A postolo Di Carità "Ama la verità; mostrati qual sei, e senza infingimenti e senza paure e senza riguardi. E se la verità ti costa la persecuzione, e tu accettala; e se il tormento, e tu sopportalo. E se per la verità dovessi sacrificare te stesso e la tua vita, e tu sii forte nel sacrificio." San Giuseppe Moscati Via Libero Leonardi, 41 – 00173 ROMA Tel./Fax 067215571 – www.parrocchie.it/roma/moscati oratorio di musica e danze ispirato a San Giuseppe Moscati Oratorio di musica e danze ispirato a San Giuseppe Moscati 16 Novembre 2008 memoria liturgica del nostro santo patrono San Giuseppe Moscati Parrocchia San Giuseppe Moscati - Roma 1 “Apostolo di Carità” sembrava l’icona più adatta per tracciare la vita di Giuseppe Moscati nella instancabile professione di medico, nella sua dedizione estrema, nell’amore che si spinge fino all’estremo limite delle forze. Moscati era un uomo per il quale non esistevano contrasti tra scienza e fede; per lui la fede rappresentava la sorgente della vita. In lui verità umana e verità divina provenivano da una unica fonte: da Dio, Verità infinita. Ma soprattutto era un uomo “normale” non un santo d’altri tempi così distante dalle nostre vite. Faceva il proprio dovere nei piccoli gesti quotidiani, un medico che prescriveva sì il farmaco, ma guardando il malato negli occhi nei quali vedeva il volto sofferente di Cristo. Uomo buono e modesto, amico dei sofferenti, apostolo di bontà. Così Giuseppe Moscati è un modello vicino a tutti noi: autentico discepolo del Signore nella vita di tutti i giorni fatta di lavoro indefesso, preghiera costante, di gioie e di sofferenze. Testimone di una carità fatta di piccole azioni quotidiane, segni concreti dell’amore di un Dio che si fa piccolo tra i piccoli e ultimo tra gli ultimi! Danilo Introduzione Apostolo di carità: Giuseppe Moscati La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. (1 Corinzi 13,4-8 ) 3 VIENI SPIRITO D’AMORE Vieni vieni Spirito d’amore ad insegnar le cose di Dio Vieni vieni Spirito di pace a suggerir le cose che Lui ha detto a noi Noi ti invochiamo Spirito di Cristo, vieni Tu dentro di noi cambia i nostri occhi, fa che noi vediamo la bontà di Dio per noi. Vieni o Spirito dai quattro venti e soffia su chi non ha vita vieni o Spirito e soffia su di noi perché anche noi riviviamo. Il 12 aprile 1927, ultima giornata del buon operaio Giuseppe Moscati, assomiglia a tutte le altre, e a ricostruirla bastano poche, sobrie parole. Mattiniero per abitudine, il professore sta già in piedi all’alba: prima di uscire, chiede a un pio opuscolo di sant’Alfonso de’ Liguori uno spunto di meditazione, e lo trova nella pagina che parla della nascosta essenza della vera pace interiore: poi ecco la Santa Messa ascoltata e servita a San Giacomo degli Spagnuoli, e, durante la Messa, la Comunione. Poco più tardi l’ospedale: le ore migliori della giornata consacrate al dolore umano, presso il letto degli infermi; nella prima parte del pomeriggio, - ma questa volta in casa sua – ancora ammalati, ancora visite, e sembra che la fila dei pazienti, col triste rosario dei loro mali, non debba mai finire. 4 Bruscamente il grande medico sente la vita sfuggirgli, e l’ultimo visitatore non ha ancora varcata la soglia di casa, che Giuseppe Moscati si accascia fulminato sulla poltrona; la morte lo ha ghermito così rapida che gli stessi famigliari, sbigottiti, hanno appena il tempo per raccogliere l’estremo respiro del loro caro. Questa sommariamente la cronaca dell’ultima giornata di Giuseppe Moscati; nessun particolare straordinario la contraddistingue dalle altre, se non nel tragico momento che la spezza. (da una lettera del 26 luglio 1919, indirizzata al Senatore G. D'Andrea, Presidente degli Ospedali Riuniti di Napoli) Da ragazzo guardavo con interesse all'Ospedale degli Incurabili, che mio padre mi additava lontano dalla terrazza di casa, ispirandomi sentimenti di pietà per il dolore senza nome, lenito in quelle mura. Un salutare smarrimento mi prendeva e cominciavo a pensare alla caducità di tutte le cose, e le illusioni passavano, come cadevano i fiori degli aranceti che mi circondavano. Allora compreso tutto negli iniziati studi letterari, non sospettavo e non sognavo che, un giorno, in quell'edificio bianco, alle cui vetrate si distinguevano a pena, come bianchi fantasmi, gli infermi ospitati, io avrei coperto il supremo grado clinico. Procurerò, con l'aiuto di Dio, con le mie minime forze, di corrispondere alla fiducia in me riposta. 