova superiora. Il
suo cuore è libero di amare infinitamente anche se è stato ferito: “Mie amatissime – scrive –
la divina Provvidenza ci ha dato un nuovo segno delle sue paterne cure mandandoci una madre degnissima di tutta la nostra stima e di tutta la nostra fiducia… alleviamole il gran peso del superiorato con la nostra
sottomissione, il nostro rispetto
Come roccia su cui
l’Opera cresce
Bastano undici mesi di governo della nuova superiora per
peggiorare, e di molto, la situazione economica dell’Opera dei
Ritiri. Padre Renault si accorge
dell’errore compiuto e invita
Teresa a riassumere l’incarico,
ma lei indirizza le Sorelle verso
Charlotte Contenet, che ha delle reali capacità e un profondo
senso religioso. Viene eletta.
Contro ogni previsione, madre Contenet è molto dura con
madre Teresa; la tiene in disparte affidandole sistematicamente
lavori faticosi che l’allontanano
dalla vita di comunità. Un giorno passa dal giardino padre Rigaud, che l’aveva conosciuta ai
tempi di padre Terme, e la vede
con il grembiule da lavoro, i
piedi nel fango, le mani sporche
di terra.
In quel momento una religiosa chiede al padre gesuita una
reliquia, e lui, indicando la figura curva della fondatrice che
sta strappando le erbacce dall’orto, risponde: “Sorella mia,
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rere sulla via della santità: ogni
giorno diminuisce se stessa per
far crescere Cristo. Mai un lamento. In lei è possibile intravedere l’umiltà di Maria, la serva che non fa domande e il cui
cuore fertile tende all’invisibile.
Accetta con gratitudine la sofferenza, madre Teresa; la sua è
fedeltà piena. La natura ardente, viva e attiva di questa donna,
è stata mortificata, ma non le
importa. Anzi.
Un giorno così incoraggia
una Sorella: “La vostra tristezza passerà e sarete molto contenta di aver sofferto per Dio…
Noi dovremmo prediligere tutto
quello che ci fa soffrire, perché
è una porzione della croce di
nostro Signore... ditegli per
consolarlo: fatemi la grazia di
amare di essere umiliata e disprezzata per assomigliarvi un
po’”. E in seguito dirà che le
persone che l’hanno fatta soffrire sono state per lei strumenti
di Dio.
In due anni madre Contenet è
riuscita a risanare i conti; il suo
atteggiamento verso Teresa
cambierà progressivamente.
quando madre Teresa morirà
potrà prenderne con tutta sicurezza, perché quella è una vera
santa”.
Madre Contenet cancella con
un colpo di spugna il passato
della Congregazione, crede necessario ricominciare tutto daccapo. Teresa ha 34 anni; viene
spogliata di cariche e ruoli particolari, ma nessuno può toglierle il suo legame con Gesù, che
diventa ogni giorno più forte.
“Se il chicco di grano caduto
in terra non muore, rimane solo; se muore, porta molto frutto”. Lei sceglie di morire costantemente a se stessa per dar
gloria a Dio. D’ora in avanti si
farà come dimenticare, seguendo con discrezione gli avvenimenti, pregando ardentemente e
intervenendo solo quando sarà
necessario. È la roccia su cui
l’Opera cresce e diventa stabile.
Le Religiose del Ritiro cambiano il nome in Religiose di
Nostra Signora del Cenacolo,
abbracciando tutta la ricchezza
spirituale racchiusa in questa
espressione: preghiera, Eucaristia, affidamento a Maria, docilità allo Spirito Santo, missione. Così, lo spirito che ha sempre animato la fondatrice diventa lo spirito ufficiale della Congregazione.
Intanto Teresa continua a cor-
Uno spirito da fondatrice
Nel 1842 accade qualcosa, e
lo Spirito spinge l’umilissima
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vendita uno
stabile grande
e conveniente.
