I risultati dell’indagine della Uilm Nazionale
su salute e sicurezza sul lavoro
A cura dell’Ufficio Salute e Sicurezza sul Lavoro
della Uilm Nazionale
Con la collaborazione di Alessia Giurini e Luca Miranda
Dottorandi di ricerca in Diritto del Lavoro e Sindacale nell’Università degli studi di Cassino
Premessa
L’Ufficio Salute e Sicurezza della Uilm nazionale, in occasione del 14° Congresso nazionale,
ha predisposto un questionario da somministrare nelle Assemblee congressuali aziendali e
nei Congressi territoriali per conoscere direttamente dai lavoratori, dagli iscritti, dai
simpatizzanti e dai delegati della Uilm le condizioni lavorative con particolare riferimento
all’applicazione delle norme legislative e tecniche in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Lavorare in sicurezza, tutelando la salute, è tema fondamentale per i lavoratori e
conseguentemente lo è per il Sindacato: conoscere le situazioni concrete, le prassi aziendali,
le opinioni e le esigenze dei lavoratori è funzionale a questo obiettivo.
Per fare questo abbiamo predisposto un questionario “leggero”, formulato in sole 24
domande, perché sappiamo che è difficile far compilare i questionari soprattutto quando,
come nel caso delle Assemblee aziendali, c’è poco tempo a disposizione o quando, come nel
caso dei Congressi territoriali, ci sono molti adempimenti da svolgere. Abbiamo perciò
sacrificato la voglia di conoscere e di approfondire all’esigenza di semplicità e rapidità di
compilazione. Tuttavia non possiamo dirci soddisfatti del tasso di ritorno dei questionari che
ci sono giunti da una ventina di strutture territoriali, cioè da una struttura ogni 4 o 5.
Sicuramente ci sono nostre responsabilità che non abbiamo avuto il modo di spiegare
sufficientemente l’importanza di approfondire la conoscenza sugli aspetti concreti della salute
e della sicurezza in azienda per elaborare politiche e sviluppare iniziative. Avremmo poi
dovuto sollecitare con maggiore insistenza il ritorno dei questionari.
Aggiungiamo che sono giunti alla Uilm nazionale poco più di mille questionari, 1011 per la
precisione, che sono risultati un numero sufficiente per l’elaborazione e per trarre elementi
conoscitivi e considerazioni sindacali che troverete nelle pagine successive.
1
I risultati dell'indagine della Uilm Nazionale su salute e sicurezza sul lavoro
I dati
Nel questionario richiedevamo solo 4 informazioni relative
all’intervistato e cioè la struttura territoriale Uilm a cui fa
riferimento, l’età, il sesso e la qualifica.
1) L’età media degli intervistati è risultata di
43,4 anni con una sostanziale omogeneità anche disaggregando i dati tra uomini e donne e per area geografica
(Nord, Centro e Sud), mentre una lieve differenza, 46,5
anni, si riscontra se escludiamo dai conteggi gli operai.
2) la distribuzione geografica.
La distribuzione su base geografica degli intervistati è
riportata nel grafico seguente:
Grafico 1 - Distribuzione geografica degli intervistati
Sud
13%
Paese proprio in termini di struttura industriale. Anche la
composizione degli intervistati varia nelle tre aree geografiche, solo a titolo di esempio segnaliamo una maggiore
presenza di impiegati e quadri nel Centro per effetto della
presenza, in particolare nell’area romana di aziende ad
alta tecnologia e dell’ITC, così come nel Sud una minore
presenza femminile.
Eppure, in termini complessivi le risposte registrate nei
questionari non differiscono. La nostra interpretazione è
che in materia di Salute e Sicurezza sul lavoro, da un lato
le normative vigenti e dall’altro l’azione sindacale abbiano
innalzato gli standard e resi omogenei i comportamenti:
crediamo cioè di trovarci di fronte a un aspetto positivo,
peraltro sempre perfettibile, che è quello di nessuna o
poca differenza tra ciò che si fa sulla Sicurezza tra le
aziende collocate al Nord, al Centro e al Sud del nostro
Paese.
Ricordiamo però che stiamo confrontando aziende sindacalizzate e quindi presumibilmente di medio-grande
dimensione, non è difficile immaginare che dati, opinioni e
comportamenti sarebbero differenti in aziende piccole e in
aziende non strutturate.
