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La Rivista Anno 106 - n.3 - Marzo 2015
Svizzera-Italia
Firmato il protocollo
di modifica della
Convenzione sulla
doppia imposizione
Intervista con Vittoria Cesari
«I problemi relazionali irrisolti sono più nocivi del fumo»
Fino al 28 giugno alla Fondazione Beyeler
Paul Gauguin: alla ricerca di un paradiso perduto
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Editore
Camera di Commercio
Italiana per la Svizzera
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S. SGUAITAMATTI
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Editoriale
di Giangi Cretti
Su una cosa convergono tutti (o quasi).
Al punto in cui si è arrivati, non c’erano alternative: quello siglato il 23
febbraio a Milano, era un matrimonio che s’aveva da fare.
Dopo di che si può discutere. Ed è quello che hanno cominciato a fare
tutti (o quasi).
Chi ci guadagna? L’Italia verrebbe immediatamente da dire.
Ha notori problemi di cassa. Lo conferma il gioioso cinguettio consegnato ai dipendenti digitali, che popolano il mondo dei semper connessi
(alla rete), da Matteo Renzi: “Miliardi di euro che tornano allo Stato”.
Sappiamo che il premier italiano s’impone, e impone, di veder sempre il bicchiere mezzo pieno, lasciando ai gufi pessimisti (che talvolta sono degli ottimisti bene informati) l’impiccio, e l’impaccio, di vedere
il bicchiere mezzo vuoto. Resta però, ragionevole, la cautela del ministro Padoan, che nella conferenza
stampa successiva alla firma, è rimasto abbottonato: “questo accordo non ci è costato un euro, posso
dire con certezza che porterà a entrate per più di un euro, ma oltre non vado”.
Se ne saprà di più quando l’ammontare dei capitali emersi e regolarizzati in seguito alla cosiddetta Voluntary
Disclosure, non sarà azzardato, per speranzoso pronostico, ma sarà definito da una contabilità di fatto.
Nell’attesa, anche se a taluni non garba evidenziarlo, un dato è certo: l’accordo sancisce la fine del segreto bancario per i non residenti (anticipando analogo destino che, presto a tardi, toccherà ai residenti), che consente all’amministrazione italiana di accedere a un sistema basato sulla totale trasparenza
(in prospettiva anche con lo scambio automatico di informazioni). In tal senso, rappresenta una svolta,
rafforzata dalla firma – posta tre giorni dopo – ad un accordo simile siglato con il Lichtenstein.
Nell’immediato, altra certezza deriva dall’importanza che questo accordo acquista ai fini della voluntary disclosure, la via maestra per regolarizzare capitali e beni non dichiarati, beneficiando di sconti
sulle sanzioni e, in molti casi, di un salvacondotto penale.
Questo, per effetto del fatto che la Svizzera, per quanto riguarda la materia finanziaria, verrà tolta dalla
lista nera nella quale l’Italia l’aveva sin qui relegata.
Parte integrante dell’accordo è anche la cosiddetta road map, che nel corso dei prossimi mesi dovrebbe
definire il percorso che dovrebbe portare alla condivisa soluzione di alcuni problemi. Quelli che riguardano l’accesso degli istituti finanziari svizzeri al mercato italiano, e quelli che regoleranno la tassazione
dei lavoratori frontalieri.
In entrambi i casi, le certezze sono molto più labili.
Anche perché divergenti sono gli interessi dei due Paesi. La Svizzera gradirebbe che si risolvessero rapidamente i problemi che si frappongono al pieno accesso delle banche elvetiche al mercato italiano dei
servizi finanziari. Prospettiva che probabilmente non entusiasma parte degli ambienti bancari italiani.
Non a caso, si parla di nuovi colloqui che dovrebbero chiarire i vari punti ancora sospesi, in parte riconducibili all’evoluzione de rapporti fra Svizzera ed Unione europea, in seguito alle conseguenze della
votazione dello scorso 9 febbraio.
Rapporti ai quali si guarda anche per quanto concerne lo schema di accordo per la tassazione dei
frontalieri, sulla cui definizione potrebbe pesare la divergenza sulla libera circolazione delle persone.
Sintomatiche a tal proposito, oltre alla suddivisione delle quote percentuali (massimo 70% del salario
tassato in Svizzera, massimo 30% imponibile in Italia), sono le prospettive che emergono dai primi incontri
già svolti fra Cantone Ticino e Regione Lombardia: i ticinesi si dicono convinti che entro 5 anni la vicenda
troverà il suo definitivo compimento, i lombardi estendono il medesimo orizzonte temporale a 15/20 anni.
Qualcosa di più che discordanti punti di vista.
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Sommario
1
4
17
20
22
32
Editoriale
Sommario
PRIMO PIANO
38
CULTURA
La Convenzione di Stans (1481) e la
rinascita della vecchia Confederazione
Dalla Svizzera degli Stati alla Svizzera federale
Firmato il protocollo di modifica della
Convenzione sulla doppia imposizione
Svizzera-Italia
44
Le frenesie segantiniane di Dino Campana
A cento anni dal proficuo viaggio in Svizzera
del poeta
Intrattenimento ed eventi di alta qualità
46
Paul Gauguin:
alla ricerca di un paradiso perduto
Fino al 28 giugno alla Fondazione Beyeler
INCONTRI
Pilota per caso
Donne in carriera: Michela Cerruti
«I problemi relazionali irrisolti sono più
nocivi del fumo»
Intervista con Vittoria Cesari
50
L’immagine e la parola: quattro giorni
nell’universo di Emmanuel Carrère
Dal 19 al 22 Marzo a Locarno
52
54
«Ho il privilegio di sentirmi artisticamente libero»
Intervista con il fisarmonicista jazz Luciano Biondini
56
«Abbiamo dato una bella spruzzata di jazz a
Sanremo»
A colloquio con il pianista e compositore Paolo
Di Sabatino
60
61
64
68
70
76
77
Sanremo 2015:
la Kermesse canora più seguita in Italia
Un telegramma di Salvatore Pinto
DOLCEVITA
I viaggi e le vacanze degli italiani
Una cartolina dalla… Gold Coast
(seconda parte)
Edizione britannica con nove chef stellati
del Regno Unito
St. Moritz Gourmet Festival 2015
Cerchiamo di far fare bella figura all’Italia
Intervista a Bobo (Roberto Cerea)
Quei sapori ruspanti più popolari d’Italia
Le Salsicce (è d’obbligo il plurale)
Tutti al Palexpo dal 5 al 15 marzo 2015
L’85° Salone Internazionale dell’Auto di
Ginevra con 90 prime mondiali e 41 europee
Italiane in passerella a Ginevra
82
83
84
85
86
87
IL MONDO IN CAMERA
OLIO CAPITALE: Trieste, 7 – 10 marzo
9° Salone degli Oli Extra Vergini tipici e di
qualità
90
VINITALY 2015: Verona, 22-25 marzo 2015
Salone Internazionale del vino e dei distillati
MECSPE: Fiere di Parma, 26-28 marzo
Tecnologie per l’innovazione
Salone del Mobile 2015: Milano, 14 -19 aprile
L’eccellenza nell’arredo, nella luce e negli
spazi di lavoro
Wise: Work in sports exhibition,
Lausanne, 6-7 maggio
La convention internazionale per le opportunità
di carriera nello sport
La meccatronica livornese cerca sbocchi
in Svizzera
Export strikes meccanica Varese
COSMOPROF 2015 Worldwide:
Bologna, 20-23 Marzo
Mostra Internazionale per l’industria della
bellezza professionale
Le Rubriche
Sommario
IL MONDO IN FIERA
Giornata Svizzera Sondrio
Madeinnovitaly Calabria 2015 a
Yverdon-les-Bains e Lugano
91
92
94
96
Investimenti nella ristorazione
L’undicesimo buon motivo per andare
in Sardegna
L’isola si è presentata a Zurigo
Contatti Commerciali
Servizi Camerali
6
In breve
30
Convenzioni Internazionali
9
Italiche
33
L’elefante invisibile
11
Elvetiche
37
Per chi suona il campanello
13
Europee
43
Scaffale
15
Internazionali
49
Benchmark
21
Cultura d’impresa
51
Sequenze
24
Burocratiche
59
Diapason
26
Normative allo specchio
70
Convivio
27
Angolo Fiscale
75
Motori
29
Angolo legale Svizzera
78
Starbene
In copertina: Siglato fra Svizzera e Italia il protocollo di Modifica della Convenzione sulla doppia imposizione
In Breve
Sempre più automobili
in Svizzera
Il numero di automobili in Svizzera è
nuovamente aumentato. Sono 4,4 milioni le vetture che nel 2014 - giorno
di riferimento il 30 settembre - risultavano registrate. La cifra è pari ad un
aumento dell’1,5% (+63’605) rispetto
all’anno precedente.
I veicoli totali hanno invece raggiunto quota 5,8 milioni, con un aumento
dell’1,6% rispetto all’anno precedente, si legge in un comunicato odierno dell’Ufficio federale di statistica
(UST). Nel 2014 sono stati immatricolati 396’588 veicoli stradali a motore
(304’083 automobili), ovvero l’1,4% in
meno rispetto al 2013.
Per quel che riguarda le auto, continua
la tendenza ad acquistare automobili
con motore diesel (+ 8,5% a 1’123’676
unità), come pure l’attrazione verso i motori elettrici (+65,4%) e ibridi
(+18,2). Anche se il tasso di crescita
supera quello di altri tipi di motorizzazioni, le quote di mercato restano
molto modeste: rispettivamente dello
0,1% e dello 0,9%.
Il colore più diffuso è il grigio (36,3%),
seguito da nero, blu e bianco.
Nel 2014 la Svizzera annoverava mediamente 539 automobili ogni 1000
abitanti, ovvero poco più di un veicolo
ogni due persone. Con questo valore, la
Confederazione si colloca nella media
dei paesi vicini: secondo Eurostat, nel
2012 la Francia ne contava 496, la Germania 530 e l’Italia 621; nel 2010 l’Austria ne annoverava 528 e il Liechtenstein 744.
In termini assoluti l’incremento è pari ad
appena 26 mila unità in più, il che determina una popolazione totale di 60 milioni
808 mila residenti al 1° gennaio 2015.
Alla stessa data gli stranieri residenti in
Italia erano 5 milioni 73 mila e rappresentano l’8,3% della popolazione residente
totale. Rispetto al 1° gennaio 2014 si riscontra un incremento di 151 mila unità.
Regolarmente da un decennio si rileva
una riduzione della popolazione di cittadinanza italiana, scesa, al 1° gennaio
2015, a 55,7 milioni di residenti. La perdita netta rispetto all’anno precedente è
pari a 125 mila residenti.
Il saldo migratorio netto con l’estero è
pari a +142 mila unità, corrispondente a
un tasso del 2,3 per mille: un altro valore minimo, stavolta rapportato però agli
ultimi cinque anni.
Le iscrizioni dall’estero di individui di
nazionalità estera sono 255 mila, mentre i rientri in patria degli italiani sono
26 mila. Le cancellazioni per l’estero
riguardano 48 mila stranieri e 91 mila
cittadini italiani. Il saldo migratorio con
l’estero relativo ai soli cittadini stranieri ammonta a +207 mila mentre per gli
italiani risulta negativo nella misura di
65 mila unità.
Italia: si nasce di meno,
si muore di meno s’invecchia di più
Record negativo di nascite in Italia dove,
secondo gli ultimi dati demografici diffusi lo scorso 12 febbraio dall’Istat, nel
2014 sono nati 509mila bambini, 5mila
in meno rispetto al 2013, il livello minimo dall’Unità d’Italia.
Calano però anche le morti, scese sempre nel 2014 a 597mila unità, circa
4mila in meno dell’anno precedente, e
contemporaneamente aumenta la speranza di vita degli italiani, giunta a 80,2
anni per gli uomini e a 84,9 anni per le
donne. Per via del processo di convergenza della sopravvivenza maschile a
quella femminile la differenza di genere
è scesa a 4,7 anni.
Tornando ai dati sulle nascite, l’Istat riferisce che nel 2014 il numero medio di figli
per donna è pari a 1,39 come nel 2013.
L’età media al parto sale però a 31,5 anni.
Calano le nascite da madri sia italiane sia
straniere, con le prime che nel 2014 procreano 1,31 figli contro 1,97 delle seconde.
Nel 2014, sempre secondo l’Istat, la popolazione residente ha registrato un
incremento demografico dello 0,4 per
mille, il più basso degli ultimi dieci anni.
6 - La Rivista marzo 2015
Very bello! un nuovo Italia-Liechtenstein:
modo per viaggiare intesa sullo scambio
l’Italia
di informazioni fiscali
Dalla Biennale d’Arte di Venezia ad Umbria Jazz, dai classici immortali del Teatro Greco di Siracusa, fino al festival
degli artisti di strada di Ferrara, passando per il Giardino dei Tarocchi di Niki
de Saint Phalle: “VeryBello!” è un nuovo
modo di viaggiare in Italia attraverso la
nostra straordinaria offerta culturale.
La nuova piattaforma digitale interattiva
è stata presentata dal ministro per i Beni
e le Attività Culturali, Dario Franceschini, e, attraverso un linguaggio immediato e visivo, intende raccontare l’Italia da
un punto di vista inedito.
Ad oggi oltre 1300 eventi rappresentano
l’Italia da Nord a Sud, dalle grandi città
ai piccoli borghi, da maggio ad ottobre
2015. Un numero destinato a crescere
per un progetto che nasce appositamente per Expo, ma che ha l’obiettivo di
guardare oltre. Grazie infatti al contributo delle istituzioni coinvolte dal Mibact, Regioni e Comuni, è nata una rete
aperta in grado di garantire continuità
al progetto, anche al termine dell’Esposizione Universale.
Festival, Cinema, Musica e Concerti, Teatro, Mostre, Danza, Feste Tradizionali,
Itinerari Turistici, Libri, Bambini, Opera:
dodici contenitori culturali, in costante
aggiornamento, forniscono nel dettaglio
le informazioni principali dell’evento e
la sua geolocalizzazione, permettendo
di condividere l’evento stesso sui social
network.
Uno strumento dinamico, efficace che
nasce oggi in italiano e sarà disponibile in inglese, russo, cinese, spagnolo,
portoghese, tedesco e francese, per promuovere l’Italia in Italia e nel mondo. Un
viaggio nella bellezza italiana che, grazie agli eventi culturali fotografati, ne
rivela ricchezza e unicità.
L’Italia e il Liechtenstein hanno concluso
un’intesa in materia di scambio di informazioni di natura fiscale, basato sul più
aggiornato standard Ocse. Lo annuncia
in una nota il ministero dell’Economia e
delle finanze. L’intesa raggiunta – si legge
nella nota - include l’accordo sul modello
Tax Information Exchange Agreement e
un Protocollo aggiuntivo in materia di richieste di gruppo. Tali atti permetteranno
di instaurare un’efficace cooperazione amministrativa tra i due Paesi anche volta a
migliorare il contrasto all’evasione fiscale
e costituiranno la premessa per ulteriori
miglioramenti delle relazioni economiche
bilaterali. L’accordo sullo scambio di informazioni, consentirà di avviare la cooperazione amministrativa su richiesta su
tutte le imposte tra le autorità fiscali dei
due Stati; il Protocollo aggiuntivo in materia di richieste di gruppo (“group requests”) permetterà lo scambio di informazioni
per identificare gruppi di contribuenti che
intendono dissimulare cespiti patrimoniali
non dichiarati. Il protocollo costituisce uno
strumento giuridico conforme all’Articolo
26 del Modello Ocse di Convenzione contro le doppie imposizioni e rappresenta un
ulteriore significativo avanzamento nel
livello di cooperazione amministrativa in
materia fiscale tra i due Paesi. In questo
modo il Liechtenstein sarà equiparato ad
un Paese “white list” ai fini della voluntary
disclosure e ciò consentirà una più agevole regolarizzazione per i contribuenti italiani che detengano attività finanziarie in
Liechtenstein. Con una dichiarazione congiunta l’Italia e il Liechtenstein ribadiscono
il reciproco impegno ad applicare dal 2017
lo scambio automatico di informazioni di
natura finanziaria sulla base del nuovo
standard globale.
Elezioni Comites:
scade il 18 marzo il
termine per iscriversi
nella lista degli elettori
Come noto, il Governo italiano ha deciso di posticipare al 17 aprile 2015 le
votazioni per il rinnovo dei Comites allo
scopo di favorire una più ampia partecipazione della collettività al voto.
Questa elezione introduce infatti una
novità rilevante: coloro che intendono
esercitare il proprio diritto di voto, devono tassativamente iscriversi all’albo
degli elettori. Il termine per l’iscrizione
nella lista elettorale è stato definitivamente fissato ad un mese dalla data delle elezioni, scade pertanto il prossimo 18
marzo 2015.
Tutte le italiane e gli italiani maggiorenni e iscritti all’Aire da oltre 6 mesi,
che non l’avessero già fatto, se intendono partecipare alla consultazione
elettorale, devono iscriversi nella lista
elettorale prima di tale scadenza. Le domande di iscrizione nell’elenco elettorale firmate dal richiedente, possono essere presentate personalmente all’Ufficio
consolare di riferimento, oppure inviate
al medesimo ufficio per posta, fax, posta
elettronica o posta elettronica certificata, allegando copia non autenticata del
documento di identità del richiedente,
comprensiva della firma del titolare.
marzo 2015 La Rivista - 7
Italiche
di Corrado Bianchi Porro
Divari regionali e competitività
del sistema
La combinazione derivante dal calo del prezzo del prezzo del petrolio e del cambio dell’euro più favorevole,
con l’annuncio del programma di acquisto titoli BCE accompagnato da una lettura più flessibile del Patto di
Stabilità, creano una congiunzione di stimoli perfetta per una ripresa della crescita nell’area euro. L’impatto
sulla crescita del PIL area euro dovrebbe essere stimata ad un incremento di 0,7/0,8% nel periodo 2015-16.
Per quanto riguarda il mercato italiano, secondo l’ultimo rapporto dell’OCSE sulla Penisola, il PIL dell’Italia dovrebbe crescere quest’anno dello 0,4% per accelerare all’1,3% l’anno prossimo. Ma, afferma l’organizzazione con sede a Parigi, è in atto un programma
ambizioso di riforme e di ampio respiro deliberato dal Governo, capace di stimolare ulteriormente la crescita. La piena attuazione del
programma annunciato da Roma potrebbe determinare un incremento del PIL pari al 6% nei prossimi 10 anni.
Dopo un lungo periodo di stagnazione che ha lasciato l’economia vulnerabile quando è arrivata la crisi finanziaria, l’Italia ha, infatti,
formulato un piano di ambiziose riforme per stimolare la crescita e trarre vantaggio dalle sinergie emergenti dalla congiuntura. Nel
passato, molti ambiziosi programmi di riforma non furono pienamente implementati e rimasero in mezzo al guado, deprivando l’economia dei loro effetti benefici potenziali, anche a motivo dell’instabilità politica delle formazioni e coalizioni di governo. Ora l’accento
dell’esecutivo è tutto indirizzato ai cambiamenti istituzionali e politici e alla riforma del sistema giudiziario per rimuovere tutti gli
ostacoli che si frappongono all’implementazione delle riforme.
I cambiamenti, scrive l’OCSE, sono necessari per rendere l’economia più produttiva, competitiva e adattabile. Il punto focale è in
particolare la riforma del mercato del lavoro, dove l’eccessiva rigidità limita la creazione degli impieghi e l’efficiente incontro da domanda e offerta. Il Governo intende completare la riforma entro la metà dell’anno. Ad esempio, si intende trasferire la responsabilità
delle politiche attive sul lavoro dai governi locali a quello centrale per incrementarne l’efficacia. Spicca, ad esempio, l’istituzione di
una “Agenzia nazionale per l’occupazione” (con competenze gestionali in materia di politiche attive del lavoro). Poi si aggiungono altri
interventi demandati per contrastare le debolezza in aree collegate che interferiscono sulla competizione con i relativi regolamenti
attuativi su cui l’esecutivo intende dedicarsi nei prossimi due anni. In questo modo, si potranno contrastare i declini nella produttività
che hanno ad oggi impedito la crescita.
Lo schema di decreto sul lavoro innova significativamente, ad esempio, la disciplina sui licenziamenti, restringendo la reintegrazione
del lavoratore a quelli discriminatori (e assimilati). Il decreto mantiene l’estensione della nuova disciplina ai «licenziamenti collettivi»
quando cioè un’impresa con più di 15 dipendenti effettui almeno cinque licenziamenti in un arco di tempo di 120 giorni, nell’ambito
della stessa provincia. Nel caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo o soggettivo o per giusta causa, il giudice dichiara
estinto il rapporto di lavoro e determina un’indennità risarcitoria a carico del datore di lavoro, fissata pari a due mensilità per ogni
anno di servizio e comunque entro l’intervallo fra 4 e 24 mensilità.
Secondo l’OCSE, la riforma del mercato del lavoro è essenziale alle imprese, per dare loro la flessibilità necessaria all’innovazione di
prodotto e processo, per favorire le ristrutturazioni e di conseguenza accrescere la competitività Occorre, infatti, eliminare le rigidità
di un mercato del lavoro duale che tutela le persone impiegate, ma penalizza coloro che sono in cerca di un lavoro e in particolare i
giovani, isterilendo il processo di adattamento e di crescita. Bisogna, infatti, aiutare efficacemente coloro che sono esclusi dal lavoro
a trovare occasioni di lavoro e di formazione per un’occupazione migliore e adeguata ai bisogni mutevoli dei consumi e della società.
Secondo l’OCSE, la bassa produttività che colpisce il sistema italiano è spiegabile con una cattiva allocazione delle risorse. I gruppi
potenzialmente più produttivi, infatti, non possono attrarre più risorse e crescere di conseguenza, mentre altri meno efficienti – molti
dei quali vecchi e piccoli – mantengono le loro quote di mercato, spazi e risorse. Similmente, allo stesso modo, vi sono persone non
adeguate all’elevato profilo professionale richiesto che occupano le posizioni di vertice e vice versa, persone qualificate che risultano
occupate in profili professionali di ben minore spessore. Poter risolvere queste mis-allocazioni, nel rispetto evidentemente delle persone, sarebbe una maniera opportuna per favorire la crescita dell’insieme.
Fatto sta che in Italia, complice la crisi finanziaria, il PIL reale non è molto cresciuto dall’ultimi periodo degli anni novanta e ancora
oggi la domanda domestica è stagnante e solo l’export (visto in crescita dall’OCSE per l’Italia del 2,7% quest’anno e del 4,6% l’anno
prossimo) funziona da stimolo effettivo di crescita. Ora bisogna approfittare di questa favorevole congiuntura derivante dal basso costo dell’energia che favorisce l’Italia, un cambio più vantaggioso rispetto al dollaro, una politica monetaria e fiscale più accomodante,
una politica che vuol darsi una mossa, per innescare una effettiva ripresa sostenibile. Anche perché in Italia la crisi ha accentuato le
divisioni regionali tra nord e sud. E se negli anni ’60 l’immigrazione interna dal sud al nord rappresentava una valvola di sicurezza per
il Paese, ora questo movimento si è arrestato e l’emigrazione dei giovani per sottrarsi alla disoccupazione tende caso mai più verso
l’estero. In effetti, la crisi ha approfondito le differenze tra le aree forti e quelle deboli. Fatto ad esempio uguale a 100 l’indice di impiego
all’inizio del 2006, prima della crisi, oggi il Centro Italia si trova a 103, il Nord a poco più di 100, mentre il Sud è ormai precipitato sotto
quota 90. E dunque, centralizzare le responsabilità per la formazione e le politiche del lavoro, può effettivamente aiutare a ridurre i
divari regionali e accrescere la competitività del sistema.
marzo 2015 La Rivista - 9
PER UN PESTO DAL GUSTO RUSTICO
Elvetiche
di Fabio Dozio
Sostenere le famiglie!
Ma come?
La Svizzera torna a votare su un tema di politica famigliare. L’8 marzo ci si dovrà esprimere sull’iniziativa popolare “Sostenere le famiglie! Esentare dalle imposte gli assegni per i figli e gli assegni di
formazione”. Promossa dal PPD, l’iniziativa è stata respinta dal Consiglio federale e dal Parlamento.
L’importanza della famiglia è ancorata nella Costituzione svizzera, per esempio all’articolo 116: “Nell’adempimento dei
suoi compiti la Confederazione prende in considerazione i bisogni della famiglia. Può sostenere provvedimenti a tutela della
famiglia”. Per migliorare le condizioni delle famiglie, il Governo propose, due anni fa, un nuovo articolo volto a promuovere
la conciliabilità tra vita famigliare e attività lavorativa. Il Popolo approvò, ma i Cantoni bocciarono. Nel novembre del 2013
si tornò alle urne per votare sull’iniziativa popolare dell’UDC che proponeva sgravi fiscali anche per le famiglie che non
affidano a terzi la custodia dei figli, ma la proposta fu bocciata.
La politica famigliare elvetica non è la migliore al mondo. Il congedo maternità di quattro mesi è uno dei più brevi in Europa,
asili nido e strutture di sostegno alle famiglie si stanno sviluppando solo in questi ultimi anni, grazie a interventi mirati della
Confederazione e, non da ultimo, l’uguaglianza di trattamento salariale fra uomo e donna (prescritto dalla Costituzione!)
è lungi dall’essere una realtà. Le lacune ci sono e ogni tanto spunta una proposta che mira a migliorare questa situazione.
L’iniziativa del PPD per esentare dalle imposte (federali, cantonali, comunali) gli assegni per i figli e gli assegni di formazione è stata bocciata dal Consiglio federale e dal Parlamento. Solo l’UDC, con una decisione congressuale che ha smentito
la deputazione alle Camere, ha deciso di sostenere la proposta. Gli altri partiti sono contrari, così come la Conferenza
che riunisce i ministri delle finanze dei cantoni. Il partito socialista appoggiò, nel 2010, l’analoga iniziativa parlamentare
Meier-Schatz, ma poi cambiò idea.
Chi ha figli percepisce assegni di almeno 200 franchi mensili; per i ragazzi che hanno più di 16 anni il minimo è di 250
franchi. Questi contributi sono finanziati dai datori di lavoro. L’esenzione provocherebbe una riduzione di entrate nelle
casse pubbliche di circa un miliardo complessivamente. Secondo i promotori dell’iniziativa, la misura dovrebbe aiutare
un milione di famiglie, soprattutto della classe media. A parere di socialisti e verdi si tratta di un “regalo antisociale e
dispendioso”, perché favorirebbe soprattutto chi percepisce redditi alti. I liberali sottolineano gli effetti negativi di una
riduzione delle entrare fiscali.
Chi ha ragione? Intanto va detto che, verosimilmente, i cittadini sceglieranno in base alla loro condizione. Chi ha figli
piccoli è interessato ad approvare la deduzione fiscale degli assegni. Chi non ha figli o li ha adulti non avrebbe benefici diretti, potrebbe quindi votare no. Il rischio, come paventa il Governo, è che, se si perdesse un miliardo di entrate, le autorità
dovrebbero prevedere ulteriori imposte o tagli alle spese.
Se si ragiona sulle cifre, il confronto diventa intricato. L’opuscolo informativo distribuito in vista della votazione indica alcuni dati relativi agli sgravi prodotti nel caso venisse accettata l’iniziativa. I fattori sono diversi: conta naturalmente il reddito, ma anche l’ammontare degli assegni e il luogo di domicilio. La fiscalità cantonale non è uniforme: valutare la riforma
sul piano nazionale è fuorviante! A Bellinzona una famiglia con un reddito lordo di centomila franchi (compresi gli assegni
per i figli) ne risparmierebbe 834. A Ginevra 1630. Chi guadagna 200 mila franchi ne risparmierebbe 1944 a Bellinzona e
2926 a Ginevra. È vero che chi guadagna di più avrà una deduzione maggiore, ma non è forse un po’ superficiale definire
“regalo inutile”, come dicono le sinistre, gli 834 o i 1630 franchi risparmiati dalla famiglia di classe media con due figli?
Va considerato anche un altro fattore, più difficile da quantificare: con la deduzione degli assegni alcuni redditi potrebbero
conseguire il diritto a ulteriori sussidi, per esempio per le casse malati. Ciò apporterebbe un consistente beneficio alle
famiglie interessate.
Se si analizza la proposta in votazione dal profilo giuridico si scoprono alcune lacune. Innanzitutto, i redditi esenti da
imposta dovrebbero essere definiti per legge e non ancorati alla Costituzione. “Poi – ci dice Samuele Vorpe, responsabile
del Centro di competenze tributarie della SUPSI – il nostro sistema fiscale si regge sul principio dell’imposizione secondo la
capacità economica: un principio che
verrebbe violato dall’esenzione degli assegni di studio”. Insomma, chi guadagna lavorando, paga le tasse, chi riceve assegni,
non le pagherebbe. Anche se ci sono eccezioni: la complementare AVS non è tassata, così come il soldo militare. “E non
dimentichiamo – aggiunge Vorpe – un altro esempio discutibile della legge federale: gli utili in capitale conseguiti nella
realizzazione di sostanza privata sono esentasse!”
marzo 2015 La Rivista - 11
Europee
di Viviana Pansa
Grecia e Unione Europea,
un compromesso possibile
Braccio di ferro tra istituzioni europee e Grecia sul proseguimento del piano di assistenza per l’uscita dalla crisi economica che è diventata in questi anni crisi umanitaria. Dopo la vittoria delle elezioni, Alexis Tsipras, leader del partito
di sinistra radicale Syriza e oggi primo ministro, intende mantenere fede alle promesse elettorali tutte incentrate sul
rifiuto del controllo esercitato della Troika sulla politica economica del Paese e condensato nei diktat dell’austerità,
cura da cavallo che ha finito per indebolire il paziente al punto da comprometterne la stessa sopravvivenza.
Forte del consenso elettorale raggiunto – il 36% circa dei voti, una crescita impressionante se paragonata al 5% ottenuto alle
elezioni del 2009 – Tsipras può permettersi i toni duri, almeno di fronte al Parlamento nazionale - in cui però, per ottenere
la maggioranza assoluta dei seggi ha dovuto formare un’alleanza con il partito indipendentista di destra Anel. Una decisione
inaspettata e insolita, ma basata sul fronte comune anti-austerità e sulla piattaforma programmatica annunciata in campagna
elettorale da Tsipras: impegno per la ripresa economica, per la fine della crisi umanitaria, per la crescita dell’occupazione e la
riforma del sistema politico.
Obiettivi che si scontrano però nell’immediato con il debito pubblico di 322 miliardi di euro accumulato dalla Grecia e con la
necessità di restituire i prestiti a tassi di interesse divenuti ormai insostenibili – lo spread ha raggiunto oltre 900 punti nei giorni
immediatamente successivi alle elezioni, - vista l’economia in ginocchio. La disoccupazione non accenna a diminuire, le famiglie
si sono impoverite e di conseguenza anche il gettito fiscale è sceso. Senza una ripresa la Grecia non sarà mai in grado di onorare
i suoi debiti ed è una questione che molto interessa i principali Paesi europei, che sono esposti per 195 miliardi verso Atene, cifra
che ammonta al 62% del debito – l’11% è della Banca centrale europea, il 10% del Fondo monetario internazionale e il 17% di
privati. In particolare la Germania, con cui la Grecia ha un debito di 60 miliardi di euro, seguita da Francia (46 miliardi), Italia (40
miliardi), Spagna (26 miliardi) e Olanda (12 miliardi).
Sono cifre tali da far escludere un accordo in sede europea sulla ristrutturazione del debito, tanto meno un taglio del 50%, come
inizialmente richiesto da Tsipras annunciando di voler organizzare una conferenza internazionale dei Paesi debitori analoga a
quella che nel 1953 determinò l’accordo sui debiti esteri germanici, ossia la parziale cancellazione dei debiti di guerra tedeschi.
Più facile ottenere invece una dilazione dei tempi di rimborso o un meccanismo che associ tale rimborso alla crescita greca – che
comunque, secondo le stime della stessa Commissione europea dovrebbe attestarsi nel 2015 al 2,5%, per poi superare il 3% nel
2016. Se infatti la spirale recessiva dovesse continuare, si allontanerebbe automaticamente anche per i creditori l’aspettativa di
un rientro completo dei capitali.
I toni inizialmente ottimisti e più pacati usati da Tsipras nei colloqui avviati immediatamente dopo la sua elezione con i principali
capi di Stato e gli esponenti dei vertici europei – Tsipras è stato accolto con calore dal presidente della Commissione europea,
Jean Claude Junker ed ha assicurato in questa sede la volontà di rispettare gli impegni, - si sono fatti via via più aspri, in particolare dopo la comunicazione della Bce che è seguita all’incontro del presidente Mario Draghi con il nuovo ministro dell’economia
ellenico Yanis Varoufakis. La Bce giudica il programma di salvataggio greco a rischio e segnala così di voler interrompere la
concessione di liquidità alle banche greche, che prosegue in queste settimane solo attraverso il prolungamento di programmi di
emergenza, in attesa dell’intesa con l’Unione. Nonostante Varoufakis abbia assicurato che gli istituti di credito possono contare
su altre fonti di liquidità, non sfugge il rischio reale di un precipitare della situazione, vista anche la fuga di capitali registrata a
ridosso delle elezioni – solo la settimana prima del voto sarebbero fuoriusciti dalle banche del Paese all’incirca 10 miliardi di euro.
Se da parte greca si è evocata, in avvio delle trattative, la “pistola alla tempia” in riferimento all’ultimatum dell’Unione Europea
sul proseguimento del piano di aiuti, che comporterebbe la supervisione da parte di coloro che quegli aiuti concedono – Bce,
Commissione europea e Fmi, sia che si voglia chiamarli “Troika” o più asetticamente “istituzioni”, – non ha di sicuro contribuito a
ben disporre l’influente ministro della finanze tedesco Wolfgang Schaeuble la vignetta che lo ritrae in uniforme nazista pubblicata dal giornale di Syriza, né tantomeno la richiesta di pagamento dei debiti di guerra alla Grecia, subito rispedita al mittente.
Un inasprimento di toni che certamente non ha giovato e a cui Tsipras e Varoufakis hanno cercato di porre rimedio, il primo
evidenziando, con l’allungarsi delle trattative in seno all’Eurogruppo del 20 febbraio, come la Grecia abbia fatto “tutto il possibile
per arrivare a una soluzione comune e positiva, basata sul principio di un doppio rispetto: quello delle regole europee e quello dei
risultati elettorali degli Stati membri”, mentre il ministro dell’economia ha parlato di “dieci miglia extra compiute dalla Grecia nella
direzione dei partner europei”, auspicando un piccolo passo avanti di questi ultimi. Atene ha così ottenuto il prolungamento del
prestito per i prossimi quattro mesi, rispetto ai 6 inizialmente richiesti, ma era impensabile che ciò avvenisse senza condizioni.
Occorrerà ora esaminare nel dettaglio le misure concrete che sono state richieste a garanzia di tale prolungamento, per capire se
si tratti di un piccolo o grande passo avanti in direzione della Grecia.
marzo 2015 La Rivista - 13
Limmatquai 66 in 8001 Zürich
Tel. 044 252 31 19
Orario d`apertura:
Lun-Ven
Sab
Dom
07.00-23.00
07.30-24.00
07.30-23.00
Internazionali
di Michele Caracciolo di Brienza
Migrazioni e separazioni
familiari
Il 19 febbraio presso il Centro Internazionale di Conferenze di Ginevra (CICG) ha avuto luogo la ventesima conferenza umanitaria organizzata dalla Webster University con il sostegno
organizzativo del Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC), l’Alto Commissariato
delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e sotto l’alto patronato del Cantone di Ginevra.
La conferenza è durata due giorni in cui si sono susseguiti relatori di altissimo livello. Tra di essi la presenza italiana era
ben sottolineata. L’ammiraglio Nicola Carlone, capo reparto sicurezza della navigazione del ministero dei Trasporti, ha
parlato dell’immigrazione via mare vista come un esodo senza fine. Il Ministro Consigliere Amedeo Trambajolo, Vice
Rappresentante Permanente d’Italia alle Nazioni Unite e presso le Organizzazioni Internazionali in Ginevra, ha aperto i
lavori descrivendo l’approccio multilaterale dell’Italia al grave problema dell’immigrazione clandestina via mare.
“In questo momento di crisi economica – ha affermato il diplomatico italiano – l’unico settore in cui l’Italia non ha ridotto il proprio budget è l’assistenza umanitaria. Anzi, è aumentato. La priorità nell’assistenza umanitaria è nell’ambito delle migrazioni e nel ricongiungimento familiare. Nel XIX e XX secolo milioni d’italiani lasciarono la penisola e le loro case
in cerca di miglior fortuna e per sfuggire alla miseria. La penisola italiana è sempre stata un crocevia di flussi migratori
per via della sua posizione geografica. […] Oggi l’Italia è il miglior esempio di come i flussi migratori siano un’opportunità
e non solo un problema da affrontare. Tuttavia, negli ultimi anni il governo italiano ha dovuto lottare per tener testa al
notevole aumento del numero dei migranti in arrivo via mare con imbarcazioni inadeguate […]. La pressione di questo
flusso migratorio sulle frontiere meridionali dell’Europa e sull’Italia in particolare è ben nota. Non vi è soltanto una ragione demografica all’origine di questo fenomeno ma anche la fuga da situazioni terribili di guerra. L’impegno dell’Italia
è stato importantissimo sia dal punto di vista umanitario sia da quello della sicurezza marittima nel Mediterraneo centro-meridionale. L’operazione Mare Nostrum ha coperto un’area di circa 70’000 Km² per soccorrere i migranti. La maggior parte di loro sono siriani o eritrei in fuga dai loro paesi. Il risultato dell’operazione è stato anche quello di contrastare
il traffico di persone.” Ginevra è la capitale delle organizzazioni internazionali e di quelle non governative (ONG) con
scopi umanitari. Queste ultime rappresentano la società civile. Uno dei successi dell’operazione Mare Nostrum è stato
proprio quello di coinvolgere non solo gli stati, ma anche le ONG come Save The Children e la Caritas.
Uno degli organizzatori della conferenza è un altro italiano: il Professor Oreste Foppiani, capo del dipartimento di
relazioni internazionali della Webster
University di Ginevra. Alla domanda sul perché della conferenza risponde: “La conferenza è stata ideata esattamente vent’anni fa su iniziativa del dottor Otto Hieronymi, un profugo ungherese del ’56 e docente alla Webster. […] Nel
1996, grazie alla creazione del dipartimento di relazioni internazionali, l’interesse della nostra università sulle tematiche
relative ai rifugiati è aumentato. La caratteristica principale della conferenza umanitaria della Webster è che è fatta
dagli studenti per gli studenti. È un unicum nel panorama accademico ginevrino. Gli studenti sono una parte vitale della
conferenza. I relatori sono di alto livello e provengono da vari paesi. Ci sono diplomatici, militari, docenti universitari e
giornalisti. Il tema della migrazione e della separazione è attuale da quando ci sono stati i picchi negli sbarchi nel Sud
Italia, in Sicilia e a Lampedusa in particolare. È un fenomeno in costante involuzione poiché il peso di questa immigrazione clandestina grava per il momento sul budget del governo italiano.” Conclude il Professor Foppiani: “Si tratta di
un problema europeo. L’operazione Triton non è sufficiente. L’operazione Mare Nostrum costava di più ma funzionava
meglio poiché aveva un raggio d’azione più esteso.” Uno degli ideatori della conferenza è il Professor Alexandre Vautravers, docente di relazioni internazionali sempre alla Webster. Il suo intervento è dedicato alla storia della migrazione
europea nel periodo 1960-2000. L’approccio del convegno è multidisciplinare. Il tema della migrazione è trattato sotto
vari punti di vista. Geopolitica, sicurezza navale, psicologia, studi di giornalismo sono solo alcuni degli approcci di
questi due giorni di studio. Tra il pubblico vi è anche Ali, un ticinese di origini irachene che ora studia a Londra, arrivato
espressamente per assistere alla conferenza. Ben incarna il fenomeno di cui si discute. Gli atti del convegno saranno
accessibili su richiesta presso il dipartimento di relazioni internazionali della Webster Univesity: www.webster.ch
marzo 2015 La Rivista - 15
Il settore
finanziario sta
cambiando –
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Questo documento e le informazioni in esso contenute sono fornite esclusivamente a scopi informativi. © UBS 2015. Tutti i diritti riservati.