Ma il prezzo
richiesto era
troppo alto
per le suore,
bisognava
aspettare, e la
superiora generale torna a
La Louvesc
senza che le
trattative si
siano concluse. Intanto la
voce di quell’eventuale acquisto si sparse, e siccome c’era
chi aveva interesse a impedirlo,
le cose divennero ancora più
complicate.
Teresa non può stare a guardare; si tratta della sua cara
Opera e della volontà del Signore: quante anime, nella nuova casa di Lione avrebbero potuto conoscere l’amore di Gesù
attraverso gli Esercizi! I tempi
stringono, bisogna prendere
una decisione, madre Contenet
è lontana. Chiudere o no il contratto? Teresa si sente irresistibilmente spinta a rispondere di
sì. La casa di Lione diventa del
Cenacolo. Alla notizia, l’emozione della superiora è grande:
prende le mani di Teresa, da
quel momento non le lascerà
La città di Lione nel XIX secolo.
Teresa ad agire ancora una volta in maniera determinante per
il futuro della Congregazione.
È arrivato il momento di fondare una casa a Lione. I locali
affittati inizialmente erano bui,
umidissimi, per niente adatti al
fine degli Esercizi. Nonostante
questo, Teresa e un’altra Sorella
vi si trasferiscono. Un anno dopo si presenta un’occasione insperata. Per dare alla comunità
e alle anime una sede adeguata,
il Signore usa come strumento
un piccolo orefice della zona, a
cui le suore si erano rivolte perché mancavano le croci per le
cerimonie di professione. Il
buon uomo portò a madre Contenet la notizia che sull’altopiano di Fourvière, proprio vicino
alla chiesa, era stato messo in
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Nelle foto: sopra, la camera dove Teresa Couderc viveva nella Casa di
Fourvière a Lione; sotto, una religiosa della Congregazione di Nostra Signora del Cenacolo all’esterno della Casa di Lione.
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tenet lascia la vita terrena, dopo
aver combattuto con la malattia.
Madre de Larochenégly prende
il suo posto.
Già da tempo Teresa era tornata ad essere apprezzata e sollecitata a prendere più direttamente parte alla vita della Congregazione. Si fa appello a lei
nelle situazioni più delicate, come nel 1855: sulla famiglia religiosa, a Parigi, pesa la minaccia di una separazione; Teresa
interviene e riesce a salvare
l’Opera di Dio.
Perché tante prove? “Il bene
– scrive in una lettera – lo si
paga a caro prezzo”.
Nonostante sia stata “riabilitata”, negli anni che seguono la
sua disposizione d’animo rimane la stessa; il suo desiderio è
quello dell’oblio di sé; scrive
più volte: “Che nessuno si occupi di me, che nessuno pensi a
me che per ringraziare Dio delle grazie che mi ha fatto… La
mia attrattiva mi porta sempre
verso questa completa dimenticanza di me stessa”.
Il Signore si fa conoscere
sempre più da quest’anima ardente di amore, e le sta per donare straordinarie esperienze
mistiche.
più. L’aveva creduta una rivale,
e si rende conto di quanto era
stata tratta in inganno.
La nuova fondazione si fa all’insegna della povertà, ma con
tanto entusiasmo. Le Sorelle
stesse si occupano del trasloco
e delle pulizie dei nuovi locali.
Madre Teresa e le altre lavano
pavimenti, stipiti e porte con la
soda, tanto da averne le mani
ferite. La casa di Lione viene
affidata a madre de Larochenégly, Teresa è assistente. È il
1844.
Un giorno padre Fouillot, gesuita, viene a confessare la comunità. Nella casa c’erano ancora i lavori; le suore utilizzavano come portalampada addirittura una scodella rotta. Sorge
immediatamente un problema:
come confessarsi se non c’era il
confessionale? Lo zelo apostolico di Teresa non tarda a trovare una soluzione: la fondatrice
trova in cucina una vecchia moschiera lasciata dagli inquilini
precedenti, ne distacca la rete
metallica e la fissa su alcune
assi. Sa adattarsi, suor Teresa,
al lavoro, alle difficoltà, alla
prova: l’ha imparato fin da piccolina.
