Strumenti per la formazione 8
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Marketing sociale
per contrastare il consumo
giovanile di alcol
I. Le ricerche preliminari
A cura di Vittorio Curzel
EDIZIONI PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO
ASSESSORATO ALLE POLITICHE per la salute
Trento 2008
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
© copyright Giunta della Provincia Autonoma di Trento, 2008
Collana
Strumenti per la formazione - 8
Assessorato alle Politiche per la salute
Servizio Organizzazione e qualità delle attività sanitarie
Ufficio Informazione e comunicazione per la salute
Via Gilli, 4 – 38100 Trento
tel. 0461/494044, fax 0461/494073
e-mail: [email protected]
www.trentinosalute.net
Marketing sociale per contrastare il consumo giovanile di alcol
Volume I: Le ricerche preliminari
A cura di Vittorio Curzel
Impaginazione: Mario Querin
MARKETING
sociale per contrastare il consumo giovanile di alcol / a cura di Vittorio
Curzel. – Trento : Provincia autonoma di Trento. Assessorato alle Politiche per la salute,
2008. – 2 v. : ill. ; 24 cm + 1 DVD. – (Strumenti per la formazione ; 8-9)
1 : Le ricerche preliminari. – 379 p. – Scritti di vari. – ISBN 978-88-7702-237-0
2 : Gli atti del convegno e la campagna. – 266 p. – Convegno tenuto a Rovereto nel 2007.
– ISBN 978-88-7702-238-7
1. Alcoolismo – Adolescenza – Prevenzione 2. Alcoolismo – Adolescenza – Prevenzione
– Trentino I. Curzel, Vittorio
362.2920835
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Indice
9
Prefazione
13
Parte I
L’attività di ricerca nel marketing sociale
Vittorio Curzel
15
Cap. 1
Le ragioni e il ruolo della ricerca nelle azioni di marketing sociale
della Pubblica Amministrazione
15
1.1.
18
1.2.
36
1.3.
42
Importanza e necessità dell’attività di ricerca nel marketing sociale
Elementi di progettazione della ricerca preliminari alla campagna
L’attività di ricerca e la valutazione dei risultati di una campagna
Riferimenti bibliografici
45
Parte II
Adolescenti e comportamenti a rischio per l’abuso di sostanze alcoliche
Graziella Fava Vizziello, Alessandra Simonelli, Silvia Casari
47
Cap. 2
Traguardi dell’adolescenza e condotte legate all’uso di alcol
2.1.
2.2.
2.3.
2.4.
47
48
54
58
Introduzione
I contesti dello sviluppo
L’alcol e i giovani: alcuni dati
Rischi connessi all'uso dell’alcol
63
Cap. 3
Metodologia della ricerca
3.1.
3.2.
3.3.
3.4.
63
64
67
70
Obiettivi
Metodi di raccolta dei dati
I partecipanti
Metodi di analisi dei dati
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
73
Cap. 4
Risultati della ricerca
73
4.1.
77
4.2.
88
4.3.
104
4.4.
106
4.5.
110
4.6.
114
4.7.
119
4.8.
124
4.9.
128
I risultati su base descrittiva
Le rappresentazioni di sé e della persona che ha problemi con l’alcol
Differenze legate al sesso e all'età
Differenze legate al contesto di vita
Differenze legate alla scuola frequentata
Le domande a risposta libera
Conclusioni ai risultati del questionario
Verifiche dei risultati attraverso le interviste
Conclusioni e proposte
Riferimenti bibliografici
133
Appendice 1
Questionario sulla percezione del rischio connesso con i comportamenti di uso e
abuso di sostanze alcoliche
167
Appendice 2
Statistiche descrittive relative alle risposte al questionario sulla percezione del rischio
connesso con i comportamenti di uso e abuso di sostanze alcoliche
197
Appendice 3
Analisi fattoriale
207
Appendice 4
Valori di significatività dell’analisi MANOVA
213
Parte III
Il mito del montanaro grande bevitore
Christian Arnoldi
215
Cap. 5
La metodologia della ricerca
215
216
216
217
5.1.
5.2.
5.3.
5.4.
221
Cap. 6
Le Valli, i paesi e la rarefazione sociale
221
222
6.1. La rarefazione
6.2. La banalità
Introduzione
Le tecniche utilizzate
Lo studio di macro-comunità
Il percorso della ricerca
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
224
227
228
230
6.3.
6.4.
6.5.
6.6.
Il tempo fermo
Il non-luogo
L’insularità
Il fascino della casualità
233
Cap. 7
I gruppi, le compagnie e le bande
233
234
238
7.1. Il gruppo
7.2. La compagnia
7.3. Le bande
243
Cap. 8
L’alta e la bassa stagione
243
246
248
250
253
8.1.
8.2.
8.3.
8.4.
8.5.
257
Cap. 9
Il “respet”
257
261
263
9.1. L’integralismo e il controllo territoriale
9.2. L’obbligo di riservatezza
9.3. Il paese come istituzione totale
269
Cap. 10
Le feste
269
280
10.1.La tipologia delle feste
10.2.Le funzioni
287
Cap. 11
Una cultura dell’alcol?
289
293
11.1.I luoghi
11.2.Le funzioni
305
Cap. 12
Conclusione
L’effetto rianimazione
Le vite parallele
I paesi fantasma
La rivalità e la gelosia
L’intermittenza esistenziale
305
12.1.Le impressioni sulla campagna
307
12.2.La legge disattesa
309
12.3.Le proposte per la campagna
311
12.4.Congetture di intervento
312
Riferimenti bibliografici
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315
PARTE IV
Donne e culture dell’alcol in Trentino
Marco Rosi, Charlie Barnao
321
Cap. 13
L’alcol nel contesto culturale trentino
329
Cap. 14
Alcol e genere femminile
339
Cap. 15
Il consumo attuale di alcolici in Trentino
345
Cap. 16
Una tipologia di giovani bevitrici
346
348
350
351
352
16.1.“Fighette”
16.2.“Allamano”
16.3.“Poser”
16.4.“Donne in carriera”
16.5.Adolescenti
355
Cap. 17
Le nuove libertà alcoliche
363
368
Cap. 18
Conclusioni
Riferimenti bibliografici
371
Appendice 5
Il progetto “Autonomia & Autorealizzazione” della Cooperativa Sociale Samuele
di Trento
379
Gli Autori
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Prefazione
La Provincia Autonoma di Trento da alcuni anni è fortemente impegnata in
numerose e consistenti attività di comunicazione e informazione per la Salute.
Fra le attività recentemente realizzate vi è una campagna pluriennale per contrastare il consumo giovanile di alcol.
La progettazione della campagna è stata preceduta da due ricerche, appositamente commissionate. Lo studio “Adolescenti e comportamenti a rischio
per l’abuso di sostanze alcoliche”, realizzato da Graziella Fava Viziello e dalle
sue collaboratrici, era finalizzato a raccogliere informazioni circa le conoscenze,
gli atteggiamenti, i comportamenti e le opinioni degli adolescenti trentini con
riferimento al consumo di bevande alcoliche, nonché l’influenza esercitata in
questo ambito dal gruppo dei pari.
Una seconda indagine, “Il mito del montanaro grande bevitore”, condotta
da Christian Arnoldi, intendeva raccogliere informazioni sulle rappresentazioni
e i miti che possono influenzare le condotte giovanili nonché sui percorsi del
divertimento e del consumo giovanile di alcol.
Questo consistente corpus di nuove conoscenze è andato a integrare altri
studi inerenti le problematiche alcolcorrelate. Fra questi la ricerca “Donne e
culture dell’alcol in Trentino” a cura di Marco Rosi e Charlie Barnao, svolta
nell’ambito del progetto “A&A: Autonomia e Autorealizzazione” promosso
dalla Cooperativa Sociale Samuele di Trento con finanziamento della Provincia
Autonoma di Trento, pubblicata insieme alle altre due ricerche sopra citate nel
primo di questi due volumi dedicati al Marketing Sociale per contrastare il
consumo giovanile di alcol.
Vanno ricordati anche altri lavori sul tema, pubblicati nelle edizioni dell’Assessorato provinciale alle Politiche per la Salute: “Le attività alcologiche in
Trentino, a cura di Luigi Pellegrini e Claudio Zorzi, realizzato in collaborazione
con l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari e con il Centro Studi e Documentazione sui Problemi Alcolcorrelati di Trento (2000); “Le tossicodipendenze
in Trentino: tendenze e strategie” (2003) e “La prevenzione delle dipendenze:
la sfida dei giovani, la dimensione educativa e le politiche locali”, con testi
di Bruno Bertelli, Carlo Buzzi, Roberto Cornelli, Gloria Guandalini, Enzo
Rutigliano (2005), “Prevenzione primaria delle dipendenze patologiche” e “Il
Rischio alcol in Trentino. Dinamiche socio-culturali, politica dei servizi e linee
di prevenzione”, entrambi a cura di Bruno Bertelli (2007).
A partire dai risultati delle ricerche e dai lavori del gruppo interdipartimentale
e interdisciplinare costituito a questo scopo con il coordinamento dell’Assessorato provinciale alle Politiche per la Salute, a cui hanno partecipato anche
rappresentanti dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari, degli Assessorati
provinciali alle Politiche sociali, all’Istruzione e alle Politiche giovanili, alle Autonomie locali, all’Agricoltura, al Commercio e Turismo, del Commissariato
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del Governo, dell’IPRASE, del Comune di Trento e del Consorzio dei Comuni del Trentino, dell’Associazione dei Pubblici Esercizi del Trentino – Unione
Commercio Turismo e Attività di Servizio e della Federazione Italiana Esercenti
Pubblici e Turistici – Confesercenti del Trentino, si è proceduto alla definizione
dei contenuti e degli strumenti da utilizzare nonché delle modalità e dei tempi
di realizzazione della campagna.
La prima iniziativa a partire è stato il Concorso “Zerogradiclip”, per la realizzazione di un video musicale sui problemi legati al consumo giovanile di alcol.
Vi hanno partecipato oltre 200 ragazze e ragazzi di età compresa fra i 13 e i 22
anni, residenti nella provincia di Trento. Il concorso ha dato loro la possibilità di seguire anche varie attività formative: un laboratorio per l’utilizzo della
videocamera, uno sul montaggio video, uno per l’elaborazione dei testi delle
canzoni e uno per la registrazione dei brani musicali. I videoclip premiati sono
stati riprodotti su pellicola e proiettati per parecchie settimane nelle principali
sale cinematografiche, nonché su dvd distribuiti alle scuole e alle biblioteche sul
territorio, valorizzando così le potenzialità dell’educazione fra pari.
Altre iniziative sono seguite, alcune delle quali sono ancora in corso: azioni
di comunicazione, informazione, formazione, promozione della cultura e della
partecipazione giovanile, integrate e coordinate in un unico piano e attuate in
modo sinergico da vari soggetti presenti sul territorio.
Nel febbraio 2007 si è svolto a Rovereto, presso il MART, il Convegno
internazionale “Giovani e alcol. Politiche, Strategie e Azioni per contrastare il
consumo giovanile di alcol”. All’iniziativa, che ha coinvolto in qualità di relatori
autorevoli rappresentanti delle istituzioni pubbliche della salute in Italia e in
altri Paesi europei, docenti e ricercatori di varie università, rappresentanti del
mondo dell’industria, esperti di comunicazione pubblica e di marketing sociale,
hanno partecipato operatori del settore della salute, delle politiche sociali, del
volontariato sanitario e sociale, della scuola e dell’associazionismo giovanile,
della comunicazione pubblica e sociale.
E’ stata per molti un’occasione importante per trasmettere esperienze e per
confrontarsi con quelle che altri stanno portando avanti, per riflettere e per
discutere, per trovare insieme nuove possibili strategie, per confrontare metodi
e prassi operative, per verificare quali alleanze siano possibili, non solo fra i vari
comparti della Pubblica Amministrazione e fra questa e le varie realtà del volontariato non profit, ma anche con il mondo della produzione e della distribuzione
commerciale, almeno con la parte più sensibile ai temi della responsabilità sociale
d’impresa, perseguendo una politica di integrazione degli interventi, laddove
gli obiettivi possono essere condivisi, coerentemente con quanto previsto da
importanti documenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dell’Unione
Europea e come indicato a livello nazionale dal programma “Guadagnare Salute”,
approvato nel 2007 dal Governo Italiano.
10
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
La campagna per contrastare il consumo giovanile di alcol della Provincia
Autonoma di Trento è stata premiata “per lo sviluppo di un approccio innovativo
rivolto ai giovani, al fine di renderli soggetti attivi e protagonisti della campagna
di prevenzione” nel Concorso nazionale “Marketing per la Salute” 2007.
I risultati delle ricerche preliminari, le relazioni al convegno, le riflessioni
teoriche e le scelte metodologiche che hanno caratterizzato la progettazione
e la realizzazione della campagna vengono ora pubblicati in due volumi, con
l’intento di contribuire, anche dal punto di vista dell’elaborazione culturale, alla
messa a punto di strategie efficaci nel contrastare il consumo giovanile di alcol,
fenomeno che crea crescente preoccupazione nelle famiglie, negli operatori e
negli amministratori pubblici.
11
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
PARTE I
L’attività di ricerca nel marketing sociale
Vittorio Curzel
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
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Capitolo 1
Le ragioni e il ruolo della ricerca
nell’azione di marketing sociale
della Pubblica Amministrazione
1.1. Importanza e necessità dell’attività di ricerca nel marketing sociale
Le imprese commerciali, soprattutto quelle di maggiori dimensioni, sono solite impiegare ingenti risorse per la realizzazione di ricerche, spesso affidate ad
agenzie esterne, per acquisire informazioni sulle abitudini e sulle preferenze di
acquisto dei consumatori, in particolare per quanto riguarda le caratteristiche,
i bisogni e i desideri delle persone che fanno parte del segmento target a cui si
rivolge l’offerta di quel dato prodotto o servizio.
L’attività di ricerca, attuata tramite indagini di mercato con questionari
(survey), focus group e osservazioni dirette, fornisce al management un valido
supporto informativo nei processi decisionali che caratterizzano l’elaborazione di
una strategia di marketing e aiuta le imprese non solo a focalizzare la loro azione
sul soddisfacimento dei bisogni dei potenziali clienti, ma anche a mantenersi in
contatto con un mercato in costante cambiamento, riuscendo talvolta a cogliere
sul loro nascere nuove domande di beni e servizi e a scoprire opportunità di
vendita di nuovi prodotti.
Anche la realizzazione di una campagna di marketing sociale, attività senza
dubbio assai complessa, presuppone, in ciascuna delle sue fasi, dalla progettazione
fino alla verifica finale, la disponibilità di numerose informazioni a supporto
delle scelte strategiche.
Nella prima fase, l'attività di ricerca realizzata per orientare la progettazione
della campagna consentirà di definire con precisione il problema a cui si intende
dare una soluzione, di individuare bisogni, opinioni e atteggiamenti preesistenti, di segmentare l’universo della popolazione individuando i gruppi obiettivo
dell’intervento e di rivolgersi ad essi nel modo più appropriato 1.
La “segmentazione”, è la suddivisione dell’universo della popolazione in gruppi omogenei, per date caratteristiche prescelte. Le variabili utilizzate (anche in combinazione fra loro) possono essere variabili geografiche
(luogo di residenza e sue caratteristiche climatiche, di densità di popolazione, ambientali,…), demografiche
1
15
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo i
Prima dell’implementazione della campagna, l’attività di pre-test, permetterà
di valutare l’appropriatezza delle scelte strategiche, antecedentemente alla loro
applicazione definitiva su vasta scala, nonché di sperimentare prima della loro
diffusione l’efficacia dei prodotti comunicazionali e dei messaggi dagli stessi
veicolati.
Nelle fasi successive la ricerca permetterà un costante monitoraggio e l’adozione di eventuali aggiustamenti in corso d’opera, con un progressivo affinamento
dell’azione grazie a un feed-back continuo, in grado di fornire anche eventuali
nuove informazioni aggiornate sul contesto.
A conclusione della campagna potrà dare preziose indicazioni su punti di forza
e sulle criticità, offrendo la possibilità di accumulare esperienze e conoscenze
utili per migliorarne l’efficacia e l’efficienza di iniziative future.
L’attività di ricerca comporta costi generalmente piuttosto elevati, richiedendo
non solo campionamenti accurati e questionari progettati ad hoc, ma anche
personale addestrato e strutture adeguate.
Per questo motivo e a causa della frequente ristrettezza del budget, le amministrazioni pubbliche, quanto meno per i progetti di minore portata, tendono
a realizzare campagne senza alcun supporto di ricerca. Nella progettazione e
nell’implementazione di queste iniziative, amministratori e comunicatori pubblici non di rado basano le proprie scelte sull’esperienza e competenza personale
o sul proprio presunto “buon fiuto”, limitando poi la misurazione dei risultati
all’utilizzo di indicatori semplici di attività, quali ad esempio la quantità di brochures distribuite o il numero di cittadini che hanno chiamato un dato numero
verde o si sono presentati a uno sportello informativo.
Per i motivi che andremo di seguito a enunciare l’attività di ricerca dovrebbe
invece costituire un passaggio irrinunciabile, anche per i progetti di minor impegno e con risorse ridotte.
Sia iniziative di grande rilievo e costo, che azioni più modeste nell’impegno e
nelle disponibilità di risorse, saranno infatti più efficienti ed efficaci se basate su
un’adeguata conoscenza del pubblico a cui intendiamo rivolgerci e del contesto
ambientale in cui andiamo a operare, il che vuol dire prima di tutto abituarsi alla
(età, sesso, reddito, livello di istruzione, etnia, religione, cittadinanza o paese di provenienza, dimensione del
gruppo famigliare, …), psicografiche (classe sociale, stili di vita, interessi, opinioni,…), comportamentali
(benefici ricercati in un dato comportamento, utilizzo abituale o meno di un bene o servizio, atteggiamento
verso lo stesso, costi percepiti,…). I dati inerenti le due ultime variabili sono ovviamente i più difficili da
raccogliere, ma possono aiutare a comprendere perché, quando e a quali condizioni un gruppo accetterà
lo scambio di marketing proposto (nel caso di un’azione di marketing sociale accetterà per esempio di
adottare un comportamento più favorevole alla salute). Alla segmentazione seguirà l’eventuale scelta di
rivolgere l’azione solo ad alcuni gruppi ritenuti più bisognosi o più interessati all’intervento (“segmenti
target” ) come pure la definizione di programmi specifici per ogni segmento.