Firmato a Milano dal Ministro Padoan e dalla
Consigliera federale Widmer-Schlumpf
Il Protocollo che modifica la
Convenzione sulla doppia
imposizione
Il Governo italiano e il Consiglio federale
svizzero hanno siglato il Protocollo che
modifica la Convenzione tra i due Paesi
per evitare le doppie imposizioni. Il Protocollo, che prevedendo lo scambio di
informazioni su richiesta ai fini fiscali secondo lo standard Ocse pone fine al segreto bancario, è stato firmato per l’Italia
dal Ministro dell’economia e delle finanze
Pier Carlo Padoan, e per la Svizzera dal
Capo del Dipartimento federale delle finanze Eveline Widmer-Schlumpf. Insieme al Protocollo è stata anche sottoscritta una ‘road map’, un documento politico
che fissa il percorso per la prosecuzione
dei negoziati su altre questioni tra cui la
tassazione dei lavoratori frontalieri.
Il Protocollo, che modifica la Convenzione
del marzo 1976 e deve ora essere ratificato
dai rispettivi Parlamenti, pone le basi per
rafforzare la cooperazione tra i due Paesi e
per contrastare il fenomeno dell’evasione e
dell’infedeltà fiscale.
Una volta ratificato il Protocollo, le
autorità fiscali italiane potranno richiedere alla Svizzera informazioni, ivi
comprese “richieste di gruppo”, anche
su elementi riconducibili al periodo di
tempo decorrente dalla data della firma, quindi dal 23 febbraio. Ciò produce effetti ai fini della regolarizzazione
spontanea dei capitali detenuti illegalmente nella Confederazione (la cosiddetta voluntary disclosure).
Uscita dalla black list
La Svizzera, impegnandosi ad un effettivo
scambio di informazioni, viene a tal fine
equiparata ai Paesi non black list e i contribuenti italiani potranno sanare le irregolarità pagando integralmente le imposte
dovute, come prevede la legge sulla voluntary disclosure, e usufruendo di un regime
sanzionatorio più conveniente e di termini
di prescrizione dell’accertamento più favorevoli. La firma del Protocollo consente
quindi immediatamente alle nostre autorità
di individuare potenziali evasori italiani che
detengono patrimoni in territorio svizzero.
Tale possibilità concreta costituisce evidentemente uno stimolo alla regolarizzazione
da parte dei contribuenti italiani che entro
marzo 2015 La Rivista - 17
di deposito e i contratti di assicurazione con
contenuto finanziario.
La road map delinea il percorso per la revisione dell’accordo sui frontalieri. L’accordo
oggi in vigore, firmato nel 1974, riguarda
solo i frontalieri italiani e prevede la tassazione esclusiva in Svizzera con il ristorno del
38,8 % dei gettito ai Comuni italiani della
zona di confine.
Il nuovo accordo è impostato su basi assolutamente innovative.
Reciprocità
settembre 2015 possono aderire alla voluntary disclosure.
Con la ratifica del Protocollo la Svizzera
sarà inoltre inclusa nelle white list italiane e
uscirà dalle black list basate esclusivamente
sull’assenza dello scambio di informazioni.
Scambio automatico d’informazioni
Quanto allo scambio automatico di informazioni, l’Italia è stata tra i Paesi ‘early
adopter’ del nuovo standard Ocse, e rientra
quindi tra i Paesi che si sono impegnati ad
18 - La Rivista marzo 2015
adottarlo a partire dal 2017 con riferimento
alle attività finanziarie detenute nel 2016.
La Svizzera si è impegnata ad adottare lo
scambio automatico di informazioni a partire dal 2018, con riferimento all’annualità
2017. Poiché lo standard prevede la reciprocità, il primo scambio automatico di informazioni di carattere finanziario tra Italia e
Svizzera avverrà entro settembre 2018 con
riferimento all’anno 2017. I conti finanziari
oggetto di comunicazione automatica all’Agenzia delle Entrate sono quelli di custodia,
Viene innanzitutto prevista la reciprocità: anche i frontalieri svizzeri che lavorano in Italia
saranno compresi nell’accordo. I lavoratori
frontalieri saranno assoggettati ad imposizione sia nello Stato in cui esercitano l’attività,
sia nello Stato di residenza. La quota spettante
allo Stato del luogo di lavoro ammonterà al
massimo al 70% del totale dell’imposta normalmente prelevabile alla fonte. Il Paese di
residenza dei lavoratori applicherà l’imposta
sul reddito delle persone fisiche tenendo conto delle imposte già prelevate nell’altro Stato
ed eliminando l’eventuale doppia imposizione.
Il carico fiscale totale dei frontalieri italiani
rimarrà inizialmente invariato e successivamente, con molta gradualità, sarà portato al
livello di quello degli altri contribuenti. Non
vi sarà più alcuna compensazione finanziaria
tra i due Stati. Il ristorno ai Comuni frontalieri
italiani sarà a carico dello Stato, sulla base del
principio di invarianza delle risorse.
Nella road map Italia e Svizzera si impegnano anche ad individuare le migliori soluzio-
di un euro ma oltre non vado» ha risposto il
ministro Padoan a chi gli chiedeva quali benefici concreti in termini di maggiori entrate
l’Italia potrà attendersi dal patto siglato oggi
con la Svizzera. «In un’ottica di più lungo respiro — ha detto Padoan — ci saranno grandi
benefici per la finanza pubblica italiana perché l’intesa pone le condizioni di una maggiore trasparenza e fiducia tra i contribuenti
e l’amministrazione e rende più amichevole
ed efficiente la gestione delle questioni fiscali
in entrambi i paesi». Pîù ottimnista sul fronte
di benefici si è dimostrato il premier Matteo
Renzi che ha commentato l’accordo su twitter con un entusiastico: «Miliardi di euro che
ritornano allo Stato».
La fine dei paradisi fiscali
ni pratiche per Campione d’Italia, exclave
italiana circondata dal territorio svizzero.
L’obiettivo è di garantire alle imprese e ai
cittadini di Campione d’Italia il corretto funzionamento delle attuali regole nazionali ed
internazionali sulla fiscalità indiretta. Fino ad
oggi la mancanza di disposizioni concordate
tra i due Paesi ha creato criticità alle autorità preposte ai controlli ed anche ai cittadini
e alle imprese. La road map prevede la negoziazione in tempi più lunghi di un ampio
accordo, non solo fiscale, che regolamenti e
semplifichi i rapporti tra i due Stati relativamente al Comune di Campione d’Italia.
Non ci è costato un Euro
«Questo accordo ci è costato un euro, posso
dire con certezza che porterà a entrate per più
L’accordo firmato da Italia e Svizzera «va
nella direzione dell’eliminazione dei paradisi
fiscali — ha precisato Padoan —. Ci sono altri paradisi fiscali ma questa intesa va nella
direzione della loro eliminazione. Per loro
sarà sempre meno conveniente e più difficile
resistere allo scambio di informazioni e sarà
meno conveniente rivolgersi a questi Paesi».
In questa direzione, ha sottolineato Padoan
va letto anche il patto in materia fiscale che
l’Italia ha sottoscritto con il Liechtenstein
il 26 febbraio. Tre giorni dopo aver siglato
quello la Confederazione.
Che cosa prevede l’intesa
Italia-Svizzera?
L’accordo pone fine al segreto bancario, poiché prevede lo scambio su richiesta di informazioni ai fini fiscali secondo lo standard
Ocse. Il Protocollo stabilisce inoltre una road
map che fissa il percorso per la prosecuzione
dei negoziati su altre questioni, tra cui la tassazione dei lavoratori frontalieri e il regime di
Campione d’Italia.
Con la ratifica del Protocollo la Svizzera
uscirà dalla black list dei Paesi che l’Italia
considera non collaborativi in materia fiscale
e sarà inclusa nelle white list italiane.
Quali sono i tempi?
La firma del Protocollo consente immediatamente alle autorità italiane di richiedere
alla Svizzera informazioni finanziarie, anche
di gruppo, e cioè permetterà di individuare
potenziali evasori che detengono patrimoni
in territorio svizzero. Una possibilità che costituisce uno stimolo alla regolarizzazione da
parte dei contribuenti italiani che entro settembre 2015 possono aderire alla «voluntary
disclosure».
L’Italia adotterà il nuovo standard Ocse sullo
scambio automatico di informazioni a partire
dal 2017, con riferimento alle attività finanziarie detenute nel 2016. Poiché l’accordo
prevede la reciprocità, il primo scambio automatico di informazioni finanziarie tra Italia
e Svizzera avverrà entro il settembre 2018,
con riferimento all’anno 2017.
Quali conti saranno oggetto di scambio automatico di informazioni?
I conti di custodia, di deposito e i contratti di
assicurazione con contenuto finanziario
Cosa cambia per i frontalieri?
L’accordo oggi in vigore, firmato nel 1974,
riguarda solo i frontalieri italiani e prevede
la tassazione esclusiva in Svizzera con il ristorno del 38,8% del gettito ai Comuni italiani della zona di confine. Il nuovo accordo
prevede innanzitutto la reciprocità: perciò
l’intesa includerà anche i frontalieri svizzeri
che lavorano in Italia.
I lavoratori frontalieri saranno assoggettati
ad imposizione sia nello Stato in cui esercitano l’attività, sia nello Stato di residenza.
La quota spettante allo Stato del luogo di
lavoro ammonterà al massimo al 70% del
totale dell’imposta normalmente prelevabile
alla fonte. Il Paese di residenza dei lavoratori
applicherà l’imposta sul reddito delle persone fisiche tenendo conto delle imposte già
prelevate nell’altro Stato ed eliminando l’eventuale doppia imposizione. Il carico fiscale
totale dei frontalieri italiani rimarrà inizialmente invariato e successivamente, con molta gradualità, sarà portato al livello di quello
degli altri contribuenti. Non vi sarà più alcuna compensazione finanziaria tra i due Stati.
Il ristorno ai Comuni frontalieri italiani sarà a
carico dello Stato, sulla base del principio di
invarianza delle risorse.
Quale sarà il regime di Campione
d’Italia?
La road map prevede la negoziazione in
tempi più lunghi di un ampio accordo, non
solo fiscale, che regolamenti e semplifichi
i rapporti tra Italia e Svizzera su Campione
d’Italia.
L’obiettivo è di garantire alle imprese e ai
cittadini di Campione d’Italia il corretto funzionamento delle attuali regole nazionali ed
internazionali sulla fiscalità indiretta.
marzo 2015 La Rivista - 19
Intrattenimento ed eventi
di alta qualità
Stage Entertainment è una multinazionale olandese leader europeo nella
produzione e distribuzione di live shows.
Presente in 8 Paesi con 25 teatri rappresenta l’eccellenza di Broadway
nel vecchio continente.
In Italia Stage approda nel 2007
ristrutturando interamente il
Teatro Nazionale e producendo
musical quali; La bella e la Bestia, Mamma Mia, Sister Act,
Flashdance, La febbre del sabato
sera e molti altri trasformando il
teatro nel tempio del Musical in
Italia. Da produttore di spettacoli di alta qualità Stage ha, nel
corso degli anni, altresì realizzato
eventi “non convenzionali” con il
principale obiettivo di promuovere i propri shows portando le
emozioni fuori dal teatro e facendole vivere al pubblico e incuriosendolo.
Un approccio innovativo e divertente
Nel corso degli ultimi 6 anni oltre 2 milioni di persone hanno visto ed amato
gli spettacoli di Stage Italia, di questi
oltre il 25% è rappresentato da aziende che non solo hanno apprezzato la
qualità dei Musical rappresentati, ma
anche il modo in cui questi venivano
promossi. Tale gradimento ha spinto
l’azienda a far nascere nel 2012 Stage
Entertainment Events, business unit interamente dedicata agli eventi convenzionali e non.
L’unicità dell’offerta di questo dipartimento è rappresentato dal fatto che
Stage realizza gli eventi con la stessa
ratio con cui allestisce i propri grandi
spettacoli, utilizzando quindi creativi di
fama internazionale, tra cui registi, coreografi, scenografi, direttori musicali,
attori e ballerini professionisti ecc.
Questa nuova apertura al mondo delle imprese ci ha fatto guardare sempre
con maggiore interesse al mercato ticinese in particolare, e svizzero in generale ricco di realtà imprenditoriali vivaci
e curiose di sperimentare un approccio
al business più innovativo e divertente.
20 - La Rivista marzo 2015
Una doppia opportunità
Abbiamo così chiuso un accordo con ICE
Business Solutions, neo costituita società
di servizi alle imprese con sede a Lugano, che ha dimostrato uno spirito ed una
strategia di mercato profondamente affini
a quelli di Stage, dove innovazione, creatività e qualità sono gli assets di riferimento. ICE BS diventa quindi oggi il punto
di riferimento per le aziende Svizzere che
desiderano usufruire dei servizi unici di
Stage Entertainment e Stage Events.
Grazie a questo sodalizio Stage intende
offrire al mercato svizzero una doppia
opportunità; la prima di puro intrattenimento, attraverso la ricca stagione del
Teatro Nazionale o portando nel territo-
rio ticinese artisti di grido; la seconda legata alla realizzazione di eventi unici nel
loro genere e modulabili su grandi, medie
o piccole realtà territoriali.
Le aziende, e gli Imprenditori più intraprendenti, avranno la possibilità di organizzare
tramite il team di ICE BS e Stage, un evento
unico che lasci il segno nella storia della
loro società, rivolto alla clientela o ai fornitori, che sia per un anniversario dalla fondazione o per la cena di fine anno, un modo
nuovo e non convenzionale per realizzare
qualcosa di veramente speciale.
In sintesi quella tra STAGE e ICE BS è una
partnership che ha come obiettivo quella
di proporre entertainment ed eventi di
altissima qualità.
Cultura d’impresa
di Enrico Perversi
Un obiettivo ben definito
in azienda e fuori……
Come definire al meglio un obiettivo che ci aiuti a realizzare le nostre aspirazioni avendo
risultati efficaci ed ecologici? Come orientarsi alla soluzione e non focalizzarsi sul problema?
Nelle imprese viene destinata una grande attenzione alla definizione degli obiettivi: si parte addirittura dalla missione
dell’azienda, cioè il suo fine ultimo, che viene poi articolata in strategie, business plan pluriennali, obiettivi annuali a loro
volta poi suddivisi per funzioni, prodotti o mercati fino ad assegnare ai singoli individui il contributo da fornire.
Vi è dunque una grande ricerca di senso che genera una organizzazione che mobiliti tutte le risorse nel perseguimento
del risultato, gli obiettivi sono anche fonte di motivazione e le imprese destinano grandi sforzi e sistemi gestionali per
comunicare, condividere, misurare e premiare: sono ormai diventati di uso comune termini come budget, valutazione delle
prestazioni, management by objectives (MBO).
Anche ognuno di noi, nella sua vita professionale o personale si confronta quotidianamente con la definizione di obiettivi:
voglio cambiare lavoro, farei bene a dimagrire, mi piacerebbe aver più dialogo con mio figlio. Come definire al meglio un
obiettivo che ci aiuti a realizzare le nostre aspirazioni avendo risultati efficaci ed ecologici?
E’ molto noto l’acronimo SMART che, usando vocaboli inglesi, richiede ad un obiettivo di essere “specifico”, “misurabile”,
“concordato”, “realistico” e “ posizionato nel tempo”, vorrei tuttavia esaminare la questione dal punto di vista di chi desidera
avviare un cambiamento stabile in sé o in altri.
Il primo punto importante è che un obiettivo ben formato deve essere espresso in positivo. Direste mai ad un conducente
di un taxi “non voglio andare alla stazione”? Rispondere chiaramente alla domanda “cosa vuoi?” significa focalizzarsi sulla
soluzione anziché sul problema, significa mobilitare la propria creatività ed assumere la responsabilità delle proprie scelte.
Non sempre è facile riformulare un obiettivo che nasce da una difficoltà, tuttavia è necessario farlo sia che sia ci si rivolga
a sé stessi sia che lo si proponga ad un’altra persona.
Il secondo requisito è che deve essere verificabile mediante i sensi, cioè deve essere possibile una dimostrazione comportamentale osservabile del risultato. Nella definizione deve essere compresa la modalità di verifica dei risultati ed i criteri
di valutazione delle prestazioni pena l’indeterminatezza. Per ritornare all’esempio del taxi, sarebbe come chiedere al conducente “vorrei andare in un bel posto”, ovvio che se non specifico meglio i criteri che lo definiscono c’è un serio rischio di
essere vittime dei gusti di chi guida.
La terza caratteristica dell’obiettivo ben formato è che sia realizzabile autonomamente. Una corretta definizione, che non
generi frustrazione, deve assegnare a chi persegue la meta il controllo della situazione ma anche la responsabilità delle
scelte; per esempio per un dirigente è velleitario definire come obiettivo “modificare le strategie della Società per aumentare
la redditività”, tuttavia riformulare come “contribuire alle strategie della Società formulando proposte per incrementare la
redditività dell’area di competenza” genera una sfida stimolante.
L’ultima attenzione da osservare è la corretta contestualizzazione dell’obiettivo. Spesso un risultato non può o non deve
essere realizzato in tutte le circostanze, alcuni effetti positivi dello stato presente devono essere salvaguardati, è necessario
approfondire e delimitare il campo di azione perché non si sostituisca semplicemente uno stato o un comportamento con
un altro ma si abbia a disposizione una più ampia possibilità di scelta. Per esempio per un capo può essere auspicabile
delegare di più sulla gestione operativa, ma non certamente sulle scelte di indirizzo strategico dell’attività.
Nei dizionari obiettivo viene definito come “meta che ci si prefigge di raggiungere” oppure come “fine verso il quale viene
diretto uno sforzo o un’ambizione” ed è una delle attività umane che ha significativamente contribuito allo sviluppo, nelle
aziende è l’attività portante del vertice in prima battuta e di tutti i capi intermedi nel quotidiano. Si tratta quindi di qualcosa
che deve essere fatto con attenzione, che merita tempo ed anche investimenti.
Definire obiettivi e accompagnare nella loro realizzazione è anche il senso dell’attività di coaching. Il processo di coaching
è una conversazione, un dialogo tra coach e cliente in un contesto produttivo ed orientato al risultato. La responsabilità
della definizione dell’obiettivo è del cliente, ma il coach ( il conducente del taxi dell’esempio precedente) lo aiuta, mediante
domande appropriate, a definirlo correttamente. Anche il conseguimento dei risultati è responsabilità del cliente, ma, ancora una volta, il coach, ponendo le domande giuste al momento giusto, aiuta a considerare prospettive e strategie diverse.
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marzo 2015 La Rivista - 21
Donne in carriera:
Michela Cerruti
Pilota per caso
di Ingeborg Wedel
Q
uesta volta voglio presentarvi una
donna bellissima, ma anche eccezionalmente preparata nel suo lavoro,
veramente particolare: è un pilota automobilistico che – giovanissima – può vantare un’esperienza notevole.
Michela è nata a Roma, laureata in psicologia,
ha 27 anni e gareggia da quando ne aveva 21. La
sua famiglia al completo ha sempre appoggiato
con passione le sue scelte, dando a Michela la
serenità che la sostiene nei momenti critici.
È felicemente fidanzata e sicuramente tra i suoi
desideri di vita c’è quello di sposarsi e di formare una famiglia, anche se per ora non lo vede
come un avvenimento molto vicino. Vorrà dire
che, nel caso, comprerà un seggiolino per bambini e lo monterà sulla macchina da corsa …..
Le abbiamo chiesto quale sia la molla che
ha fatto scattare in lei la scelta della carriera
sportiva. Ci ha risposto così:
“Ho avuto l’occasione di andare in pista la prima volta in occasione di un corso di guida sicura, durante il quale, oltre ad essermi divertita
molto e aver scoperto questa passione, qualcuno ha pensato che in me ci fosse del talento.
22 - La Rivista marzo 2015
Ho vinto una gara in tutte le categorie in cui
mi sono cimentata. Nel 2011 ho vinto una gara
dell’International Superstars Series a Monza
con una Mercedes C63 AMG. Nel 2012 ne ho
vinto una del GT italiano al Mugello, su BMW
Z4 GT3. Nel 2013 ho vinto di nuovo nel GT italiano a Imola. Nel 2014 ho vinto la mia prima
gara in monoposto, sull’Auto GP”.
Nel frattempo, è iniziata la sua nuova sfida:
Jarno Trulli, che ha corso 252 GP in F.1 in 15
anni, ora titolare del team della FORMULA E,
ha scelto Michela come pilota della sua macchina elettrica, in quanto è veramente l’astro
nascente dell’automobilismo italiano : veloce,
sicura e molto determinata.
A Pechino, il 13 settembre 2014, è iniziata la
grande avventura della FORMULA E, il nuovo
campionato dedicato alle monoposto elettriche, dopo due anni di lavoro intenso per mettere a punto la vettura, poi consegnata ai 10
team in lotta per il titolo.
È un gioiellino di tecnologia avanzata, creato
allo scopo di abbattere le emissioni nocive e
alleggerire i costi.
Quando il bolide elettrico si mette in moto,
sono le nostre orecchie a evidenziare la principale differenza tra le monoposto: invece del
suono assordante si sente un leggero sibilo
straniante, metallico, generato dalla trasmissione, perché il motore é muto !
Fatte le presentazioni, la nostra intervista prosegue con le domande di rito, alle quali Michela ha risposto di buon grado.
Come ci si sente da donna in un
mondo, che salvo rarissime eccezioni
è esclusivamente declinato al maschile?
È vero, essere donna vuol dire costituire
un’eccezione in questo mondo. Non è facile
farsi rispettare, sogni tanto e non hai vita facile. Ma quando si vince è una soddisfazione
grandissima.
Di quanto tempo ti è servito per sentirti apprezzata per le tue prestazioni
sportive?
Probabilmente non ci sono ancora riuscita
completamente, è un processo che non finisce
mai, perché c’è parecchia diffidenza e tanti
Quali sono le difficoltà che hai dovuto affrontare?
Quella principale consiste nel non lasciarsi influenzare dalle malelingue e di saper gestire la
pressione legata alle aspettative che la gente
nutre nei tuoi confronti. Non siamo noi ad
aver scelto di gareggiare contro gli uomini, è
lo sport in sé che ci pone in questa condizione,
ma farsi strada non è facile.
Quando viene eleminata la differenza uomo – donna?
In questo caso, si crede che venga eliminata
dalla presenza di un mezzo meccanico, per cui
si pensa erroneamente che la struttura fisica
non faccia la differenza. Per guidare certe vetture, senza servosterzo per esempio, dobbiamo allenarci il doppio degli uomini per riuscire
a gareggiare nelle prime posizioni, perché lo
sforzo fisico è enorme, al contrario di quanto
magari si pensi.
Quali sono gli ostacoli più grandi
che hai incontrato nel mondo dello
sport?
Gli stessi che incontra un uomo. Non vedo
perché ci debbano essere differenze. Tutti lottiamo contro le sconfitte, puntiamo al
successo e dobbiamo allenarci e fare sacrifici per ottenere ciò in cui crediamo. Uomo o
donna, parleranno a volte male e a volte bene,
un giorno si vince, l’altro magari no. È così in
qualsiasi sport.
Un’atleta gode di qualche privilegio
rispetto agli uomini?
No, in alcuni casi è solo più ricercata dai media.
Le intuizioni femminili sono superiori a quelle maschili?
La donna ragiona di più, l’uomo è più istintivo;
credo che le due cose messe insieme costituirebbero l’essere vivente ideale.
Qual è la soddisfazione più grande
per un’atleta?
Vincere, superare i propri limiti.
A cosa hai dovuto rinunciare per affermarti?
Se si vogliono raggiungere obbiettivi importanti, bisogna sacrificare del tempo che vorremmo
dedicare al piacere, che si tratti di vita privata o hobby personali. Per avere successo in un
mondo dove primeggiano gli uomini, a volte, è
necessario cercare di ragionare come loro, in
modo da capirli meglio e lavorare meglio insieme. Nel caso della competizione, capire il loro
modo di agire e pensare è fondamentale per
portarli all’errore e sfruttare le loro debolezze.
Quali sono gli hobby che riesci a coltivare nonostante una vita frenetica?
Quando non corro cerco di dedicarmi alle
amicizie. Un’altra mia grande passione sono i
viaggi, a cui mi dedico nel periodo invernale,
se ho tempo a sufficienza.
Un futuro più luminoso
Per ogni lampadina a LED venduta dal 1° febbraio al 28 marzo 2015,
IKEA Foundation dona CHF 1.50 ai progetti dell’Alto Commissariato
delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR). ikeafoundation.org
1 lampadina a LED =
CHF 1.50 per i rifugiati
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Intensità luce regolabile/globulare.
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marzo 2015 La Rivista - 23
© Inter IKEA Systems B.V. 2015
pregiudizi. Bisogna parlare con i risultati in
pista, e talvolta ci riesco bene.
Burocratiche
di Manuela Cipollone
Censimento degli italiani all’estero
Misure urgenti per il sistema
bancario e gli investimenti
Registro nazionale dei partiti politici
Cambio della Guardia al Quirinale, e pure al Ministero per gli Affari Regionali.
E poi il decreto interministeriale che ogni anno censisce gli italiani all’estero
e l’importante, oltre che discussa, riforma del sistema bancario. Anche nell’ultimo mese, la Gazzetta Ufficiale ha registrato importanti cambiamenti nelle
istituzioni del Paese e nel corpo delle leggi che ne regolano la vita sociale.
Passaggio di consegne
Dopo nove anni al Quirinale, Giorgio Napolitano - ora presidente emerito e senatore a vita - ha potuto votare il suo successore: il 31 gennaio, il Parlamento in seduta comune dei suoi membri, con la
partecipazione dei delegati regionali, ha eletto Sergio Mattarella nuovo Presidente della Repubblica.
Candidato unico della maggioranza, Mattarella è stato eletto al quarto scrutinio con 665 voti. Come
previsto dalla legge, è toccato alla Presidente della Camera Laura Boldrini firmare il decreto pubblicato
in Gazzetta.
Cambio anche nella fila del Governo: si è dimessa, infatti, il Ministro per gli Affari Regionali (senza
portafoglio) Maria Carmela Lanzetta, che inizialmente aveva accettato l’incarico di assessore nella
nuova giunta della Regione Calabria, guidata da Mario Oliverio. Posto poi rifiutato dall’ex ministro per
la nomina di un assessore – Nino De Gaetano – coinvolto in un’inchiesta sul voto di scambio
Mentre scriviamo non è ancora stato nominato alcun successore.
4.636.647 gli italiani fuori d’Italia
È stato invece emanato puntualmente il decreto interministeriale Farnesina – Viminale che ogni anno
sancisce il numero dei cittadini italiani residenti all’estero, così come disposto dalla Legge sul voto
all’estero.
4.636.647 gli italiani residenti all’estero, certifica il decreto firmato dai Ministri degli esteri Paolo Gentiloni e dell’Interno Angelino Alfano sulla base dell’elenco aggiornato dei cittadini italiani all’estero al
31 dicembre 2014. Il numero maggiore di connazionali all’estero, come sempre, è residente in Europa:
sono ben 2.500.767; segue l’America Meridionale con 1.453.927; poi l’America Settentrionale e Centrale con 423.823 e, infine, Africa, Asia, Oceania e Antartide con 258.130 connazionali. L’anno scorso
gli italiani residenti all’estero erano 4.482.115: quest’anno ce ne sono 154.532 in più.
Le banche con vocazione territoriale e quelle
quotate in borsa
Atteso e molto discusso il decreto-legge sulle “Misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti”.
Sotto il fuoco incrociato delle critiche la parte che riguarda la riforma delle banche popolari: il
24 - La Rivista marzo 2015
decreto, infatti, distingue due fasce di istituti, volendo, da un lato, preservare il ruolo delle banche
con vocazione territoriale e, dall’altro, adeguare alle prassi ordinarie la governance degli istituti di
credito popolari di maggiori dimensioni che nella maggioranza sono anche società quotate in borsa.
Obiettivo finale quello di garantire che la liquidità disponibile si trasformi in credito a famiglie e
imprese e favorire la disponibilità di servizi migliori e prezzi più contenuti. Per questo, il decreto
legge impone alle banche popolari con attivo superiore a 8 miliardi di euro la trasformazione in
società per azioni.
Conti correnti al portatore
Di più diretto interesse per i cittadini la norma sulla portabilità dei conti correnti che, dopo l’entrata
in vigore del decreto, sarà senza oneri o spese di portabilità a carico del cliente. La trasferibilità si
applica ai soli conti di pagamento. In caso di mancato rispetto dei termini, l’istituto bancario o il
prestatore di servizi di pagamento risarcisce il cliente in misura proporzionale al ritardo e alla disponibilità esistente sul conto di pagamento al momento della richiesta di trasferimento.
Oltre alla previsione sulle società di servizio per la patrimonializzazione e la ristrutturazione delle imprese italiane, il decreto interviene anche sulla Sace con l’obiettivo di rafforzarne l’attività,
sempre a supporto dell’export e dell’internazionalizzazione dell’economia italiana. Per farlo, SACE
potrà essere autorizzata a svolgere l’esercizio del credito diretto, cioè a costituirsi come banca, ma
solo previa autorizzazione della Banca d’Italia, nel rispetto delle normative internazionali, europee
e nazionali in materia.
PMI innovative
Il decreto, inoltre, introduce la categoria di “PMI innovative” costituita dalle PMI non quotate con
bilancio certificato e in possesso di almeno due tra questi tre requisiti: spese in R&S (ricerca e
sviluppo) almeno pari al 3% del maggior valore tra fatturato e costo della produzione; impiego di
personale altamente qualificato in misura almeno pari a un quinto della forza lavoro complessiva;
detentrici, licenziatarie o depositarie di un brevetto o un software registrato alla SIAE. Alle “PMI
innovative” si applica la disciplina delle start-up innovative, a eccezione delle disposizioni in ambito
di diritto fallimentare e di regolamentazione del mercato del lavoro.
Oltre alle modifiche alla tassazione dei redditi derivanti dai beni immateriali e marchi, il decreto
prevede misure a favore dei fondi di credito – così da consentire alle imprese italiane di beneficiare
di tutti gli strumenti finanziari di cui beneficiano i loro competitor europei – e il ricorso facoltativo
alla provvista CDP (cassa depositi e prestiti) per banche e intermediari finanziari che erogano finanziamenti alle PMI.
Garanzia e traspaernza
Camera e Senato hanno nominato Presidente e componenti della “Commissione di garanzia degli
statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici”. I membri della commissione vengono scelti fra i magistrati dei rispettivi ordini giurisdizionali: Roberta Vivaldi (Cassazione),
Bruno Polito (Consiglio di Stato), Luciano Calamaro, Laura Cafasso e Luca Fazio (Corte dei Conti).
Presidente Luciano Calamaro.
Per la durata dell’incarico i componenti della Commissione non possono assumere ovvero svolgere
altri incarichi o funzioni. Il mandato dei componenti della Commissione è di quattro anni ed è rinnovabile una sola volta.
La Commissione – “figlia” delle leggi che hanno abolito il finanziamento pubblico ai partiti – ha
il compito di tenere il “Registro nazionale dei partiti politici”, quelli, cioè, che possono accedere ai
benefici di legge. Gli statuti dei partiti vanno trasmessi alla Commissione, la quale, verificata la
presenza nello statuto degli elementi indicati dalla legge, procede all’iscrizione del partito nel registro. In sintesi, condizione per l’accesso ai benefici di legge (Detrazioni per le erogazioni liberali in
denaro in favore di partiti politici e ulteriori forme di sostegno indiretto alle attività politiche) è che
il partito o movimento politico si doti di uno statuto avente i requisiti e contenuti di legge, che sia
validato dalla Commissione mediante iscrizione nel registro nazionale, e che il bilancio sia redatto
secondo prescrizioni legali e controllato positivamente dalla Commissione. La Commissione ha sede
presso la Camera dei deputati.
Tra gli accordi internazionali entrati in vigore nell’ultimo mese, segnaliamo la Convenzione tra Italia
e Svizzera (di cui si parla in altra parte della Rivista) e tra Italia e Messico contro le doppie imposizioni fiscali; l’Accordo di cooperazione con la Turchia sulla lotta ai reati gravi, in particolare contro
il terrorismo e la criminalità organizzata.
marzo 2015 La Rivista - 25
Normative allo specchio
di Carlotta D’Ambrosio
con la collaborazione di Paola Fuso
Il tema dei trasporti transfrontalieri:
il divieto del cabotaggio
Il tema del cabotaggio è quanto mai attuale: da un lato regole restrittive per il trasporto delle
merci; dall’altro il richiamo ai principi comunitari sulla libertà di circolazione. Le motivazioni del
contrasto risiedono nella necessità di garantire uno spazio comune europeo e nella consapevolezza
che i livelli di sicurezza sociale, quelli fiscali, i costi industriali ed amministrativi nonché del lavoro
sono assai differenti e comunque tali da rendere la corretta e libera concorrenza non praticabile.
Ne conseguono, a livello comunitario, forti resistenze all’apertura incondizionata dei trasporti ad opera dei sindacati di categoria,
che di fatto hanno impedito la piena attuazione della liberalizzazione del settore. La situazione, naturalmente, si aggrava quando i
Paesi tra cui avviene il “cabotaggio” sono confinanti, ma uno di questi è fuori dall’Unione Europea. Ne sono un esempio emblematico l’Italia e la Svizzera, ove il cabotaggio (vietato) è infrazione rilevata frequentemente ai rispettivi confini.
Ma cosa è esattamente il cabotaggio? Ai sensi degli artt. 8 e 9 del Reg. CE 1072/2009, per “cabotaggio” si intende l’attività di
trasporto nazionale di merci su strada svolta da un trasportatore non residente sul territorio di un altro Stato membro dell’UE/SEE a
titolo temporaneo, cioè senza che lo stesso risulti stabilito nel territorio di tale Stato (c.d. Stato membro ospitante). A decorrere dal
1° gennaio 2012 (data di entrata in vigore del Trattato) il cabotaggio in territorio italiano può essere eseguito da tutte le imprese
stabilite negli Stati membri dell’UE (comprese quelle stabilite in Bulgaria e Romania) o dello SEE (Liechtenstein, Islanda e Norvegia).
È rigorosamente vietato il cabotaggio per tutti gli altri Paesi extracomunitari.
Per le imprese stabilite in Svizzera, l’Accordo tra la Comunità Europea e la Confederazione Svizzera, firmato il 21 giugno 1999 ed entrato
in vigore in data 1° giugno 2002, non autorizza i trasporti di cabotaggio all’interno degli Stati membri della Comunità. È stato tra l’altro
gradualmente liberalizzato il grande cabotaggio, ossia il trasporto di merci tra due Stati dell’UE. Il cabotaggio nazionale, ossia il trasporto
di merci tra destinazioni all’interno dello stesso Stato, resta invece vietato per gli autotrasportatori stranieri. Pertanto, un autotrasportatore svizzero non può trasportare merci da Milano a Napoli e un camionista UE non è autorizzato a trasportare merci da Losanna a
Schaffhausen. Nonostante le norme, non è infrequente osservare trasporti di merce in provenienza dall’Italia o dalla Svizzera che, invece
di essere consegnate al destinatario svizzero o italiano indicato sulla bolla di trasporto, sono successivamente smistate dallo stesso trasportatore italiano o svizzero a destinatari terzi svizzeri o italiani, su indicazione del destinatario originario. Concretamente può accadere
che il trasporto effettivo non corrisponda a quello originariamente organizzato in provenienza dall’Italia o dalla Svizzera. Per tale motivo
fanno stato, per quanto riguarda le merci, i documenti doganali che testimoniano il movimento della merce, indipendentemente dai
contratti di trasporto modificati nel corso dell’operazione (necessari per il successivo smistamento all’interno della Svizzera o dell’Italia).
Per quanto riguarda il trasporto dei passeggeri fa stato la tabella di marcia seguita dall’autista ed anche in tal caso, al pari delle merci,
si configura il medesimo problema: la valutazione delle modifiche al percorso. Il problema è: quando dette variazioni fanno incorrere il
trasportatore nel cabotaggio? È scontato che la documentazione diventa così rilevante o meglio dirimente per comprendere se si tratta
di trasporto internazionale (legittimo) o di cabotaggio (vietato), lasciando però aperta la questione dell’interpretazione della fattispecie
sulla base dell’accordo bilaterale sui trasporti concluso con l’UE. Il problema dunque diventa la considerazione da parte delle rispettive
Autorità Doganali delle modifiche ai documenti di viaggio. Va da sé, infatti, che, stante il divieto di cabotaggio, valutare certi trasporti
alla stregua del cabotaggio quando nel corso di una prestazione di trasporto sia necessario modificare i documenti di viaggio originari o
se, sempre durante la fornitura, cambia la proprietà della merce trasportata o la stessa viene divisa, è cosa ben distinta dal ritenere che le
modifiche sono dovute a fatti contingenti che non modificano quanto riportato nella documentazione originaria. Dunque la situazione
va valutata in concreto e non è infrequente dover decidere se l’attività compiuta da trasportatori esteri rientri nel trasporto transfrontaliero o nel cabotaggio. Per fare un esempio: se le merci sono state caricate in Italia e successivamente scaricate in diverse destinazioni
in Svizzera, ciò non costituisce cabotaggio, ma trasporto transfrontaliero. Poco importa se successivamente l’intermediario svizzero ha
allestito ulteriori contratti di consegna e se le merci caricate in Italia sono state scaricate in diverse località in Svizzera: il trasporto del
carico rimane transfrontaliero. Così a parti invertite se le merci sono state caricate in Svizzera.
Resta però il problema su come giudicare un comportamento reiterato: cioè come valutare un trasportatore italiano o svizzero che
accampi più di una volta modifiche dovute a fatti contingenti? A questo punto, stante il principio di reciprocità valido in ambito
internazionale, sarà interessante osservare se i due Paesi giungeranno alla condivisione di regole pratiche o se l’unica soluzione
sarà intervenire sui Trattati.
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26 - La Rivista marzo 2015
Angolo Fiscale
di Tiziana Marenco
Società di capitali:
Negato il riconoscimento fiscale del trasferimento di sede
in un altro cantone se la direzione effettiva della società resta nel
cantone d’origine
Mentre sono in molti a sapere che in Svizzera non esistono norme cosiddette “CFC” (“Controlled
Foreign Company regimes”), cioè quelle norme che permetterebbero di attribuire utili non distribuiti di società estere alla persona residente in Svizzera che ne detiene il controllo, non tutti sanno
che proprio le autorità svizzere regolarmente e coerentemente, qualora la sede ufficiale iscritta
a registro di commercio abbia carattere puramente formale o fittizio, attribuiscono la sovranità
fiscale nei confronti di una società di capitali (SA o SagL) non alla giurisdizione iscritta a registro
della bensì a quella dove la società di capitali è effettivamente amministrata e diretta (“effective
place of management”) e ciò in particolare in fattispecie intercantonali.
La base legale la troviamo nella Legge federale sull’armonizzazione delle imposte dirette (LAID), dove all’art. 20
cpv. 1 è stabilito che le società di capitali (ma non solo quelle) sono assoggettate all’imposta se hanno la loro
sede o la loro amministrazione effettiva nel Cantone. Una norma simile si trova anche nella Legge sull’imposta
federale diretta (LIFD), dove l’art. 50 recita che le persone giuridiche aventi sede o amministrazione effettiva in
Svizzera sono ivi assoggettate illimitatamente.
Il Tribunale Federale Svizzero ha recentemente avuto l’occasione di ribadire la sua prassi in materia intercantonale nella sentenza del 4 dicembre 2014 (2C_431/2014). Nella fattispecie la società era stata fondata nel 2006
con sede nel Canton Zurigo. Nel 2007 la sede formale era stata trasferita nel Canto Svitto. Del 2008 il secondo
trasferimento di sede da Svitto al Canton Nidwaldo. Gli ufficiali del Canton Zurigo avevano fatto valere per
tutti i periodi fiscali sino al 2011 la loro sovranità fiscale, poiché il trasferimento di sede fuori cantone era avvenuto solo in via formale: all’indirizzo del nuovo domicilio erano infatti state affittate solo due stanze adibite
ad ufficio, se non che le stesse non erano state utilizzate dal contribuente per propria attività bensì subaffittate
a clienti che desideravano a loro volta un domicilio fiscale in tal cantone. Nella fattispecie non vi era stato
nemmeno un trasferimento parziale di direzione, attività o infrastruttura dal Cantone di origine al Cantone di
trasferimento; a differenza di casi precedenti il TF non aveva quindi nemmeno dovuto esaminare nel dettaglio
cosa comprende esattamente il concetto di direzione, qui definito quale gestione degli affari correnti di tutti
giorni, o in che rapporto stanno personale, attività produttive e attività di amministrazione.