5 PROTEGGIMI O DIO Proteggimi o Dio in te mi rifugio Sei tu il mio Signore in te la mia vita. Signore non s’inorgoglisce il mio cuore E non si leva con superbia il mio sguardo Non vado in cerca di cose grandi Superiori alle mie forze. 6 I Quadro Scienza e fede nel prof. Moscati I n Giuseppe Moscati si avvera quel fenomeno, abbastanza raro purtroppo fra i cultori di scienze mediche, di una fusione perfetta e cosciente del cristiano, dello scienziato e dell’uomo. Nel riconoscimento che Dio è autore dell’ordine materiale e di quello soprannaturale Moscati aveva trovato il mezzo per giungere alle armonie di scienza e fede. Questa convinzione era così profonda e radicata che nessun dubbio ne offuscava, neppure leggermente l’evidenza solare. Giuseppe Moscati non ha mai pensato che il bisturi o le formule della chimica biologica potessero apprestare obbiezioni contro il sacro deposito della Rivelazione; ma neanche che il pensiero religioso potesse minimamente diminuire lo slancio appassionato dell’uomo di scienza giornalmente alle prese con gli oscuri segreti della natura umana. Chi potrebbe con sicurezza affermare, che pur senza questa fede, il Moscati sarebbe divenuto ugualmente un grande medico”. Infatti, qui sta la meraviglia di questa vita così breve (morì a 47 anni) e pure così piena; una scienza che guadagnava allo studioso una fama in ascesa sempre più vasta; una pietà che suscitava ammirazione e venerazione in quanti lo avvicinavano; un’attività benefica di tale intensità che ancora non è spenta l’eco del rimpianto e vive tuttora in moltissimi la riconoscenza. 7 Scienza fede e carità è questo un trinomio di cui nessun elemento può stare separato dagli altri, perché ne verrebbe disintegrata così e rimpicciolita la figura di Moscati, essa non corrisponderebbe più alla realtà. E la realtà è di una grandezza che oltrepassa di molto la comune misura fino a collocare l’uomo fra i più rari modelli ai quali la generazione presente possa guardare. Da studente, da medico e da professore, Giuseppe Moscati non si chiuse mai nell’angusto cerchio degli studi umani, ma seppe elevarsi a considerazioni superiori e attuare un equilibrio che gli permetteva di aprirsi al dolore, alle miserie umane, ai poveri, ai valori dell’amicizia. Verità umana e verità divina provenivano da un’unica fonte: da Dio verità infinita. O DIO TU SEI IL MIO DIO O Dio tu sei il mio Dio, ti cerco dall’aurora di te ha sete l’anima mia a te anela la mia carne. Così nel santuario ti ho cercato per contemplare la tua Onnipotenza poiché la tua grazia vale più della vita le mie labbra canteranno la tua lode. R/. Così ti loderò finché io viva, nel tuo nome alzerò le mie mani. A te si stringe l'anima mia la tua forza mi sostiene nel cammino. R/. 8 (da una lettera al Dott. Consoli, allievo di Moscati, 22 luglio 1922) In tutte le vostre opere, mirate al Cielo, e all'eternità della vita e dell'anima, e vi orienterete allora molto diversamente da come vi suggerirebbero pure considerazioni umane, e la vostra attività sarà ispirata al bene. Ricordatevi che vivere è missione, è dovere, è dolore! Ognuno di noi deve avere il suo posto di combattimento. Non solo del corpo vi dovete occupare, ma delle anime gementi, che ricorrono a voi. Quanti dolori voi lenirete più facilmente con il consiglio, e scendendo allo spirito, anziché con le fredde prescrizioni da inviare al farmacista. Siate in gaudio, perché molta sarà la vostra mercede; ma dovrete dare esempio a chi vi circonda della vostra elevazione a Dio. Non la scienza, ma la carità ha trasformato il mondo, in alcuni periodi; e solo pochissimi uomini son passati alla storia per la scienza; ma tutti potranno rimanere imperituri, simbolo dell’eternità della vita, in cui la morte non è che una tappa, una metamorfosi per un più alto ascenso, se si dedicheranno al bene" Giuseppe Moscati 9 II Quadro A Un grande medico, un grande maestro, un grande padre! ppena laureato ebbi non pochi ostacoli a penetrare negli ambienti ufficiali; dovetti fare un concorso per entrare nella 3° Clinica! E perciò mi rivolsi alla via ospedaliera. Ho sostenuto tre concorsi pubblici sanguinosissimi; fui promosso direttore di sala per disposizioni legittime regolamentari anteriori assai allo stato di guerra