3) Uomini e donne
Centro
32%
Nord
55%
Sud
13%
Nord
Se confrontiamo questo dato con la distribuzione
delle
55%
lavoratriciCentro
e dei lavoratori metalmeccanici secondo
l’ultimo
censimento,
risalente però all’ormai lontano 2001, si nota
32%
Sud
come nella nostra indagine
il Centro e il Sud dell’Italia
9% rispetto all’universo metalmecsiano più che rappresentati
canico, cheCentro
è per tre quarti collocato nel Nord del nostro
15%
Paese.
Nord
Grafico 2 - Distribuzione geografica dei metalmeccanici
76%
Sud
9%
Centro
15%
Nord
76%
quadri
6% come generalmente le risposte
Appare interessante notare
ai questionari
non differiscano per area geografica, nonoimpiegati
stante siano32%
evidenti le differenze tra le tre grandi aree del
operai
61%
quadri
Hanno risposto al questionario, specificando il sesso 825
uomini e 109 donne, mentre in 77 questionari manca la
risposta: in termini percentuali abbiamo quindi un 88,3% di
uomini e un 12% scarso di donne.
Tale dato, di certo non positivo in quanto riflette una minore partecipazione femminile alla vita della nostra Organizzazione, va tuttavia letto nel contesto dell’industria metalmeccanica che di per sé, è nel suo complesso, caratterizzata da una bassa presenza femminile.
Se infatti consultiamo l’ultima Indagine annuale Federmeccanica sull’industria metalmeccanica, la 31ma riferita
ancora al 2007, che fornisce importanti elementi di dettaglio utili per la conoscenza del nostro settore ci accorgiamo che le donne sono poco meno del 19% dei lavoratori
dipendenti complessivi.
Certamente, vi sono settori tra quelli ricompresi nell’intera
industria metalmeccanica, per esempio l’elettronica e gli
elettrodomestici, che registrano una presenza consistente
di donne, ma che comunque si attesta più o meno a un
terzo degli occupati, ma vi sono anche settori come la siderurgia, la cantieristica navale o la meccanica pesante che
registrano presenze femminili inferiori al 10%.
Anche in questo caso non si registrano sostanziali differenze tra le risposte al questionario delle donne rispetto a
quelle degli uomini, pur essendovi rilevanti differenze. Per
esempio, nella composizione per qualifica che vede al
24% le donne impiegate contro al dato medio del 17%.
4) L’inquadramento
Per quanto riguarda invece l’inquadramento degli intervistati, quasi l’80% risulta con qualifica di operaio, il 17%
come impiegato e il restante 3% risulta equamente diviso
tra quadri e intermedi.
Nel complesso, sull’inquadramento l’insieme di coloro che
hanno risposto al nostro questionario differisce rispetto alla
3
Centro
15%
Nord
76%
composizione percentuali delle qualifiche che registriamo
nell’industria metalmeccanica che invece sono ripartiti
come nella figura seguente
Grafico 3 - Distribuzione delle qualifiche
nell’industria metalmeccanica
Fonte: Federmeccanica 2007
quadri
6%
impiegati
32%
operai
61%
intermedi
1%
In questo caso, come è abbastanza scontato che sia,
abbiamo registrato delle differenze nelle risposte del personale operaio rispetto al personale impiegato su alcune
questioni e in particolare quelle più attinenti all’attività lavorativa, come per esempio sull’uso dei DPI, prove di evacuazione e le visite mediche periodiche.
Il questionario e le risposte
1) Quesiti di ordine generale
DG1) La prima domanda del questionario chiedeva “Sei a
conoscenza di chi sia il responsabile del servizio di prevenzione e protezione nell’ambito dell’azienda presso cui svolgi la tua attività lavorativa?”.
A tale domanda hanno risposto praticamente tutti gli intervistati (solo 6 mancate risposte) e le risposte affermative
sono state il 94%. Disaggregando le risposte per area geografica, per sesso e per categoria otteniamo comunque
risposte affermative superiori al 90%.
Un po’ di ripasso 1
Il servizio di prevenzione e protezione è una struttura obbligatoriamente istituita dal datore di lavoro,
composta da soggetti interni o esterni all’azienda e
finalizzata all'attività di prevenzione e protezione dai
rischi professionali per i lavoratori.
Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione è un soggetto designato dal datore di lavoro e in
possesso delle capacità e dei requisiti professionali
adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di
lavoro e relativi alle attività lavorative, al fine di coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi.