Per tutta la durata esaminata la direzione effettiva della società era da localizzare nel Canton Zurigo, dove il
socio e direttore della società abitava e anche lavorava fisicamente, tanto da indicare su tutta la corrispondenza della società un “indirizzo di lavoro” nel Canton Zurigo e recapiti telefonici zurighesi.
Interessanti sono pure le riflessioni sulla decadenza del diritto di far valere la propria sovranità fiscale qualora
un Cantone attenda “eccessivamente a lungo” (tedesco: “ungebührlich”) prima di far valere il diritto di percepire
le tasse nei confronti del Cantone della prima facie, cioè quello che può richiamarsi all’iscrizione del registro di
commercio. Il TF ha fissato a questo proposito quale regola dei limiti rigidi ma di chiara lettura, statuendo che il
Cantone che ritiene di vantare il diritto a scapito del Cantone della sede formale deve farlo valere al più tardi un
anno dopo il trascorrimento dell’anno civile che fa seguito al periodo fiscale in questione. Per l’anno fiscale 2008
il termine trascorreva quindi alla fine del 2010. Con la comunicazione del Canton Zurigo al Canton Nidwaldo del
maggio 2010 e al contribuente in novembre e dicembre dello stesso anno, il Canton Zurigo in ogni caso aveva
rispettato i limiti dettati dal TF e non si rivelava quindi necessario esaminare le condizioni dei casi d’eccezione.
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marzo 2015 La Rivista - 27
L‘inverno è ormai passato,
l‘epoca delle pioggie se n‘è
andata.
La natura si risveglia.
I fiori appaiono sulla terra.
Ed in questo momento è
primavera!
Piano di volo estate 2015
Destinazioni
da / per Berna
Lun Mar Mer Gio Ven Sab Dom
Brindisi
Olbia
Destinazioni
da / per Zurigo
Lun Mar Mer Gio Ven Sab Dom
Lamezia Terme
Le prime tiepide serate
primaverili vi aspettano per
serene passeggiate lungo
la spiaggia, oppure tra
pittoreschi paesaggi!
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Angolo legale Svizzera
di Massimo Calderan
Obbligo di lealtà e diligenza
della banca nell’esecuzione
di operazioni di borsa
2a parte
Nell’ultimo numero de La Rivista abbiamo ricordato che la banca è un mandatario e, in quanto tale, per legge è
responsabile nei confronti del cliente (il mandante) della leale e diligente esecuzione degli affari che le vengono affidati, e abbiamo discusso i tre tipi di contratto che riguardano l’esecuzione di operazioni di borsa, ovvero
(i) la semplice relazione di conto/deposito, (ii) la consulenza d’investimento e (iii) la gestione patrimoniale. In
sintesi si può affermare che la sussistenza e la portata dei doveri della banca di informazione, di consulenza,
di sorveglianza e di avvisare in caso di situazioni particolari, variano in virtù della qualificazione del rapporto
contrattuale, delle conoscenze del cliente e dell’investimento specifico.
Come ha ribadito il Tribunale Federale svizzero (“TF”) in una decisione del 5 marzo 2014, gli obblighi della banca nello specifico e
dell’intermediario finanziario in genere, nei confronti del cliente assumono una spiccata importanza, quando si tratta di suggerimenti, raccomandazioni e intermediazione di contratti a termine e/o di opzione, i quali, come è risaputo, sono altamente speculativi e di conseguenza particolarmente rischiosi. In questo tipo di intermediazioni la banca deve informare il cliente inesperto dei
rischi di perdita, anche di tutto il denaro investito in breve tempo, come anche della diminuzione del potenziale guadagno dovuta
alla entità della commissione applicata dalla banca per la specifica transazione. Non è sufficiente che la banca si limiti solo a
citare il rischio di perdita e a richiedere una formale accettazione di tale rischio da parte del cliente, qualora poi gli si prospettino
delle possibilità di guadagno non realistiche. I doveri della banca di regola si estendono anche all’obbligo di sorveglianza degli
investimenti del cliente.
Il 18 dicembre 2014 il TF si è trovato a decidere una causa intentata contro l’UBS da parte di una partecipata lussemburghese della
Swatch Group (“SG”), che ha come oggetto, tra l’altro, la partecipazione a società e l’acquisto, l’amministrazione e la vendita di
titoli. Nell’ambito di una lunga relazione d’affari la SG, su suggerimento dell’UBS del 12 gennaio 2007, a maggio e giugno 2007 ha
acquistato quote in un fondo dell’UBS per un ammontare complessivo di CHF 46,9 milioni. Causa la crisi finanziaria mondiale, il
fondo ha subito costanti perdite. A parte piccoli ritiri della SG complessivamente di CHF 0,2 milioni, il capitale è rimasto investito.
Il 30 settembre 2008 la SG ha disdetto il mandato dell‘UBS. Il 10 novembre 2008 il fondo è stato liquidato. La quota della SG
ammontava a soli CHF 21,9 milioni.
I tribunali, analizzando gli argomenti della SG, si sono chiesti se le raccomandazioni dell’UBS fossero da considerarsi adeguate; se
la SG fosse stata adeguatamente e sufficientemente informata; se l’UBS avesse dovuto in seguito suggerire un disinvestimento;
se l’UBS abbia violato i suoi doveri nell’amministrazione del fondo.
Il TF ha qualificato il rapporto tra le parti come contratto di consulenza agli investimenti, evidenziando come la decisione di investire era a carico della stessa SG, mentre l’UBS svolgeva un’attività di mera consulenza, senza che le fosse attribuito un campo di
azione proprio per gli investimenti. La principale accusa della SG, secondo la quale avrebbe rinunciato a investire nel fondo qualora
fosse stata messa a conoscenza dei rischi connessi, ovvero se non avesse avuto una consulenza non commisurata alla realtà, è
stata rigettata dal TF. Il TF ha ribadito che l’intermediario finanziario incorre in una responsabilità per una raccomandazione fatta
soltanto in quanto questa, al momento che viene fatta, sia evidentemente irragionevole. Il cliente deve sapere che la raccomandazione, fatta in merito a un evento futuro e incerto, non può dare certezze, per cui deve assumersi il rischio anche laddove segue
la raccomandazione dell’intermediario finanziario. Nella fattispecie il TF fa notare che la raccomandazione dell’UBS di acquistare
quote nel fondo non fosse inadeguata, in virtù dell’obbiettivo stesso della SG e della sua disposizione al rischio. Il TF, inoltre, non ha
accolto l’argomento della SG che l’UBS non l’aveva adeguatamente e sufficientemente informata di tutti i rischi al momento della
raccomandazione all’investimento nel fondo, ricordando che la SG e i suoi rappresentanti sono competenti ed esperti in materia
e che, quindi, le parti avevano un rapporto da pari a pari, per cui l’UBS non aveva l’obbligo di informare la SG dei soliti rischi di
mercato e sistemici, del rischio di una perdita consistente o dei rischi generalmente connessi a fondi d’investimento.
Il TF ha, quindi, confermato la decisione del Tribunale Commerciale del Canton Zurigo del 14 aprile 2014, che aveva scagionato
l’UBS da ogni responsabilità per le perdite subite dalla SG.
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marzo 2015 La Rivista - 29
Convenzioni Internazionali
di Paolo Comuzzi
Italia e Svizzera
Un rapporto che cambia grazie al nuovo accordo
Fatta la debita premessa che in questa sede non ci interessa in alcun modo discutere
degli aspetti “lato senso” politici dell’accordo tra Italia e Svizzera diciamo gli aspetti
tecnici di un simile accordo sono comunque molto interessanti e che appare lecito
affermare che la vita, almeno per gli evasori fiscali, sarà certamente più dura dopo la
firma dell’accordo tra Italia e Svizzera sullo scambio di informazioni1. Per ora è stato
sottoscritto un accordo preliminare e per il varo definitivo e quindi per la firma ufficiale sarà invece necessario attendere fino a febbraio 2015.
Tuttavia, lo scambio di informazioni non sarà automatico e per la partenza dell’automatismo si dovrà attendere il 2017 ovvero circa 2 anni da oggi ma questo non
dovrebbe essere un fatto negativo.
Tale circostanza in alcuni casi si traduce in un vantaggio per il Fisco ed in altre circostanze in uno svantaggio come andiamo a descrivere in breve nel seguito (a noi
interessa che di fatto viene superato il dettato della attuale convenzione contro le
doppie imposizioni che ormai era palesemente anacronistico in ragione della evoluzione della materia).
Qualche commento
Come indicato nella stampa è lecito affermare che l’ accordo raggiunto con Berna modifica il
trattato bilaterale esistente contro la doppia imposizione2 e consente lo scambio di informazioni
finanziarie su richiesta dell’Agenzia delle Entrate, anche per un singolo contribuente.
Un’arma, dicono alcuni, più efficace rispetto allo scambio automatico di informazioni al quale
la Svizzera procederà ad aderire sulla base di un negoziato in corso con la Ue e che richiede
ancora tempo.
Secondo la stampa specializzata si può dire che con la firma dei ministri, entro il termine del
prossimo 2 marzo 2015 previsto dalla voluntary disclosure, la Svizzera sarà considerata come se
fosse in white list, anche se formalmente lo sarà solo dopo la ratifica del nuovo trattato sulla
doppia imposizione da parte dei parlamenti dei due Paesi (in buona sostanza la svizzera esce dal
novero dei paradisi fiscali e quindi basta discussioni in merito alla clausola di non discriminazione3
prevista nella convenzione come ancora di salvezza per dedurre i costi che le società portano al
conto economico).
In sostanza si passa dallo scambio di informazioni limitato a quello ampio con un certo vantaggio
per il realizzo di quello scopo della convenzione che prevede anche la lotta alla frode fiscale4.
Possiamo dire che l’accordo tra l’Italia e la Svizzera prevede (per ora) uno scambio di informazioni
su richiesta anziché automatico (su richiesta significa che l’Amministrazione Fiscale Italiana deve
chiedere in modo esplicito ma significa anche che sussiste un obbligo di fornire una risposta da
parte della Amministrazione Fiscale estera che viene interpellata) ma questo non dovrebbe essere
un elemento penalizzante per l’accordo stesso.
Le richieste di informazioni sui dati potranno essere effettuate non solo dalle procure (e qui siamo
alla materia penale), ma anche dall’Agenzia delle Entrate e non saranno limitate ai soli redditi
aventi natura finanziaria, ma ad ogni tipologia di reddito o ad imposte di qualsiasi natura o denominazione (in sostanza siamo in presenza di uno scambio delle informazioni che ha un carattere
molto ampio ed è proprio l’ampiezza che rende lo scambio efficace5).
30 - La Rivista marzo 2015
Sotto questo profilo lo scambio su richiesta sembra essere più limitato e possiamo dire che la Agenzia delle Entrate non richiederà informazioni su ogni contribuente, ma esclusivamente sui soggetti
che presentano un profilo di rischio.
Tuttavia lo scambio di informazioni automatico6, che sarà messo in campo dal 2017 appare, sotto
un determinato punto di vista, uno strumento più limitato e questo in ragione di un preciso aspetto
di carattere tecnico.
Infatti, l’automatismo, pur non richiedendo un’espressa richiesta da parte dell’Amministrazione fiscale, potrà riguardare esclusivamente i redditi di natura finanziaria7 e non tutti i tipi di reddito.
Un altro punto di debolezza dell’accordo è rappresentato dalla non retroattività (ovvero non si torna
a periodi di imposta “antichi” ma ancora aperti) anche se questa caratteristica in quanto tale non
appare incongrua.
Le informazioni (o meglio lo scambio delle informazioni) saranno possibili su richiesta dell’Amministrazione finanziaria, ma solo a partire dal periodo di imposta 2015 e non per i periodi procedenti e
questo è certamente un limite che potrebbe consentire anche qualche “fuga” a soggetti che hanno
nascosto fondi in periodi di imposta precedenti.
Conseguentemente le autorità svizzere non forniranno alcuna informazione riguardo i patrimoni
esistenti nella Confederazione elvetica quando gli stessi hanno avuto una formazione negli anni
passati (si pensi a fondi che sono stati oggetto di formazione in anni passati mediante l’utilizzo di
società di trading).
Se nel frattempo il contribuente avesse trasferito le disponibilità in un altro Paese, le ricchezze
detenute in Svizzera (negli anni passati) non saranno rivelate ad alcuno e questo di fatto rende un
pochino monco l’accordo e lo scambio delle informazioni che in sostanza dispone esclusivamente
per il futuro [in questo senso la Amministrazione Fiscale Italiana aveva certamente un interesse
diverso in quanto si era certamente alla ricerca delle ricchezze passate e formatesi in precedenti
periodi di imposta].
Siamo in presenza di quella che possiamo certamente definire una rivoluzione in quanto, almeno
fino ad oggi, lo scambio delle informazioni nel rapporto tra Italia e Svizzera era rimasto “indietro”
e non appariva più adeguato ai tempi ed al mutare delle considerazioni in materia fiscale che da
tempo sono state sviluppate nell’ambito dell’OCSE con il rischio di produrre un crescente isolamento (in buona sostanza non era ormai accettabile un fortino della riservatezza nel mezzo della
Unione Europea).
Possiamo affermare che ormai, di fronte al contribuente globalizzato, si pone (o meglio si deve
porre) una Amministrazione Finanziaria che deve anche essa potersi dire globalizzata e questo significa che deve venire meno qualsiasi asimmetria di carattere informativo rispetto al contribuente,
al modo in cui si produce il suo reddito e si svolge la sua attività.
Pensare che in una situazione come quella attuale (con risorse sempre più scarse) vi possa essere
anche un soggetto (persona fisica o società) che riesce a nascondere una parte delle sue ricchezze
facendo accorto uso di “asimmetrie informative” nei rapporti tra le diverse amministrazioni finanziarie appare del tutto fuori dalla storia e certamente non più tollerabile e che questo possa accadere in ragione di trattati anacronistici appare ancora meno accettabile..
Conclusione
L’accordo mette fine ad una lunga diatriba e mette fine ad anni di discussioni; questo mettere fine
avviene con una modernizzazione del rapporto che finalmente coglie quello spunto che abbiamo
sempre dato da queste colonne ovvero che al contribuente globale si risponde con una scambio ampio delle informazioni ed evitando di stringersi nel proprio fortino (sempre più debole considerato il
processo di globalizzazione della economia).
In questo senso l’accordo è moderno, attuale e risponde appieno a quelle che sono le esigenze della
vita economica che oggi si manifestano ed alle quali si deve dare una risposta.
Per quanto ci riguarda noi siamo favorevoli ad uno scambio di informazioni sempre più ampio tra le Amministrazione Finanziarie in
quanto tale scambio di informazioni è l’unico sistema per procedere nella lotta alla frode fiscale internazionale.
2
Oggi lo scambio di informazioni previsto nel trattato è limitato.
3
Una clausola fondamentale nelle convenzioni contro le doppie imposizioni.
4
Lotta a frode fiscale che è menzionato come scopo in modo esplicito nella convenzione stessa.
5
In buona sostanza lo scambio non è solo finalizzato alla convenzione ma diviene molto più ampio.
6
L’Italia crede molto nello scambio delle informazioni con le Amministrazione Finanziarie di altri paesi e vuole sviluppare questo aspetto.
7
Redditi che ovviamente devono essere compiutamente definiti.
1
marzo 2015 La Rivista - 31
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L’elefante Invisibile1
di Vittoria Cesari Lusso
Scontro di civiltà?
Si, nel mio cervello di giovane biculturale!
Una vecchia leggenda indiana narra di un elefante che pur
muovendosi tra la folla con al
sua imponente mole passava
comunque inosservato. Come
se fosse invisibile…
1
Dopo i terribili sanguinosi fatti di Parigi di inizio gennaio i media hanno riportato una gran quantità di esempi di radicalizzazione integralista di giovani immersi in un doppio bagno culturale: la cultura occidentale e quella islamica. Niente
ci autorizza a pensare che le derive radicali sfocino fatalmente in atti terroristici. Tuttavia tali esempi meritano tutta la
nostra attenzione. Essi fanno sorgere una domanda poco visibile nella marea di commenti che ci ha sommersi in queste
settimane: come riescono ragazzi e ragazze di origine musulmana cresciuti alle nostre latitudini a gestire l’influenza di
modelli culturali e costumi tra loro palesemente incompatibili?
L’elefante invisibile su cui vorrei richiamare l’attenzione è sintetizzato dalla domanda: cosa succede nella psiche di
giovani figli di immigrati di seconda o terza generazione che devono quotidianamente confrontarsi con ingiunzioni
culturali tra loro diametralmente divergenti? Queste assumono la forma di veri e propri spartiacque che implicano una
scelta tra versanti ideologici opposti, come ad esempio, in concreto: l’uguaglianza tra uomini e donne in materia di
istruzione, in famiglia, nel mondo professionale e politico ovvero il confinamento della donna in posizioni subalterne;
l’invito a esibire platealmente il corpo femminile ovvero l’obbligo di nasconderlo più o meno integralmente; l’adesione
al principio della libera espressione del pensiero ovvero l’idea dell’inevitabilità di forme anche brutali di censura; la
focalizzazione sui bisogni dell’IO ovvero la centralità del NOI; la visione della religione come pratica privata oggetto di
discussione ovvero come insieme dogmi che regolano rigidamente il funzionamento di istituzioni e persone; l’opportunità di fondare la propria identità personale su appartenenze multiple ovvero la dominanza della sola appartenenza
religiosa. E altri ancora, probabilmente.
In Svizzera, in Italia e in altri paesi del mondo occidentale, le questioni educative relative a contesti familiari e sociali
multiculturali sono state molto studiate e dibattute in questi ultimi venti-trent’anni. Non sempre con la dovuta distanza
scientifica rispetto a posizioni ideologiche precostituite e non sempre con il necessario rigore. Una ventata di ottimistico
interculturalismo ha indotto spesso a pensare che le seconde-terze generazioni si sarebbero naturalmente integrate,
diventando capaci di articolare in modo armonico e spontaneo la cultura d’origine (qualsiasi essa fosse!) con quella
locale, così come si dimostravano capaci di padroneggiare due o più lingue.
Ebbene no! Articolare appartenenze culturali è un processo molto complesso sul piano mentale e affettivo. Soprattutto
quando sono in gioco visioni diverse dell’uomo, della donna, della famiglia, del rapporto al lavoro, dei valori, dei dogmi
religiosi, ecc. Richiede una notevole maturità di ragionamento, un’ampia cultura umanistica, una capacità di gestire
contraddizioni e dilemmi, un grande equilibrio emotivo, una forte resilienza di fronte alle difficoltà. Tutte doti non
sempre presenti non solo nei giovani, ma anche in buona parte della popolazione adulta. A qualsiasi cultura appartenga.
Ricerche e analisi più accurate nel campo della psicologia sociale mostrano che sono proprio le seconde e le terze
generazioni a essere non di rado disorientate ed emotivamente perturbate, in particolare quando le culture di appartenenza sono in palese conflitto tra di loro. Diversi studi su giovani francesi di origine magrebina hanno mostrato come
una parte di questi di fronte a evidenti incompatibilità tra culture di riferimento si rifugino nell’abbandono di una di
queste, influenzati anche da una pletora di cattivi maestri. Si sviluppano così fenomeni di assimilazione acritica e totale
alla cultura di accoglimento con parallelo rigetto delle radici culturali familiari. O all’opposto, prende corpo un rifiuto
viscerale della cultura occidentale e l’adesione fanatica alle derive del radicalismo islamico. Un’articolazione costruttiva
e creativa tra i due mondi non è dunque alla portata di tutti i giovani. C’è un gran lavoro da fare per colmare carenze
culturali, vuoti educativi e cecità politiche.
In una ricerca da me condotta una decina di anni fa avevo sondato le reazioni emotive di 300 giovani secundos di origine italiana di fronte a una situazione di conflitto sportivo tra Svizzera e Italia. Si trattava di un incontro di calcio tra le
due nazionali, vinto dall’Italia per due a zero. Con mia sorpresa i risultati hanno mostrato che l’avvenimento era vissuto
da buona parte di tali adolescenti con una grande carica emotiva che sfociava in forte sentimento di rivalsa, nonostante
fossero nati e scolarizzati in terra elvetica, avessero spesso il passaporto rossocrociato e si dichiarassero soddisfatti delle
prospettive d’avvenire. “Gliela abbiamo fatta vedere agli svizzeri”, era uno dei commenti ricorrenti. Un bisogno ereditato
dai genitori di trovare forme di risarcimento a sentimenti di sofferta inferiorità patiti nei confronti dei padroni di casa?
Chi ha a cuore l’educazione delle giovani generazioni che vivono conflitti tra appartenenze multiple sulla propria
pelle dovrebbe più che mai dar loro una mano per conciliare l’inconciliabile. Hanno un gran bisogno di buoni maestri.
[email protected]
marzo 2015 La Rivista - 33
Intervista con Vittoria Cesari
«I problemi relazionali irrisolti
sono distruttivi.
Sono più nocivi del fumo»
di Giangi Cretti
Il suo ultimo libro s’intitola Genitori
e nonni: alleati o rivali? Lo abbiamo
segnalato sulla Rivista di gennaio. Nel
caso specifico costituisce il pretesto
per una lunga chiacchierata con l’autrice su un tema, le relazioni interpersonali, che sottende agli studi, alle
esperienze professionali e alla sua produzione letteraria più recenti.
Incominciamo con quella che può
sembrare una curiosità. Lo stimoli
tu stessa nell’introduzione al tuo
ultimo lavoro, quando segnali al
lettore, con il quale ti metti in dialogo, che “nel mezzo del cammin
della tua vita”, decidi di iniziare
un nuovo percorso intellettuale:
archivi la formazione economico-commerciale per intraprenderne una nuova. Perché?
A un certo punto del mio percorso professionale mi sono accorta che gli studi economici
e il semplice accumularsi automatico, e magari ripetitivo, delle esperienze di vita non mi
bastavano per comprendere le dinamiche dei
problemi, gestire con maggiore efficacia le
responsabilità e “imparare a imparare” dagli
insuccessi. Avevo la sensazione di aver bisogno di altri strumenti. In particolare di conoscenze che mi permettessero di capire meglio
la complessità delle relazioni interpersonali,
di scoprire nuove piste di azione per intervenire in modo valido in tale campo e non da
ultimo di diventare più consapevole dei miei
limiti e delle mie risorse.
Imparare dagli insuccessi. Intendi dire…
È un insuccesso quando ti accorgi di non
realizzare gli obiettivi che ti eri preposta. Di non saper affrontare gli ostacoli
in modo sufficientemente costruttivo. In
fondo, l’umanità da sempre impara confrontandosi con le difficoltà. Se tutto fosse facile, non avremmo inventato il fuoco,
neanche la ruota, niente. Si impara perché
34 - La Rivista marzo 2015
abbiamo fame, abbiamo freddo o litighiamo con gli altri o perché qualcosa non
funziona secondo le nostre aspettative.
L’ostacolo, insomma, se non ci ammazza,
ci aiuta a crescere. A condizione però che
rinforziamo adeguatamente i nostri muscoli celebrali.
Questo tuo nuovo percorso intellettuale si concentra in modo particolare sulle dinamiche relazionali,
sulla psicologia. Un modo per acquisire strumenti che, migliorando
le relazioni interpersonali o relazionali, aiutino a evitare o limitare
gli insuccessi?
Nella mia vita credo di avere sempre avuto un po’ di propensione alla militanza per
le cause che man mano mi sembravano
utili. Oggigiorno sento la responsabilità di
contribuire in qualche modo a diminuire
la “miseria comunicativa interpersonale e
l’esteso analfabetismo relazionale”. Vivere
in una società democratica presuppone la
capacità di discutere costruttivamente,
di ascoltare, di argomentare, di mettersi
d’accordo. Quando guardo cosa succede in
famiglia, sul lavoro e nella società, questa
capacità di discutere in modo dialettico, di
confrontarsi civilmente con chi ha idee diverse e di trovare soluzioni costruttive, la
vedo troppo poco sviluppata. Vedo spesso
individui capaci magari di fare bei discorsi in pubblico, ma totalmente inabili nel
gestire le relazioni con colleghi e familiari. Peccato! I problemi relazionali irrisolti
sono distruttivi, fanno male alla salute.
Sono più nocivi del fumo. È certamente
lodevole che la società investa molti mezzi
nelle campagne contro la sigaretta, ma altrettanto bisognerebbe fare contro la piaga delle incompetenze relazionali. Queste
danneggiano la salute mentale e fisica più
del fumo. In sostanza, i rapporti umani di
stile democratico per funzionare hanno un
gran bisogno di cultura comunicativa.
Sul discorso della comunicazione
ci torniamo. Prima vorrei che mi
chiarissi un’altra affermazione che
trovo nel libro, dove tu dici di essere riluttante agli sprechi relazionali. Cosa intendi?
Forse ha a che fare con quello che dicevo
prima. Tutte le relazioni si confrontano a
degli ostacoli. Proprio tutte: all’interno della
famiglia, fra le generazioni, nel mondo del
lavoro, nella società.
L’ostacolo può essere utilizzato, con più o
meno fatica, come stimolo per iniziare un
percorso di comune chiarimento e crescita
oppure come arma di rottura. Faccio un breve esempio. Una giovane donna mi ha raccontato poche settimane fa di aver interrotto
i rapporti con il proprio padre da quasi un
Vittori Cesari nel suo studio durante la nostra intrevista.
anno. Cosa è successo? Mentre il padre era
in visita a casa sua, lei ha dato uno scappellotto al proprio bambino. Il nonno ha rabbiosamente rimproverato la figlia per tale gesto
(malgrado lui abbia in passato avuto le stesse manesche reazioni come padre) e se n’è
andato sbattendo la porta. Ebbene lo spreco
relazionale consiste, in questo caso, nel dare
ascolto alla propria stizza e buttare nei rifiuti
tale tipo di relazione, giustificando ai propri
occhi e a quelli altrui tale operato con l’affermazione semplicistica di avere a che fare
con un interlocutore indegno. Tutto ciò è
un grande sperpero poiché tale “incidente”
potrebbe invece offrire l’opportunità a padre e figlia di consentire alla loro relazione
di evolvere. Come? Parlandosi, condividendo
stati d’animo e pensieri, mostrando interesse
per il punto di vista dell’altro, approfondendo
insomma la conoscenza reciproca.
La “dittatura” della rabbia, l’egocentrismo
e i nuovi modelli sociali spingono spesso le
persone a disfarsi di relazioni che potrebbero avere una nuova vita.
All’interno di una relazione famigliare o comunque affettiva molto forte, questo spreco relazionale non tende ad aumentare anche
perché, con i nuovi modelli sociali
a cui accennavi prima, le gerarchie
non sono più cosi chiare: uomo/
donna, padre/madre…?
Questo fa parte del modello democratico che ha certamente tanti vantaggi. Non
si tratta di tornare indietro. Però, c’è una
verità elementare che è quotidianamente
davanti ai nostri occhi: mentre una volta
ti alzavi al mattino e sapevi chi faceva che
cosa, oggi ti trovi continuamente confrontato con le domande: cosa fai tu? cosa faccio io? come ci dividiamo i compiti? Questo
vale specialmente in famiglia e nel rapporto
tra generazioni. Tutto insomma è molto più
complicato. C’è bisogno quindi di più capacità comunicative. Non basta sperare che
gli altri abbiano doti indovine.
Tale speranza ci viene da lontano. Quando
eravamo piccoli c’era chi indovinava per noi:
se avevamo fame c’era qualcuno che ci nutriva, se avevamo freddo qualcuno che ci copriva, ecc. Tutta la vita continuiamo a illuderci
che chi ci è vicino indovini e soddisfi i nostri
bisogni, senza fare la fatica di esplicitarli.
Se ciò non avviene, eccoci pronti a buttare
nei rifiuti una relazione affettiva dopo l’altra. È vero che alcune sono troppo disastrate e perverse per essere recuperate. Meglio
quindi separarsi. Ma altre, racchiudono
grandi potenzialità evolutive. I protagonisti
devono però essere motivati a investire non
solo sulla relazione, ma anche (soprattutto)
su se stessi. L’attuale destrutturazione dei
modelli familiari di riferimento crea molta
confusione e richiede grandi dosi di maturi-
In occasione di una mostra del libro mentre firma le dediche su un dei suoi libri
tà emotiva per non perdersi.
Un modo per eventualmente superare, in parte almeno, questa destrutturazione, tu lo ripeti spesso, è
comunicare. Però, dire le cose giuste al momento giusto non è facile.
È un’arte, nella quale vale la pena di perfezionarsi lungo tutto il corso della vita. Cosa
impedisce di dire le cose giuste al momento
giusto? Mi vengono in mente quattro ragioni. Prima di tutto la dittatura delle emozioni.
Se sono arrabbiato, e non riesco dirmi “dai
calmati un momento” prima di rispondere
aggressivamente ad esempio a una mail che
mi ha irritato, contribuisco a innescare un
incendio relazionale che diventa sempre più
difficile da circoscrivere.
Oppure, non mi rendo conto che le mie parole feriscono l’identità altrui. Per esempio,
chiedere al partner “ti sei ricordato di…”
sembra una cosa del tutto neutra, ma l’effetto su di lui può essere “mi consideri inaffidabile. Mi tratti come un bambino”.
Poi ci sono i malintesi. Bisogna rendersi
conto che il malinteso è la situazione comunicativa normale. È il beninteso a essere
l’eccezione. Ognuno di noi fa appello a una
miriade di schemi interpretativi specifici, e
ognuno di noi è portatore di sensibilità e
valori diversi. Ciò rende il malinteso un prodotto molto comune. Prima di arrabbiarsi
vale sempre la pena di verificare che non
ci sia stato, appunto, un malinteso. Infine
non si dice la cosa giusta poiché si ricorre
troppo spesso, anche quando si è avanti con
gli anni, a spiegazioni infantili del tipo: se la
comunicazione non funziona è tutta colpa
dell’altro, ignorando le proprie provocazioni.
Nella comunicazione per definizione ci
sono sempre due o più attori in scena, e il
comportamento dell’uno influisce su quello
dell’altro. L’influenza può essere esercitata
per migliorare o per peggiorare la situazione.
Quindi a buone intenzioni corrispondono sempre più spesso cattive interpretazioni?
Effettivamente metti l’accento su un fenomeno di enorme portata: il divario che può
esistere tra l’intenzione di una parte e l’effetto provocato sull’altra. Ad esempio nelle
relazioni tra generazioni è un fenomeno molto comune: una parte offre aiuto e l’altra interpreta tale offerta come una velata critica
di non sapersela cavare; oppure al contrario
i senior non intervengono per non invadere
i territori altrui, e i junior percepiscono tale
atteggiamento come indifferenza. Ergo, vale
sempre la pena di esplicitare con quali intenzioni si dice/fa questo o quello.
Le nuove tecnologie, proprio perché velocizzano la comunicazione
favoriscono le incomprensioni?
Le nuove tecnologie sono una cosa formidabile. Da un punto di vista quantitativo,
facilitano le relazioni: tra familiari stretti,
tra generazioni, tra amici.
Già il telefono è stato un’invenzione rivoluzionaria. Però, ha il difetto di squillare
a volte in momenti non opportuni. Invece
con le mail e gli SMS c’è il vantaggio del
marzo 2015 La Rivista - 35
contatto in tempo reale senza l’obbligo per
il destinatario di alzare la cornetta. Tutto
ciò facilita i contatti, il coordinamento, la
circolazione delle informazioni. Bene! Però,
occorre stare attenti poiché c’è di mezzo
lo scritto. E usare lo scritto velocemente in
caso di tensioni e conflitti rende gli incendi ancora più difficili da domare. Le nuove
tecnologie sono soltanto un mezzo di cui si
può fare buono o cattivo uso. Il buon uso dipende dalla maturità del singolo e non dallo
strumento. La tecnologia utilizzata senza
un minimo di riflessione prima di fare clic
complica ancora di più la vita relazionale.
Questo è un po’ il quadro generale
che fa da sfondo alle tue riflessioni; anche a quelle contenute nel
tuo ultimo libro.
Tutti i miei libri, e sono ormai una decina,
in un qualche modo hanno come sfondo
le tematiche relazionali. Ce ne sono alcuni
dal taglio più accademico, altri destinati a
un pubblico più vasto. Questi adottano un
linguaggio che mescola narrativa, testimonianze e riflessioni. È lo stile nel quale
preferisco cimentarmi. Tra le varie mail che
mi è capitato di ricevere da lettori ce n’è
una che mi ha fatto particolarmente piacere. Essa dice “Sono sempre stato un po’
diffidente nei confronti della psicologia, ma
Fra le sue passioni: la montagna. Come per le
sfide Vittoria le affronta prfettamente attrezzata.
dopo aver letto il suo ultimo libro mi sono un
po’ riconciliato con tale disciplina”.
In effetti la tua scelta narrativa è
accattivante, perché dialogante.
Avvicina sia gli scettici, sia coloro
che non hanno voglia di chinarsi su
un saggio di psicologia, ponderoso
che ti fa pure ponderare, ma che è
noioso.
Per accennare rapidamente ad alcuni concetti che emergono nel tuo
ultimo libro: tu riferisci dell’incontro/scontro generazionale tra genitori Junior e senior, come li chiami
tu, fra genitori e nonni sostanzialmente. È abbastanza diffusa la
convinzione che il genitore educhi
e il nonno vizi. Sei d’accordo?
A me piace il detto africano (o cinese?) che
per crescere un figlio ci vuole un villaggio.
Voglio dire, sappiamo tutti quanto è complicato crescere un figlio oggigiorno, quindi
è importante che non ci sia questo confine
rigido fra genitori che educano soltanto e i
nonni che viziano unicamente.
C’è lavoro per tutti nell’offrire amore, educazione e regole.
Certo in genere i nonni non sono educatori a tempo pieno come i genitori e possono
godersi i nipotini in modo più rilassato, anche perché non sono più presi da mille impegni come quando erano più giovani. Ciò
li porta a essere tendenzialmente più tolleranti. Molti nonni poi hanno la possibilità
di dedicare ai figli dei propri figli molto più
tempo ed energie rispetto alla precedente
stagione della vita. Comunque rimane importante che ci sia una vera solidarietà tra
generazioni rispetto ad alcune regole educative fondamentali. Tra l’altro ho osservato
che anche i nonni che rivendicano il diritto
di viziare i nipoti, in concreto quando hanno
i rampolli per tutta una giornata sono ben
lungi dall’accettare l’idea di essere considerati schiavi a tempo pieno.
In pratica tu sei fautrice di un modello di famiglia, dove vige il mutuo soccorso intergenerazionale.
Più che sentirmi nella posizione di fautrice del mutuo soccorso, mi sento in quella
di chi constata un dato di fatto: la grande
maggioranza delle famiglie costituisce un
bell’esempio di solidarietà tra generazioni.
Noi spesso sentiamo affermazioni che incitano alla rottamazione dei più anziani, del
tipo “basta con la gerontocrazia”; “largo ai
giovani”. Ma, nella vita di tutti i giorni non è
così. Nelle famiglie, in particolare, vedo innumerevoli esempi di solidarietà tra generazioni. Gli uni hanno bisogno degli altri, sul
piano del sostegno affettivo e pratico. È una
sciocchezza socialmente insidiosa quella di
seminare zizzania tra giovani e anziani.
36 - La Rivista marzo 2015
Nel tuo libro, tu sostieni a un certo punto che i genitori educando i
figli a essere autonomi in qualche
modo imparano a diventare inutili.
I nonni che rientrano il gioco, cosa
fanno? Imparano a tornare utili?
Diciamo che bisogna capire di che utilità parliamo. C’è l’utilità funzionale al gruppo familiare e quella deleteria che crea dipendenze
patologiche. La missione educativa dei genitori (ma anche dei nonni, degli insegnanti, dei
leader) è quella di operare per diventare inutili,
rendendo i figli capaci di volare con le proprie
ali. Ciò non significa cancellare le interdipendenze. Nessun essere umano è autosufficiente
sul piano relazionale. Senza relazioni si muore.
Nei rapporti tra generazioni si alternano lungo
tutta la vita fasi di maggiore e minore interdipendenza. Quando i figli lasciano il nido genitoriale di solito i contatti si attenuano. Questi
si intensificano nuovamente in altre fasi del
ciclo di vita del clan familiare, quali: l’arrivo
delle nuove nidiate; le separazioni e i divorzi
dei giovani genitori che comportano non di
rado il “rimpatrio più o meno provvisorio” dei
figli adulti con relativa prole sotto il tetto dei
senior; il sopravvenire di problemi di salute dei
più anziani; ecc.
Nei vari episodi in cui hai strutturato il tuo libro, e ogni episodio
termina proponendo sette idee di
come reagire a determinate situazioni, tu parli anche delle situazioni
di tensioni e rivalità, diciamo verticali, che a volte si creano fra generazioni diverse (tra la nuora e la
suocera/ tra padre e figlio). Ci sono
però anche quelle orizzontali: tra la
nonna materna e paterna…
…fra nonni biologici e nonni adottivi. Esistono feroci rivalità anche in questo caso. Per
esempio nel libro cito un caso di un nonno
che si è risposato tre volte. L’ultima moglie è
piuttosto giovane non ha figli e non ne avrà
mai. Quest’ultima nonna di adozione ha un
evidente bisogno: vivere “l’esperienza genitoriale” per procura reclamando continuamente la presenza dei due nipotini del marito-nonno. Ciò suscita un grande disappunto
da parte delle nonne biologiche. Sono i giovani genitori a dover arbitrare continuamente la situazione, cercando di applicare una
sorta di par condicio nell’affidare i nipotini
alle diverse nonne e nel tenere sotto controllo la conflittualità sempre latente.
Con l’età non si diventa più saggi?
L’invecchiamento non è purtroppo la strada sicura che conduce alla saggezza. Non
necessariamente, età e saggezza crescono
in un rapporto direttamente proporzionale.
La saggezza va coltivata. La vecchiaia è il
momento ideale per ricordarsene se si vuole
dare un senso allo scorrere del tempo.
Per chi suona
il campanello
di Mirko Formenti
Il cuore è un cacciatore
solitario
Ma è così brutto, come titolo? E allora perché The Heart is a Lonely Hunter è stato tradotto
con un usuratissimo L’urlo del silenzio? Santo cielo, non è mica un Harmony!
Andiamo, a chi non è mai capitato di scoprire, magari del tutto casualmente, che uno dei propri film o libri preferiti ha
un titolo completamente diverso nella loro lingua originale? Il che, di per sé, può essere un malinteso del tutto innocuo,
anche divertente, come quando, incappando in The Catcher in the Rye di Salinger, ci si ritrova a pensare cose tipo: «bello!
Accidenti, mi dev’essere sfuggito: e dire che Il giovane Holden mi è piaciuto un sacco!» – già, perché, come avrete capito,
si tratta in realtà dello stesso libro (L’acchiappatore nella segale non avrebbe forse avuto un grande appeal).
Certo, la cosa può essere del tutto innocente, ma, chiariamoci, può anche assumere tratti che voglio continuare a considerare grotteschi, piuttosto che drammatici, in particolare quando il titolo va a travisare del tutto il senso o l’atmosfera
del film o del libro: è ancora un mistero, in effetti, come sia stato possibile rendere la drammatica avventura formativa di
My Own Private Idaho di Gus Van Sant con il banalissimo Belli e Dannati, manco fosse la biografia di un ex-concorrente
di Uomini e donne – il che, si capisce, ha probabilmente favorito gli incassi in Italia.
