LICEO SCIENTIFICO STATALE “G. B. ODIERNA”
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PRESENTAZIONE DEL LIBRO MATTEEO RACALBUTO: STORIA DI UN BREVE MA LUNGO VIAGGIO SABATO, 31 MAGGIO 2008 RELAZIONE Saluto e ringrazio tutti i presenti, sia gli operatori interni della scuola e, in maniera particolare, tutti gli intervenuti esterni, autorità, colleghi, amiche e amici che oggi ci onorano con la loro presenza. Oggi è un giorno importante per il Liceo Scientifico “Odierna”, in quanto comunità educativa e formativa che si apre all’esterno per ricordare un suo studente, prematuramente scomparso: Matteo Racalbuto. Ma credo sia anche un giorno importante per la tutta comunità di Palma di Montechiaro, perché oggi si ricorda un figlio della terra del Gattopardo, un palmese, che con la sua vita e le sue opere ha contribuito a illustrare il nostro paese. I ringraziamenti di solito si fanno alla fine, ma voglio farli subito, perché intendo chiudere questo mio breve intervento ricordando il vero protagonista di questo giorno, assente col corpo, ma presente con lo spirito e non con i formali e doverosi ringraziamenti, che sono comunque sempre dovuti in occasioni come questa giornata. Comincio dal Dirigente Scolastico, preside Alberto Pancucci. A lui si deve l’input iniziale del progetto. Nelle scuole arrivano ogni giorno una miriade di circolari, decreti, inviti, proposte di progetti e tanta “carta e posta elettronica inutili” che spesso non si ha la voglia o il tempo di leggere. Ma il nostro preside ha la pazienza di non cestinare mai nulla e di leggere, o, a seconda degli argomenti, incarica i docenti, come spesso ha fatto con me, di leggere, fra tutto quello che quotidianamente arriva a scuola, ciò che potrebbe essere utile e interessante. Così è avvenuto per la Circolare dell’U.S.R. n. 21 del 20 novembre 2007, che permetteva la realizzazione di progetti, come quello di cui oggi stiamo parlando, giunta peraltro con ritardo e con una scadenza quasi imminente, che ci ha costretto a fare i salti mortali per presentare il progetto entro la scadenza fissata dal bando. Dopo il preside, un ringraziamento è doveroso pure farlo al Direttore Amministrativo, Carmelo Scerra, che non ci ha fatto mancare nulla sotto l’aspetto logistico, della strumentazione e del materiale di facile consumo, di ciò che era necessario per la realizzazione pratica delle attività. E tra i ringraziamenti, interni alla scuola, non posso non ricordare le alunne della classe IV A, che come sempre si sono dimostrate sensibili ed entusiaste nella partecipazione al progetto, confermando un amore per la poesia, che negli ultimi anni le ha viste, spesso, protagoniste attive in concorsi e iniziative, che hanno avuto anche un risalto a livello comunale e nei quotidiani locali. Ma fra i ringraziamenti, il più sentito, spetta alla famiglia Racalbuto, che fin dall’inizio s’è dimostrata ben disposta alla realizzazione dell’iniziativa, offrendo la più totale e completa collaborazione. Senza il loro indispensabile contributo ciò non sarebbe stato possibile. Ora inizio ad illustrare brevemente il volumetto che presentiamo oggi. Questo libretto nasce da una duplice tipologia di fonti: da un lato gli scritti di Matteo Racalbuto, editi ed inediti, ma anche dalla testimonianza diretta dei suoi cari, il fratello, la sorella Angela e l’anziana mamma. In particolare queste ultime sono stato diverse volta a trovare nella loro abitazione e, sempre con la commozione inevitabile di chi porta ancora una ferita che non si potrà mai cicatrizzare, ogni volta hanno conversato con me, senza nessuna intervista ufficiale o strumenti di registrazione, facendomi conoscere piano piano, oltre al poeta e al narratore, anche il ragazzo ‐ perché non dobbiamo dimenticarlo ‐ Matteo era un giovane di ventitré anni e molti dei suoi scritti, presenti in questo volumetto sono stati scritti, da adolescente, quando ancora era uno studente liceale. Questa precisazione è importante, perché a qualche perfezionista ,che potrebbe obiettare o muovere critiche estetiche a qualche poesia o a qualche altro testo, voglio ricordare che questi sono scritti di una ragazzo, che sicuramente, se fosse vissuto, avrebbe perfezionato e arricchito le sue capacità espressive e artistiche che, nonostante tutto, a mio giudizio, sono significative e non comuni. Come dicevo, ho avuto la possibilità di consultare diversi manoscritti, che Angela Racalbuto mi ha consegnato in copia. In qualche caso si trattava di appunti sparsi, scritti a mano, ma anche dattiloscritti, che ho cercato di riprodurre riducendo al minimo gli interventi, se non quando strettamente necessari, sia perché alcuni non erano stati pensati per una futura pubblicazione, sia perché l’autore non poteva LICEO SCIENTIFICO STATALE “G. B. ODIERNA”