Il 1850 è l’anno di una nuova
fondazione: al numero 15 di rue
du Regard nasce la casa di Parigi. Due anni dopo, madre Con19
CONSEGNARSI:
LA VOCAZIONE DI UNA VITA
Se livrer,
un’esperienza mistica
È il 26 giugno del 1864, una
domenica. A Montpellier, dove
si trovava dopo aver partecipato
alla fondazione di un’altra casa
dell’Opera, Teresa si ritira nel silenzio della sua stanza, e scrive.
Le è successo qualcosa di importante, perché nell’angolo a sinistra del foglio si legge: a garder, “da conservare”. Lei non
ama mettere nero su bianco il
suo rapporto intimo con il Signore, ma questa volta è diverso;
desidera che ciò che ha vissuto
sia di aiuto per altre anime.
Il suo è un testamento spirituale: quella mattina, preparandosi per la meditazione, aveva
udito il suono delle campane
che chiamavano i fedeli in chiesa; mentre desiderava di unirsi a
tutte le messe che si celebravano, ecco vede “una moltitudine
di altari nei quali si immolava
contemporaneamente la Vittima
adorabile; il sangue dell’Agnello senza macchia colava abbondantemente su ciascuno di questi altari”. L’anima di Teresa
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viene subito presa da un sentimento di riconoscenza e al contempo di stupore: perché il mondo non era tutto santificato dal
sangue di Cristo? E le parve
udire la risposta: “Le anime
mancano di generosità”. La
mente di Teresa, illuminata dallo Spirito, trova una via concreta: “Il gran mezzo per entrare
nella via della perfezione e della
santità, è di consegnarsi al buon
Dio. Ma cosa vuol dire consegnarsi?
Io comprendo tutta l’ampiezza
del senso di questa parola, ma
non so spiegarlo. So soltanto che
tale senso è estesissimo, che abbraccia il presente e l’avvenire.
Consegnarsi è più che dedicarsi, è più che darsi, è persino
più che abbandonarsi a Dio.
Consegnarsi è, insomma, morire a tutto e a se stessi, non più
occuparsi dell’io che per tenerlo
sempre rivolto a Dio.
Consegnarsi è… quello spirito
di distacco che non tiene più a
nulla, né alle persone, né alle
cose, né al tempo, né ai luoghi.
Si potrà forse pensare che è
molto difficile fare questo.
Tutt’altro. Nulla di più facile,
nulla di più dolce da praticare.
Si tratta di compiere una sola
volta un atto generoso, dicendo
con tutta la semplicità di cui l’a-
nima nostra è capace: ‘Mio Dio,
voglio essere tutta tua, degnati
di accettare la mia offerta’. E
tutto è detto. È necessario poi
avere cura di mantenersi in questa disposizione d’animo, senza
indietreggiare davanti ad alcuno
dei piccoli sacrifici che possono
servire a farci progredire nella
virtù. Ricordarsi che ci si è consegnati…
Oh, se si potesse comprendere
in anticipo quali siano le dolcezze e la pace che si gustano
quando non si mette alcuna riserva al Signore! Come Egli si
comunica all’anima che lo cerca sinceramente e che ha saputo
consegnarsi! Provate, e vedrete
che in questo si trova la felicità
che invano si cerca altrove. L’anima che ha saputo consegnarsi
ha trovato il paradiso sulla terra, poiché gode già di quella
pace soave che costituisce in
parte la felicità degli eletti”.
Se livrer: consegnarsi. Per Teresa, che ha 59 anni, è la conferma di tutta una vita; per l’Opera
un testo fondante; per le anime
che lo leggono un incoraggiamento alla santità, possibile nell’umanità limitata di ognuno.
Attraverso Teresa, il buon Dio ci
lascia un’esortazione e un metodo per raggiungere la felicità,
già su questa terra.
