Politiche sociali
Lavinia Bifulco
Diseguaglianze in Italia
In Italia diseguaglianza (di reddito) alta e
persistente
Altra trasmissione intergenerazionale della
diseguaglianza
E’ aumentata la diseguaglianza dei redditi di
lavoro (lavoro atipico, working poor e top
incomes)
Ruolo ridimensionato del capitale culturale
rispetto alle diseguaglianze
Povertà (Istat-La Repubblica
10.12.2013)
Istat, quasi tre italiani su dieci
sono a rischio povertà
Nel 2011, il 28,4% dei residenti in Italia è a
rischio di povertà o esclusione sociale. Emerge
da un'indagine che rileva come i più a rischio
siano gli anziani o le famiglie con un solo
stipendio e molti figli. La concentrazione
maggiore nel Mezzogiorno
Povertà (Istat-La Repubblica
10.12.2013)
Tre italiani su dieci rischiano di finire nella triste categoria dei poveri. Quelli che la
bistecca si mangia una volta la settimana, che non riescono a fare una vacanza lontano
da casa, che devono tenere i riscaldamenti spenti e che una spesa di 800 euro imprevista
è un salasso inaffrontabile. Sono gli anziani, le famiglie con un solo reddito o quelle con
tanti figli.
Secondo il rapporto dell'Istat su reddito e condizioni di vita, il 28,4% delle persone
residenti in Italia è a rischio di povertà o esclusione sociale. La situazione è
peggiorata negli ultimi due anni e vivere in Italia oggi è peggio che stare in
qualsiasi altro paese europeo. Nel 2011 l'indicatore è cresciuto di 2,6 punti percentuali
rispetto al 2010 a causa dall'aumento della quota di persone a rischio di povertà (dal
18,2% al 19,6%) e di quelle che soffrono di severa deprivazione (dal 6,9% all'11,1%).
Dopo l'aumento osservato tra il 2009 e il 2010, sostanzialmente stabile (10,5%) è la
quota di persone che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro.
Il rischio di povertà o esclusione sociale è più elevato rispetto a quello medio europeo
(24,2%), soprattutto per la componente della severa deprivazione (11,1% contro una
media dell'8,8%) e del rischio di povertà (19,6% contro 16,9%). Come dire che basta
ancora poco per finire nella peggiore delle condizioni possibili.
Povertà (Istat-La Repubblica
10.12.2013
Aumentano, rispetto al 2010, gli individui che vivono in famiglie che
dichiarano di non potersi permettere, nell'anno, una settimana di ferie
lontano da casa (dal 39,8% al 46,6%), che non hanno potuto riscaldare
adeguatamente l'abitazione (dall'11,2% al 17,9%), che non riescono a
sostenere spese impreviste di 800 euro (dal 33,3% al 38,5%) o che, se
volessero, non potrebbero permettersi un pasto proteico adeguato ogni
due giorni (dal 6,7% al 12,3%).
Il 19,4% delle persone residenti nel Mezzogiorno è gravemente
deprivato, valore più che doppio rispetto al Centro (7,5%) e triplo
rispetto al Nord (6,4%). Nel Sud l'8,5% delle persone senza alcun
sintomo di deprivazione nel 2010 diventa gravemente deprivato nel
2011, contro appena l'1,7% nel Nord e il 3% nel Centro. )
Povertà (Istat-La Repubblica
10.12.2013)
Le famiglie più esposte al rischio di deprivazione sono quelle più
numerose e/o con un basso numero di percettori di reddito. Si trovano
più spesso in condizioni di disagio le famiglie monoreddito, come gli
anziani soli e i monogenitori, e quelle con tre o più figli minori.
Le persone in famiglie a prevalente reddito da lavoro autonomo
mostrano una minore diffusione della severa deprivazione di quelle
sostenute dal lavoro dipendente o da pensioni; le famiglie di pensionati
sono anche quelle che hanno mostrato i più evidenti segnali di
peggioramento tra il 2010 e il 2011.
Il rischio di povertà, calcolato sulla base del reddito 2010, mostra
aumenti più marcati tra gli individui residenti nelle regioni del
Mezzogiorno, in famiglie monoreddito, dove la fonte principale di
reddito è da lavoro, sia dipendente sia autonomo, tra le coppie con
figli, con almeno un minore, i monogenitori e le famiglie di altra
tipologia, con membri aggregati.
Noi Italia ISTAT (dati 2011)
Incidenza della povertà (assoluta e relativa)
Più di una famiglia su dieci vive in condizioni di povertà relativa e una su
venti in condizioni di povertà assoluta
UNO SGUARDO D'INSIEME
Nell'ambito dell'esclusione sociale, due indicatori rilevanti sono la percentuale
di famiglie o individui in condizione di povertà e l'intensità della povertà
(ossia la misurazione di quanto poveri sono i poveri). La povertà è fortemente
associata al territorio, alla struttura familiare (in particolare alla numerosità dei
componenti e alla loro età), a livelli di istruzione e profili professionali poco
elevati, oltre che all'esclusione dal mercato del lavoro. In Italia, nel 2011, le
famiglie in condizioni di povertà relativa sono l'11,1 per cento delle famiglie
residenti; si tratta cioè di 8,2 milioni di individui poveri, il 13,6 per cento della
popolazione residente. La povertà assoluta coinvolge il 5,2 per cento delle
famiglie, per un totale di 3,4 milioni di individui. L'intensità è pari al 21,1 per
cento per la povertà relativa e al 17,8 per la povertà assoluta.
http://noi-italia.istat.it/
Il panorama regionale mette in evidenza il forte svantaggio dell’Italia
meridionale e insulare, con una percentuale di famiglie povere più che doppia
rispetto alla media nazionale. Nel Mezzogiorno, le famiglie in povertà relativa
sono il 23,3 per cento di quelle residenti (contro il 4,9 del Nord e il 6,4 del
Centro) e quelle in povertà assoluta ne rappresentano l’8,0 per cento (contro il
3,7 e il 4,1 rispettivamente).
