12/11/2015
Avvenire
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Chiesa in Italia
Camminare insieme Strategie per riuscirci
I203 «tavoli» nei quali ieri a Firenze si è tenuta
la discussione sulle cinque vie (uscire, abitare,
annunciare, educare, trasfigurare) il quinto
Convegno ecclesiale nazionale ha
sicuramente offerto un esempio e una scuola
di «metodo ecclesiale». Vescovi, sacerdoti,
laici, religiosi, giovani e adulti, infatti, si sono
seduti uno accanto all' altro e, senza timore,
hanno messo sul piatto il proprio vissuto e
quello delle proprie comunità. E così hanno
iniziato a delinearsi i primi nodi critici accanto
alle richieste e alle proposte per scioglierli.
Non sono mancati gli orizzonti coraggiosi,
indicati con l' intento di rendere la Chiesa
italiana sempre più presenza profetica nel
Paese. Ad aiutare i delegati nel lavoro di
confronto c' erano le riflessioni offerte dalla
Traccia elaborata all' inizio del cammino di
preparazione. Un sussidio che è stato
sintetizzato in un opuscolo più breve inserito
nelle sacche dei partecipanti ai lavori nella
Fortezza da Basso. In questa pagina diamo
conto delle linee comuni emerse nel corso
della prima fase dei lavori di gruppo di ieri
pomeriggio. Ovviamente non si tratta di sintesi
esaustive ma solo di una raccolta di
suggestioni che permette di capire lo stile e la direzione imboccata da questo Convegno. Oggi il
confronto proseguirà e poi si passerà alle sintesi: i "facilitatori" dei tavoli presenteranno i risultati del
dibattito ai 20 moderatori, che elaboreranno una sintesi dalla quale i cinque relatori trarranno le
conclusioni.
Matteo Liut RIPRODUZIONE RISERVATA I gruppi di lavoro del Convegno ecclesiale nazionale di
Firenze (foto Siciliani)
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Chiesa in Italia
ANNUNCIARE
Rivedere la formazione a partire dai Seminari
Tornare a portare l' annuncio «dentro» alla
comunità per dare vita a una Chiesa in grado
di «uscire» e offrire al mondo il Vangelo: è
questa la richiesta condivisa emersa dai
gruppi che ieri pomeriggio nei padiglioni della
Fortezza da Basso a Firenze si sono
concentrati sulla via dell' annunciare. «È
emersa l' idea che solo una comunità
attraversata da relazioni autentiche può
portare un annuncio efficace del Vangelo ­
sottolinea Francesca Simeoni, già presidente
nazionale femminile della Fuci (Federazione
universitaria cattolica italiana), una dei quattro
moderatori di questa via ­. Tra le richieste che
hanno animato il dibattito c' è quella di non
avere paura di abbandonare il «già fatto» per
innovare con coraggio. Da tutti è giunta l'
esigenza di un «rinnovamento radicale della
mentalità».
Conferma don Mariano Salpinone, parroco a
Formia, anche lui moderatore della via dell'
annunciare: «Le due linee dell' annuncio all'
esterno e dell' evangelizzazione all' interno
della comunità alle volte sono state concepite
come contrapposte. La sfida è quella, quindi,
di farle incontrare, di modularle.
Un possibile itinerario che porta a questo obiettivo è stato indicato dai delegati nella cura della
formazione dei formatori». Anzi, dai gruppi sull' annunciare, specifica Francesca Simeoni, è emersa «la
richiesta di una radicale revisione del sistema della formazione a partire dai Seminari e dai cammini
della catechesi. E anche le famiglie, nel loro ruolo formativo, necessitano di essere affiancate e aiutate
dalle comunità».