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NELL’ORTO DEGLI ULIVI
Tutto è dono
dedito a servire; la fondatrice
se ne sta silenziosa, in un cantuccio di casa, a rattoppare le
vesti delle Sorelle, e pur essendo lei stessa spesso malata, le
assiste come infermiera.
Siamo vicini al 1869, quando
Dio le chiederà di tenergli
compagnia nel Getzemani.
Teresa stessa racconta di aver
udito un giorno di qualche anno prima, distintamente, queste
parole: “Tu sarai vittima di
olocausto”. Lei aveva domandato che cosa significasse.
“Nostro Signore volle ben
spiegarmi che il fuoco del cielo
discendeva sulla vittima di olocausto e divorava tutto senza
eccezioni in maniera che non
restava alcuna traccia, perché
tutto era per Lui”. A questa richiesta Teresa si sente venir
meno, ma non può non consegnarsi. Ancora una volta, come
ha fatto ogni istante della sua
vita. Da allora, la desolazione
si impadronirà della sua vita
interiore.
Il suo osservatorio diventa il
costato di Gesù; da lì sente il
dolore lacerante del peccato
La gloria di Dio e la salvezza
delle anime: a Teresa non interessa altro. Prega per tutti, anche per “gli infedeli che non
hanno la fortuna di conoscerLo”. Nei suoi colloqui con il
Signore, gliene parla; si rammarica del fatto che non possono godere della sua tenerezza.
Lei è sempre più centrata su
Dio, naufraga in lui, ne gusta
la presenza, e le sofferenze fisiche che cominciano a colpirla sono addolcite dalle consolazioni che le regala il suo
Sposo.
È il 1866. Teresa confida alla
superiora: “Vidi scritto come in
lettere d’oro questa parola,
Bontà, che da lungo tempo ripetevo con indicibile dolcezza.
La vidi scritta su tutte le creature animate e inanimate, ragionevoli o no… la vedevo persino sulla sedia che mi serviva
da inginocchiatoio”. Quale
esperienza più bella? Guardare
ogni cosa come un dono e farsi
riempire il cuore dalla gratitudine verso il Creatore. E il cuore generoso di Teresa è sempre
22
Nelle foto, l’inginocchiatoio nella tribuna della cappella della casa della
Congregazione a Lione; qui pregava Teresa Couderc.
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sua spina dorsale era compromessa. Tutte le volte che la andava a trovare, Teresa la incoraggiava: “Vengo a vedere se
lei cammina”. E la invitava a
chiedere la grazia perchè, le
spiegava, “a Nostro Signore
non è più difficile di guarire lei
che di guarire il paralitico”.
Da cinque anni, mattina e sera,
la fondatrice pregava per la
guarigione di quella Sorella inferma, chiedendo l’intercessione della Madonna di Lourdes.
Quel giorno, era il 14 settembre, Teresa si reca da madre de
Echeverria e… la vede camminare. I suoi occhi si riempiono
di lacrime: era stata esaudita!
La Sorella le racconta che dopo la Messa dell’8 settembre
aveva potuto di nuovo camminare sulle sue gambe; addirittura era riuscita ad inginocchiarsi per la confessione.
del mondo, dell’ingenerosità
degli uomini. Si è offerta per
cooperare con Cristo alla salvezza dell’umanità: “quando
sono con Lui nell’Orto degli
Ulivi… non oso più lamentarmi, perché le sue sofferenze sono ben più grandi delle mie…
gli chiedo soltanto la forza di
soffrire e l’amore della croce…”. Nel suo combattimento
spirituale Teresa sceglie e sceglie ancora la volontà di Dio. È
questa la sua vocazione: realizzare pienamente la sua libertà
apparentemente rinunciandovi.
Dopotutto, in uno dei suoi soliti slanci di amore gli aveva detto: “Ti amerei lo stesso, anche
senza queste consolazioni!”.
“Mi ha preso in parola”, dirà
in seguito.
