Allegato B
PROGETTI PER LA REALIZZAZIONE DEGLI OBIETTIVI DI
CARATTERE PRIORITARIO E DI RILIEVO NAZIONALE DEL PSN 20062008 AI FINI DELL’UTILIZZO DELLE RISORSE VINCOLATE AI SENSI
DELL’ART. 1, COMMA 34 E 34 BIS DELLA LEGGE 662/1996
PER L’ANNO 2009
(LINEE PROGETTUALI n. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 8, 9)
LINEA PROGETTUALE 1 – CURE PRIMARIE
SCHEDA N.
GENERALITA’
REGIONE PROPONENTE
DELIBERA REGIONALE
(DATA E NUMERO)
LINEA PROGETTUALE
TITOLO DEL PROGETTO
DURATA DEL PROGETTO
REFERENTE
Regione Toscana
1. CURE PRIMARIE
Facilitazione della comunicazione nei pazienti con gravi
patologie neuromotorie
annuale con possibilità di proroga
Dr. Valerio Del Ministro
Direzione Generale Diritto alla Salute e Politiche di Solidarietà
Responsabile Settore Assistenza Sanitaria
Via Alderotti 26/n, 50139 Firenze
tel. 055 4383505
mail: [email protected]
ASPETTI FINANZIARI
COSTO COMPLESSIVO DEL PROGETTO
€ 616.755,00
IMPORTO ASSEGNATO A VALERE SULLA € 616.755,00
QUOTA DEL FSN 2009
QUOTA EVENTUALE DELLA REGIONE
La Regione Toscana ha anticipato l’importo del
progetto, già messo a disposizione delle aziende
sanitarie territoriali.
IL PROGETTO
CONTESTO
La programmazione sanitaria sviluppata ed attuata dalla Regione Toscana
prevede che per ogni cittadino con disabilità sia predisposto un progetto
riabilitativo individuale, comprensivo sia delle prestazioni sanitarie di
riabilitazione che, ove necessario, di quelle di assistenza protesica,
finalizzato a consentire allo stesso il miglior recupero possibile delle funzioni
lese e, conseguentemente, la migliore qualità di vita e la massima autonomia
ed integrazione nel contesto familiare e nella vita sociale.
Tra gli interventi che si configurano quali prestazioni di assistenza protesica
sono oramai diffusi quelli che implicano l’utilizzo di tipologie di ausili ad
alto contenuto tecnologico, tra i quali si collocano anche i comunicatori
alfabetici e i puntatori oculari.
La necessità di ricorrere a tali ausili è sempre più frequente, in quanto si
registra un incremento, sia a livello regionale che nazionale, della incidenza e
della prevalenza di patologie neurologiche degenerative e di altre patologie
che provocano danno motorio permanente e significativa riduzione della
capacità di comunicare.
Il settore degli ausili tecnologici si caratterizza, in modo particolare, per la
complessa articolazione e complementarietà delle soluzioni, la loro rapida
evoluzione, la frequente necessità di specifica personalizzazione; pertanto il
ricorso a tali ausili introduce aspetti culturali innovativi nelle pratiche
riabilitative e assistenziali. In tale contesto assume rilievo fondamentale
l’operato dei vari professionisti che collaborano per la valutazione del
bisogno e la programmazione e attuazione dell’intervento.
A tutela dell’utenza, deve essere evidenziato che la semplice possibilità di
acquisire ausili complessi, in assenza di una valutazione competente, espone
al rischio di collocare strumentazioni potenzialmente - o meglio teoricamente
– “poderose” all’interno di setting del tutto inadeguati: questo crea
frustrazioni e sofferenza sia alle persone con disabilità sia a familiari ed
operatori, oltre a generare spreco di preziose risorse.
Pertanto la proposta degli ausili ad alta tecnologia va sempre preceduta da
una attenta e competente valutazione dei bisogni, delle potenzialità e degli
obiettivi abilitativi della persona correlati al suo contesto di vita.
DESCRIZIONE
Finalità generale è la erogazione di ausili ad alta tecnologia per la
facilitazione della comunicazione ai cittadini toscani con gravi patologie
neurodegenerative o gravissime disabilità motorie.
Il progetto prevede una fase iniziale nel corso della quale vengono rilevati
dati epidemiologici regionali sulla prevalenza delle malattie
neurodegenerative e sulle gravi lesioni midollari, con particolare riferimento
ai disturbi severi della sfera comunicativa.
E’ prevista la strutturazione di un database regionale, anche tramite la
istituzione ed implementazione di specifici registri per patologia.
La progettualità prevede come momento fondante la realizzazione di
laboratori ausili aziendali con specifica vocazione per gli interventi nel
settore degli ausili ad alta tecnologia per la comunicazione, l’apprendimento
ed il controllo ambientale e la definizione, a livello regionale o di area vasta,
di procedure omogenee per le fasi di valutazione del bisogno, di prescrizione
degli ausili, di fornitura degli stessi e di addestramento degli utenti ed
eventualmente dei care-givers. E’ inoltre prevista la realizzazione di un
“parco ausili”, come dotazione stabile dei vari laboratori aziendali, al fine di
permettere una efficace e tempestiva valutazione dello specifico bisogno che
permetta una precoce presa in carico dell’utente a livello territoriale.
OBIETTIVI
Il primo obiettivo è di carattere quantitativo ed è mirato a soddisfare le
richieste di ausili ad alta tecnologia (elettronici ed informatici) per la
comunicazione e l’apprendimento, espresse da pazienti con gravi disabilità,
che perverranno agli uffici competenti delle ASL toscane nell’anno 2009.
Il progetto allo stesso tempo è teso a garantire un processo di fornitura degli
ausili omogeneo a livello regionale e volto ad ottimizzare le risorse
pubbliche, privilegiando la appropriatezza e l’efficacia degli interventi, che
devono incidere in modo significativo sulla qualità di vita dell’utente.
Altro obiettivo è quello di strutturare, a livello di aziende sanitarie, specifici
laboratori per gli ausili ad alta tecnologia ove operi una equipe
multiprofessionale in grado di valutare in modo appropriato e tempestivo il
bisogno dell’utente.
TEMPI DI
ATTUAZIONE
crono programma
Il progetto è iniziato a Gennaio 2009 e si articola in interventi e
programmazioni nelle singole aziende USL ed a livello dei Laboratori Ausili
Aziendali.
Il progetto ha durata di 12 mesi e si articola secondo quanto schematicamente
illustrato nel diagramma seguente, ripetendosi nel 2010 dopo una revisione in
base ai dati rilevati in fase di monitoraggio.
Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic
09 09 09 09 09 09 09 09 09 09 09 09
WP1- Individuazione
griglia informazioni per
gare
WP2- Conduzione
acquisti o service
WP3- Costituzione parco
ausili
WP4- Costruzione data
base
WP5- Fornitura degli
ausili
WP6- Rendicontazione
finale
INDICATORI
(di struttura, di
processo, di
risultato)
RISULTATI
ATTESI
•
Numero laboratori aziendali ausili per la comunicazione,
l’apprendimento ed il controllo ambientale attivati / aziende USL;
• Costituzione equipe multiprofessionale per la valutazione del bisogno
/ numero laboratori ausili;
• Adozione di protocolli di intervento;
• Numero valutazioni e numero prescrizioni effettuate anno 2009
rispetto all’anno precedente;
Principali risultati derivanti dalle azioni del progetto:
• erogazione in modo appropriato ausili ad alta tecnologia ed ausili per
la facilitazione della comunicazione a tutti i cittadini toscani che
esprimono uno specifico bisogno;
• costituzione di specifici centri ausili di riferimento in ogni azienda
sanitaria locale toscana, o per lo meno a livello di area vasta;
• ampliamento e potenziamento dei parchi ausili informatici dei
laboratori aziendali, aumentando la possibilità di offerta all’utenza
con aggiornamento delle dotazioni;
• creazione di un archivio informatizzato di modelli di intervento sul
disabile di origine neurologica mediante utilizzo di dotazioni
tecnologiche ed informatiche che rappresenti un riferimento
metodologico, esploda il potenziale di autonomia conseguibile, offra
un utile patrimonio fruibile nelle esperienze di autonomia nei
contesti di vita per la persona disabile e per le figure di riferimento;
• promozione di azioni volte alla conservazione e alla diffusione delle
esperienze maturate nella presa in carico del disabile sostenuta
attraverso dotazioni tecnologiche;
LINEA PROGETTUALE 1 – CURE PRIMARIE
SCHEDA N.
GENERALITA’
REGIONE PROPONENTE
DELIBERA REGIONALE
(DATA E NUMERO)
LINEA PROGETTUALE
TITOLO DEL PROGETTO
DURATA DEL PROGETTO
REFERENTE
Regione toscana
1 CURE PRIMARIE – 1.1 ASSISTENZA H24
Riorganizzazione ed implementazione dei punti di primo
soccorso nell’ambito della rete delle postazioni di emergenza
sanitaria territoriale 118
annuale con possibilità di proroga
Dr. Valerio Del Ministro
Direzione Generale Diritto alla Salute e Politiche di Solidarietà
Responsabile Settore Assistenza Sanitaria
Via Alderotti 26/n, 50139 Firenze
tel. 055 4383505
mail: [email protected]
ASPETTI FINANZIARI
COSTO COMPLESSIVO DEL PROGETTO
€ 900.000,00
IMPORTO ASSEGNATO A VALERE SULLA € 900.000,00
QUOTA DEL FSN 2009
QUOTA EVENTUALE DELLA REGIONE
IL PROGETTO
CONTESTO
Oltre un milione e duecentomila cittadini si sono rivolti nell’ultimo anno ai
Pronto Soccorso della Regione Toscana. Circa un terzo di questi accessi è
costituito da codici a bassa priorità.
Tale tipologia di accessi può essere soddisfatta da strutture territoriali
alternative a quelle di Pronto Soccorso.
I Punti di Primo Soccorso realizzati nelle postazioni di emergenza sanitaria
territoriale 118 possono rappresentare tale risposta non ospedaliera a
problemi urgenti di minore gravità.
DESCRIZIONE
Il progetto tende ad una riorganizzazione ed implementazione dei Punti di
Primo Soccorso, in particolare definendo i criteri per l’individuazione dei
Punti di Primo Soccorso nell’ambito delle postazioni medicalizzate 118,
identificati in:
- distanza dai Pronto Soccorsi e dagli altri Punti di Primo Soccorso;
- valutazione orogeografica del territorio;
- livello di operatività della postazione 118;
- attività stagionale.
Il medico incaricato di emergenza sanitaria territoriale 118 opera all’interno
di tali presidi territoriali quando non impegnato nell’attività sul territorio ed
è consultabile esclusivamente per la soluzione di problematiche cliniche,
ben definite, insorte acutamente e comunque a bassa criticità.
OBIETTIVI
TEMPI DI
ATTUAZIONE
(CRONOPROGRA
MA)
Non sono disponibili ricettari né si svolge alcuna attività ambulatoriale.
Laddove necessario, la risposta terapeutica si sostanzia con la
somministrazione e consegna al paziente di farmaci adeguati al tipo di
disturbo acutamente insorto.
Il cittadino può accedere direttamente o a seguito di chiamata telefonica alla
Centrale Operativa 118.
Sono stati definiti i requisiti minimi strutturali e strumentali dei Punti di
Primo Soccorso al fine di rispondere adeguatamente alle identificate
patologie.
Fornire un’offerta di salute ulteriore capace di andare incontro ai bisogni dei
cittadini che si trovino in zone disagiate e lontane dai Presidi Ospedalieri.
Nel luglio 2007 la Regione Toscana ha approvato le direttive da fornire alle
Aziende definendo quindi l’impianto progettuale.
Nell’anno 2008 è stata avviata la campagna informativa per l’utenza, in
particolare mediante la stesura di un apposito opuscolo informativo.
E’ stata inoltre effettuata un’analisi della rete dei punti di emergenza
sanitaria territoriale 118 al fine di identificare quali postazioni 118 potevano
essere ulteriormente adibite anche a Punti di Primo Soccorso.
Sono stati quindi attivati nuovi punti di Primo Soccorso a livello regionale.
Nell’anno 2009 il progetto si articolerà come indicato nel seguente
cronoprogramma:
Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic
09 09 09 09 09 09 09 09 09 09 09 09
Azione 1- Uniformare
l’attività dei Punti di
Primo Soccorso
nell’ambito della rete
regionale delle postazioni
118 tramite i necessari
adeguamenti strutturali,
strumentali ed
organizzativi
Azione 2- Verifica della
rispondenza dei Punti di
Primo Soccorso alle
indicazioni contenute
negli indirizzi regionali
Azione 3 –
Adeguamento agli
indirizzi regionali dei
Punti di Primo Soccorso
risultati non conformi
INDICATORI
(di struttura, di
processo, di
risultato)
RISULTATI
ATTESI
-
N. Punti di Primo Soccorso già attivati prima delle direttive regionali
N. Punti di Primo Soccorso di nuova attivazione
N. accessi ai Punti di Primo Soccorso
N. accessi risolti direttamente dai Punti di Primo Soccorso
N. accessi non risolti dai Punti di Primo Soccorso
Livelli di risposta alternativi ai quali sono stati indirizzati gli utenti
non soddisfatti nei Punti di Primo Soccorso
Implementare il numero dei Punti di Primo Soccorso nelle zone disagiate e
lontane dai Pronto Soccorsi al fine di garantire un efficace livello di risposta
sanitaria per le patologie di bassa complessità consentendo all’utente di
trovare la soddisfazione al bisogno espresso in sede locale, evitando lunghi
e disagevoli spostamenti.