e mi son trovato lanciato nell’insegnamento. Così ho creduto che tutti i giovani meritevoli, avviatisi tra le speranze, i sacrifici, le ansie delle loro famiglie, alla via della medicina nobilissima, avessero il diritto a perfezionarsi, leggendo in un libro che non fu stampato in caratteri neri su bianco, ma che ha per copertura i letti ospedalieri e le sale di laboratorio, e per contenuto la dolorante carne degli uomini e il materiale scientifico, libro che deve esser letto con infinito amore e grande sacrificio per il prossimo. Ho pensato che fosse debito di coscienza istruire giovani, aborrendo di tenere misterioso gelosamente il frutto della propria esperienza ma rivelarlo a loro, affinché, dispersi poi per l’Italia, portassero veramente un sollievo ai sofferenti per la gloria della nostra Università e del nostro Paese. E così ho formato come una comunità religiosa di frati: i miei amici, lavoriamo insieme con emulazione, con idealizzazione, siamo tanti sentimentali. Iddio ci guida! 10 ALTO E GLORIOSO DIO Alto e glorioso Dio, illumina il cuore mio. Dammi fede retta, speranza certa, carità perfetta. Dammi umiltà profonda, dammi senno e cognoscimento che io possa sempre servire con gioia i tuoi comandamenti. Rapisca, ti prego, Signore, l'ardente e dolce forza del tuo amore la mente mia da tutte le cose perché io muoia per amor tuo, come tu moristi per amor dell'amor mio. Nel 1897 all’età di 17 anni conseguita la licenza liceale d’onore, a Giuseppe Moscati dovette presentarsi il problema, che travaglia la gran maggioranza dei giovani, quello della scelta di una carriera. Ma è probabile che questo travaglio egli non l’abbia sofferto, che già nel suo intimo la decisione di fare il medico era presa, e da tempo. Solo il desiderio di lenire il dolore fisico, lo smarrimento spirituale dei fratelli colpiti dall’atrocità dei morbi, gli faceva scegliere la professione di medico. E’ che la sua anima tutta ripiena e profumata di Gesù Cristo, già sentiva che nulla lo avrebbe avvicinato tanto a Lui quanto vivere accanto agli ammalati e per gli ammalati, che sono, come è scritto in una sua meditazione “le figure di Gesù Cristo”. 11 E così egli inizia la sua vita ospedaliera, senza peraltro abbandonare quella universitaria, e nello stesso anno ottiene il posto di assistente presso l’Istituto di chimica fisiologica della Università e poco dopo vince i concorsi per capo di laboratorio nella III Clinica medica, diretta da Gaetano Rummo, e per preparatore nel laboratorio dell’Ospedale Cotugno. Lavorando per dodici ore al giorno, egli adempie con scienza e coscienza ai molteplici uffici, ma a poco a poco, la sua attività si concentra tra gli Incurabili e l’Università. E sono otto anni di indefesso silenzioso lavoro in cui egli arricchisce la sua mente sui libri, la sua esperienza nel laboratorio e al letto degli ammalati, concedendo all’esercizio professionale il minimo necessario per soddisfare i bisogni materiali della sua austera e modestissima vita. “Dal primo momento che l’incontrammo a Napoli, per le corsie dell’Ospedale degli Incurabili o nelle aule accademiche, rimanemmo avvinti, perché si dimostrava per noi maestro e padre<il suo magistero, oltre e più che di scienza, fu di vita”. Mai un rimprovero dalle sue labbra , neppure una esortazione, ma la sua vita, tutta infiammata da spirito di carità, era per tutti quelli che gli vivevano accanto, un continuo monito contro gli egoismi, le ambizioni, le gelosie, e li induceva, anche contro la propria volontà, ad essere più buoni, più umani, più caritatevoli, più ossequenti alla legge di Cristo, più vicino a Dio. Il suo perciò, oltre e più che un magistero di scienza, fu un magistero di vita. 12 III Quadro Fedele discepolo di Cristo: umile e povero G iuseppe Moscati non era un uomo di sole parole, bensì di fatti, e di tutti i giorni; fatti che andavano dall’oblio frequentissimo della propria stanchezza fisica al più completo disinteresse nei riguardi dei propri onorari ogni qualvolta chi chiedeva i lumi del suo sapere era la miseria, l’indigenza, la povertà. In quanti di questi casi il suo magnifico disprezzo del denaro diventava vera e propria carità fiorita, pudore delicato del dare senza offendere o umiliare, modestia che rapida si sottrae, quasi la ferissero le espressioni della gratitudine commossa e stupita! La rinomanza, la fama, la celebrità