In questo stato permanente di
sofferenza, che durerà fino alla
morte, c’è però un momento di
conforto che arriva inaspettato,
nel settembre del 1872. L’8
settembre si compie una guarigione proprio grazie alle suppliche della fondatrice, che vive da alcuni anni nella casa di
Lione.
Era da qualche giorno che
Teresa non entrava nella camera di madre de Echeverria. Da
cinque anni la suora non poteva più muovere un passo: la
La fecondità della Croce
L’isolamento di Teresa cresce negli ultimi anni della vita;
diventa quasi completamente
sorda, fa fatica a respirare e ha
dolori sempre più intensi. Ma
non è questo che le pesa di più,
quanto l’agonia di Cristo e, in
lui, di tutta la Chiesa.
Le Sorelle la vedono piange24
degli uomini non coincidono
con quelli di Dio. Stéphanie
non ha paura. Anzi, aspetta che
la misteriosa suora parli, le dica qualcosa. Questa invece lascia parlare il suo sguardo, così
profondo che sembra radicarsi
in un altro luogo: è quasi un
prolungamento dell’Infinito.
La suora bellissima scompare.
L’indomani la giovane racconta alla superiora l’accaduto,
e chiede se per caso madre Teresa sta male. L’incontro della
notte precedente le ha infuso
tanta pace e fiducia nel cuore,
e lei è convinta che quella suora sia la fondatrice. Quando vede una foto, non ha dubbi: era
lei ad averle fatto visita. Viene
subito rassicurata. Madre Teresa è viva.
L’anno seguente, Stéphanie
viene trasferita a Lione e di
nuovo riconoscerà, in quell’anziana che cammina appoggiandosi ad un bastone, la suora
misteriosa di quella notte. Intorno a lei, la stessa luce che si
irradia.
re spesso mentre in ginocchio,
nella cappella del Cenacolo di
Lione, prega incessantemente.
Con gli occhi chiusi, madre Teresa singhiozza, soprattutto
nella sera del giovedì e per tutto il venerdì. L’udito l’ha quasi
abbandonata, e lei non si accorge nemmeno di essere sentita. È una creatura quasi totalmente immersa nell’al di là,
ma il momento di lasciare la
vita terrena non è ancora giunto. Eppure, nel maggio 1880,
per un attimo alcune Sorelle
che abitavano lontano da Lione
avevano creduto che la fondatrice potesse essere salita in
cielo.
L’allarme era partito da madre Stéphanie, una giovane da
poco entrata nel Cenacolo e
talmente piena di ardore da
avere una grande fretta di diventare santa. Stéphanie non
aveva mai visto la fondatrice,
ne aveva solo sentito parlare. Il
9 maggio 1880, in piena notte,
è svegliata da uno scricchiolio.
Si stropiccia gli occhi e vede
sulla soglia della stanza una
suora bellissima: la cuffia le
incornicia il viso, gli occhi la
guardano a lungo, pieni di
bontà; sembrano invitarla con
dolcezza ad imparare la virtù
della pazienza, perché i tempi
“Ricomincerei
volentieri il cammino”
Prima di chiamarla a sé, il
Signore dona un’ultima consolazione a Teresa.
25
la voce di quelle anime: può
farlo solo Teresa. È esclusivamente per lei quell’anticipazione di cielo.
Il Signore la sta portando sul
palmo della sua mano. Sabato
26 settembre, nel pomeriggio,
la solleva verso di sé, togliendola alla vita terrena. È il
1885.
Gli ultimi momenti di Teresa
sembrano essere stati dolcemente illuminati da una presenza sensibile della Vergine:
la via breve per arrivare a Gesù, quella via che Teresa non
aveva mai smesso di percorrere, con l’entusiasmo dell’apostola. E poco prima di chiudere
per sempre gli occhi a questa
terra aveva esclamato: “Che
cosa importa se i miei piedi
nudi e feriti riempiono i miei
zoccoli di sangue? Ricomincerei volentieri il cammino, ho
trovato così bene il Signore!”.
Aveva 80 anni.