Allo stesso modo, non è difficile intuire la logica di mercato che spinge gli editori di romanzi rosa a puntare sempre ed
unicamente su certe parole chiave (al momento vanno in voga i segreti, i profumi e i sapori, combinati in varie salse:
Il profumo delle foglie di limone, Il profumo del tè e dell’amore, Il linguaggio segreto dei fiori, Il segreto della collana di
perle, Gli ingredienti segreti dell’amore, La casa dei racconti segreti, …) o su costruzioni standard, tipo « l’X dell’Y» (vedi
sopra), oppure «l’X che faceva Y» (La ragazza che rubava le stelle, Il bambino che imparò a colorare il buio, la bambina
che scriveva sulla sabbia, …), oppure, specialmente nei gialli o nei thriller, si punta sulla brevitas, con forme tipo «l’X» (Il
negoziatore, L’esecutore, L’osservatore, Il Confessore…). E si noti che i titoli originali sono completamente diversi – per
citarne un paio di quelli sopra: Lo que esconde tu nombre (Il profumo delle foglie di limone), Friends, Lovers and Other
Indiscretions (Il profumo del tè e dell’amore), Paganinikontraktet (L’esecutore); questo genera anche la simpaticissima
possibilità di poter trovare più libri con lo stesso titolo, come Il persecutore, di Rory Clements o di Ian Rankin.
In campo cinematografico, si è sviluppato invece negli anni un sincero cattivo gusto del quale il campione resta sempre
lui, quello che è universalmente riconosciuto come il più grave abuso titolatorio di sempre, ovvero Se mi lasci ti cancello,
che, no, lo giuro, non è una commedia idiot-romantica, anche se evidentemente vogliono fare di tutto per farcelo credere: si tratta di una delicatissima e visionaria pellicola di Michel Gondry, che per la versione originale ha scelto niente
meno che un verso di Alexander Pope: Eternal Sunshine of the Spotless Mind (e fino a Se mi lasci ti cancello la strada
è molto lunga). Si potrebbe poi passare a quelle situazioni spassose come 007: licenza di uccidere (Dr. No), che sarebbe
stato un titolo azzeccato, se solo poi non fosse uscito un ulteriore capitolo della saga intitolato Licence to Kill, che ha
costretto i traduttori a scapolarla con un 007: Vendetta privata.
Bisogna poi ricordare quella noiosissima prolissità anticipatoria che troviamo, per esempio, in È ricca, la sposo e l’ammazzo (A New Leaf), o nel classico romanticozzo Say Anything…, che è stato esegeticamente trasformato in Non per
soldi…ma per amore, per non parlare dell’iconico Dirty Harry che in italiano è stato delicatamente parafrasato in Ispettore Callaghan: il caso «Scorpio» è tuo! (ma questo diciamo che si salva perché oramai è di culto, cosa ci vuoi fare); poi
ci sono i titoli insensati e agghiaccianti, tipo da evitare il contatto visivo con il cartellone, come Lo spaventapassere
(The Sitter) o Se ti investo mi sposi? (Elvis Has Left the Building) o alcune trovate che forse negli anni Ottanta sarebbero
state considerate «ganze» ma oggi come oggi denotano una certa inattualità, tipo Un weekend da bamboccioni (Grown
Ups), Svalvolati on the road (Wild hogs), Notte brava a Las Vegas (What Happens in Vegas – notte brava? Sul serio?), o
Una notte da leoni (The Hangover). Quando invece è il titolo originale ad essere infelice, allora, per carità, va tenuto,
come Pirati dei caraibi (Pirates of the Carribean), un titolo di quelli che fa venire l’appendicite ai romanzi, dove però ci
si è riservati di modificare il sottotitolo The Curse of The Black Pearl nell’inspiegabile La maledizione della prima luna.
Ma che criticoni: suvvia, chiudiamo con qualche elogio! Come dimenticare Corvo Rosso non avrai il mio scalpo, molto
più suggestivo del laconico Jeremiah Johnson, oppure Il buio oltre la siepe (To Kill a Mockingbird), o Nostra sorella Carrie
(Sister Carrie), altri esempi di riuscitissima libertà di traduzione, per non parlare del colpo di genio che ha trasformato
Grapes of Wrath (“grappoli d’odio”) nel monolitico Furore. Ah, eterno splendore dei titoli inviol(ent)ati!
marzo 2015 La Rivista - 37
Dalla Svizzera degli Stati a quella federale
La Convenzione di Stans (1481)
e la rinascita della vecchia Confederazione
di Tindaro Gatani
Zurigo: il monumento equestre ad Hans Waldmann, condottiero e borgomastro.
L’eroe svizzero delle guerre borgognone
contro Carlo il Temerario fu Hans Waldmann (1435-1489), un personaggio che
rappresentava, nel bene e nel male, la
Svizzera del suo tempo. Nativo di Blickensdorf (Zugo), dopo aver seguito un
apprendistato come sarto e conciatore di
pelli, si trasferì a Zurigo, dove, nel 1452,
ottenne la cittadinanza. La sua carriera
militare iniziò quando, insieme al fratello Heini, prese parte alla Guerra dei
Plappart contro la città di Costanza.
38 - La Rivista marzo 2015
L’Affare Waldmann
Nel 1460, i due fratelli si arruolarono
come mercenari in una spedizione contro
l’abate di Kempten nell’Algovia e quindi
parteciparono all’occupazione della Turgovia. Oltre che per le loro capacità militari, i due Waldmann facevano spesso
parlare di sé per il loro carattere irascibile
e violento, tanto che il loro nome è riportato più volte nei registri delle multe che
la Città della Limmat faceva pagare agli
attaccabrighe. Divenuto benestante gra-
zie al commercio e a un buon matrimonio, Hans Waldmann fu uno degli uomini
più in vista di tutta la Confederazione.
Dopo che, come comandante delle truppe
zurighesi, si era distinto nella battaglia
di Grandson, i Confederati gli affidarono il comando supremo nello scontro di
Murten. La strabiliante vittoria lo consacrò a eroe di tutta la Nazione svizzera.
Le cronache narrano che la mattina del
22 giugno 1476, sotto un cielo grigio, i
due schieramenti stavano l’uno di fronte
all’altro: quello borgognone sulle alture
dell’odierno Courlevon e quello svizzero a
Corgevaux. Fu Hans Waldmann che, con
fierezza, si mosse a cavallo verso il campo avversario con gli stendardi cantonali,
mentre l’argoviese Hans von Hallwyl e
il lucernese Gaspard von Hertenstein si
preparavano a dare battaglia. Per ironia
della sorte, Zurighesi e Lucernesi, che, in
un primo momento, non erano stati tra i
più convinti interventisti in quella guerra, furono decisivi nello scontro. Zurigo,
grazie all’autorevolezza di Waldmann,
assunse da allora in poi un ruolo direttivo
tra i Cantoni. L’anno dopo, fu sempre lui
a comandare le truppe confederate nella
battaglia di Nancy, nella quale fu ucciso
lo stesso duca di Borgogna. Dopo essere ritornato a Zurigo, ricco di gloria e di
bottino, nel 1483, fu eletto borgomastro.
La volontà di imporre la sua signoria sulla
città e di estendere il suo potere su tutta
la Confederazione, sollevò, però, un coro
di proteste. A provocare quello che la storiografia ricorda come Affare Waldmann
fu la rivolta dei contadini contro l’abbattimento dei loro cani ordinato dal Consiglio della città presieduto dallo stesso
borgomastro. Gli storici non sono riusciti
ad appurare se l’ordine di uccidere i cani
sia stato dato per impedire ai contadini di
usarli per andare a caccia, che era appannaggio dei soli cittadini, oppure, come
sostengono i difensori di Waldmann,
per prevenire la diffusione della rabbia.
Quando, nella primavera del 1489, circa
2000 rivoltosi provenienti dalle campagne posero l’assedio davanti alle porte di Zurigo, rivendicando i loro diritti,
Waldmann, per calmare gli animi, finse
di accettare le loro richieste, ma poi cercò, però, di modificare l’intesa raggiunta
a tutto suo vantaggio contro l’opposizione. La situazione precipitò al termine
della riunione dei delegati cantonali che
si tenne, il 31 marzo 1489, al ristorante
zum Schwert della stessa Zurigo, quando
il capitano della città, Hans Schneevogel,
intimo amico e protetto di Waldmann, fu
ucciso sul Rathausbrücke da alcuni avversari, scatenando una violenta protesta. Il giorno dopo, 1° aprile, il borgomastro, in una concitata riunione del Consiglio di città, cercò di calmare gli animi e
di riprendere il controllo della situazione,
ma i rivoltosi, forti anche dell’intervento
dei contadini, irruppero nella sala della
riunione e arrestarono quello che ormai
consideravano un tiranno e il successivo
6 aprile lo giustiziarono. Un nuovo Consiglio, con a capo Heinrich Göldli, che
Waldmann aveva estromesso dal potere,
trattò allora un accordo con i contadini
sotto l’arbitrato della Confederazione. Le
Sprüchbriefe (lettere d’intento) firmate,
La Spedizione della scrofa, in un’illustrazione del 1483. Dalla Amtliche Bernerchronik di Diebold Schlling
il Vecchio (1445-1486).
sulle rive della Limmat, il 9 maggio di
quello stesso anno, imposero, da allora in
poi, di tener sempre conto anche degli interessi e delle richieste delle classi rurali
nel varo delle leggi e dei provvedimenti. Zurigo, con il passare del tempo, ha
voluto onorare questo suo discusso ma
nello stesso tempo illustre cittadino con
un monumento equestre eretto sulla riva
sinistra della Limmat, tra il Fraumünster
e il Grossmünster, all’inizio della Münsterbrücke, il ponte progettato e costruito,
nel 1836, sotto la direzione del trentino
Luigi Negrelli.
La Spedizione della Scrofa
Dopo le Guerre di Borgogna, gli Svizzeri
preferirono monetizzare subito il risultato
ottenuto piuttosto che tenere per sempre
i territori occupati. Essi, infatti, «dominati
dalla cupidigia e ciechi di fronte agli interessi politici… si contentarono del denaro». La Franca Contea, ricca regione della
Francia orientale con capoluogo Besançon,
«che avrebbe potuto costituire un’immensa riserva di grano e di vino per la Con-
federazione, fu ceduta al duca d’Austria
[Federico V d’Asburgo, IV di Germania, III
da Imperatore (1415-1493)], in séguito al
Re di Francia per 150 mila fiorini… Luigi XI
si prese la Borgogna e poté così avviare a
compimento l’unità della Nazione, l’Austria occupò i Paesi Bassi e le altre terre
sul Reno», già possedimenti dello sconfitto
Carlo il Temerario (CALGARI Guido, op. cit.,
p. 174). Riguardo alla Franca Contea, che
gli Svizzeri «non esitarono» a cedere «alla
loro naturale nemica, l’Austria», alcuni
storici parlano di «abbandono, quasi criminoso, in cambio di una somma irrisoria»
(MARTIN William, op. cit., p. 71). Luigi XI
aveva raggiunto il doppio obiettivo che «gli
Svizzeri non sostituissero Carlo il Temerario
a occidente delle sue frontiere» e che non
«estendessero la loro influenza nella valle
del Rodano o sui versanti del Giura». Per
giunta, il re francese richiese anche «che
essi restituissero (contro riscatto) il paese
del Vaud alla Savoia» (Trattato di Friburgo
del 1476). Poiché i Savoia non pagarono
la somma pattuita, si venne a creare l’anomalia di un territorio rimasto ancora
marzo 2015 La Rivista - 39
saccheggi e porre taglie sulle persone e le
cose. La più «grottesca e brutta» di queste
compagnie fu quella che si formò «durante
il carnevale del 1477, ad Arth e a Weggis»,
che i Waldstätten «non erano stati in grado
di soffocare». Alcune centinaia di soldati,
reduci dalla battaglia di Nancy, scontenti
per la scarsa mercede ricevuta, si rifiutarono di riprendere il loro vecchio lavoro e decisero, quindi, di marciare contro le ricche
città della Confederazione fino a Ginevra,
già appartenuta alla Borgogna, per estorcere una certa somma che essa doveva
ancora ai Cantoni. A loro insegna issarono una bandiera blu con sopra una scrofa,
donde il nome di Saubannerzug (letteralmente «Spedizione della scrofa») dato alla
loro guerra personale. Quella spedizione,
che fu detta anche della Folle vita o «della
baldoria», perché su alcuni vessilli, accanto alla scrofa c’era anche raffigurato «un
buffone», strada facendo arruolò altri fannulloni e scontenti che, «dappertutto, accorrevano nella speranza di risolvere i loro
casi mediante la brutalità e il saccheggio».
Al suo arrivo a Friburgo, la banda contava
già oltre duemila forsennati. Berna, Lucerna e Zurigo, colte alla sprovvista di fronte
a tanta brutalità, convinsero quei balordi
a tornarsene a casa con regali in denaro,
rifacendosi su Ginevra, costretta a pagare
subito un terzo dei 24.000 fiorini che doveva dare ai Cantoni (CALGARI Guido, op.
cit., pp. 175-176).
La mediazione di Bruder Klaus
In alto Heini Amgrud parla con Nicolao de la Flühe e, in basso, il messaggio del santo eremita viene letto
alla Dieta di Stans. Dalla Amtliche Bernerchronik (1513) di Diebold Schlling il Giovane (1460 circa-1515).
sotto il regno sabaudo, ma occupato dai
Confederati, in questo caso dai Bernesi.
Dopo le Guerre di Borgogna «restavano agli
Svizzeri la gloria e il bottino… La divisione
del bottino li portò sull’orlo della guerra
civile e i loro successi li trascinarono nella
grande politica, per la quale non erano fatti» (GILLIARD Charles, op. cit., pp. 32-33).
I più potenti regnanti europei, sempre in
guerra tra di loro, mandavano, intanto, loro
reclutatori nei vari Cantoni per ingaggiare
40 - La Rivista marzo 2015
nuovi e più numerosi mercenari, offrendo
stipendi, regali e pensioni. Sui vari fronti
di guerra, si scontravano così, sempre più
spesso, Svizzeri contro Svizzeri. La Confederazione era continuamente attraversata
da compagnie di mercenari in partenza o
di ritorno. Accanto a questi arruolati sotto le bandiere dei vari Cantoni e quindi
sottoposti alla loro ferrea disciplina militare, si formarono compagnie di sbandati
e di balordi con il solo scopo di compiere
Alle discordie per la spartizione del bottino delle Guerre di Borgogna, si aggiunse il
dissidio tra Città e Campagne, che scoppiò
in tutta la sua virulenza dopo che, Berna, Zurigo e Lucerna, nel maggio 1477,
avevano concluso un accordo di comborghesia con Friburgo e Soletta. Quel Patto,
che avrebbe rotto l’equilibrio in seno alla
Dieta federale, sembrò «però un’ingiuria
bell’e buona ai Cantoni di campagna», che
si aggiungeva «alle altre discordie» interne (Ibidem). I Cantoni rurali non volevano
poi che «la Confederazione si sbilanciasse
verso l’ovest, dove essi non avevano alcun
interesse» (GILLIARD Charles, op. cit., p.
33). Per ricomporre le varie controversie,
che avevano già assunto dimensioni drammatiche, i Confederati «fratelli-nemici», il
30 novembre 1481, si riunirono nella Dieta
di Stans, città capoluogo del Nidwalden.
L’incontro, invece di riportare la concordia,
causò nuovi e più pesanti contrasti, portando la Confederazione sull’orlo di una grave
spaccatura. Solo l’appello di Bruder Klaus
o meglio Nicolao della Flüe (1417-1487),
un eremita che viveva nel villaggio di Flüeli
am Ranft, nel vicino Canton di Obwalden,
riuscì a mediare la pace e a riportare la serenità e la concordia. Bruder Klaus, che era
stato soldato, uomo politico, giudice, deputato alla Dieta federale e padre di ben 10
figli, si era fatto eremita per staccarsi dalla
cupidigia delle persone. Il cronista lucernese Diebold Schilling il Giovane racconta
che di lui si ricordò «un sacerdote [di Stans]
venerabile e pio, chiamato Heini Amgrund»,
che, per evitare il conflitto, «durante la notte si alzò e, in tutta fretta, si recò alla Gola
del Ranft da Bruder Klaus», al quale espose
la gravità della situazione e l’indomani, 22
dicembre 1481, fece ritorno a Stans, proprio quando i delegati alla Dieta stavano
per ritornarsene a casa per prepararsi all’inevitabile scontro. La partenza fu rinviata
e tutti furono desiderosi di sentire il messaggio del sant’uomo. «E Dio — prosegue lo
Schilling — ci concesse questa fortuna, che
la situazione, critica al mattino, migliorasse
di molto con questo messaggio, e, in un’ora,
tutto fu regolato e sistemato». Il cronista
parla per esperienza diretta, perché fu suo
padre, Giovanni (Hans) Schilling, presso il
quale lui stava lavorando «come sostituto»,
a «redigere l’atto degli accordi già elaborati… chiamato Convenzione di Stans… che,
munita dai sigilli di tutti i Cantoni, fu accettata e giurata per sempre come le altre
alleanze. Ecco perché le campane suonarono a festa. E tutto ciò accadde la sera
del giorno di San Tommaso, il 22 dicembre dell’anno 1481» (SCHILLING Diebold il
Giovane, Luzerner Chronik, 1513). Diebold
Schilling il Giovane era, dunque, figlio del
notaio Hans Schilling, fratello maggiore di
Diebold Schilling il Vecchio, autore della
Burgunderchronik, della Berner Chronik
e della Spiezer Chronik. La Convenzione
di Stans, che rinnovava solennemente il
dettame della Carta dei Preti e della Carta delle donne, obbligava i Confederati al
mutuo soccorso; stabiliva la persecuzione
obbligatoria dei malfattori da parte del
Cantone di origine del colpevole o di quello
che era stato teatro del reato; proibiva le
assemblee senza l’esplicita autorizzazione
delle competenti autorità; prevedeva pene
severe per chi sobillava alla rivolta i sudditi
di atri Cantoni; stabiliva criteri più equi per
la spartizione dei bottini di guerra. Per effetti di quella Convenzione, Friburgo e Soletta erano ammesse nella Confederazione
con uno statuto più consono a quello dei
paesi alleati, concedendo loro la qualità di
Cantoni senza poter avere, però, una loro
politica estera indipendente, nella quale
«dovevano piegarsi alla volontà della maggioranza» (GILLIARD Charles, op. cit., p. 33).
Il carattere laico della Confederazione veniva, ancora una volta, riconfermato dalla
mancanza, nel preambolo di un «qualsiasi
accenno a volontà o comandamenti divini»
(WALDER Ernst, in DSS online, alla voce
Convenzione di Stans).
Alla conquista del Ticino
Francesco (Attendolo) Sforza (1401-1466), ritratto da Bonifacio Bembo (1420-1480), conservato alla Pinacoteca di Brera, Milano.
Il patto imponeva, quindi, a tutti i Cantoni
di far leggere e giurare nelle loro assemblee, ogni cinque anni, le tre Convenzioni (di Sempach, della Carta dei preti e di
Stans). Bruder Klaus, che, con la sua mediazione aveva salvato la Confederazione,
sarebbe stato poi fatto santo dalla Chiesa
cattolica ed è oggi patrono della Svizzera.
La strada fatta, nella notte tra il 21 e il
22 dicembre del 1481, da Heini Amgrund
e l’eremo di Nicolao de la Flüe sono ancora oggi meta di tanti pellegrinaggi di
devoti e patrioti svizzeri. Trovata la loro
unità e compattezza, i Confederati potevano adesso riprendere le lotte di conquista e di espansione, interrotte a causa
dei dissidi interni. Uri aveva, intanto, continuato la sua politica di espansione nel
Ticino, dove, dopo la sconfitta di Arbedo
del 1422, aveva tentato la rivincita contro
il Ducato di Milano con una nuova spedizione nel luglio del 1425, quando, con
un esercito di 5.000 armati svizzeri, aveva ripassato il Gottardo, ma fu fermato a
Faido, più che dalle truppe viscontee «per
effetto, sembra, dell’oro milanese». Su
quell’episodio pesa, infatti, il sospetto che
qualcuno abbia dato l’ordine di ritirarsi
dietro pagamento di una certa somma.
Ritratto d’epoca di Bruder Klaus, conservato alla
Biblioteca Nazionale Berna.
Fatto confermato dall’episodio avvenuto,
nell’ottobre dello stesso anno, quando lo
svittese Pertermann Rysig, con 500 arditi
e con l’aiuto di 2.400 confederati, occupava la Val Formazza e Domodossola. A
fronteggiarli arrivò, ai primi di novembre,
il comandante visconteo Angelo della
Pergola, già vittorioso con il Carmagnola
ad Arbedo. Lo scontro fu evitato perché
«anche stavolta dietro lo sborso di 30.000
fiorini del Reno, gli Svizzeri abbandonarono Domodossola» (ROSSI Giulio – POMETTA Eligio, op. cit., pp. 93-94). Lo stato
di guerra cessò l’anno dopo con la firma
della Pace di Bellinzona tra i Visconti e i
Cantoni gottardisti. Le ostilità furono riaperte nel 1439, quando, in seguito a un
contenzioso della Leventina con i gabellieri ducali, Uri trovò la scusa per ripassare
il Gottardo e occupare Bellinzona. Con la
pace del 1441, il duca Filippo Maria Visconti, in cambio della restituzione della città, concedeva l’esenzione doganale
perpetua per tutti i Cantoni. Alla sua morte, ultimo del suo Casato, avvenuta il 13
agosto 1447, Milano, memore dei fasti del
vecchio Comune, si ribellò e si proclamò
Aurea Repubblica Ambrosiana, eleggendo generale in capo Francesco Attendolo
detto Sforza, condottiero di mercenari e
genero del defunto duca per aver preso in
moglie la sua unica figlia naturale Bianca
Maria. Francesco Attendolo (1401-1466),
figlio maggiore di Muzio (1369-1424) originario di Cotignola (Ravenna) e soprannominato Sforza, cioè Forte, era entrato
marzo 2015 La Rivista - 41
Stemma dei Visconti/Sforza (due aquile e due biscioni con corone ducali).
in rapporto con il Ducato al tempo delle
guerre di Milano contro la Repubblica di
Venezia. Nell’ottobre del 1427, le truppe
ducali al suo comando avevano subìto la
cocente sconfitta di Maclodio, costringendo poi il duca di Milano a cedere,
con la Pace di Ferrara del 1433, alla Serenissima i territori di Brescia e quelli di
Bergamo fino all’Adda, che confinavano
con i Grigioni poi alleati degli Svizzeri.
Subito dopo quella sconfitta, Milano, insieme a Firenze e alla stessa Venezia, si
schierò dalla parte degli Angioini contro
gli Aragonesi nella lotta di successione sul
Regno di Napoli. Filippo Maria Visconti,
passato poi dagli Angioini agli Aragonesi,
era stato sconfitto dall’esercito dei suoi
ex alleati, comandato dal suo stesso genero Francesco Sforza. La creazione della
Repubblica ambrosiana aveva, intanto,
creato molte speranze tra i Ticinesi che,
quando lo Sforza cominciò a tramare per
ricostituire la Signoria, decisero di inviare loro volontari per sostenere i Milanesi
42 - La Rivista marzo 2015
che lottavano contro la restaurazione del
vecchio regime.
La battaglia di Giornico
Del corpo di spedizione ticinese facevano
parte, accanto ai volontari di Bellinzona,
di Lugano e dei Paesi del Lago Maggiore,
anche alcuni Leventinesi e Urani. Il loro
sogno fu infranto quando, lo Sforza, dopo
aver assediato Milano e strozzato sul nascere la neonata democrazia comunale, il
6 luglio 1449, batteva e metteva in fuga i
repubblicani milanesi a Castiglione Olona.
Poco tempo dopo, Bellinzona fu rioccupata
dallo Sforza, che, il 25 marzo 1450, assunse la Signoria del Ducato, e poi avrebbe
fatto di tutto per riprendersi la Leventina
anche riscattandola. Nel 1458, egli offrì,
infatti, 2000 ducati per riacquistare ogni
diritto sulla Leventina, ma Uri si oppose
e lo status quo ante fu riconfermato. A
Francesco I Sforza sarebbe poi successo il
figlio Galeazzo Maria (1444-1476), sposo
di Bona di Savoia, con il quale gli Svizze-
ri posero fine ai loro dissidi con il Ducato
inerenti i diritti di pascolo, di raccolta delle
castagne, della manutenzione della viabilità, con il Grande Capitolato di Milano del
26 gennaio 1467, che, tra l’altro, stabiliva:
1. La Leventina è ceduta a Uri, sotto
forma di subaffitto dai Canonici del
Duomo;
2. l’immunità daziaria a favore di Uri e
Leventina sino alle porte di Milano;
3. soluzione arbitrale delle controversie
relative al commercio;
4. facoltà di Uri di conferire i benefici
ecclesiastici in Leventina (ROSSI Giulio – POMETTA Eligio, op. cit., p. 97).
Nonostante il solenne impegno del Grande Capitolato, il duca si era sempre rifiutato di concedere il pieno possesso della
Leventina agli Urani. Il 25 dicembre 1476,
Galeazzo Maria Sforza, accusato di corruzione e crudeltà, fu assassinato, all’età
di 32 anni, da una congiura di nobili milanesi. Tra i cospiratori c’erano Carlo Visconti, al quale il duca aveva disonorato
la sorella, Giovanni Andrea Lampugnani,
al quale aveva insidiato la moglie, e il
poeta Girolamo Olgiati, che aveva partecipato ispirandosi ai modelli classici
dei tirannicidi. Le vittorie di Grandson e
Morat dello stesso anno 1476 avevano,
intanto, ancora una volta, consacrato gli
Svizzeri come i più forti guerrieri europei
del XV secolo. Le mire espansionistiche
di Uri verso sud avrebbero quindi portato a nuovi scontri tra Confederati e il
Ducato di Milano. Approfittando dell’interregno ducale, nel novembre del 1478,
una piccola schiera di circa 500 uomini
della Leventina, di Blenio e di Riviera
con pochi seguaci del Vallese, di Berna
e di Zurigo, si spinsero fino a Biasca, a
Lodrino e a Claro, e, nonostante qualche
piccolo saccheggio, furono accolti come
liberatori da una popolazione da tempo
ostile al Ducato. Sembrava una banda
di predoni scesi dalle Alpi, tanto che, in
un primo momento, nessuno a Milano
capì la gravità del pericolo. Quei militari erano, però, soltanto l’avanguardia di
un esercito di 10.000 Confederati, giunto
di sorpresa e accampatosi, il 30 novembre 1478, sotto le mura di Bellinzona. Al
sopraggiungere dell’esercito ducale, anch’esso composto di circa 10.000 soldati,
i Confederati ripresero la via del ritorno,
lasciando solo 175 uomini a presidiare
la Leventina insieme a circa 400 uomini
della milizia locale. E fu questo sparuto
numero di armati, il 28 dicembre 1478,
a cogliere di sorpresa e a mettere in fuga
l’esercito milanese. Dal nome della località dello scontro, l’avvenimento sarebbe
passato alla storia con il nome di Battaglia di Giornico o dei Sassi Grossi, in ricordo dei macigni dietro i quali si erano
nascosti gli assalitori delle truppe ducali.
Scaffale
Giuliano
Ferrara
Matteo Renzi
E l’italia che vorrà
Andrea
Camilleri
La relazione
(Mondadori pp. 177; € 17,00)
(Rizzoli pp. 116; € 15,00)
Hervé
Falciani
Angelo
Mincuzzi
La cassaforte degli evasori
(Chiare Lettere pp. 260, € 13,90)
l decano dei giornalisti scomodi per la prima
volta in libreria. Una requisitoria pubblica e
una confessione privata che farà discutere tutti, irritare molti. Un ritratto folgorante
dell’uomo che sta rivoluzionando l’Italia, il
vero erede del cavaliere che fu.
“Abbiamo smentito gufi e rosiconi, sono felice,
andiamo avanti come treni.” Come un abile
delfino del Cavaliere, Renzi sta trasformando
la lingua e la politica di un’Italia che fatica a
tenergli il passo. E, com’era prevedibile, il catalogo dei suoi avversari inizia ad assomigliare
in modo impressionante a quello di Berlusconi: i poteri forti e i salotti buoni, Confindustria
e i sindacati, l’Europa e i “manettari”. “Stessi
nemici, in contesti diversi, e in contesti diversi
forse gli stessi errori”, per questo Renzi ha già
metà del piede nella tagliola. Che in Italia non
tarda mai a scattare.
“Volete che un vecchio e intemerato berlusconiano pop, come me, non si innamori del boy
scout della provvidenza?” Quella del royal
baby è una provocazione all’establishment
nostrano, che Giuliano Ferrara, col suo stile
inimitabile, accetta e porta fino in fondo: perché Renzi non ha rottamato solo la classe dirigente del Pd, ma almeno un paio di generazioni che hanno combattuto le loro battaglie
e hanno, con alcuni onori e qualche disonore,
perduto. Allora è arrivato il momento di cedergli il passo e, con dignità, abdicare: “Largo
ai giovani e bando ai tromboni: non avrei mai
pensato che potesse essere questo un programma civile, invece lo è”.
Mauro Assante è, prima di ogni altra cosa, un
uomo serio: ha sempre lavorato con scrupolo estremo, guadagnandosi incarichi di crescente responsabilità nell’istituzione in cui
presta servizio, l’authority preposta al controllo della trasparenza delle banche italiane.
Si è sposato tardi, con la sola donna che sia
riuscita ad aprire una breccia nel suo temperamento ombroso, e ha un figlio piccolo,
che trascorre i mesi estivi con la madre, in
montagna. Questa estate Mauro si trattiene
in città perché gli è stato affidato il compito di stilare una relazione particolarmente
delicata su di un istituto bancario che con
ogni probabilità verrà commissariato in seguito alla sua ispezione. Ma proprio durante queste solitarie giornate di lavoro, nella
sua prevedibile esistenza iniziano ad aprirsi
minuscole crepe. Dimentica aperta la porta
di casa, riceve una telefonata beffarda, si
convince di essere seguito da un uomo in
motorino. Soprattutto, riceve la visita di una
meravigliosa ragazza che evidentemente ha
sbagliato indirizzo.
Strano, ci dev’essere stato un errore. Ma dalla vita di Mauro Assante gli errori erano sempre stati banditi; così come sarebbe bandito
il batticuore che invece lui prova quando,
poche sere dopo, rincontra per caso quella
stessa ragazza bionda... L’estate avanza, le
temperature aumentano, la stesura della relazione si fa più complessa e con essa l’ansia
di consegnare tutto senza sbavature, senza
condizionamenti.
Ecco la storia e la testimonianza di un personaggio unico, inseguito da servizi segreti, magistrati
e polizie di mezza Europa. Una primula rossa, un
po’ Robin Hood, che decide di fare la guerra ai
paradisi fiscali e di denunciare il sistema che li
protegge. Lui, funzionario informatico della banca Hsbc di Ginevra, può farlo, se vuole. In una
notte recupera i file con le liste dei nomi e le
informazioni riservate, e scappa, deciso a far
scoppiare lo scandalo. La polizia svizzera lo insegue, lui si rifugia in Francia, anche lì è inseguito
e temuto, finché il vento cambia. Servizi segreti
e governi capiscono che attraverso Falciani possono arrivare a molti personaggi che per anni si
sono nascosti dietro nomi falsi. Immensi patrimoni illegali, legati al narcotraffico e alle mafie,
possono essere rivelati. Falciani è disposto a collaborare, non prima di aver vissuto varie peripezie che nel libro vengono raccontate come in un
film d’avventura. La Francia riesce a recuperare
più di 230 milioni (escluse multe e altre tasse),
la Spagna lo incarcera per qualche mese finché
ottiene una parte dei nomi dalla cosiddetta “lista
Falciani”, l’Italia sta a guardare, eppure…
Hervé Falciani è un ingegnere informatico italofrancese. Dal 2009 ha collaborato con le polizie
di diversi paesi permettendo loro di accedere al
sistema informatico della banca privata Hsbc di
Ginevra, dove lavorava dal 2001. La cosiddetta lista
Falciani (130.000 nomi) ha reso possibile il recupero di milioni di euro evasi da cittadini soprattutto
francesi e spagnoli. Angelo Mincuzzi è caporedattore e inviato del quotidiano Il Sole 24 Ore e autore
di importanti inchieste su politica ed economia.
marzo 2015 La Rivista - 43
Segantini, La Vanità (La fonte del male), 1897,
olio su tela, 77 x 124 cm, Zurigo, Kunsthaus
Le frenesie segantiniane di
Dino Campana
A cento anni dal proficuo viaggio in Svizzera del poeta
di Giuseppe Muscardini
I
mmerso nei continui turbamenti di una
personalità instabile e nella sperimentazione di continui viaggi e fughe, deluso
dagli incontri sterili con gli intellettuali
fiorentini, Dino Campana intraprese in più
occasioni viaggi in Svizzera. Il più importante si svolse tra il 1914 e il 1915.
Che l’uomo sia anche il frutto dei suoi viaggi
e dei luoghi in cui è stato, non è una novità.
Se è vero come è vero che chi viaggia vive
due volte, una riconsiderazione dello spostamento geografico come terapia sarebbe auspicabile, in quest’epoca di trasvolate facili
ed escursioni a basso prezzo. Dino Campana
viaggiò quando ancora la formula del low
cost non esisteva, così come non esistevano
le tariffe smart price proposte dalle compagnie ferroviarie. C’era però l’idea di un percorso esplorativo, c’era l’entusiasmo talvolta
abbinato alla scomodità della terza classe
o dei tuguri inospitali, dove si pernottava.
Equivaleva ad affermare una presenza nel
mondo, specie quando si dovevano coprire a
piedi lunghi tragitti. Un sentimento al quale
Dino Campana aderì ogni volta in cui si mise
in cammino per la Svizzera.
A Marradi, suggestivo borgo dell’Appennino
tosco-emiliano, Dino Campana vide la luce
il 20 agosto 1885. Vi trascorse l’infanzia e
parte dell’adolescenza, alternando momenti di autentica spensieratezza allo scoramento derivante dalla convinzione di non
essere molto amato dalla madre, o almeno
non quanto lo era il fratello minore Manlio.
All’età di quindici anni si presentarono i primi
sintomi della malattia nervosa, con conseguenti disagi comportamentali. Ne seguirono insuccessi scolastici, trasferimenti presso
gli istituti di formazione, a Faenza prima e
a Carmagnola poi, ansietà, sbalzi d’umore e
un bisogno irrefrenabile di fuggire dai luo-
44 - La Rivista marzo 2015
ghi che frequentava ogni giorno. Già in data
12 maggio 1909 il poeta aveva inoltrato regolare domanda al Sindaco di Marradi per
il rilascio del passaporto per la Svizzera. Si
legge testualmente nella richiesta: Al Signor
Sindaco di Marradi. Il sottoscritto fa rispettosa istanza alla S.V. al fine di ottenere un
passaporto Governativo per la Svizzera. Con
rispettosa osservanza. Dino Campana di Giovanni. Marradi 12 maggio 1909.
Se si escludono i viaggi nel Canton Ticino a
far data dal 1906, con permanenze a Bignasco e a Locarno, il periodo decisivo che sancì
il suo legame con la Svizzera fu il biennio
1914-1915. Aveva trent’anni e si trovava
oltre il Gottardo, quando il vagare lento gli
regalò una felice intuizione: sostituire con
Ritratto fotografico di Dino Campana
Canti Orfici il titolo precedentemente assegnato alla silloge di versi e prose poetiche
Il più lungo giorno, alla quale aveva lavorato tra il 1912 e il 1913. La raccolta uscì a
Marradi nel 1914 dai torchi della Tipografia
Ravagli, con sottotitolo in lingua tedesca Die
Tragödie des letzten Germanen in Italien.
In Svizzera proseguì le sue esperienze di vita,
non sempre alate o intrise di spontaneo lirismo, ma semplicemente umane e dettate
dalle contingenze. Nel marzo 1915 raggiunse
Losanna e il mese successivo Ginevra, dove
trovò occupazione come operaio grazie al
sostegno delle Associazioni italiane all’estero. Un lavoro che non durò a lungo, perché
fu presto licenziato, pur con un giudizio favorevole sul suo operato, da far valere come
Richiesta formale del 12 maggio 1909 inoltrata
da Dino Campana al Sindaco di Marradi per il
rilascio del passaporto per la Svizzera
referenza. E fu ancora in Svizzera, a contatto
con le vette e gli abissi del quotidiano, che
dimostrò di saper coniugare per istintivo
candore la bassezza con il sublime, l’ordinario con il poetico, la sensualità del vivere con
le urgenze del corpo. Abbiamo conferma di
questa sua attitudine in una lettera del maggio 1915 inviata da Ginevra e indirizzata ad
Ardengo Soffici, dove racconta di una fugace
esperienza amorosa con una svizzera segantiniana. Un incontro occasionale e mercenario durato due ore che gli costò dieci minuti
di discorsi e una lira di affitto della stanza. A
giudicare dal dettagliato resoconto, il tutto avvenne probabilmente all’interno di un
bordello: Questo è successo in un caffè con
fanciulle…, un ambiente dotato di arredi ed
oggetti dell’effimero per condire l’adescamento, organetti, specchi, conterie, cioccolato... Mezzi di “conforto” da cui rimase visibilmente colpito, perché in quell’ambiente
ritrovò la semplicità della vita e dell’amore.
Nel consolante svolgersi del commercio carnale, Campana non si privò del piacere di
dare sfogo alla sua sensibilità poetica, alimentata dalla cultura visiva del tempo. Lo
dimostra l’esplicito riferimento alle donne
raccontate in effigie da Giovanni Segantini,
all’epoca scomparso da sedici anni. È alla Vanità del 1897, oggi conservata al Kunsthaus
di Zurigo, che si è portati a pensare; o più
verosimilmente al Nudo femminile del 1890,
dove la postura e le mosse del soggetto stabiliscono una piena sintonia con i richiami
pittorici segantiniani presente nella lettera
di Campana a Soffici. Il tutto pare riassunto
per magia nelle suadenti prose de La notte,
con cui si aprono i Canti Orfici: ... e giunsi
là fino dove le nevi delle Alpi mi sbarravano
il cammino. Una fanciulla nel torrente lavava, lavava e cantava nelle nevi delle bianche
Alpi. Si volse, mi accolse, nella notte mi amò.
E ancora sullo sfondo le Alpi il bianco delicato mistero, nel mio ricordo s’accese la purità
della lampada stellare, brillò la luce della
sera d’amore. Un anno più tardi, nell’agosto
1916, la sua vita sarà scossa dall’incontro
con Sibilla Aleramo, un amore tormentato
che si risolverà con un sofferto abbandono
da parte della scrittrice, già famosa per aver
dato alle stampe nel 1906 il discusso romanzo autobiografico Una donna. Ma all’epoca
il poeta-errante aveva la consapevolezza di
portare dentro di sé una qualche responsabilità individuale, percepita dagli altri come
diversità. Con l’idea della diversità si addita
l’irrequieto, lo squilibrato, il folle. Ma ben
sappiamo che la follia, se argomentata con
la sapienza di Erasmo da Rotterdam, con la
naïveté di Antonio Ligabue o con la malinconia di Torquato Tasso, diviene specchio di
civiltà e induce a riflessioni sulla centralità
dell’uomo rispetto all’Universo.
Negli anni che precedettero la morte, Campana vagheggiava il ritorno oltre Gottardo.
Mancò il tempo. Il 1° marzo 1932 cessò di
vivere nelle stanze dell’Ospedale psichiatrico
della Villa di Castelpulci presso Scandicci,
dove era stato ricoverato con una diagnosi
di psicosi schizofrenica. Fu sepolto il giorno
Giovanni Segantini, Nudo femminile, 18841886, olio su tela, 174 x 87 cm
successivo nel cimitero di San Colombano
a Badia a Settimo, ma curiosamente l’inquietudine che caratterizzò la sua intera
esistenza ebbe una sorta di prolungamento
dopo la morte. Dieci anni più tardi i suoi resti
furono trasferiti per volere dello scrittore e
uomo politico Piero Bargellini in una cappella sotto il campanile della chiesa di San
Salvatore. Come avvenne in vita, ancora una
volta il corpo di Campana pareva destinato a
un’erranza prolungata: la cappella fu devastata nel 1942 dalle truppe di occupazione
nazista, che demolirono il campanile con la
dinamite. Solo al termine della guerra le spoglie del poeta furono ricomposte e tumulate
nella chiesa di San Salvatore a Badia a Settimo, dove attualmente si trovano. All’esumazione presero parte personalità della cultura,
uomini di pensiero, poeti e narratori come
Vasco Pratolini, Eugenio Montale, Carlo Bo
e Alfonso Gatto, testimoniando all’autore dei
Canti orfici la loro dedizione intellettuale.
marzo 2015 La Rivista - 45
Fino al 28 giugno alla Fondazione Beyeler
Paul Gauguin:
alla ricerca di un paradiso perduto
È
stata inaugurata lo scorso 8 febbraio a Riehen/Basilea alla Fondazione Beyeler la mostra Paul Gauguin
(1848–1903). L’esposizione è senza dubbio
uno degli eventi culturale fra i maggiori del
2015 a livello europeo.