Riorganizzare i Punti di Primo Soccorso al fine di rendere uniforme a livello
regionale tale servizio
LINEA PROGETTUALE 1 – CURE PRIMARIE
SCHEDA N.
GENERALITA’
REGIONE PROPONENTE
DELIBERA REGIONALE
(DATA E NUMERO)
LINEA PROGETTUALE
TITOLO DEL PROGETTO
DURATA DEL PROGETTO
REFERENTE
Regione Toscana
1.CURE PRIMARIE-1.1 ASSISTENZA 24H
Sperimentazione di un modello see&treat nei pronto
soccorso della Regione Toscana come modello di risposta
assistenziale alle urgenze minori
30 mesi
Dr. Valerio Del Ministro
Direzione Generale Diritto alla Salute e Politiche di Solidarietà
Responsabile Settore Assistenza Sanitaria
Via Alderotti 26/n, 50139 Firenze
tel. 055 4383505
mail: [email protected]
ASPETTI FINANZIARI
COSTO COMPLESSIVO DEL PROGETTO
€ 1.000.000,00
IMPORTO ASSEGNATO A VALERE SULLA € 1.000.000,00
QUOTA DEL FSN 2009
QUOTA EVENTUALE DELLA REGIONE
IL PROGETTO
CONTESTO
DESCRIZIONE
Negli ultimi 15 anni si è assistito a un progressivo aumento degli accessi in
PS dovuto anche a una modificazione della percezione del bisogno ritenuto
urgente. Si è verificato così il fenomeno dell’iper-afflusso dei PS. Già dal
2004 (DGR 293 29/03/2004) la Regione Toscana aveva promosso in risposta
a tale problematica l’attivazione di ambulatori presso i PS dei presidi
Ospedalieri per la gestione dei codici di minore gravità.
Con la Delibera 958 del 17/12/2007 è stato deciso di attivare in via
sperimentale un modello di risposta ai Codici Minori in Pronto Soccorso
gestito da personale infermieristico qualificato e opportunamente formato.
Il modello See&Treat, di derivazione anglosassone, è basato essenzialmente
sul principio di una precoce presa in carico dei pazienti con problematiche
minori, che non richiedono nella maggioranza dei casi un impiego di
diagnostica strumentale e/o di laboratorio, da parte di personale
infermieristico. In tal modo il Medico di Pronto Soccorso è posto nelle
condizioni di poter dedicare la maggior parte della sua attività ai pazienti con
problemi di maggiore gravità clinica.
Negli ambulatori See&Treat potranno essere tuttavia gestite dal personale
infermieristico solo determinati quadri patologici sulla base di predefiniti e
dettagliati protocolli di intervento.
Tale modello, che rappresenta un’evoluzione degli ambulatori medici dedicati
ai Codici minori, potrà essere esteso in futuro anche ai presidi ambulatoriali
Distrettuali.
OBIETTIVI
TEMPI DI
ATTUAZIONE
(CRONOPROGR
AMMA)
INDICATORI
(di struttura, di
processo, di
risultato)
RISULTATI
ATTESI
L’obiettivo principale è migliorare l’efficienza complessiva del Pronto
Soccorso consentendo al personale medico di concentrarsi sulla casistica di
maggiore complessità clinica e offrire in futuro un modello di possibile
risposta a problemi urgenti minori anche in ambiente extra-ospedaliero.
Nel 2008 è stato costituito il gruppo di lavoro nell’ambito del Gruppo
Regionale per il Progetto di miglioramento del pronto soccorso (D.G.R. 24
21/01/2008 e DD 2015 12/05/2008) che ha selezionato i quadri patologici
passibili di trattamento nell’Area See&Treat ed ha preparato i protocolli
operativi per ogni singolo problema.
Nel 2009:
• elaborazione e progettazione delle modifiche informatiche necessarie
alla sperimentazione dei gestionali di PS con elaborazione di una
nuova scheda di Triage quale momemto iniziale della procedura del
See& Treat.
• Percorso formativo. Questo percorso prevede una prima fase di circa 2
mesi di formazione dei Medici Tutor e una seconda fase della durata
di 6 mesi di formazione degli infermieri protagonisti della
sperimentazione ad opera dei Medici Tutor
Nel 2010 è previsto l’inizio della sperimentazione per una durata di 6 mesi in
6 Pronto Soccorso della Regione Toscana.
Gli indicatori selezionati per la verifica della validità della sperimentazione
sono i seguenti:
- n. casi trattati in S&T rispetto al totale dei codici minori
- tempo medio di attesa per tutti gli accessi
- tempo medio di attesa per i codici minori
- tempo medio di permanenza per i codici minori
- tempo medio di permanenza per tutti gli accessi
- n. reingressi nelle successive 72 ore per gli utenti trattati in S&T per lo
stesso problema principale
- n. casi ammessi in S&T/n. casi chiusi dal S&T
- n. utenti del S&T soddisfatti/n. utenti del S&T
Riduzione dei tempi di attesa e permanenza per tutti i codici colore e
miglioramento del grado di soddisfazione dell’utenza
LINEA PROGETTUALE 2 - LA NON AUTOSUFFICIENZA
SCHEDA N……
GENERALITA’
REGIONE PROPONENTE
DELIBERA REGIONALE
(DATA E NUMERO)
LINEA PROGETTUALE
TITOLO DEL PROGETTO
DURATA DEL PROGETTO
REFERENTE
Regione Toscana
2. LA NON AUTOSUFFICIENZA
L'assistenza continua alla persona non autosufficiente
due anni con possibilità di proroga
Dr. Patrizio Nocentini
Direzione Generale Diritto alla Salute e Politiche di Solidarietà
Responsabile Settore Integrazione Sanitaria e Non autosufficienza
Via di Novoli 26, Firenze
Tel. 055 4383317;
email: [email protected]
ASPETTI FINANZIARI
COSTO COMPLESSIVO DEL PROGETTO
IMPORTO ASSEGNATO A VALERE SULLA
QUOTA DEL FSN 2009
QUOTA DELLA REGIONE
(cap. 23026 Fondo per la non autosufficienzaspese correnti)
QUOTA FONDO SOCIALE NAZIONALE
PER NON AUTOSUFFICIENZA
(cap. 23036 Fondo per la non autosufficienza –
Fondi statali)
€ 82.000.000,00
€ 2.000.000,00
€ 37.000.000,00
€ 43.000.000,00
IL PROGETTO
CONTESTO
Con propria L.R. n. 66 del 18 dicembre 2008, la Regione Toscana istituisce il
Fondo per la non autosufficienza, con il quale intende realizzare un insieme di
servizi capace di rispondere ai bisogni accertati, per migliorare le condizioni di
vita e l’autonomia delle persone non autosufficienti.
Un sistema che si caratterizza per la certezza della prestazione, l’appropriatezza
e la tempestività dell’intervento rivolto alla persona ed ai familiari,
l’ampliamento della rete di servizi ed interventi, le procedure d’accesso
facilitate e garantite, la definizione delle forme di assistenza e di
compartecipazione alla spesa e la sottoscrizione di un patto interistituzionale
per il governo integrato del Fondo.
La non autosufficienza, tanto per gli aspetti legati alla pressione demografica
quanto per le caratteristiche di perdita e/o di mancanza di autonomie, si connota
come una problematica particolarmente complessa, in grande crescita ed in
continua evoluzione. Il Progetto per l’assistenza continua alla persona non
autosufficiente, proprio a partire da tale complessità, intende accompagnare la
organizzazione di un sistema locale di welfare in grado di tutelare le persone
non autosufficienti e le loro famiglie.
Tale Progetto si articola a partire da un’analisi di scenario che delimita sia il
contesto che i beneficiari, cercando di quantificare il fenomeno della non
autosufficienza nel suo complesso, il carico assistenziale delle famiglie e
l’evoluzione attesa. Definiti i beneficiari degli interventi, la programmazione
delinea gli obiettivi e la strategia dell’azione regionale, focalizzando in modo
particolare quelli che sono i percorsi della programmazione stessa ed i soggetti
coinvolti. Quindi attraverso delle Intese interistituzionali si delinea un percorso
attraverso il quale dare piena attuazione alla gestione unitaria ed integrata del
Fondo.
Nella sua parte più operativa il progetto rappresenta innanzitutto le “azioni di
sistema”, cioè tutte quelle azioni che attengono alla riqualificazione del sistema
regionale di governo delle politiche e dei servizi alle persone. Tali azioni
comprendono la comunicazione, la formazione, il sistema informativo, il
sistema regionale di accreditamento e le modalità della compartecipazione. In
secondo luogo, si delineano le procedure e la strumentazione attraverso cui si
vengono a definire le modalità di accesso, di presa in carico e di valutazione
della persona non autosufficiente e della sua famiglia. Infine si definiscono i
cardini della rete integrata degli interventi, in grado di fornire un valido
supporto alle persone anziane che vivono condizioni di fragilità sociale o alle
persone che sono in situazioni più gravi di non autosufficienza.
Pertanto il Progetto regionale sulla non autosufficienza fornisce indicazioni ai
servizi territoriali perché organizzino e sviluppino interventi mirati verso l’area
della non autosufficienza, nonché azioni promozionali, di prevenzione e di
tutela, dirette all’area della “fragilità”, ovvero verso quelle persone che
presentano condizioni di debolezza sotto il profilo della salute e sulla base delle
condizioni socio/relazionali/abitative. In sostanza le politiche regionali di
assistenza verso le persone anziane intendono affrontare, con respiro strategico,
il tema del miglioramento complessivo dello stato di salute della popolazione
anziana.
La Legge regionale n. 66/2008, all’art. 19, prevede che la programmazione
degli interventi destinati alle persone non autosufficienti anziani sia disciplinata
con apposita modifica al piano sociale integrato regionale 2007/2010.
DESCRIZIONE
La non autosufficienza, tanto per gli aspetti legati alla pressione demografica
quanto per le caratteristiche di perdita e/o di mancanza di autonomie, si connota
come una problematica particolarmente complessa, in grande crescita ed in
continua evoluzione.
Per far fronte a tale complessità, si prevede la definizione del progetto regionale
per l’assistenza continua alla persona non autosufficiente, finalizzato ad
accompagnare l’organizzazione di un sistema locale di welfare in grado di
tutelare le persone non autosufficienti e le loro famiglie. Un impianto
programmatorio che si assume anche il compito di dare indicazioni sulle
modalità organizzative e gestionali di una struttura composta da un “reticolo di
organizzazioni”.
Il Progetto regionale sulla non autosufficienza fornisce indicazioni ai servizi
territoriali perché realizzino gli interventi mirati verso l’area della non
autosufficienza, e quelli nell’area della prevenzione, in modo da ritardare
situazioni di gravità. In sostanza le politiche regionali di assistenza verso le
persone anziane devono affrontare, con respiro strategico, il tema del
miglioramento complessivo dello stato di salute della popolazione anziana.
L’impianto del progetto regionale si fonda sul carattere universalistico
dell’assistenza, riconoscendo alla persona non autosufficiente il diritto alla
garanzia della prestazione sociosanitaria appropriata, rafforzando ed
estendendo il diritto di cittadinanza.
Tale obiettivo, coniugato al principio della valutazione del bisogno assistenziale
e della presa in carico delle persone sulla base di progetti personalizzati ed
integrati, deve avere caratteristica di certezza (prestazione certa per chiunque si
trovi in una determinata condizione di bisogno) e realizzarsi come tipologia di
offerta appropriata.
Il sistema dei servizi e di interventi a favore della non autosufficienza deve
fondarsi su una Intesa interistituzionale tra Regione, aziende USL ed Enti
Locali, nella quale si indica la scelta di un rapporto di cooperazione tra i diversi
livelli istituzionali, nell’ambito delle rispettive competenze, con assunzione di
responsabilità.
L’intesa definisce un sistema di protezione sociale e di cura per le persone non
autosufficienti, sulla base dei principi generali di universalità nell’accesso alle
prestazioni, di integrazione delle politiche sanitarie e di quelle sociali, di
sostegno alla domiciliarità, di coinvolgimento delle comunità locali nella
attuazione degli interventi e nella valutazione degli esiti.
Le intese interistituzionali, sottoscritte a livello di singolo territorio, contengono
gli impegni dei diversi soggetti istituzionali a garantire adeguati livelli di
assistenza sociale di base e ad assicurare il complesso delle risorse già dedicate
alle politiche di sostegno della non autosufficienza.
In particolare:
• La Regione, al fine di assicurare risposte assistenziali certe ed
omogenee in ambito regionale, si impegna a dedicare a questo progetto
risorse già oggi impiegate per i servizi sanitari e socio sanitari per la
non autosufficienza e risorse ulteriori determinate a seguito della
definizione del progetto. La Regione inoltre assicura l’unitarietà del
Fondo, anche a fronte della origine diversificata dei finanziamenti.