Il dato ci pare positivo e incoraggiante, perché significa
che, almeno nelle realtà aziendali più strutturate, che sono
quelle con presenza sindacale consolidata, le disposizioni
circa l’istituzione del servizio di prevenzione e protezione
sono un fatto concreto, realmente applicato nelle imprese,
con persone che si occupano di questo tema. Certamente,
occorre insistere affinchè tutti i lavoratori sappiano chi è
responsabile per l’azienda della prevenzione e della protezione dei lavoratori.
DG2) Anche la seconda domanda del questionario verteva
sul servizio di prevenzione e protezione chiedendo “Sei a
conoscenza, se c’è/ci sono, di chi sia/siano l’addetto/gli
addetti al servizio di prevenzione e protezione nell’ambito
dell’azienda presso cui svolgi la tua attività lavorativa?”.
I “Si” risultano leggermente inferiori a quelli della domanda
precedente, com’è forse lecito attendersi, e tuttavia sono
comunque superiori al 90%. Assai contenute risultano le
mancate risposte.
Un po’ di ripasso 2
Gli addetti del servizio di prevenzione e protezione
sono persone in possesso di specifiche capacità e dei
requisiti professionali, facenti parte del servizio di prevenzione e protezione. In particolare, gli addetti devono essere in possesso di specifiche competenze in
materia di: prevenzione e protezione dei rischi, anche
di natura ergonomica e da stress lavoro-correlato, di
organizzazione e gestione delle attività tecnico-amministrative e di tecniche di comunicazione in azienda e
di relazioni sindacali.
DG3) La domanda circa la presenza in azienda di almeno
un dirigente è stata da noi intesa come “cartina tornasole”
per comprendere la tipologia aziendale, sulla base dell’as4
I risultati dell'indagine della Uilm Nazionale su salute e sicurezza sul lavoro
sunto che la presenza di almeno un dirigente, distingue
l’impresa strutturata dalle imprese di natura artigianale o di
piccola imprenditoria.
Il risultato è una percentuale di aziende con almeno un dirigente superiore al 96% sull’insieme dei questionari, percentuale leggermente più bassa al Nord 95% e più alta fino
a toccare il 100% al Sud e nelle imprese con presenza sindacale tra gli impiegati.
Un po’ di ripasso 3
Il dirigente è colui che attua le direttive del datore di
lavoro, organizzando l’attività lavorativa e vigilando su
di essa.
Pertanto, incorre in responsabilità, al pari del datore
di lavoro, in quanto obbligato all’attuazione delle
norme prevenzionistiche, anche a prescindere dalla
presenza di un’eventuale delega “formale” del datore.
DG4) La quarta domanda: “Sai se il preposto della tua
azienda si occupa della sicurezza?”, intesa nel senso di un
effettivo ruolo in materia di Salute e Sicurezza sul lavoro
del preposto ha registrato un elevato tasso di risposte
affermative, superiore al 90% anche nei sottoinsiemi per
area geografica, sesso e qualifica. Tuttavia preoccupano le
risposte negative che comunque sfiorano il 10% e le mancate risposte che valgono un’analoga percentuale.
Riteniamo infatti, ma è abbastanza esplicito in tutto l’impianto normativo vigente, che la Sicurezza e la Salute sul
lavoro deve essere uno dei compiti del preposto, cioè di
colui che concretamente e quotidianamente guida e controlla l’attività lavorativa.
Un po’ di ripasso 4
Il preposto è colui che, in virtù di limitati poteri gerarchici e funzionali, è incaricato di:
- sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte
dei lavoratori dei loro obblighi;-segnalare al datore di
lavoro o al dirigente tutte le eventuali situazioni di
pericolo;
- verificare che nelle zone a rischio grave e specifico
accedano solo i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni;
- informare, richiedere e dare istruzioni ai lavoratori
circa i rischi e l'osservanza delle misure di sicurezza, anche affinché abbandonino il posto di lavoro,
astenendosi dal richiedere la ripresa dell’attività;
- frequentare appositi corsi di formazione.
DG5) Il quadro, fin qui tutto sommato confortante, sull’applicazione concreta e quotidiana della normativa vigente
che emerge dalle risposte precedenti, mostra però una
prima evidenza preoccupante nelle risposte alla domanda
“Sai chi è il medico competente incaricato dall’azienda
presso cui svolgi la tua attività lavorativa?”. A tale domanda infatti poco meno di 9 intervistati su 10 rispondono di
conoscere il medico competente.