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certamente pensare che non avrebbe avuto la possibilità di rivedere e sistemare quelli che avrebbe voluto un giorno pubblicare. Mi riferisco in particolare al tema sull’esistenza di Dio, che è stato inserito in questo volumetto e alla Tragicommedia, a cui non era stato dato ancora un titolo. Per quanto riguarda i quadri e le opere in das mi sono state indispensabili le testimonianze della madre e della sorella, che si ricordavano i commenti e le spiegazioni che Matteo aveva dato a loro, quando ne chiedevano il significato, per attribuire i titoli, che sono stati riportati nelle didascalie. Da ogni conversazione con loro me ne ritornano sempre con un tassello in più, con un’informazione, uno spunto, un fatto, un episodio, che mi hanno svelato sempre più il carattere e la personalità di Matteo Racalbuto. Mi hanno raccontato tanti ricordi ed episodi, alcuni anche molto privati e personali, del loro congiunto, che ovviamente per doverosa discrezione, non possono trovare posto in questo libretto, ma che mi hanno permesso di cogliere, credo con molta consapevolezza, come dicevo prima, oltre che al poeta e al narratore, anche il figlio, il fratello, il ragazzo nella vita domestica e quotidiana di tutti i giorni. Veniamo ora alla struttura del libro. La copertina è stata tratta da un disegno, fatto da Matteo su un foglio di carta. Attraverso l’immagine della mano sporca di sangue, che copre un volto di una persona dal volto sofferente, spicca trasversale lo slogan “NO ALLA GUERRA” , che vuole essere un inno alla pace e una condanna di ogni forma di violenza. La parte testuale inizia con la doverosa la premessa del Dirigente Scolastico, la prefazione del sottoscritto e una breve biografia. Quindi si entra subito nei testi dell’autore. I primi tre scritti risalgono al periodo liceale (1973‐78). Si tratta di una parodia della Divina Commedia, che oltre all’aspetto goliardico, rappresenta anche un ritratto storico, perché sono presenti personaggi come il preside Sambito (da poco scomparso), pioniere e fondatore di questo nostro Liceo, ma anche docenti, che hanno fatto la storia di questo Istituto. Dopo segue un articolo, pubblicato ‐ come anche la “Magistrorum comoedia” ‐ nel giornalino scolastico “L’Espressione”, che Matteo dirigeva. Di questo articolo, a parte i problemi della scuola, che quasi come un cronista “veterano” solleva, argomenta e denuncia, ‐ e qui sembra che il tempo non sia passato, perché dopo 35 anni sono sempre gli stessi (mancanza di laboratori, pulizia dei locali, ecc.), ‐ mi colpisce, invece, la sottolineatura critica del modo in cui in quegli anni si svolgevano le lezioni, infatti l’autore scrive testualmente che la scuola manca di maturità sociale in quanto per la maggior parte lo svolgersi della lezione è nozionistico e che esistono ancora rapporti cattedra‐banco come cinquanta anni fa. All’articolo segue poi un tema, di cui abbiamo potuto reperire solo la brutta copia, ma che abbiamo ritenuto lo stesso opportuno inserire, in quanto la problematica affrontata, cioè l’esistenza di Dio, rispecchia le inquietudini e i dubbi, che vivono tutti gli studenti adolescenti, specialmente dopo che nel triennio si accostano per la prima volta allo studio della filosofia. Dopo questa cosiddetta trilogia, abbiamo inserito un’antologia di poesie, estratte dalla raccolta postuma “Pensieri e Parole”. Sono dodici poesie, che, insieme alle alunne della classe IV A, abbiamo scelto e commentato. Si tratta di una campione significativo della raccolta, che comprende in tutto 50 poesie. Queste liriche sono come un diario di vita, che ci fanno conoscere le inquietudini, le paure, i dubbi, il pessimismo, le speranze, la religiosità dell’autore. Alla sezione lirica antologica segue un racconto dal titolo “La fattura”, che viene pubblicato per la prima volta. Di questo racconto abbiamo avuto la fortuna di poter recuperare la presentazione fatta personalmente dall’ autore, che abbiamo inserito in premessa dello stesso. Esso