• Gli Enti Locali e le aziende USL si impegnano a garantire il governo
integrato del fondo anche attraverso il ruolo strategico delle Società
della Salute, in grado di assicurare la realizzazione del sistema integrato
dei servizi a livello territoriale. Nelle Zone dove non fosse costituita la
Società della Salute tali impegni devono essere definiti e concordati tra
l’azienda sanitaria ed i comuni, in coerenza con il Piano Integrato di
Salute.
Infine, attraverso l’Intesa interistituzionale si individuano gli obiettivi e requisiti
regionali di assistenza che concorrono alla realizzazione di interventi adeguati
(sia in termini qualitativi che quantitativi) ed appropriati per l’assistenza
continua alla persona non autosufficiente, nonché le relative risorse umane e
finanziarie necessarie alla loro realizzazione.
Il sistema territoriale dei servizi per la non autosufficienza in Toscana delinea
una articolazione organizzativa strutturata su due piani tra loro fortemente
coordinati, che sono:
1. La funzione di indirizzo, di governo e di programmazione costituita dalle
Società della Salute. Il sistema dei servizi territoriali acquisisce un ruolo ed
una funzione strategica se riesce a strutturare e a mantenere un carattere
fortemente integrato. Tale possibilità è assicurata dal nuovo assetto che, in
Toscana, si configura con l’introduzione delle Società della Salute, che
rappresentano il livello di governo dove si definiscono gli indirizzi di
carattere generale, le priorità di intervento e le modalità di utilizzo del
Fondo a livello territoriale, ad esito del processo concertativo partecipativo,
che trova compiuta attuazione nella sottoscrizione dei patti (istituzionali e
territoriali).
2. La funzione di coordinamento operativo è così presidiata:
- Il Punto Unico di Accesso: livello direzionale affidato al Responsabile
di zona, ovvero al Direttore della Società della Salute ove costituita,
composto da uno staff dove sono presenti le figure professionali,
indicate nel punto 3.4.2.1 del P.I.S.R. e quelle ritenute necessarie alle
connesse funzioni di regia e di coordinamento. Pertanto il PUA
rappresenta il luogo dove dal punto di vista operativo, professionale e
gestionale, si realizza compiutamente l’integrazione sociosanitaria. Il
responsabile di Zona distretto, attraverso il PUA, presente in ogni
Zona distretto, assicura la presa in carico del cittadino attraverso la
gestione e il coordinamento della rete territoriale dei servizi per la non
autosufficienza. Il governo dell’accesso alle prestazioni integrate
socio-sanitarie dovrà anche assicurare tempi certi per la valutazione e
l’erogazione delle prestazioni, così come previsti dalla legge regionale
66/2008;
- I Punti Insieme: costituiscono la porta di accesso al sistema integrato
dei servizi per la non autosufficienza e si caratterizzano per la loro
elevata prossimità al cittadino, sia nella localizzazione che nella
strutturazione. I Punti Insieme, la cui articolazione organizzativa viene
definita a livello di singola zona-distretto, devono garantire
l’accoglienza e la raccolta della segnalazione del bisogno,
l’orientamento e l’informazione del cittadino, nonchè l’avvio delle
procedure relative alla presa in carico;
- L’Unità di Valutazione Multidisciplinare: viene costituita presso ogni
zona distretto. Individuata come un’articolazione operativa, è
composta, così come previsto dall’art. 11 della LR 66/2008, da un
medico di distretto, un assistente sociale ed un infermiere. È di volta
in volta integrata dal medico di medicina generale della persona
sottoposta a valutazione. In relazione ai casi in esame è anche
integrata da professionalità specialistiche e dagli operatori coinvolti
nella valutazione del caso e che si ritengono necessari ai fini della
definizione del progetto di assistenza personalizzato, con particolare
attenzione alla professionalità geriatrica per i PAP dedicati alle
persone >65enni. Alla Unità di Valutazione compete la valutazione
multidimensionale delle condizioni di bisogno della persona non
autosufficiente, la individuazione dell’indice di gravità del bisogno, la
definizione del Progetto Assistenziale Personalizzato (PAP), la sua
condivisione con la persona e la famiglia e la individuazione e
relativa nomina del responsabile del progetto.
Al fine di orientare il modello toscano verso la priorità strategica della
permanenza del soggetto non autosufficiente nel contesto familiare, attraverso
l’incremento dell’ADI ed il sostegno domiciliare, così come previsto nel P.S.R.
2008-2010, limitando i casi di inserimento in strutture residenziali, il progetto,
in coerenza con le indicazioni contenute nell’art. 7 della L.R. 66/2008, definisce
all’interno delle aree (domiciliare, semiresidenziale e residenziale) la diversa
articolazione delle tipologie di intervento.
Fermo restando la necessità di garantire la circolarità e la flessibilità degli
interventi, sinteticamente gli stessi possono essere suddivisi in:
1. Per l’area della domiciliarità gli interventi si riferiscono:
• agli interventi domiciliari sociosanitari forniti in forma diretta dal
servizio pubblico (assistenza domiciliare sociosanitaria);
•
agli interventi domiciliari in forma indiretta:
- tramite titoli per l’acquisto di servizi, che saranno disciplinati
dopo l’adozione delle procedure di accreditamento;
- tramite il sostegno alle funzioni assistenziali della famiglia che
si avvale di figure di assistenza regolarmente assunte;
- tramite il sostegno della famiglia che si assume in proprio il
carico assistenziale verso persone non autosufficienti con gravi
forme di demenza senile.
2. Per l’area della semiresidenzialità gli interventi si riferiscono ad
inserimenti nei centri diurni.
3. Per l’area della residenzialità gli interventi si riferiscono in via
prioritaria agli inserimenti temporanei o di sollievo nelle RSA e, nei
casi in cui non sia possibile attivare percorsi alternativi, agli inserimenti
permanenti in RSA.
Nell’ambito del sistema accreditato, i soggetti titolari delle prestazioni definite
nel PAP, potranno esercitare il diritto di scelta nell’accesso alle strutture ed ai
servizi disponibili (vedi articolo 8 LR 41/2005 e artt. 3 e 16 LR 40/2005)
Al fine di consentire il raggiungimento degli obiettivi di progetto e di
assicurarne l’omogeneità su tutto il territorio regionale, si delineano nel
progetto le azioni di sistema, che non sono rivolte prioritariamente alle persone
fisiche, ma sono tese a migliorare gli aspetti organizzativi, gestionali e di
governo, affinché si sviluppi “un sistema integrato di servizi sociosanitari che
dia al cittadino la certezza su tempi, quantità e qualità delle risposte assistenziali
idonee per affrontare e risolvere il proprio bisogno”.
Tali azioni ricomprendono:
Ÿ La comunicazione che è l’azione attraverso la quale i cittadini devono
avere un’informazione chiara rispetto alle possibilità della risposta ai
bisogni della persona non autosufficiente e della sua famiglia. È anche
uno degli strumenti attraverso cui si promuove la domiciliarità.
Ÿ La formazione attraverso cui rendere il sistema nel suo insieme e tutti
gli attori, pubblici e privati, più competenti, sia rispetto alla complessità
delle problematiche che la non autosufficienza pone, sia nei confronti
della necessità dell’agire integrato che la rete ed i servizi (formali e
informali) debbono sviluppare per aggredire al meglio quella stessa
complessità.
Ÿ L’accompagnamento. Il grado di innovazione e la complessità che il
progetto regionale per la non autosufficienza porta con sé, implicano che
siano previste azioni che seguano complessivamente tutte le zone
distretto, evitando che ci siano disfunzioni e disallineamenti tra i diversi
territori, tali da produrre poi diversità significative nelle risposte ai
cittadini.
Ÿ Il sistema informativo per la non autosufficienza, parte integrante del
sistema di monitoraggio e valutazione progettuale, ha l’obiettivo di
portare ad unità le differenziazioni e soprattutto le incomunicabilità
degli attuali sistemi applicativi e gestionali già in essere, di parte sociale
e di parte sanitaria e di definire l’insieme di tutti gli elementi che
permettono di rilevare i dati, di produrre informazioni e di rendere
disponibili le stesse nei tempi e nei modi che possano consentire alla
cabina di regia regionale e alle direzioni zonali di avere le indicazioni
necessarie per monitorare, verificare ed eventualmente intervenire nelle
diverse fasi di progetto, avendo cura di poter controllare la sua
sostenibilità, nel rispetto dell’universalismo e dell’equità del sistema.
Ÿ L’accreditamento è oggetto di una specifica proposta di legge, che in
Ÿ
Ÿ
OBIETTIVI
TEMPI DI
ATTUAZIONE
(CRONOPROG
RAMMA)
base all’art. 25 della l.r. 41/2005, disciplinerà le modalità di
accreditamento dei servizi alla persona e delle strutture residenziali e
semiresidenziali pubbliche e private, ivi inclusi quelle che operano nelle
aree dell’integrazione socio-sanitaria, al fine di erogare prestazioni per
conto degli enti pubblici competenti.
Lo studio epidemiologico di popolazione attraverso cui definire il
bisogno di assistenza socio-sanitaria nella popolazione ultra65enne
residente al domicilio.
Il monitoraggio e la valutazione. Il monitoraggio ha lo scopo di
registrare puntualmente l’andamento delle azioni progettuali. La
valutazione ha lo scopo di proporre percorsi e soluzioni di modifica e
miglioramento delle azioni progettuali. I basamenti informativi saranno
quelli del monitoraggio, integrati con strumenti e metodologie
specifiche.
A) piena funzionalità dei Punti Insieme, per garantire un accesso
unificato ai servizi in modo da evitare difficoltà nella richiesta
d’assistenza o attivazioni duplicate d’intervento, e per identificare il
luogo fisico dove segnalare il bisogno e ottenere la valutazione;
B) formazione e aggiornamento delle unità di valutazione
multidisciplinare presenti in ogni zona/distretto, per la definizione del
programma assistenziale individuale e della verifica periodica degli esiti
del percorso assistenziale;
C) piena realizzazione e funzionalità del PUA presso ogni zona distretto
come struttura di coordinamento e di supporto al livello direzionale e di
governo del territorio;
D) sviluppo ed accompagnamento di azioni di prevenzione della non
autosufficienza;
E) continuità di assistenza tra ospedale e territorio;
F) sviluppo di un sistema di risposte flessibili, in primo luogo
territoriali, domiciliari e di sostegno alle funzioni assistenziali della
famiglia, e quindi residenziali, sulla base del principio di appropriatezza;
G) gestione unitaria ed integrata, da parte di soggetti istituzionali
territoriali (Società della Salute), del Fondo per la non autosufficienza,
composto da risorse derivanti dal fondo sanitario, dal fondo sociale,
dalla spesa dei Comuni e di altri soggetti locali;
H) realizzazione del sistema informativo per la non autosufficienza
coerentemente con i principi del sistema informativo regionale.
ob
I
iet
semestre
ti
2008
vi
A
B
C
D
E
F
G
H
II
semestre
2008
I
semestre
2009
II
semestre
2009
I
semestre
2010
II
semestre
2010
INDICATORI
(di struttura, di
processo, di
risultato)
RISULTATI
ATTESI
Continuità assistenziale:
− tasso di copertura e presa in carico delle dimissioni ospedaliere
− tasso ricoveri programmati
Sistema di accesso e presa in carico:
− tasso casi presi in carico
Attività UVM:
− tasso valutazioni effettuate
tasso PAP sosttoscritti
− tasso predisposizione PAP domiciliari
− tasso predisposizione PAP residenzialità
− tasso rivalutazioni a 1 anno/PAP domiciliari attivati
− tasso rivalutazioni a 1 anno / PAP residenziali attivati
Interventi assistenziali:
− prevalenza assistiti in AD diretta ed indiretta
prevalenza assistiti in CD
− tasso ricoveri permanenti in RSA
− tasso ricoveri temporanei in RSA
Tempi di attesa:
− tempo medio dalla dimissione all'erogazione delle prestazioni
tempo medio di attesa tra segnalazione e predisposizione PAP
− tempo medio di attesa tra segnalazione ed erogazione delle prestazioni
− tasso prevalenza lista di attesa RSA
− sviluppo di azioni promozionali, informative e operative sugli “stili di vita”,
con particolare riferimento ai temi della pratica motoria, dell’alimentazione,
del tempo libero, della formazione permanente;
− prevenzione della fragilità con azioni coordinate e servizi di sorveglianza
diffusi e pianificati;
− azioni che favoriscano l’invecchiamento attivo della persona anziana;
− piani coordinati e integrati con gli altri strumenti della programmazione
regionale per affrontare questioni che incidono sulla qualità della vita delle
persone non autosufficienti, come la casa, la mobilità, le infrastrutture per
l’integrazione;
− sviluppo della rete dei servizi orientati alle risposte per le persone non
autosufficienti.
LINEA
PROGETTUALE
3
PROMOZIONE
DI
MODELLI
ORGANIZZATIVI E ASSISTENZIALI DEI PAZIENTI IN STATO
VEGETATIVO E DI MINIMA COSCIENZA NELLE FASI DI CRONICITA’
SCHEDA N.