Il percorso espositivo presenterà gli autoritratti di Gauguin e i visionari dipinti del suo periodo in Bretagna, ma si concentrerà soprattutto
sulle opere realizzate a Tahiti. In esse l’artista
celebra il suo ideale di un mondo esotico e
incontaminato, coniugando armoniosamente
natura e cultura, misticismo ed erotismo, sogno e realtà. Oltre ai dipinti la mostra comprende una selezione di enigmatiche sculture
di Gauguin che evocano l’arte dei mari del sud,
già allora in gran parte scomparsa.
Circa una cinquantina sono i capolavori di Gauguin provenienti dai più rinomati musei internazionali e dalle maggiori collezioni private.
Si tratta della rassegna ben pensata e strutturata che mette in mostra un’ottima rappresentazione della produzione più prestigiosa dell’artista francese. Nelle sale si possono ammirare
sia i molteplici autoritratti di Gauguin sia le sue
composizioni visionarie e spirituali del periodo
bretone. Il fulcro della mostra è rappresentato
dai quadri celeberrimi realizzati dall’artista a
Tahiti. In queste tele Gauguin solennizza la sua
visione di un mondo esotico intatto, fondendo
natura e cultura, mistica ed erotismo, sogno e
realtà in un’armonia perfetta.
Accanto ai dipinti la mostra allinea anche
una selezione di enigmatiche sculture di
Gauguin, che fanno rinascere l’arte dell’Oceania, già allora quasi del tutto scomparsa.
Tra le opere esposte anche Nafea Faa Ipoipo (Quando mi sposerai?) il quadro che di
recente è stato venduto ai Qatar Museums,
un consorzio di musei nazionali di Doha, per
la cifra record di quasi 300 milioni di dollari.
Il dipinto è stato esposto per decenni esposto al Kunstmuseum di Basilea.
Non esiste al mondo un museo d’arte intitolato a Gauguin, motivo per cui gli eccezionali prestiti giungono da tredici nazioni:
Svizzera, Germania, Francia, Spagna, Belgio,
46 - La Rivista marzo 2015
Paul Gauguin Arearea, (Divertimento) 1892
olio su tela, 75 x 94 cm
Musée d’Orsay, Paris, Legat von Monsieur und Madame Lung, 1961
© RMN-Grand Palais (Musée d’Orsay) / Hervé Lewandowski
Paul Gauguin Aha oe feii?, (Che c’è sei gelosa?) 1892
olio su tela 66 x 89 cm Musée d’État des Beaux-Arts
Pouchkine, Moscou © Musée d’État des Beaux-Arts
Pouchkine, Moscou
Gran Bretagna con Inghilterra e Scozia, Danimarca, Ungheria, Norvegia, Repubblica
Ceca, Russia, USA e Canada.
Le opere raccolte a Basilea vengono dalle
più importanti collezioni di Gauguin del
mondo, tra cui spiccano istituzioni come il
Musée d’Orsay, Parigi; l’Art Institute of Chicago; i Musées Royaux des Beaux Arts de
Belgique, Bruxelles; la National Gallery of
Scotland, Edimburgo; il Museum Folkwang,
Essen; la Gemäldegalerie Neuer Meister der
Staatlichen Kunstsammlungen, Dresda; il
Wallraf-Richartz-Museum, Colonia; la Tate
londinese; il Museo Thyssen-Bornemisza,
Madrid; il Museum of Modern Art, New
York; la Galleria nazionale di Praga e altre.
In particolare la Fondation Beyeler è riuscita
a farsi concedere per la mostra un gruppo di
opere di Gauguin dalle leggendarie collezioni russe dell’Ermitage di San Pietroburgo e
dal Museo Pushkin di Mosca.
“Non solo come artista, ma anche come
uomo, Paul Gauguin fu una personalità affascinante. Siamo felici di essere riusciti a
riunire a Basilea i suoi capolavori che arriveranno da tutto il mondo. Persino per la
Fondation Beyeler, riconosciuta internazionalmente per la qualità delle sue mostre,
si tratta di una vera e propria sensazione“
sottolinea Sam Keller, il direttore del museo.
Le straordinarie creazioni di Gauguin raccontano della ricerca di un paradiso perduto,
testimoniano della vita dell’artista, trascorsa
tra mondi e culture e animata da passione e
spirito d’avventura, come in un film.
Nessun artista più di Paul Gauguin ha affrontato un cammino lungo e avventuroso per
trovare sé stesso e un’arte profondamente
nuova. Dopo l’infanzia trascorsa in Perù, il suo
essere marittimo giramondo su un mercantile,
agente di borsa e bohémien nella Parigi fin de
siècle, amico e sostenitore degli impressionisti,
membro della comunità artistica di Pont-Aven
in Bretagna, coinquilino di Van Gogh ad Arles,
sempre tormentato dal desiderio bruciante
per un’isola dei beati che spera di trovare a
Tahiti e come eremita nelle isole Marchesi, fa
di lui il primo nomade moderno ed emarginato
volontario in rivolta contro la società che l’arte conosca. A Gauguin si deve la scoperta di
un’inedita forma di sensualità, esotismo, primitivismo e libertà per l’arte moderna.
Intervenendo all’inaugurazione, Guy Morin, il
presidente del Consiglio di Stato di Basilea
Città dice: “Paul Gauguin è uno dei grandi,
grandi artisti! La presentazione dei suoi leggendari capolavori prossimamente alla Fondation Beyeler costituisce un evento di rilievo
per i cittadini di Basilea e per tutta la regione.
Una mostra di questaimportanza e di una tale
eccezionale qualità testimonia ugualmente
della eccellente reputazione di Basilea, città
votata all’arte. La sua fama di polo dell’arte
è sostenuta da lungo tempo dalla passione
e dall’entusiasmo per l’arte della sua gente.
Il notevole programma di mostre alla Fondation Beyeler contribuisce da molti anni a
mantenere questa tradizione ad un livello
internazionale. Sono particolarmente felice
di potere ammirare da vicino le meravigliose
tele che Paul Gauguin ha realizzato in Bretagna e a Tahiti e sono convinto che questa
esperienza artistica resterà per molti un
evento indimenticabile”.
Anche Daniel Egloff, direttore di Basilea Turismo, si è detto molto lieto: “di questa mostra
evento alla Fondation Beyeler, in quanto una
simile rassegna di grande richiamo favorisce la
reputazione di Basilea come capitale culturale
della Svizzera. Inoltre, siamo convinti che questa esposizione attirerà numerosi turisti”.
L’esposizione, di grande spessore emotivo,
viene completata da un’ampia offerta di
mediazione e didattica d’arte: per la prima
Paul Gauguin Parau api, (Cosa c‘è di nuovo?), 1892,
Olio su tela 67 x 91 cm
Galerie Neue Meister, Staatliche Kunstsammlung Dresden
Fotografia di Jürgen Karpinski
volta la mostra comprende uno spazio multimediale pensato per tematizzare la biografia dell’artista e le sue opere principali.
In aggiunta al catalogo scientifico esce una
pubblicazione d’accompagnamento destinata al largo pubblico.
Paul Gauguin Nafea faaipoipo, (Quando ti sposerai?) 1892
olio su tela, 105 x 77,5 cm
Collezione Rudolf Staechelin
© Kunstmuseum Basel, Martin P. Bühler
Paul Gauguin Femme à l’éventail, 1888
olio su tela, 91,9 x 72,9 cm
Museum Folkwang, Essen
© Museum Folkwang, Essen
marzo 2015 La Rivista - 47
Benchmark
di Nico Tanzi
Il telegramma, l’e-mail
e la vita impaziente
“Si prendono più api con una goccia di miele che con un barile di aceto”, recita un
detto ormai in disuso. Metafora icasticamente efficace per esprimere saggio apprezzamento verso una virtù che sembrerebbe ai nostri giorni altrettanto in disuso:
la pazienza. In questi tempi che scorrono veloci all’insegna del “tutto e subito”, in
cui siamo tutti ansiosi di fare, di andare, di raggiungere, di ottenere – e senza por
tempo in mezzo –, questa qualità umana parrebbe più che altro un residuato un po’
obsoleto di epoche a-tecnologiche, in cui anche la categoria del tempo sembrava
avere un altro valore e un altro senso.
Oggi abbiamo fretta tutti. Abbiamo fretta a prescindere. A prescindere dalle effettive urgenze, a prescindere da ogni realistica valutazione delle esigenze del momento. Fa sorridere pensare ai tempi in cui per
ricevere una risposta da qualcuno era necessario attendere una lettera, o – se proprio c’era urgenza – un
telegramma. Non è passato poi così tanto, eppure oggi un’e-mail che rimane senza risposta per più di
qualche ora comincia a renderci nervosi.
Il nostro rapporto con il tempo è mutato in termini talmente parossistici da portare a volte a effetti che
rasentano il comico. Mi ha fatto sorridere qualche giorno fa leggere dell’aumento vertiginoso del consumo di verdure già lavate fra i pensionati. Che arrivano a pagare l’insalata fino all’800% (ottocento per
cento) in più per risparmiare qualche minuto di tempo.
Ora: potrei (quasi) capire chi ha già ritmi forsennati di suo e magari deve dividersi fra lavoro, casa, figli
eccetera. Ma che diamine avranno da fare, i pensionati, per non avere il tempo di lavare l’insalata?
L’impazienza d’altronde si va tramutando in un atteggiamento di fondo, e si propaga in ogni direzione.
Anche fra i bambini, che assorbono prestissimo l’ansia di bruciare le tappe e smaniano dalla voglia di
diventare grandi. Con il risultato che i teenagers – nelle parole di Pasquale Di Pietro, presidente della
società italiana di pediatria – “restano poi adolescenti ben oltre l’età anagrafica, in quella condizione di
eterni figli ormai nota alle statistiche, mostrando crescenti fragilità psicologiche e aumento delle depressioni, dei disturbi alimentari e anche degli episodi di bullismo”.
Quello che viene così a mancare, per tutti coloro i quali vengono presi nel meccanismo della vita impaziente, è non solo e non tanto la capacità di gestire correttamente il tempo, quanto – alla lettera – l’atteggiamento interiore proprio di chi accetta il dolore, le avversità, le molestie, la morte, con animo sereno
e con tranquillità, controllando la propria emotività e perseverando nelle azioni.
Esercitare la pazienza in modo consapevole significa riuscire a mettersi in ascolto del mondo esterno e
delle proprie reazioni interiori, e reagire di conseguenza senza lasciarsi deviare dall’emotività (e dalla
fretta). Creandosi in tal modo – come ha scritto Fabio Gabrielli su Lifegate – “una via privilegiata al
pensiero prospettico, alla complessità, alla capacità di non fermarsi a sintesi provvisorie o effimere, bensì
andare in profondità, a cogliere le infinite sfumature dell’esistenza, a scoprire e confrontare le molteplici
alternative che la vita ci offre, troppo spesso ridotte solo al produttivismo ad oltranza, al ruolo sociale,
all’immersione acritica nel Mercato. La pazienza si declina, così, come contemplazione, che non è affatto
vuoto moto dell’anima, astorica dimensione del pensiero, bensì sguardo vigile, profondo su tutta la complessità dell’esistente”.
Uno che di pazienza se ne intendeva, Giacomo Leopardi, ha scritto che La pazienza è la più eroica delle virtù,
giusto perché non ha nessuna apparenza d’eroico. E se era vero ai suoi tempi, oggi lo è mille volte tanto.
marzo 2015 La Rivista - 49
Dal 19 al 22 Marzo a Locarno
L’immagine e la parola:
quattro giorni nell’universo di
Emmanuel Carrère
È
lo scrittore, sceneggiatore e regista francese Emmanuel Carrère l’ospite attorno
a cui ruoterà il programma della terza
edizione dell’evento primaverile del Festival del
film Locarno (19 – 22 marzo). A Carrère, creatore
poliedrico e sperimentatore di forme, il Festival
ha chiesto di comporre un programma fatto di
proiezioni e incontri che svelino il suo immaginario creativo, indagando il rapporto tra scrittura
e cinema.
Emmanuel Carrère (Parigi, 1957) inizia la sua
carriera come critico cinematografico scrivendo per Positif e pubblicando una monografia su
Werner Herzog. Il suo esordio come romanziere risale agli anni ottanta con L’Amie du jaguar
(1983). Nel 1986 esce Baffi, da cui ha tratto il
suo secondo film da regista, L’amore sospetto,
presentato nel 2005 alla Quinzaine des réalisateurs di Cannes. Il suo debutto alla regia data
invece del 2003 con Retour à Kotelnich, selezionato al festival di Venezia nella sezione Nuovi
territori. La sua intera produzione letteraria è
stata pubblicata in tutto il mondo riscuotendo
un importante successo di critica e pubblico: La
settimana bianca (1995), L’avversario (2000),
Vita come un romanzo russo (2007), Vite che non
sono la mia (2009) e Limonov (2011), vincitore
del premio Renaudot. Nella sua carriera Carrère
ha saputo spaziare dalla critica cinematografica
alla letteratura, dal documentario alla finzione,
dal grande schermo alla televisione. Fra i suoi
lavori figurano infatti anche numerose sceneggiature per film e serie-tv, tra cui Les Revenants
(2012) dalla cui esperienza prende il via il suo
ultimo romanzo, Il Regno (2014), incentrato sul
cristianesimo delle origini. L’opera, a cui è stato
attribuito nel mese di settembre il premio letterario di Le Monde, è edita nella sua versione
italiana da Adelphi e disponibile a partire dal 26
febbraio.
Ospite dell’evento primaverile del Festival di Locarno, l’attrice e regista italiana Valeria Golino
sarà protagonista insieme a Emmanuel Carrère
di una lettura scenica de Il Regno, ultimo romanzo dello scrittore francese. Introdurrà inoltre
il film da lei diretto, Miele, insieme alle co-sce-
50 - La Rivista marzo 2015
neggiatrici Francesca Marciano e Valia Santella.
Anche la presenza del regista polacco, autore
dell’acclamato Ida, costituisce uno dei tasselli
del programma de L’immagine e la parola. Durante la manifestazione si terrà inoltre, per la
prima volta a Locarno, una sessione di AdaptLab,
workshop del TorinoFilmLab sull’adattamento
cinematografico di opere letterarie, destinato ai
professionisti del settore.
Carlo Chatrian, Direttore artistico del Festival del
film Locarno ha così motivato la scelta di Carrère
come guest curator dell’evento: “Nel corso della
sua ricca carriera – tuttora in evoluzione – Carrère ha adottato diversi stili e linguaggi, chiedendo tecniche in prestito di volta in volta al cinema
e alla letteratura. La sua volontà di scavalcare
d’un passo gli steccati e di interpellare il fruitore
in modo diretto ce lo rende vicino: i suoi libri assomigliano a dei progetti di film da farsi, con il loro
approccio “documentaristico” risuonano rispetto
alle opere che a Locarno spesso ospitiamo e rilanciamo. Di qui il desiderio di chiedergli di essere a
Locarno per incontrare giovani cineasti in una se-
rie di laboratori. Di più, incontrandolo ci è venuta
voglia di pensare insieme a lui a una concezione
diversa della manifestazione che sia più organica
rispetto al tema e agli obiettivi prefissati. L’edizione 2015 de L’immagine e parola non è semplicemente dedicata a lui, ma è composta da Carrère
stesso, che ne ha curato il programma quasi fosse
una possibile estensione del suo universo.”
Dal canto suo, Mario Timbal, Direttore operativo,
ha detto: “Con la terza edizione, L’immagine e la
parola conferma il suo ruolo di evento cardine
nel panorama delle proposte del Festival del film
Locarno durante il corso dell’anno. Un’offerta artistica di primissimo livello e la presenza di ospiti
illustri andranno a costituire un appuntamento
di richiamo nazionale e internazionale.”
Come per le edizioni precedenti, L’immagine e
la parola va a comporre il programma di Primavera Locarnese, unitamente agli Eventi Letterari
Monte Verità e a Youtopia.
Maggiori informazioni sul programma e gli workshop: www.pardo.ch
Sequenze
di Jean de la Mulière
Selma
di Ava DuVernay
Stati Uniti, estate 1965: durante la presidenza
Johnson un gruppo di manifestanti, guidati
dal reverendo Martin Luther King, scelsero la
cittadina di Selma in Alabama, nel profondo
sud degli Stati Uniti, per manifestare pacificamente contro gli ostacoli che impedivano
ai cittadini afroamericani di poter esercitare il
proprio diritto di voto, da cui di fatto, se non di
diritto, erano esclusi negli Stati ancora razzisti
e segregazionisti del Sud, che rispondevano a
ogni tentativo di rivendicarlo con omicidi, attentati e repressioni violente.
L’afroamericana 42enne Ava DuVernay, miglior
regista al Sundance Film Festival del 2012 per
Middle of Nowhere, sceglie a sua volta quell’episodio storico come cartina di tornasole della
battaglia per i diritti civili in America e offre un
ritratto complesso e sfaccettato di una delle
personalità più influenti e meno cinematograficamente documentate del passato americano.
DuVernay realizza una serie di piccoli miracoli:
primo fra tutti togliere MLK dall’agiografia per
restituirci la sua umanità, comprensiva di dubbi, sconfitte e cedimenti, senza per questo (o
anzi, proprio per questo) sminuire la sua statura
etica e politica e la sua importanza nell’evoluzione di una coscienza civile collettiva.
La storia raccontata da Selma restituisce alla politica il suo significato superiore. Le scelte di King
sono dettate dal bene comune, il suo infallibile
istinto gli fa compiere gesti anche impopolari ma
di lungimiranza storica inconfutabile, e illustra la
necessità (e fondamentale nobiltà) della negoziazione politica indirizzata verso un fine ultimo
elevato. La capacità di King di non accontentarsi
del successo temporaneo per tenere lo sguardo
fisso sulla meta finale è un saggio narrativo su
ciò che differenzia un leader da un politicante.
Still Alice American
Sniper
di Wash Wetsmoreland
& Richard Glatzer
Alice Howland è moglie, madre e stimata docente di linguistica alla Columbia University
di New York. Ha una bella vita e tanti ricordi,
che una forma rara e precoce di Alzheimer le
sta portando via. Confermata la diagnosi dopo
una serie di episodi allarmanti, che l’hanno
smarrita letteralmente in città, Alice confessa
al marito malattia e angoscia. La difficoltà nel
linguaggio e la perdita della memoria non le
impediranno comunque di lottare, trattenendo ancora un po’ la donna meravigliosa che è
e che ha costruito tutta la vita.
Trasposizione del romanzo omonimo di Lisa
Genova, Still Alice è la storia di una deriva,
la vicenda di una donna intelligente e speciale che perde giorno dopo giorno le tracce
di sé, del tempo, di quando c’era, era, esisteva e conosceva il suo nome, quello della sua
primogenita, quello delle persone care, delle
emozioni e delle cose che comprendono il
miracolo Alice Howland, intrepretata da Julianne Moore: misurata ed essenziale, corpo
fragile che annaspa, provando a risalire la
china e a resistere alla malattia che disattiva la sua anima segreta.
Di Still Alice colpisce la delicatezza, quasi
la timidezza, che poi è la strada migliore
da percorrere quando si parla di una malattia che è una tragedia di silenzi sempre
più lunghi, di impenetrabili momenti muti
squarciati all’improvviso da parole di lucida
consapevolezza.
I registi scelgono di non di inoltrarsi nelle
fasi finali della malattia. Una scelta apprezzabile, perché è già abbastanza doloroso
sapere che esiste il rischio di perdere un
giorno o l’altro ciò che meglio ci definisce
come esseri umani: la memoria.
di Clint Eastwood
Chris Kyle è texano, cavalca tori e non manca un
bersaglio. Ha deciso di mettere questo suo talento
al servizio del suo Paese. Arruolatosi nel 1999 nelle
forze speciali dei Navy Seal, Kyle ha stoffa e determinazione per riuscire e ottenere l’abilitazione.
Perché come gli diceva suo padre da bambino lui è
nato ‘pastore di gregge’, votato alla tutela dei più
deboli contro i lupi famelici. Operativo dal 2003,
parte per l’Iraq e, in 1000 giorni e quattro missioni,
diventa una leggenda a colpi di fucile. Un colpo, un
uomo. Centosessanta uomini abbattuti (e certificati) dopo, Chris Kyle torna a casa, dalla moglie, dai
bambini e dai reduci, a cui adesso guarda le spalle
dai fantasmi della guerra del Golfo.
American Sniper si pone al capolinea della guerra
in Iraq e di una filmografia che dagli anni Novanta
ha provato a mettere ordine nell’ambiguo mare di
sensazioni suscitate da quell’evento o a funzionare
talvolta da supporto narrativo alla costruzione di
una legittimità per il governo americano.
Eastwood si spinge anche oltre, provando a capovolgere la visone ufficiale di una guerra che ha
bruciato vite e petrolio, gettando fumo sugli occhi
dei (tele)spettatori. E non si limita a denunciare:
si prende il rischio di raccontare quell’incoerenza
attraverso un personaggio che in quella guerra
credeva davvero, che nel suo mestiere, quello delle
armi, confidava. Armato di fucile e bibbia, Kyle inchioda i cattivi al destino che meritano, guardando
le spalle ai marines che casa per casa cercano il
male o il delirio paranoico. Ma Chris Kyle non è
un militare accecato dal testosterone, Chris Kyle
è un uomo che sa bene, come racconta al figlio,
che fermare un cuore che batte è una cosa grossa.
Sobrio, lucido, senza contratture, American Sniper
squaderna un Paese che seguita a duellare con la
morte in nome della ‘vita’, un Paese che congeda
con tre spari e col Silenzio un altro soldato, scomparso fuori campo e nascosto in un posto “tra il
nulla e l’addio”.
marzo 2015 La Rivista - 51
Intervista con il fisarmonicista jazz Luciano Biondini
«Ho il privilegio di sentirmi
artisticamente libero»
Testo e foto di Luca D’Alessandro
L
ucas Niggli alla batteria, Michel
Godard agli ottoni e Luciano Biondini alla fisarmonica non hanno
lasciato indifferenti gli spettatori della quattordicesima edizione del BeJazz
Winterfestival. Il loro concerto del 15
gennaio scorso nelle Vidmarhallen di
Berna ha lasciato un buon segno anche
nella stampa locale. Il motivo, lo spiega lo stesso Biondini in quest’intervista
concessa a La Rivista: «Tra noi tre c’è
un’intesa straordinaria, nonostante la distanza geografica».
Luciano Biondini, qual è stato il
motivo di questa collaborazione
transfrontaliera?
Collaboro con Michel Godard, il musicista francese, da quindici anni. Abbiamo
un sodalizio che ha potuto cimentarsi
in vari progetti. Abbiamo delle affinità
e peculiarità molto simili. Anche se non
ci somigliamo in tutto, abbiamo avuto la
capacità di mettere in fusione democratica le nostre idee. Con Lucas Niggli, il
nostro batterista di provenienza svizzera,
invece suono da quando abbiamo creato
la formazione Biondini-Niggli-Godard.
È stato Michel a confidarmi che Lucas
sarebbe stato un musicista ideale per il
nostro trio. Da lì è nata questa triade.
Dove e come riuscite a coltivare
le vostre idee? Dato che ciascuno di voi vive in un altro paese,
non sarà facile incontrarsi per le
prove o per uno scambio d’idee
spontaneo.
Nel momento in cui ci siamo formati,
abbiamo lavorato per diverse settimane
insieme. Abbiamo raccolto del materiale, fatto delle prove, e cercato di capire
quale fosse la direzione più opportuna
da tenere. Per creare il repertorio abbiamo fatto dei concerti per un anno
e mezzo in giro in Europa. Attraverso i
concerti abbiamo sperimentato. Man
52 - La Rivista marzo 2015
Il fisarmonicista durante l’esibizione con il cantante e improvvisatore vocale Andreas Schaerer
mano si sono aggiunte delle cose. Devi
sapere che le prove ti possono aiutare
per certi aspetti. Ma dal punto di vista
creativo il palcoscenico tira fuori delle
verità che non puoi intravedere durante
le prove. E poi c’è da aggiungere che si
può provare molto anche parlando, confrontandosi senza lo strumento. Le prove
artigianali, con lo strumento, ti danno
solo una parte di quella musica che ti
serve. Un’altra parte la ottieni senza lo
strumento. Una terza parte invece la ottieni sul palco, dove diventa importante
la tua versatilità.
Una flessibilità che al BeJazz
Winterfestival hai dovuto dimostrare con l’arrivo spontaneo del
cantante e improvvisatore vocale
Andreas Schaerer.
Mi ha fatto molto piacere ospitare An-
dreas nel nostro spettacolo. Anche perché a dicembre è prevista una collaborazione con lui, Lucas Niggli e un chitarrista norvegese. In tre serate, faremo
qualcosa di completamente nuovo. Tra
l’altro ritorneremo sul palco a Berna. A
me piace la filosofia d’incontrarsi spontaneamente, mettersi al servizio della
musica per sperimentare delle cose nuove. Schaerer durante la serata a Berna ha
inteso perfettamente la nostra musica: è
riuscito a improvvisare sulle nostre proposte. Ammiro questa sua spontaneità.
Che cosa ti è passato per la mente durante questa performance
con Schaerer?
Guarda, a me piace moltissimo Bobby
McFerrin. Ho sempre avuto il desiderio di
sperimentare una cosa di quel genere, di
mettere su un gruppo ed utilizzare di più
la voce con le sue finalità bassistiche ma
anche melodiche. Sono curioso di scoprire di più di Andreas Schaerer a dicembre,
quando avrò l’occasione di tuffarmi in
questo nuovo esperimento.
Il trio Biondini-Godard-Niggli,
può essere considerato la fusione tra fiato e battito? Nel seno
che i fiati sono emessi dalla fisarmonica e dagli ottoni, i battiti
invece dalla batteria.
Fiato e battito dovrebbero esserci sempre
a prescindere dagli strumenti, secondo
me. Il battito per me simboleggia il cuore
che si mette a servizio della musica. Suonare con il cuore, cioè portare qualcosa
che va al di là dalle capacità strumentali
e musicali.
Emozioni che condividi tra l’altro con altre culture. Faccio
riferimento a Rabih Abou-Khalil, musicista e compositore libanese, che si occupa di jazz e
world music.
Sì, ci collaboro tuttora. Ci conosciamo da
quindici anni ormai. Lavorando con lui
ho avuto la possibilità di entrare a stretto contatto con un materiale che normalmente rimane lontano dai musicisti
jazz. Tutte quelle cose che ho imparato
attraverso quelle culture hanno influito
sul mio modo di suonare. La stessa cosa
accade con la lingua parlata: se uno si
integra in un territorio dove si parla un
dialetto specifico, alla fine quel dialetto
diventa parte della tua lingua; va a plasmare il tuo linguaggio.
La fisarmonica sarà mai in grado di
liberarsi dal cliché del folclorismo?
Ogni strumento ha questo problema.
La fisarmonica, però, essendo uno strumento giovanissimo nel jazz, sente
ancora più forte questo tipo di stereotipo. Per via di questo condizionamento, molti fisarmonicisti probabilmente
faticano a staccarsi e continuano a
suonare secondo le attese del pubblico. È un po’ come una droga: o te ne
liberi completamente e butti alle spalle
quelle attese, o stai lì a farti togliere
il fiato. Alla fine questi stereotipi ti limitano. Una cosa che voglio assolutamente evitare. Nei confronti del mondo
della fisarmonica ho fatto una scelta
ben precisa, cercando di rifiutare l’aspetto folcloristico – non della musica,
attenzione! – con la sua spettacolarizzazione. Ho cercato di resettare. Tutte
le mie collaborazioni e il mio stare nella musica sono come se non tenessero
conto di quell’ambiente lì.
A marzo darai due concerti in
Svizzera; in due località completamente jazzistiche.
Sì, suonerò con Michel Godard e Lucas
Niggli ad Uster e Affoltern am Albis. Due
concerti che ancora una volta andranno
al di là di una semplice presentazione del
nostro repertorio.
Ho sentito dire che prima di arrivare al Berna sei stato ospite ad
Addis Abeba.
Io e il mio amico trombettista Fabrizio
Bosso siamo stati invitati dall’istituto
italiano di cultura in Addis Abeba. In
seguito siamo stati invitati all’inaugurazione di una nuova scuola per bambini
in piena periferia nell’Etiopia africana
costruita con i soldi di tante persone
generose. Sempre con gli stessi soldi, nei
pressi di quella scuola è stato costruito un pozzo di acqua. In questo modo
la gente non dovrà fare più otto ore di
marcia a piedi per rifornirsi. Infine abbiamo avuto l’onore di suonare per tutti i
bambini.
Sei molto presente sui palchi internazionali.
Le mie collaborazioni, che tuttora curo,
sono in parte casuali e in parte volute.
Attraverso a tutte queste collaborazioni
ho il privilegio di sentirmi artisticamente
più libero e in armonia con me stesso.
Biondini – Godard – Niggli
Le prossime date in Svizzera:
5 marzo, ore 20.30:
pam! Platz für andere Musik, Hinterhalt-Pavillon Uster
6 marzo, ore 20.15:
La Marotte, Affoltern am Albis
marzo 2015 La Rivista - 53
Sanremo 2015: la
Kermesse canora più
seguita in Italia
Un telegramma di Salvatore Pinto
L’entrata del teatro Ariston (©Salvatore Pinto)
Carlo Conti con Arisa Emma e Rocio (©Salvatore Pinto)
Will Smith e Margot Robbie due degli ospiti internazionali intervenuti a Saremo (©Salvatore Pinto)
S
anremo fa parte dell’immaginario
collettivo Italiano. La Kermesse canora è la più famosa in Italia e viene seguita anche nei paesi dell’est. Infatti, molti
artisti italiani, che riscontrano successo al
festival, sono poi chiamati ad esibirsi in
Russia, come in passato è già successo ad Al
Bano e Romina Power, ai Ricchi e Poveri, ad
Andrea Bocelli e a Pupo.
Dopo cinque serate di musica ed intrattenimento, il festival si è chiuso con la
vittoria del brano Grande Amore, proposto
dal trio Il Volo. Una decisione che in sala
stampa è stata accolta con poco entusiasmo dai 1100 giornalisti presenti. La mag-
54 - La Rivista marzo 2015
gior parte di loro si era espressa a favore
di Nek, il secondo qualificato. Nek che comunque soddisfatto ha così commentato:
«Ho notato che la mia canzone è piaciuta
molto al pubblico, visto che andava a tempo mentre stavo cantando. La canzone è
stata di presa rapida.»
Il ricordo di Pavarotti, Domingo e
Carreras
Nonostante queste polemiche, bisogna considerare meritata la vittoria de Il Volo. Il trio
riscontra grande successo negli Stati Uniti e
in Nordeuropa, dove le doti canore del trio
e il repertorio classico suscitano un certo
La 65esima edizione del
Festival della Canzone
Italiana Sanremo si è
conclusa con la vittoria
di un gruppo di giovani
emergenti: Il Volo. Oltre
alla presenza di cantanti, però, il festival era
una volta di più luogo
di emozioni, polemiche,
product placement cinematografico, e di un
conduttore che ha saputo
dare una dinamica giovanile a questo festival.
interesse pubblico. È probabile che Il Volo
faccia ricordare la mitica formazione di Tenori illustri che hanno tenuto concerti negli
anni Novanta e nei primi anni 2000 in tutto
il mondo: Plácido Domingo, José Carreras e
Luciano Pavarotti.
Nella categoria delle nuove proposte ha
vinto Giovanni Caccamo, una scoperta di
Franco Battiato, con il brano Ritornerò da
te, ottenendo inoltre il premio della critica e
quello della sala stampa radio e TV.
Ottimi voti per la presentazione
Quest’anno gli ascolti hanno toccato la
vetta di undici milioni di telespettatori. Un
ottimo risultato rispetto agli altri anni. La
conduzione di questa edizione, affidata a
Carlo Conti, ha saputo arricchire il festival con argomenti al di là delle aspettative
mainstream. È stato l’anchorman stesso a
curare i contenuti dei cinque giorni, riu-
scendo così a tirar fuori il festival da una
certa letargia, rendendolo gradevole ed
attraente anche per un pubblico giovanile. «Sì, sono molto contento», ha dichiarato Conti, «il mio intento era di fare buoni
ascolti, quando gli artisti si esibivano. Questo risultato è stato raggiunto e ne sono
molto fiero. Ho mantenuto un buon tempo
nel condurre la scaletta, anzi mi è stato
chiesto dalla produzione di andare più piano per non finire prima. Una cosa che non
capita mai a Sanremo. Colgo l’occasione di
ringraziare le tre vallette che mi hanno accompagnato in questa avventura. Grazie a
Emma, Arisa e Rocio.»
«Non è stato facile per me, presentare sul
palco di Sanremo», ribadisce Rocio Munoz
Morales. «Ero molto nervosa, ma il conduttore Carlo Conti mi ha tranquillizzata. Poi
penso che in futuro vi potrò dare di più, intanto vi ringrazio per la comprensione. Penso che le cose fatte con calma abbiano un
sapore piu intenso.»
«Va tutto benissimo», afferma Claudio
Cecchetto, manager e talent scout, «i risultati non smentiscono questa nuova
formula, anche se un po’ tradizionale. La
cosa bella è che al centro dell’attenzione
rimane quella musica proposta dagli autori
stessi. E poi abbiamo degli ospiti illustri sul
posto», facendo riferimento agli attori Will
Smith e Margot Robbie, che nella Città dei
Fiori hanno colto l’occasione per promuovere il loro ultimo film Focus - Niente è
come sembra.
Il trampolino per artisti emergenti
Questo evento annuale che si tiene a in
Riviera può essere considerato trampolino
di lancio per i nuovi artisti emergenti. Una
vetrina dove tutti osservano tutti, (e dove
tutti vogliono farsi notare). Dove il fasci-
no della gara s’intreccia con un’atmosfera
di tensione e suspence. Dove il pubblico e
gli artisti percepiscono tutto a beneficio
dell’indice di ascolto, fondamentale per
la produzione di questo festival. Ogni più
piccolo dettaglio può diventare argomento esplosivo per giornali, radio e TV. L’intero sistema è sottoposto ad un meccanismo stranamente sensibile e autarchico,
che può essere percepito soltanto da chi
osa l’immersione.
I vincitori del Festival: il trio Il Volo (©Salvatore Pinto)
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marzo 2015 La Rivista - 55
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A colloquio con il pianista e compositore Paolo Di Sabatino
«Abbiamo dato una bella
spruzzata di jazz a Sanremo»
Intervista e foto: Salvatore Pinto
Durante la serata finale di Sanremo mentre accompagna al piano l’esibizione di Grazia Di Michele e e Mauro Coruzzi
25 dischi comprende il repertorio di
Paolo Di Sabatino, pianista e compositore di origine abruzzese, che quest’anno si è esibito con Grazia Di Michele
e Mauro Coruzzi sul palco del teatro
Ariston di Sanremo in occasione della 65esima edizione del Festival della
Canzone Italiana.
L’obiettivo principale di Paolo Di Sabatino rimane la promozione del suo ultimo
disco intitolato Trace Elements, prodotto
per la Irma Records in collaborazione con
Peter Erskine, il celebre ex-batterista degli Weather Report. Un album all’insegna
dei cosiddetti microelementi: sostanze
56 - La Rivista marzo 2015
molecolari indispensabili per la vita e
soprattutto per la crescita di ogni essere
vivente. «Quest’album simboleggia la mia
ricerca di microelementi nella musica, e
in un certo senso, documenta anche la
mia crescita artistica», dichiara Di Sabatino nel corso dell’intervista concessa a
La Rivista, durante la settimana di Sanremo 2015.
Paolo Di Sabatino, ci puoi spiegare rappresenta per te Trace
Elements?
Considero Trace Elements un punto di
arrivo importante del mio percorso. Rappresenta un momento di grande crescita
artistica e umana, condiviso con Peter
Erskine, un batterista che amo da sempre. Questo lavoro è un giro di boa fondamentale della mia carriera. Tra l’altro
è anche il mio 25esimo disco, quindi il
numero si presta ad una sorta di celebrazione.
Uno dei microelementi del tuo
disco è il brano Ciclito, che ha
un effetto ciclico.
Un pezzo che ho scritto per mio figlio
Luigi, che spesso gira in casa con il suo
velocipede, una specie di triciclo, che lui
appunto chiama ciclito, creando di fatto
un neologismo. In effetti, la sensazione
e il modo di lavorare sui miei pezzi. Alcune volte è stato lui a voler fare delle
alternative take, suonando in maniera
differente. Gli piacevano i miei pezzi, li
canticchiava spesso durante il tour. Un
tale interesse da parte di un musicista
così importante non è affatto scontato;
direi che è abbastanza raro. È stato un
grande privilegio per me.
Raro in che senso?
descritta nella domanda è giusta, perché
ho scritto il brano proprio assecondando
la sensazione di questa pedalata che si
ripete ciclicamente, come una giostra in
movimento.
È una storia personale che hai
tradotto in musica.
Esatto. Mi capita spesso di tradurre in
musica le mie storie e le mie vicissitudini
personali. Uno dei lavori ai quali tengo
di più è «Le ninne nanne di Pimpa, che
racchiude undici ninne scritte per i miei
figli Caterina e Luigi, magistralmente
tradotte in storie disegnate dal leggendario Altan. Il 20 marzo andremo a ritirare il prestigioso «Magna Grecia Award»
a Taranto, e ne sono orgoglioso!
Tu sei un pianista jazz aperto alle
nuove correnti elettroniche. Il tuo
brano Nature Boy, ad esempio, in
un certo senso, mi fa ricordare il
brano Transcontinental dei Ready
Made. È un puro caso?
Deve essere un puro caso, dato che i
Ready Made non li conosco proprio. Andrò subito a ricercarli su internet dopo
quest’intervista. Comunque, mi fa piacere che ci siano delle similitudini con
delle cose a me ignote. Vuol dire che le
idee possono essere nell’aria senza avere
un’ispirazione specifica, ed essere catturate da vari artisti. Per quanto riguarda
l’elettronica, apprezzo molto i lavori del
produttore inglese Matthew Herbert.
Hai accennato a Peter Erskine,
un grande nel mondo della musica jazz. Come mai questa collaborazione?
Peter l’ho sempre ammirato, soprattutto
per le sue varie collaborazioni, non solo
con gli Weather Report, ma anche con
Steps Head, Steely Dan, Al Jarreau, Diana Krall … insomma, è un mito per me.
E quando ho avuto l’occasione di chiamarlo per un tour qui in Italia, ho subito
pensato alla produzione di un disco con
lui, perché è stato un mio faro ispiratore come batterista per tanti anni, e lo è
tuttora.
Stando alla descrizione ufficiale che accompagna il tuo disco,
l’inserimento del bassista Janek
Gwizdala nel progetto, è avvenuta su richiesta di Erskine.
È così. In realtà, nel progetto iniziale doveva esserci il bassista americano Gary
Willis, che purtroppo per motivi di salute
non ha più potuto partecipare a questo
mio progetto. Per la sostituzione di Willis, mi è sembrato saggio chiedere consiglio a Peter, visto che basso e batteria
devono andare parecchio d’accordo. Peter non ha avuto dubbi, indicandomi subito Janek Gwizdala, bassista inglese di
origine polacca. Peter lo stima tantissimo
e lo definisce l’astro nascente del basso
elettrico a livello mondiale. Ho dato retta
a Peter, ovviamente, e ho chiamato Janek.
Ti sei fidato di Peter, quindi.
Sì, e devo ammettere, che la scelta è
stata proprio quella giusta. Janek è un
talento straordinario.
Quali sono gli aspetti che hai apprezzato di questa formazione?
Di Peter ho apprezzato la disponibilità
Non sempre accade che i partner in un
gruppo mostrino tanto interesse per dei
brani composti da chi li chiama a suonare. Soprattutto i musicisti americani,
che spesso sono dei turnisti; li chiami,
vengono, li paghi e poi tornano a casa,
senza esprimere il minimo coinvolgimento nella musica. È difficile vederli partecipi del tuo progetto. Con Peter la cosa
era completamente diversa. Ha detto la
sua diverse volte e per me è stato grande
onore. Una cosa simile mi era capitata
nel 2000 con John Patitucci, bassista del
mio cd Threeo con Horacio «El negro»
Hernandez alla batteria.