Si tratta di richieste che però non sono fini a se stesse e non si riducono a un mero revisionismo: «L'
esigenza espressa nei gruppi ­ notano i moderatori ­ è quella di annunciare ascoltando, di saper
incarnare la Parola nei contesti in cui si è chiamati a portarla». D' altra parte anche nell' atteggiamento
dell' ascolto è necessaria una «doppia via»: da un lato bisogna sapere entrare in dialogo con il mondo,
dall' altro i delegati hanno espresso il desiderio di vivere in una Chiesa «che si lascia mettere in crisi, in
discussione dall' annuncio». In definitiva, insomma, secondo i delegati annunciare il Vangelo non è solo
questione di tecniche e pratiche sostenute da una formazione adeguata, ma anche il frutto di un
«tessuto ecclesiale» di qualità.
Matteo Liut RIPRODUZIONE RISERVATA.
MATTEO LIUT
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Chiesa in Italia
ABITARE
Lavoro, scuola, politica: non basta agire da soli
Questione di stile, verrebbe da dire.
Perché se c' è una cosa che accomuna tutti i
tavoli di lavoro sulla via dell'"abitare" è proprio
questa: basta fughe in avanti e frenate
fragorose, sulle tematiche sociali e politiche
bisogna procedere insieme, imparando a
leggere sul serio i problemi alla luce della
Dottrina sociale della Chiesa e ad agire come
comunità, non come singoli. E stare in dieci
stretti intorno a un tavolo, laici, vescovi,
sacerdoti e religiosi, aiuta a costruire con
serenità, dando valore alla parola di ciascuno.
Un metodo che piace.
Giuseppe Bacchi Reggiani, delegato di
Bologna, è uno dei quattro moderatori dell'
ambito e sottolinea questo elemento sopra
ogni altro. «Forse qui più che altrove ­
sottolinea ­ emerge la necessità di procedere
con stile sinodale e con la logica dell'
accompagnamento, senza lasciare da sole le
persone di fronte a sfide enormi».
Lo stesso rilievo che fa Marco Cangiotti, dell'
arcidiocesi di Pesaro, anche lui moderatore.
«Mi pare si sia compresa l' esigenza di non
fare lunghe analisi critiche ­ evidenzia ­ e di
mettere in gioco le migliori pratiche, che sono tante».
Per carpire qualche tema emergente bisogna dialogare con i delegati. E uno viene fuori con più forza: l'
accompagnamento alle persone impegnate in politica o che vogliono tentare questo servizio. Percorsi
veri e propri, che innanzitutto colmino le "solitudini" degli amministratori, ma che contribuiscano anche
ad un clima di collaborazione più che di contrapposizione.
Percorsi che abbiano anche lo scopo di incoraggiare l' impegno diretto di chi magari ha passione
sociale ma teme di essere abbandonato dalla comunità cristiana. Di certo si avverte un desiderio di
presenza forte.
Non solo politica, però. La via dell'"abitare" richiama i luoghi. E i luoghi che più necessitano di presenza,
secondo molti delegati, sono quelli più ordinari. Il lavoro, innanzitutto, con un potenziamento dell'
impegno per orientare i giovani e aiutarli a elaborare progetti innovativi. Ma anche i social network,
verso i quali prevale un atteggiamento non demonizzante. E le scuole, dove organismi di
rappresentanza come i Consigli d' istituto sono stati via via sviliti e abbandonati. In diversi tavoli ci si è
soffermati sul rapporto tra formazione e azione, con uno scopo: non ritardare o dilazionare il tempo delle
scelte, il tempo di mettere in pratica e realizzare progetti.
Marco Iasevoli RIPRODUZIONE RISERVATA.
MARCO IASEVOLI
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Chiesa in Italia
TRASFIGURARE
Una fede che sia lievito, capace di trasmettere
gioia Trasfigurare. Nervi saldi, la parola non
deve incutere timore. Chi non fa esperienza
concreta, quotidiana, di «trasfigurazione»?
Trasfigurare significa guardare al mondo, alle
persone e alle cose con gli occhi della fede. È
entrare in relazione con il mistero di Cristo
quando si prega, e con Cristo risorto durante
la liturgia eucaristica. Trasfigurare è la
bellezza nella sua espressione più alta. Ma
come hanno concretamente affrontato la quinta
via i delegati ieri pomeriggio?