16
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo i
prassi dell’ascolto. In altre parole, come nel marketing tradizionale, anche nel
marketing sociale l’orientamento alla comprensione dei bisogni del cittadino
e della motivazione dei suoi atteggiamenti e comportamenti è la prima delle
condizioni di efficacia dell’attività.
I risultati dell’attività di ricerca, se la stessa è attentamente finalizzata,
hanno un impatto diretto sulle scelte progettuali proprio perché ci aiutano a
individuare i benefici ricercati e i costi percepiti dal cittadino rispetto a quel
dato comportamento che intendiamo modificare, poiché lo riteniamo non
favorevole alla salute o alla tutela dell’ambiente o allo sviluppo sociale di una
comunità. I risultati di una buona ricerca preliminare ci permetteranno di
comprendere a quali condizioni il pubblico-target della nostra iniziativa accetterà lo scambio da noi proposto (costi legati al cambiamento di un’abitudine
in cambio dei benefici individuali e/o collettivi per la salute, l’ambiente, la
comunità correlati al comportamento che suggeriamo di adottare).
Utilizzando un linguaggio più tecnico potremmo dire che le informazioni
acquisite tramite la ricerca ci permettono di “posizionare” 2 efficacemente, agli
Per esplicitare in breve il concetto di “posizionamento” riportiamo un frammento di un precedente scritto, ritenendo che possa essere di qualche utilità per chi non avesse dimestichezza con la terminologia del
marketing: “Perché, parlando di idee e di comportamenti, ci riferiamo alla teoria dello scambio, così come
farebbe un produttore di beni o di servizi? Partiamo dal presupposto, ovvio per un economista, che il prezzo
di un prodotto sia da noi ritenuto giusto quando a questo prodotto annettiamo un valore che per noi è pari
o superiore al valore di qualcos’altro che potremmo comprare allo stesso costo. Facciamo poi l’ipotesi, che
sembra assai plausibile, che accettiamo di adottare un nuovo comportamento, solo quando riteniamo che
i benefici che ci vengono prospettati siano pari o maggiori (e i costi pari o minori) di quelli che avremmo
nel continuare a seguire quella data abitudine che ci si chiede di cambiare. Se muoviamo un ulteriore passo
avanti nel ragionamento, potremmo pensare che per ciascun gruppo-obiettivo, benefici ricercati e costi
percepiti siano differenti (parlando per esempio del bene automobile si comprenderà immediatamente
che un giovane acquirente presumibilmente cercherà qualità e caratteristiche diverse da quelle desiderate
da un guidatore anziano) ed ecco allora che la proposta di scambio (costi psicologici correlati all’adozione
di un nuovo comportamento in cambio dei benefici conseguenti) dovrà tener conto di queste differenze
“posizionando” diversamente il prodotto-idea della nostra campagna (a una ragazza potremmo per esempio
dire che il fumo di sigaretta rovina la pelle, a un fumatore adulto che il fumo gli abbrevierà notevolmente
la vita). Questi concetti, derivati dal marketing di prodotto, sono dunque utilizzati anche nelle campagne
di marketing sociale per massimizzare la risposta o, in altre parole, per ottenere una maggiore efficacia ed
efficienza dalla nostra azione.” (V. Curzel, “Marketing sociale per la Salute e la Sicurezza sul lavoro. Elementi
per la progettazione di una campagna”, in V. Curzel, a cura di, Comunicazione pubblica e marketing sociale
per la sicurezza e la salute sul lavoro”– Volume II, ed. Provincia Autonoma di Trento – Assessorato alle
Politiche per la salute, Trento, 2006, pag. 251). Per un approfondimento sul concetto di posizionamento
e differenziazione dell’offerta di mercato si veda Philip Kotler, Marketing Management, ed. italiana a cura
di Walter G. Scott, Pearson Education Italia, Milano, 2004, pagg. 371-418. “Il posizionamento nasce
assieme al prodotto, sia esso un bene, un servizio, un’impresa, un’istituzione o anche un individuo…Ma
il posizionamento non ha nulla a che vedere con l’intervento sul prodotto, bensì sulla mente del possibile
acquirente. Il posizionamento, cioè, riguarda il modo in cui un prodotto trova collocazione nella mente
del potenziale consumatore. “ Secondo i pubblicitari Al Ries e Jack Trout, citati da Kotler (pag. 372) il
posizionamento è dunque un esercizio di creatività applicato a un prodotto.
2
17
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo i
occhi del pubblico-target, il “prodotto-idea” (l’opinione, il comportamento,
l’azione,…) che vogliamo promuovere.
1.2. Elementi di progettazione della ricerca preliminare alla campagna
1.2.1. Come evitare le ricerche inutili
Non è soltanto la consueta ristrettezza del budget a far sì che l’attività di ricerca sia un elemento frequentemente trascurato nella realizzazione di iniziative
di marketing sociale. Spesso infatti i decisori ritengono che oltre che essere
molto costosa essa rischi di essere anche inutile, o quanto meno che non vi sia
un equilibrato rapporto fra costi (di tempo e denaro) e benefici (per quanto
riguarda il supporto alle decisioni). In altre parole che non valga la pena fare
ricerca perché i risultati che essa produce sono generalmente di scarsa utilità
pratica.
Al di là di possibili pregiudizi, frutto anche di scarsa conoscenza delle metodologie del marketing, non vi è dubbio che ciò che giustifica la spesa per una
ricerca è che i risultati siano realmente fruibili, cioè che aiutino effettivamente
a migliorare l’efficacia del processo decisionale nella progettazione e nella
realizzazione di una campagna. Dunque sono da evitare, in quanto inutili
e dannose, tutte le ricerche che si prevede non possano conseguire questo
obiettivo. I fattori che rendono una ricerca inservibile sono vari, ma vi sono
alcune condizioni di contesto a cui è necessario porre particolare attenzione,
in quanto favorenti o ostative il buon esito della stessa.
Spesso, nell’affrontare su mandato dei vertici politici dell’ente una campagna
su un tema nuovo, il comunicatore pubblico avverte prima di tutto la necessità
di saperne di più su quel dato argomento, sui pubblici indicati come target
e sulle loro caratteristiche demografiche, psicologiche, sociali, anche perché,
come tecnico, generalmente, è più consapevole di altri della complessità e delle
difficoltà dell’azione che gli si chiede di attuare.
Dando per scontato che un primo approfondimento sulla materia debba
essere fatto sulla letteratura esistente e su eventuali studi pregressi di argomento
analogo, è chiaro che l’attività di ricerca preliminare alla campagna non potrà
avere l’unico obiettivo di aumentare genericamente le conoscenze in materia
e in tal modo fornire una generica rassicurazione di fronte all’incertezza data
dall’agire in un campo nuovo, ma dovrà soprattutto e in modo chiaramente
finalizzato fornire un valido supporto alle scelte progettuali da fare. Non stiamo
facendo ricerca di base, ma ricerca applicata. Per tale motivo sarà scarsamente
18
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo i
produttiva, almeno da questo punto di vista, una indagine che fornisca risultati
magari molto interessanti da un punto di vista accademico, ma inservibili per
il processo decisionale, in quanto non rilevanti o non pertinenti rispetto ai
problemi concreti che si debbono affrontare.
Allo stesso modo non saranno utili ricerche basate su una tecnica di “fishing”,
dove la mancanza di un preciso disegno di ricerca conduce alla elaborazione
sbrigativa di domande generiche e non finalizzate, nella speranza che dalle
risposte a tali quesiti emerga comunque qualche informazione utile.
Un altro fattore di criticità è dato da un campionamento inadeguato o non
sufficientemente rappresentativo 3, così come dall’influenza che sulle risposte date
a questionari e interviste possono avere distorsioni percettive o pregiudizi degli
intervistati nonché la possibile tendenza a dare risposte vaghe, opportuniste o
socialmente accettabili su temi “sensibili” che toccano valori o ansie individuali. Tali effetti distorsivi dei risultati hanno un impatto relativo in ricerche che
prevedono monitoraggi periodici del campione, ma possono rendere del tutto
inutilizzabili ricerche “una tantum”, soprattutto quando non si riesca a stimare
il verso (positivo o negativo) e l’entità dell’errore statistico.
Si definisce campione un numero limitato di unità di popolazione scelte con metodo sistematico dal ricercatore per rappresentare le caratteristiche dell’universo di quella popolazione o di un dato segmento della
stessa. Il campionamento è dunque il processo di scelta di un certo numero di unità capaci di rappresentare
la popolazione totale, poiché si ritiene di poter inferire, con un certo grado di attendibilità, le risposte
dell’intera popolazione a partire dalle risposte ottenute da una porzione rappresentativa della stessa. Le
tipologie fondamentali di campionamento utilizzate nella ricerca di marketing sono due: il campionamento
“probabilistico” e quello “non probabilistico”. Nel campionamento probabilistico ogni elemento della popolazione oggetto dello studio ha un grado di probabilità noto di essere scelto. Il “campionamento casuale”
è un tipico esempio di campionamento probabilistico: in esso infatti tutte le unità di una popolazione
hanno la stessa possibilità di far parte del campione. Un altro esempio è costituito dal “campionamento
stratificato”, in cui la popolazione di interesse viene suddivisa in gruppi sulla base di una data caratteristica
(per es, genere, etnia, età, località di residenza, etc.) per poi procedere a un campionamento casuale in
ciascun gruppo. In questo modo si può ridurre l’errore da cui potrebbe essere affetto un campione casuale
semplice poiché ogni segmento della popolazione (individuato rispetto a quella data caratteristica) sarà
rappresentato con una corretta quota proporzionale di unità campionarie, evitando cioè che sia sotto o
sovra-rappresentato. Il campionamento non probabilistico è più soggettivo, ed è così denominato perché
non è possibile calcolare la probabilità che venga scelto per far parte del campione un dato elemento
della popolazione studiata. Un esempio emblematico è costituito dal campionamento per quote, del tutto
arbitrario, dato che la scelta dei partecipanti è lasciata ai ricercatori, i quali suddividono la popolazione
in gruppi (per esempio sulla base di un dato comportamento di consumo) e poi operano direttamente
la selezione dei partecipanti di ciascun gruppo, limitandosi a controllare la distribuzione di due o tre
variabili (quali età, sesso. etnia) per cercare di assicurare una adeguata rappresentatività della popolazione
nel campione. Dato che non tutti hanno la stessa probabilità di essere scelti, l’errore di campionamento
non può essere misurato statisticamente. I campioni per quote vengono usati più frequentemente in studi
esplorativi, finalizzati a sviluppare ipotesi di ricerca, oppure nel caso di studi finalizzati ad approfondire
la conoscenza di segmenti specifici su argomenti di specifico interesse di quel gruppo (focus group). Cfr.
William M.Pride, O.C.Ferrell, Foundations of Marketing, Houghton Mifflin Company, Boston, 2004, ed.
italiana a cura di Stefano Podestà, Marketing, Egea S.p.A., Milano, 2005, pag. 180 e segg.
3
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Capitolo i
Appare infine ovvio che non ha senso destinare risorse finanziarie a un’attività
di ricerca preliminare, se si presume che i risultati non saranno comunque tenuti
in conto da chi assumerà le decisioni strategiche a meno che non confermino
opinioni pregresse e sostengano decisioni di fatto già prese.
1.2.2. I costi della ricerca
Rispetto al problema dei costi, dovremmo considerare da una parte che abbiamo a disposizione un’ampia gamma di metodi di indagine, di varia complessità
e costo, dall’altra che l’attività di ricerca, per essere veramente utile, dovrebbe
accompagnare tutto il percorso e non solo la fase iniziale o quella conclusiva di
una campagna, il che comporta complessivamente oneri finanziari comunque
piuttosto impegnativi.
Ne consegue che una delle criticità a cui far fronte nell’avviare un’attività di ricerca sta nella difficoltà di reperire le risorse finanziarie necessarie per un’indagine
ad hoc e nel tempo impiegato per istruire le pratiche burocratico-amministrative
correlate oltreché nei tempi necessari per l’espletamento della ricerca stessa.
Tale criticità è amplificata dal fatto che la dirigenza politico-amministrativa
tende solitamente e comprensibilmente a privilegiare le spese che portano
risultati tangibili immediati a quelle che, come la ricerca preliminare a una
campagna, oltre a richiedere tempo, danno risultati scarsamente visibili per
la gran parte degli amministrati.
Se il problema da affrontare è di rilevante interesse per la comunità, ad
esempio gli incidenti stradali alcolcorrelati, generalmente si preferirebbe
partire subito con una campagna su questo tema, anziché dedicare tempo
e risorse a studi preparatori, accettando il rischio di una probabile scarsa
efficacia dell’iniziativa, pur di dimostrare alla cittadinanza che si sta facendo
tempestivamente qualcosa.
La preoccupazione circa i costi della ricerca potrebbe essere temperata dalla
consapevolezza che in realtà ci sono diverse modalità per fare ricerca con oneri
relativamente bassi. Infatti, se è vero che nella maggior parte dei casi la somministrazione di questionari a un campione rappresentativo può richiedere
notevoli risorse, è anche vero che focus group e varie tecniche di osservazione
possono comunque fornire informazioni utili per il processo decisionale e
portare a scelte che, anche se non potranno essere del tutto “evidence based”,
avranno comunque un maggior grado di solidità e di appropriatezza di scelte
estemporanee, fatte sull’onda dell’urgenza del fare.
Dal punto di vista economico la razionalità assiologica ci dice che può
ritenersi giustificata una spesa per una ricerca, quando il valore dei migliori
risultati attesi dall’azione conseguente alla ricerca stessa, confrontato con il
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo i
valore dei migliori risultati attesi dall’azione attuata in assenza della stessa, dà
una differenza di segno positivo maggiore (o pari) del costo della ricerca. In
altre parole quando il plus-valore dato dalla ricerca (che può essere misurato
anche in termini economici, per esempio in minori costi sociali grazie all’adozione di un comportamento salutare o nella maggiore capacità lavorativa di
una persona sana) è superiore al suo costo.
Per comprendere ancor meglio tale tipologia di approccio per la valutazione
dell’opportunità e congruità della spesa di un’attività di ricerca, può essere
utile riferirsi al punto di vista che caratterizza, o dovrebbe caratterizzare, il
marketing commerciale: considerare cioè le informazioni che si acquisiscono
tramite un’indagine ad hoc, al pari di ogni altra risorsa utile alla produzione
di un bene o servizio e raffrontando successivamente i costi di tale risorsa/informazione ai benefici che la stessa può procurare. Potremo allora dire che ne
varrà la spesa, se le informazioni prima non disponibili e acquisite tramite la
ricerca, utilizzate per la definizione della strategia di marketing (con riferimento alle note variabili prodotto, prezzo, promozione, distribuzione) faranno
crescere la soddisfazione dei clienti target, se faranno aumentare il fatturato
e i profitti, se miglioreranno l’immagine del prodotto e/o dell’azienda, se
aiuteranno l’impresa a raggiungere qualche altro obiettivo, come ad esempio
a entrare in un nuovo mercato.
Naturalmente fare ricerca vuol dire anche evitare i possibili costi di errori
conseguenti a decisioni strategiche sbagliate nonché più in generale lo spreco
di risorse correlato a una campagna del tutto inefficace, a causa di insufficienti
informazioni utili per il processo decisionale nella fase progettuale.
1.2.3. Che cosa fare affinché una ricerca sia utile
Nell’ambito del marketing d’impresa, in cui la ricerca è elemento portante 4 fin
dalla seconda metà dell’800, per assicurarsi che tale attività produca informazioni
utili e accurate, la si considera come un processo costituito da varie fasi, disposte
in una sequenza logica, che più che definire un insieme rigido di regole procedurali, indica piuttosto la via da seguire all’interno di un percorso progettuale.
Queste fasi possono essere così elencate:
1.Identificazione del problema da risolvere e individuazione delle domande
a cui la ricerca dovrà dare una risposta per fornire le informazioni nePer una dettagliata trattazione dell’utilizzo della ricerca nel marketing di impresa si veda P. Kotler, Marketing Management, op. cit., in particolare il cap. 5, “La raccolta delle informazioni e la valutazione della
domanda di mercato”, pagg. 149-191.
4
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Capitolo i
cessarie al processo decisionale. La definizione di questi aspetti dovrebbe
derivare dall’interazione fra marketing manager (committente della ricerca)
e ricercatore;
2.Progettazione della ricerca (“research design”), cioè la elaborazione di un
piano che, partendo dalla formulazione di una ipotesi dovrebbe determinare il tipo di ricerca più appropriata per verificare tale ipotesi. Per
ipotesi si intende evidentemente una congettura fondata su precedenti
studi, esperienze pregresse, ragionamento induttivo o abduttivo 5, con la
quale si cerca di prevedere o spiegare ad esempio una data decisione o
comportamento di acquisto. Il tipo di ricerca che verrà impiegato (ricerca
esplorativa, descrittiva o causale) dipende dal tipo di ipotesi da verificare.
Se si ha bisogno di maggiori informazioni per definire meglio il problema
o rendere più chiara e specifica un’ipotesi provvisoria, si ricorrerà a una
ricerca esplorativa (tramite analisi della letteratura e della documentazione
dell’impresa, interviste a testimoni privilegiati, ricerche su internet, etc.).