Peter si sarà sentito a suo agio.
Gli è piaciuta la mia musica. E questo per
me è una gratificazione importante.
Per il tuo tour, che segue a marzo, non è prevista la partecipazione di Peter. Come mai?
Innanzitutto perché Peter è un musicista
molto impegnato. E poi, devo ammetterlo, è molto costoso (ride). Farò il tour con
il batterista svizzero JoJo Maier, che però
vive a New York. È uno dei batteristi che
vanno per la maggiore, adesso con uno
stile moderno, ma anche legato alla tradizione. Insomma, è un batterista strepitoso. Al basso ci sarà un talento superbo,
il cileno Christian Galvez.
Con un batterista svizzero nel
tuo trio, è doverosa una tappa in
Svizzera.
Lo so, purtroppo non abbiamo nessuna
data prevista in Svizzera. I club da voi
programmano con un anno di anticipo.
C’è molta serietà nell’organizzazione.
Ho un bel ricordo di un concerto fatto al
Chorus di Losanna qualche anno fa, spero di cuore di venire a suonare presto per
voi. La data più vicina alla Svizzera sarà il
24 marzo al Blue Note di Milano.
Ho notato che nel tuo lavoro è
altrettanto importante il Fender
Rhodes.
Ho avuto la fortuna di avere un padre
pianista, che oltre ad avermi insegnato
a suonare il pianoforte, mi ha fatto usare
i suoi strumenti: lo Steinway e il Rhodes
marzo 2015 La Rivista - 57
a 88 tasti, che oggi fa parte della mia
collezione. Sono abituato a suonare e ad
apprezzare entrambi gli strumenti. Mi
piace tantissimo il suono caldo del Rhodes, però, il pianoforte continua a rimanere il mio preferito.
Nel tuo passato hai collaborato
anche con Mario Biondi e Michele Placido.
Con Michele Placido ho lavorato in un
suo film intitolato Vallanzasca – Gli
angeli del male del 2010. Mentre Mario Biondi l’ho conosciuto in Puglia nel
2008. Io suonavo con Antonella Ruggiero e sapendo che c’era anche lui tra gli
ospiti della manifestazione, ho portato
con me un disco con due miei inediti da
dargli. La cosa gratificante per me fu che
Mario già conosceva me e la mia musica
e mi disse: «arrivi in un momento buono,
sto proprio cercando qualcosa di nuovo
per il mio prossimo disco.» Il mese successivo Mario mi ha telefonato per dirmi
che aveva scelto il mio brano Black Shop
tra quelli da inserire nel suo disco If.
Come artista, Mario come lo vedi?
È un uomo con una voce stupenda. Un
artista favoloso, con una forte musicalità
e un grande senso del ritmo.
Pensi che il suo modo di cantare
alla Barry White gli sia stato favorevole?
Mario ha quella voce naturale, forse ha
cavalcato questa somiglianza con Barry
White e ci ha anche scherzato su. Ricordo che nel tour al quale ho partecipato, si
presentò vestito di bianco e prima di eseguire una cover che cantava anche Barry,
disse «lui era Barry White, io stasera sono
Very White» e venne giù una risata epica
da parte del pubblico. Ci sono delle persone che lo criticano per questo, ma rimane
il fatto che Mario è un grande cantante.
La produzione Voices, diretta da
te e pubblicata presso la Irma
Records di Bologna prevedeva
tanti cantanti celebri della scena
italiana. Quindi, oltre a Biondi,
hai avuto a che fare con altri
musicisti di fama.
Voices era un progetto dedicato alle vocalità italiane e non solo, al quale hanno
partecipato, tra gli altri, il mitico italo-canadese Gino Vannelli, Fabio Concato, Grazia Di Michele, Iva Zanicchi e
Peppe Servillo. Devo dire che la Irma è
una delle case discografiche più serie in
Italia con la quale ho collaborato anche
per altri lavori.
Il tuo corpus artistico compren-
58 - La Rivista marzo 2015
de ormai 25 dischi. Come continuerà il tuo cammino?
Sto elaborando con il mio trio jazz, con
Daniele Mencarelli al contrabbasso e
Glauco Di Sabatino alla batteria, un progetto con l’orchestra sinfonica abruzzese, diretta da Roberto Molinelli, nel quale
ci sarà anche la mia prima composizione
sinfonica intitolata Jazz Fantasy for Piano Jazz Trio and Orchestra. Non vedo l’ora di far nascere questo prossimo disco!
Intanto si è concluso Sanremo.
Come lo hai visto tu questo festival?
Sono stato qui con Grazia Di Michele e
Mauro Coruzzi, che hanno presentato il
brano Io sono una finestra, che anticipa
il disco Il Mio Blu di Grazia Di Michele,
coprodotto e arrangiato da me, uscito in
questi giorni e nel catalogo della prestigiosa etichetta Nar International. Inoltre,
sono anche compositore di due canzoni
inserite nel disco. Una cosa particolare è
che nella canzone sanremese c’è un assolo di pianoforte – una cosa rarissima
per il festival della canzone. Abbiamo
dato una bella spruzzata di jazz a questa
edizione.
Come mai la scelta di collaborare
con Grazia Di Michele?
Dopo il progetto Voices, Grazia mi ha
chiesto di seguirla. Questo è il secondo
album che seguo come coproduttore insieme a lei, pianista, arrangiatore e anche compositore. Con Grazia è stata una
collaborazione molto bella e prolifica,
nella quale i nostri due mondi si sono
incontrati e fusi in maniera naturale. Il
suo modo di scrivere si è rivelato perfettamente compatibile con i miei gusti e
con il mio modo di suonare e arrangiare.
Ha collaborato Luca D’Alessandro
Paolo Di Sabatino – note biografiche
Nato a Teramo il 26 settembre 1970,
diplomato in pianoforte e jazz, Paolo
Di Sabatino ha partecipato a numerose trasmissioni radio-televisive (RAI,
Domenica In, LA7, Parla con me, I fatti
vostri) e suonato in importanti club e
festival in Italia e all’estero: Chicago,
Salamanca, Berlino, Oslo, Amburgo,
Tokio, Istanbul e Mosca.
Ha collaborato con artisti importanti tra i quali Paolo Fresu, Enrico Rava,
Gianna Nannini, Mario Biondi, Simone
Cristicchi, Tullio De Piscopo, Neffa e
Raiz. Al di là delle sue attività pubbliche, Di Sabatino è docente e coordinatore del Dipartimento di jazz presso il
Conservatorio «A Casella» di L’Aquila.
Diapason
di Luca D’Alessandro
Bernstein / Fresu Marracash
Status
(Universal)
/BrassPetrella
/
Rojas
Bang!
(Tuk Music / Bonsaï)
È veramente il tono a fare la
musica? Nel presente caso
lo è di sicuro. Questo combo
composto di quattro musicisti
e i loro strumenti della famiglia degli ottoni – tromba,
trombone e tuba –, diretto dal
trombettista sardo Paolo Fresu, da vita a un suono finora
mai esistito. La strumentazione è maggiormente basata sui
fiati, solo a tratti vi appaiono
elementi ritmici. Eppure questo pot-pourri acustico può dirsi completo. Anzi: oltre alla completezza, Steven Bernstein, Paolo Fresu, Gianluca Petrella e Marcus Rojas
danno vita ad una certa ironia. Insomma, ci troviamo di fronte ad un
bell’esempio di libertà creativa. Sfiorando le pomposità di Händel, le
tradizioni delle celebrate Brass Band, e la musica afro-americana di
Duke Ellington, il progetto di Paolo Fresu rende visibile non solo l’intera storia della musica occidentale, ma anche la bravura di quattro
fantastici rappresentanti del jazz contemporaneo.
«Ti dicono che non sei nessuno, se non passi in radio.»
Per il rapper Milanese di
nome d’arte Marracash è
pertanto scontatoa lanciare il singolo dal titolo
Radio per anticipare l’album Status, dimostrando il
cammino di un artista che
svolge un cambiamento
dall’anonimato alla fama.
Per Marracash, il successo sta prendendo forma:
quattro gli album pubblicati nel decorrere dei sette anni passati,
l’ultimo completato a dicembre 2014, dopo un intenso periodo
trascorso tra Londra, Milano e Los Angeles per nuovi incontri
e nuove sperimentazioni musicali. L’album è stato mixato da
Anthony Kilhoffer, conosciuto per le sue collaborazioni con il
rapper Kanye West di Chicago. È un album composto di diciotto
brani inediti, ricco di collaborazioni importanti per un giovane
emergente della musica rap.
Biagio Antonacci Cesare Picco
Palco Antonacci
(Sony)
Secret Forest
(Sensible Records / Ishtar)
Biagio Antonacci si è concesso un live in edizione
limitata,
accontentando
non solo se stesso, ma anche i suoi fan. Il cofanetto
intitolato Palco Antonacci
comprende una copia del
tredicesimo album in studio
del cantautore italiano intitolato L’amore comporta,
pubblicato lo scorso aprile
per la Sony Music, un CD e
un DVD del suo spettacolo
live tenuto lo scorso maggio a San Siro. Parteciparono a questo
evento Laura Pausini e Eros Ramazzotti intonando i brani più significanti di Antonacci: Convivendo, Quanto tempo ancora, Adesso tu e Una storia importante. L’amore comporta con i suoi tredici
brani inediti fa da base all’omonimo tour. Si unisce ai diciotto
brani proposti nel CD Live. Il DVD Live infine propone la versione
integrale del concerto, con i trentuno brani che hanno composto
la scaletta della serata.
Cesare Picco è un pianista
narratore. Lo dimostra anche
nel presente album Secret Forest, composto di undici brani,
dove Picco si mette in viaggio
per raggiungere le basi sonore
del pianoforte; il suo strumento preferito che per via
della sua naturalezza riesce a
evocare una sensazione di totalità ovvero una pienezza nei
suoni. Suoni in cui si nascondono tesori, che svelano i loro
segreti soltanto con il tocco giusto del pianista stesso. Quella di Picco,
dunque, è una meditazione che non solo gli permette di esplorare ogni
singolo suono, ma di ripercorrere dimensioni più ampie. Picco segue
una rotta che va dal basso verso l’alto, iniziando con il brano Meditation from the Roots, per terminarsi con quella finale Meditation to
the Sky. Un concept album pieno di fasi improvvise e ricco di tensione,
dovuto all’abilità e la flessibilità di quest’artista vercellese, di cui – secondo noi – si parla troppo poco, ma di buon lavoro ne fa tanto.
marzo 2015 La Rivista - 59
I viaggi e le vacanze
degli italiani
Nel 2014, i residenti in Italia hanno effettuato 63 milioni e 632 mila viaggi con pernottamento, il 9,5% in meno rispetto all’anno precedente (erano 70 milioni e 350 mila).
La durata media dei viaggi resta stabile a
5,8 notti (6,2 per quelli di vacanza e 3,5 per
quelli di lavoro), per un totale di 370 milioni
di pernottamenti.
Diminuiscono le vacanze brevi (-23,6% e
-21,2% in termini di pernottamenti), mentre i viaggi per vacanza lunga (29,9 milioni)
e quelli effettuati per motivi di lavoro (8,2
milioni) rimangono sostanzialmente invariati (anche in termini di pernottamenti).
Il calo si registra tra i viaggi in Italia
(-15,2%), che rappresentano oltre i tre
quarti del totale, mentre quelli all’estero
aumentano (+19,7%), a seguito della crescita dei viaggi di lavoro nei paesi dell’Ue
(+23,8%).
La diminuzione dei viaggi si concentra
nel primo semestre dell’anno: -17,5% tra
gennaio e marzo, -11,9% tra aprile e giugno.
Francia e Spagna sono le destinazioni europee preferite per le vacanze: nella prima
si trascorre circa un terzo (32,8%) delle vacanze brevi, mentre nella seconda il 16,5%
delle lunghe. La Germania è, invece, il paese
più visitato per motivi di affari (21,9%).
Tra le destinazioni extra-europee, il Marocco e la Tunisia sono i luoghi più visitati per
le vacanze (3,5% e 2,7%) e gli USA per i
viaggi di lavoro (8%).
In Italia, oltre il 10% delle vacanze lunghe estive è trascorso in Toscana (13,2%)
e Puglia (10,2%), mentre le mete invernali
preferite sono Trentino-Alto Adige (27,6%)
e Lombardia (16,7%).
Nel 2014, viaggia mediamente in un trimestre il 16,2% dei residenti; la quota sale al
31,4% nel periodo estivo, durante il quale si effettua la maggior parte dei viaggi
(41,4%), con durata media di 8,2 notti (11
notti tra le vacanze lunghe).
Si va al mare in Italia e si visitano città d’arte all’estero
60 - La Rivista marzo 2015
La maggior parte dei viaggi è effettuata in
alloggi privati (56,8% dei viaggi e 64,3%
delle notti), soprattutto se si tratta di soggiorni lunghi di vacanza (62,3% dei viaggi
e 68,6% delle notti). Le strutture collettive
si confermano, invece, le più scelte in occasione dei viaggi di lavoro (80,9% dei viaggi
e 74,1% delle notti).
Si viaggia senza prenotazione in oltre la
metà delle vacanze brevi (54,8%), mentre i
viaggi di lavoro vengono per lo più prenotati
direttamente (59,2%), in particolare tramite
internet (42,2%).
L’auto si conferma il mezzo di trasporto più
utilizzato per viaggiare (59,8% dei viaggi),
soprattutto se si tratta di vacanze (63,7%);
seguono l’aereo (17,7%) e il treno (10,7%).
La diminuzione delle vacanze brevi ha riguardato soprattutto quelle effettuate in
pullman (-39,2%).
I residenti in Italia hanno effettuato 78
milioni e 700 mila escursioni, cioè spostamenti in giornata senza pernottamento.
Nella maggior parte dei casi l’escursione
si è svolta in una località italiana (98,2%)
con l’obiettivo di svagarsi e rilassarsi
(58,7%), ma anche di far visita a parenti
o amici (19,9%)
Si va al mare in Italia e si visitano città
d’arte all’estero. Nel 2014, il 12% delle
vacanze di piacere/svago (il 10,7% in Italia e il 16,6% all’estero) si caratterizza per
avere più luoghi di interesse5: l’8,5% ne
ha due e il 3,5% almeno tre, senza significativi cambiamenti rispetto al 2013.
In particolare, la visita a una o più città d’arte, che riguarda oltre un terzo
(33,4%) delle vacanze di relax, si combina
nel 20,5% dei casi con le vacanze al mare
(che rappresentano il 47,7% delle vacanze di piacere/svago) e nell’11% dei casi
con le vacanze in montagna o in collina
(22,3%). Anche nel 2014, l’estero attrae
più dell’Italia i turisti che vogliono visitare città d’arte: la percentuale è pari al
64,1%, valore di gran lunga superiore rispetto al 25% italiano.
Una cartolina dalla…
Great Ocean Road
di Claudia Spörndli
Il London Bridge: l’arco restante del ponte naturale
Una delle strade
costiere più belle
e straordinarie del
mondo si trova a solo
100 chilometri dalla città australiana
di Melbourne. Un
affascinante viaggio
tra spiagge deserte,
suggestive formazioni rocciose, parchi
nazionali e foreste
pluviali, sempre alla
scoperta della flora e
fauna locale.
Una cartolina da Claudia dalla Great Ocean Road
La Great Ocean Road è indubbiamente la
strada panoramica più spettacolare d’Australia. La parte originaria fu costruita a
mano entro il 1918 e il 1932 da soldati ritornati in patria dopo la Prima Guerra Mondiale
in onore dei camerati caduti in guerra. Oggi,
sui 243 chilometri di strada si incontra l’espressione migliore della flora e fauna indigena australiana e delle insolite formazioni
rocciose. Si tratta quindi di un vero paradiso
per gli amanti della natura e tappa d’obbligo
per ogni viaggio in Australia.
Bells Beach: dove si incontrano i
migliori surfisti
La Great Ocean Road inizia ufficialmente
nella cittadina di Torquay, luogo di origine
dei famosi brand da surf Rip Curl e Quicksil-
ver nonché mecca australiana per i surfisti.
Qui è di casa, inoltre, il Surf World Museum,
riconosciuto come il più grande museo al
mondo dedicato al surf.
A solo quattro chilometri da Torquay si trova
la vera patria del surf, la leggendaria spiaggia
di Bells Beach, dove ogni anno a Pasqua si
radunano i migliori surfisti del mondo per il
surf contest più antico del mondo, il Rip Curl
Pro. Le perfette onde lungo la piccola baia in
questo meraviglioso tratto di costa sono uno
spettacolo impressionate e guardare i surfisti professionisti che volano sulle onde è un
vero piacere. Questa mitica spiaggia fu, tra
l’altro, luogo d’azione nell’imperdibile scena
finale del film Point Break con Keanu Reeves
e Patrick Swayze.
Il London Bridge: l’arco roccioso
nell’oceano
Il London Bridge consisteva originariamente
di un ponte naturale con due archi. Nella
sera del 15 gennaio 1990, l’arco principale
crollò in mare senza preavviso e separò la
marzo 2015 La Rivista - 61
Tramonto sui Dodici Apostoli
Il lago vulcanico della riserva naturale di Tower Hill
ritornano, dopo una giornata in mare, ai
loro nidi nella costa. Si tratta della specie
più piccola di pinguini esistenti al mondo e
dell’unica specie presente in Australia. Vale
indubbiamente la pena pazientare un po’
per partecipare a questo spettacolo e vedere
come delle vere e proprie colonie di queste
piccole creature (dalla morfologia molto buffa) affollano la spiaggia.
Ai più sportivi e per chi preferisce scoprire
questo meraviglioso tratto di costa a piedi,
si offre la Great Ocean Walk, una camminata lungo 104 chilometri che porta dalla
cittadina di Apollo Bay fino ai Dodici Apostoli. Si tratta di una vero e proprio percorso
avventuroso all’insegna della natura. Uno
degli high-light è la visita del faro di Cape
Otway del 1850, attualmente il più antico
d’Australia.
La riserva naturale di Tower Hill: un
paradiso per gli animali
In un paesaggio del tutto incontaminato, immerso in un cratere di vulcano estinto si trova un piccolo paradiso per gli animali. Nella
riserva naturale di Tower Hill si incontrano
koala, emù, canguri, uccelli e molte altre
specie locali in libertà. Si tratta del parco nazionale più antico della regione del Victoria,
aperto nel 1892. Ci sono vari percorsi da separte restante del London Bridge dalla terraferma. I due visitatori che nel momento del
crollo visitavano il ponte naturale, si trovavano improvvisamente su un’isola di roccia
nell’oceano. A causa del maltempo furono
salvati da un elicottero soltanto dopo lunghe
ore di attesa. Anche se manca una parte del
London Bridge, questo arco roccioso nell’oceano merita tutt’oggi una visita.
I Dodici Apostoli: un vero capolavoro della natura
I maestosi Dodici Apostoli sono un’impressionante formazione rocciosa di otto singole scogliere lungo la costa, situati nel Port
Campbell National Park. Essi raggiungono
un’altezza di 45 metri dal mare e si sono formati tra i 10 e i 20 milioni di anni fa. Sono
tra i soggetti più fotografati dell’Australia e
senza dubbi uno degli high-light della Great
Ocean Road. Queste vere e proprie colonne
di scogliere sono state separate dalla costa
dall’erosione e a causa degli agenti atmosferici, il vento e il mare determina tutt’oggi un
continuo processo di trasformazione. Vedere questo magico tratto di costa nella luce
particolare del mattino e della sera dipinge
il quadro panoramico in un capolavoro eccezionale.
Circa 30 minuti dopo il tramonto arriva il
momento per gli appassionati degli animali: nella spiaggia, ai piedi dei Dodici Apostoli,
si possono ammirare i pinguini minori che
62 - La Rivista marzo 2015
The Grotto mostra la forza impressionante della natura
guire a piedi per scoprire la fauna australiana
e per ammirare il lago vulcanico e la magnifica flora di questo parco naturale. Per fare
una breve sosta o per un bel picnic nel verde,
i visitatori hanno a disposizione un’area picnic immersa nel parco nazionale. Gustarsi
un picnic in questa natura incontaminata,
mentre si è circondati da numerosi emù dispettosi che cercano di appropriarsi del cibo
dei visitatori e graziosi koala che dormono
negli alberi sovrastanti, è un’esperienza indimenticabile.
Warrnambool: ammirare le balene a
pochi passi dalla costa
A 15 chilometri dalla riserva di Tower Hill si
trova la storica cittadina di Warrnambool,
dove da maggio a ottobre si possono ammirare le balene in transito. Questi giganti
marini arrivano qui per partorire e allevare
i loro cuccioli prima di ritornare nelle acque
sub-antartiche. Logan’s Beach è il punto ideale per osservare le balene visto che in quel
tratto di costa talvolta arrivano a meno di
100 metri dalla spiaggia.
Tutto sommato, la Great Ocean Road è una
strada dai mille volti. Le immagini dell’immensa bellezza di questa strada costiera
rimangono nel cuore come ricordi indimenticabili. Basta arrivare alla fine dell’itinerario
per voler ricominciare il tour immediatamente da capo e rivivere momenti da brivido. Le
parole non possono descrivere la meraviglia
del paesaggio, bisogna assolutamente vederlo dal vivo. In tal senso: get on the road to the
Great Ocean Road!
The Razorback: una scogliera spettacolare
La parte iniziale della Great Ocean Road
marzo 2015 La Rivista - 63
St. Moritz Gourmet Festival 2015
Edizione britannica
con nove chef stellati
del Regno
di Rocco Lettieri
L’Engadina è una valle di montagna nel Canton Grigioni, in
Svizzera. È una delle valli abitate più alte d’Europa, è lunga
80 km e si divide in due parti,
Alta e Bassa Engadina, separate dalla Punt’Ota (Ponte alto).
L’Alta Engadina, in particolare, offre splendidi paesaggi;
è caratterizzata da una vasta
zona pianeggiante e dalla presenza di quattro laghi (laghi
di Sils, Silvaplana, Champfer
e St. Moritz). Intorno a questa
piana e ai laghi si sviluppano
fitti boschi di cembri e larici,
mentre sulle montagne circostanti è rilevante la presenza
di ghiacciai.
Proprio qui a St. Moritz si è conclusa a
fine gennaio, l’edizione britannica del
St. Moritz Gourmet Festival 2015 con
il Grande BMW Gourmet Finale presso il Kulm Hotel St. Moritz. Il tutto in
omaggio ai primi turisti britannici, a
cui si deve l’anniversario dei “150 anni
di turismo invernale in Svizzera”. Nove
chef di alto rango a livello internazionale che arrivati dalla Gran Bretagna,
hanno affascinato i turisti gourmet
durante una piacevole settimana. Con
le loro abilità culinarie hanno servito 4.000 ospiti di 40 paesi diversi. Un
vero successo per i responsabili della
64 - La Rivista marzo 2015
pianificazione del Festival in Engadina.
Istituito 22 anni fa, è vissuto su un collegiale lavoro di squadra tra eccezionali chef stellati provenienti da tutto il
mondo, in collaborazione con gli ottimi
chef de cuisine degli hotel partner del
festival. Grazie pertanto all’impegno
eccezionale anche dei partner/sponsor, l’Alta Engadina è stata ancora una
volta trasformata in un paradiso per i
buongustai.
Reto Mathis, presidente storico dell’Organizzazione del festival, ha confessato: “Grazie al feedback positivo di più
di 4.000 persone, l’edizione britannica
passerà alla storia! Lo dobbiamo alle
capacità culinarie molto contrastanti
dei nostri nove celebri chef ospiti che
si sono impegnati attivamente per una
intera settimana sostenuti molto bene
dagli chef locali degli hotel partner del
Festival”.
Al servizio di sua Maestà britannica
Diamo qui di seguito brevi note per ricordare il loro impegno. In particolare
Isaac McHale dal The Clove Club di
Londra, ha fornito impressionanti sorprese suscitando grande entusiasmo tra
gli ospiti esigenti del festival con piatti
non convenzionali - un omaggio alla
alta cucina britannica a base di prodotti
regionali. (Hotel ospitante: Kempinski
Grand Hotel des Bains).
La first lady dell’elite culinaria britannica Angela Hartnett, dal suo Restaurant Murano di Londra, ha affascinato
gli ospiti del festival con la sua raffinata e celebrativa “cucina italiana” (Hotel
ospitante: Carlton Hotel).
Lo chef bistellato Claude Bosi, del ristorante Hibiscus di Londra, ha fatto
valere la sua reputazione come estremista della nuova teoria franco-britannico
fatta di armonia, utilizzando moderne
tecniche di cucina per combinare una
moltitudine di ingredienti acutamente
sperimentati in tipiche e gustose sorprendenti creazioni. (Hotel ospitante:
Palace Hotel).
Lo chef Chong Choi Fong del ristorante China Tang-Dorchester di Londra ha
offerto prelibatezze spettacolari dell’Estremo Oriente, preparati secondo le ricette genuine e originali del suo Paese
di origine cantonese. Non sorprende che
sotto la sua direzione il famoso China
Tang goda nell’essere reputato il miglior
ristorante del suo genere al di fuori della Cina! (Hotel ospitante: Kronenhof di
Pontresina).
Il Guest Chef Atul Kochhar, arrivato dal leggendario ristorante stellato
Benares di Londra, ha portato lo stato
d’animo in ebollizione con la sua cucina fusion indiana-britannico, speziata
e finemente delicata. (Hotel ospitante:
Kulm Hotel).
Con prestazioni altamente creative sul
piatto, ogni volta con un effetto culinario speciale, il britannico due Guest
Star, Martin Burge del Whatley Manor
in Malmesbury/Wiltshire, ha servito
piatti di piaceri indimenticabili per il
palato nella splendida cornice dell’Hotel
ospitante: il Suvretta House.
Virgilio Martínez è venuto dalla sua
Londra, Ristorante stellato LIMA Fitzrovia, per affascinare gli ospiti con la sua
gustosa e ben dettagliata cucina che
potrebbe essere paragonata a passeggiate culinarie attraverso il Perù, suo
paese d’origine. (Hotel ospitante: Giardino Mountain di Champfér).
Lo stellato Jason Atherton del Restaurant Pollen Street Social di Londra e
Cuoco dell’Anno 2014 in Gran Bretagna,
ha stupito con le sue composizioni culinarie originali, divertendosi ad interpretare piatti tipici britannici ma in chiave
moderna. Ha lavorato a el-Bulli e per
10 anni è stato chef di cucina al Gordon Ramsay’s Maze. (Hotel ospitante:
Schweizerhof Hotel).
Grazie alla bravura di Nathan Outlaw
del Restaurant Nathan Outlaw at The
St. Enodoc Hotel Rock/Cornwall, mi-
glior specialista di frutti di mare della
Gran Bretagna, i “tifosi” suoi gourmet
hanno goduto una raffinata cucina
stellata coronata con tesori inaspettati
dal mare. (Hotel ospitante: Waldhaus
Hotel di Sils).
Caviale e Champagne con pausa
per il Tè
Molte le iniziative parallele svoltesi nei
giorni precendenti la finale a partire
dal Grand Opening presso il Kempinski
Grand Hotel des Bains, che in varie isole gastronomiche, ben apparecchiate
in stile molto british, che avevano solo
l’imbarazzo della scelta con piatti davvero spiazzanti della loro grande arte
cucinaria. Quindi il tradizionale Gourmet Safaris “Meet the Big Five”. A bordo
di BMW Limousine gli ospiti sono andati in un tour alla scoperta di cinque
chef ospiti nelle varie cucine dell’hotel
ospitante, sorpresi da un menu servito
direttamente ai tavoli della cucina dove
operava lo chef.
Ancora il Kitchen Party, punto culminante della settimana, si è tenuto nelle
sale del famoso e leggendario Badrutt’s
Palace. Tutti gli chef ospiti, in azione
insieme, hanno viziati gli ospiti con
prelibatezze, direttamente accanto padelle sfrigolanti e pentole calde. Reto
Mathis, ha presentato Corviglia Caviar
& Seafood Blizzards per gli ospiti nel-
marzo 2015 La Rivista - 65
la suo Corviglia House St. Moritz, ad
un’altitudine di 2.486 m slm, con circa
1 metro di neve immacolata. I piatti raffinati a base di caviale e frutti di mare
freschi sono stati gustati, godendo di
una magnifica vista sul panorama alpino dell’Engadina.
Presso l’Hotel Waldhaus di Sils-Maria,
gli amanti del vino e i buongustai hanno goduto della Celestial Wines. Nelle
volte della cantina dell’hotel Steffani,
St. Moritz, si è tenuto il Wine & Cheese
Celebration, dove gli ospiti del festival
hanno potuto scegliere i loro vini rari
accompagnandoli a formaggi selezionati dal ‘Cérémonie de Fromages’ Maître
Antony in persona, famoso affinatore di
formaggi che mantiene ottimi rapporti
con la famiglia reale britannica.
Chocolate Cult si è tenuto nelle sale
del Badrutt Palace Hotel dove lo Chef
pasticciere Stefan Gerber ha affascinato gli ospiti con prelibatezze a base
di finissimo cioccolato con i sapori più
diversi. Una tradizione tipicamente britannica è stato offerta presso il Grand
Hotel Kronenhof di Pontresina, nel The
Dorchester Afternoon Tea. Per accompagnare le varietà di tè più fini del The
Dorchester e Champagne dalla casa di
Laurent-Perrier, l’executive chef altamente premiato Henry Brosi, ha preparato deliziosi panini, focaccine e pasticceria artigianale. All’evento The Tasting
presso il Kempinski Grand Hotel des
66 - La Rivista marzo 2015
Bains, i fan gourmet e i professionisti
del vino hanno trovato varietà di drink
e prelibatezze gastronomiche, sino agli
Champagne di Laurent-Perrier, abbinati
a diverse selezioni di caviale della casa
gastronomica Rageth Comestibles.
Il Dinner Fascination Champagne si
è tenuto come ogni anno al Suvretta
House dove l’attenzione si è concentrata sugli Champagne della tradizionale casa Laurent-Perrier: Brut
Millésimé 2004; Cuvée Rosé; Ultra
Brut Laurent-Perrier; Grand Siècle par
Laurent-Perrier e, in chiusura, Laurent-Perrier Demi-Sec hanno accompagnato le creazioni degli chef Martin
Burge (due stelle Michelin) e dello chef
di casa Suvretta Bernd Ackermann. Una
successione di piatti davvero fantastici: Foie Gras Ballotine dressed with
moelleux raisin puree, sauterne wine
gel and onion toast; Celeriac consommé served with poached quail eggs and
salt baked celeriac; Pan - fried scallop resting on salted cucumber topped
with oyster champagne sauce; Roasted
veal fillet dressed with porcini puree,
onion tarte tatin and truffle jus; Apple
and maple syrup cheese cake served
with textures of appiè. Durante la
cena, il garden designer Luciano Giubbilei, vincitore dello scorso anno del
molto popolare inglese “RHS Chelsea
Flower Show”, ha fornito informazioni sul suo modo unico di stile ‘Best in
Show’, giardino che ha progettato per
conto della Laurent-Perrier.
Great BMW Gourmet Finale al
Kulm Hotel
L’evento culminante della settimana del
Festival è stato il Great BMW Gourmet
Finale svoltosi nel Kulm Hotel di St. Moritz. In questa occasione il grand hotel si
è trasformato in Buckingham Palace ed
ha sorpreso i circa 280 ospiti con numerosi eleganti suoni di pianoforte dal vivo
che hanno accompagnato la cena di
gala presso il grande ‘Table d’Hôte’ nella
sala addobbata a grande festa. I nove
chef ospiti dalla Gran Bretagna con gli
chef locali di cucina degli hotel partner
hanno offerto un menu straordinario di
cinque portate più il vastissimo aperitivo. La serata di gala è stata presentata
in modo divertente dalla famosa attrice
Kiki Maeder.
Un altro fiore all’occhiello di questa serata di festa è stata la consegna
dei diploma in dono agli chef ospiti e
agli chef locali da parte di Philippe
Dehennin, Presidente e CEO di BMW
(Schweiz). Inoltre, Vic Jacob (ex direttore del Suvretta House – ora in pensione) è stato solennemente proclamato
membro onorario del St. Moritz Gourmet Festival. Grazie al suo straordinario
impegno, ha sostanzialmente contribuito alla fondazione del Festival nel 1993
e ha dato un impulso importante per il
suo ulteriore sviluppo per più di 20 anni.
Il menù del Great BMW Gourmet Finale, per gli amanti lettori, è stato così
servito: buffet con Salt and pepper
Squid (Chong Choi Fong & Fabrizio
Piantanida); Aloo Bonda - Lobster Papdi
Chaat (Atul Kochhar & Hans Nussbaumer); White quinoa ceviche with
flowers and sprouts (Virgilio Martinez
& Markus Rose); Raw flamed mackerel and English mustard (Isaac McHale
& Axel Rüdlin). A seguire il primo servizio: Guinea fowl and truffle terrine
parfait, crispy skin, grilled sourdough
(Jason Atherton & Christian Ott); secondo servizio: Snails set with warm
garlic cream and red wine kidney sauce
(Martin Burge & Bernd Ackermann);
terzo servizio: Seaweed and cider cured salmon with horseradish yoghurt
(Nathan Outlaw & Kurt Röösli); quarto
servizio: Venison with quince and sharon fruit (Claude Bosi & Valmiro Pasini)
e finale: Buttermilk panna cotta with
grapes and candied oranges (Angela
Hartnett & Gero Porstein). In abbinamento all’aperitivo: Champagne Laurent-Perrier Brut Magnum. A seguire:
2012 Puligny-Montrachet, Les Clavoillons, ler cru (Domaine Jean-Louis Chavy); 2012 Friulano-Sauvignon-Riesling,
Collio Bianco (Borgo del Tiglio); 2010
Château Gruaud-Larose, 2e cru classé
(St-Julien); 2009 Latinia Valle di Porto
Pino (Cantina Santadi) e in chiusura:
Old English Gin «Truffes du Jour» by
Sprüngli con Liquors by Nonino Distil-
latori (Italy) e China dell’Asa Selection
(Germany).
La serata di gala, sicuramente indimenticabile per tutti i partecipanti, ha
continuato ad essere celebrata al suono della British Alex Wilson Trio, e la
festa è andata avanti in un’atmosfera
esuberante al Sunny Club del Kulm Hotel St. Moritz.
“In ognuno dei nostri incontri la nostra
gastronomia riceve un aggiornamento stimolante. Questo è stato e rimane
l’idea fondamentale dietro al festival –
ha confermato Reto Mathis - Le idee
creative e i concetti culinari degli chef
ospiti integrano le proprie creazioni degli chef locali di cucina. Già durante i
preparativi c’è stata una cooperazione
davvero di grande intensa. Alcuni chef
di cucina della Gran Bretagna sono
arrivati appositamente in anticipo per
poter lavorare fianco a fianco con i nostri chef nelle loro prestigiose cucine.
Queste sono le migliori condizioni per
poter continuare ad elevare lo spirito
collegiale del nostro Gourmet Festival
che il prossimo anno si terrà dal 25 al
29 gennaio 2016 e avrà come titolo
YOKOSO NIPPON, con chef giapponesi
che provocheranno gli ospiti con la loro
sensazionale arte della cucina”.
Per saperne di più:
www.stmoritz-gourmetfestival.chaut
marzo 2015 La Rivista - 67
Intervista a Bobo (Roberto Cerea)
Cerchiamo di far fare
bella figura all’Italia
di Rocco Lettieri
I
l celebre chef del Ristorante Da Vittorio
(tre stelle Michelin in Italia a Brusaporto in provincia di Bergamo) parla della
sua avventura engadinese nel Ristorante
“Da Vittorio” al Carlton di St. Moritz, in
attesa di ‘sbarcare’ in Qatar
Con una ristrutturazione totale tenutasi nel
2007, il Carlton Hotel St. Moritz, ha assunto
una nuova silhouette estetica, mantenendo
identici i valori storici. La ristrutturazione
accuratamente progettata ha dato al grande complesso un carattere di grande importanza. Le 60 suites decorate individualmente e le junior suite sono rivolte verso sud,
con vista invernale sul lago ghiacciato di
St. Moritz e tutte dispongono di balcone o
terrazza.
Esclusivo hotel che ora permette di immergersi nel The World of Da Vittorio - St. Moritz
e per godersi l’alta cucina dei fratelli Enrico
e Roberto Cerea (tre stelle Michelin in Italia
a Brusaporto), con l’aiuto di Luca Mancini e
Sara Gajot (chef) e Giovanni Cilento (Maître
e sommelier). Il loro Ristorante “Da Vittorio”
appena fuori città è tra i migliori indirizzi di
alta cucina italiana. I buongustai possono
compiacersi gustandosi una cucina autentica di altissima raffinatezza, viaggiando in un
tour culinario di colori vivaci, abbinamenti
audaci e materia prima indiscussa: la migliore che possa offrire il mercato, sia esso
a pochi km che dall’altra parte del mondo.
Per i Cerea il km “0” non è affatto un dogma. Chi può permettersi la loro cucina, può
certamente meritarsi i migliori prodotti che
offrono i mercati più famosi del globo.
Bobo come avete affrontato la
vostra avventura in terra engadinese ben sapendo che questa zona
vanta ristoranti di altissima qualità
enogastronomica e non solo in St.
Moritz ma anche nei piccoli borghi
che si trovano nella lunga vallata
che va dal Maloja a Martina?
Nelle tue parole c’è molta verità. Qui da
68 - La Rivista marzo 2015
Bobo ed Enrico Cerea
ogni parte del mondo in inverno arriva una
clientela esclusiva che viene appositamente per apprezzare una cucina di alta classe.
Noi abbiamo ricevuto una richiesta di poter
essere presenti al Carlton e non ci siamo
lasciati scappare questa occasione. Siamo
al terzo anno e ci troviamo davvero molto
bene. La clientela internazionale fatta da
russi, brasiliani, inglesi, tedeschi, giapponesi, cerca l’italianità (paccheri, risotti, paste
condite con sughi sempre freschi) e noi la
offriamo anche attraverso i nostri prodotti
quali i pomodorini, le verdure, i pesci del
Mediterraneo, le carni, i tartufi, l’olio e naturalmente il pane, le focacce e i grissini che
facciamo giornalmente e i nostri pluripremiati dessert.
Ma nessun problema con lo chef
di casa?
Davvero nessun problema. Gero Porstein, il
loro chef, opera nel suo ristorante in stile
engadinese, il Romanoff, e noi offriamo la
nostra cucina di stile prettamente italiano
e non abbiamo problemi di sorta. La nostra
è una cucina fortemente personalizzata che
non entra in contrasto con la loro. Se un
problema per noi esiste è quello dell’approvvigionamento delle materie prime che
abbiamo a Brusaporto. Qui un po’ per le ragioni doganali, un po’ per le strade innevate, non sempre riusciamo ad avere tutto al
100%, però ci stiamo organizzando anche
con fornitori svizzeri che sono davvero molto bravi e consegnano nel giro di 24 ore. La
nostra scommessa è quella di poter portare
qui la stessa offerta che abbiamo in Italia.
Ormai ci siamo.
Ma come riuscite ad organizzarvi
con tutti gli impegni che avete già
nel vostro locale a 3 stelle, nei vostri importanti catering (siete primi
in Italia), nelle consulenze anche
all’estero, nelle richieste internazionali che richiedono la vostra
presenza, ecc.
Questa è una nostra prerogativa. Abbiamo
avuto la prontezza di diversificare in settori
i nostri lavori. Siamo circa un centinaio divisi in squadre e solamente in pasticceria,
guidata dal nostro cognato Simone Finazzi, lavorano 15 persone. Ci siamo noi, io e
mio fratello Enrico, l’altro nostro cognato
Paolo Rota (un vero pilastro), nostro fratello Francesco (una persona che fa 18 ore al
giorno) e le nostre sorelle Rossella e Barbara
e i nostri collaboratori che sono fidelizzati
a noi come essere in famiglia. A proposito
delle nostre consulenze debbo dire che le
difficoltà ci sono nei primi giorni in cui ti
trovi a lavorare in posti nuovi e con personale esterno che non conosci. In Italia si
fa in fretta poiché i lavoratori italiani sono
creativi e molto disponibili, all’estero, un po’
per le lingue, un po’ perché hanno un’altra
visione del lavoro ci si mette di più a far
partire la macchina organizzativa.