Si tratta – secondo noi – di una carenza importante nell’applicazione del sistema di prevenzione e di protezione dei
lavoratori, definito con il decreto legislativo 626/94 prima e
attualmente con il decreto 81/2008.
Un po’ di ripasso 5
Il medico competente è un professionista nominato
dal datore di lavoro, con il quale collabora per la valutazione dei rischi. Egli è incaricato della sorveglianza
sanitaria sui singoli e sulla collettività dei lavoratori,
informando gli stessi dei relativi risultati. In particolare:
- istituisce, aggiorna e custodisce la cartella sanitaria
e di rischio per ogni lavoratore;
- visita gli ambienti di lavoro almeno una volta all'anno;
- partecipa alla riunione periodica.
I compiti del medico competente, così come assegnati
dalla normativa vigente, sono uno dei fulcri del sistema di
prevenzione che assegna ai medici, cioè a persone competenti in materia di salute umana, il compito di monitorare gli effetti dei processi produttivi, dei metodi e dei materiali utilizzati sull’insieme dei lavoratori, ma anche sui singoli soggetti che possono avere una particolare predisposizione a determinati effetti negativi per la salute in qualche
modo connessi all’attività lavorativa.
DG6) Potrà apparire curioso, ma crediamo, soprattutto per
chi non conosce la complessità e le differenze delle attività svolte nelle imprese metalmeccaniche che le risposte
alla domanda “Sai chi sono i componenti della squadra di
emergenza nominati dall’azienda presso cui svolgi la tua
attività lavorativa?”, che ha registrato un tasso di “Si” complessivo del 72,4% desti in noi meno preoccupazione
rispetto ai dati quantitativamente superiori registrati, per
esempio, per la domanda precedente.
Un po’ di ripasso 6
La squadra di emergenza è composta da lavoratori
designati preventivamente dal datore di lavoro, in
ragione delle dimensioni aziendali e dei rischi presenti nei luoghi di lavoro. Essa è incaricata dell'attuazione
delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione di tutte le emergenze.
Eppure il dato, letto sulla base della nostra conoscenza
della complessità e della varietà del mondo metalmeccanico, ci preoccupa meno, assai meno, del dato di cui alla
domanda precedente. Vi sono infatti realtà produttive nelle
quali la “squadra di emergenza” è essenziale e altre nelle
quali per l’attività effettivamente svolta questa risulta non
necessaria. Il nostro compito e il nostro obiettivo, coerentemente con le indicazioni di legge, è quello di rendere le
persone che lavorano consapevoli dei rischi e di cosa va
fatto per prevenirli.
DG7) Con la domanda “Sai chi è il tuo Rappresentante per
la Sicurezza nei luoghi presso cui svolgi la tua attività lavorativa?” intendevamo conoscere qual’è il rapporto tra i
lavoratori e un altro soggetto fondamentale del sistema
“sicurezza sul lavoro”, il Rappresentante dei Lavoratori per
la Sicurezza. I dati superiori al 94% sull’insieme dei questionari e comunque superiori al 93% anche nei sottoinsiemi per area geografica, sesso e qualifica, confermano che
5
questa figura rappresenta, almeno nelle imprese sindacalizzate, un elemento consolidato del sistema di prevenzione.
Un po’ di ripasso 7
Il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza è
un rappresentante in possesso di specifiche competenze in materia di salute e sicurezza. Deve occuparsi
di tutte le questioni attinenti alla gestione della salute
e sicurezza, tramite l’accesso ai luoghi di lavoro, l’informazione, la consultazione tempestiva e preventiva
da parte del datore di lavoro, in particolare modo in
sede di valutazione dei rischi e riunione periodica. A tal
fine, ha diritto a far ricorso alle autorità competenti in
caso di inadempienze da parte del datore di lavoro.
DG8) L’ultima domanda della parte generale del questionario riguarda il sistema di rappresentanza dei lavoratori,
infatti chiede se “Il tuo Rappresentante per la Sicurezza
coincide con il tuo RSU?”
A tale domanda solo il 72,4% risponde affermativamente.