Paolo VI l’ha inserita nel numero dei santi e delle sante di
Dio il 10 maggio 1970. Il corpo di Teresa Couderc è stato risparmiato dalla decomposizione e si trova nella cappella del
Cenacolo di La Louvesc, che
ha visto la nascita dell’Opera
“Nostra Signora del Cenacolo”, presente oggi nei cinque
continenti: dall’Europa alle
Negli ultimi mesi le sofferenze fisiche sono aumentate e il
deserto interiore continua a
consumarla: “Mio Gesù – mormora spesso – unisco la mia
agonia alla tua”.
Un giorno confida alla nuova
superiora: “Da ieri sono circondata da immense moltitudini che pregano incessantemente con un accento penetrante…
Cantano pure in tono grave gli
inni, i salmi, le preghiere liturgiche. Tutte supplicano, gemono, adorano la divina Maestà,
la lodano tutte insieme con
un’armonia, una fede, una speranza, un amore ineffabili.
Credo siano le anime del Purgatorio. In certi momenti ne
sono come tutta assorta poiché, mio malgrado, bisogna
che mi unisca a loro… Questa
mattina, allorché ho ricevuto
la santa Comunione, esse hanno intonato il Te Deum. Al
quarto versetto, nonostante i
miei sforzi per occuparmi solo
di Nostro Signore, ho dovuto
seguirle e cantare con loro:
‘Santo, Santo, Santo il Signore…’. Era meraviglioso. Posso
vivere ancora a lungo, ma non
potrò mai dimenticare quell’armonia… Esse sono incessantemente là, non comprendo
come non le sentiate!”.
Certo la superiora non sente
26
per rispondere ai bisogni delle anime
che cercano Dio. E
oggi la famiglia della Congregazione si
è allargata: ci sono
anche laiche consacrate e membri della
fraternità, tutti consegnati al soffio dello Spirito Santo.
Per ognuno di loro
l’esempio e l’eredità
della fondatrice che,
prima di tornare per
sempre al “buon
Maestro”, come era
solita chiamarlo, ha
avuto un ultimo pensiero per la sua famiglia religiosa:
“Domando a Dio
che non facciamo
mai nulla per ostentazione, ma che
compiamo il bene
nell’ombra, considerandoci sempre coUn particolare del bassorilievo di Teresa Cou- me le più piccole
derc realizzato dallo scultore Lello Scorzelli.
nella Chiesa di
Dio”.
Americhe, dall’Asia all’Africa
“Il Cenacolo - diceva, fra
l’altro, Paolo VI il giorno della
all’Australia.
canonizzazione di Santa Teresa
nel maggio 1970 - è una ConL’Opera che continua
gregazione religiosa dedicata a
Le suore del Cenacolo lavo- Nostra Signora, la Madre di
rano in silenzio, ogni giorno, Cristo, che in mezzo alla prima
27
na: quello interiore,
nel silenzio, nell’orazione, nella contemplazione, nell’intimo
colloquio con Dio,
nell’esercizio della
sublime delicatissima
deliziosa paziente arte
della preghiera fino a
fare di questa il proprio respiro, la propria
personale pienezza, la
propria comunione
continua con Cristo;
quella esteriore: che
cerca di trasfondere in
altri i tesori della verità e delle virtù, che
fa dell’apostolato religioso l’esercizio della
propria carità, è scuo“Sono venuto a portare il fuoco sulla Terra” la di vita cristiana e di
dottrina cristiana, è riLuca 12,49.
fugio di silenzio e di
comunità cristiana attende, in- meditazione, è clinica di riabivoca, riceve in nuova pienezza litazione per le forze morali e
l’effusione dello Spirito Santo spirituali”.
nel giorno di Pentecoste. È una
“Oggi - concludeva il Papa -,
formula religiosa semplice e assorbiti dal ritmo della nostra
felice, è una sintesi di vita con- attività esteriore, affascinati
templativa e attiva, di vita per- dall’incantesimo della scena
sonale comunitaria e sociale di sensibile che ci circonda, sentiamo il bisogno e talvolta il
silenzio e di parola”.