Se si ritiene che le informazioni a disposizione su un dato fenomeno siano
sufficienti, ma si vogliono comprendere meglio determinate caratteristiche
di un problema già ben definito, si potrà avvalersi di una ricerca descrittiva
(indagini demoscopiche e motivazionali, analisi statistiche, etc.). Infine
la ricerca causale (osservazioni sistematiche di campioni adeguati per intervalli di tempo predefiniti) tenterà di determinare le correlazioni causali
fra il variare di una data variabile dipendente (ad esempio un comportamento di acquisto) e quello di una variabile indipendente (ad esempio
la presenza o meno di una data caratteristica del bene di consumo);
3.Raccolta dei dati: per convalidare o confutare l’ipotesi di partenza si procede alla raccolta dei dati, che possono essere “primari” o “secondari”. Si
definiscono “primari” i dati raccolti appositamente mediante un’indagine
o mediante osservazione diretta (ricerca primaria), mentre i dati “secondari” sono dati già disponibili all’interno o all’esterno dell’organizzazione
(report, database e pubblicazioni di settore, servizi informativi di agenzie
specializzate, documentazione varia, internet, etc.) che vengono reperiti
e analizzati in quanto ritenuti utili al nostro scopo (ricerca secondaria) 6;
4.Elaborazione dei risultati, a partire dall’analisi e interpretazione dei dati.
È utile provvedere anche a una valutazione “in progress” durante la
fase di raccolta dei dati per evidenziare la presenza di aree di indagine
Nella logica aristotelica, l’abduzione è un sillogismo in cui la premessa maggiore è certa, la minore probabile,
portando a una conclusione che ha un grado di certezza non superiore alla premessa minore. Qui ci si
riferisce tuttavia alla accezione data a questo termine da Charles Sanders Peirce (1839-1914): ragionamento
congetturale che, sulla base dell'osservazione di un fatto, conduce a un'ipotesi esplicativa del fatto stesso.
6
Per un approfondimento circa metodi di raccolta dati, punti forti e criticità della ricerca primaria e
secondaria si rinvia al successivo paragrafo 1.2.4, pag. 26 e segg.
5
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo i
da sottoporre a ulteriore approfondimento. L’interpretazione dei dati
si focalizza sulle frequenze e sulle deviazioni dalla media, indicando
quanto ampiamente variano le risposte date dal campione e come le
stesse si distribuiscono in relazione alla variabile misurata. L’analisi e
l’interpretazione dei dati serve essenzialmente a confermare o smentire l’ipotesi formulata nel progetto di ricerca ed eventualmente a far
emergere nuove ipotesi o a mettere in risalto la presenza di aspetti
del fenomeno studiato imprevisti o non sufficientemente conosciuti;
5.Presentazione dei risultati, generalmente tramite un documento scritto
(report). Poiché nella maggior parte dei casi lo studio non sarà in grado di
rispondere in maniera esaustiva e con un grado assoluto di certezza a tutti
i quesiti posti e più in generale all’ipotesi di ricerca, il report dovrebbe descrivere i metodi e le procedure adottati, esplicitandone carenze e criticità.
Poiché il rapporto finale di ricerca è fondamentalmente uno strumento
operativo, da cui i committenti devono poter trarre prima di tutto indicazioni utili al processo decisionale, è bene determinare anticipatamente fino
a quale livello di dettaglio spingersi e quanti dati di supporto includere,
anche se non di rado, per mancanza di tempo, i manager preferiscono
rapporti brevi, chiari, quando non addirittura ridotti alle semplici raccomandazioni operative. I ricercatori cercheranno quindi di anticipare le
aspettative dei fruitori del rapporto, adattando ad esse la forma di redazione dello stesso e provvedendo eventualmente a predisporre più di una versione: una molto sintetica, con i risultati finali e le proposte/suggerimenti
operativi, e una più approfondita, dove le conclusioni sono precedute e
motivate dalla esposizione dei dati raccolti, delle elaborazioni statistiche e
delle loro interpretazioni, dei metodi e delle procedure di ricerca adottati.
Prima di essere organizzate, analizzate e commentate nel report finale di
ricerca tutte le informazioni, in vario modo raccolte, andranno radunate
per argomento in schede organizzate coerentemente, evidenziando gli
elementi più importanti, annotando indicazioni, suggerimenti, considerazioni che potrebbero essere utili per la progettazione e la attuazione
della nostra campagna, evidenziando la fonte di ciascuna informazione
in modo da consentire eventuali future ricerche e approfondimenti.
Il processo da seguire nella progettazione di una ricerca preliminare a una
campagna di marketing sociale è, nella sostanza, molto simile. Alcuni autori
hanno tuttavia ritenuto opportuno dettagliarlo ulteriormente.
Per assicurare l’utilità dell’attività di ricerca, ricordando che i risultati
di una campagna dipendono in larga misura dalle scelte strategiche che la
orientano, nel suo manuale “Marketing Social Change. Changing Behavior to
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Capitolo i
Promote Health, Social Development, and the Environment” 7, Andreasen propone infatti un percorso in ben undici passi, denominando questo approccio
“backward research” 8:
1.Determinare quali decisioni chiave dovranno essere assunte e chi prenderà
tali decisioni (in questa fase è importante comprendere anche se esistano già
presso il committente della ricerca delle pre-opzioni circa azioni da fare, media
da utilizzare etc., in modo che la ricerca possa confermare o meno tali ipotesi);
2.Determinare quali informazioni potranno aiutare il management ad assumere le decisioni migliori (focus group con il gruppo di lavoro che progetterà la campagna, con esperti dell’argomento e testimoni privilegiati, con
associazioni di rappresentanza dei cittadini o dei segmenti-target possono
aiutare a definire quali ambiti la ricerca dovrebbe approfondire);
3.Predisporre un prototipo di rapporto e chiedere al management se un rapporto fatto a quel modo li aiuterà nel modo migliore a prendere le decisioni (quale
modalità di elaborazione dei dati potrebbe essere più utile al committente?);
4.Determinare quali analisi sarà necessario inserire nel rapporto (quali
tecniche di analisi e di interpretazione dei dati sarà più utile sviluppare?
È sufficiente una ricerca di tipo quantitativo o una di tipo qualitativo
oppure è preferibile integrare i due approcci? Quale punto di vista si vuole
privilegiare: quello psicologico, quello sociologico, quello antropologico…
o forse si ritiene che sarebbe auspicabile e maggiormente fruttuosa una visione interdisciplinare capace di letture della realtà più ampie e profonde?);
5.Determinare quali domande si dovranno porre per acquisire i dati necessari per poter eseguire tali analisi (questo naturalmente comprende anche
la scelta delle tecniche e dei metodi da applicare: questionari, interviste,
focus group, gruppi di osservazione, osservazione partecipante…);
Alan R.Andreasen, Marketing Social Change. Changing Behavior to Promote Health, Social Development,
and the Environment, Jossey-Bass, San Francisco CA, 1995.
8
Per una descrizione dettagliata di tale approccio vedi dello stesso autore “Backward Marketing Research”, in Harvard Business Review, 1985, 63 (3), pagg. 176-182. Si veda anche dello stesso Autore, Cheap
but Good Marketing Research, Business One Irwin, Homewood, IL,1988, cit. in Nedra Kline Weinreich,
Hands-on Social Marketing: A step-by-step guide, Sage Publications Inc, Thousand Oaks, London, New
Delhi, 1999). “Backward research” significa letteralmente “ricerca all’indietro”, riferendosi al punto di vista
del decisore. che per operare scelte avvedute, volge lo sguardo non solo in avanti, cercando di prevedere gli
esiti e le conseguenze delle proprie scelte, ma anche all’indietro, cercando di conoscere e comprendere più
profondamente il contesto, per esserne maggiormente consapevole e per poter meglio valutare l’utilità e
l’impatto del proprio operare. Viene in mente a tale proposito una celebre frase attribuita a Churchill: “The
further backward you look, the further forward you can see”, più indietro guardi, più avanti riesci a vedere.
7
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Capitolo i
6.Accertare che le domande da fare non siano già state poste da altri (non
serve “scoprire l’acqua calda”. Se nell’analisi preliminare della letteratura
sull’argomento troviamo studi analoghi già svolti da altri e se a quel punto
riteniamo comunque di dover ripetere la ricerca, pensando che i risultati
acquisiti non ci possano servire, in quanto riguardanti un contesto geografico-socio-economico-politico-ambientale troppo diverso dal nostro,
quantomeno studiamo le modalità con cui il tema è stato affrontato e
sono state poste le domande, potrebbe essere di grande aiuto!);
7.Definire il campione (le modalità per la definizione e formazione di un
campione rappresentativo sono ovviamente quelle tradizionalmente applicate in ambito statistico);
8.Implementare il progetto di ricerca (“research design”; come per i precedenti
punti da 1 a 5 è utile un confronto con la committenza, per la piena condivisione del disegno della ricerca; di grande utilità può rivelarsi anche un
pre-test del questionario, somministrando lo stesso a un gruppo ristretto di
esperti della materia e di rappresentanti del pubblico target per verificare
la correttezza e la comprensibilità delle domande);
9.Elaborare ed analizzare i dati (utilizzando le tecniche di elaborazione dei
dati più appropriate a seconda di quali fattori cognitivi, comportamentali,
valoriali si intendono analizzare e approfondire) ;
10.Redigere il rapporto finale di ricerca (il rapporto dovrà contenere anche suggerimenti e proposte operative circa la forma e il contenuto dei
messaggi e le modalità ritenute più adeguate per la loro veicolazione e
diffusione, con riferimento al pubblico target individuato; le conclusioni della ricerca dovrebbero dare indicazioni utili circa una possibile
strategia comunicazionale che dovrebbe basarsi sulla esplicitazione
dei benefici connessi all’adozione del comportamento proposto, sul
favorire una corretta percezione dei costi e se possibile una loro riduzione, sulla sensibilizzazione e sull’aumento della conoscenza e della
consapevolezza rispetto al tema, sull’ autoresponsabilizzazione circa il
ruolo di ciascuno nell’operare per il benessere proprio e della comunità);
11.Comunicare i risultati al committente della ricerca affinché il management possa servirsene nel processo decisionale per la progettazione della
campagna. Spetterà al committente valutare le modalità più adatte per la
diffusione pubblica dei risultati della ricerca (anche prevedendo la loro
pubblicazione e/o la presentazione in conferenze e convegni, dove peraltro
si possono operare utili confronti con eventuali altre ricerche sullo stesso
tema o su argomenti correlati, condotte in altri contesti territoriali).
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Capitolo i
Si noti come, affinché il lavoro di indagine e di studio sia realmente utile al management nel processo decisionale e nella progettazione della campagna, vari punti fra
quelli sopra elencati, in particolare quelli da 1 a 5 e il punto 8, prevedano una stretta
interazione fra il gruppo di ricerca e il committente per la definizione degli ambiti e
delle metodologie di raccolta ed elaborazione dei dati nonché per la messa a punto
del progetto di ricerca, degli strumenti (questionari, etc.) nonché del rapporto finale.
Questo aspetto ci impone di ritornare su un ragionamento che ci è particolarmente caro, circa il profilo e le competenze professionali che un buon comunicatore
pubblico dovrebbe possedere e circa la realizzazione di un buon bilanciamento tra
attività “in house” e attività esternalizzate 9.
È chiaro che nella maggior parte dei casi la ricerca preliminare alla campagna
sarà affidata a istituti e ricercatori esterni all’ente committente, ma, per quanto
sopra esposto, ci pare altrettanto evidente che il comunicatore pubblico debba
comunque possedere conoscenze ed esperienze professionali tali da consentirgli
quantomeno di essere efficace interfaccia tra la propria amministrazione e il soggetto terzo incaricato della ricerca, rendendolo capace di interloquire con gli esperti
esterni, di definire con chiarezza le domande a cui la ricerca deve rispondere e
di contribuire alla scelta ed eventualmente all’elaborazione degli strumenti e dei
metodi da adottare.
1.2.4. Lo studio e l’analisi del contesto 10
La ricerca preliminare è indispensabile per muovere nella direzione giusta i primi
passi dell’attività di progettazione e per proseguire poi senza troppi errori il cammino fino alla conclusione della campagna. Affinché la ricerca possa orientarci e
fornirci gli elementi di conoscenza indispensabili per la progettazione, dovremo,
come suggerito dal punto 2 del processo di “backward research” proposto da Andreasen, determinare quali informazioni ci servono. La ricerca preliminare dovrà
pertanto dare risposte sufficientemente chiare ed esaustive a una serie di quesiti:
– Qual è il problema che vogliamo affrontare e qual è il contesto in cui tale
problema si manifesta?
– A quale pubblico dovremo rivolgere prioritariamente la nostra azione (perché
più esposto al rischio, perché più sensibile e raggiungibile, etc.)?
Vedi V. Curzel, “Marketing e comunicazione sociale della Pubblica Amministrazione, Verso la definizione
di un profilo professionale e di un curriculum formativo”, in Carla Bertolo (a cura di), Comunicazioni
sociali. Ambiguità, nodi e prospettive, Cleup, Padova, 2008.
10
Questo paragrafo riprende, ampliandoli e integrandoli, alcuni contenuti di un precedente testo: V. Curzel,
“Il Marketing sociale come scelta strategica per la promozione della salute”, in AAVV., Marketing sociale
e promozione degli screening oncologici. Un progetto per lo sviluppo della cultura della prevenzione oncologica,
ed. Azienda ULSS 22 Regione Veneto – Dipartimento Interdistrettuale per l’integrazione socio-sanitaria – Centro Screening oncologico, Fondazione Cariverona, Verona 2007, pagg. 51-67.
9
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Capitolo i
– Che cosa pensa e in che modo si comporta questo pubblico in relazione al
problema oggetto della nostra campagna?
– Quali costi/rischi e quali benefici questo pubblico associa al comportamento
che noi vorremmo cambiare e quali al comportamento che noi proponiamo?
– In che modo possiamo raggiungere più efficacemente il nostro pubblico e
rendere più attraente la nostra proposta?
– Quale tipologia di messaggi e quali media potrebbero funzionare meglio
con il nostro pubblico?
Riflettere su queste domande di base 11, ci aiuterà a indirizzare l’attività dei
ricercatori, perché fornirà indicazioni utili sul perché, sul come, sul dove, sul
quando cercare le informazioni necessarie alla formazione delle scelte progettuali.
La ricerca secondaria
Come si è già accennato, il modo meno costoso per acquisire informazioni utili
per la progettazione è fare “ricerca secondaria”, cioè cercare queste informazioni in studi già svolti da altri, in contesti e con finalità analoghi o comunque
assimilabili.
Per quanto riguarda le campagne di marketing sociale per la promozione della
salute fra le fonti utili possono esservi le ricerche realizzate da altri enti come
l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’Unione Europea, il Ministero della
Salute e l’Istituto Superiore di Sanità, le Università, le Fondazioni e gli Istituti di
Ricerca, altre Regioni italiane e altri paesi dell’Unione Europea, le Associazioni
professionali, ma anche articoli su giornali e riviste specializzate, saggi, dati
statistici, demografici ed economici, ricerche di istituti demoscopici, database
di marketing e rilevamenti sulla fruizione dei vari media.
Il vantaggio principale di questo tipo di ricerca è nei costi molto contenuti.
Poiché difficilmente le organizzazioni pubbliche dispongono al proprio interno
di personale con competenze ed esperienze professionali specifiche nella realizzazione di attività di ricerca finalizzata alla progettazione di campagne di marketing
sociale, quando non si disponga delle risorse economiche per affidare l’incarico a
esperti esterni, la ricerca secondaria può essere una soluzione accettabile, essendo
in grado di fornire comunque una serie di elementi conoscitivi utili.
I punti critici e i limiti della ricerca secondaria sono peraltro evidenti. Raramente potrà darci tutte le riposte che stiamo cercando e ancor più difficilmente
potrà aiutarci a individuare le caratteristiche specifiche del nostro target e conseguentemente indicarci nel dettaglio come rivolgerci a esso. Oltre tutto le ricerche
disponibili non sempre sono di qualità elevata e spesso riguardano contesti
11
Cfr. N. Kline Weinreich, op. cit., pagg. 27-30.
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Capitolo i
ambientali molto ampli oppure hanno un grado di specializzazione settoriale
e/o territoriale tale da essere scarsamente applicabili alla nostra realtà.
D’altra parte va sottolineato che, anche quando si ha la possibilità di fare ricerca
“primaria”, come normalmente auspicabile, può essere comunque molto utile
far precedere la nostra indagine da un’attenta analisi della letteratura di settore
nazionale e internazionale.
Questo ci servirà non solo per acquisire informazioni di carattere generale sul
tema oggetto dei nostri studi, ma anche per avvalerci dell’esperienza fatta da altri
ricercatori nel progettare la ricerca e nel definirne ambiti e modalità operative.
Inoltre potremo comparare i dati da noi acquisiti con quelli che si riferiscono ad
altri contesti, più generali oppure relativi a territori simili al nostro, per caratteristiche ambientali, sociali, economiche.
La ricerca secondaria consente un primo avvicinamento al target e al campo di
azione della campagna. Fornendoci le informazioni utili già disponibili e selezionando i principali contributi scientifici sull’argomento, ci indica il giusto approccio
da adottare per affinare la metodologia di lavoro e per meglio definire il campo di
indagine nella successiva ricerca primaria fatta ad hoc.
Libri, riviste specializzate, newsletter, database su CD-ROM e banche dati online, regesti di abstract della letteratura scientifica, siti web di agenzie pubbliche
e organizzazioni non profit, navigazione attraverso i link suggeriti dagli stessi,
motori di ricerca generalisti e specialistici, sono alcune fra le vie per accedere ai
materiali disponibili. Una parte significativa di queste informazioni è accessibile
gratuitamente, per cui i costi da calcolare sono essenzialmente quelli del personale
che viene adibito alla ricerca.
Soprattutto nel caso di campagne particolarmente complesse e multisettoriali
può rivelarsi molto utile anche contattare i responsabili di analoghi progetti
individuati attraverso la ricerca secondaria. A loro potremo chiedere ulteriori
materiali, ma soprattutto converrà sentire il loro punto di vista, farci raccontare
la loro esperienza (la descrizione del loro progetto, gli obiettivi, le ricerche svolte,
la segmentazione fatta, la scelta dei target group, il “prodotto/idea promosso dalla
campagna, i messaggi realizzati, i media utilizzati, le modalità di valutazione e gli
indicatori di risultato scelti,…), ascoltare le loro riflessioni circa punti di forza e
criticità del loro progetto ed eventuali suggerimenti per il nostro 12.