Le situazioni più gravi si osservano tra le famiglie residenti in Sicilia (27,3 per
cento) e Calabria (26,2 per cento) dove sono povere oltre un quarto delle
famiglie. All’opposto, nel resto del Paese si registrano incidenze di povertà
relativa decisamente più contenute: la provincia di Trento mostra l’incidenza
più bassa (3,4 per cento), seguita da Lombardia (4,2 per cento), Valle d’Aosta
e Veneto (4,3 per cento).
Nel Mezzogiorno, inoltre, alla più ampia diffusione della povertà si associa
anche una maggiore gravità del fenomeno: le famiglie povere sono di più e
hanno livelli di spesa mediamente molto più bassi di quelli delle famiglie
povere del Centro-Nord.
http://noi-italia.istat.it/
L’indicatore sintetico di deprivazione rappresenta la quota di famiglie
che dichiarano almeno tre delle nove deprivazioni riportate di seguito:
non riuscire a sostenere spese impreviste; avere arretrati nei pagamenti
(mutuo, affitto, bollette, debiti diversi dal mutuo); non potersi
permettere una settimana di ferie in un anno lontano da casa, un pasto
adeguato (proteico) almeno ogni due giorni, il riscaldamento adeguato
dell’abitazione, l’acquisto di una lavatrice, o di un televisore a colori, o
di un telefono, o di un’automobile. Recentemente, tra gli indicatori di
“Europa 2020” è stato proposto un nuovo indicatore (Severe Material
Deprivation) che rappresenta la quota di famiglie con almeno quattro
deprivazioni sulle nove di riferimento.
Attivazione
• Partecipazione al lavoro
• Partecipazione alle scelte, cittadinanza attiva,
voice, empowerment
Welfare-to-work (UK) e workfare
USA)
Partecipazione al lavoro od obbligo al
lavoro?
I poveri (le povere) che lavorano
Politiche attive in Italia
Italia: politiche incerte e frammentate
• Dualismo (segmentazione delle tutele, insiders
e outsiders), assenza di politiche dedicate e
deregolazione
Problemi dell’attivazione
Responsabilità individuale- responsabilità
collettiva
Dal lato dell’offerta- dal lato della domanda
Persone e contesti
Work first-life first
Skills come presupposto- come risultato
Mercato del lavoro- integrazione fra politiche
Libertà sostantive e voice
Un ricerca sugli interventi contro la povertà
C. Saraceno (a cura di), Le dinamiche assistenziali in Europa. il Mulino,
2004
Una ricerca su 13 città europee: misure
locali di sostegno del reddito per situazioni
di povertà
paesi: Italia, Spagna, Portogallo, Francia,
Germania, Svezia
quesito: il sostegno al reddito causa
dipendenza dal welfare?
Un ricerca sugli interventi contro
la povertà
Italia
No reddito minimo, variabilità territoriale delle misure, discrezionali e con
importi limitati.
In molti Comuni Minimo Vitale.
Impianto categoriale : alcuni soggetti sono più protetti di altri, meritevoli:
inabili, anziani,
principio della meritevolezza e logica del bisogno qualificato
Il disagio economico da solo non sempre è una condizione sufficiente per
accedere a schemi di assistenza sociale. In molti casi devono essere presenti
altre condizioni, quali fragilità fisiche, nonautosufficenza, etc.
Un’impostazione che attribuisce a coloro “che non hanno colpa della propria
condizione di bisogno” maggiori opportunità
Familismo
Un ricerca sugli interventi contro la povertà
Il sistema di protezione sociale in generale: copertura universalistica Svezia Categoriale/occupazionale altri paesi
Assistenza:
Svezia: importi generosi, copertura universalistica, programma nazionale di
reddito minimo con enfasi inserimento lavorativo
Assistenza come diritti, anche aspetti individualizzati. Bisogna dar prova di
cercare attivamente un lavoro, ma non c’è un controllo stringente (comunque
etica del lavoro e pieno impiego)
Scarso peso delle obbligazioni familiari.
Ruolo predominante dei servizi pubblici (scarso del terzo settore).
Una ricerca sugli interventi contro la povertà
Viene smentita la tesi che più universale e generosa è la misura, più è
probabile che le persone restino assistite per un lungo periodo, diventando
dipendenti.
Il breve periodo è un indicatore ambiguo, non necessariamente di efficacia ma
può dipendere dalle regole di accesso.
Una lunga dipendenza a Barcellona e Lisbona: quando la misura è limitata e
selettiva, gli utenti sono compressi dalla necessità di integrare il sostegno
economico con altre risorse, spesso informali.
In generale close targeting e ammontare limitato del beneficio creano una
popolazione di beneficiari che ha difficoltà a diventare autonoma
dall’assistenza sociale.
Svezia: La maggioranza dei beneficiari si concentra nella quota della durata di
permanenza più breve.
Milano: durata breve , ma per limiti temporali
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28_gennaio - Dipartimento di Sociologia