“È una congregazione reli- dovere di recuperare noi stessi
giosa - sottolineava Paolo VI - di risalire a Dio, di ricercare
che celebra imitandoli e rivi- Cristo maestro interiore e di revendoli i due momenti dello spirare nel soffio misterioso
Spirito di Gesù nella vita uma- dello Spirito Santo”.
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La vita
1 febbraio 1805
2 febbraio 1805
Maggio 1815
1822
Primavera 1825
Inverno 1826
Giugno 1827
1828
Secondogenita di una famiglia numerosa, nasce a Le
Mas, in Francia, a pochi chilometri dal villaggio di
Sablières, nell’Ardèche meridionale. I genitori, Anne e Claude Couderc, sono proprietari terrieri che
conducono una vita semplice e godono della stima
di tutti. Il padre lavora la terra con l’aiuto di alcuni
operai, la madre è casalinga. Sono persone profondamente cristiane.
Viene battezzata nella chiesa del villaggio.
Riceve la prima comunione nel giorno di Pentecoste.
Viene mandata nel collegio delle Suore di San Giuseppe, a Vans, per ampliare l’istruzione ricevuta in
casa da un anziano maestro. Vi rimane tre anni, con
qualche ritorno a casa.
Il padre va a riprenderla per farla partecipare alla
missione che si terrà a Sablières in occasione della
Pasqua. La predicazione a cui assiste, rende nitida in
lei una vocazione già nata da tempo; si confida con
uno dei tre missionari, padre Etienne Terme, che diventa sua guida spirituale.
Lascia la famiglia per recarsi ad Aps, oggi Alba la
Romaine, dove inizia il noviziato nella comunità
delle Suore di San Régis, fondata da padre Terme. Il
27 marzo veste l’abito e prende il nome di suor Teresa.
È chiamata da padre Terme, con altre due Sorelle, a
La Louvesc, dove il sacerdote ha aperto un ostello
per accogliere le pellegrine che si recano alla tomba
del gesuita san Giovanni Francesco Régis. Qui è
maestra delle novizie e svolge opera di apostolato
tra la gente. È il primo seme della futura Congregazione “Nostra Signora del Cenacolo”.
A soli 23 anni diventa superiora della casa di La
Louvesc, che presto trasforma da ospizio di accoglienza ad oasi di preghiera in cui praticare anche gli
Esercizi spirituali ignaziani.
29
12 dicembre 1834
Aprile 1835
1836
6 gennaio 1837
Agosto 1837
Ottobre 1838
1839
1842
1844-1852
A 43 anni muore di polmonite padre Terme, che le
lascia in eredità la casa e l’Opera.
Il padre provinciale dei Gesuiti, padre Renault, sollecitato da Teresa, affronta le difficoltà della Congregazione nascente, decidendo una separazione tra
le suore votate al catechismo e le suore degli Esercizi. Queste ultime prendono il nome di Religiose del
Ritiro.
Il vescovo di Viviers approva le nuove Regole delle
religiose del Ritiro.
Teresa pronuncia i voti perpetui: ha 32 anni.
Padre Renault la invia al santuario mariano di Notre
Dame d’Ay, non lontano da La Louvesc, al fine di
allontanarla. In lui era stato seminato il sospetto che
le difficoltà economiche in cui versava la Congregazione fossero responsabilità di Teresa. Qui, il 15
agosto, pronuncia in segreto un atto di consacrazione alla Vergine, nominando Maria superiora dell’Opera e promettendo di obbedire sempre alla voce
della Grazia.
È deposta da padre Renault che la sostituisce con
madame de Lavilleurnoy, una vedova molto ricca
da poco novizia. Dopo undici mesi la nuova superiora ha condotto la Congregazione alla rovina e si
ritira. Prende il suo posto madre Contenet.