che Egli aveva voluto tenere lontane da sé, come passioni terrene, lo raggiungono nella sua umiltà. La sua vita diviene assillante: dopo tre o quattr’ore all’ospedale subito a casa, dove è atteso da una lunga teoria di infermi. Riceve tutti: dai religiosi non prende alcun compenso; gli altri versano quello che credono o possono in una scatola posta sul tavolo, scatola che egli neppure guarda, ed è la sorella che la sera ne raccoglie il contenuto. E infine, le visite agli infermi che non avendo potuto per le loro condizioni fisiche consultarlo a casa o all’ospedale, hanno invocato, a mezzo di lettere o dei parenti, il suo intervento. La preferenza è sempre per i più poveri. 13 E così, libero da ogni ambizione terrena, egli dedica tutto se stesso, mente e cuore, ai suoi infermi e all’educazione dei giovani medici. L’ospedale diventa la sua casa, il suo amore, il suo sacrario. Benché dotato di un intuito clinico veramente eccezionale, non trascura i sussidi del laboratorio, e la sua non comune preparazione chimica e batteriologica gli consente di utilizzare i più fini metodi d’indagine per lo studio degli ammalati. Se l’ospedale divenne la sua casa, il suo amore, il suo sacrario, la sua casa diviene meta di un interrotto pellegrinaggio di ammalati di tutte le classi sociali e non solo di Napoli, ma di tutto il mezzogiorno d’Italia, che ricorrono a lui con la suprema speranza di salvezza, e spesso ricevono non solo quella del corpo, ma anche quella delle loro anime. . 14 Fratelli, se c’è qualche consolazione in Cristo, se c’è qualche conforto, frutto della carità, se c’è qualche comunione di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi. Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri. Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. (dalla lettera ai Filippesi 2, 1-11) 15 UMILIÒ SE STESSO Umiliò se stesso, come servo apparve, obbediente fino alla morte per noi, fino alla morte di croce. Per questo Dio l’ha esaltato, e gli ha dato un nome più grande di ogni nome. Umiliò se stesso, come servo apparve, obbediente fino alla morte per noi, fino alla morte di croce. (Biglietto scritto da Giuseppe Moscati il 17 ottobre 1922) «Ama la verità; mostrati qual sei, e senza infingimenti e senza paure e senza riguardi. E se la verità ti costa la persecuzione, e tu accettala; e se il tormento, e tu sopportalo. E se per la verità dovessi sacrificare te stesso e la tua vita, e tu sii forte nel sacrificio.» 16 IV Quadro Nel malato c’è Cristo (Scritto datato 5 giugno 1922 raccolto da Nina Moscati, sorella del Santo) M io Gesù amore! Il vostro amore mi rende sublime; il vostro amore mi santifica, mi volge non verso una sola creatura, ma a tutte le creature, all'infinita bellezza di tutti gli esseri, creati a vostra immagine e somiglianza. Era sempre l’idea del sacerdozio del bene che lo animava: in ogni palpito del cuore, in ogni luce del pensiero, in ogni attività di Giuseppe Moscati vi è semplicemente, unicamente il divino modello, Nostro Signore Gesù Cristo, amato per sé stesso, ma visto ed amato quasi riflesso e presente nel dolore ineffabile delle creature umane. Nessuna forza ideale più efficace di questa per trasformare in Carità scienza, lavoro, fatiche umane. La scienza, appassionatamente amata non per sé stessa, ma per Dio; Dio in ogni cosa come suprema aspirazione da realizzare in sé stesso e negli altri attraverso la pratica delle virtù e l’apostolato stesso della professione medica: questi sono i fondamenti della vita di Giuseppe Moscati, non ci si stupisce perciò di rivedere, in un breve scritto personale del Moscati, questa fondamentale professione di fede: “gli ammalati sono la figura di Cristo”. 17 E tantomeno ci si meraviglia se nella sala anatomica dove il maestro chiede all’autopsia la conferma di una diagnosi, la sua fede innalza di fronte alla brutale realtà della morte l’immagine pietosa di Colui che la vinse.. E quanto la scienza non può dare perché limitata, lo da copiosamente la carità, la parola consolatrice, il sorriso, l’incoraggiamento, il conforto, troppo sinceri e comunicativi su quelle labbra perché il cuore di chi ne è l’oggetto non si senta tutto risollevato verso più sereni o più rassegnati pensieri. E allora più che mai la volontà di bene diventa per il maestro un vero e proprio apostolato laico, non meno, anzi spesso più efficace di quello del