Nel caso della campagna per contrastare il consumo giovanile di alcol promossa dalla Provincia Autonoma
di Trento, questa azione di ascolto di altre esperienze è stata attuata anche attraverso l’organizzazione del
convegno internazionale “Giovani e alcol. Politiche, Strategie e Azioni per contrastare il consumo giovanile di alcol” svoltosi a Rovereto, presso il MART, nel 2007. L’iniziativa ha coinvolto in qualità di relatori
autorevoli rappresentanti delle istituzioni pubbliche della salute in Italia e in altri Paesi europei, docenti e
ricercatori di varie università, rappresentanti del mondo dell’industria, esperti di comunicazione pubblica
e di marketing sociale. Al convegno, i cui atti sono pubblicati nel successivo volume di questa collana,
12
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Tramite l’analisi di siti web di amministrazioni pubbliche nazionali ed europee acquisiremo una approfondita conoscenza di possibili iniziative analoghe,
potremo scegliere i casi più significativi, richiedere “working papers” e materiali
informativi utilizzati in questi progetti. Potremo così avvalerci delle esperienze
già fatte, cogliendo suggerimenti dalle buone pratiche ed evitando di ripetere gli
errori eventualmente compiuti in contesti simili.
La ricerca primaria
La ricerca “primaria”, cioè quella che condurremo appositamente per la nostra campagna, avrà invece il pregio di essere disegnata su misura per le nostre esigenze e di
essere condotta esattamente su quello che sarà il nostro pubblico di riferimento.
Il processo di “backward research” 13, preliminare alla elaborazione del disegno della
ricerca, ci consentirà, fra l’altro, di definire i punti focali attorno a cui dovranno ruotare le domande da fare attraverso questionari, interviste, focus group e quant’altro,
onde acquisire le informazioni di cui abbiamo bisogno per progettare la campagna.
Un ulteriore vantaggio della ricerca primaria è costituito dal poter poi disporre
di una base dati a partire dalla quale potremo eseguire operazioni di monitoraggio
in itinere e di verifica finale.
In generale nel campi della ricerca sociale e della ricerca di mercato si fa riferimento a due possibili approcci metodologici nella ricerca primaria: la ricerca
quantitativa e la ricerca qualitativa.
Ricerca quantitativa o qualitativa?
La ricerca quantitativa (questionari, interviste, sondaggi, rilevamenti sistematici,
analisi di statistiche demografiche, di marketing, di dati epidemiologici, etc. 14)
ci potrà aiutare a capire le dimensioni e le caratteristiche di un dato fenomeno
hanno partecipato molti operatori del settore della salute, delle politiche sociali, del volontariato sanitario
e sociale, della scuola e dell’associazionismo giovanile, della comunicazione pubblica e sociale.
13
Con l’attuazione della “backward research”, cui si fa cenno nel precedente paragrafo 1.2.3, Andreasen,
suggerisce di far precedere alla ricerca un processo nel quale vengono identificati i passaggi decisionali chiave
della campagna e conseguentemente si determinano quali informazioni la ricerca debba fornire per facilitare
le decisioni. Come già detto, tale processo è più efficace se realizzato sinergicamente dai committenti e dai
ricercatori, così da poter scegliere insieme gli ambiti e le modalità più efficaci di effettuazione dello studio,
nei limiti dei tempi e del budget a disposizione. Nella nostra esperienza molto utili si sono rivelati anche
focus group con esperti della materia locali, con i quali si sono individuati temi e nodi critici su cui era
importante approfondire le conoscenze. Non di rado tale processo può comprendere un mix di ricerca a
tavolino sulla letteratura esistente e di ricerca sul campo, di approccio quantitativo e qualitativo.
14
Per una descrizione dei metodi di indagine (postale, telefonica, on line, tramite intervista personale, intervista “door-to-door”, intervista nei centri commerciali, etc.) e dei vantaggi e svantaggi che ciascun metodo
comporta, nonché delle tipologie di questionario – a domanda aperta, dicotomica, a scelta multipla – si
veda ad es. W. M. Pride, O. C. Ferrel, Foundations of Marketing, op, cit., pagg. 182 e segg.).
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psico-sociale, nell’universo della popolazione o in un suo segmento: per esempio
la percentuale di persone che hanno una determinata opinione o un certo comportamento, quante sono adeguatamente informate circa un dato problema o
argomento, quante hanno un atteggiamento positivo o negativo verso un determinato prodotto o servizio, quali caratteristiche psicologiche, comportamentali,
sociali, economiche, ambientali sono eventualmente fra loro correlate in un dato
segmento di popolazione, quante persone non stanno seguendo uno stile di vita
auspicato in quanto favorevole alla salute, qual è il livello di conoscenza circa i
benefici di quel comportamento e che cosa le persone ne pensano, quale segmento
di popolazione è maggiormente esposto a un dato rischio, etc.
Fra gli studi quantitativi una delle tipologie più diffuse, soprattutto nell’area del
marketing sociale per la salute, è quella dei cosiddetti KAPS studies (Knowledge,
Attitudes, Practices, Beliefs, conoscenze, atteggiamenti, comportamenti, valori) progettati per acquisire informazioni circa i comportamenti sociali attuali e in un dato
ambito (per esempio i comportamenti alimentari) presso la popolazione target.
La ricerca quantitativa ci potrà dare anche elementi di previsione circa la possibilità di modifica di un dato comportamento a seguito dell’esposizione alla nostra
campagna. Naturalmente dipenderà dalle domande che faremo, nel senso che
le informazioni che otterremo saranno in funzione delle domande che abbiamo
inserito nel questionario. Ciò significa che potrebbero sfuggirci aspetti interessanti
semplicemente perché non ne abbiamo tenuto conto o li ignoravamo quando abbiamo progettato la ricerca e predisposto il questionario (anche per questo aspetto
appare rilevante il ruolo della “backward research”).
La ricerca quantitativa prevede l’utilizzo di procedure formalizzate di campionamento e di controllo per garantire che i risultati siano effettivamente rappresentativi della popolazione che stiamo studiando. Le metodologie adottate dovranno
dunque essere affidabili e valide 15.
Dati i costi generalmente elevati, le azioni per ridurre la spesa, senza compromettere seriamente l’utilità della ricerca, possono essere le seguenti :
– scegliere di ridurre la quantità dei dati (riducendo l’ampiezza del campione
inizialmente previsto, il numero e l’articolazione delle domande e/o l’estensione e la profondità dell’analisi dei dati; aggiungendo domande mirate a
un’altra ricerca già programmata o inserendole in un’indagine multiscopo;
Per affidabilità si intende la capacità di un metodo di ricerca di produrre risultati uguali o simili qualora si
ripeta la misurazione in situazioni confrontabili; la validità si riferisce invece al grado con cui un dato metodo
misura effettivamente ciò che si vuole misurare e non qualcosa d’altro. La bilancia potrebbe essere un esempio
adeguato per spiegare questi due concetti: una bilancia affidabile indica sempre lo stesso peso tutte le volte che
un dato oggetto viene pesato (a meno che non intervengano fattori esterni che possono modificarlo, come
ad esempio un pezzo di legno prima secco, poi bagnato), mentre possiamo dire che la stessa bilancia è uno
strumento valido per misurare il peso, in quanto misura effettivamente quella caratteristica di un oggetto e
non altre come ad esempio l’altezza, la larghezza o lo spessore.
15
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Capitolo i
limitando il campionamento a gruppi di popolazione pre-definiti come
target prioritari, in quanto maggiormente bisognosi di intervento 16);
– accettare una riduzione della qualità dei dati (riducendo la qualità/rappresentatività del campione, per esempio passando da un campionamento
probabilistico stratificato a uno casuale o a uno non probabilistico per quote
o “a palla di neve” 17; sostituendo la somministrazione di questionari con
interviste informali a piccoli gruppi scelti fra i segmenti target, etc);
– utilizzare, come già detto, dati raccolti attraverso l’analisi di ricerche fatte
da altri, data bases, etc.
La ricerca qualitativa (focus group, interviste in profondità, osservazione etnografica, incontri e dibattiti di comunità 18), invece di dirci il quanto, ci aiuta
a comprendere il come un dato fenomeno avviene, cercando di approfondire
il significato delle risposte e mettendoci in grado di vedere le cose dal punto di
vista del nostro target e di scoprire le ragioni per cui pensa e si comporta in un
dato modo.
Molto spesso il comportamento umano non è riducibile alla schematizzazione
imposta dalle domande di un questionario, se pur a risposta multipla, cosicché
l’utilizzo integrato di tecniche della ricerca quantitativa e di quella qualitativa
può fornire diverse prospettive del medesimo fenomeno, restituendo un quadro
della situazione più completo e una conoscenza più approfondita.
Come la ricerca secondaria anche quella primaria (sia quantitativa, che
qualitativa) non è ovviamente esente da criticità.
Queste risiedono innanzitutto nelle difficoltà di reperire dati utili per una
definizione articolata e non superficiale delle caratteristiche del target-group,
di misurare le variabili più importanti (anche perché molte persone tendono a
dare risposte vaghe, interessate o socialmente accettabili su temi che possono
toccare i valori, ma anche le ansie individuali) nonché di identificare il peso
dei vari determinanti sociali del comportamento.
Dal punto di vista organizzativo, possono inoltre esservi difficoltà nel trovare
le risorse finanziarie per ricerche ad hoc, in quanto, come si è visto, la ricerca
Campagne di marketing sociale generaliste danno buoni risultati solo se nella popolazione vi è una effettiva
omogeneità di bisogni, benefici ricercati e costi percepiti. Nonostante questo spesso si realizzano programmi
generici e di scarso impatto per mancanza di risorse sufficienti alla attuazione di programmi differenziati
per ogni segmento.
17
Il campionamento “a palla di neve” prevede che a una prima intervista effettuata con i soggetti selezionati
per far parte di un campione ne seguano altre svolte con persone suggerite dai primi intervistati.
18
Per una descrizione dei metodi di ricerca qualitativa nell’ambito del marketing sociale, quali studi
etnografici: osservazione partecipante e non partecipante; interviste in profondità: faccia a faccia in una
situazione privata (in-home depth interviews) o in luoghi pubblici, per strada, nei supermarket o sul luogo
di lavoro (out-of home depth interviews); focus group, si veda ad es. A. R. Andreasen, Marketing Social
Change, pagg. 112-120.
16
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Capitolo i
è un’attività costosa, che non porta risultati tangibili immediati all’utente
finale né porta “visibilità” immediata a chi l’ha promossa. Infine la lentezza
delle procedure burocratiche di affidamento di incarico ai ricercatori non
di rado allunga significativamente i tempi preliminari alla attuazione della
campagna.
Tuttavia l’attività di ricerca costituisce un passaggio irrinunciabile nell’azione
di marketing sociale, poiché ci darà una migliore comprensione del problema che
intendiamo affrontare e del contesto ambientale in cui agirà la nostra campagna,
offrendoci la possibilità di identificare le varie opportunità, ma anche gli ostacoli
che la nostra iniziativa incontrerà. Inoltre consentirà di definire il campo della
nostra azione, suggerendoci anche dove possiamo cercare le risorse necessarie per
organizzare la campagna ed eventualmente evidenziando la necessità di allargare
la partecipazione ad altri soggetti.
La ricerca può darci alcune indicazioni rilevanti, rispondendo ad alcune domande chiave circa il problema da affrontare.
N. Kline Weinreich 19 suggerisce questa serie di quesiti:
– Verso quali aspetti del problema intendete indirizzarvi?
– Qual è il “quadro epidemiologico” del problema?
– Che cosa si può fare per prevenire l’insorgenza e la diffusione del problema?
– Quali sono le conseguenze del problema?
– Quali conoscenze, atteggiamenti e comportamenti sono correlati con il
problema?
– Quanto successo hanno avuto precedenti tentativi di affrontarlo?
Nel progettare una campagna certamente dovremo decidere quale o quali
aspetti del problema vogliamo prioritariamente affrontare. Per poter scegliere
dovremo conoscere e considerare le varie possibilità. Prendiamo ad esempio il
tema di questa pubblicazione: una campagna per contrastare il consumo giovanile
di alcol. Potremmo agire vietando la vendita di alcolici ai minori nei supermercati
e alzare il limite di età per la loro somministrazione nei locali pubblici, potremmo
formare gli esercenti per la preparazione di bevande analcoliche o i docenti delle
scuole medie per affrontare il tema con i loro alunni, potremmo aumentare il
numero di controlli fuori dalle discoteche e aggravare le sanzioni, potremmo
fare incontri nelle scuole con il personale sanitario o con rappresentanti delle
associazioni di ex-alcolisti, ma potremmo anche, oltre a tutto questo, creare
occasioni alternative di aggregazione e divertimento per i giovani, potremmo
incentivare attività gratificanti e antagoniste al bere, potremmo stimolare la loro
partecipazione alla vita della comunità in cui vivono, in altri termini potrem19
N. Kline Weinreich, Hands-on Social Marketing, op. cit., pagg. 31-33
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mo comunicare e dimostrare loro che c’è qualcosa di meglio, di più divertente
oltreché di più sano da fare, che non ubriacarsi ogni fine settimana 20.
Un’altra serie di dati utili per il processo decisionale, che la ricerca potrà fornirci,
riguarderà la prevalenza e l’incidenza del problema di cui ci stiamo occupando
nella popolazione, chi o quale gruppo è a maggior rischio, o perché più esposto
o perché le conseguenze all’esposizione sono maggiori che per altri gruppi.
La ricerca, fornendoci un elenco delle conseguenze accertate a cui si va incontro in assenza di un cambiamento, ci suggerisce come rappresentarle e come
comunicarle e quali fra queste possono essere utilizzate come leva per stimolare
il cambiamento, a seconda del target a cui ci rivolgiamo.
Ci servirà anche sapere quali conoscenze, atteggiamenti, e comportamenti
sono correlati al problema. Quanti nel nostro target sono consci del problema e
si sentono a rischio, quanti lo valutano correttamente e quanti lo sottostimano,
quali eventuali distorsioni percettive intervengono? Quanti si preoccupano di
fare qualcosa per prevenire il problema, quanti stanno già praticando il comportamento che intendiamo promuovere, ci sono differenze a tale proposito fra
i vari gruppi di popolazione?
Per quanto riguarda l’analisi del contesto ambientale, secondo N. Kline
Weinreich 21, l’attività di ricerca preliminare dovrebbe dare una risposta alle
seguenti domande:
– Quali fattori sociali, economici o demografici potrebbero agire nella comunità?
– Qual è il clima politico in relazione al all’argomento o al target a cui ci
rivolgiamo?
– Quali politiche attuali o quali normative vigenti potrebbero influenzare la
risposta del pubblico target?
– Quali altre organizzazioni stanno affrontando il medesimo problema in
questo momento?
– Quali messaggi competeranno con il nostro nel conquistare l’attenzione
del pubblico?
– Quali canali sono disponibili nella comunità per promuovere il nostro
messaggio?
La nostra campagna si svilupperà in un contesto ambientale già caratterizzato dalla presenza di molti messaggi d’ogni tipo con cui ci troveremo a
Questo è stato in effetti l’intento che ha guidato le varie azioni programmate nella campagna per
contrastare il consumo giovanile di alcol promossa dalla Provincia Autonoma di Trento. Il progetto della
campagna e le attività in cui si è articolata sono descritti a pag. 224 e segg. nel volume Marketing sociale
per contrastare il consumo giovanile di alcol: II. Gli atti del convegno e la campagna, PAT, 2008
21
op. cit., pagg. 34-35.
20
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competere, per emergere dal rumore di fondo e attirare l’attenzione del nostro
pubblico target.
Il contesto ambientale può rappresentare un supporto o un intralcio per la
nostra campagna, offrendo opportunità o erigendo barriere. In altre parole,
quanto più l’ambiente circostante sarà favorevole alle azioni e ai comportamenti
che stiamo promuovendo, tanto più il cambiamento che auspichiamo si realizzerà
e sarà mantenuto nel tempo.
Per capire che cosa aiuterà e che cosa ostacolerà la nostra azione dovremo
dunque considerare con attenzione tutti i fattori socio-economici che potrebbero influire sulla salute e sugli stili di vita dei nostri concittadini appartenenti
al segmento target della campagna 22. Talvolta idee o comportamenti nocivi per
la salute possono essere oggetto di sostegno da parte di organizzazioni portatrici
di interessi confliggenti, che pertanto si configurano come concorrenti espliciti e
ostili. In generale si tratta comunque di una forma di concorrenza più complessa
e più difficile da individuare, rispetto a quanto avviene in ambito commerciale, e
anche per tale motivo è indispensabile poter disporre, tramite l’attività di ricerca
preliminare, di un’approfondita analisi del target-group, che ci aiuti a capire
quali bisogni un dato comportamento soddisfi (spesso in maniera impropria
e surrogatoria, come quando gli adolescenti bevono per superare la timidezza
nell’incontro con l’altro sesso), in modo da poter mostrare i vantaggi competitivi
del comportamento alternativo proposto.
Per quanto riguarda “il clima politico” nel quale agirà la nostra campagna, dovremmo anche tener conto che, sebbene la maggior parte della campagne affronti
temi e modalità di trattarli su cui vi è ampia condivisione, altre portano con sé
forti connotazioni ideologiche o possono configgere con scelte religiose, tali da
dividere la comunità in schieramenti contrapposti di favorevoli e contrari. In
altre parole dovremo considerare l'impatto sociale degli obiettivi che intendiamo
raggiungere con la campagna, comprendendo in questa analisi anche i metodi
e gli strumenti utilizzati, i conflitti che potremmo generare nella comunità, gli
eventuali effetti indesiderati nonché quelli di lungo termine.