Madre Contenet è molto dura con Teresa; le fa svolgere lavori faticosi che la allontanano dalla vita di
comunità. Lei accetta di essere messa da parte, e la
sua emarginazione durerà a lungo. Nel frattempo la
Congregazione è confermata nella via mariana e le
suore assumono il nome di Religiose del Cenacolo.
Grazie alla prontezza di intervento di Teresa, le suore riescono ad acquistare a Lione, nell’altopiano di
Fourvière, una casa adeguata allo svolgimento degli
Esercizi. Qui è assistente e condivide con entusiasmo le privazioni necessarie a questa nuova fondazione. Madre Contenet si ravvede su di lei.
Anni di intensa collaborazione e profonda intimità
spirituale con madre de Larochenégly. Quest’ulti30
ma, alla morte di madre Contenet, nel 1852, viene
eletta superiora.
Marzo 1855
Viene chiamata nella casa di Parigi, fondata cinque
anni prima, dove riesce a rasserenare gli animi, evitando una separazione lacerante tra le Sorelle e rinsaldando la comunione all’interno dell’Opera.
1860
Teresa è inviata nella comunità di Montpellier, dove è assistente della superiora; la sua vita spirituale
conosce anni di splendida pienezza, nonostante le
sofferenze per le difficoltà di questa piccola fondazione.
26 giugno 1864
Appunta su un foglio l’esperienza mistica in cui il
Signore le indica la via per la santità: se livrer, consegnarsi, perdersi in Dio.
1866
Confida alla superiora di aver visto scritta, come in
lettere d’oro, la parola “Bontà” su ogni cosa animata e inanimata. Il suo cuore è pieno di consolazione.
1867
La casa di Montpellier viene chiusa e Teresa torna a
Lyon-Fourvière, che non lascerà più.
1869
Comincia il lungo periodo di deserto interiore che
durerà fino alla sua morte. Teresa accetta di condividere nel Getzemani l’agonia di Gesù.
Settembre 1872
Ottiene dalla Vergine la guarigione miracolosa di
madre Echeverria, una Sorella inferma per la quale
pregava da anni.
Maggio 1880
Una notte appare a madre Stépanie, una giovane da
poco entrata nel Cenacolo che ancora non la conosce; la guarda senza parlare ma infondendole pace e
fiducia.
26 settembre 1885 Si spegne serenamente confortata dalla presenza
della Vergine. Negli ultimi mesi ha avuto la consolazione di partecipare ai canti e alle preghiere di
moltitudini di anime accanto al suo letto. Ha 80
anni. Viene inumata qualche giorno dopo a La
Louvesc.
12 maggio 1935
Pio XI la riconosce Venerabile.
4 novembre 1951 Pio XII la dichiara Beata.
10 maggio 1970
Paolo VI la proclama Santa.
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Bibliografia
TESTI:
COTTA GIOVANNA, Nel cuore di Dio nel cuore
del mondo, Gribaudi, Torino 1983.
GIOANNINI MARIO, Ricomincerei volentieri il
cammino, Gribaudi, ristampa Milano 2004.
PAULE DE LASSUS R.C., Thérèse Couderc 18051885 la femme-la sainte, Quelques essais sur sa
personnalité et sa spiritualité, Lescuyer, Lyon
1985.
STUDI, OPUSCOLI, RIVISTE:
Nostra Signora del Cenacolo, Antologia dei Documenti della Congregazione, Tipografia poliglotta vaticana, 1985
Celebrando il bicentenario di Teresa Couderc, opuscolo in lingua francese, inglese e italiana, a cura
della Congregazione, 2005
Sainte Thérèse Couderc 1805-1885 Fondatrice de
Notre-Dame du Cénacle, pubblicazione a cura della
Congregazione “Notre Dame du Cénacle”, Lione
2005
Nostra Signora del Cenacolo
Piazza Madonna del Cenacolo, 15
00136 Roma - Tel. 06.354.200.51
06.354.200.52 - Fax 06.354.200.53
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Teresa Couderc - Congregazione di Nostra Signora del Cenacolo