sacerdote per l’insolita autorità della persona e il caldo accento della parola: mentre il medico studia tutti i mezzi per strappare, se possibile, una preda alla morte, il cristiano si preoccupa di salvare un’anima, valore infinitamente più prezioso del corpo che si spegne e si dissolve. C’è un pensiero che non solo giustifica, ma rende doverosa quest’ansia perenne di bene oltre gli stessi confini corporei, e il maestro lo esprime scrivendo ad un collega queste parole luminose: “Beati noi medici, tanto spesso incapaci ad allontanare una malattia, beati noi se ci ricordiamo che, oltre i corpi, abbiamo di fronte delle anime immortali, divine, per le quali ci urge il precetto evangelico di amarle come noi stessi: lì è la soddisfazione e non nel sentirsi proclamare risanatori di un male fisico (quando per lo più la coscienza ci ammonisce che il male guarì da sé)”. E più sotto rammenta giustamente i sublimi detti di San Paolo: “potete muovere le montagne, ma, se non avete la fiamma della carità, voi valete niente”. 18 LA CARITÀ La carità è paziente, la carità è benigna. Non è invidiosa non si vanta Non manca di rispetto, non cerca il suo interesse. Non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia ma si compiace della verità. Tutto copre tutto crede, tutto spera tutto sopporta la carità non avrà mai fine. 19 DOVE LA CARITÀ È VERA RIT. Dove la carità è vera e sincera, là c’è Dio. dove la carità perdona e tutto sopporta. dove la carità benigna comprende e non si vanta, tutto crede ed ama e tutto spera la vera carità. Ci ha riuniti in uno l’amore di Cristo: esultiamo e rallegriamoci in lui, temiamo ed amiamo il Dio vivente ed amiamoci tra noi con cuore sincero. R/. Quando tutti insieme noi ci raduniamo vigiliamo che non sian divisi i nostri cuori, non più liti, non più dissidi e contese maligne, ma sia sempre in mezzo a noi Cristo Signore. R/. Noi vedremo insieme con tutti i beati nella gloria il tuo volto, Gesù Cristo Dio, gioia immensa, gioia vera noi vivremo per l’eternità infinita dei secoli. Amen. R/. 20 V Quadro Solo l’Amore resta Mettete in pratica la fortezza. Ognuno di noi deve avere il suo posto di combattimento. Iddio ci ha dato tutto e ci chiederà conto di come abbiamo speso i suoi doni. Non la scienza, ma la carità ha trasformato il mondo. Sarete beati se ricordate che oltre i corpi avete di fronte delle anime immortali, divine, che dovete amare come voi stessi. Lavorate con fede ed entusiasmo, sordi alle lodi e alle critiche. La vita è un attimo: onori, trionfi ricchezza e scienza cadono; ogni incanto della vita passa: resta solo l'eterno amore, la causa di ogni opera buona. Amore che sopravvive a noi perché l'amore è Dio. Ama soprattutto la verità: mostrati quale sei, senza finzioni, senza paure, senza riguardi. E se la verità ti costa persecuzioni, accettala; e se ti costa tormento, sopportalo; e se per la verità dovrai sacrificare te stesso e la tua vita sii forte nel sacrificio. San Giuseppe Moscati (frasi tratte dalla Fiction: “Giuseppe Moscati: l’Amore che guarisce - 2007”) 21 CHI CI SEPARERÀ Chi ci separerà dal suo amore, la tribolazione, forse la spada? Né morte o vita ci separerà dall'amore in Cristo Signore. Chi ci separerà dalla sua pace, la persecuzione, forse il dolore? Nessun potere ci separerà da Colui che è morto per noi. Chi ci separerà dalla sua gioia, chi potrà strapparci il suo perdono? Nessuno al mondo ci allontanerà dalla vita in Cristo Signore. B Da una lettera al Notaio De Magistris, a cui era morta la giovane figlia. 7 marzo 1924 ellezza, ogni incanto della vita passa... Resta solo eterno l'amore, causa di ogni opera buona, che sopravvive a noi, che è speranza e religione, perché l'amore è Dio. 22 VI Quadro 25.X.1987 - San Giuseppe Moscati: un laico autenticamente cristiano INNO A SAN GIUSEPPE MOSCATI R/. Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi ed io vi ristorerò, io vi ristorerò. Ama la verità, mostrati quale sei senza finzioni, senza paure, senza riguardi. E se la verità costasse persecuzione, il tormento, la tua vita, accettalo, sopportalo. R/. La carità è paziente, è benigna la carità non si vanta, non è invidiosa, non si adira. Non manca di rispetto, si compiace della verità tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. R/. O San Giuseppe Moscati, medico e scienziato insigne, dei tuoi pazienti, curavi il corpo, e lo Spirito. Guarda a noi che t'invochiamo, conforta il dolore di chi soffre, guida sicura, testimonianza, apostolo di carità. Sia Gloria al Padre al Figlio Signore, al Santo Spirito, come era in principio ora e sempre nei secoli eterni. Amen. 23 A (dalla deposizione della Sig.na Emma Picchillo) miamo il Signore senza misura, vale a dire senza misura nel dolore e senza misura nell'amore... Riponiamo tutto il nostro affetto, non solo nelle cose che Dio vuole, ma nella volontà dello stesso Dio che le determina.» RITO DI CANONIZZAZIONE DI GIUSEPPE MOSCATI Piazza San Pietro - Domenica, 25 ottobre 1987 La Chiesa pone dinanzi ai vostri occhi la figura di un Uomo, che elevato alla gloria degli altari in questa solenne canonizzazione, dice a tutti i laici nella Chiesa: “Considerate . . . la vostra vocazione!” (1 Cor 1, 26). L’uomo che da oggi invocheremo come santo della Chiesa universale, si presenta a noi come un’attuazione concreta dell’ideale del cristiano laico. Giuseppe Moscati, medico primario ospedaliero, insigne ricercatore, docente universitario di fisiologia umana e di chimica fisiologica, visse i suoi molteplici compiti con tutto l’impegno e la serietà che l’esercizio di queste delicate professioni laicali richiede. Egli si pone come esempio anche per chi non condivide la sua fede. 24 Da questo punto di vista il Moscati costituisce un esempio non soltanto da ammirare, ma da imitare, soprattutto da parte degli operatori sanitari: medici, infermieri e infermiere, volontari, e quanti, direttamente a indirettamente, sono impegnati nell’assistenza agli infermi e nel vastissimo mondo della sanità e della salute. Tuttavia fu proprio questa fede a conferire al suo impegno dimensioni e qualità nuove, quelle tipiche del laico autenticamente cristiano. Grazie ad esse gli aspetti professionali, nella sua vita, si integravano armoniosamente fra loro, si sostenevano l’un l’altro, per essere vissuti come una risposta a una vocazione, e quindi come una collaborazione al piano creatore e redentivo di Dio. Per indole e vocazione il Moscati fu innanzitutto e soprattutto il medico che cura: il rispondere alle necessità degli uomini e alle loro sofferenze, fu per lui un bisogno imperioso e imprescindibile. Il dolore di chi è malato giungeva a lui come il grido di un fratello a cui un altro fratello, il medico, doveva accorrere con l’ardore dell’amore. Il movente della sua attività come medico non fu dunque il solo dovere professionale, ma la consapevolezza di essere stato posto da Dio nel mondo per operare secondo i suoi piani, per apportare quindi, con amore, il sollievo che la scienza medica offre nel lenire il dolore e ridare la salute. Memore delle parole del Signore: “Ero malato e mi avete visitato” (Mt 25, 36), il Moscati vedeva Cristo stesso nel malato, che, nella sua debolezza, nella sua miseria, nella sua fragilità e insicurezza, a lui si rivolgeva invocando aiuto; vedeva chi gli stava innanzi come una persona, un essere in cui c’era un corpo bisognoso di cura, ma anche un essere in cui albergava uno spirito pur esso bisognoso di aiuto e di conforto. 25 Infatti - sono ancora parole sue - “il medico si trova tanto spesso al cospetto di anime che stanno lì lì per capitolare e far ritorno ai principi ereditari degli avi, stanno lì ansiose di trovare un conforto, assillate dal dolore. Beato quel medico che sa comprendere il mistero di questi cuori e infiammarli di nuovo. Beati noi medici, tanto spesso incapaci ad allontanare una malattia, beati noi se ci ricordiamo che oltre i corpi abbiamo di fronte delle anime immortali, per le quali urge il precetto evangelico di amarle come noi stessi”. Per questo, il calore umano con cui il Moscati visitava premurosamente i malati, specie i più poveri e abbandonati, avvicinandoli in ospedale e nelle loro stesse abitazioni, era tale che la gente lo cercava; il suo tratto era ricco di quella bontà rispettosa e delicata, che Gesù Cristo diffondeva intorno a sé quando andava per le strade della Palestina facendo del bene e sanando tutti (cf. At 10, 38). Fu quindi anticipatore e protagonista di quella umanizzazione della medicina, avvertita oggi come condizione necessaria per una rinnovata attenzione e assistenza a chi soffre. Nel costante rapporto con Dio, il Moscati trovava la luce per meglio comprendere e diagnosticare le malattie e il calore per poter essere vicino a coloro che, soffrendo, attendevano dal medico chi li servisse con partecipazione sincera. Da questo profondo e costante riferimento a Dio, egli traeva la forza che lo sosteneva e che gli permetteva di vivere con integra onestà e assoluta rettitudine nel proprio delicato e complesso ambiente, senza addivenire ad alcuna forma di compromesso. Egli era il maestro, il primario di ospedale che non ambiva a posizioni: se queste gli venivano attribuite, era perché i suoi meriti non potevano essere negati, e quando le occupò, seppe esercitarle con assoluta dirittura e per il bene degli altri. 