Questo implica evidentemente consapevolezza e senso di responsabilità in
chi deve decidere quali siano gli atteggiamenti e i comportamenti congruenti
agli interessi della comunità e quali invece vadano modificati, tenendo peraltro
conto che circostanze economiche, sociali e ambientali possono essere fattori
determinati dello stato di salute di un individuo o di una comunità in misura
Circa l’influenza di tali fattori si veda Richard Wilkinson e Michael Marmot (a cura di), I determinanti
della salute. I fatti concreti. II ed. 2003, Ufficio per l’Europa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità,
ed. it. Provincia Autonoma di Trento – Assessorato alle Politiche per la salute, Trento 2006, trad. a cura
di Giovanni Martini e Mario Querin.
22
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ben maggiore dei comportamenti e che comunque il contesto socio-economicoambientale influisce pesantemente sui comportamenti e gli stili di vita 23.
Comprendere, grazie alla ricerca preliminare, i movimenti di idee e opinioni
favorevoli e contrari nella nostra comunità ci aiuterà a comprendere quali sono
i nostri potenziali oppositori e quali alleanze strategiche sono possibili e ci consentirà di decidere quali sono le modalità più efficaci per affrontare il problema,
magari suggerendo un approccio più attento e delicato, ma non per questo meno
determinato, ad argomenti che riteniamo importante discutere e a cambiamenti
sociali che riteniamo necessario promuovere, ma che potrebbero contrastare con
usi e tradizioni consolidati nella comunità (si pensi ad esempio al problema del
consumo di ragguardevoli quantità di alcolici e superalcolici in occasioni di sagre
patronali e feste campestri, non di rado organizzate dal volontariato sociale per
sostenere le proprie meritevoli attività solidaristiche).
Si è già accennato al fatto che i risultati migliori, per quanto riguarda i
cambiamenti di comportamento, soprattutto sui tempi medio lunghi è dato
dall’integrazione di varie azioni, comprendendo in questo anche l’intervento
normativo. Una campagna per contrastare il consumo giovanile di alcol potrebbe avere maggior effetto se si unisse a un’ordinanza che eleva ai diciotto anni il
divieto di somministrazione di alcol. La ricognizione della normativa vigente
e lo studio di quali modifiche o integrazioni delle norme potrebbero favorire
il cambiamento è dunque un altro dei compiti che possono essere assegnati
all’attività di ricerca preliminare.
L’analisi del contesto ambientale deve comprendere anche un’indagine sul territorio per individuare eventuali altre iniziative nello stesso campo in cui intende
operare la nostra campagna, già realizzate o in corso di attuazione o di progettazione
da parte di altri enti pubblici e privati, onde evitare inutili duplicazioni e sprechi
di risorse. Nel caso di campagne che affrontano problemi ampiamente diffusi ci
potrebbero essere analoghe iniziative anche a livello statale o di Unione Europea.
In questi casi potremmo decidere di agire in rinforzo o a completamento di queste
iniziative, mettendo le nostre risorse a disposizione per esempio per incrementare
la diffusione dei messaggi già realizzati a livello nazionale (magari con qualche
piccola modifica per adattarli meglio alle peculiari caratteristiche socio-culturali
della nostra comunità), oppure facendo una campagna complementare che affronti
altri aspetti del problema o si rivolga ad altri target.
Gianfranco Domenighetti, “Per una politica di sanità pubblica centrata sui bisogni della popolazione
e non su quelli dei servizi”, in Punto Omega, Quadrimestrale del Servizio sanitario del Trentino, Nuova
serie, Anno II, n.2/3, Provincia Autonoma di Trento, 2000. Vedi anche, sul numero 5/6 della rivista,
l’intervento di Erio Ziglio, nonché il documento OMS “La Dichiarazione di Jakarta sulla promozione
della salute nel 21° Secolo”.
23
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Il contesto ambientale influenzerà anche la ricezione e l’efficacia nella diffusione
dei nostri messaggi. Anche se possono esserci variazioni significative dal contesto
urbano a quello di un piccolo villaggio di montagna, la comunicazione mass-mediatica fa sì che ciascuno di noi sia esposto ogni giorno a centinaia di messaggi, alcuni dei quali, fra l’altro potrebbero competere direttamente con la nostra campagna (si pensi ad esempio alle pubblicità commerciali, spesso molto ben realizzate
ed attraenti, di bevande alcoliche). L’attività di ricerca potrebbe dare alcune informazioni interessanti nell’indagare non solo quali sono i media a cui il nostro target
è maggiormente esposto o quali preferibilmente fruisce nel proprio tempo libero,
ma anche quali canali e quali modalità di comunicazione utilizza la “concorrenza”.
Un altro campo di ricerca che potrebbe rivelarsi molto fruttuoso è come i
media parlano del tema che noi stiamo affrontando. Il riscontro di situazioni
evidenti di disinformazione o la presenza diffusa di stereotipi e pregiudizi potrebbe suggerire di dedicare parte delle risorse della campagna a un’iniziativa di
formazione e aggiornamento sul tema dei giornalisti dei media locali, almeno
di quelli più sensibili e interessati all’argomento.
Infine, per quanto riguarda l’analisi del contesto, la ricerca preliminare dovrebbe
darci anche una serie di indicazioni circa i canali di comunicazioni disponibili nella
nostra comunità, non solo i media tradizionali (affissioni, inserzioni e redazionali
nei giornali, spot per la radio, per la tv e per le sale cinematografiche…) o l’utilizzo
delle nuove tecnologie (siti internet, email, sms,…), ma anche eventi nella vita
della comunità (feste, avvenimenti sportivi, conferenze, dibattiti…), i luoghi della
cosiddetta “comunicazione d’attesa” (pensiline degli autobus, stazioni, sale d’aspetto …) e i luoghi di aggregazione e di erogazione dei servizi (biblioteche, scuole,
ambulatori, supermercati, banche, uffici postali, uffici comunali, parrocchie, sedi
sociali di associazioni) nonché, come già illustrato alla voce “distribuzione” parlando
delle leve del marketing mix, tutti le tipologie di possibili canali utilizzabili per la
comunicazione interpersonale (le professioni del servizio sanitario a contatto con
il cittadino, i dipendenti pubblici addetti allo sportello, i volontari…).
Fra i metodi utilizzabili per raccogliere dati sull'ambiente possiamo ricordare
le indagini tra gli opinion leader, i sondaggi d'opinione, l'analisi continuativa
(per un dato periodo) dei messaggi veicolati dai mass-media per individuare
temi e atteggiamenti emergenti nonché l'analisi degli orientamenti legislativi
negli ambienti politici.
In sintesi potremmo dunque dire che l’attività di progettazione della campagna
costituisce la base dell’intero processo e la ricerca preliminare ne è il fondamento,
consentendoci di conoscere i vari aspetti del tema oggetto della campagna, le caratteristiche del pubblico a cui intendiamo rivolgerci e del contesto socio-culturalepolitico-economico in cui agiremo. Senza una conoscenza approfondita di questi
elementi non sarà possibile sviluppare strategie operabili e azioni efficaci.
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Capitolo i
1.3. L’attività di ricerca e la valutazione dei risultati di una campagna
L'attività di valutazione è un processo a carattere continuativo: prima dell'elaborazione del progetto della campagna è necessario fissare obiettivi quantificabili (e
raggiungibili) con relativi indicatori e tempi di attuazione; durante lo sviluppo
si realizzeranno pre-test e controlli periodici (generalmente su scala ridotta e a
intervalli prefissati) per apportare eventualmente correzioni in itinere; a conclusione verranno effettuate rilevazioni approfondite e su larga scala per misurare
l'efficacia dell’iniziativa in relazione agli obiettivi stabiliti.
L'attività di marketing sociale è a tutti gli effetti un processo interattivo, dove,
nonostante la complessità e il costo della valutazione, il feed-back da essa fornito
prima, durante e dopo, è indispensabile per apportare le correzioni eventualmente necessarie alla campagna in atto e per pianificare le campagne successive,
mettendo in luce problemi irrisolti, punti critici e opportunità da cogliere. In
tutto questo l’attività di ricerca svolge un ruolo fondamentale.
1.3.1. L’attività di pre-testing e di sperimentazione delle strategie e dei prodotti
comunicazionali
Come si è cercato di evidenziare nei paragrafi precedenti, per realizzare una efficace campagna di marketing sociale non basta una conoscenza approssimativa
del problema da affrontare, pensando poi di affidarsi alla fantasia e al talento di
un buon grafico o di una rinomata agenzia pubblicitaria.
Progettare una campagna vuol dire trovare una soluzione creativa a un problema concreto e tale soluzione, per essere efficace dal punto di vista funzionale (riuscire a comunicare e possibilmente a convincere) nonché interessante e gradevole
dal punto di vista estetico (per attirare l’attenzione in un ambiente sovraffollato
di messaggi), deve essere certo frutto di invenzione, ma anche di un processo
fatto di competenza tecnica, di conoscenza, di riflessione e di consapevolezza.
Tuttavia, se ci riferiamo per un momento alla fase di implementazione di una
campagna e più nello specifico al momento in cui andremo a progettare e realizzare i vari prodotti comunicazionali (manifesti, poster, locandine, brochures,
inserzioni per quotidiani e periodici, spot per la televisione, la radio, il cinema,
banner per il web, eventi di vario tipo, etc. 24) potremo facilmente constatare che
l’attraversamento delle varie fasi della progettazione, a partire dalla definizione del
problema alla elaborazione creativa delle soluzioni possibili, passando poi alla scelta
Per una sintetica tassonomia dei media utilizzabili in una campagna di marketing sociale si veda V. Curzel, Marketing sociale per la Salute e la Sicurezza sul lavoro. Elementi per la progettazione di una campagna,
op. cit., pagg. 268-273.
24
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dei materiali e delle tecnologie realizzative, alla sperimentazione delle soluzioni, alla
realizzazione di prototipi e finalmente alla produzione, ci renderemo facilmente
conto del fatto che, per quanta ricerca preliminare abbiamo fatto, anche quando
queste ricerche saranno di ottima qualità e ci potranno dare molti elementi utili
a supporto delle decisioni, il passaggio dal pensare al fare mantiene comunque
un’area di incertezza e di aleatorietà da non sottovalutare.
Anche se avessimo perfettamente compreso il problema da risolvere e come
risolverlo, non è detto che le soluzioni che abbiamo trovato siano le migliori o
più semplicemente che siano efficaci.
Pensando ad esempio a un manifesto, constateremo che molte variabili entrano
in gioco e che molto complessa sarà la loro interazione: non basterà trovare il testo
e l’immagine adeguati, ma il risultato finale, la funzionalità di quel manifesto rispetto agli obiettivi che vogliamo raggiungere, dipenderà anche dalla composizione
grafica, dall’interazione fra lettering e figure, fra colori e forme,…
Anche in questo caso la ricerca può intervenire in nostro aiuto. L’attività di
pre-test può svolgere infatti tre importanti funzioni:
– comparare le varie scelte strategiche e tattiche, valutando possibili vantaggi e
svantaggi di ciascuna (un buon piano dovrebbe prevedere più di una strategia
possibile, una sola delle quali verrà poi scelta e utilizzata);
– individuare eventuali lacune o errori nelle scelte strategiche e tattiche;
– affinare le possibili soluzioni creative e i messaggi affinché gli stessi comunichino nel modo più efficace possibile al pubblico target della nostra campagna.
Come tutte le attività di ricerca anche il pre-testing comporta costi non irrilevanti, ma serve a evitare errori che possono rivelarsi gravi e talvolta ben più costosi,
rischio ancor più elevato quando si prospetta una sola scelta strategica e magari la
si testa soltanto alla fine per vedere se ha funzionato!
Tornando all’esempio del manifesto, sarebbe bene aver sempre più di un’opzione possibile, testare l’efficacia delle varie proposte e solo a quel punto passare alla
stampa e alla diffusione del progetto grafico che si è dimostrato più efficace.
Ovviamente è importante effettuare i test (con ricerche quantitative o qualitative
o integrate) con un campione che rappresenti i veri segmenti-target della campagna
(non serve molto quindi farlo con amici, colleghi, segretarie) alla ricerca non solo
di conferme attraverso reazioni positive, ma soprattutto dei punti deboli o degli
errori, per poterli correggere.
Andreasen, citando i criteri messi a punto dall’Agency for Educational Development’s HealthCom project 25 del Governo USA, sottolinea le caratteristiche che
M. Rasmuson, R.E. Seidel, W.A. Smith, and E.M. Booth, Communication for Child Survival, U.S. Agency
for Educational Development, Bureau of Science and Technology, Office of Health and Office of Education, Washington D.C., 1988, pag. 55, cit. in A.R. Andreasen, Marketing Social Change, op. cit., pag. 121.
25
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un prodotto comunicazionale dovrebbe avere: attrattività, comprensibilità, accettabilità, capacità di portare il pubblico a riconoscersi nel tema affrontato, soprattutto capacità di persuadere. Lo stesso Andreasen ricorda, in aggiunta, altre caratteristiche a cui la comunicazione d’impresa dedica grande attenzione: credibilità,
pertinenza, originalità, capacità di coinvolgere e di essere memorizzata, interesse.
Un metodo utilizzato dalle agenzie pubblicitarie consiste nel presentare il
nuovo messaggio pubblicitario a un campione ristretto di 30-50 persone e successivamente intervistare le stesse, chiedendo pensieri ed emozioni suscitati dal
messaggio, di provare a ricordarne i contenuti e di comunicarne il significato
percepito. Talvolta il test viene effettuato comparando con lo stesso sistema
diverse versioni del medesimo messaggio.
Il pre-test pur essendo molto utile non deve comunque essere considerato un
predittore assoluto dell’efficacia, capace di garantire il successo della campagna, dal
punto di vista dell’apprendimento, della capacità di persuasione, della modifica dei
comportamenti. Fra l’altro è necessario mettere in conto ciò che già si è evidenziato a proposito delle risposte ai questionari nel caso di domande su temi sensibili.
Anche se nel campo del marketing sociale è una prassi relativamente rara, nei
casi in cui si ritenga che il pre-test non sia in grado di fornire le indicazioni richieste, si può ricorrere alla sperimentazione “nel mondo reale”, testando i prodotti
comunicazionali non in una situazione “di laboratorio”, quindi relativamente
controllata, ma in un set “naturale” con una uscita che funzioni da test pilota.
Con lo stesso sistema si può procedere anche a una comparazione: diversi prodotti
(o diverse strategie e tattiche di comunicazione) possono essere provati in luoghi
fisici diversi, osservando il loro grado di efficacia. Si sceglierà allora sul territorio
un ristretto campione di luoghi dove proporre i diversi messaggi, individuando
la modalità migliore per comparare gli esiti delle differenti proposte 26.
1.3.2. Il monitoraggio in itinere e la valutazione dei risultati.
L’attività di monitoraggio in itinere e la valutazione finale dei risultati servono
evidentemente per verificare se la campagna e le sue varie azioni stanno procedendo come pianificato e se alla fine gli obiettivi predefiniti sono stati raggiunti.
Le attività di monitoraggio in itinere consistono nella verifica degli esiti delle
azioni programmate, fase per fase della loro attuazione e hanno lo scopo prinAd esempio in una campagna per promuovere l’adesione a uno screening, che preveda la possibilità di
chiamare un numero verde per avere ulteriori informazioni o per prenotare l’accesso al servizio, si potranno
correlare i diversi messaggi a diversi numeri verdi attivati solo per un tempo limitato. Si tratta evidentemente
di procedure di pre-test di una certa complessità dal punto di vista organizzativo, da attivare nel caso di
campagne molto impegnative, costose e di lunga durata.
26
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cipale di correggere eventuali errori di progettazione o nell’implementazione
nonché di apportare eventuali adattamenti se nel frattempo fossero occorse
sostanziali modifiche del contesto.
Fra le varie fasi di attuazione di una campagna di marketing sociale, la valutazione finale di efficienza e di impatto della stessa costituisce senza dubbio
l’anello più debole.
Se da una parte è vero che il grado di difficoltà e di complessità della misurazione e della valutazione dell’efficienza (rapporto costi/benefici) e dell’efficacia (raggiungimento del risultato atteso) di una campagna dipende sia dal
tipo di offerta (bene, servizio, idea/comportamento), sia dagli obiettivi che si
intendevano conseguire (cambiamento cognitivo, di atteggiamento, comportamentale, di valori), dall’altra si dovrebbe anche realisticamente considerare
che allo stato dell’arte, al di là degli entusiasmi e delle velleità, un’azione di
marketing sociale nel campo della promozione della salute dovrebbe proporsi
non tanto modifiche di comportamento 27, quanto piuttosto di sensibilizzazione, aumentando la conoscenza, la consapevolezza circa un dato problema,
focalizzando l’attenzione pubblica sullo stesso, mobilitando volontà ed energie
per affrontarlo sia individualmente che come comunità, in una prospettiva
solidaristica, di inclusione, di responsabilità e di presa in carico, rafforzando i
legami comunitari e contribuendo alla costruzione o ri-costruzione di valori
e rappresentazioni sociali condivisi.
In ogni caso si dovrà tenere conto della obiettiva difficoltà nel misurare le
modifiche cognitive, affettive e comportamentali, anche perché i cambiamenti
riscontrati possono essere stati facilitati da altri fattori esterni, legati all'azione di
altre forze sociali e ambientali, che agiscono contestualmente alla campagna
così come questi medesimi fattori possono averla pesantemente contrastata 28.
Allo stesso modo non sarà facile individuare con precisione i processi psicologici individuali e/o sociali che possono determinare effetti favorevoli o avversi
all'efficacia di una data iniziativa di marketing sociale.
È necessario ricordare che il marketing non è l’unico modo per ottenere un cambiamento di comportamento. Sono infatti possibili anche altri approcci: – quello normativo (si pensi ad esempio alle norme
che vietano il fumo negli esercizi e nei locali pubblici); – quello tecnologico (ad es. il “cerotto” per chi
vuole smettere di fumare), – quello economico (ad es. aumentare il prezzo delle sigarette). Oltre a ciò,
una campagna di marketing sociale dovrebbe sempre accompagnare le attività informative con iniziative
formativo-educative. In ogni caso, i risultati migliori si potranno prevedibilmente raggiungere con un’azione
integrata multisettoriale.