ci offre uno spaccato di vita della comunità paesana palmese, poetico e realistico nello stesso tempo, dove le descrizioni paesaggistiche e dei personaggi, in un’atmosfera decadente‐crepuscolare, si amalgamano come fanno i colori e la cornice di un quadro ben riuscito. In ultimo, la Tragicommedia conclude la parte testuale del volumetto. Qui attraverso il personaggio di Luigi, in cui l’autore si riconosceva, possiamo vedere lo specchio dell’anima di Matteo. Le parole poste in bocca quest’ultimo: “Che cosa me ne faccio dei soldi, se non so amare e non so godermi la vita”, e ancora, quando a proposito del mafioso pentito, (nel senso morale del termine e non “pentito” nel significato odierno di collaboratore di giustizia) afferma che: “Nella vita che si apre ad ogni uomo c’è un bivio, con due strade opposte, per cui, se io prendo la sinistra ed un altro prende la destra, inconsapevolmente, non sapendo di sbagliare e poi, ragionando, capisce che ha sbagliato strada e torna indietro, credetemi, io ammiro quell’uomo più di ogni altro” testimoniano, per un giovane adolescente, una visione della vita matura e consapevole, più di tanti adulti. LICEO SCIENTIFICO STATALE “G. B. ODIERNA”
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Speriamo che in futuro, se nel Liceo Scientifico “Odierna” ritornerà la grande stagione teatrale, che in anni recenti ha prodotto rappresentazioni e spettacoli veramente pregevoli, che hanno avuto anche riconoscimenti e premi significativi, questo testo teatrale possa essere messo in scena. Il libro si conclude con un’appendice fotografica di quadri e creazioni in das. I temi dei quadri hanno come protagonista la natura. Una natura serena, bucolica, dove predominano i colori azzurro e celeste dell’acqua e del cielo e il verde dell’erba e degli alberi. Si tratta di paesaggi che danno ed esprimono serenità, quella serenità che l’autore trovava nella tranquillità della campagna e nella pace della natura. Le creazioni in das, infine, testimoniano la sua vena creativa, a cui bastava poco: un tappo, una bottiglia di whisky, per estrinsecarsi e produrre qualcosa. Infine a completamento della descrizione dell’opuscolo, voglio socializzare ai presenti l’ultima testimonianza che per sua natura non ha potuto trovare posto nel libretto. Tre giorni fa la sorella di Matteo, Angela, presente oggi in mezzo a noi, ha incontrato le alunne della IV A. Durante l’incontro, oltre alle foto e alle sue parole commoventi con cui ha parlato del fratello, ci ha fatto ascoltare un nastro registrato, montato proprio da Matteo, completo di sigla e stacchi musicali, dove lo stesso eseguiva una parodia del radio giornale, imitando personaggi famosi di quel tempo: come il giornalista Ruggero Orlando, il presidente Sandro Pertini, i cantanti John Travolta (imitandolo in un inglese perfetto) e Francesco De Gregori, che venivano intervistati dal conduttore, che era lui stesso. E contemporaneamente, quindi, si alternava in due diversi personaggi dialoganti tra di loro, con una goliardia e una gioia di vivere, che sgomberano il campo dall’idea sbagliata, che qualcuno potrebbe farsi se si fermasse solo al ritratto incompleto fornito dalle sue poesie. Invece non è così. Matteo era impegnato socialmente. Scriveva articoli, non solo sul giornalino scolastico, ma anche su un foglio locale di assalto, come il “Risveglio”, che in quegli anni si pubblicava a Palma, (di cui abbiamo recuperato solo alla fine qualche testimonianza, che non è potuta entrare nel volumetto, che era già stato stampato) sotto la direzione di Filippo Bellia e Carmelo Marino; suonava la chitarra, aveva tanti amici, che ancora oggi lo ricordano con nostalgia e rimpianto; era fidanzato, pochi giorni prima della sua scomparsa aveva già cominciato a predisporre il suo futuro post‐
laurea per diventare notaio. Quindi al poeta, serio, malinconico talora pessimista, quasi presago della sua morte, come del resto lo sono tanti poeti, faceva da contraltare il giovane pieno di vita, allegro, che amava la vita e la viveva pienamente. E così lo vogliamo ricordare oggi e ‐ prendendo in prestito la parole usate dal cronista nell’articolo uscito ieri sul quotidiano “La Sicilia”‐ come “una meravigliosa figura da additare alle nuove generazioni”. Vi ringrazio tantissimo per l’attenzione prestata e vi saluto cordialmente. Angelo Amato Prof. 
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