26 Uomo integro e cristiano coerente, non esitava a denunziare gli abusi, adoperandosi per demolire prassi e sistemi che andavano a danno della vera professionalità e della scienza, a danno degli infermi come pure degli studenti ai quali sentiva di dover trasmettere il meglio delle proprie cognizioni. Gli studenti sono i medici del domani. Conscio di ciò, il Moscati pensava alla qualità dei futuri medici, prendendo anche pubblicamente posizione affinché non venisse in alcun modo mortificata la loro preparazione e formazione. Preparazione e formazione che seppe incarnare con l’esempio. Anche la morte lo colse, mentre stava visitando una inferma. Veramente, ogni aspetto della vita di questo laico medico ci appare animato da quella nota che è la più tipica del cristianesimo: l’amore, che Cristo ha lasciato ai suoi seguaci come il suo “comandamento”. Di questa sua personale esperienza del valore centrale del cristianesimo egli ha lasciato numerose tracce nei suoi scritti. Sono parole che a noi, oggi, suonano quasi come un testamento: “Non la scienza, ma la carità ha trasformato il mondo, egli osservava; solo pochissimi uomini sono passati alla storia per la scienza; ma tutti potranno rimanere imperituri, simbolo dell’eternità della vita, in cui la morte non è che una tappa, una metamorfosi per un più alto ascenso, se si dedicheranno al bene”. Come non avvertire in queste parole quasi un’eco della pagina evangelica, che abbiamo oggi ascoltato? “Mi avete dato da mangiare, mi avete dato da bere . . . mi avete ospitato . . . mi avete vestito . . . mi avete visitato . . .”. Quando? Come? 27 Auguro a tutti, amati fratelli e sorelle - qui convenuti in Piazza San Pietro o sparsi nelle varie parti del mondo - auguro a tutti che al termine della vostra vita possiate ripetere queste domande . . . e ricevere la stessa risposta di Cristo! Allora “la tua luce sorgerà come l’aurora (dice il profeta) . . . e la gloria del Signore ti seguirà . . .” (Is 58, 8). La carità “non avrà mai fine . . . la più grande è la carità” (1 Cor 13, 8.13). Amen! 28 Cantiamo al Signore, stupenda è la sua vittoria. Signore è il suo nome. Voglio cantare in onore del Signore perché ha trionfato, alleluia. Ha gettato in mare cavallo e cavaliere. Mia forza e mio canto è il Signore, il mio Salvatore è il Dio di mio padre ed io lo voglio esaltare. R/. Dio è prode in guerra, si chiama Signore. Travolse nel mare gli eserciti, i carri d'Egitto sommerse nel Mar Rosso, abissi profondi li coprono. La tua destra, Signore, si è innalzata, la tua potenza è terribile. R/. Si accumularon le acque al tuo soffio s'alzarono l'onde come un argine. Si raggelaron gli abissi in fondo al mare. Chi è come te, o Signore ? Guidasti con forza il popolo redento e lo conducesti verso Sion. R/. 29 tutti quelli che hanno creduto in questo progetto e con pazienza, dedizione, impegno hanno speso il loro tempo con gioia Jessika Liotti Per aver “creato” e le coreografie e Gloria Meraglia aver danzato con gioia, Tecla Ricciardi passione ed entusiasmo. Elena Tacca Enrico Bonvecchi Per aver dato “voce e cuore” Alessandra Ferraro alla preghiera Mirco Pontesilli Il coro insieme ai solisti: Per aver fatto “vibrare” Eleonora Defant le corde del cuore Giorgia Pisapia Per l’accompagnamento musicale Alessandro Fiorenza indispensabile e soprattutto per la profonda passione Paolo Bianchini Per aver contribuito a “colorare” Cesare Guariniello questo incontro con le luci i suoni e le immagini Per aver scritto con me questo Sabrina Bertelli Oratorio e soprattutto “sopportato” le mie ansie e la mia “poca” pazienza! 