28
P. Kotler & E. Roberto (Social Marketing: Strategies for Changing Public Behavior, Free Press, New York,
1989, trad. it. Marketing Sociale. Strategie per modificare i comportamenti collettivi, edizioni di comunità,
Milano, 1991) distinguono sei tipi di forze esterne che influiscono sulla capacità di una campagna di
sviluppare e mantenere un'efficace influenza sui gruppi obiettivo: demografiche, economiche, fisiche,
tecnologiche, politico-legali, socio culturali.
27
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Certamente il grado di attenzione e di sensibilizzazione della popolazione
rispetto ad un dato problema influisce direttamente tanto sull'impatto di una
campagna che sui suoi risultati. Anche per le idee, come per i prodotti commerciali, vi sono delle “tendenze di mercato”, e quindi il presupposto necessario
per il successo di una campagna è dato dalla presenza di una domanda latente
o quanto meno un’attenzione verso quel dato problema, a cui la nostra offerta
potrà efficacemente rispondere.
L’applicazione del marketing ai problemi sociali è ben più complessa di quella
del marketing di un’impresa commerciale, se non altro perché, se nel secondo
caso l'obiettivo è normalmente convincere il consumatore ad aumentare il
consumo (o a scegliere una marca piuttosto di un’altra) di un prodotto i cui
benefici sono già noti, nel marketing sociale si tratta solitamente di indurre un
comportamento nuovo e più favorevole alla salute, i cui benefici tuttavia non
sono ancora stati sperimentati direttamente dal cittadino a cui ci rivolgiamo,
sono intangibili e raramente immediati. Senza contare il fatto che il segmentoobiettivo che abbiamo scelto (per es. i fumatori) potrebbe essere formato da
soggetti predisposti negativamente, con livelli alti di coinvolgimento emotivo e
più resistenti nei confronti dell’offerta (cioè il contrario di quanto avviene nel
marketing d'impresa).
Le criticità che l’attività di ricerca dovrà affrontare nel processo di valutazione
sono dunque riassumibili nelle difficoltà che si incontreranno nell’individuare
indicatori efficaci e nel misurare cambiamenti di comportamento (tanto più
quando questi sono a lungo termine) nonché nelle difficoltà nello stimare con
precisione l’effettivo contributo della campagna al raggiungimento dell'obiettivo. Tali difficoltà e limiti oggettivi tuttavia non la rendono meno necessaria
e utile nella progettazione e implementazione delle attività di marketing e di
comunicazione sociale per la promozione della salute.
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Bibliografia
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43
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Le ricerche preliminari alla campagna
per contrastare il consumo giovanile di alcol
PARTE II
Adolescenti e comportamenti a rischio
per l’abuso di sostanze alcoliche
Rapporto sui comportamenti a rischio
per l’abuso di alcol nei giovani trentini di 13-16 anni
Graziella Fava Vizziello, Alessandra Simonelli, Silvia Casari
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 2
Traguardi dell’adolescenza
e condotte legate all’uso di alcol
2.1. Introduzione
L’adolescenza risulta attualmente una delle tematiche di maggiore interesse in
diversi ambiti della ricerca psicologica, pedagogica ed educativa, sociologica
nonché politica, in quanto costituisce un particolare momento dello sviluppo
individuale, complesso e articolato, molto trascurato nell’organizzazione dei
servizi. Solo da pochi anni, quasi cercando di eliminare il senso di colpa relativo,
assistiamo ad un grande fermento di ricerche e proposte che presentano una
loro originalità.
La sostituzione della famiglia che dà regole con la famiglia affettiva, ha creato
nuovi adolescenti non più ribelli, ma affamati dell’aiuto di figure di sostegno per
potersi allontanare dalle figure importanti dell’infanzia e superare la solitudine
e la tristezza del distacco in queste condizioni.
Sempre più l’adolescente è considerato co-produttore del proprio sviluppo,
attivamente impegnato a far fronte alle richieste mutevoli dell’ambiente in cui
si trova inserito (Bonino, 2000; Jackson, 1993; Tani, 2000), senza per questo
averne sempre le forze.
La sottolineatura di tali aspetti ha contribuito all’assunzione di un’ottica
centrata sulla comprensione delle manifestazioni attraverso le quali emergono le
caratteristiche essenziali di questo periodo della vita, piuttosto che sugli aspetti
di disadattamento, di difficoltà o sulle espressioni psicopatologiche che possono
emergere in questa fase così ricca e sfaccettata dello sviluppo (Bonino, 2000;
Cigoli, Marta e Regalia, 1998).
D’altra parte, l’insieme complesso di cambiamenti sociali, culturali, familiari
influisce, con tutta la sua complessità, sulla relazione della persona con se stessa
e con gli altri: questo fa sì che l’adolescenza risulti un momento critico anche
nella contemporaneità, in cui simboli, riti e ritmi del passaggio (e, quindi, dello
sviluppo) sono in buona parte venuti meno, costringendo così gli adolescenti ad
imbattersi in un vuoto generazionale che spesso li pone di fronte a una difficoltà
nel ritrovare punti di riferimento affettivi, relazionali e sociali (Bacchini, Freda
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 2
e Nunziante Cesaro, 2000; Cigoli et al., 1998; Vegetti Finzi e Battistin, 2000).
In tal senso, l’adolescenza rappresenta un momento della vita che il ragazzo
affronta con modalità diversificate in rapporto all’età, al genere, al contesto
socio-culturale di appartenenza e al tipo di scuola frequentata (Bacchini et al.,
2000) o all’abbandono di tutto questo.
Si aggiunge a queste variabili l’angosciante nuovo aspetto legato alla globalizzazione e alla diffusione del virtuale, per cui i parametri fondamentali della
coscienza di tempo e spazio vengono abbattuti, lasciando, da un lato, utopiche
idee di magiche facili realizzazioni e, dall’altro, una difficoltà a ritrovarsi nel
proprio corpo che ha bisogno di essere riconosciuto, tramite il piercing e le
firme degli indumenti, nel proprio circoscritto ambiente, sempre più isolatoe
incomunicabile o incomunicato agli adulti (Fava Vizziello, 2003).
La restrizione dell’uso della parola e della lettura, con l’aumento della capacità di comunicazione attraverso il suono e le immagini, ci fanno riflettere
sulle comunicazioni che gli adolescenti recepiscono, sia come forma, sia come
provenienza.
2.2. I contesti dello sviluppo
L’ambiente di vita in cui il soggetto in età evolutiva è inserito costituisce un
agente attivo nella vita del giovane e può rivestire diversi ruoli nel favorire o
nell’ostacolare il processo di crescita, inserendovi elementi disadattivi o di rischio
(Bacchini et al., 2000; Boykin McElhaney Allen, 2001).
Per svolgere una funzione di sostegno al soggetto in via di sviluppo, l’ambiente
dovrebbe costituirsi come un contesto che faciliti l’acquisizione di quel benessere
fisico, mentale e sociale in cui consiste la salute.
Potrebbe allora permettere al soggetto di riempire di significati gli eventi dando
spazio alla creativitàe alla costruzione dell’identità individuale attraverso relazioni
interpersonali che possono stimolare o comprimere lo sviluppo armonico della
personalità (Boykin McElhaney et al., 2001), cosa che spesso non succede: il
contesto chiede piuttosto al ragazzo di adeguarsi.
La scuola, ormai da decenni, sembra essere inadeguata ad organizzare i propri
programmi in funzione del rapidissimo cambiamento sociale in atto. In questo
senso, molti ragazzi per proprie difficoltà personologiche e/o per frustrazioni
ripetute vanno a costituire il gruppo degli iperdipendenti o dei tristi (Pietropolli
Charmet, 2000) che, al di là del numero delle loro frequentazioni di pari, non
sanno richiedere aiuto e hanno maggiori possibilità di essere attratti dall’uso di
alcol per sentirsi maggiormente a loro agio nei previsti momenti di socializzazione
come il sabato sera o per automedicarsi.
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 2
In questa prospettiva, dagli anni ’80 le ricerche hanno spostato il focus d’analisi
dallo sviluppo individuale a quello dei contesti sociali in cui lo sviluppo fisico,
cognitivo ed emotivo dell’adolescente hanno luogo: questi sono stati identificati
principalmente nella famiglia, nel gruppo dei pari e nella scuola (Bonino, 2000;
2001; Gecas e Seff, 1990).
Tra i molteplici cambiamenti che caratterizzano il percorso di transizione
dall’età infantile a quella adolescenziale, le trasformazioni che investono la
sfera delle relazioni sociali, incidendo fortemente sulla costruzione dell’identità
personale e sulla qualità dell’adattamento psicosociale, assumono una rilevanza
particolare. Ci si riferisce a quell’insieme di relazioni interpersonali che l’adolescente intrattiene con le persone significative del proprio ambiente sociale e che
possono costituire particolari fonti di influenza sullo sviluppo della persona.
A questo proposito, una ricerca condotta da Claes, Ercolani, Bonaiuto, Perucchini e Pierro (1995) con 120 adolescenti di età compresa tra 11 e 18 anni,
ha messo in evidenza come:
– la rete sociale degli adolescenti sia costituita in media da 56 persone, di cui
24 significative: 18 coetanei, per lo più dello stesso sesso, e 6 adulti, di cui
4.5 appartengono alla famiglia allargata;
– i contatti quotidiani, ovvero il fatto di trascorrere un certo tempo con la
persona, senza che vi sia necessariamente uno scambio verbale continuo, siano
significativamente più frequenti con la famiglia (in modo più massiccio
con fratelli e/o sorelle, poi con la madre e, infine, con il padre);
– la frequenza delle conversazioni e l’intimità siano elevate nei confronti di
tutti i membri significativi dell’ambiente sociale anche se è solo con il/la
migliore amico/a che si affrontano i temi inerenti alla sessualità;
– la frequenza delle attività condivise, svolte in comune con gli altri membri della
rete sociale primaria, sia elevata per ognuno, senza differenze statisticamente
significative;
– i conflitti, situazioni d’opposizione caratterizzate da confronti verbali molto
vivi, dalla formulazione di rimproveri e da effetti negativi quali sentimenti
offesi, punizioni, rottura dello scambio, siano numericamente più frequenti
e più rilevanti verso i genitori, in particolare la madre, mentre le relazioni
con gli amici appaiono le meno conflittuali;
– i membri della rete più prossimi, quelli cioè che si considerano essere i
più vicini sono la madre (39.6%), il/la migliore amico/a (28.6%), il padre
(7.2%), la sorella e il partner (7.1%), entrambi i genitori (5.2%) e infine
il fratello (4.1%);
– i dati relativi alla famiglia, siano significativamente correlati con l’indice di
adattamento dell’adolescente, mentre questo non emerge per i dati relativi
agli amici in generale, al/alla migliore amico/ae al numero di persone e
persone significative che costituiscono la rete sociale. Ad integrazione di
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 2
quest’ultimo risultato, si trovano in letteratura anche ricerche che affermano
la rilevanza, per l’adattamento psico-sociale degli adolescenti, della qualità
della relazione con i genitori, in generale, e di alcuni aspetti delle relazioni
con gli amici, in particolare il fatto di sentirsi accettatie integrati (Armsden
e Greenberg, 1987; Bonaiuto, Perucchini e Pierro, 1997; Greenberg, Siegel e Leitch, 1983; Pierro, Bonaiuto, Ercolani, Perucchini e Claes, 1996;
Pombeni, 1993; Wehner e Furman, 1989).
Si ritiene, inoltre, che la percezione della rilevanza, della qualità e della soddisfazione delle relazioni nei confronti dei membri della propria rete sociale
vari con l’età; in particolar modo, con l’aumentare dell’età sembrano aumentare
progressivamente:
– l’importanza attribuita alla famiglia e all’amicizia (De Lillo, 1997);
– il supporto e l’intimità condivisi con i coetanei a discapito di quelli con i
familiari, sia per la frequenza e la durata dei contatti giornalieri, che per la
frequenza delle attività condivise (Bonaiuto et al., 1997; Claes et al., 1995;
Furman e Buhrmester, 1992);
– la libertà degli adolescenti nelle decisioni e nei comportamenti quotidiani
(Bonaiuto et al., 1997; Bosma, Jackson, Zijsling, Zani, Cicognani, Xerri,
Honess e Charman, 1996; Hunter e Youniss, 1982; Jackson, Bijstra, Oostra
e Bosma, 1998).
Parallelamente, diminuisce il sostegno e la supervisione richiesti ai genitori
che perdono le funzioni connesse all’accudimento, per assumere più che altro la
funzione di esperti (Ardone, 1998; Bonaiuto et al., 1997; Cattelino, Calandri e
Bonino, 2001; Furman e Buhrmester, 1992).
Alla luce di quanto esposto, emerge quanto poco risultino nelle ricerche le
figure degli insegnanti come referenti e come la famiglia e il gruppo dei coetanei
costituiscano i due ambienti principali di riferimento, i due contesti privilegiati
all’interno dei quali l’adolescente apprenderebbe a rinegoziare il proprio ruolo
sociale, a bilanciare le richieste interne e le aspettative esterne e a conciliare
differenti sistemi di valori e di regole. Crediamo sia stato molto trascurato,
nella ricerca, il ruolo delle figure rappresentative del mondo del tempo libero
che gli adolescenti via via riescono a scegliersi, in particolare nel mondo sportivo e nella musica, dove spesso i referenti adulti hanno una particolare presa
sull’adolescente.
Queste ricerche danno comunque risultati che vanno considerati con la massima precauzione, data la rapidità dei cambiamenti sociali e le differenze tra i
diversi ambienti a cui i ragazzi fanno capo.
È rarissimo, infatti, che tra gli adolescenti maschi che arrivano ai servizi di
neuropsichiatria dell’età evolutiva o di psicologia clinica e che rappresentano i
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 2
casi sociali prima frustrati e poi esclusi dalla scuola (ormai, purtroppo, sempre più numerosi e destinati ad aumentare se, con l’auspicato aumento degli
anni di scolarità, non sarà portato avanti anche un radicale cambiamento
della scuola secondaria) non vi sia uso incongruo di alcol e questi giovani, in
genere, sfuggono alle nostre inchieste.
2.2.1. Il ruolo della famiglia
Il ruolo del contesto familiare nelle dinamiche del periodo adolescenziale dei
figli è stato in passato oggetto di attenzione discontinua anche se attualmente
costituisce uno dei focus centrali in quest’ambito: tale rinnovata attenzione
può essere riconducibile in parte all’importanza assunta dalla prospettiva evolutiva del ciclo di vita nello studio dell’adolescenza (Dornbusch, 1989; Elder,
1985; Novelletto, 1992; Pietropolli Charmet, 2000; Vegetti Finzi, 2000) e,
in parte, all’influenza della prospettiva ecologica (Brofenbrenner, 1979; 1986)
nell’allargare l’analisi al di là del singolo e della diade.
La fase del ciclo di vita che vede in gioco genitori e figli adolescenti, risulta
un momento assai complesso del sistema familiare: in particolare, anche da un
punto di vista sociale, i genitori vengono posti di fronte a richieste di abilità e
competenze sempre più elevate, senza che venga loro offerto in cambio sostegno
e protezione (Bramanti, 1994; Scabini e Cigoli, 2001; Walsh, 1982).
Il contesto socialee il sistema familiare sono, infatti, molto mutati negli anni,
sia a causa di modificazioni strutturali che hanno condotto ad una maggiore
instabilità e isolamento della famiglia, sia per i mutamenti avvenuti a livello
della rete allargata.
Tuttavia, i genitori non si trovano, in virtù di tali modificazioni, “alleggeriti”
dai ruoli classici da svolgere nei confronti dei figli adolescenti; al contrario, le
trasformazioni descritte non hanno condotto ad una perdita dell’importanza
e della centralità della famiglia dell’adolescente che, nelle sue caratteristiche
funzionali (stile educativo, controllo, comunicazione, negoziazione di ruoli,
livello di intimità, responsabilità, autonomia, stress sperimentato, supporto,
ascolto dei bisogni, condivisione dei processi decisionali, capacità di risolvere
i conflitti) e strutturali (instabilità, assenza del padre), è tenuta a svolgere un
ruolo sempre più complesso nell’evoluzione del figlio, relativamente a diversi
ambiti:
– nella costruzione dell’identità (Arcidiacono, 2000; De Lillo, 1997; Palmonari, 1993);
– nello sviluppo del sé (Beaty, 1995; Benvenuti, Bitossi, Marchetti, Pecori,
Selvi e Valtancoli, 1994; Boykin, McElhaney e Allen, 2001; Harvey e
Byrd, 1998; Jackson et al., 1998; Lyman e Bird, 1996; Palazzi, De Vito,
Luzzati, Guerini e Torre, 1990);
51
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 2
– nella soddisfazione familiare e soluzione dei conflitti (Jackson et al., 1998);
– nella promozione del senso di benessere (Ardone, 1998; 1998a; Ciairano,
Bonino, Jackson e Miceli, 2001; Demo e Cox, 2000; Malagoli Togliatti,
1998; Scabini, 1995);
– nell’adattamento psicologico e psicosociale, che si manifesta tramite la
presenza di relazioni positive con i pari, il successo scolastico e il grado
di autonomiae autostima (Bonaiuto et al., 1997; Claes et al., 1995; Hess,
1995; Lamborn, Mounts, Steinberg e Dornbusch, 1991; Malagoli Togliatti,
1998);
– nella promozione dell’autonomia internae interpersonale (Boykin, McElhaney e Allen, 2001; Lo Coco, Ingoglia, Zappulla e Pace, 2001);
– nell’influenzare le strategie di successo e le strategie di coping (Aunola,
Stattin e Nurmi, 2000);
– come fattore protettivo: dal rischio psicosociale, dall’ostilità e/o da comportamenti devianti, dall’uso di sostanze, dalla depressione e da sintomi
psicopatologici (Barbanelli, Regalia e Pastorelli, 1998; Cigoli et al., 1998;
Fava Vizziello e Simonelli, 2004; Malagoli Togliatti, 1996; 1998; Malagoli
Togliatti e Ardone, 1993; Noller e Callan, 1990; Pettit, Laird, Dodge, Bates
e Criss, 2001; Scabini, 1997).