GENERALITA’
REGIONE PROPONENTE
DELIBERA REGIONALE
(DATA E NUMERO)
LINEA PROGETTUALE
TITOLO DEL PROGETTO
DURATA DEL PROGETTO
REFERENTE
Regione Toscana
3. PROMOZIONE DI MODELLI ORGANIZZATIVI E
ASSISTENZIALI DEI PAZIENTI IN STATO
VEGETATIVO
Valutazione del livello di coscienza in pazienti in stato
vegetativo nell’ambito di un percorso innovativo di
assistenza
Biennale
Dr. Valerio Del Ministro
Direzione Generale Diritto alla Salute e Politiche di Solidarietà
Responsabile Settore Assistenza Sanitaria
Via Alderotti 26/n, 50139 Firenze
tel. 055 4383505
mail: [email protected]
ASPETTI FINANZIARI
COSTO COMPLESSIVO DEL PROGETTO
€ 982.550,00
IMPORTO ASSEGNATO A VALERE SULLA € 982.550,00
QUOTA DEL FSN 2009
QUOTA EVENTUALE DELLA REGIONE
IL PROGETTO
CONTESTO
La diagnosi dello stato vegetativo (SV) è correntemente basata sull’osservazione
clinica del paziente, in accordo con criteri definiti indicati dal “The MultiSociety Task Force on Persistent PVS” (1994). Tuttavia nelle ultime decadi sono
sempre più richieste indagini strumentali per la conferma della diagnosi clinica
e per definizione della prognosi, essendo ad essa connessi problemi etici,
terapeutici e di gestione. Per la definizione della prognosi sono stati usati l’
Elettroencefalogramma (EEG), i Potenziali Evocati (EPs) e i Potenziali Evento
Correlati (ERPs) in pazienti in coma o SV sia di natura traumatica, vascolare o
da danno anossico cerebrale. Tuttavia queste metodiche hanno presentato limiti
per quanto riguarda la sensibilità (esclusione di falsi negativi) e la specificità
(esclusione di falsi positivi). Inoltre i reperti neuro anatomici non possono
diagnosticare da sole lo SV.
Usando la risonanza magnetica funzionale (fRMN) Owen et al. (2006) hanno
dimostrato che pazienti con un prolungato disturbo della coscienza presentano,
nell’immaginazione di un’azione, attivazioni cerebrali simili a quelle dei
soggetti sani,. Questi aspetti di intenzionalità nei pazienti in SV hanno
dimostrato come la fMRI sia una metodica particolarmente sensibile per definire
o riconoscere aspetti peculiari della coscienza.
La diagnosi di stato vegetativo ha notevoli implicazioni nella scelta del percorso
assistenziale di questi pazienti. Attualmente si tende a distinguere una fase
acuta, una fase post-acuta (riabilitativa) ed una fase degli esiti dove i pz. in stato
vegetativo vengono indirizzati verso speciali strutture di assistenza o al
domicilio. Il limite di questo modello è rappresentato da una perdita di
collegamento tra fase degli esiti e fase riabilitativa con il risultato di non riuscire
ad intercettare e far rientrare nel percorso riabilitativo le persone che riprendono
il contatto con l’ambiente in epoche più tardive (fino a qualche anno dopo
l’evento acuto).
DESCRIZIONE Lo scopo generale di questo progetto multidisciplinare è l’individuazione di
affidabili modelli predittivi di recupero da condizioni di SV, studiando sia la
funzione cerebrale a riposo (default-mode) che la risposta cerebrale a specifici
paradigmi percettivi.
Il progetto può contribuire a meglio definire l’eventuale presenza di funzioni
cognitive residue in pazienti con SV e di minima coscienza (MCS), i differenti
livelli di coscienza che possono differenziare sottopopolazioni di pazienti in SV
e MCS e, infine, attendibili indici predittori di recupero. Parallelamente verrà
sperimentato un nuovo modello di intervento che non prevede passaggi in una
sola direzione (dalla fase acuta verso quella degli esiti), ma sono possibili rientri
in fasi precedenti oppure passaggi in fasi successive saltando parte del percorso.
La possibilità di passaggi da fasi più tardive (ad es. fase degli esiti) verso fasi
più precoci con rientro nel percorso di riabilitazione ospedaliera, consente di
intercettare anche quei casi, piuttosto rari, dove la ripresa del contatto con
l’ambiente avviene tardivamente durante il ricovero in strutture dedicate
D’altra parte il passaggio diretto dalla fase acuta a quella degli esiti (RSD),
previsto per casi selezionati, offre il vantaggio di evitare che tutti i ricoveri
passino in riabilitazione ospedaliera consentendo una maggiore appropriatezza
ed una riduzione delle liste di attesa.
L’implementazione di questo modello prevede però una serie di valutazioni del
paziente, in alcuni casi anche a notevole distanza temporale dall’evento acuto,
alle quali sono legate decisioni importanti per assicurare un corretto e completo
percorso.
Ad esempio la decisione del passaggio diretto da fasi acute direttamente verso
RSD è legata all’espressione di un giudizio prognostico non favorevole o alla
consapevolezza che un trattamento riabilitativo intensivo non sia in grado di
influenzare la prognosi; nel caso in cui un trattamento riabilitativo intensivo
diventi indicato in fase successiva, si prevede un ingresso in riabilitazione
ospedaliera da RSD o da domicilio.
OBIETTIVI
Obiettivo primario del progetto è la sperimentazione di questo nuovo modello
di intervento “circolare” nel quale la fase di riabilitazione ospedaliere può essere
in alcuni casi saltata, ma è comunque possibile un rientro del paziente nel
percorso riabilitativo se, anche a distanza di tempo, questo dovesse diventare
indicato ed in particolare nei casi di “risveglio” tardivo.
Per la scelta della prosecuzione del percorso, verranno utilizzati anche indici
prognostici che sono resi oggi disponibili dalle moderne tecniche di
neuroimaging e neurofisiopatologia che consentono la rilevazione della
eventuale presenza di funzioni cognitive residue in pazienti in SV e MCS.
Obiettivo secondario è una migliore comprensione delle basi neurali del
recupero di ulteriori funzioni cognitive.
Questa linea del progetto sarà perseguita studiando i correlati anatomo
funzionali tra sito ed estensione delle lesioni e i relativi deficit psicofisiologici.
Infatti, per avere una maggiore affidabilità della diagnosi clinica, è necessario
effettuare osservazioni ripetute e prolungate di questi pazienti anche se ospitati
in speciali strutture di assistenza o a domicilio. Si ottiene quindi anche una
risposta ai crescenti quesiti etici, terapeutici e di gestione del paziente in stato
vegetativo.
TEMPI DI
ATTUAZIONE
crono
programma
Fasi del progetto in
mesi
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
inizio progetto
arruolamento
pazienti
screening clinico e
neurofisiologico dei
pazienti
selezione dei pazienti
– fMR
Invio paziente alle
varie fasi
Fasi del progetto in
mesi
13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24
inizio progetto
Rivalutazione
pazienti
screening clinico e
neurofisiologico dei
pazienti anche in
tele-assistenza
fMRI
INDICATORI
(di struttura, di
processo, di
risultato)
RISULTATI
ATTESI
Elaborazione dei
risultati
• numero Unità Operative partecipanti al progetto / numero Unità
Operative toscane che ospitano pazienti in SV o in SMC
• numero pazienti valutati
• numero di pazienti avviati alle varie fasi/numero totale di pazienti
arruolati
• numero di pazienti che “saltano” la fase di riabilitazione ospedaliera/
numero totale di pazienti arruolati
• numero di pazienti che rientrano in riabilitazione ospedaliera da fasi più
tardive/ numero totale di pazienti arruolati.
Principali risultati derivanti dalle azioni del progetto:
• Individuare un percorso riabilitativo più efficiente per le persone in stato
vegetativo.
• stimare la presenza di coscienza in pazienti in SV o in SMC;
• verificare la possibilità di differenziare livelli intermedi di coscienza tra
SV e SMC come possibili fattori predittivi del recupero di questi
pazienti;
• effettuare una correlazione anatomo-funzionale tra il tempo di recupero e
funzioni cognitive nei pazienti che riprendono il contatto con l’ambiente.
LINEA PROGETTUALE 4 - LE CURE PALLIATIVE E LA TERAPIA DEL
DOLORE
GENERALITA’
REGIONE PROPONENTE
DELIBERA REGIONALE
(DATA E NUMERO)
LINEA PROGETTUALE
TITOLO DEL PROGETTO
DURATA DEL PROGETTO
REFERENTE
Regione Toscana
4. LE CURE PALLIATIVE E LA TERAPIA DEL
DOLORE
Le cure palliative e la terapia del dolore
2 anni
Dr. Galileo Guidi
Direzione Generale Diritto alla Salute e Politiche di Solidarietà
Area di Coordinamento Politiche Sociali Integrate
Via di Novoli 26, Firenze
Tel. 055 4383010 – fax 055 4383120
Email: [email protected]
ASPETTI FINANZIARI
COSTO COMPLESSIVO DEL PROGETTO
€ 6.368.750,00
IMPORTO ASSEGNATO A VALERE SULLA € 6.167.547,00
QUOTA DEL FSN 2009
QUOTA EVENTUALE DELLA REGIONE
€ 201.000,00
(capitolo 24047, prenotati con DGR 143/2008)
IL PROGETTO
CONTESTO
La Regione Toscana ha dedicato molte energie nell’ambito delle politiche
finalizzate ad una sensibilizzazione etica dell’intero sistema sanitario sul tema
dolore. Da alcuni anni sono stati attivati programmi per garantire una risposta
assistenziale sulle tematiche riguardanti il dolore, acuto, cronico e riferito alla
fase terminale della vita, anche a livello pediatrico.
Con questo progetto si intende portare a compimento l’attivazione della rete
regionale degli Hospice, compresa una struttura pediatrica, completare la rete
assistenziale territoriale di cure palliative, attivare la rete regionale per trattare il
dolore cronico. Queste azioni saranno accompagnate da un piano di formazione e
di aggiornamento del personale e da specifiche campagne di informazione della
popolazione.
L’indicatore utilizzato per valutare l’efficacia di quanto realizzato è stato il
consumo di farmaci oppiacei da parte dei cittadini toscani. La misura di questo
fenomeno ci dà delle informazioni positive infatti il monitoraggio sul consumo
dei farmaci oppiacei in termini di dosi giornaliere x 1.000 abitanti (DDD) in
Toscana è più del doppio della media nazionale ed è in aumento passando da 3.3
DDD x 1000 abitanti del 2007 a 3.9 del 2008.
DESCRIZIONE Azione A: Cure Palliative
La Regione Toscana ha istituito, con deliberazione della giunta regionale n. 996
del 26/9/2000, le unità di cure palliative in tutte le aziende della regione,
collegandole alla rete territoriale per l’assistenza domiciliare.
La Regione Toscana ha approvato nel 2007 il documento “Gli Hospice in
Toscana” che regola le modalità di accesso e di utilizzo degli Hospice. Con
deliberazione della giunta regionale n. 143 del 25/2/2008 sono già state assegnate
le risorse per l’attivazione del progetto di cure palliative e centri residenziali
Hospice. Il programma regionale Hospice avviato nel 2000 prevedeva la
realizzazione di 18 strutture per un totale di 170 posti letto più 8 in regime
diurno. Allo stato attuale per 4 Hospice non sono ancora iniziati i lavori,
nemmeno per la realizzazione della struttura pediatrica prevista nell’ambito dell’
A.O.U. Meyer.
L’Hospice opera nel rispetto di principi di unitarietà e continuità con l’assistenza
domiciliare, in conformità al modello organizzativo regionale. I soggetti coinvolti
nella funzionalità del sistema sono: le Aziende Sanitarie, gli Enti Locali, le
associazioni di volontariato e la cooperazione sociale. Questi soggetti
configurano un sistema nel quale la persona malata e la sua famiglia possono
essere guidati e coadiuvati nel percorso assistenziale tra il proprio domicilio, sede
privilegiata dell’intervento, e le strutture di degenza dedicate al ricoverosoggiorno temporaneo o definitivo. Dalla stretta collaborazione tra questi diversi
attori può svilupparsi lo spostamento dell’attenzione pressoché esclusiva dalla
malattia e dalla guarigione, alla considerazione della qualità della vita come parte
integrante e strutturale dei percorsi assistenziali.
Azione B: Terapia del Dolore
Il progetto si propone di implementare la rete assistenziale per la terapia del
dolore riorganizzando e sistematizzando l’esistente, al fine di ottenere una
maggiore facilità di accesso alle risorse assistenziali disponibili, rafforzando
l’offerta assistenziale nel territorio sia per il paziente adulto che pediatrico. Ci
proponiamo di sperimentare un nuovo modello organizzativo, integrato nel
territorio organizzato su 3 livelli di cura integrati (Territorio, Ospedale, Centri di
Terapia del dolore), con competenze e specifici ruoli dei diversi operatori
sanitari.
La risposta dovrà essere data in relazione all’assetto organizzativo-strutturale
dei servizi dedicati alla Terapia del dolore; al percorso formativo degli operatori
sanitari; all’identificazione di adeguati standard di informazione e
comunicazione rivolti ai cittadini.
Azione C: Piano Formativo
Con riferimento ai temi del Dolore e della Palliazione si rilevano carenze di
ordine sia di cultura generale, sia strettamente professionale. All’assenza, infatti,
di un reale, organico approccio
culturale alle questioni in oggetto, corrisponde la difficoltà di dar luogo a una
risposta sanitaria omogenea e uniforme.