Anche a livello di sottoinsiemi su base territoriale, di sesso
e di qualifica professionale, le risposte risultano su livelli
analoghi. Questo significa visto che di solito gli RLS coincidono con una parte degli RSU che più di un quarto dei
lavoratori che hanno compilato il questionario e quindi
iscritti e militanti alla Uilm, vengono rappresentati per le
questioni attinenti alla sicurezza da rappresentanti che
sono espressione di altre Organizzazioni.
2) Le domande di approfondimento
DA1) La parte del questionario relativa alle domande di
approfondimento inizia con la seguente: “Quante volte
l’anno vengono effettuate le prove di evacuazione?” Nel
60% dei casi la risposte è che vengono svolte una o più
volte l’anno. Risulta quindi pari al 40% le risposte nelle
quali la prova di evacuazione non è mai stata svolta. Se
risulta comprensibile che per alcune attività o in alcuni
casi, si pensi a piccoli uffici con una decina di impiegati,
detta prova non aggiunga sicurezza, ci lascia molto perplessi l’ampiezza dei casi in cui non viene svolta.
Un po’ di ripasso 8
La prova di evacuazione: i lavoratori devono partecipare ad esercitazioni antincendio, effettuate almeno
una volta l’anno, per mettere in pratica le procedure di
esodo e di primo intervento. Detta prova è obbligatoria
esclusivamente in tutte le imprese con più di 10 dipendenti, pur essendo consigliata in tutte le aziende a prescindere dalle dimensioni occupazionali. Può non
essere svolta, altresì, quando siano presenti notevoli
affollamenti o persone anziane od inferme
DA2) Nel questionario, a questo punto, erano riportate tre
domande la DA2, la DA3 e la DA4, che erano collegate
logicamente e intendono valutare il livello percepito di consapevolezza dei rischi collegati all’attività lavorativa e della
6
formazione/addestramento all’uso dei macchinari. La
prima domanda (Sei a conoscenza dei rischi effettivi legati alla tua attività lavorativa?) chiede agli intervistati una
autovalutazione sulla propria conoscenza e consapevolezza dei rischi collegati al lavoro: la risposta è “Si” nell’87,7%
dei casi e – ci pare anche abbastanza evidente – che coloro che hanno risposto negativamente (122 casi) temano
per lo più degli effetti “ancora da scoprire” delle attività che
svolgono, dei materiali che utilizzano o delle condizioni
ambientali in cui operano.
DA3) Alla domanda “Sei stato formato e addestrato sull’utilizzo in sicurezza dei macchinari legati alla tua attività lavorativa?”, che va al cuore del tema formazione e sicurezza,
a fronte di un 44% di intervistati che dichiarano che questa
formazione viene svolta periodicamente, vi è un 27% di
intervistati che è stato formato solo al momento dell’assunzione e un ulteriore 8% che è stato formato in occasione di
un cambio di mansione. Vi è quindi un buon 20% di lavoratori che non sono stati – neppure episodicamente – formati a lavorare in sicurezza.
DA4) La controprova – almeno secondo la nostra interpretazione dei dati rilevati – rispetto a quanto emergeva nella
precedente domanda emerge dalle risposte al quesito “Ti
senti sufficientemente formato e addestrato all’utilizzo in
sicurezza dei macchinari legati alla tua attività lavorativa?”.
Solo poco più di tre quarti degli intervistati, per la precisione il 76,2%, si sente formato a sufficienza.
E’ chiaro che l’aspetto della “formazione per lavorare in
sicurezza” rappresenta una delle priorità – diremmo addirittura la priorità – nell’ambito delle tematiche legate alla
prevenzione in azienda.
DA5) Con la domanda “Se venissi a conoscenza di un pericolo nell’utilizzo in sicurezza dei macchinari legati alla tua
attività lavorativa, cosa faresti?” volevamo comprendere
l’atteggiamento degli intervistati a fronte di un pericolo concreto sul lavoro: solo nell’1,2% dei casi la risposta è stata
“non farei nulla”, in quasi il 50% dei casi la risposta è stata
che ci si sarebbe rivolti a figure aziendali (il superiore
gerarchico piuttosto che al servizio di prevenzione e protezione). Negli altri casi la risposta è stata di rivolgersi agli
RLS per il 40% e di intervenire direttamente nel 10%, laddove – è utile ricordarlo – gli intervistati erano partecipanti
alle assemblee congressuali e ai congressi territoriali e
quindi spesso attivisti o delegati della Uilm.