Secondo quanto emerso da questa letteratura teorica ed empirica, l’adolescenza rappresenta dunque un’impresa evolutiva congiunta di genitori e figli,
un’occasione di vivere un’esperienza di cambiamento comune, in cui entrambi
devono accettare di cambiare e di farlo insieme, per far sì che la relazione prosegua positivamente (Sroufe, 1991; Pietropolli Charmet, 2000).
2.2.2. Il gruppo dei pari
In adolescenza, accanto all’influenza delle figure adulte di riferimento, assume
sempre più rilevanza la relazione con i coetanei, sia in senso quantitativo che
qualitativo, così come dimostrato dai dati esposti sulla composizione della rete
sociale degli adolescenti.
La mancanza di tali relazioni è considerata da taluni autori come uno dei
fattori di rischio per lo sviluppo adolescenziale, specialmente se associata ad
altre difficoltà. La loro presenza, quando accompagnata da buona qualità e da
simmetria di rapporto, viene a costituire uno dei principali fattori di protezione
dal rischio psicosociale (Bukowski, Newcomb e Hartup, 1996; Hartup e Stevens,
1997; Schneider, Wiener e Murphy, 1994) e un supporto nel promuovere uno
sviluppo dagli esiti positivi e nel far fronte ai vari compiti evolutivi da parte del
singolo (Coleman e Hendry, 1990; Hartup, 1993; Pombeni, 1997).
In particolare, la presenza, la ricchezza e l’adeguatezza di relazioni tra pari
in adolescenza sembra costituire un fattore di promozione riguardo ai seguenti
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 2
aspetti: la costruzione dell’identità personale del giovane (Brown, Dolcini e
Leventhal, 1997); il suo benessere psicologico (Bukowski et al., 1996; Meeus,
1994; Schneider et al., 1994; Tani, 2000); lo sviluppo di una propria progressiva
autonomia dalla guida degli adulti; lo sviluppo di adeguate modalità d’interazione con gli altri (Brown et al., 1997); lo sviluppo della fiducia nelle proprie
capacità di affrontare i problemi e nel fronteggiare le richieste di cambiamento
provenienti dall’esterno o dall’interno (Cattelino, 2000).
Anche il gruppo dei pari, in quanto tale, diviene un importante contesto dello
sviluppo in adolescenza con influenza sullo sviluppo, sulle credenze e sul comportamento dei giovani (Magnussen e Statin, 1998; Ryan, 2001; Rubin, Bukowski
e Parker, 1998). Esso viene a rappresentare, infatti, uno dei punti di riferimento
nel processo di costruzione dell’identità sociale di ciascun membro.
Quando parliamo di gruppo di adolescenti facciamo riferimento sia a gruppi
formali, che si possono costituire cioè all’interno di movimenti e/o di associazioni
e che sono dotati di regole di ingresso, di appartenenza o di esclusione, sia a
gruppi informali, cioè a aggregazioni spontanee di singoli.
In entrambi i casi, il gruppo costituisce per l’adolescente:
– un contesto sociale circoscritto, con le sue regole e le sue norme (Moro,
1997);
– un organismo vivo, con cui il singolo intrattiene una relazione intensa e
continuativa fondata sulla condivisione di esperienze, interessi e valori considerati importanti per ogni componente e per il gruppo e la cui coesione si
fonda sull’intensità della relazione e della comunicazione fra i vari membri
e sulla condivisione del tempo libero, del divertimento e dell’impegno
(Palmonari, 1993; Pombeni, 1993);
– un contesto che l’adolescente considera appartenere a se stesso e in cui sente
di contare come persona (Moro, 1997);
– un contesto in cui limitare la solitudine (Novelletto & Ricciardi, 1997).
Il rapporto e il confronto con i pari corrisponde, in tale fase dello sviluppo,
ad un vero e proprio compito evolutivo che permette al ragazzo di esplorare
nuovi spazi, nonché di valutare e sperimentare in modo autonomo il proprio
comportamento e le proprie scelte.
Inoltre, costituisce una sorta di laboratorio sociale, un banco di prova, un’area
protettiva in cui sperimentare comportamenti non sottoposti a controllo immediato da parte degli adulti e sviluppare nuove competenze. Anche nei casi di
adolescenti in difficoltà l’inserimentoe il confronto con il gruppo può favorire
il raggiungimento di una più approfondita rappresentazione e comprensione
del problema da affrontare.
Il gruppo rappresenta un’opportunità per imparare a gestire le situazioni di
conflitto, per elaborare le strategie di risoluzione delle difficoltà, per venire a
53
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 2
conoscenza delle strategie che gli altri utilizzano nell’affrontare problemi simili
ai propri e per osservare gli effetti che tali strategie sono in grado di produrre;
fornisce un sostegno strumentalee un aiuto significativo rispetto alle difficoltà
incontrate; rappresenta un’agenzia culturale (Fine, 1981) nell’ambito del quale
vengono proposti modelli culturali e comportamentali differenti, spesso alternativi, a quelli forniti dai genitori e dove si ha così l’opportunità di confermare
o di legittimare il rifiuto dei vecchi modelli e delle conoscenze acquisite in precedenza; costituisce, infine, la prima fonte da cui provengono forme di aiuto
emotivo, psicologico, comportamentale e cognitivo.
Questi aspetti rappresentano nuove modalità di stare insieme tra coetanei,
contribuendo alla creazione di relazioni dinamiche tra il soggetto e il gruppo
dei pari, sottoposte nel corso dell’adolescenza stessa a processi di cambiamento
che le renderanno maggiormente stabili, intime e significative.
In particolare, il percorso evolutivo individuato dagli autori per descrivere i
cambiamenti nelle modalità relazionali nel corso dell’adolescenza sembra il seguente (Altieri, 1988; Baraldi, 1988; De Pieri e Tonolo, 1990; Durando, 1990;
Moro, 1997; Palmonari, 1993; Pombeni, 1993):
– durante la prima adolescenza, il soggetto sembra privilegiare relazioni
duali, basate sulla possibilità di fare cose insieme all’amico e/o all’amica,
e parallelamente sembra preferire la frequentazione di gruppi molto diversificati;
– in piena adolescenza, il giovane privilegia la frequentazione di gruppi
informali, la cosiddetta compagnia, anche come modalità per prendere le
distanze dai gruppi formali all’interno dei quali spesso è stato inserito dai
genitori o da altri adulti;
– successivamente, viene privilegiata la frequentazione di pochi amici veri,
anche solo per chiacchierare, per scambiare opinioni e idee: passa in secondo
piano cioè l’obiettivo di condividere azioni o attività comuni a vantaggio
di relazioni amicali basate principalmente su affinità di natura intellettuale,
simbolica o affettiva.
2.3. L’alcol e i giovani: alcuni dati
Negli ambienti giovanili si assiste a un accrescere del consumo alcolico, spesso
associato a modalità comportamentali che aumentano il rischio connesso a tale
consumo.
Prima di esporre i dati ottenuti nella provincia di Trento, tracceremo un
quadro di riferimento relativo ai consumi e alle abitudini del bere della popolazione generale.
54
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 2
Ai sensi della Legge 125/2001, si intende per bevanda alcolica ogni prodotto
contenente alcol alimentare con gradazione superiore a 1,2 gradi di alcol, mentre
le bevande vengono definite superalcolici quando contengono una gradazione
superiore al 21% di alcol in volume. L’Organizzazione Mondiale della Sanità
(OMS) stima che il 9.6% del carico di malattia nella popolazione europea sia
prodotto dall’alcol.
I costi diretti e indiretti che la società paga a causa dell’alcol, sia in termini di
danni materiali a persone e patrimoni sia in termini di costi sanitari, possono
essere stimati tra il 2e il 5% del PIL di ciascuna nazione: questi dati evidenziano
il ruolo primario della patologia da dipendenza da alcol tra le problematiche
sociali, sanitarie e politiche rispetto alle quali occorre pensare interventi adeguati in materia di prevenzione e di riduzione del danno, prima ancora che di
riabilitazione.
Secondo la Società Italiana di Alcologia (Atti XVI Congresso Nazionale SIA)
le morti attribuibili all’alcol, nel nostro paese, oscillano tra le 30.000 e le 50.000
per anno; è sufficiente ricordare che il 30% degli incidenti stradali e che il 10% di
tutti gli incidenti sul lavoro sono ascrivibili al consumo di bevande alcoliche.
Tra gli altri dati, si può notare che circa il 15% dei cittadini che si rivolgono al
medico di medicina generale (medico di base) presenta problematiche correlate
all’uso di bevande alcoliche e che il 5% risulta alcol dipendente.
Anche nell’area della violenza e dell’abuso sessuale su donne e minori l’alcol
risulta presente con una percentuale intorno al 12% come fattore che può facilitare la liberazione degli impulsi aggressivi e sessuali.
Il Report del 2004 sui consumi di alcolici nel quadriennio 1998-2001, prodotto dall’Osservatorio Nazionale Alcol dell’OssFAD (Osservatorio Fumo Alcol
e Droga dell’Istituto Superiore di Sanità) evidenzia un aumento del numero di
consumatori di bevande alcoliche, che ha raggiunto proporzioni dell’87,7% tra
i maschi e del 63,1% tra le donne (Tabella 1).
Complessivamente, il 75% degli italiani risulta consumatore di bevande alcoliche con un incremento medio nel corso del periodo sopraindicato del numero
di consumatori pari al 6.2% (5,2% per gli uomini, 7,7% per le donne).
Tab. 1. Prevalenza (%) dei consumatori di bevande alcoliche in Italia. – Frequenze
per sesso e anno e variazione (%) osservata nel periodo 1998-2001
Anno
1998
1999
2000
2001
Variazione
1998-2001
Maschio
83,4
83,1
87,2
87,7
5,2
Femmina
58,6
59,1
63,6
63,1
7,7
Sesso
Elaborazioni Osservatorio Nazionale Alcol OssFAD su dati ISTAT Multiscopo (OssFAD, report 2004)
55
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 2
In termini di salute pubblica questi dati sembrano indicare che un numero
crescente di individui ha scelto di incominciare a fare uso di bevande alcoliche,
ampliando secondo alcuni autori la platea dei soggetti esposti al potenziale
fattore di rischio alcol.
Questo aspetto risulta particolarmente importante alla luce dell’evidenza
che i maggiori incrementi sono stati registrati tra le donne di età compresa
tra i 45 e i 64 anni e tra i giovani, in particolare tra gli adolescenti di età
compresa tra i 14e i 16 anni: all’interno di questo gruppo sono stati registrati
incrementi dell’11,7% tra i maschi e del 16,5% tra le femmine nel giro di
soli quattro anni.
Lo studio di questi dati dovrebbe però prendere in considerazione il fatto
che un atteggiamento proibizionista nei riguardi dell’alcol ha spesso portato
ad un aumento di abusi e che una educazione all’uso controllato dell’alcol
può diminuire i rischi di situazioni in cui il soggetto viene condizionato oltre
che da un piacevole momento, dal desiderio doppio del rischio e della trasgressione (Tabella 2).
Tab. 2. Prevalenza (%) dei consumatori di bevande alcoliche in Italia al di sotto
dell’età legale – Frequenze per sesso, età (14-16 anni) e variazione (%)
osservata nel periodo 1998-2001
Sesso
Maschio
Femmina
Anno
1998
1999
2000
2001
Variazione
1998-2001
14
34,3
39,3
46,1
43,3
26,2
15
42,3
51,8
50,7
52,1
23,2
16
61,0
58,8
61,2
59,1
-3,1
14
31,8
28,7
31,4
34,7
9,1
15
33,3
37,9
42,8
40,7
22,2
16
41,3
45,0
42,3
49,6
20,1
Età
Elaborazioni Osservatorio Nazionale Alcol OssFAD su dati ISTAT Multiscopo (OssFAD, report 2004)
Le prevalenze rilevate dai dati prodotti dall’OssFAD (Report 2004) consentono di stimare che, nel periodo esaminato, il numero di consumatori di bevande
alcoliche al di sotto dell’età legale di 16 anni si è incrementato di 89.000 adolescenti (22.000 all’anno, circa) raggiungendo la numerosità di circa 870.000
giovani per il 2001.
Inoltre, nella classe di età 14-16 anni si registrano, al contrario di quanto accade per le altre classi di età, una più marcata tendenza al pareggio del rapporto
56
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 2
tra i due sessi dovuto essenzialmente al maggiore e più rapido incremento del
numero delle giovani consumatrici.
Ciò depone per una maggiore probabilità, a parità di quantità di alcol consumate, di sviluppo di condizioni a rischio alcol-correlate in funzione della
maggiore vulnerabilità femminile agli effetti negativi dell’alcol che, nel caso
specifico, è aggravata dalla relativa immaturità fisiologica di smaltimento dell’alcol caratteristica dell’età giovanile.
Parallelamente, il Report 2004 rileva tra i giovani consumatori di età compresa
tra i 14 e i 16 anni delle diminuzioni del numero di astemi che oscillano tra il
13,7e il 17% per i maschi e tra il 4,3 e il 14,1% per le femmine; unica eccezione
è stata osservata per i sedicenni di sesso maschile per i quali si è registrato in
quattro anni un aumento del 4,9% del numero di astemi.
In relazione alla distribuzione regionale, l’incremento del numero di consumatori è stato registrato per entrambi i sessi in tutte le regioni italiane.
Riguardo le tendenze di consumo delle bevande alcoliche degli individui di
sesso maschile, si registra un incremento nelle prevalenze dei consumatori di vino,
birra, aperitivi alcolici, amari e superalcolici; il maggior incremento si registra
per gli aperitivi alcolici e per le bevande alcoliche a più elevata gradazione quali
amari e superalcolici (rispettivamente +12.3, +6,8 e +9,3% in 4 anni).
Rispetto alla popolazione femminile, si registra un incremento nelle prevalenze
delle consumatrici per tutte le bevande alcoliche con massimi incrementi registrati
per gli aperitivi alcolici e per i superalcolici per i quali si rileva un aumento del
13,6 e del 6,4% rispettivamente.
Le modalità di consumo fuori pasto mostrano un lieve decremento tra gli
uomini (-3,8%) e un costante aumento tra le donne (+4,8%) rappresentando
un modello di consumo seguito nel 2001 da circa un quarto della popolazione
(37,8% per gli uomini e 13,1% per le donne).
Le elaborazioni effettuate per l’intera popolazione sono state condotte anche
per la popolazione dei giovani compresi tra i 14 e i 16 anni di età. È da rilevare
che il consumo in questa fascia d’età dovrebbe essere teoricamente pari a zero
sia in funzione del divieto di somministrazione di bevande alcoliche nei luoghi
pubblici 1, sia per l’età che rappresenta una delle principali controindicazioni al
consumo di bevande alcoliche.
1
L’art.689 del codice penale punisce l’esercente che somministra in un locale pubblico bevande alcoliche ai
minori di anni 16 con pena pecuniaria da 516 a 2.582 euro, ovvero la pena della permanenza domiciliare
da 15 a 45 giorni, ovvero la pena del lavoro di pubblica utilità da 20 giorni a sei mesi e la pena accessoria
della sospensione dell’esercizio.
57
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 2
Diversamente, i dati elaborati mostrano riguardo agli adolescenti di sesso
maschile un aumento dei consumatori per tutte le bevande alcoliche con massimo incremento registrato per gli aperitivi alcolici (+32,7%). Fanno eccezione i
superalcolici per i quali non si registrano variazioni nella prevalenza dei giovani
consumatori che rimane comunque pari al 9,4% (equivalente ad una stima di
90.584 individui).
È apprezzabile, contestualmente, una riduzione della prevalenza complessiva dei
consumatori di oltre ½ litro di birra al giorno (-62,5%) e la sostanziale stabilità
della prevalenza di consumatori di oltre ½ litro di vino (0,2%).
Il più elevato numero di consumatori registrato nel 2001 è relativo ai giovani consumatori di birra (354.349 individui) seguito dai consumatori di vino
(196.394) e di aperitivi alcolici (188.617) che, nel corso dei quattro anni, hanno
raggiunto in pratica un valore equivalente tra gli adolescenti.
Anche per gli amari è da rilevare un notevole numero di consumatori che nel
2001 risulta pari ad una stima di 94.137 individui.
Riguardo le ragazze teen-ager, si registra un incremento di soggetti che consumano vino, birra, aperitivi alcolici e superalcolici, con massimo incremento
registrato per le adolescenti che consumano gli aperitivi alcolici (+28%). È da
notare che l’incremento delle consumatrici di vino risulta maggiore di quello
registrato tra i maschi della stessa età.
Il più elevato numero di consumatrici si registra, analogamente ai coetanei di
sesso maschile, tra le giovani consumatrici di birra (216.462 adolescenti) e anche
per il sesso femminile si rileva una equivalenza nel numero di consumatrici di
vino e di aperitivi alcolici (122.382 e 121.117 adolescenti).
Le modalità di consumo fuori pasto mostrano incrementi per entrambi i sessi
(+3,9% per i maschi e +27,6% per le femmine) rappresentando un modello di
consumo seguito nel 2001 dal 12,2% della popolazione adolescenziale (13,2%
per il sesso maschile, 11,2% per le femmine).
2.4. Rischi connessi all’uso di alcol
I giovani sono vulnerabili ai rischi legati al consumo di bevande alcoliche. Tali
rischi non sono più oggi assunti inconsapevolmente dal giovane anche se spesso le
scelte di consumo risultano influenzate dall’imitazione, dal rinforzo sociale, dalla
pressione dei pari, dal modello comportamentale di adulti (soprattutto genitori)
osservati fin dalla prima infanzia, dal desiderio di ottenere la serenità, il successo
e il fascino promossi dalla pubblicità.
Inoltre, la legalità di produzione, vendita e pubblicizzazione di prodotti alcolici
aumenta la copertura sociale sugli effetti negativi di un cattivo uso di tali sostanze.