È indispensabile affrontare questa realtà, ed è possibile farlo coinvolgendo le
diverse figure sociali e professionali interessate, attraverso azioni culturali e
medico-cliniche, promozione di attività di ricerca, didattiche, formative, col fine
ultimo di offrire al malato operatori sanitari in grado di riconoscere, curare o
indirizzare i pazienti verso le azioni terapeutiche più opportune per la tipologia
del dolore sofferto.
E’ previsto quindi un coordinamento regionale di proposte formative che
verteranno sui seguenti temi:
-
-
OBIETTIVI
L’analgosedazione nelle procedure
Appropriato uso degli oppiacei per il trattamento del dolore
Il management del dolore nel paziente con lesioni osteoarticolari
traumatiche
Azione D: Piano della comunicazione
E’ necessario continuare il lavoro avviato dalla campagna informativa “Abbasso
il dolore” rivolta sia ai pazienti adulti che ai bambini, mantenendo un’attenzione
particolare anche ai pazienti stranieri che accedono ai servizi sanitari.
La possibilità per il paziente di esprimere il proprio dolore è considerato molto
importante per permettere agli operatori di intervenire in maniera adeguata dato
che il dolore ha una forte componente soggettiva ed è influenzata da numerosi
fattori fra cui quelli culturali. Utilizzare strumenti informativi permette di
coinvolgere il paziente nella cura fin dal primo approccio in un ambito così
delicato quale è quello del dolore.
Pur rivolgendosi in primo luogo ai cittadini, le azioni e gli strumenti realizzati
hanno un compito anche più ambizioso perché puntano a “parlare” al mondo dei
medici ospedalieri e dei medici di famiglia e agli infermieri. Essi infatti
rappresentano le prime risorse da mobilitare per agire sul patrimonio della salute
e per stabilire un rapporto efficace di ascolto e reciprocità su questioni così
delicate.
Obiettivo A:
• Completare la rete infrastrutturale attivando gli Hospice di:
- Ospedale ASL 1 Massa per 12 p.l.
- Ospedale ASL 3 Pistoia per 6 p.l.
- Ospedale ASL 7 Nottola per 6 p.l.
- Ospedale ASL 11 Castelfiorentino per 8 p.l.
• Completare la rete assistenziale di cure palliative pediatriche con
l’attivazione dell’Hospice presso l’A.O.U. Meyer.
Obiettivo B:
• Individuare i Centri di Terapia del Dolore e renderli facilmente accessibili
per il cittadino
• Definire linee guida regionali per il trattamento del paziente con
sintomatologia algica in tutti i livelli di intervento, coinvolgendo tutti gli
attori del sistema.
• Identificare livelli minimi di accreditamento regionale per ogni livello
della Rete al fine di garantire l’omogeneità qualitativa e quantitativa delle
prestazioni erogate dai soggetti accreditati.
• Creare percorsi diagnostici-terapeutici condivisi e validati in linea con le
indicazioni provenienti dal livello nazionale, al fine di garantire
uniformità di accesso alle cure.
• Codificare modelli di collaborazione e integrazione tra i diversi livelli di
cura e gli operatori coinvolti.
• Realizzare una serie di corsi formativi specifici rivolti ai MMG e agli
operatori sanitari degli ospedali.
• Realizzare campagne di informazione rivolte alla cittadinanza
coinvolgendo le associazioni di pazienti e organizzazioni civiche.
• Valorizzare e mettere in rete le “buone pratiche”.
Obiettivo C:
Coordinare a livello regionale le seguenti proposte formative:
• L’analgosedazione nelle procedure
E’ necessario promuovere l’uso della sedoanalgesia nei pazienti che devono
sottoporsi a procedure dolorose, al fine di dare ai cittadini una risposta sanitaria
omogenea ed uniforme, attraverso un’adeguata formazione degli operatori
direttamente coinvolti ed un maggior livello di informazione tra la cittadinanza,
così da creare una più puntuale risposta clinica;
Obiettivi specifici:
§ acquisizione di una cultura e una competenza che permetta agli operatori un
approccio adeguato al dolore da procedura, riconoscendo la centralità del
desiderio del paziente di non provare dolore;
§ acquisizione di una conoscenza sulle tecniche di sedo-analgesia, sulla loro
efficacia nel controllo del dolore acuto, la sua estesa applicazione e l’elevato
grado di sicurezza;
§ acquisizione della competenza circa l’appropriatezza dell’impiego della
sedoanalgesia (indicazioni, controindicazioni , effetti collaterali e complicanze);
§ incentivazione dell’autonomia dei professionisti sanitari formati nel ricorrere
alla sedazione minima;
§ sviluppo in ogni reparto di protocolli specifici per il trattamento del dolore da
procedura;
§ incremento dell’informazione e del consenso consapevole del paziente che si
sottopone
all’analgosedazione.
• Appropriato uso degli oppiacei per il trattamento del dolore.
I risultati di un questionario sulle conoscenze del dolore di medici e infermieri
nella Regione Toscana dimostrano la necessità di interventi formativi mirati. Le
nozioni generali appaiono oggi patrimonio ormai acquisito dei sanitari, mentre si
registrano notevoli lacune diffuse ed omogeneamente distribuite nelle
conoscenze degli oppioidi.
Obiettivo è quello di diffondere ai medici le informazioni, le conoscenze
scientifiche, le esperienze e le buone pratiche sull’uso appropriato dei farmaci
oppioidi.
•
Il management del dolore nel paziente con lesioni osteoarticolari
traumatiche
Una vasta letteratura testimonia che il trattamento insufficiente del dolore è un
fenomeno ancora troppo diffuso nella gestione delle prime fasi del trauma;
infatti le segnalazioni da parte dei cittadini sul non adeguato trattamento del
dolore, non vengono dagli interventi di Ortopedia maggiore, il problema è spesso
nelle manovre di tipo ortopedico eseguite senza analgesia.
E’ importante la continuità fra l’accoglienza del medico dell’urgenza e
l’ortopedico che deve condividere l’importanza di trattare il dolore anche
nell’effettuare manovre minori, si tratta quindi un percorso anche culturale da
affrontare con i professionisti che operano in questo settore.
Obiettivo D:
Diffondere strumenti di lavoro, come i termometri per la misurazione del dolore
e strumenti informativi e di promozione rivolti al personale sanitario e ai
cittadini, apposite spille che infermieri e medici possono indossare sul camice per
lanciare un messaggio di ascolto e disponibilità ai pazienti, opuscoli informativi
predisposti con formule diverse per adulti e per bambini in diverse lingue e
locandine anche esse differenziate che possano dare visibilità al problema.
TEMPI DI
ATTUAZIONE
INDICATORI
(di struttura, di
processo, di
risultato)
RISULTATI
ATTESI
V. crono programma
Indicatori di processo:
- Aumento del consumo di oppioidi
- Aumento del consumo di morfina fino a 7 milligrammi pro capite,
calcolato sulla popolazione esistente
- Attivazione di strumenti per l’accesso ai servizi
- Completamento della rete ed operatività degli Hospice
• Migliorare la qualità dell’assistenza ai pazienti in cure palliative
• Migliorare il percorso assistenziale e l’accesso ai centri di Terapia del
dolore per i pazienti affetti da dolore cronico
• Aumentare la consapevolezza dei cittadini rispetto ai bisogni delle
persone con dolore.
• Migliorare le competenze degli operatori sanitari in merito alle varie
tipologie di dolore e al loro trattamento.
CRONOPROGRAMMA Progetto Le cure palliative e la terapia del dolore
Attività
Verifica Progetti Hospice
Completamento strutture
Attivazione strutture
Verifica Progetto Hospice pediatrico
Completamento struttura pediatrica
Attivazione struttura pediatrica
Approvazione di linee guida regionali
per il trattamento del dolore cronico
Deliberazione criteri di
accreditamento centri di Terapia del
dolore
Codificazione di modelli di
collaborazione e integrazione tra i
diversi livelli di cura e gli operatori
coinvolti per il trattamento del dolore
cronico
Valorizzare e mettere in rete le buone
pratiche
Deliberare e coordinare le proposte
formative
Diffondere gli strumenti della
campagna informativa
Anno 2009/ mesi
6
7
8
9
10
11
Anno 2010 / mesi
12 1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
Anno 2011/ mesi
1
2
3
4
5
LINEA PROGETTUALE 5 - INTERVENTI PER LE BIOBANCHE DI
MATERIALE UMANO
In attuazione della decisione presa dagli Assessori nella seduta della Commissione Salute del 23
aprile 2009, la Regione Toscana recepisce il progetto coordinato a livello nazionale, a sua volta
articolato, secondo le indicazioni di cui all’Accordo Stato-Regioni del 25 marzo 2009, in tre distinti
progetti volti al potenziamento di tre diverse tipologie di biobanca:
- Biobanche di tessuto muscolo-scheletrico
- Biobanche oncologiche per la conservazione e lo studio di materiale oncologico
- Biobanche di sangue cordonale.
A ciascun progetto, la Regione Toscana assegna un importo a valere sulla quota del FSN 2009 pari
ad una percentuale condivisa a livello nazionale della somma ad essa spettante in relazione alla
linea progettuale n. 5, sulla base del richiamato Accordo 25 marzo 2009.
5.1 Biobanche di tessuto muscolo-scheletrico
GENERALITA’
REGIONE PROPONENTE
DELIBERA REGIONALE (DATA
E NUMERO)
LINEA PROGETTUALE
TITOLO DEL PROGETTO
DURATA DEL PROGETTO
REFERENTE
Regione Toscana
5. INTERVENTI PER LE BIOBANCHE DI
MATERIALE UMANO
Biobanche di tessuto muscolo - scheletrico
12 mesi dall’erogazione del finanziamento
Progetto coordinato a livello nazionale
ASPETTI FINANZIARI
COSTO COMPLESSIVO DEL PROGETTO
IMPORTO ASSEGNATO A VALERE SULLA € 120.267,19 (pari al 13% della somma
QUOTA DEL FSN 2009
spettante alla Regione Toscana in base
all’Accordo Stato Regioni del 25/3/2009)
QUOTA EVENTUALE DELLA REGIONE
IL PROGETTO
CONTESTO
In Italia l’utilizzo di tessuto muscolo-scheletrico di origine umana per trapianto è
andato progressivamente aumentando negli anni, fino ad arrivare ad oltre 5.600
trapianti nel 2008. Questo successo è dovuto alla grande duttilità di questa
particolare tipologia di tessuto, che, opportunamente preparato e lavorato, trova
applicazione in moltissime patologie in campo ortopedico e maxillo-faciale.
In Italia la presenza di 6 banche di tessuto muscolo-scheletrico autorizzate dalle
regioni (Torino, Milano, Verona, Treviso, Bologna, Firenze), di cui tre di livello
nazionale (Treviso, Bologna, Firenze), ha risposto finora egregiamente alle
richieste di tessuti, in particolare di tipo congelato, mentre è cresciuto negli
ultimi anni il fabbisogno di tessuti lavorati tramite particolari procedure
(liofilizzati, paste d’osso, prodotti tecnologicamente avanzati) per i quali non è
disponibile in Italia la capacità produttiva sufficiente o diffusa la tecnologia
idonea e per i quali si è dovuto ricorrere spesso all’importazione dall’estero. La
rete di donazione e banking italiana, che vede coinvolti le banche, gli utilizzatori
(ortopedici, dentisti e chirurghi maxillo-facciali) e le autorità competenti (regioni
e CNT), si distingue per l’applicazione rigorosa dei requisiti di qualità e
sicurezza, introdotti dalle normative italiane ed europee e per lo sviluppo di una
rete di collaborazione nazionale che garantisce al paziente un altissimo grado di
sicurezza.
DESCRIZIONE L’obiettivo del progetto è incrementare la produzione e la distribuzione nazionale
di alcune tipologie di prodotto (osso liofilizzato, pasta d’osso e altre nuove
tipologie di prodotti tecnologicamente avanzati) favorendo in particolare
l’utilizzo in Italia di tessuti provenienti da donatori italiani, al fine di garantire la
qualità e la sicurezza dei prodotti.
OBIETTIVI
Generali
a. Stimolare la produzione di tipologie di prodotti lavorati in Italia, derivanti
da donazioni di tessuto muscolo-scheletrico italiano, anche sviluppando
nuove applicazioni e lavorazioni di prodotti tecnologicamente avanzati,
ora poco o per nulla disponibili nel territorio nazionale.
b. Creare un consorzio tra le banche del tessuto muscolo-scheletrico italiane,
al fine di coordinare la distribuzione di tessuti, in particolare quelli
lavorati (liofilizzato, paste d’osso, ..), oltre il territorio di distribuzione
della singola banca, per rispondere in modo rapido ed efficace alle
richieste degli utilizzatori. Questo consorzio, che vedrà coinvolte
principalmente le regioni sede delle banche nazionali (Veneto, EmiliaRomagna, Toscana), con il supporto del CNT, garantirà un vantaggio
economico, legato al risparmio per l’acquisizione di tessuto dall’estero e
l’altro, ancora più importante, legato alle caratteristiche di sicurezza e di
qualità del tessuto prelevato e lavorato in Italia.
c. Realizzare attività di informazione, comunicazione e sensibilizzazione sul
corretto utilizzo dei tessuti di origine umana, in particolare osso, dirette
agli utilizzatori (ortopedici, dentisti e chirurghi maxillo-facciali) al fine di
ridurre le importazioni improprie dall’estero e incentivare l’utilizzo di
tessuto “italiano”, garantito dalla banche in termini di qualità e sicurezza.