DA6) Nel questionario abbiamo inoltre chiesto agli intervistati di valutare “Su una scala di valori da 1 a 10, da un giudizio sul confort della tua postazione di lavoro”. Le risposte
ci hanno in qualche modo stupito a cominciare dal voto
medio che è risultato pari a 6,2, con minime oscillazioni per
area geografica e variazioni più significative in positivo per
chi svolge lavoro impiegatizio (voto medio 6,7) e, in negativo, per le donne (voto medio 6). Tali risultati sono il frutto
di una valutazione assai polarizzata con una parte degli
intervistati che da una risposta molto negativa (voti molto
bassi) e una parte leggermente superiore che fornisce un
giudizio molto positivo con voti alti. Colpisce anche il
numero abbastanza elevato di mancate risposte, pari al
6,7%.
I risultati dell'indagine della Uilm Nazionale su salute e sicurezza sul lavoro
DA7) Alla domanda precedente è collegata la seguente:
“E’ migliorato nel corso del tempo il confort della tua postazione di lavoro?” che appunto chiede agli interessati l’evoluzione della propria postazione di lavoro che per il 61,5%
degli intervistati è migliorata nel corso del tempo. Segnaliamo che anche a valutazioni basse alla domanda DA6 vi
sono state risposte in termini di miglioramento nel tempo
del confort, per quanto ancora insufficiente, delle postazioni di lavoro.
Ci pare di poter segnalare come uno degli aspetti positivi
di questi 15/20 anni di legislazione (e di attività sindacale)
in materia di prevenzione e di sicurezza, quello dell’innalzamento graduale del confort delle postazioni di lavoro.
DA8) Questa domanda e le successive riguardano i dispositivi di protezione individuali, essenziali in molte attività
dell’industria metalmeccanica, con la sola eccezione di
una parte del personale con la qualifica di impiegato, coloro meno coinvolti nella produzione.
Un po’ di ripasso 9
Con il termine DPI si intende qualsiasi attrezzatura,
individuata e mantenuta in efficienza dal datore di
lavoro, destinata ad essere indossata e tenuta dal
lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più
rischi per la salute e sicurezza. Essi devono essere
adeguati ai rischi da prevenire e devono tener conto
delle esigenze ergonomiche del singolo lavoratore. I
lavoratori hanno l’obbligo di utilizzare i DPI, in base
alle informazioni ricevute, di prenderne cure e di non
modificarli.
Il primo quesito “Sei stato formato sul corretto utilizzo dei
Dispositivi di Protezione Individuale?” intendeva comprendere se oltre a fornire i DPI, le aziende abbiano formato i
propri dipendenti.
Svolge formazione periodicamente sull’utilizzo dei DPI il
57% degli intervistati, mentre nel 24% dei casi la formazione è stata svolta in occasione dell’assunzione e nel 5,6%
dei casi in occasione di un cambio di mansione. Resta
quindi un 13,4% di intervistati che non è stato formato sull’utilizzo dei DPI.
DA9) La successiva domanda sui DPI, chiede “Ti senti sufficientemente tutelato dai Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) messia a disposizione dal tuo datore di lavoro?”. Le risposte positive sono il 76,6%, con quindi poco
meno di un quarto degli intervistati che non si ritiene tutelato dai DPI.
DA10) La successiva questione posta agli intervistati è se
“Trovi confortevoli i tuoi attuali dispositivi di protezione individuale (DPI)?”, aspetto assai rilevante per l’uso costante
di questi strumenti. A questa domanda il 66% degli intervistati risponde di sì, risultando quindi un terzo degli intervistati che trova scomodi o comunque non confortevoli i DPI.
Non è poco e ha importanti riflessi in termini di prevenzione concreta.
DA11) Alla domanda “Ogni quanto vengono sostituiti i
dispositivi di protezione individuale (DPI)?” le risposte for-
nite sono risultate: “periodicamente” nel 29,6% dei casi,
“ogni volta si renda necessario” nel 58,7% dei casi, mentre
nel restante 11,7% emerge che c’è una certa resistenza da
parte aziendale nel sostituire i DPI.
DA12) La domanda “Se venissi a conoscenza di un difetto
dei dispositivi di protezione individuale, cosa faresti?”, così
come quella assai simile sugli eventuali difetti nei macchinari, voleva comprendere l’atteggiamento degli intervistati
di fronte a un rischio concreto: solo nell’0,8% dei casi la
risposta è stata “non farei nulla”, in quasi il 50% dei casi la
risposta è stata che ci si sarebbe rivolti a figure aziendali (il
superiore gerarchico piuttosto che al servizio di prevenzione e protezione). Negli altri casi la risposta è stata di rivolgersi agli RLS per uno scarso 38% e di intervenire direttamente nel 10%, laddove come intervento diretto ci si riferisce all’iniziativa sindacale.