Quali sono gli impegni presi per St.
Moritz e quali quelli che avete già in
programmazione nel prossimo futuro.
Le nostre consulenze vengono sempre
fatte e discusse tra noi con molto oculatezza. Ad esempio abbiamo concluso la
collaborazione a Saturnia in Toscana, dove
siamo rimasti per tre anni ed abbiamo
anche ricevuto una stella Michelin. Qui a
St. Moritz abbiamo iniziato il 10 Dicembre e ci resteremo sino al 30 Marzo 2015,
quando finisce la stagione invernale. Per
poi riprendere a Dicembre. Poi ci aspettano
al Sentoja di Singapore, e alcune collaborazioni sono in programma in Perù. Ma
l’impegno più importante è l’accordo preso
con i nuovi titolari del Qatar che hanno ristrutturato un famoso Hotel di Milano (che
comunicheremo a breve per discrezione) e
che ci hanno offerto l’ultimo piano panoramico per poter aprire un “Da Vittorio”
nella città gastronomica più viva d’Italia.
Una vera sfida che affronteremo con caparbietà e volontà.
In colcusione di questa intervista, ho pranzato al “Da Vittorio” con in cucina Bobo (Roberto Cerea), Luca Mancini e Sara Gajot che mi
hanno fatto letteralmente sognare. Direi che
i loro piatti sono stati strepitosi. Ve li presento in sequenza di servizio. “La Calda di mare
tiepida con le tre salsine”; “il Risotto con cappesante, cespi di topinambur e tartufo nero”;
“il Filetto di capriolo engadinese con ketchup
di barbabietola, crauti rossi marinati al ribes e patate ratte al fieno”; dessert: “Return
from Brasil” (pineapple rolls with tonka bean
mousse and mango) e tris di dessert (Cupola
al pistacchio, pomodorino con bavarese al
pesto e bigné baniglia e limone). Ottimo anche il Brut di Giorgio Grai 2009, sboccatura
2014 e il rosso Castello dei Rampolla Chianti
Classico DOCG 2012. Fuori un metro di neve,
più 20 cm caduta fresca nella notte. Uno
spettacolo anche essere qui per il 22°esimo
Gourmet Festival di St. Moritz.
Cosa vorresti dire a chi viene
a trovarvi a St. Moritz dal Nord
dell’Europa?
Da Vittorio St. Moritz
Non mancate di farci visita al Carlton. Risparmierete certamente tanti km e troverete la stessa offerta di Brusaporto. Forse
non una carta identica al 100%, ma sulla qualità dei piatti nessun cedimento: la
stessa attenzione la troverete con fuori un
metro e passa di neve come in questi giorni
del Gourmet Festival in corso, che mi affascina per l’ottima organizzazione che solo
in Svizzera può esistere. Sono bravissimi e
anche noi cerchiamo di adeguarci facendo
fare bella figura all’Italia.
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Via Johannes Badrutt, 11
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Bobo con Luca Mancini
marzo 2015 La Rivista - 69
Convivio
di Domenico Cosentino
Le Salsicce (è d’obbligo il plurale)
Quei sapori ruspanti
più popolari d’Italia
Generate e create non solo con la carne del Porco
(ne vengono prodotte anche con carne di vitello o
pecora), con finocchietto o senza, con pepe nero o
peperoncino piccante, dal Piemonte alla Lucania,
da Trieste a Mazzara del Vallo, non esiste pezzo
d’Italia che non abbia interpretato a modo suo
l’insaccato (o insaccati) più popolare d’Italia.
Un tempo si preparavano o insaccavano nei mesi più freddi dell’anno: fine gennaio o prima della festa di carnevale che, normalmente,
avveniva nella metà di febbraio. Mia nonna li chiamava “I Giorni
delle maialate”, che non avevano nessuna attinenza sessuale, ma
riferivano l’occasione di gran festa coincidente con l’uccisione del
maiale. Non un maiale qualsiasi, seriale, di quelli stipati, ingrassati
e siringati che stringono il cuore nei documentari-verità facilmente
recuperabili in rete, ma, al contrario, quello cresciuto quasi come
uno di famiglia, con tanto di nome scritto sulla porta della “Zimba”,
la porcilaia; alimentato e cresciuto con gli scarti della cucina del
nostro menù quotidiano.
U sozizzu, la salsiccia, che la nonna in italiano pronunciava salciccia
con una “c” al posto della “s” perché, per la santa donna, quel vocabolo sposava inequivocabilmente il salato alla carne: Sal…ciccia, appunto! Ma c’è di più: a “Salccicia” – così aveva imparato dalla madre
- doveva avvenire lo svezzamento de bambini. Puntuale - lo ha fatto
con me più di una volta - quando mia madre era a corto di latte, prelevava dalla Maidha, la tradizionale “gavetta”, un cilindretto di carne
suina ben pestata, se la teneva in bocca per qualche minuto in modo
da intenerirlo dal tutto e poi lo spiaccicava sulle gengive del Bebè,
che finiva di assaporarlo a mo’ di caramella. Qualche succhiotto e
l’iniziazione era fatta. L’infante cominciava la sua carriera da uomo.
Arrivate a Roma insieme agli schiavi lucani
Salsicce di fegato di maiale
70 - La Rivista marzo 2015
Secondo Erodoto, nato e vissuto nel V secolo avanti Cristo, gli antichi Egizi, ritenevano il maiale un essere immondo. Nelle sue Storie,
Erodoto racconta che, se uno di loro, passando accanto a un maiale
soltanto lo sfiorava, correva subito a gettarsi nel fiume completamente vestito. Così non fu, più tardi per Roma. Nei testi degli antichi
romani, da Marziale a Cicerone, i riferimenti golosi al maiale e alla
lucanica abbondano.
Arrivato a Roma insieme agli schiavi lucani, l’insaccato di maiale,
forgiato in lunghe catene e appeso su pertiche di legno, venne battezzato con il nome dei suoi consumatori originari. Il nome si diffuse fino ai confini dell’impero, tanto che la regina Teodolinda ne
incoraggiò ii consumo. E se anche oggi, per motivi a noi sconosciuti,
alcuni insaccati sono scomparsi – vedi ad esempio la salsiccia gialla, certamente non priva di zafferano, tanto cara ai modenesi e ad
Salsicce piccanti
rino romano; Saltizza di Sardegna, cubetti di carne suina insaccata
a forma di ferro di cavallo; ‘nduja di Spilinga, leggermente piccante,
adatta da spalmare su fette di pane casareccio; Luganega trevisana,
se ne fanno due versioni: magra per la brace e grassa per l’umido;
scorsett (piccoli cotechini) e figadett (insaccati con fegato di maiale)
bellunesi, e infine, la Lucanica di Piperno, detta anche Luganega, che
sono ritagli di spalla, filetto o coscia di maiale e fatte riposare su
pertiche di legno.
Bue, cavallo o pecora al posto del
maiale per motivi religiosi
Il norcino Slongo e le sue salsicce
Alessandro Tassoni, cantore della Secchia Rapita – debbo ammettere
che dagli anni della mia infanzia ad oggi, poco o nulla è cambiato
nell’allure ruspante dell’insaccato più fresco e mangiabile di tutta
Italia. Una popolarità resistente a mode e diete, pietra miliare dell’alimentazione contadina, in bilico tra obblighi di povertà e piacere
semplice, diretto, incontaminato.
A ben vedere, percorrendo, ormai da anni in lungo e largo questo
nostro Bel Paese, devo ammettere che non esiste area rurale che non
vanti una sua originale interpretazione di salsiccia, con i soli, vaghi
paletti della proporzione tra carne magra (70 per cento) e parte grassa (30 per cento). Tale è la popolarità di questo insaccato, che pochi
chilometri di distanza bastano a cambiare speziature e lavorazione,
tipologia di carne e tempi di stagionatura (quando previsti). Se i ritagli di lavorazione del maiale dominano la gran parte delle ricette,
va ancora aggiunto che, dalle terre padane alla Sicilia, le carni cosiddette alternative – montone, bue, cavallo, pollo – sostituiscono quella suina per questioni di restrizioni religiose o per tradizione locale,
come nel caso di quelle gustate in Puglia, che annoveravano tra gli
ingredienti anche la pecora.
Per quanto riguarda alla preparazione, lo scontro ideologico tra i
fautori della griglia e i difensori di chi la salsiccia la preferisce in
umido (con o senza vino) lascia indifferenti gli amanti e appassionati della salsiccia come me, che la mangia spesso, piccante o
dolce, alla griglia o cotta, servita su cime di rape, cicorie, patate.
O in casouela, come fanno i milanesi, con verze, costine, cotenne e
musetto del maiale.
Salciccia, sautizza, sarsiccia, sauSausage, Saucisson lionoise, Salciccia e sozizzu
Si dice Salsiccia, oggi, con varianti minime da una parte all’altra
zissen e Kalbsbratwurst
d’Italia: sarsiccia, salciccia, sautizza, sozizzu…, ma anche Salsiccia
di Bra, prodotta un tempo da sola carne bovina; Verzini o Salsiccia
milanese antica, un macinato di carne di maiale ripulito dai nervetti;
Zambudel o salsiccia matta romagnola, Sarsiccia toscana, spalla o
coscia di maiale impastata con diversi aromi; Sauciccia ‘nda la ‘nzogna campana, carne di maiale impastata con finocchio e poi mesa
sotto grasso; Salsiccia Monte San Biagio di Terracina, affumicata con
legno di lentisco; Cervellata di Puglia, per la tradizione sono carni
dell’interiore di bue, pecora e capra, lavorate con aggiunta di peco-
Modesta e gustosa, la salsiccia ha dismesso, ormai da anni, i panni
della “cenerentola”, rappresentante di una cucina italiana povera,
per diventare ingrediente protagonista per buongustai e gourmet
sparsi in tutto il mondo.
Alcuni anni fa, durante il mio soggiorno negli Stati Uniti d’America,
viaggiando da New York a Miami, da Boston a San Francisco, dove
qualsiasi imbudellato /pestato è detto sausage, e le nostre vengono
definite Italian sausages, ho avuto modo di constatare che la nostra
salsiccia è una delle glorie del Made in Italy.
marzo 2015 La Rivista - 71
Kalbsbratwurst (salsiccia di vitello arrosto)
Il Metzger-Meister (mastro macellaio) Christoph Lehmann
A Lione, Francia, invece, il grande Paul Bocuse, negli anni ottanta, nel suo ristorante, dalla grassa carne di maiale, ricavava gustosi
saucisson speziati, farciti con pistacchi e li serviva ai suoi clienti in
pasta brioche come “amuse gueule”, deliziose golosità. O, volendo
cambiare Paese, i feinen Wurstwaren, che ho amato fin dal mio primo incontro, quando sono arrivato in Svizzera per motivi di lavo-
Feine Würste
72 - La Rivista marzo 2015
ro. Salzissen o Kalbsbratwurst, di porco o di vitello che compravo e
preparavo spesso per tutta la famiglia, arrosto o in salsa di cipolle,
magari accompagnandole con rösti (tortino di patate) o Krauti. E che
ritrovo, sempre fresche e di ottima qualità, ogni anno, quando torno
a Zurigo per trascorrere le feste di Natale con mia figlia, nella piccola
macelleria dell’amico Christopf Lehman, giovane Metzger (macellaio) che conduce, insieme alla sua signora Mjriam, una macelleria nel
centro storico di Herrliberg. Ben esposte, nel suo lindo banco frigorifero, Saucisse o Wurste, magari con tanto di bandierina che richiama
il territorio di provenienza. Per un goloso come me, amante degli
insaccati c’è l’imbarazzo della scelta: Cervalat, Züri-Schublig, Zürcher-Kalbsfleischwurst, Engadiner Hauswurst o Bündner Beinwurst, St
Galler Bratwurst, Saucisson e Saucisse au foie, Saucisson jurassien,
Berner Zungenwurst, Glarner Schublig, Thurgauer Salzissen, Aargaurer Sontagswurst o Saucisson fume à la born.
In alternativa ai Würste, in queste giornate fredde delle maialate italiane, trovandosi nel Nord Italia, al viaggiatore goloso non resta che
consolarsi con qualche salsiccia (dolce o piccante) italiana, magari
accompagnandole con delle cime di rapa.
La Ricetta
LA GASTRONOMIA ITALIANA IN SVIZZERA
Viva la cucina italiana!
Da noi vi offriamo le vere specialità italiane. Lasciatevi incantare
dal nostro ambiente mediterraneo, dalle nostre eccellenti pizze
con il marchio « vera pizza napoletana DOC », dalle tipiche pietanze
a base di carne o di pesce, nonché dalla nostra prelibata pasta
fresca e dai succulenti dolci. Il tutto accompagnato da una vasta
selezione di vini provenienti da tutte le regioni d’Italia.
Buon appetito!
I nostri 18 ristoranti pizzerie in Svizzera vi accolgono
7 giorni su 7, 365 giorni all’anno. Inoltre, offriamo a tutti
i membri su presentazione della tessera della Camera di
Commercio Italiana per la Svizzera uno sconto del
10% su tutte le consumazioni!
Pane, salsiccia e
cime di rape
Ingredienti per 4 persone:
1 kg. di cime di rape,
500 g (8 salsicce),
2 cucchiai di olio extravergine d’oliva,
1 peperoncino piccante rosso,
1 spicchio d’aglio,
sale,
mezzo bicchiere di vino bianco secco.
Come le preparo:
Pulisco e lavo solo le foglie tenere e le cime di rape.
Elimino il gambo. Sbollento per 5 minuti in acqua bollente salata.
Scolo e faccio raffreddare in acqua ghiacciata.
In una padella antiaderente, faccio rosolare le salsicce.
Aggiungo mezzo bicchiere di vino bianco e faccio sfumare.
Aggiungo anche due-tre cucchiai di acqua delle cime di rape e lascio cuocere per 10-15 minuti a basso fuoco.
Taglio il peperoncino a metà.
Schiaccio l’aglio e faccio dorare in una padella.
Aggiungo le cime di rape e faccio saltare per 5 minuti.
Servo le salsicce con le sue cime di rape in un piatto o in un filoncino di
pane casareccio.
Da bere:
un calice di vino rosso, giovane, non impegnativo, magari “Vino della
casa”, “Vino Naturale” o Vino “Biodinamico”, oggi tanto di moda in Italia.
Molino Basilea
Steinenvorstadt 71
4051 Basilea
T 061 273 80 80
Molino Montreux
Place du Marché 6
1820 Montreux
T 021 965 13 34
Molino Berna
Waisenhausplatz 13
3011 Berna
T 031 311 21 71
Molino Thônex
Rue de Genève 106
1226 Thônex
T 022 860 88 88
Molino Crans-Montana
Rue de Pas-de-l’Ours 6
3963 Crans-Montana
T 027 481 90 90
Molino Uster
Poststrasse 20
8610 Uster
T 044 940 18 48
Molino Dietikon
Badenerstrasse 21
8953 Dietikon
T 044 740 14 18
Molino Vevey
Rue du Simplon 45
1800 Vevey
T 021 925 95 45
Molino Friborgo
93, rue de Lausanne
1700 Friborgo
T 026 322 30 65
Molino Winterthur
Marktgasse 45
8400 Winterthur
T 052 213 02 27
Molino Molard, Ginevra
Place du Molard 7
1204 Ginevra
T 022 310 99 88
Molino Zermatt
Bahnhofstrasse 52
3920 Zermatt
T 027 966 81 81
Molino La Praille, Ginevra
Centre Commercial La Praille
1227 Carouge
T 022 307 84 44
Molino Select, Zurigo
Limmatquai 16
8001 Zurigo
T 044 261 01 17
Molino Glattzentrum
Einkaufszentrum Glatt
8301 Glattzentrum
T 044 830 65 36
Molino Stauffacher, Zurigo
Stauffacherstrasse 31
8004 Zurigo
T 044 240 20 40
Le Lacustre, Ginevra
Quai Général-Guisan 5
1204 Ginevra
T 022 317 40 00
Frascati, Zurigo
Bellerivestrasse 2
8008 Zurigo
T 043 443 06 06
marzo 2015 La Rivista - 73
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Motori
di Graziano Guerra
Nuova Mazda2
L’equilibrata utilitaria
con equipaggiamento di lusso
Si tratta del modello Mazda destinato a competere nel segmento B,
uno dei più agguerriti del mercato europeo, e sostituisce una macchina che ha ricevuto il premio World Car 2008 e che è stata valutata al vertice della sua categoria nel Report TÜV 2015.
Nuova Mazda2 è più lunga del modello precedente, anche di passo,
ha un abitacolo più spazioso, e una serie di sistemi di sicurezza attiva che si abbina a degli equipaggiamenti molto generosi per un’utilitaria. “Come il primo sistema nel segmento di proiezione dati verso
il parabrezza (Active Driving Display) o il sistema di connessione per
smartphone, ma senza distrarre il pilota - ha dichiarato a Barcellona,
alla presentazione europea in sessione dinamica Erika Giandomenico
portavoce di MME - e tutto senza aumentare il peso della vettura”. La
Giandomenico ha parlato anche di “ricerca meticolosa di grammi da
eliminare … e nel farlo abbiamo migliorato la sicurezza, con una scocca
e un telaio più rigidi, portando pure benefici di silenziosità a bordo”.
L’ingegnere giapponese responsabile del progetto, Ayumo DOI, ha
parlato di motori di giusta cilindrata in un segmento dominato dalla riduzione della cubatura, ben adeguati per una maneggevolezza
d’alto livello “dove l’uomo e la macchina diventano una cosa sola,
secondo il famoso principio giapponese Jinba Ittai indicante l’osmosi
che si viene a creare tra cavaliere e cavallo”. La serie degli efficienti
propulsori Skyactiv è stata ottimizzata per il segmento B, aggiungendo alla gamma a benzina ad alta compressione un nuovo diesel
pulito di bassa cilindrata, che arriverà in Svizzera a giugno. Tutte
le versioni hanno di serie il sistema di spegnimento automatico al
minimo denominato Mazda i-stop. Per la Svizzera le 75 e 90 cavalli
sono disponibili con cambio Skyactiv manuale a 5 marce, la 90 CV
pure con automatico a 6 rapporti e la 115 CV a benzina come la 105
CV diesel, con manuale a 6 rapporti.
Rightsizing no donwsizing
Si sa che i giapponesi sono campioni dell’alta tecnologia, e che non
mollano mai. Un esempio in più è dato dagli ingegneri Mazda nella
ricerca e sviluppo di motori a ciclo otto sempre più efficienti, e soprattutto sempre più puliti. Se la maggior parte dei costruttori automobilistici segue già da qualche tempo la cosiddetta via del “downsizing”, cioè la riduzione di emissioni e consumi, ma con l’ausilio
di tecnologie turbo per mantenere le prestazioni, i tecnici Mazda
parlano invece di “rightsizing”, e puntano su una più efficiente combustione all’interno del motore per abbattere le emissioni nocive. Un
problema, quello delle emissioni nocive, che, anche secondo la teoria
già in auge ai tempi dell’introduzione del catalizzatore, si risolverà
definitivamente solo con l’ottenimento della combustione totale
all’interno del motore. I giapponesi, maestri matematici, stanno già
affrontando le problematiche legate alla combustione adiabatica, e
Skyactiv rappresenta solo l’inizio di una tecnologia che in futuro non
mancherà di riservarci novità sorprendenti.
Prezzi e disponibilità
Nuova Mazda2 è disponibile in Svizzera con motori 1.5 benzina e
diesel, quest’ultimo da giugno 2015, negli allestimenti Challenge 75
CV, da CHF 17’400; Ambition 90 CV, da 19’650 e D 105 da 22’750;
Ambition Plus 90 CV da 21’150 e D 105 CV da 24’250, Revolution
115 CV da 24’250, 90 CV da 24’900 e D 105 CV da 26’150.
marzo 2015 La Rivista - 75
L’85° Salone Internazionale dell’Auto di Ginevra
90 prime mondiali e 41 europee
L’elezione dell’Auto dell’Anno
2015 precederà di qualche giorno l’inaugurazione che avverrà
giovedì 5 marzo alla presenza
del Consigliere Federale, signora
Doris Leuthard. 220 espositori
presenteranno circa 900 autovetture nei padiglioni, occupati
sino all’ultimo metro quadrato,
del Palexpo di Ginevra. Un centinaio delle nuove automobili
esposte risponde già oggi alle
norme europee sulle emissioni
del 2020. 131 sono le novità, 90
mondiali e 41 europee, di modelli
e concept-cars annunciate senza le tradizionali grandi sorprese
dell’ultima ora. I visitatori attesi
sono più di 700’000. La casa di
alta orologeria TAG Heuer renderà omaggio agli oltre 150 anni di sport automobilistico con un’esposizione speciale e interattiva. Il Salone dell’Auto di
Ginevra, una delle più importanti e affascinanti vetrine del Mondo dell’Automobile, è tra i cinque migliori al mondo e l’unico con cadenza annuale riconosciuto dall’Organizzazione Internazionale dei Costruttori di Automobili (OICA).
Tutte le migliori Marche del mondo saranno presenti e, fra i nomi delle novità
più affascinanti spuntano: Ferrari 488 GTB, BMW Serie 2 Gran Tourer, Citroën
DS5, Hyundai Tucson, Opel Karl, Renault Kadjar, Skoda Superb, Subaru Levorg,
VW Touran e poi le compatte sportive Audi RS3, Ford Focus RS, Honda Civic
Typer-R e la prima di serie a idrogeno Toyota Mirai. Quest’anno molti preparatori di auto di lusso e designers faranno il loro debutto al Palexpo (Radical Sportscars, Scuderia Cameron Glickenhaus, ED Design, Phiaro, Segula) e Borgward,
un Costruttore pressoché centenario che festeggerà la sua rinascita. Inoltre, fra
i progetti più accattivanti in bella mostra si potranno ammirare: Rinspeed Budii,
un concetto svizzero di automobile con guida autonoma; Infiniti QX30, Mitsubishi Compact SUV Concept, Suzuki iM-4 e le ultime invenzioni dell’Italdesign
di Giugiaro, di Pininfarina, di Sbarro e Touring Superleggera. Infine, i modelli che
non emettono oltre 95 g di CO2/km saranno elencati in un prospetto, realizzato
dal Salone dell’Auto e da SuisseEnergie, e che sarà disponibile – come pure la
Guida per il visitatore - agli ingressi del Salone. Un padiglione è per tradizione
dedicato ai fornitori di accessori e agli equipaggiamenti per garagisti. In effetti, questo importante appuntamento annuale costituisce anche l’occasione di
mettere in luce il Settore Automotive, con la sua offerta e i suoi servizi.
Il Salone sarà aperto al pubblico per undici giorni, dalle ore 10.00 alle ore 20.00
durante la settimana e dalle ore 9.00 alle ore 19.00 nei weekend, sarà praticato
uno sconto del 50% sul prezzo del biglietto a quanti entreranno dopo le ore 16.00.
Per un viaggio senza stress e senza difficoltà sino al Salone, circoleranno numerosi treni speciali, che arriveranno e partiranno da Ginevra Aeroporto. Le
Ferrovie Federali Svizzere propongono biglietti combinati (viaggio e ingresso
al Salone) a tariffe ridotte. Il visitatore che arriverà in automobile, sarà indirizzato su uno dei tredici parcheggi intorno al Palexpo. Le navette assicureranno
il collegamento con l’ingresso principale.
Italiane in passerella a Ginevra
Ferrari 488 GTB
Il Cavallino Rampante apre un nuovo
capitolo nella storia degli 8 cilindri
Debutta a Ginevra la nuova V8, a 40 anni dalla presentazione della 308 GTB,
prima V8 posteriore-centrale. La 488 GTB offre prestazioni da pista, fruibili
pienamente anche nella guida quotidiana da chi non è pilota professionista. La nuova berlinetta sintetizza le conoscenze acquisite dalla ferrari nelle
competizioni F1 e WEC dove la 458 GT è campione del mondo e trionfatrice
tra l’altro delle due ultime edizioni della 24 Ore di Le Mans. In più, il nuovo modello sfrutta il konw how accumulato dai tecnici Ferrari in 10 anni
di programma XX, con vetture estreme guidate da gentleman-driver. Il V8
turbo da 3902 cm3, ai vertici per potenza, coppia e tempi di risposta è completamente nuovo e contribuisce a fare della Ferrari 488 GTB un punto di
76 - La Rivista marzo 2015
riferimento per propulsori con questa architettura. Eroga 670 cv a 8.000 giri/
minuto, coppia massima di 760 Nm in settima marcia, tempo di risposta di
0,8 secondi a 2000 giri/min e assicura l’eccezionale accelerazione da 0-200
km/h in 8,3 secondi. Il cambio utilizza il Variable Torque Management che
eroga la poderosa coppia in modo crescente e continuo. Disegnata dal Centro Stile Ferrari, mostra reminiscenze della 308 GTB originale.
Prima Europea per l’Alfa Romeo 4C Spider
La nuova fiammante 4C Spider sarà in prima europea al Salone Internazionale di Ginevra e, probabilmente, dai concessionari
svizzeri dal prossimo aprile, ma il prezzo non è ancora noto. È
spinta da un 4 cilindri turbocompresso di alluminio nella classica cilindrata Alfa Romeo di 1.750cc, impressionante la potenza
specifica di 136 CV/litro. Il motore in posizione centrale, la tecnologia d’avanguardia e le dimensioni compatte promettono alta
precisione, agilità e prestazioni. Per un maggiore confort nelle
modalità Dynamic, Natural o All weather, il cambio Alfa Romeo
TCT è dotato di modalità automatica. Sette i colori della 4C Spider: rosso alfa, nero, bianco, grigio basalto (metallizzato), rosso
competizione (tristrato), bianco madreperla (tristrato) e il nuovissimo giallo. Per la regione EMEA sono previste 3.000 unità, delle
quali circa 250 per la Svizzera.
500X City Look e 500X Off-Road Look
Con la versatile crossover 500X, Fiat amplia la famiglia delle 500.
A ottobre è stata una delle star al salone internazionale di Parigi e
certamente raddoppierà a Ginevra. A marzo in Svizzera sarà pure
in distribuzione. Entrambe le varianti - 500X City Look e 500X
Off-Road Look - si presentano perfette per ogni esigenza, con
motori ecocompatibili e brillanti e soluzioni innovative anche per
quanto riguarda l’infotaiment. Per la nuova sono possibili diverse
combinazioni di motore-cambio e trazione. A benzina: 110 CV
1.6 “E-torQ” (manuale a 5 marce e trazione anteriore), 140 CV
1.4 Turbo MultiAir II (manuale a 6 marce e trazione anteriore),
140 CV 1.4 II Turbo MultiAir (doppia frizione, 6 marce e trazione
anteriore) e il 170 CV a benzina 1.4 Turbo MultiAir II (cambio
automatico a 9 rapporti e trazione integrale). Oppure con motori
turbodiesel: 120 CV 1.6 MultiJet II (manuale a 6 marce e trazione
anteriore) e 140 CV 2.0 MultiJet II (manuale a 6 marce e trazione
Jeep Renegade “Novità dell’Anno 2015”
anteriore o cambio automatico a 9 marce e trazione integrale). Il
listino prezzi elvetico parte da 19’990 franchi.
Secondo i lettori di Quattroruote la nuova Jeep Renegade è la
“Novità dell’Anno 2015” con il 24,1% delle preferenze. Indetto dal 2000 a oggi, il concorso ha già visto trionfare ben nove
modelli di FCA Italy, e la nuova Renegade è la prima Jeep a conquistare l’ambito titolo tra una rosa di concorrenti selezionata
dalla redazione. Lanciata in Italia a settembre e subito entrata
nella “top ten” delle auto più vendute nella sua categoria, la Renegade ha raggiunto la prima posizione del segmento lo scorso
dicembre. Nello stesso mese, la nuova vettura Jeep ha conquistato le prestigiose 5 stelle Euro NCAP con un punteggio globale
di 80/100, ottenuto grazie soprattutto all’87% per la protezione
degli adulti e all’85% per quella dei bambini, e con risultati positivi in tutti i principali test. Prodotta a Melfi e commercializzata in oltre 100 nazioni nel mondo, inclusi gli Stati Uniti,
la nuova è caratterizzata da una grande personalità stilistica e
presenta proporzioni adatte sia all’utilizzo in città sia su tracciati
off-road. In Svizzera è disponibile nelle varianti Sport, Longitude, Limited e Trailhawk, con motore turbodiesel 2.0 Multijet II
con potenze da 140 o 170 CV. Il nuovo cambio automatico a 9
rapporti è disponibile con gli allestimenti Trailhawk e Limited. Il
listino prezzi parte da 24’950 franchi.
marzo 2015 La Rivista - 77
Starbene
La voce e la scelta del
partner
Nella scelta di un partner, sia di sesso maschile sia femminile, spesso gioca un
ruolo rilevante il tono di voce. Nella fattispecie, voci maschili più profonde e
voci femminili più acute connotano la persona, rendendola a seconda dei casi
più o meno attraente.
Precedenti studi su animali e uccelli, hanno per esempio suggerito come in
base al tono (o frequenza) della voce, gli stessi reagissero in modi differenti. Per esempio, un tono di voce molto basso viene associato a un corpo di
dimensioni maggiori, una posizione dominante e un potenziale aggressore.
Al contrario, un tono di voce più acuto, indicherebbe un corpo più esile, una
posizione di sottomissione e possibile paura.
Con queste informazioni in mano, i ricercatori dell’University College di Londra
(UK), coordinati dal dottor Xu Yi, hanno voluto controllare se questo principio
di attrattività vocale valesse anche per l’essere umano.
Gli studiosi hanno così reclutato un gruppo di volontari maschi, cui far ascoltare una voce femminile che era stata elettronicamente alterata mediante
variazione del “pitch” (il tono), la qualità della voce e la spaziatura al fine di
instillare l’idea di una dimensione del corpo più piccola. Allo stesso modo, a un
gruppo di volontari femmine è stata fatta ascoltare una voce maschile alterata con la stessa procedura, ma per far credere che il corpo fosse più grande.
Al termine degli esperimenti, i ricercatori hanno scoperto che gli ascoltatori di
sesso maschile preferivano le voci femminili caratterizzate da un tono più alto,
una voce più sospirante e con una spaziatura più ampia. Queste caratteristiche facevano pensare a un corpo più piccolo, magro.
Come ci si aspettava, le volontarie di genere femminile hanno mostrato di preferire una frequenza di voce maschile più bassa, spaziatura ridotta e tonalità più
gravi – il che presupponeva l’appartenenza a un corpo di maggiori dimensioni.
Tuttavia, la preferenza delle donne è andata alle voci maschili sì più profonde,
ma il cui tono era più dolce o sussurrato (quasi suadente) perché associato a
minore aggressività – nonostante le possibili maggiori dimensioni del fisico.
I risultati completi dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica
PLoS One, e suggeriscono che in fondo l’essere umano, per quanto evoluto,
resta pur sempre un animale e che certe interazioni – in questo caso, vocali –
chiamano ancora in causa certi istinti animali.
78 - La Rivista marzo 2015
Cerotto intelligente
Cerotti e garze intelligenti, biodegradabili e biocompatibili, basati
su polimeri naturali, in grado di incorporare olii essenziali, prevenire infezioni e facilitare la guarigione di ferite ed ustioni. È il
frutto della ricerca nel campo dei dispositivi biomedici condotta
dal gruppo Smart Materials, in collaborazione con il Dipartimento
di Ricerca e Sviluppo Farmaci dell’Istituto Italiano di Tecnologia di
Genova (Iit).
Alla base di questa innovazione nel campo dei prodotti per medicazioni di ustioni e ferite, informa un comunicato, ci sono materiali
preparati grazie alle nanotecnologie, basati su polimeri naturali
in grado di incorporare olii essenziali e altri composti derivati da
prodotti naturali quali cannella, menta e limone con diverse proprietà (anti-batteriche, anti-infiammatorie, anti-ossidanti). Con i
nuovi materiali si possono realizzare non solo cerotti, ma vari tipi
di medicazioni e altri dispositivi biomedici. I ricercatori sono riusciti a sviluppare questi nano-materiali compositi di cui possono
controllare le proprietà e il rilascio dei principi attivi.
“In pratica decidiamo noi quando, come e cosa il cerotto rilascia
sulla ferita” afferma Athanassia Athanassiou, responsabile del
gruppo Smart Materials. “Il vantaggio di questi nuovi prodotti è la
maggiore efficienza abbinata al costo di produzione ridotto” spiega
Rosalia Bertorelli ricercatrice del Dipartimento di Ricerca e Sviluppo Farmaci, “Abbiamo già depositato tre brevetti riguardanti questi
nuovi prodotti e abbiamo diversi investitori già interessati, se tutto
va bene, stiamo pensando a partire con un progetto di startup”.
Un breve riposino
può annullare gli effetti
negativi di una notte
insonne
Una pennichella anche di soli 30 minuti, consente di recuperare i guasti di
una notte insonne o quasi. Lo rivela uno studio pubblicato sul Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism (JCEM) e condotto da Brice Faraut della
Université Paris Descartes-Sorbonne Paris Cité. La carenza cronica di sonno
è ormai divenuta un problema di salute pubblica in molti paesi. Strozzati tra
mille impegni, distratti da tablet e smartphone, sono tantissimi coloro che
perdono ogni notte preziose ore di sonno nonostante sia ormai assodato
che dormire poco fa male alla salute, rallenta i riflessi, riduce la produttività,
incide sul rischio di malattie come diabete e obesità.
Gli esperti hanno coinvolto un campione di maschi di 25-32 anni, “ospitandoli” per alcuni giorni nel loro laboratorio del sonno. La prima notte i
volontari - sottoposti a un’alimentazione controllata - hanno dormito otto
ore; la notte successiva solo due ore, con la possibilità o meno di fare una
pennichella il giorno seguente. Analizzando campioni di urine and saliva di
ciascun volontario, varie sostanze sono state monitorate, ormoni ma anche
molecole con importanti funzioni immunitarie. Dopo la notte semi-insonne
è emerso un netto squilibrio dell’ormone norepinefrina, una molecola molto
importante del sistema nervoso che controlla tra le altre cose la frequenza
cardiaca. La noreprinefrina risulta più che raddoppiata in seguito a carenza
di sonno. Invece una molecola con funzione immunitaria (interleuchina 6)
risulta diminuita nella saliva dopo la notte quasi insonne.
Ma la concentrazione di queste due molecole torna esattamente alla normalità se alla notte semi-insonne segue la pennichella pomeridiana il giorno successivo. Fare un riposino il pomeriggio è stato più volte riferito come
un toccasana per la salute di grandi e piccini; questo studio inizia a svelare
le basi scientifiche dei suoi effetti.
Un gene per “spegnere”
il cancro
Esiste un gene capace di “spegnere” il cancro non agendo sulla cellula
tumorale, come invece fanno tutti gli altri oncosoppressori fino ad oggi
noti, ma tenendo sotto controllo l’infiammazione che favorisce l’insorgenza e lo sviluppo del tumore.
La scoperta, frutto di uno studio finanziato dall’Associazione italiana per
la ricerca contro il cancro(Airc), è stata pubblicata su Cell.
«Per capire l’importanza di questo studio, che ha coinvolto molti medici e ricercatori di Humanitas, in collaborazione con prestigiosi istituti internazionali ha spiegato Alberto Mantovani, Direttore Scientifico di Humanitas e docente
di Humanitas University - bisogna ricordare quali sono le caratteristiche che
connotano come “tumorale” una cellula: se la paragoniamo ad un’automobile, avere l’acceleratore sempre schiacciato (ovvero avere sempre attivi gli oncogeni, i geni che la fanno riprodurre) e i freni che non funzionano (intendendo
per “freni” gli oncosoppressori che sopprimono la crescita tumorale)».
«Altra caratteristica fondamentale della cellula tumorale è il suo essere
inserita in una “nicchia ecologica” particolare: un microambiente infiammatorio nel quale e grazie al quale cresce e prolifera».
Lo studio dimostra per la prima volta che una molecola dell’immunità
innata, PTX3, scoperta 20 anni fa dallo stesso Mantovani e dal suo team,
si comporta come un oncosoppressore con un meccanismo nuovo e unico, ossia frena la formazione del cancro perché tiene sotto controllo la
risposta infiammatoria.
«Le nostre ricerche hanno evidenziato che in alcuni tumori (colon, pelle e un
tipo di sarcomi) - ha proseguito Mantovani - PTX3 viene come “spenta” precocemente, nel colon allo stadio di tumore benigno (adenoma). Questo spegnimento toglie i freni a una cascata di mediatori dell’infiammazione detta
“complemento”. Così, il tumore recluta “poliziotti corrotti”, i macrofagi, che ne
promuovono la crescita e l’instabilità genetica. Si tratta di una scoperta inattesa, da cui ci aspettiamo importanti implicazioni sul fronte clinico».
La molecola PTX3 era già candidata al trasferimento al letto del paziente:
«Anche grazie al sostegno di AIRC (programma 5x1000) stiamo testando
PTX3 come potenziale farmaco per impedire le infezioni da Aspergillus
nei pazienti affetti da tumore e con le difese immunitarie compromesse.
Oggi, questa nuova scoperta fornisce un ulteriore motivo per attivare una
sperimentazione clinica di PTX3 contro i tumori».
marzo 2015 La Rivista - 79
Precisione svizzera
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Mondo in Fiera
OLIO CAPITALE:
Trieste, 7 – 10 marzo
9° Salone degli Oli Extra Vergini
tipici e di qualità
MECSPE:
Fiere di Parma, 26-28 marzo
Tecnologie per l’innovazione
COSMOPROF 2015 Worldwide:
Bologna, 20-23 Marzo
Mostra Internazionale per
l’industria della bellezza
professionale
Salone del Mobile 2015:
Milano, 14 -19 aprile
L’eccellenza nell’arredo, nella luce
e negli spazi di lavoro
VINITALY 2015:
Verona, 22-25 marzo 2015
Salone Internazionale del
vino e dei distillati
Wise: Work in sports exhibition,
Lausanne, 6-7 maggio
La convention internazionale
per le opportunità di carriera
nello sport
marzo 2015 La Rivista - 81
OLIO
CAPITALE:
Trieste,
7 – 10 marzo
9° Salone degli Oli
Extra Vergini tipici
e di qualità
Il nuovo extravergine d’oliva, quest’anno,
sarà ancora più prezioso. Ce ne sarà di meno,
a causa della difficile annata che ha vissuto
l’olivicoltura italiana, ma ci sarà. E la prima
vetrina in cui si potrà degustarlo e comprarlo sarà Olio Capitale, la più importante fiera
interamente dedicata alle migliori produzioni
di extravergine, dal 7 al 10 marzo 2015 nella
Stazione Marittima di Trieste.
Il salone italiano degli oli extravergini tipici e
di qualità, organizzato da Aries, torna per la
nona edizione riconfermando la formula che
edizione dopo edizione l’ha fatto divenire
l’appuntamento di riferimento per gli operatori e gli amanti dell’extravergine a livello
nazionale e internazionale.
Centinaia di etichette presentate, incontri d’affari tra espositori e buyer stranieri e
poi gli eventi collaterali per coinvolgere e
formare il grande pubblico con i mini-corsi
d’assaggio e le lezioni della Scuola di Cucina
di Olio Capitale. Il tutto nel cuore di Trieste,
a due passi da Piazza Unità, la principale
piazza della città, in una location suggestiva
circondata dal mare.
Nell’arco dei quattro giorni dell’ottava edizione del Salone degli Extra Vergini Tipici e
di Qualità sono state 10.600 le persone che
hanno visitato la fiera dedicata esclusivamente al principe degli oli, molte delle quali
provenienti dall’estero. In forte crescita la
presenza di austriaci, tra i quali numerosi
ristoratori e albergatori, e di visitatori professionali giapponesi. Un pubblico variegato ma
sempre più attento alla qualità dei prodotti ed
alla cultura dell’eccellenza a tavola, come ha
dimostrato il tutto esaurito alle degustazioni,
ai mini corsi d’assaggio tenuti dagli esperti
dell’ONAOO all’Oil Bar ed agli showcooking
della “Scuola di cucina di Olio Capitale”.