Specifici
a. le banche, anche tramite strutture terze autorizzate, incrementeranno la
produzione di tessuti lavorati ottenuti da donazioni di osso italiano. In
particolare ci si prefigge di raggiungere un incremento del 20% della
produzione di tessuti processati (osso liofilizzato e di paste d’osso) entro
la fine del 2009 rispetto al 2008 e di iniziare la produzione di nuove
lavorazioni tecnologicamente avanzate.
b. Creazione entro la fine del 2009 di un repository informatico, dove le tre
banche nazionali e le strutture terze che intervengono nelle lavorazioni
inseriscano i tessuti disponibili, in modo da creare un magazzino
nazionale dove le scorte disponibili possano essere visibili a tutti, in
modo da rispondere in modo rapido ed efficiente alle richieste di queste
tipologie di tessuti. Sono previsti diversi livelli di accesso al repository, in
cui le banche e i CRT possano visionare tutti i tessuti e aggiornare le
entrate e le uscite dei propri, il CNT potrà visionare le disponibilità, le
parti terze che svolgono attività di lavorazione o distribuzione possano
aggiornare la parte di propria competenza quando hanno nuove
disponibilità di prodotti o ne distribuiscono.
c. partecipazione delle banche e delle parti terze autorizzate nel corso del
TEMPI DI
ATTUAZIONE
INDICATORI
(di struttura, di
processo, di
risultato)
RISULTATI
ATTESI
2009 ai convegni nazionali e internazionali delle società degli utilizzatori
di queste tipologie di tessuti (ortopedici e maxillo-faciali) e ai convegni
internazionali delle banche tessuti (EATB) tramite stand e/o
presentazioni, per diffondere la conoscenza di queste tipologie di tessuti
lavorati e incrementarne l’utilizzo. Verranno realizzati degli opuscoli
informativi su questi particolari prodotti, da distribuire durante i convegni
e tramite le attività di informazione. Le parti terze che intervengono nella
lavorazione e distribuzione faciliteranno la promozione e l’informazione
del corretto utilizzo dei tessuti lavorati, sfruttando la capacità di
raggiungere capillarmente i potenziali utilizzatori e agendo da facilitatori
per riportare tempestivamente le necessità di fornitura alle banche.
v. Cronoprogramma
Indicatori di struttura: adeguamenti strutturali, qualificazione del personale.
Indicatori di processo: numero di campioni lavorati per tipologia di prodotto
(osso liofilizzato, pasta d’osso, prodotti tecnologicamente avanzati).
Indicatori di risultato: : numero di campioni per tipologia di prodotto
distribuiti
- incremento del 20% della produzione di osso liofilizzato e di paste d’osso
rispetto al 2008;
- progettazione e/o inizio produzione di nuove lavorazioni
tecnologicamente avanzate;
- aumento del 15% della distribuzione di tessuti lavorati attraverso la
creazione di un consorzio tra le banche del tessuto muscolo-scheletrico
italiane;
- riduzione del 10% di importazione di tessuti lavorati dall’estero.
CRONOPROGRAMMA Progetto Biobanche di tessuto muscolo-scheletrico
Attività
Mesi
3
Attività di informazione, comunicazione e sensibilizzazione
• partecipazione delle banche e delle parti terze
autorizzate a convegni nazionali e internazionali
delle società degli utilizzatori e a convegni
internazionali delle banche tessuti.
• Realizzazione e distribuzione di opuscoli
informativi.
• Promozione da parte di parti terze
del corretto
utilizzo dei tessuti lavorati.
Incremento della produzione di tessuti lavorati ottenuti da
donazioni di osso italiano
• Incremento produzione di osso liofilizzato e di paste
d’osso
• Progettazione e/o inizio produzione di nuove
lavorazioni tecnologicamente avanzate.
Progettazione del consorzio
Incremento della distribuzione di tessuti lavorati ottenuti da
donazioni di osso italiano
Costruzione di un repository informatico
Avvio dell’utilizzo del repository informatico
6
9
12
5.2 Biobanche oncologiche per la conservazione e lo studio di materiale oncologico
GENERALITA’
REGIONE PROPONENTE
Regione Toscana
DELIBERA REGIONALE (DATA
E NUMERO)
LINEA PROGETTUALE
5. INTERVENTI PER LE BIOBANCHE DI
MATERIALE UMANO
TITOLO DEL PROGETTO
Biobanche oncologiche per la conservazione e lo studio di
materiale oncologico
DURATA DEL PROGETTO
12 mesi dall’erogazione del finanziamento
REFERENTE
Progetto coordinato a livello nazionale
ASPETTI FINANZIARI
COSTO COMPLESSIVO DEL PROGETTO
IMPORTO ASSEGNATO A VALERE SULLA € 185.026,40 (pari al 20% della somma spettante
QUOTA DEL FSN 2009
alla Regione Toscana in base all’Accordo Stato
Regioni del 25/3/2009)
QUOTA EVENTUALE DELLA REGIONE
IL PROGETTO
CONTESTO
DESCRIZIONE
Gli enormi sviluppi della biologia molecolare negli ultimi anni hanno fornito
un contributo inestimabile nella lotta contro il cancro, sia permettendo
l’identificazione dei meccanismi molecolari coinvolti, sia consentendo lo
sviluppo di strumenti diagnostici più sensibili e di nuovi farmaci che,
interferendo con specifici meccanismi molecolari, risultano spesso più
efficaci e meno tossici. Nonostante tutti i progressi recenti, siamo ancora
lontani dall’aver acquisito una conoscenza totale delle problematiche legate
ai meccanismi di sviluppo e di crescita delle cellule neoplastiche. Nasce da
qui la necessità di stabilire vaste raccolte di campioni biologici di tessuto,
acidi nucleici e dati clinici di pazienti oncologici, che offrirebbero una
risorsa inestimabile per incrementare le possibilità di comprendere e
contrastare il cancro. A tal proposito, è di fondamentale importanza la
costituzione di una rete nazionale di biobanche, organizzata su base
regionale che permetta uno scambio di tessuti ed informazioni.
Le biobanche, anche se di grande valore e tradizione, presentano una vasta
gamma di problematiche organizzative e normative:
1. frammentazione della ricerca ,
2. presenza di regole di accesso diverse,
3. mancanza di standard comuni di riferimento.
Spesso, a causa di tali problematiche, non possono essere utilizzati nello
stesso studio campioni provenienti da diverse biobanche, elemento
indispensabile per raggiungere una adeguata significatività statistica e per
affrontare un determinato tipo di studio.
La conseguenza è la duplicazione di progetti simili, lo spreco di energie e di
risorse, la difficoltà di mettere a punto una politica di finanziamenti a lungo
termine e di ampio respiro.
OBIETTIVI
Sul territorio nazionale sono già operanti alcune biobanche oncologiche, ma
l’obiettivo è quello di creare una rete di centri qualificati selezionati in grado
di conservare un elevato numero di campioni in modo standardizzato e di
renderli disponibili per ricerca e diagnostica secondo modalità uniformi e
condivise.
Generali
a. Regolamentare le modalità di raccolta e conservazione di cellule e
tessuti neoplastici a scopo di diagnosi e ricerca.
b. Definire gli elementi della rete in numero non superiore a 5 – 6 unità,
verificando che ciascuno di essi operi secondo criteri standardizzati sia
in tema di acquisizione e rilascio di campioni che di qualità, sicurezza e
tracciabilità. In quelle realtà in cui sono presenti degli archivi o delle
collezioni di materiale oncologico (vedi definizioni), ma non delle vere e
proprie biobanche oncologiche devono essere eventualmente previsti
accordi, convenzioni con una biobanca per la gestione ed il trasferimento
dei campioni.
c. Definire un sistema di governance della rete che individui come
competent autority il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e le
Regioni in modo analogo a quanto avviene per le biobanche
terapeutiche.
Specifici
a. definizione di linee guida per normare requisiti generali (rispetto di
normative e regole etiche e responsabilità nella gestione) e di procedure
per la raccolta, conservazione e distribuzione dei campioni a livello
locale, nazionale ed internazionale.
b. censimento dell’offerta attuale dei servizi ; rilevamento e identificazione
(tipologia, modalità di conservazione) dei campioni conservati nelle
biobanche ; definizione di condizioni di carattere generale richieste per
l’istituzione di una banca, definizione di linee guida per normare
requisiti specifici (personale, locali, attrezzature, gestione della
documentazione, informatica, funzioni di servizio, preparazione dei
campioni, accesso dei depositi al CRB, conservazione, catalogo dei
campioni disponibili, distribuzione).
c. Armonizzazione delle normative e le linee guida esistenti in materia,
elaborazione di un sistema di Centri di Ricerca Biologica regionali o di
più regioni collegati in rete tra loro e con realtà simili extra regionali e
connessi strutturalmente nel sistema sanitario regionale.
v. Cronoprogramma
TEMPI DI
ATTUAZIONE
(CRONOPROGRA
MMA)
INDICATORI
Indicatori di struttura: applicazione di requisiti minimi strutturali,
(di struttura, di
tecnologici ed organizzativi in termini di personale, locali e attrezzature.
processo, di risultato)
Indicatori di processo: catalogo dei servizi offerti , n. e tipologia dei
campioni conservati, definizione di un codice etico – manuale della qualità;
elaborazione di procedure specifiche scritte per:
- Armonizzazione delle procedure di informativa al paziente, raccolta del
consenso e prelievo;
- Attività di servizio (preparazione e distribuzione di materiale a
ricercatori interni ed esterni all’istituzione);
- attività di Inserimento della Biobanca nell’ambito di network nazionali,
europei ed internazionali.
RISULTATI
ATTESI
Indicatori di risultato: Realizzazione di un documento di proposta di
governance sulla base delle normative e le linee guida esistenti in materia,
fattibilità per la messa in rete di campioni e dati e per un programma di
controllo esterno di qualità dei campioni.
- Identificazione di Centri di Ricerca Biologica attraverso un
censimento delle strutture già operanti. L’inventario deve essere
effettuato dalle singole regioni e coordinato a livello nazionale;
-
Definizione requisiti minimi uniformi per il riconoscimento delle
biobanche oncologiche;
-
Definizione di un sistema di governance di Centri di Ricerca
Biologica regionali o di più regioni collegati in rete tra loro e con
realtà simili extra regionali e connessi strutturalmente nel sistema
sanitario regionale.
DEFINIZIONI
Archivio diagnostico: Per quanto riguarda i tessuti inclusi in paraffina, è obbligatorio parlare degli archivi presenti in
ogni struttura di Anatomia Patologica e cercare di chiarire le differenze fra essi e le banche, rese facilmente evidenti
dalle diverse finalità delle due strutture:
- scientifica, per la banca
- principalmente diagnostica, per l’archivio.
Collezione di tessuti: congelatori in cui sono conservati tessuti prelevati freschi oppure di armadi che ospitano tessuti
inclusi in paraffina. In genere, una collezione ha finalità puramente scientifiche, nasce su iniziativa di un singolo
ricercatore e spesso non vi sono regole precise per l’utilizzo del materiale conservato. In genere, una raccolta di questo
tipo è temporanea, limitata al tempo necessario per lo svolgimento del progetto scientifico che ne è alla base.
Banca di tessuti: Il termine “banca” sottolinea che le caratteristiche di questo tipo di raccolta, conservazione ed utilizzo
di tessuti umani, sono vicine a quelle relative alla gestione di cassette di sicurezza e simili all’interno di un istituto di
credito:
- un contratto con il paziente, attraverso il consenso informato, con delega al ricercatore interessato
rigide regole per:
- il deposito del materiale
- il suo utilizzo
- il suo ritiro definitivo.