DA13) Anche nel caso della domanda “Se ti accorgi che un
tuo collega sta svolgendo la propria attività lavorativa
senza rispettare le disposizioni in materia di sicurezza,
come ti comporti?” si è tentato di valutare quanto la cultura della sicurezza è stata fatta propria dagli intervistati:
segnalare a un collega un comportamento sbagliato e pericoloso non è una cosa semplice e tant’è che in quasi il 3%
dei casi la risposta è “non farei nulla”, mentre nel 72,6%
dei casi si è risposto che si avvisa il collega. Nel 15% dei
casi ci si rivolgerebbe agli RLS e solo nel 10% dei casi si
segnalerebbe il comportamento scorretto al superiore
gerarchico o al servizio di prevenzione e protezione.
DA14) Le risposte alla seguente domanda: “Quante volte
l’anno vengono effettuate le visite mediche da parte del
medico competente?”, si ricollega per molti versi alle risposte alla DG5, laddove veniva richiesto se si conosceva il
medico competente. In circa il 90% dei casi le visite vengono svolte periodicamente, ma nella restante parte la visita è stata svolta solo in occasione dell’assunzione. Per un
confronto tra le risposte ai due quesiti, si tenga conto che
alla domanda DA14 vi sono 50 mancate risposte contro le
5 mancate risposte della domanda DG5.
DA15) Alla domanda “Pensi che il numero dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza presenti nell’azienda
presso cui lavori sia sufficiente?”, relativa quindi a un
aspetto molto interno alla vita organizzativa del sindacato,
le risposte sono positive in circa due terzi dei casi. Segnaliamo tuttavia che vi sono un numero consistente di mancate risposte, per circa un sesto dei questionari.
DA16) Le risposte all’ultima domanda del questionario: “In
Azienda sono state organizzate iniziative formative e/o
informative in materia di salute e sicurezza sul lavoro?” fornisce un dato interessante sulle campagne formative ed
informative per la sicurezza. In 6 casi su 7 chi ha risposto
al questionario è stato coinvolto in queste iniziative e in 6
casi su 10 queste iniziative sono ripetute una o più volte
l’anno. Ci pare utile ricordare che svolgere queste attività,
sia pur in forme minime come la distribuzione di opuscoli o
di altro materiale informativo, è dal 2008 un obbligo contrattuale per le imprese.
7
Conclusioni
Quali conclusioni trarre da questa nostra indagine, “leggera” ma – crediamo – utile?
Proponiamo 3 considerazioni:
1) le norme che si sono succedute in questi ultimi 15/20 anni a partire dalla “piombo, rumore, amianto” del 1992, hanno imposto alle imprese una serie di interventi in termini di prevenzione ma soprattutto hanno dato spazio diffusamente alla partecipazione dei lavoratori per tramite degli RLS al miglioramento della sicurezza in azienda, ma anche al miglioramento delle condizioni di lavoro in termini di tutela della salute e di prevenzione delle
malattie: il lavoro è stato lento ma costante e quotidiano. Oggi possiamo valutare anche i
successi conseguiti;
2) molto resta ancora da fare, in termini di innalzamento degli standard di comportamento e
di prassi anche nelle aziende dove non c’è il sindacato, nelle aziende meno strutturate,
ma anche in quelle aziende che – emerge anche dai dati qui presentati – applicano le normative come un onere da sostenere e non come uno strumento che nel tutelare i lavoratori rende efficienti le imprese e contiene i costi;
3) occorre dunque formare i lavoratori con periodicità a lavorare in sicurezza, attivare quei
soggetti, come il medico competente, che non può e non deve essere un mero notaio di
quel che accade, ma deve mettere le sue competenze professionali al servizio del sistema produttivo, dare strumenti, orientamenti e indicazioni per rafforzare le competenze e
le capacità di intervento degli RLS, ma anche degli altri soggetti sindacali perché Salute
e Sicurezza sul lavoro ci riguardano, sempre e tutti.
8
Scarica

Risultati indagine Salute e Sicurezza sul Lavoro