30 Per la sua musica senza la quale Marco Frisina questo oratorio non sarebbe stato certamente lo stesso L’ORATORIO L'oratorio è una composizione musicale d'ispirazione religiosa, ma non liturgica, con trama compiuta, presentata in forma narrativa ma senza rappresentazione scenica; viene fatto derivare dalla Lauda cinquecentesca. Più ancora che in quella, qui la musica ha lo stesso carattere e il medesimo stile di quelle che saranno, da lì a poco, le opere teatrali puramente intese. Etimologia L'oratorio prende il nome dal luogo in cui al suo sorgere, intorno al 1600, si riunivano i fedeli in preghiera o per compiere esercizi spirituali. Inizialmente, negli oratori le vicende venivano 'raccontate' da un 'poeta' o da una 'musa'; poi fu introdotta la figura di un 'historicus' (lo storico) ed infine si giunse all'intervento di solisti per rappresentare i diversi personaggi biblici. La composizione aveva il suo culmine con un sermone eseguito dal coro. Storia All'oratorio in latino (Giacomo Carissimi ne fu uno dei massimi esponenti) seguì presto una produzione in volgare che si diffuse oltre che a Roma luogo di origine di questo genere musicale - anche a Firenze, Bologna e Venezia; uno dei suoi compositori più affermati fu in questo senso (Alessandro Stradella). Nel XVIII secolo con l'avvento sulla scena musicale di Georg Friedrich Händel, l'oratorio - sebbene sempre privo di azione scenica e con la naturale tematica religiosa di fondo - si andò sempre più avvicinando agli stilemi di quello che sarà il moderno Melodramma. Il compositore sassone rappresentò i suoi primi oratori - 'Deborah' ed 'Athalia' - nel 1733; successivamente ne scrisse quattordici nell'arco di tredici anni, dal 1739 al 1752, fra cui i suoi capolavori (il Messiah, rappresentato a Dublino nel 1742, "Saul", "Israel in Egypt"). Un altro grande compositore autore di famosi oratori (fra cui il celeberrimo Christmas Oratory, cioè Oratorio di Natale) è stato Johann Sebastian Bach. In tempi più recenti, Lorenzo Perosi riprese e reinterpretò la tradizione degli oratori italiani, legando la sua foma soprattutto a questo genere musicale, oltre che ai mottetti. 31 Date fondamentali della vita e della santità di S. GIUSEPPE MOSCATI 25 luglio 1880 Nato a Benevento da Francesco e Rosa De Luca 31 luglio 1880 Battesimo nel palazzo Andreotti - Leo (Parrocchia di S. Marco) 1884 Trasferimento della famiglia a Napoli, in via S. Teresa al Museo, 83 8 dicembre 1888 1a Comunione nella chiesa delle Ancelle del S. Cuore in Napoli 1894 Licenza ginnasiale 1897 Licenza liceale e iscrizione alla Facoltà di Medicina 3 marzo 1900 Cresima impartita da Mons. Pasquale De Siena 1903 Laurea in medicina e chirurgia; Vincita del concorso per aiuto straordinario agli Ospedali Riuniti aprile 1906 Eruzione del Vesuvio e salvataggio dei ricoverati di Torre del Greco 1911 Assistenza ai colerosi di Napoli Aiuto ordinario negli Ospedali Riuniti Socio aggregato alla R. Accademia medico chirurgica Libera docenza in chimica fisiologica 1911-1923 Insegnamento all’Ospedale degli Incurabili 1915-1918 Direttore del reparto militare Libera docenza per titoli in chimica fisiologica 1919 Primario della III sala dell’Ospedale degli Incurabili 1922 Libera docenza per titoli in clinica medica generale 12 aprile 1927 Morte 14 aprile 1927 Funerali e sepoltura nel cimitero di Poggioreale 16 nov. 1930 Traslazione nella chiesa del Gesù Nuovo dei resti mortali sul lato destro dell’altare di S. Francesco Saverio, dove ancora si conserva la lapide 6 luglio 1931 Inizio del processo sulla fama di santità 6 marzo 1949 Introduzione della causa di beatificazione 3 ottobre 1975 Decreto sull’approvazione dei miracoli 16 nov. 1975 Beatificazione in Piazza S. Pietro 16 nov. 1977 Traslazione all’altare della Visitazione dei resti mortali, racchiusi in un’urna di bronzo. Opera del Prof. Amedeo Garufi. 28 aprile 1987 Approvazione del miracolo: il sif. Giuseppe Montefusco guarito da leucemia acuta non linfoide 25 ottobre 1987 Canonizzazione in Piazza San Pietro dinanzi a una folla di oltre centomila persone. 32 A postolo Di Carità "Ama la verità; mostrati qual sei, e senza infingimenti e senza paure e senza riguardi. E se la verità ti costa la persecuzione, e tu accettala; e se il tormento, e tu sopportalo. E se per la verità dovessi sacrificare te stesso e la tua vita, e tu sii forte nel sacrificio." San Giuseppe Moscati Via Libero Leonardi, 41 – 00173 ROMA Tel./Fax 067215571 – www.parrocchie.it/roma/moscati oratorio di musica e danze ispirato a San Giuseppe Moscati