CRONOPROGRAMMA Progetto biobanche oncologiche per la conservazione e lo studio di materiale oncologico
Attività
Mesi
3
Regolamentare le modalità di raccolta e conservazione di cellule e tessuti neoplastici a scopo di
diagnosi e ricerca
•
definizione delle procedure per le attività di prelevamento, informativa e consenso,
accettazione, trasferimento dei campioni, allestimento e conservazione dei campioni, gestione
delle informazioni e delle procedure adottate per il trattamento dei dati personali, trasferimento
del materiale biologico
Definire gli elementi della rete in numero non superiore a 5 – 6 unità, verificando che ciascuno di
essi operi secondo criteri standardizzati sia in tema di acquisizione e rilascio di campioni che di
qualità, sicurezza e tracciabilità
• definizione di requisiti minimi per il riconoscimento delle biobanche
•
elaborazione di un codice etico della Biobanca
•
elaborazione di Manuale della Qualità della Biobanca
•
definizione delle procedure per le attività di Inserimento della Biobanca nell’ambito di network
nazionali, europei ed internazionali
Definire un sistema di governance della rete che individui come competent autority il Ministero
del lavoro e delle politiche sociali e le Regioni in modo analogo a quanto avviene per le biobanche
terapeutiche
• elaborazione di un modello di governance sulla base delle normative e le linee guida esistenti in
materia
• elaborazione di uno Studio di fattibilità per un programma di controllo esterno di qualità dei
campioni
• elaborazione di uno Studio di fattibilità per la messa in rete di campioni e dati
6
9
12
5.3 Biobanche di materiale umano
GENERALITA’
REGIONE PROPONENTE
Regione Toscana
DELIBERA REGIONALE (DATA
E NUMERO)
LINEA PROGETTUALE
5. INTERVENTI PER LE BIOBANCHE DI
MATERIALE UMANO
TITOLO DEL PROGETTO
Biobanche di sangue cordonale
DURATA DEL PROGETTO
12 mesi dall’erogazione del finanziamento
REFERENTE
Progetto coordinato a livello nazionale
ASPETTI FINANZIARI
COSTO COMPLESSIVO DEL PROGETTO
IMPORTO ASSEGNATO A VALERE SULLA € 619.838,44 (pari al 67% della somma
QUOTA DEL FSN 2009
spettante alla Regione Toscana in base
all’Accordo Stato Regioni del 25/3/2009)
QUOTA EVENTUALE DELLA REGIONE
IL PROGETTO
CONTESTO
DESCRIZIONE
Attualmente il trapianto di cellule staminali emopoietiche (CSE) prelevate
dal midollo osseo o dal sangue venoso periferico, rappresenta una
procedura terapeutica largamente impiegata nel trattamento di numerose
patologie. La difficoltà a reperire per alcuni pazienti un donatore
compatibile o la necessità di un intervento terapeutico rapido, ha spinto a
ricercare delle fonti alternative di CSE rispetto al midollo. L’identificazione
di CSE nel sangue cordonale e la possibilità di effettuare trapianti con
queste cellule ha indotto la costituzione di vere e proprie "banche", dove
vengono conservate le unità di sangue cordonale raccolte. In Italia sono
attive 17 banche di sangue cordonale distribuite su tutto il territorio
nazionale. Al 31/12/2008 sono state bancate oltre 20.000 unità e di queste
oltre 17.000 sono disponibili per trapianto in Italia ed esposte attraverso
l’IBMDR di Genova per eventuale uso extra-nazionale. Delle unità
conservate, 783 sono state utilizzate per trapianto “unrelated” (in paesi
esteri e in Italia) e 106 per trapianto “related”. La rete di donazione e
banking italiana, che vede coinvolti le banche, i trapiantologi e le autorità
competenti (regioni, CNS e CNT), si distingue per l’applicazione rigorosa
dei requisiti di qualità e sicurezza, introdotti dalle normative italiane ed
europee e per lo sviluppo di una rete di collaborazione nazionale ed
internazionale che ha come principale obiettivo la garanzia di un elevato
grado di qualità e sicurezza delle unità cordonali destinate al trapianto.
L’obiettivo strategico del progetto è incrementare il numero delle unità
bancate effettivamente disponibili all’uso trapiantologico per il fabbisogno
nazionale ed internazionale garantendo i livelli di qualità e sicurezza
previsti dalle disposizioni normative nazionali e comunitarie vigenti e dagli
standard internazionalmente accettati. Il progetto prevede di realizzare
inoltre una rete integrata di punti nascita autorizzati alla raccolta del sangue
sia nelle regioni in cui è presente una Banca di Sangue Cordonale, che in
quelle nelle quali non è presente la Banca. In questa ultima situazione deve
essere previsto che le raccolte effettuate debbano afferire ad una Banca di
riferimento in altra regione in base a criteri definiti (vicinanza territoriale,
convenzioni già presenti tra regioni, ecc), con la quale verranno stipulati
appositi accordi. Lo sviluppo della rete dovrà prevedere inoltre un sistema
coordinato per il trasporto delle unità raccolte, atto a garantire la
conservazione delle proprietà biologiche delle unità trasportate e la
massima efficienza delle trasferimento delle stesse.
OBIETTIVI
Generali
a. Estensione dell’attività di raccolta presso un numero
progressivamente crescente di punti nascita del territorio in base
alla programmazione regionale, nonché alla garanzia di un adeguato
livello di formazione e mantenimento delle competenze degli
operatori addetti alla raccolta nei punti nascita;
b. estensione dei tempi di ricezione delle unità cordonali raccolte da
parte delle Banche, finalizzato ad eliminare le limitazioni orarie e
giornaliere della donazione (raccolta h 24);
c. sistematica applicazione dei requisiti di qualità e sicurezza previsti
dalle disposizioni normative vigenti e degli standard tecnici ed
operativi condivisi all’interno della rete delle banche;
d. incremento dell’inventario nazionale delle unità cordonali
conservate;
e. realizzazione di campagne di informazione, comunicazione e
sensibilizzazione sul territorio con l’obiettivo di informare e rendere
consapevoli i cittadini del valore della donazione solidaristica del
sangue cordonale e sull’utilizzo appropriato del sangue cordonale.
Specifici
a. costituzione di reti regionali integrate di punti nascita aventi ognuno
un numero di parti superiore a 500/anno con accordi tra Banche
cordonali di riferimento e punti nascita. Le Regioni, in relazione
alla propria programmazione, provvedono: a) a definire con
specifici atti i punti nascita da attivare; b) attraverso i propri
Organismi tecnici coordinano gli accordi tra Banche e punti nascita
e le relative modalità operative. I punti nascita che effettuano tra i
500 e 1000 parti/anno dovranno effettuare tra il 10 al 15% di
raccolte rispetto al numero dei parti effettuati, mentre quelli con un
numero di parti superiori a 1000 tra il 8-10%. E’ inoltre necessario
garantire una formazione iniziale ed il mantenimento delle
competenze del personale addetto alla raccolta (almeno 2 corsi di
formazione/anno).
b. apertura delle Banche cordonali dal lunedì al sabato, questo
comporta la possibilità di effettuare le raccolte in regime h 24
eliminando la criticità legata a limitazioni di orario e giorni festivi.
E’ chiaro che questo è realizzabile solo attraverso l’adeguamento
e/o la stabilizzazione del personale della Banca ;
c. realizzazione
degli
adeguamenti
strutturali,
tecnologici,
organizzativi finalizzati all’applicazione dei requisiti di qualità e
sicurezza previsti da requisiti cogenti e standard nazionali ed
internazionali. Dal momento che le unità cordonali vengono inserite
in una rete internazionale, è necessario che le Banche seguano
requisiti accettati internazionalmente e che abbiano quindi come
obiettivo il conseguimento dell’accreditamento internazionale
FACT-NETCORD;
d. definizione di un piano triennale di bancaggio per singola banca/rete
regionale integrata di banche da effettuare in accordo con Centro
Nazionale Sangue e Centro Nazionale Trapianti al fine del
raggiungimento, nel triennio 2009-2011, di un incremento
dell’inventario nazionale di 12.000 unità bancate;
e. campagne di informazione che prevedano la diffusione di materiale
informativo già disponibile e la realizzazione di attività di
comunicazione e sensibilizzazione dell’utenza e del personale
sanitario direttamente coinvolto. La diffusione dell’informazione
deve avvenire attraverso organismi ed enti sanitari quali
dipartimenti materno infantili, consultori, punti nascita. E’
necessario il coinvolgimento di specifiche figure professionali,
direttamente coinvolte nel processo, quali le ostetriche e i
ginecologi, o indirettamente, quali i pediatri di libera scelta e i
medici di medicina generale. E’ auspicabile che le campagne di
informazione siano preliminarmente condivise nell’ambito di un
coordinamento centrale e che siano effettuate in stretta
collaborazione con associazioni di volontariato già impegnate nel
settore (ADISCO).
TEMPI DI
ATTUAZIONE
INDICATORI
(di struttura, di
processo, di
risultato)
RISULTATI
ATTESI
V. Cronoprogramma
a. Indicatori di struttura: realizzazione degli adeguamenti strutturali,
tecnologici e organizzativi. Ricezione delle unità cordonali raccolte h
24 (numero delle unità raccolte/numero parti effettuati nel fine
settimana e festivi). Dotazione organica della banca (numero personale
strutturato/ numero personale totale).
b. Indicatori di processo: attivazione di punti nascita con un numero di
parti superiore a 500/anno. I punti nascita che effettuano tra i 500 e
1000 parti/anno dovranno effettuare tra 10 e 15% di raccolte rispetto al
numero dei parti effettuati, mentre quelli con un numero di parti
superiori a 1000 tra 8 e 10%.
c. Indicatori di risultato: incremento del numero delle raccolte effettuate
e dell’inventario delle unità conservate (numero delle unità bancate per
anno sulla base del piano definito).
-
-
incremento del 10-15%/anno delle raccolte effettuate, con
riferimento alle unità totali raccolte sul territorio nazionale nel
2008 (11.517 unità);
incremento di 8-10%/anno delle unità criopreservate per singola
Banca o reti regionali integrate di Banche;
riduzione del 10%/anno delle unità esportate presso strutture
private estere ad uso autologo non solidaristico.
CRONOPROGRAMMA progetto Biobanche di sangue cordonale
Attività
Mesi
3
Estensione dell’attività di raccolta e adeguato livello di formazione degli operatori addetti alla
raccolta
•
•
costituzione di reti regionali integrate di punti nascita;
realizzazione di corsi di formazione iniziale e per il mantenimento delle competenze del
personale addetto alla raccolta
Estensione dei tempi di ricezione delle unità cordonali raccolte da parte della Banca (raccolta
h 24)
• apertura delle Banche cordonali dal lunedì al sabato
• adeguamento e/o stabilizzazione del personale della Banca
Applicazione dei requisiti di qualità e sicurezza
•
Realizzazione di adeguamenti strutturali, tecnologici, organizzativi finalizzati
all’applicazione di requisiti di qualità e sicurezza (application a FACT-NETCORD)
Incremento dell’inventario nazionale delle unità cordonali conservate
•
definizione di un piano triennale di bancaggio per singola banca/rete regionale integrata di
banche
Realizzazione di campagne di informazione, comunicazione e sensibilizzazione
•
campagne di informazione regionale che prevedano la diffusione di materiale informativo
già disponibile e la realizzazione di attività di comunicazione e sensibilizzazione dell’utenza
e del personale sanitario direttamente coinvolto.
6
9
12
LINEA PROGETTUALE 6 - SANITA’ PENITENZIARIA
SCHEDA N.
GENERALITA’
REGIONE PROPONENTE
DELIBERA REGIONALE
(DATA E NUMERO)
LINEA PROGETTUALE
TITOLO DEL PROGETTO
DURATA DEL
PROGETTO
REFERENTE
Regione Toscana
6. SANITA’ PENITENZIARIA
Progetto interregionale per livelli assistenziali omogenei e
condivisi in ambito penitenziario
Anno 2009
Dr. Valerio Del Ministro
Direzione Generale Diritto alla Salute e Politiche di Solidarietà
Settore Assistenza Sanitaria
Via Alderotti 26/n, Firenze
tel. 055 4383505; fax 055 4385075
email: [email protected]
ASPETTI FINANZIARI
COSTO COMPLESSIVO DEL PROGETTO
€ 14.000.000,00
IMPORTO ASSEGNATO A VALERE SULLA € 14.000.000,00
QUOTA DEL FSN 2009
QUOTA EVENTUALE DELLA REGIONE
IL PROGETTO
CONTESTO
Il DPCM 1 aprile 2008 “Modalità e criteri per il trasferimento al Servizio
sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse
finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di sanità
penitenziaria”, pubblicato sulla G.U. n. 126 del 30 maggio 2008 ed esecutivo
dal 14 giugno 2008, stabilisce che le Regioni disciplinano gli interventi da
attuare attraverso le Aziende Sanitarie Locali per garantire i Livelli essenziali
di assistenza, all’interno degli istituti penitenziari presenti sul territorio
aziendale di riferimento, in conformità ai principi definiti dalle linee di
indirizzo per gli interventi del SSN a tutela della salute dei detenuti e degli
internati.
Considerata comunque la specificità della situazione detentiva ed in particolare
la privazione del diritto costituzionale della libertà di scelta in materia di
assistenza sanitaria per cui i detenuti, gli internati e i minori sottoposti a
provvedimento penale non possono accedere a strutture sanitarie esterne per
usufruire di prestazioni sanitarie non previste specificatamente nei LEA, è
necessario che la Regione individui dei percorsi specifici per erogare
DESCRIZIONE
all’interno degli Istituti di pena le prestazioni suddette. Diventa inoltre
fondamentale che tutte le Regioni, nell’ambito dei lavori dell’apposito
Coordinamento Tecnico Interregionale provino ad operare in maniera
omogenea su base nazionale pur nel rispetto delle autonomie regionali.
Alla luce di quanto indicato in premessa si propone un progetto che
individua le seguenti aree di intervento:
a) Mediazione culturale negli Istituti di pena
b) Protesi odontoiatriche con appropriata prescrizione medica
c) Fornitura farmaci fascia C e H con appropriata prescrizione medica e
comunque all’interno dei prontuari ospedalieri delle Aziende Sanitarie
regionali
OBIETTIVI
• Mediazione culturale negli Istituti di pena
Il progetto prevede l’attivazione della mediazione culturale negli Istituti di
pena per gli evidenti vantaggi in termini diagnostici e di corretta presa in carico
dei detenuti ed internati immigrati.