Pina De Simone, membro del Comitato,
animatrice del "trasfigurare", è della diocesi di
Nola in Campania, insegna filosofia alla
Facoltà teologica dell' Italia meridionale e ha
una lunga e importante esperienza maturata
nell' Azione cattolica. Conferma la bontà del
metodo, con piccoli gruppi di dieci elementi
appena: «Nessuno si nasconde, tutti
partecipano». E il tema? «È stato accolto forse
con curiosità, sicuramente con interesse. Ci ha
messi alla prova».
Bisogna essere sinceri, la parola non è "facile"
«È vero, però è anche affascinante. Indica un
orizzonte alto a cui guardare e verso cui
protendersi. I delegati l' hanno capito perfettamente».
Un buon aiuto è venuto dai videoclip di presentazione. Quel «voce del verbo», osserva Pina De Simone,
«indica un dinamismo e suggerisce tensione, forza, energia provenienti dallo Spirito. E in questo ci
siamo sentiti in sintonia con Francesco, che martedì ci ha detto come la fede possa essere
rivoluzionaria proprio per impulso dello Spirito». La parola "trasfigurazione", dunque, è tutt' altro che
disincarnata. «Proprio così.
Consente di compiere uno sforzo di immaginazione creativa. Induce a immaginare, insieme, una fede
umanizzante, una fede che sia lievito, fermento e profezia, una fede capace di trasmettere gioia di
vivere».
Il metodo dei piccoli gruppi sembra dunque indovinato. Però è anche laborioso proprio per l' enorme
quantità di gruppi e la varietà dei contenuti. «La sinodalità ­ spiega Pina De Simone ­ ha bisogno di
tempo, di pause, di attese, di silenzi. Per giungere a una sintesi felice».
E i delegati qualche sintesi felice l' hanno proposta, quando hanno declinato il verbo trasfigurare in altri
verbi: chiamare per nome, guardare negli occhi, accogliere, accompagnare, incoraggiare «Che altro
non sono ­ conclude De Simone ­ che i verbi della vita».
Umberto Folena RIPRODUZIONE RISERVATA.
UMBERTO FOLENA
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Chiesa in Italia
USCIRE
Catechesi nei condomini Serve il coraggio di
osare Uscire come fuga dagli "egoismi "
ecclesiali. Uscire come attenzione ai territori.
Uscire come ascolto dell' ordine del giorno del
mondo. Non sono mancati fin dalla primissima
tornata di "tavoli" le molteplici coniugazioni del
primo verbo (o prima via che dir si voglia) del
Convegno di Firenze.
«Intanto ­ fa notare monsignor Francesco
Puddu, vicario generale della diocesi di
Cagliari ­ uscire è stato inteso da tutti i delegati
come l' abbandono di antichi cliché pastorali,
per aprirsi a una missionarietà a 360 gradi».
Puddu è tra i moderatori del "gruppo 1" e non
nasconde la sua soddisfazione per l'
andamento dei lavori. «Ciò che sta emergendo
­ sottolinea ­ è il coraggio di osare ». Una
formula che monsignor Filippo Sarullo,
parroco della Cattedrale di Palermo, anch' egli
tra i coordinatori del gruppo, traduce così:
«Uscire è stato inteso come capacità di
lasciarsi alle spalle la mentalità del 'si era
sempre fatto così' per esplorare nuove
possibilità».
Lo spazio per le esplorazioni, del resto, non
manca di certo. Quella in uscita è una Chiesa
attenta alla realtà che la circonda, che si fa interpellare da essa, che non pensa di avere tutte le risposte
pronte. «Intercettare le esigenze del territorio ­ afferma don Filippo ­ è uno degli elementi più sottolineati
dai delegati. E per intercettare bisogna uscire», soprattutto valorizzando quelle "antenne"
particolarmente sensibili che sono i laici.