“Olio Capitale è un evento che continua a
crescere di edizione in edizione, ottenendo
non solo il favore del pubblico, ma anche
quello degli espositori e dei buyer esteri “spiega il presidente della Camera di Commercio, Antonio Paoletti - “Partecipando ad
Olio Capitale i produttori hanno la possibilità
di affacciarsi al mercato internazionale attraverso il contatto diretto con buyer provenienti da tutto il mondo. Inoltre, quest’anno
Olio Capitale ha rappresentato un importante punto di riferimento per la tutela dell’extra
vergine italiano di qualità dopo la polemica
scatenata dal New York Times. Infine, non
va sottovalutato l’indotto positivo che la
82 - La Rivista marzo 2015
manifestazione genera a Trieste grazie al rilevante afflusso di persone”.
La nona edizione porta naturalmente anche
delle novità, a partire dalle date: il Salone
sarà aperto sabato, domenica, lunedì e martedì, con due giornate, quest’ultime, dedicate
prevalentemente agli incontri d’affari e alla
ristorazione. Cresce, infatti, l’attenzione per
il business, così come il focus sull’internazionalizzazione, per rispondere ancor meglio
alle esigenze degli operatori professionali e
per facilitare l’incontro tra domanda di extravergine italiano proveniente dai mercati
esteri e l’offerta dei produttori.
Torna anche il Concorso Olio Capitale, il concorso internazionale riservato agli oli del Mediterraneo in cui a decretare il miglior olio è
una triplice giuria: quella degli assaggiatori
professionali, quella dei ristoratori e quella
dei consumatori chiamati a degustare una
rosa di campioni preselezionata da un panel
professionale.
Altre informazioni su www.oliocapitale.it
Per ulteriori informazioni:
Camera di commercio italiana
per la Svizzera
Seestrasse 123; CH-8002 Zurigo
[email protected]
www.ccis.ch
I primi 100 anni di Maserati
Inizia un anno di celebrazioni per il centenario
Inizia un anno di celebrazioni per il
Inizia un anno l centenario
COSMOPROF
2015
Worldwide:
Bologna,
20-23 Marzo
Mostra Internazionale
per l’industria della
bellezza professionale
Da oltre 45 anni Cosmoprof Worldwide Bologna è la piattaforma internazionale per il
business della cosmetica e del benessere, fiera
leader mondiale per l’industria della bellezza
professionale a 360°, con 90.000 i metri quadri di superficie espositiva dedicati nel 2014
ai diversi settori della bellezza: Profumeria e
Cosmesi, Naturale, Packaging e Contoterzismo, Estetica e Spa, Capelli, Unghie. Tanti gli
espositori, i visitatori e i buyer esteri che fanno
di questa manifestazione, anno dopo anno, un
vero e proprio “hub” internazionale dove professionisti e decision maker si incontrano per
sviluppare il proprio business, creare nuove
partnership ed essere aggiornati su tutto ciò
che c’è di nuovo nel mondo beauty.
Dopo l’ennesimo successo di COSMOPROF
2014 che batte il record con 207.238 visitatori (+ 7%) di cui esteri 59.319 (+ 21%), con
250.000 prodotti esposti, 2.450 Espositori provenienti da 69 paesi, 24 Collettive Nazionali
(con le new entry di Giappone, Singapore, Malesia,Indonesia,Tailandia, Bulgaria e Perù), 1031
Giornalisti Accreditati, di cui 620 dall’Estero
ed oltre un milione di visitatori, l’edizione del
2015, che si svolgerà dal 20 al 23 Marzo presso
il quartiere fieristico di BolognaFiere, parte con
ottimi presupposti. I dati sopra citati definiscono la vocazione globale di Cosmoprof Worldwide Bologna che, con le piattaforme di Las
Vegas e Hong Kong si conferma come la Fiera
più importante del mondo del beauty.
In concomitanza con il Cosmoprof, ma in partenza un giorno prima e cioè dal 19 al 22
Marzo 2015, si svolgerà Cosmopack, lo show
nello show di Cosmoprof Worldwide Bologna
che beneficia della sinergia con la più importante fiera sulla bellezza e che comprende
tutti i settori dell’industria in un’unica sede.
E’ la più grande fiera internazionale dedicata
alla filiera produttiva della cosmetica in tutte le sue componenti: materie prime, macchinari e automazione, packaging e soluzioni full service. I contenuti creativi, i prodotti
presentati e le formule innovative fanno di
questa manifestazione un evento unico.
Le oltre 1800 aziende di Cosmoprof, figure
chiave dell’industria cosmetica, sono i primi
potenziali buyer degli espositori di Cosmopack.
La forza di questa manifestazione è il suo
stesso obiettivo: il traguardo di un processo
produttivo, il traguardo di tutti coloro che lavorano nella ricerca di nuovi materiali, nella
formulazione di nuove texture, nella progettazione di nuovi impianti produttivi e di imballaggi dal design innovativo.
I visitatori di Cosmopack rappresentano i decision maker delle aziende beauty e sono in
prevalenza: CEO, responsabili acquisti, direttori tecnici, brand manager, packaging designer, responsabili R&D, Responsabili marketing e commerciali.
Per ulteriori informazioni:
Camera di commercio italiana
per la Svizzera
Seestrasse 123; CH-8002 Zurigo
[email protected]
www.ccis.ch
marzo 2015 La Rivista - 83
VINITALY
2015:
Verona,
22-25 marzo
Salone Internazionale
del vino e dei distillati
Vinitaly , la principale manifestazione di riferimento del settore vinicolo, con oltre 4 mila
espositori, 155 mila visitatori, dei quali 56.000
esteri provenienti da 120 Paesi, si svolgerà a Verona dal 22 al 25 Marzo 2015.
Quattro giorni di grandi eventi, rassegne,
degustazioni e workshop mirati all’incontro
delle cantine espositrici con gli operatori del
comparto, assieme ad un ricco programma
convegnistico che affronta ed approfondisce
i temi legati alla domanda ed offerta in Italia,
Europa e nel resto del mondo. Con una superficie espositiva di 91.140 mq Vinitaly rappresenta la manifestazione che più d’ogni altra
ha scandito l’evoluzione del sistema vitivinicolo nazionale ed internazionale, contribuendo a fare del vino una delle più coinvolgenti
e dinamiche realtà del settore primario. Il
2015 sarà un anno speciale per l’immagine del
vino italiano nel mondo, con i riflettori accesi
dell’Expo di Milano. Impegnata direttamente
nella realizzazione del Padiglione “Vino - A
taste of Italy” sull’esperienza vitivinicola italiana, Veronafiere ha riorganizzato e ampliato
il suo calendario degli eventi dedicati al vino
in Italia e all’estero, per renderli sinergici con il
grande appuntamento milanese.
84 - La Rivista marzo 2015
Le attività per l’organizzazione del più importante Salone internazionale del vino stanno
procedendo rapidamente come pure quelle per
Sol&Agrifood ed Enolitech (www.solagrifood.
com – www.enolitech.com) che si svolgono
in contemporanea e per OperaWine (www.
operawine.it), in programma il 21 marzo. Infatti quest’anno la sinergia tra Vinitaly e i saloni Sol&Agrifood ed Enolitech, sarà ancora più
stretta, per offrire ai professionisti del vino, in
arrivo da 120 Paesi, una panoramica completa
della produzione italiana, fatta di vini di qualità,
tradizione alimentare e tecnologie innovative:
un unicum inimitabile che segna la differenza
tra Italia e resto del mondo. Già aperte le iscrizioni ed iniziata l’attività di incoming di buyer
internazionali, in collaborazione con le associazioni di categoria e le aziende vitivinicole. Cambia anche la programmazione di Vinitaly and
the City, il FuoriSalone serale di Vinitaly. L’evento, che si svolgerà per la prima volta all’aperto
nelle piazze storiche della città di Verona, è in
calendario dal 19 al 24 marzo: 6 giorni al posto
dei 2 dello scorso anno, per dare ai winelover
e agli operatori in arrivo da tutto il mondo più
tempo per scoprire il gusto e la qualità dell’enogastronomia italiana.
Il 19 marzo è in programma il Concorso Internazionale Packaging, dedicato all’abbigliaggio,
cioè alla veste grafica delle bottiglie di vini e
distillati provenienti da uve, vinacce, mosto o
vino. Da quest’anno il concorso apre il giudizio
anche alle categorie dei distillati diversi dall’uva
(vale a dire gin, rum, whisky), a tutti i liquori
e all’olio extravergine di oliva (iscrizioni dal 1°
febbraio al 10 marzo). Eccezionalmente, in occasione dell’Esposizione Universale di Milano, il
Concorso Enologico Internazionale (www.vinitaly.com/areaEspositori/concorsiVinitaly/sel/2)
si svolgerà dopo Vinitaly – dal 12 al 16 aprile
2015 -, non prima come tradizione. La competizione enologica più importante e selettiva al
mondo, giunta alla 22^ edizione diventa così
vetrina per i migliori vini provenienti da tutti i
Paesi produttori, mentre i vini italiani vincitori
di Gran Medaglie d’Oro e Medaglie d’Oro saranno i protagonisti di speciali degustazioni organizzate durante l’Expo all’interno di Vino – A
taste of Italy. Iscrizioni al concorso aperte dal 1°
febbraio al 25 marzo 2015.
Per quanto riguarda l’olio extravergine di oliva
di qualità, dopo la positiva esperienza del 2014
viene confermato lo sdoppiamento del Concorso Sol d’Oro, con l’edizione dedicata gli oli
dell’Emisfero Nord in programma dal 15 al 21
febbraio – chiusura delle iscrizioni il 10 febbraio
- e quella per la produzione oleicola dell’Emisfero Sud a settembre.
Per ulteriori informazioni:
Camera di commercio italiana
per la Svizzera
Seestrasse 123; CH-8002 Zurigo
[email protected]
www.ccis.ch
I primi 100 anni di Maserati
Inizia un anno di celebrazioni per il centenario
Inizia un anno di celebrazioni per il
Inizia un anno l centenario
MECSPE:
Fiere di Parma,
26-28 marzo
Tecnologie per
l’innovazione
MECSPE è la fiera di riferimento per l’industria
manifatturiera. Il punto d’incontro tra tecnologie per produrre e filiere industriali, grazie alla
sinergia di 9 Saloni tematici che si svolgono in
contemporanea e che offrono al visitatore una
panoramica completa su materiali, macchine e
lavorazioni per implementare una produzione
eccellente partendo dal concept di un manufatto sino ad arrivare alla sua realizzazione.
Sono raggruppamenti merceologici che permettono all’espositore di dare la massima visibilità ai propri prodotti innovativi e allo stesso
tempo aiutano il visitatore a individuare le migliori proposte nelle diverse aree e a orientarsi
in fiera grazie ad una segnaletica ad hoc.
L’evento rappresenta dunque, grazie a questa
sinergia, un’eccellente opportunità di matching interno tra gli espositori dei diversi saloni. I settori trattati vanno dall’Aerospaziale,
Arte, Automotive, Casalinghi, Costruzione,
Stampi, Dentale, Energia, Meccanica Generale, Meccanica di Precisione, Medicale al Motorsport e Packaging.
Questi i numeri dell’edizione precedente, 59.000
mq espositivi, 31.625 visitatori, 1.087 espositori,
16 unità dimostrative, 15 quartieri tematici, 7
saloni tematici, 9 piazze d’eccellenza, 13 convegni e oltre 90 miniconferenze organizzate da
aziende, università e istituti di ricerca.
Dopo il successo dell’edizione 2013, torna a
Parma il 25 e il 26 marzo 2015 la seconda edizione del Gear Forum, appuntamento internazionale dove opinion leader, buyer esteri e i
più importanti fornitori di ingranaggi si incontreranno per parlare del futuro del mercato.
Le tematiche su cui si confronteranno gli attori
in questa edizione sono gli ambiti applicativi
dei sistemi di trasmissione; a moderare gli interventi il prof. Carlo Gorla del Politecnico di
Milano – Dip. Ingegneria Meccanica e Direttore
Tecnico di Organi di Trasmissione. Giovedì 26
marzo il Gear Forum diventerà all’interno di
MECSPE una piazza dell’eccellenza nella quale
verranno presentate le più innovative soluzioni
di trasmissioni utilizzate nei settori: aeronautico, agricoltura, automotive, energia, eolico,
industria pesante, industria manifatturiera,
movimento terra, navale. All’interno dell’area
e negli stand degli espositori saranno presenti
filiere produttive che mostreranno in fiera le
varie fasi di lavorazione degli ingranaggi.
È confermata inoltre la seconda edizione
della Fabbrica Digitale, oltre l’automazione,
un progetto di integrazione digitale di tutti i
sistemi e sottosistemi che compongono una
moderna fabbrica, per rendere più efficienti i
processi, sia dal punto di vista della riduzione delle tempistiche e dei costi, sia da quello
della scelta del miglior partner industriale,
senza limiti fisici o territoriali. Grazie, infatti,
all’utilizzo delle tecnologie digitali è possibile progettare e realizzare parti del manufatto
in località diverse: una nuova frontiera per le
aziende che vogliono mettersi a disposizione, come partner competitivi, di un mercato
sempre più globalizzato. Cuore della Fabbrica
Digitale sarà il nuovo prototipo di vettura elettrica da corsa superleggera (dal peso massimo
di 20 kilogrammi) progettata dal team H2Polito del Politecnico di Torino con il supporto
di partner industriali, la quale sarà dotata di
un sistema d’alimentazione Hydrogen fuel cell,
con scocca in fibra di carbonio.
Scopri queste ed altre novità dell’edizione
2015 su http://www.mecspe.com .
Per ulteriori informazioni:
Camera di commercio italiana
per la Svizzera
Seestrasse 123; CH-8002 Zurigo
[email protected]
www.ccis.ch
marzo 2015 La Rivista - 85
Salone del
Mobile
2015:
Milano,
14 -19 aprile
L’eccellenza nell’arredo, nella luce e negli
spazi di lavoro
La 54a edizione del Salone del Mobile aprirà
le porte da martedì 14 a domenica 19 aprile,
presso il quartiere fieristico di Rho. Qualità e innovazione, oltre a importanti eventi
collaterali e una completa e ampia offerta
merceologica sono gli ingredienti che contribuiscono a rendere il Salone l’evento da
non perdere.
Con più di 2.000 espositori, un’area espositiva
superiore ai 200.000 m2 e migliaia di prodotti
presentati al mercato in anteprima, il Salone
del Mobile si conferma ogni anno la fiera di
riferimento del settore a livello internazionale,
in grado di attrarre oltre 300.000 visitatori provenienti da più di 160 Paesi.
Aperto agli operatori ogni giorno dalle 9.30 alle
18.30, il Salone potrà essere visitato anche dal
pubblico nelle giornate di sabato e domenica.
Con il Salone Internazionale del Mobile Salone
Internazionale del Mobile, suddiviso nelle tre
tipologie stilistiche Classico, Moderno e Design,
il Salone del Complemento d’Arredo e il SaloneSatellite quest’anno tornano le biennali Euroluce nei padiglioni 9-11 e 13-15 e Workplace3.0/
SaloneUfficio, all’interno dei padiglioni 22-24
dedicata all’ambiente di lavoro.
A Euroluce, la manifestazione in cui protagonista è l’eccellenza nel mondo dell’illuminazione,
saranno presentate le novità dell’illuminazione
novità in fatto di apparecchi per l’illuminazione
da esterni, da interni, industriali, per spettacoli ed eventi, per il settore ospedaliero, per usi
speciali; di sistemi di illuminazione, sorgenti luminose e software per le tecnologie della luce.
Workplace3.0 sarà invece una proposta espositiva con un concept innovativo dedicato al design e alla tecnologia per la progettazione dello
spazio di lavoro nel suo insieme. Workplace3.0
riunirà le proposte migliori del mondo dell’arredamento proposte migliori del mondo dell’arredamento per ufficio, banche e istituti assicurativi, uffici postali e ambienti pubblici; delle
sedute per ufficio e comunità, degli elementi
per acustica, delle partizioni interne e dei rivestimenti, dei complementi d’arredamento per
ufficio e delle tecnologie audio-video.
Nei padiglioni 22 e 24 padiglioni – gli stessi di
Workplace3.0 – e con ingresso libero al pubblico
da Cargo 5, torna il SaloneSatellite. Giunta alla
sua 18a edizione, la manifestazione quest’anno è dedicata al tema “Pianeta vita” inerente a
quello di EXPO “Nutrire il pianeta, energia per la
vita”. Luogo di incontro per eccellenza tra i 700
giovani designer selezionati da ogni parte del
mondo, gli imprenditori, gli architetti, gli interior designer e la stampa, la manifestazione è
dedicata agli under 35 che non solo presentano
qui i loro progetti, ma hanno anche la possibilità di essere selezionati per la 6a edizione del
concorso edizione SaloneSatellite Award, che
ogni anno premia i 3 migliori prototipi tra quelli
presentati, relativi alle categorie merceologiche
presenti in fiera.
Per tutte le novità visitare il sito internet
www.salonemilano.it
Per ulteriori informazioni:
Camera di commercio italiana
per la Svizzera
Seestrasse 123; CH-8002 Zurigo
[email protected]
www.ccis.ch
86 - La Rivista marzo 2015
I primi 100 anni di Maserati
Inizia un anno di celebrazioni per il centenario
Inizia un anno di celebrazioni per il
Inizia un anno l centenario
Wise:
Work in sports
exhibition,
Lausanne,
6-7 maggio
La convention internazionale per le opportunità di carriera
nello sport
WISE è l’unica convenzione internazionale per
lo sviluppo della carriera nello sport. Questo
evento annuale di due giorni raccoglie intorno
a 1’000 partecipanti e più di 65 espositori a
Losanna, la capitale olimpica della Svizzera.
Losanna è la capitale olimpica e la casa dello
sport internazionale. Ad oggi quasi 50 organizzazioni sportive internazionali hanno
fatto di Losanna e della regione circostante,
Canton Vaud, la loro casa. Ed è anche la sede
del CIO –Comitato Internazionale Olimpicoe il museo Olimpico. Inoltre, diverse aziende
che lavorano a livello internazionale hanno
la loro sede a Losanna o nei dintorni.
Negli ultimi vent’anni, l’industria dello sport
sta avendo un crescente impatto sull’economia mondiale, investendo in infrastrutture
pubbliche, mobilitando risorse e la creazione
di nuove professionalità e posti di lavoro.
Oggi, lo sport è un vero e proprio mercato
che genera miliardi di fatturato all’anno.
Intraprendere una carriera nello sport rappresenta un sogno per molti ma una realtà solo
per i più fortunati. La missione di WISE è quindi quella di favorire la gestione di questa carriera offrendo una piattaforma di condivisione
a 360° per i leaders di oggi e di domani, per gli
atleti professionisti e per gli ex atleti professionisti che entrano ora nel mondo di WISE.
WISE presenterà una serie senza precedenti di
conferenze interdisciplinari, workshop e tavole rotonde per discutere riguardo le professioni
sportive e le carriere che ne conseguono.
Un gran numero di eccezionali campioni
di oggi e di domani, cosi come molti atleti
professionisti che intraprendono una nuova
carriera nel settore dello sport beneficeranno
dell’unico forum dedicato alla gestione della
carriera in questo mondo.
Il concept della convention si basa su tre
pilastri: Forum, animazioni e area espositiva. Il primo ospiterà una serie di conferenze interdisciplinari, workshop e tavole
rotonde con vari sportivi professionisti di
diverse discipline. Focus è qui la gestione
della carriera e del singolo. Per animazioni si intendono invece delle simulazioni di
professioni sportive da parte di veri atleti
e corsi di formazione dal vivo (motivazione di gruppo, parlare in pubblico…).
Infine nell’area espositiva sarà presente
una selezione di aziende eccellenti con
un interesse spiccato per lo sviluppo delle
professioni sportive come pure una selezione delle migliori istituzioni attive nella
gestione delle carriere.
Scopri tutte le novità dell’edizione 2015 su
www.wiselausanne.com
marzo 2015 La Rivista - 87
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Mondo in Camera
La meccatronica livornese
cerca sbocchi in Svizzera
Export strikes meccanica Varese
Giornata Svizzera Sondrio
Madeinnovitaly Calabria 2015
a Yverdon-les-Bains e Lugano
Investimenti nella ristorazione
Contatti commerciali
L’undicesimo buon motivo per
andare in Sardegna
L’isola si è presentata a Zurigo
Nuovi soci
Servizi camerali
marzo 2015 La Rivista - 89
Mondo in Camera
La meccatronica livornese
cerca sbocchi in Svizzera
La CCIS realizzerà in collaborazione con la
camera di Commercio di Livorno, una presentazione del mercato svizzero nel comparto elettromeccanico, rivolta alle aziende del
comparto meccatronico della provincia di
Livorno alla ricerca di opportunità di esportazione sui mercati esteri.
La presentazione sarà seguita da un’agenda di incontri in Svizzera tra fornitori livornesi e committenti svizzeri nel corso del primo semestre 2015.
La CCIS verrà affiancata nella presentazione
dalla società ticinese specializzata in consulenza aziendale nel comparto meccatronico,
Tabasco Srl.
Per maggiori informazioni:
Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
Seestrasse 123 • Postfach • 8027 Zürich
Tel. +41 44 289 23 27
Fax +41 44 201 53 57
E-Mail: [email protected]
www.ccis.ch
Export strikes meccanica Varese
Una collettiva di imprese attive nella subfornitura meccanica della provincia di Varese
parteciperà a due giornate di incontri B2B con
imprese svizzere di differenti settori industriali
per valutare la possibilità di sviluppare relazioni
commerciali su territorio svizzero.
Per maggiori informazioni:
Alessandro Babini
Seestrasse 123 • Postfach • 8027 Zürich
Tel. +41 44 289 23 24 • Fax +41 44 201 53 57
E-Mail: [email protected] • www.ccis.ch
Giornata Svizzera Sondrio
Questo il programma dell’incontro
le aziende italiane I servizi esclusivi della
Camera di Commercio Italiana per la Svizzera: ricerca buyers, assistenza all’ingresso
nel mercato svizzero, consulenza per la
partecipazione agli appalti svizzeri, prodotti per Expo 2015 (turismo e incoming
di operatori svizzeri), attrazione di investimenti svizzeri per le start-up italiane
tecnologiche.
9.15 Fabrizio Macrì, Segretario Generale
della Camera di Commercio Italiana per
la Svizzera
Breve Focus congiunturale sul mercato
svizzero: opportunità e prospettive per
10.00 Philipp Gallo, Mat Transport Ag
Descrizione delle barriere all’entrata per
le merci italiane in Svizzera (Tariffe, Contingenti, Autorizzazioni, Fiscali). Approfondimento sul tema dei prodotti agricoli,
Mercoledì 11 marzo 2015, presso il Servizio Internazionale della Banca Popolare
di Sondrio Lungo Mallero Luigi Cadorna
24 - Sala Conferenze, la Banca Popolare di
Sondrio (Suisse) SA di Lugano in collaborazione con la Camera di Commercio Italiana
invitar alla “Giornata Svizzera”.
Istituzioni competenti, specificità relative
ad alcuni prodotti di interesse per le aziende presenti e i servizi Mat Transport.
11.00 Colloqui individuali con i due relatori e con i rappresentanti di Banca Popolare di Sondrio (Suisse) Sa.
Per informazioni e iscrizioni
potete rivolgervi presso qualsiasi filiale
della Banca oppure al Servizio Internazionale
tel. +39 0342 528 783
e-mail: [email protected]
http://agora.popso.it/home
Madeinnovitaly Calabria 2015 a
Yverdon-les-Bains e Lugano
La CCIS, nel quadro del progetto realizzato
su incarico della Regione Calabria e dedicato all’innovazione tecnologica ha selezionato una rosa di 8 start up innovative
calabresi (vedi profili allegati) operanti in
diversi settori tecnologici tra cui Biotech,
ICT, Cleantech, Smart City, con l’obiettivo
di promuoverle sul mercato elvetico presso
industria e potenziali investitori.
90 - La Rivista marzo 2015
Il programma delle attività prevede: fino
alle fine di aprile 2015 delle ricerche di
controparti svizzere da individuare nelle seguenti categorie: parchi tecnologici,
centri di ricerca, potenziali committenti
industriali, investitori e università svizzere.
Verranno inoltre organizzati due eventi:
uno presso l’Y-Park di Yverdon-les-Bains
il 23 marzo e il successivo il 24 marzo
a Lugano nei quali saranno presentate le
start up calabresi alla controparti svizzere.
Venite a scoprire l’innovazione Made in
Calabria con Madeinnovitaly e la CCIS!
Per informazioni e iscrizioni
Marianna Valle
[email protected]; [email protected]
Tel: 022 906 85 95
Mondo in Camera
Investimenti nella ristorazione
La Camera di Commercio Italiana per
la Svizzera in collaborazione con il
portale www.gastrokaufen.ch ha sviluppato un nuovo servizio dedicato
agli operatori italiani interessati ad
avviare una propri attività commerciale nel comparto “Gastronomia” (ristorante, bar ecc.).
• Creazione di Business-Plan
• Adattamento Business-Plan
• Costituzione di azienda in Svizzera e
domiciliazione
• Gestione contabile e amministrativa
• Dichiarazione delle imposte
• Apertura partita IVA
• Ricerca fornitori sul territorio svizzero
I servizi offerti sono i seguenti:
• Ricerca location in tutta la Svizzera
• Ricerca Personale (qualificato e non
qualificato)
• Assicurazioni per immobili, servizi e
personale
• Supporto per richiesta permessi (patenti, licenze, importazione ecc.)
Interessati? Il referente del servizio è a
completa disposizione
Luigi Palma
Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
Reparto Servizi alle Imprese
Tel. 0041/44/289 23 - 23; diretto - 29
E-mail: [email protected];
diretto [email protected]
Esercizi “Gastronomici” disponibili a
Zurigo e d’intorni
Ristorante Pizzeria nell’Oberland Zurighese
Locale Nr.: 713
Importante giro d’affari anche con il servizio
pizza a domicilio
Posti 70, terrazza 62
Molti parcheggi - affitto allo stato grezzo
Inventario: CHF 290 000.-Ristorante-Bar a Winterthur
Locale Nr.: 738
Occasione unica per realizzare il proprio sogno gastronomico. Da 15 anni gestito dallo
stesso proprietario.
Posti 70.
Inventario: CHF 590 000.-Un bijou di Café nelle vicinanze di Central
e università - quartiere 1 Zurigo
Locale Nr.: 736
Elegantemente arredato e completamente nuovo. Affitto allo stato grezzo molto conveniente.
Cucina, posti 40, boulevard 8
Inventario: CHF 390 000.-Locale italiano nelle vicinanze di Züri-West
Locale Nr.: 771
Ristorante ben avviato con più di 2 Mio. di
franchi di cifra d’affari
Posti interni 200
Posti in giardino 220
Inventario: CHF 350 000.-Pizzera nel quartiere 10 di Zurigo
Locale Nr.: 765
con ottimo giro d’affari
molti clienti fissi
Posti all’interno da 100 a 120
Terrazza 60 posti
Inventario: CHF 700 000.-Rinomato ristorante di specialità nelle vicinanze di Letzigrund Zurigo
Locale Nr.: 725
Quartiere in forte espansione con molto potenziale
Cucina top - posti superiore agli 80 e 30 in
terrazza
Inventario: CHF 350 000.-Café e ristorante nel quartiere 7 - Zurigo
Locale arredato con stile con ambiente molto
accogliente
Posti ristorante 70 e terrazza 60
Inventario: CHF 250 000.-Ristorante italiano a Zurigo-Höngg
Cifra d’affari superiore a 1. Mio di franchi
Grande giardino appena rinnovato e ampliato
Cucina top
Posti ristorante 150 - terrazza 120
Inventario: CHF 220 000.-Ristorante italiano nel circondario 11 - Zurigo
Arredato con gusto e un bellissimo ambiente.
Terraza grande e coperta
Propri parcheggi
Posti ristorante 52 - terrazza 40
Inventario: CHF 155 000.-Altre location da visionare
www.gastrokaufen.ch
Per informazioni per avviare una propria
attività nel comparto “Gastronomia” contattare:
Luigi Palma,
CCIS,
Tel. 0041/44/289 23 29
[email protected]
marzo 2015 La Rivista - 91
Mondo in Camera
L’isola si è presentata a Zurigo
L’undicesimo buon motivo per
andare in Sardegna
di Sandy Mercuri
Il 29 gennaio, alle ore 19:00, si è
tenuto presso il Papiersaal “Folium”
Sihlcity l’evento “Regione Sardegna
Zurigo” organizzato dall’Assessorato Regionale del turismo, artigianato e commercio della Regione
Sardegna in collaborazione con la
Camera di Commercio italiana per
la Svizzera.
Scopo della serata, la presentazione e la
promozione di questa magnifica terra a
rappresentanti di tour operator svizzeri,
weddings planner, agenzie viaggi specializzate in vacanze in campeggio, stampa e
soci CCIS. Evento incastonato nel contesto
Fespo 2015, importante fiera del turismo,
tenutasi a Zurigo dal 29 gennaio al 1 febbraio, alla quale hanno partecipato oltre
92 - La Rivista marzo 2015
trenta operatori sardi. La serata è iniziata con il saluto di benvenuto del Console
generale d’Italia, Francesco Barbaro ed ha
avuto il suo prosieguo con Francesca Murru, dirigente dell’Assessorato Turismo della
Regione Sardegna, la quale ha ringraziato le Camere di Commercio di Cagliari e
Nuoro per il lavoro svolto e la Camera di
Commercio italiana per la Svizzera per
l’ottima realizzazione dell’evento. Secondo
Francesca Murru sono almeno dieci i “buoni motivi” per visitare la sua meravigliosa
regione, ma quando si pensa alla Sardegna,
le parole contano poco, perché sono i sensi
ad avere il predominio su qualsiasi forma
di convincimento verbale. Scorrono immagini meravigliose che catturano la vista dei
presenti, tantissimi i colori, il bianco delle
spiagge, il verde e l’azzurro del mare, la vi-
vacità dei fondali. E ancora la bellezza dei
nuraghi, il folklore e le feste di paese, l’artigianato e la bellezza del territorio al di là
spiagge: per gli amanti delle escursioni la
Valle di Lainattu, il sito archeologico di Tiscali e ancora il canyon di Gorropu, offrono
un’atmosfera incredibilmente suggestiva,
tra storia, cultura e leggenda.
A ricondurci per qualche ora in terra sarda
due musicisti d’eccezione: Mauro Palmas,
polistrumentista, esibitosi con il suo liuto
cantabile, e Luigi Lai, suonatore di fama
mondiale delle launeddas, strumento dal
suono forte e metallico che infonde emozioni uniche. La musica popolare da noi
ascoltata esprime il carattere riservato,
moderatamente allegro, per nulla chiassoso del popolo sardo. Proprio le launeddas
meritano una nota particolare.
trasmettere le proprie tradizioni, la determinazione nell’andare avanti senza dimenticare le origini, conservando tutto ciò che
è storia, rispettando il proprio ambiente e
le persone che ne fanno parte.
Durante la serata è stato proiettato un video a dir poco esilarante, in cui si vedono due ricercatori stranieri dagli sguardi
allibiti, approdati sull’isola per carpire il
segreto della longevità dei sardi. In Sardegna, la percentuale di centenari è, infatti,
il triplo di quella dei paesi occidentali. Sarà
forse il sole? Il vento? La dieta? O forse è
soltanto genetica. In ogni caso è un dato
di fatto e noi altri possiamo solo restare a
guardare, stupiti, meravigliati e perché no,
anche compiaciuti. In fondo, vedere delle
persone così anziane, in piena forma e felici regala veramente un gran sorriso.
La serata è continuata tra mille chiacchere, leggerezza e business. Il primo ospite
ad arrivare e l’ultimo ad andare via è stato
il proprietario di un’agenzia di viaggi svizzera. Soddisfatto dell’evento e dei contatti
ottenuti mi suggerisce l’undicesimo buon
motivo per andare in vacanza in Sardegna:
il Cannonau. Gli altri buoni motivi invece,
si scopriranno personalmente una volta arrivati sull’isola. Viel Spass!
Come può uno strumento risalente a 3.000
anni fa essere ancora così attuale? Una
delle risposte più belle è stata forse quella
di Gavino Gabriel, compositore ed etnomusicologo sardo scomparso negli anni ’80:
“Il caratteristico suono delle launeddas può
essere considerato una sintesi delle voci
della natura dell’isola. È possibile percepire
i richiami degli animali al pascolo, il cinguettare degli uccelli, l’ululato del vento, il
crepitio del fuoco e lo scorrere dell’acqua.”
Durante la serata nulla è stato lasciato al
caso. A regalare un particolare profumo
alla sala vintage-industriale del Folium,
sacchetti di stoffa artigianali alla lavanda che molti ospiti hanno portato a casa
compiaciuti.
A deliziare i palati dei presenti un buffet
con diverse tipologie di formaggi, marmellate e confetture bio, salumi tipici,
pomodorini di Marreri e pane Carasau. E
ancora dolci buonissimi, di una semplicità
disarmante, sapori d’altri tempi, concerto
per le papille gustative. Tutto arrivato dalla
Sardegna appositamente per l’evento. L’attenzione al dettaglio ha reso unica la serata: a decorare i tavoli ramoscelli di mirto,
corbezzolo e lentischio.
Il sobrio entusiasmo sardo ha contagiato
tutti i presenti. Ammirevole la fierezza di
questo popolo, l’amore e la passione nel
marzo 2015 La Rivista - 93
CONTATTI
COMMERCIALI
Dal mercato italiano
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Pezzi forgiati in acciaio
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Via per Solbiate 43 I – 21040
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Tel. 0039 0331712011
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settore edile in grado di offrire “Soluzioni Chiavi
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esterne, nonché finiture, decorazioni particolari, ristrutturazioni e isolamento a cappotto.
L’azienda rappresenta una delle realtà più significative della propria categoria realizzando sia in
ambito nazionale che internazionale: ambientazioni per catene di negozi, lavori di risanamento
edile, edifici ex-novo e ristrutturazioni.
• Azienda italiana leader nella produzione e progettazione di manufatti in fibra di carbonio ed
altri materiali compositi (carbon-kevlar e fibra di
vetro), per svariati settori ( robotica, nautico, aerospaziale, automotive, biomedicale, industriale
e design ) e certificata ISO 9001:2008, è alla
ricerca di potenziali partner e clienti in Svizzera,
per ampliare la propria rete commerciale estera.
• Azienda italiana leader nella produzione
di soluzioni innovative e tecnologicamente
avanzate per il settore edilizio come guaine
traspiranti, freni vapore, guaine speciali, colmi ventilati, accessori per il tetto ventilato
ed insonorizzanti, è alla ricerca di potenziali
partner e clienti in Svizzera, per ampliare la
propria rete commerciale estera.
• Azienda sudtirolese specialista nella produzione di abbigliamento da lavoro per i settori
industria, gastronomia, medicale/sanitario
nonché abbigliamento freetime/outdoor, è alla
ricerca di potenziali partner e clienti in Svizzera,
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marzo 2015 La Rivista - 95
ATTIVITÀ E SERVIZI
PUBBLICAZIONI
RECUPERO IVA ITALIANA E SVIZZERA
Con i suoi circa 700 Soci la Camera di
Commercio Italiana per la Svizzera, fondata nel 1909, è un‘associazione indipendente ai sensi del Codice Civile Svizzero.
Il suo compito precipuo consiste nella assistenza alle imprese dedite all‘interscambio tra Italia, Svizzera ed il Principato del
Liechtenstein. La gamma dei suoi servizi,
certificati ISO 9001, è molto variegata e
comprende tra l‘altro:
• La Rivista periodico ufficiale
mensile (11 edizioni all‘anno)
• Annuario Soci
• Indicatori utili Italia-Svizzera
• Analisi settoriale – Abbigliamento
• Analisi settoriale – Arredamento
• Analisi settoriale – Energie
Rinnovabili
• Analisi settoriale – Vino
• Guida per i lavoratori distaccanti in
Svizzera
• La realizzazione di lavori in Svizzera
– Focus Edilizia
Il servizio, offerto a condizioni molto
vantaggiose, è rivolto sia ad imprese svizzere
che recuperano l’IVA pagata in Italia, sia alle
imprese italiane che desiderano recuperare
l’IVA pagata in Svizzera.
• Incontri BtoB massimizzando
il ritorno commerciale derivante
dall’incontro tra la domanda svizzera e
l’offerta italiana
• Organizzazione di incontri e
workshop tra operatori, con l‘ausilio di
servizi di interpretariato e segretariato
• Colloqui di consulenza individuale
• Recupero dell‘IVA svizzera in favore
di operatori italiani, nonché dell‘IVA
italiana e tedesca per imprese elvetiche
• Ricerche e consegne semplici di
contatti italiani e svizzeri (produttori,
importatori, grossisti, commercianti, agenti/
rappresentanti)
• Ricerca e mediazione di partners
commerciali italiani e svizzeri
• Ricerca di prodotti, marchi di
fabbricazione e reperimento di brevetti
• Recupero di crediti commerciali
• Investire in Svizzera: servizio
dedicato all’accompagnamento di
investimenti in svizzera
• Azioni promozionali e di direct
marketing
• Assistenza e consulenza in materia
doganale e commerciale
• Informazioni statistiche ed import/
export
• Informazioni relative
all‘interscambio, normative riguardanti gli
insediamenti in Svizzera ed in Italia
• Informazioni riservate su aziende
italiane: visure, bilanci, assetti societari,
protesti, bilanci, rapporti commerciali, ecc.
• Informazioni riservate su aziende
svizzere: estratto dal registro di commercio,
statuto legalizzato, atto di costituzione,
rapporto commerciale (informazioni sulla
solvibilità)
• Traduzioni ed interpretariato
• La CCIS fornisce informazioni
su Fiere e Mostre italiane. Rappresentanza
ufficiale di Fiera Milano e di Verona Fiere
96 - La Rivista marzo 2015
Seestrasse 123,
Casella postale, 8027 Zurigo
Tel.: +41 44 289 23 23
Fax: +41 44 201 53 57
E-mail: [email protected]
www.ccis.ch
CHE-107.821.234 IVA
Rue du Cendrier 12-14,
Casella postale, 1211 Ginevra 1
Tel.: +41 22 906 85 95,
Fax: +41 22 906 85 99
E-mail: [email protected]
CHE-107.821.234 IVA
Via Nassa 5
6900 Lugano
Tel.: +41 91 924 02 32
Fax: +41 924 02 33
E-mail: [email protected]
CHE-107.821.234 IVA
RICERCA DI PARTNER COMMERCIALI
Grazie alla propria rete di contatti
e alla conoscenza delle esigenze
e dei bisogni del mercato elvetico
e di quello italiano, la Camera di
Commercio offre ad imprese sia
svizzere che italiane intenzionate ad esportare i propri servizi e
prodotti all’estero un’accurata
ricerca di controparti commerciali. Attraverso un’analisi sistematica del mercato obiettivo ed
identificati i partner commerciali
Grazie agli accordi di reciprocità tra l’Italia e
la Svizzera, è consentito ai soggetti titolari
di partita iva di ottenere il rimborso dell’IVA
pagata nello Stato estero. La CCIS:
• fornisce la necessaria documentazione;
• esamina la documentazione compilata;
• recapita l’istanza di rimborso
all’ Autorità fiscale competente;
• avvia e controlla l’iter della Vostra pratica;
• fornisce assistenza legale.
Siamo a vostra completa disposizione per ottenere maggiori informazioni e richiedere la
documentazione sul servizio per il rimborso
dell’IVA italiana, tedesca e/o di quella svizzera.
(Tel. +41 44 289 23 23)
RAPPRESENTANZA FISCALE IN
SVIZZERA PER IMPRESE ITALIANE
Le imprese che realizzano su territorio svizzero
operazioni imponibili all’iva svizzera per un
valore superiore a CHF 100’000 sono obbligate
a registrarsi ai fini iva in Svizzera. La Camera di
Commercio supporta in questo caso le imprese
italiane divenendo il loro rappresentante fiscale
occupandosi di aprire partita iva in Svizzera,
registrare le fatture in entrate ed uscita e
predisporre il rendiconto iva trimestrale.
Inoltre ogni assistenza fiscale legata alla
fatturazione di operazioni commerciali in
Svizzera è compresa nel servizio.
ritenuti più idonei per le imprese
a diventare affidabili interlocutori nel settore di riferimento, viene
organizzato un incontro presso le
aziende target così selezionate
permettendo alle imprese italiane
o svizzere un rapido ed efficace
ingresso sui rispettivi mercati di
riferimento.
Per ulteriori informazioni ed un
preventivo sul servizio, potete contattarci al seguente indirizzo mail
[email protected]
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