• Protesi odontoiatriche
Il progetto prevede l’impianto di manufatti protesici nei confronti della
popolazione detenuta ristretta negli Istituti Penitenziari del territorio regionale,
portatrice di patologia specifica “grave deficit masticatorio da adentulia totale
e/o parziale” al fine di prevenire l’insorgenza o il peggioramento dei disturbi
dell’alimentazione che rientra tra gli stati patologici maggiormente diffusi nelle
comunità cosiddette confinate. La fornitura di protesi dentaria è condizionata
da appropriata prescrizione medica.
• Fornitura farmaci fascia C e H
Il progetto prevede la fornitura di farmaci in fascia H e C, come da prontuario
aziendale, per i detenuti e gli internati ristretti negli Istituti di pena della
regione, in presenza di appropriata prescrizione medica.
TEMPI DI
ATTUAZIONE
(CRONOPROG
RAMMA)
INDICATORI
(di struttura, di
processo, di
risultato)
RISULTATI
ATTESI
Dicembre 2009
Gli indicatori di progetto sono:
1)
2)
3)
4)
numero di nuclei per mediazione culturale attivati negli istituti di pena;
numero di interventi effettuati
numero di prestazioni proteiche odontoiatriche eseguite;
numero di richieste farmacologiche in fascia C e H eseguite nell’anno;
1) Miglioramento della presa in carico sanitaria dei detenuti ed internati
anche se migranti o che necessitano di prestazioni sanitarie mirate in
ragione della loro stessa condizione detentiva ed in preparazione di un
necessario percorso di recupero sociale
2) Miglioramento della collaborazione ed interazione interregionale
nell’attuazione del DPCM oltre che del livello di omogeneità
interregionale degli interventi sul Livello assistenziale negli Istituti di
pena
LINEA PROGETTUALE 8 - PIANO NAZIONALE DELLA PREVENZIONE
SCHEDA N.
GENERALITA’
REGIONE PROPONENTE
DELIBERA REGIONALE
(DATA E NUMERO)
LINEA PROGETTUALE
TITOLO DEL PROGETTO
DURATA DEL PROGETTO
REFERENTE
Regione Toscana
8. PIANO NAZIONALE PREVENZIONE
Piano nazionale prevenzione
annuale
Dr.ssa Emanuela Balocchini
Direzione Generale diritto alla Salute e Politiche di solidarietà
Responsabile Settore igiene pubblica
via T. Alderotti 26/n, Firenze
tel. 055 4383303; fax 055 4383127
email [email protected]
ASPETTI FINANZIARI
COSTO COMPLESSIVO DEL PROGETTO
€ 17.000.000,00
IMPORTO ASSEGNATO A VALERE SULLA € 17.000.000,00
QUOTA DEL FSN 2009
QUOTA EVENTUALE DELLA REGIONE
IL PROGETTO
CONTESTO
DESCRIZIONE
La Regione Toscana, in osservanza all’Intesa Stato-Regioni del 23 marzo
2005, ha predisposto e approvato con DGR 807 del 01/08/2005 e DRG
del 70 del 06/02/2006, con le quali si approvano le linee attuative di tutti i
progetti ricompresi nella prima e seconda fase dell’accordo
programmatico.
Il progetto di piano regionale della prevenzione e il monitoraggio in
itinere degli eventi adottano il modello di cronoprogramma fornito dal
Centro Nazionale Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM), cui si
rimanda per ogni documento in materia. La Regione Toscana ha già
presentato la documentazione relativa alla realizzazione delle azioni
progettuali e agli obiettivi definiti per l’anno 2008, secondo le indicazioni
fornite dal D.G. della D.G. Prevenzione del Ministero della Salute, del
Lavoro e della Sicurezza sociale
Il Piano della Regione Toscana 2009 è stato redatto seguendo le linee
dell’Accordo di Conferenza Stato Regioni del 23 marzo 2005 e
successiva proroga 2008, e basandosi sul documento “Proposta di Piano
Nazionale Prevenzione 2009 - 2011” approvato dalla commissione Salute
il 2/12/2008 trasmesso al Ministero il 15/12/2008
Le linee progettuali sviluppate sono le seguenti:
OBIETTIVI
TEMPI DI
ATTUAZIONE
(CRONOPROGRAM
MA)
INDICATORI
(di struttura, di
processo, di risultato)
RISULTATI ATTESI
- rischio cardiovascolare
- recidive degli accidenti cardiovascolari
- complicanze del diabete
- obesità e stili di vita
- screening oncologici
- vaccinazioni
- incidenti stradali
- infortuni sul lavoro
- incidenti domestici
Gli obiettivi, i tempi di attuazione, gli indicatori ed i risultati attesi sono
esplicitati nelle schede e relative relazioni trasmesse entro il 31/05/2009
al Ministero della Salute, del Lavoro e della Sicurezza Sociale secondo le
indicazioni ricevute dal Ministero stesso.
LINEA PROGETTUALE 9 - TUTELA DELLA MATERNITA’
PROMOZIONE DELL’APPROPRIATEZZA DEL PERCORSO NASCITA
E
SCHEDA N.
GENERALITA’
REGIONE PROPONENTE
DELIBERA REGIONALE
(DATA E NUMERO)
LINEA PROGETTUALE
TITOLO DEL PROGETTO
DURATA DEL PROGETTO
REFERENTE
Regione Toscana
9. TUTELA DELLA MATERNITA’ E PROMOZIONE
DELL’APPROPRIATEZZA DEL PERCORSO NASCITA
Salute della donna e del bambino: consolidamento della rete
materno infantile regionale
Annuale con possibilità di proroga
Dr. Valerio Del Ministro
Direzione Generale Diritto alla Salute e Politiche di Solidarietà
Settore Assistenza Sanitaria
Via Alderotti 26/n, Firenze
tel. 055 4383505; fax 055 4385075
email: [email protected]
ASPETTI FINANZIARI
COSTO COMPLESSIVO DEL PROGETTO
€ 6.000.000,00
IMPORTO ASSEGNATO A VALERE SULLA € 6.000.000,00
QUOTA DEL FSN 2009
QUOTA EVENTUALE DELLA REGIONE
IL PROGETTO
CONTESTO
Il SST ha sviluppato con i suoi ultimi PSR un programma di integrazione
della rete sanitaria che ha permesso di attuare nell’area materno-infantile ,
un’ampia analisi dei bisogni sanitari, dei requisiti assistenziali e delle
opportune scelte organizzative, funzionali a livelli di crescente qualità ed
appropriatezza.
La salute materno-infantile rappresenta una componente fondamentale della
salute pubblica della popolazione, e la sua promozione, una scelta strategica
che arricchisce il modello pubblico dell’assistenza.
In tale contesto i consultori familiari costituiscono un modello integrato di
servizio socio-sanitario di base con competenze multidisciplinari che
operano per la promozione della salute come “OFFERTA ATTIVA” , anche
al fine di agire in termini di promozione delle competenze personali e di
capacità di controllo sul proprio stato di salute.
La valorizzazione del raccordo Ospedale-Territorio consente un adeguato
sostegno alla maternità e paternità consapevoli, sia prima che dopo il parto.
La riduzione delle IVG, che sono attualmente in aumento fra le donne
immigrate, può essere realizzata attraverso una migliore organizzazione che
tenga conto delle difficoltà di accesso delle donne immigrate, e che crei le
condizioni per una migliore gestione interculturale dell’evento nascita.
La creazione di una rete regionale consente di intercettare ed attivare
interventi utili nei casi di violenza sessuale alle donne e di abuso ai minori,
e di promuovere interventi concreti per la loro riduzione .
Sarà dato maggiore impulso ad una più adeguata concentrazione delle
gravidanze a rischio con percorsi diagnostico-assistenziali in rete ,
privilegiando il trasporto in utero che consente di concentrare le gravidanze
a rischio in Centri di livello adeguati per complessità.
DESCRIZIONE
In Toscana l’attenzione per la salute delle donne è alta e si concretizza in
numerose azioni specifiche:
- riqualificazione e potenziamento dei consultori attraverso la
realizzazione di 34 consultori principali ( 1 per ogni zona-distretto)
dove è presente l’equipe completa , l’apertura per 5 giorni a
settimana e l’invio da parte di tutti i consultori di un flusso
informatico, relativo all’attività svolta;
- l’implementazione presso tutti i punti nascita di iniziative volte al
recupero della fisiologia del parto, anche attraverso
la
personalizzazione dell’evento nascita, la valorizzazione della pratica
del rooming-in per favorire l’allattamento al seno;
- la formazione del personale medico sulla cardiotocografia, interventi
mirati alla formazione delle ostetriche assegnate alle sale parto,
rivolti a favorire l’apprendimento, di buone pratiche relativamente
OBIETTIVI
alle posture della donna partoriente, come contributo al contenimento
del dolore e del benessere
- complessivo della donna, anche al fine di limitare il costante
incremento del ricorso al taglio cesareo;
- la promozione di campagne di comunicazione per la prevenzione dei
disturbi alimentari, gli screening per la prevenzione dei tumori, la
tutela delle lavoratrici madri in gravidanza ed in puerperio, anche per
le cittadine non italiane e per rapporti di lavoro a tempo determinato;
- nell’ambito delle attività di prevenzione della violenza di genere,
sono stati strutturati specifici
- percorsi formativi per la realizzazione di una rete regionale per
l’elaborazione di adeguati modelli di intervento;
- la promozione di interventi socio-sanitari a favore delle famiglie con
particolare attenzione a quelle a rischio psico-sociale, all’accoglienza
ed all’orientamento dei cittadini immigrati anche attraverso l’utilizzo
della mediazione culturale;
- l’attivazione del percorso “ mamma segreta” finalizzato alla
prevenzione dell’abbandono traumatico alla nascita;
- la realizzazione di specifici percorsi per la presa in carico della
puerpera che presenta situazioni di particolare disagio;
- la realizzazione di un progetto relativo alla consegna a tutte le
neomamme di una valigetta contenente utili messaggi volti a
stimolare il naturale rapporto madre-figlio;
- la definizione di interventi mirati alla prevenzione delle Mutilazioni
genitali femminili ed alla prevenzione delle IVG fra le donne
straniere, attraverso la presenza di mediatori culturali al momento
dell’intervento, la diffusione della cultura della contraccezione anche
fra gli adolescenti, il coinvolgimento dei medici obiettori negli
interventi di educazione alla salute;
- la garanzia della analgesia epidurale nei punti nascita con più di 1000
parti annui.
In relazione alle attività programmate sono stati individuati i seguenti
obiettivi prioritari:
- migliorare la comunicazione per favorire l’accesso delle donne ai
corsi di preparazione alla nascita , e facilitare la presa in carico delle
donne immigrate;
- monitorare i flussi informativi consultoriali sui dati di attività, a
regime dal 2009;
- monitorare il flusso relativo all’allattamento al seno alla dimissione;
- diffusione presso i punti nascita della formazione delle ostetriche,
sulla postura della donna per il contenimento del dolore del parto;
- attivare la pratica del rooming-in presso tutti i punti nascita
regionali;
- incentivare le Aziende USL ad attivare la formazione aziendale dei
neoassunti sui temi dell’allattamento al seno;
- avviare e completare i percorsi formativi regionali sulla violenza
sessuale rivolti al personale dei consultori e degli ospedali,e
predisposizione di linee operative specifiche;
- realizzazione di un invio attivo al consultorio per il controllo postIVG direttamente prenotato dal presidio ospedaliero prima delle
dimissioni;
-
TEMPI DI
ATTUAZIONE
(CRONOPROGR
AMMA)
INDICATORI
(di struttura, di
processo, di
risultato)
RISULTATI
ATTESI
strutturare un percorso di facilitazione dell’acquisizione delle
competenze sulla contraccezione per la prevenzione delle recidive;
- incentivare la realizzazione di ambulatori per il puerperio,
- monitoraggio delle prestazioni di analgesia epidurale effettuate;
- corretta informazione alle donne , in modo da conciliare il tema della
partoanalgesia con la naturalità del parto;
- avvio della revisione della Rete materno infantile regionale e della
riorganizzazione delle terapie intensive e sub-intensive.
Entro dicembre 2009
Gli indicatori di progetto sono:
- numero di corsi di preparazione alla nascita attivati nei consultori;
- numero di donne straniere che accedono ai corsi;
- numero di ospedali che hanno attivato il rooming-in;
- consegna dell’opuscolo informativo multilingue alle donne straniere
che intraprendono il percorso dell’IVG, al momento dell’accesso ai
servizi;
- numero di consultori che hanno attivato l’offerta attiva della visita
consultoriale post-IVG ;
- mappatura dei servizi di assistenza e presa in carico della donna che
ha subito violenza, presenti nelle ASL ;
- - numero incontri con le associazioni di immigrati presenti nel
territorio, per una corretta informazione sui metodi contraccettivi e
sulle MGF.
- miglioramento della presa in carico della donna in gravidanza;
- diminuzione dei parti cesarei;
- diminuzione delle IVG;
- miglioramento della presa in carico della donna nel post-partum;
- miglioramento della conoscenza dei servizi socio-sanitari a
disposizione da parte delle donne immigrate.
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Allegato B