Tra le prime proposte emerse dai tavoli c' è, infatti, quella di valorizzare le consulte laicali, di
promuovere catechesi itineranti nei condomini, di interagire con i cristiani presenti nei luoghi di lavoro,
di formazione e anche di ricreazione. «Sono molte le povertà che ci sfidano ­ sintetizza don Sarullo ­,
ma anche le risorse non mancano». Importantissimo anche «uscire per andare verso i giovani» e
«parlare con loro linguaggi nuovi».
Secondo monsignor Puddu, questo desiderio di partecipazione «è un segnale evidente della fecondità
pastorale di papa Francesco. Nei miei gruppi ­ racconta ­ c' erano oggi 98 delegati su 100, una
percentuale altissima che fotografa l' interesse molto alto suscitato dal Convegno ». Anche questo in un
certo senso è uscire. «Uscire da una mentalità pessimistica o incline alla lamentela, per andare verso la
proposta, l' impegno, la gioia di annunciare il Vangelo».
Mimmo Muolo RIPRODUZIONE RISERVATA.
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Chiesa in Italia
EDUCARE
Ragazzi, allarme solitudine Urgente una nuova
alleanza Sinodalità: è la parola che anche in
ambito educativo ritorna, come esigenza e
come indicazione da seguire. La prima
giornata dei lavori di gruppo, caratterizzata
dalla forte eco delle parole di Papa Francesco,
ha fatto emergere la necessità «di favorire
sinergie per condividere ciò che si fa, evitando
settorializzazioni e dispersioni», spiega
Giuseppe Mari, docente di pedagogia
generale all' Università Cattolica del Sacro
Cuore di Milano, uno dei coordinatori di questa
fase del Convegno. «La Chiesa è tonica e non
passiva rispetto agli eventi: serve però un'
effettiva integrazione che metta insieme le
diverse proposte», afferma Mari, evidenziando
che i delegati all' appuntamento di Firenze
hanno «lavorato molto bene, con
partecipazione, manifestando grande
naturalezza nel confronto che si è svolto senza
tensioni, con una notevole capacità di ascolto
e comunicazione reciproca». Anche sulla via
dell' educare, aggiunge il professore, «è stata
rilevata l' esigenza di una sinodalità non solo
sul piano delle idee, ma soprattutto delle
attività che si fanno a livello di Chiese locali».
«È necessario creare alleanze tra famiglie, scuole, parrocchie, associazioni, istituzioni che si occupano
di educazione a tutto tondo, con un invito a collaborare con le realtà non ecclesiali», conferma da parte
sua Paola Dal Toso, segretaria generale della Consulta nazionale delle aggregazioni laicali. «Sta
maturando ­ continua ­ la consapevolezza che occorre riappropriarsi dell' educazione, cioè che gli adulti
si assumano la responsabilità educativa, mettendosi in gioco per dare risposte a chi chiede ragioni». Di
fronte «a bambini e giovani sempre più abbandonati a loro stessi e molto soli», diventa fondamentale la
presenza di «adulti preparati, pronti a capire i nuovi e diversi modi di esprimersi dei ragazzi, ad
esplicitare l' implicito, a comprendere cosa si nasconde dietro determinati comportamenti».
Secondo Dal Toso, che sintetizza gli umori dei delegati «entusiasti dell' intervento di papa Francesco e
della possibilità di mettersi attorno ad un tavolo per discutere», «ci potrà essere un miglioramento solo
se si investe sull' educazione e in particolare su un' educazione integrale rivolta all' uomo nella sua
totalità e dunque pure nella sua dimensione religiosa». Il cammino riparte da questa consapevolezza,
alimentata dall' appello del pontefice «al dialogo e alla relazione che sappia fare silenzio per ascoltare
le voci impercettibili dei bambini e dei giovani».
Stefania Careddu RIPRODUZIONE RISERVATA.
STEFANIA CAREDDU
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