58
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 2
“La stessa enfatizzazione di un uso drogastico dell’alcol da parte dei giovani
sottende la presunzione che vi sia un uso alimentare da parte degli adulti: la
stessa droga, l’alcol, finirebbe per non essere più tale a seconda delle età e degli
strati sociali. I giovani devianti «sballano», quelli adeguati sono solo un po’
allegri e socializzano, gli adulti «hanno bevuto un po’»; ma la mente, il sistema nervoso centrale di tutte le tre e categorie, sono accomunate da un’unica
alterazione che li espone a danni a sée agli altri. Gli incidenti accadono tutti i
giorni e a tutte le età, ma vengono enfatizzati solo quelli del fine settimana che
riguardano i giovani.” (Marcomini, Terza Conferenza Nazionale sui problemi
connessi con la diffusione delle sostanza stupefacenti e psicotrope, Genova, 28-30
Dicembre 2000).
L’alcol, gode di una accettazione sociale e di una familiarità e popolarità legate
alla cultura italiana del bere, una cultura mediterranea, che poneva, sino ad un
decennio fa, il consumo di vino come componente inseparabile dell’alimentazione e che comunque si rifà ad una tradizione di civiltà in cui tra usoe abuso
esiste una differenza socialee individuale.
La cultura del bere diffusa tra i giovani segue sempre più frequentemente
standard orientati verso modelli di “binge-drinking”, di abuso concentrato in
singole occasioni, che rifuggono le modalità mediterranee che privilegiavano il
consumo del vino ai pasti, quale loro parte integrante.
Le evidenze dimostrano che bere alcolici (birra e superalcolici) fuori pasto è
la modalità caratterizzante per le giovani generazionie inaspettatamente elevata
anche tra i quattordicenni. Questo aspetto fa supporre una sorta di necessità di
riempimento e di dipendenza che va al di là del rito sociale.
Un’altra importante novità nel mondo del bere riguarda l’introduzione nel
mercato dei cosiddetti “alcopop”, i soft drink a base di frutta, che hanno rivoluzionato il mercato delle bibite con l’impiego di grafismi, motivi, colori e stili
associati alla cultura giovanile.
Attualmente si possono contare più di centocinquanta marche in tutto il
mondo di questi prodotti destinati al mercato degli adolescenti, che conquistano
con un design minimal ed elegante, bottigliette dai colori flou, gusto dolce e
una gradazione alcolica intorno ai 6°. In altre parole quasi una birra, ma molto
più trendy.
L’OssFAD (Report 2004) afferma che, a fronte delle modificate abitudini e
della nuova cultura del bere, influenzate dalla sempre maggiore disponibilitàe
offerta di bevande alcoliche, i giovani (e spesso anche gli adulti e, tra questi, le
donne in particolare) hanno adottato modelli di consumo che, separando il bere
dalla ritualità dei pasti ne hanno trasformato il significato originale in un valore e
in un gesto comportamentale prevalentemente legato all’uso dell’alcol in funzione
degli effetti che esso è in grado di esercitare sulle performance personali.
59
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 2
Sono, infatti, chiari e noti anche ai più giovani gli effetti euforici e rilassanti
dell’alcol e, quindi, l’aiuto che può offrire in situazioni sociali stressogene, offrendo l’illusione di poterle meglio fronteggiare e controllare. Quindi, l’alcol
sembra essere usato (e non consumato) per sentirsi più sicuri, più loquaci, per
facilitare le relazioni interpersonali, per apparire più emancipati e più “trendy”,
per essere più facilmente accettati dal gruppo o, in alcuni casi, per conquistare
un ruolo di auspicata leadership tra i pari.
Anche le donne sembrano essere più influenzate rispetto al passato da questi
modelli di consumo caratteristici dei giovani; con essi, oltre a condividere i
rischi, esse condividono una maggiore vulnerabilità agli effetti dannosi che i
nuovi modelli del bere comportano. Effetti che, essendo differiti nel tempo,
sono spesso sottovalutati.
Inoltre, a livello di costi sociali, la letteratura attuale sui rischi connessi all’utilizzo di sostanze alcoliche afferma che piccoli rischi su larga scala sono più
dannosi di alti livelli di rischio, ma confinati in una fascia ristretta della popolazione (Terza Conferenza Nazionale sui problemi connessi con la diffusione delle
sostanza stupefacenti e psicotrope, Genova, 28-30 Dicembre 2000).
In altre parole, il numero degli incidenti della strada che riguardano bevitori
che hanno consumato quantità di alcol ritenute modeste è significativamente superiore a quello attribuibile a soggetti in stato di intossicazione vera e propria.
Nel primo caso la probabilità di incidente è bassa, ma riguarda un elevato
numero di persone, nel secondo caso, invece, la probabilità di incidente è molto
elevata, ma si riferisce ad un numero estremamente limitato di soggetti.
Fino ad oggi le preoccupazioni relative al rapporto tra giovanie alcol si sono
concentrate sull’evento drammatico o sull’intossicazione acuta, eventi rari, sottovalutando il consumo ritenuto accettabile che non pone problemi drammatici,
ma che rappresenta il fulcro sul quale intervenire, non per un atto di prevenzione
nei confronti di danni maggiori, ma per il danno che in sé viene prodotto.
I contributi che derivano dalla Terza Conferenza Nazionale sui problemi
connessi con la diffusione delle sostanza stupefacenti e psicotrope (Genova, 2000)
evidenziano come l’oggetto dei programmi di prevenzione, quindi, non deve
essere l’alcolismo in quanto patologia legata a forme di intossicazione, ma il
consumo delle bevande alcoliche, indipendentemente dalle quantità, ponendo
particolare enfasi sulla pericolosità dei consumi culturalmente accettati: questo
comporta anche una sorta di annullamento della distanza tra il mondo degli
adulti e quello dei giovani che condividono lo stesso comportamento, rompendo
l’arbitraria distinzione tra l’uso di alcol in età giovanile e la tradizione culturale
degli adulti.
A questo proposito, riportiamo in Tabella 3 alcuni dati relativi a “I numeri
dell’alcol” (Alcol sai cosa bevi? Più sai meno rischi, OssFAD, 2004).
60
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 2
Tab. 3. I numeri dell’alcol
Consumi
In Italia il primo bicchiere viene consumato a 11-12 anni 2; l’età più bassa nell’Unione
Europea (media EU 14,5 anni).
Sulla base delle elaborazioni OssFAD su dati ISTAT 3, il 75% degli italiani consuma
alcol (l’87% degli uomini, il 63% delle donne). Sono circa 37 milioni i consumatori di
bevande alcoliche, pari a circa 21 milioni di uomini e 16 milioni di donne.
La bevanda più consumata in assoluto è il vino; seguono la birra e i superalcolici. Le
tendenze mostrano una riduzione del consumo pro capite ma un sostanziale incremento
delle modalità considerate a maggior rischio per la salute.
Sono 3 milioni i bevitori a rischio; tra questi 2 milioni e mezzo di uomini e mezzo
milione di donne. La stima degli alcolisti è pari a circa 1 milione di individui, prevalentemente di sesso maschile e con un rapporto maschi femmine di 3 a 1 circa.
Circa 870.000 giovani di età inferiore ai 16 anni hanno consumato nel 2001 bevande
alcoliche e di questi circa 400.000 eccedono nei consumi alcolici.
Il 7% dei giovani dichiara di ubriacarsi almeno 3 volte a settimana 4 ed è in costante
crescita il numero di adolescenti che consuma bevande alcoliche al fuori dai pasti (birra,
aperitivi alcolici, amari e superalcolici prevalentemente, con il massimo incremento, pari
al + 103%, registrato nel periodo 1995-2000 tra le 14-17enni) 5.
Gli astemi sono in progressiva e costante diminuzione, rappresentando il 25% della
popolazione.
Malattie
Ogni anno sono attribuibili, direttamente o indirettamente, al consumo di alcol: il
10% di tutte le malattie, il 10% di tutti i tumori, il 63% delle cirrosi epatiche, il 41%
degli omicidie il 45% di tutti gli incidenti, il 9% delle invalidità e delle malattie croniche
(di lunga durata) 6.
In tutta Europa, l’alcol rappresenta attualmente il primo fattore di rischio di invalidità, malattia cronica e mortalità prematura tra i giovani (1 ogni 4, nei giovani di età
compresa tra i 15 e i 29 anni, è a causa dell’alcol).
Ricoveri
Complessivamente, il 10% dei ricoveri è attribuibile all’alcol 7; nell’anno 2000 tale
numero è stimabile in 1.267.156 (OssFAD). Nello stesso anno 93.321 ricoveri (1%
circa) sono stati effettuati e ufficialmente registrati in sede di ricovero con diagnosi
totalmente attribuite all’alcol 8.
La stima grezza dell’impatto sui ricoveri totali dovuto a malattie indirettamente attribuibili all’alcol è conseguentemente del 9% su tutti i ricoveri e pari a circa 1 milione
di dimissioni l’anno.
61
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 2
Decessi
Ogni anno in Italia circa 40.000 individui muoiono a causa dell’alcol per cirrosi
epatica, tumori, infarto emorragico, suicidi, aborti, omicidi, incidenti in ambiente
lavorativo, domestico e incidenti stradali.
Nell’anno 2000, gli incidenti stradali hanno causato: 8.000 decessi, 170.000 ricoveri,
600.000 prestazioni di pronto soccorso e 20.000 invalidità permanenti. L’alcol è causa
di circa la metà degli 8.000 decessi conseguenti ad incidenti stradali, che rappresentano
la prima causa di morte per gli uomini al disotto dei 40 anni.
Circa 2000 giovani muoiono ogni anno in Italia a causa di un incidente stradale
causato dall’alcol che è anche la causa del 50% delle conseguenze non fatali.
Costi
L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che i costi annuali sociali e sanitari,
sostenuti a causa di problemi collegati all’alcol sono pari al 2-5% del Prodotto Interno
Lordo (PIL). Secondo tale stima sul PIL nazionale dell’anno 2003 (1.324 miliardi di
euro) i costi dell’alcol risulterebbero pari a 26-66 miliardi di euro (52.000-128.000
miliardi di vecchie lire).
Elaborazioni Osservatorio Nazionale Alcol OssFAD su dati ISTAT Multiscopo
2
Eurobarometer (2002)
OssFAD - ISTAT Indagine Multiscopo (2001)
4
Eurobarometer (2002)
5
Dati ISTAT
6
World Health Report (OMS, 2002)
7
Relazione sullo Stato Sanitario del Paese 2001/2002 . Ministero della Salute
8
Società Italiana di Alcologia
3
62
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 3
Metodologia della ricerca
3.1. Obiettivi
La presente ricerca 9 consiste in uno studio esplorativo su alcuni aspetti della
vita affettivo-relazionale e sociale degli adolescenti connessi con eventuali
comportamenti che possono considerarsi a rischio rispetto al successivo abuso di sostanze alcoliche. In particolare ci si è proposti di indagare i seguenti
aspetti:
– la percezione che gli adolescenti hanno del rischio connesso con l’uso,
anche occasionale, di bevande alcoliche e degli effetti fisici, psicologici e
sociali dell’utilizzo e dell’abuso di alcol;
– l’esistenza di particolari condotte individuali e/o gruppali connesse alla disponibilità di acquisto di bevande alcoliche, all’uso e all’abuso di alcol: per
esempio, eventuali riti di gruppo, l’utilizzo di alcol in associazione con la
partecipazione ad alcuni eventi sociali come feste, serate in discoteca, party;
– l’esistenza di eventuali associazioni tra la percezione che i ragazzi hanno
della qualità della propria vita relazionale, familiare e sociale, la percezione
del rischio legato all’uso di sostanze alcoliche e l’utilizzo abituale di alcol
in diversi momenti della giornata o della settimana;
– l’esistenza di contesti sociali, legami amicali e/o affettivo-reazionali che gli
adolescenti percepiscono come fonti di informazione-formazione circa il
tema dell’uso di alcol o anche come riferimenti relativamente a tematiche
di difficoltà connesse all’età adolescenziale, alla scuola e alla famiglia.
Accanto a questi obiettivi generali lo studio si è anche proposto l’indagine
di temi più specifici:
– il peso che l’identità di genere (essere maschi o femmine) può avere nella
percezione del rischio, nell’uso e nelle condotte associate all’utilizzo di
sostanze alcoliche;
La ricerca è stata svolta nel 2004-2005 su committenza della Provincia Autonoma di Trento, nell’ambito
della campagna per contrastare il consumo giovanile di alcol [Nota dell’Editore].
9
63
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 3
– il peso dell’età (il gruppo studiato ha un range di età compreso tra 13 e
16 anni) nella percezione del rischio, nell’uso e nelle condotte associate
all’utilizzo di sostanze alcoliche;
– il peso di fattori legati al contesto socio-culturale di appartenenza (vivere
in città o in paese, frequentare un Liceo oppure un Istituto Professionale)
nella percezione del rischio, nell’uso e nelle condotte associate all’utilizzo
di sostanze alcoliche.
Allo scopo di indagare le domande di ricerca formulate è stato effettuato uno
studio di ricognizione sui diversi strumenti esistenti in letteratura su questo
tema: a partire dai questionari individuati il gruppo di ricerca ha costruito
uno strumento ad hoc, ideato in modo da risultare il più aderente possibile
agli obiettivi di interesse e di fornire un quadro esaustivo della tematica di
indagine.
Parallelamente, il programma di ricerca ha previsto anche la realizzazione
di alcune interviste a un ristretto gruppo di 13 testimoni privilegiati, che per
ruolo e competenza professionale potessero utilmente collaborare a delineare
un quadro ancor più approfondito del fenomeno dell’uso di alcol tra i giovani,
completando con la propria esperienza e il proprio punto di vista sia le informazioni di carattere generale ricavate dall’analisi della letteratura specialistica
internazionale e nazionale, sia i risultati che sarebbero emersi dall’indagine
sul territorio.
3.2. Metodi di raccolta dei dati
Lo strumento utilizzato per la raccolta e l’analisi dei dati è un questionario a
risposte multiple, ideato ad hoc dal gruppo di lavoro per la presente ricerca, sulla
base di altre metodologie esistenti in letteratura e utilizzate per il medesimo
scopo 10: effettuare un rilevamento della percezione del rischio e della messa in
atto da parte degli adolescenti di comportamenti rischiosi per se stessi e per gli
altri. In particolare, le condotte oggetto della valutazione sono stati i comportamenti riguardanti l’uso e l’eventuale abuso di sostanze alcoliche e le pratiche
individuali e/o gruppali a questi connesse (guida pericolosa, interferenze con
la vita quotidiana, ecc.).
Sono state indagate anche altre aree di interesse, collegate a quella principale,
come la comunicazione all’interno della famiglia e dei gruppi di appartenenza
10
Si ringrazia il dott. Giovanni Barbiero per il fondamentale contributo apportato nella revisione della
letteratura in merito ai questionari ed agli strumenti maggiormente utilizzati nelle ricerche su questo tema
e per l’iniziale stesura del questionario
64
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 3
dei ragazzi (amici, associazioni, ecc.), la presenza di fattori di disagio e/o di
stress percepito, l’eventuale presenza di istituzioni e/o di persone percepite dai
giovani come fattori di protezione o punti di riferimento rispetto alle difficoltà
incontrate nel percorso evolutivo.
Il questionario è stato discusso prima della somministrazione, con il nucleo di
esperti trentini, formato da Marina Caumo, Vittorio Curzel, Giuseppe Disnan,
Aldo Gabbi, Michelangelo Marchesi, Roberto Pancheri.
Il questionario si compone di una serie di sezioni, ognuna delle quali contiene
domande relative ad un’area tematica di interesse per l’indagine. Queste sono:
– Sezione 1 (domande 1-8): dati socio-demografici familiari, utili per una
descrizione del gruppo di adolescenti partecipanti alla ricerca;
– Sezione 2 (domande 9-29), contiene domande relative: a) all’adattamento
complessivo dei ragazzi, in termini di attività svolte nel tempo libero, rapporto con la scuola e rendimento scolastico generale, sensazione di benessere/malessere percepito, prospettive future; b) alla percezione della qualità
delle relazioni con i genitori e, in generale, della qualità delle esperienze
del ragazzo nei diversi contesti in cui è inserito (scuola, gruppo dei pari,
ecc.); c) alla percezione delle offerte presenti sul territorio nei termini di
spazi di aggregazione, di divertimento, di possibilità di svolgere attività;
– Sezione 3 (domande 30-42): contiene domande che riguardano l’utilizzo
di alcol nel contesto di vita del giovane, le credenze relative agli effetti
dell’alcol, alle persone che ne fanno uso, alle conseguenze possibili;
– Sezione 4 (domande 43-63): contiene domande relative alle abitudini del
ragazzo in termini di frequenza, effetti, implicazioni relazionali e sociali e
rituali di gruppo legati all’utilizzo di alcol da parte del soggetto;
– Sezione 5 (domande 64-68): contiene domande che richiedono al ragazzo di
effettuare proposte sul tema dell’alcol e domande aperte che lo coinvolgono
nella progettazione di campagne informative e formative relative all’alcol
nel mondo dei giovani.
Dal punto di vista metodologico le domande sono state costruite secondo
tre criteri:
– domande a scelta multipla su scala Likert a 3 (la maggior parte) o 5 punti: la
graduazione delle domande su scala a punti consente un maggiore controllo
degli eventuali errori commessi dai soggetti e facilita gli stessi nell’evitare
65
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 3
risposte casuali e/o errori di compilazione. Alla scala su 5 punti si sono preferite, nella maggior parte delle domande, 3 alternative di risposta: questa
scelta, se da una parte “impoverisce” il range e, quindi, la modulazione delle
risposte, costringendole entro un numero inferiore di alternative, dall’altra è
sicuramente facilitante per i soggetti, soprattutto per i ragazzi che frequentano la scuola media. A 13-14 anni, infatti, è ancora un compito piuttosto
complesso quello di fornire risposte, scegliendo tra un numero elevato di
alternative: in tal modo, si è cercato di ridurre al minimo errori legati alla
difficoltà del compito richiesto, all’eventuale calo dell’attenzione legato a
tale complessità e al ricorso da parte dei soggetti a risposte casuali, fornite
per “concludere il compito”;
– domande costruite con la tecnica del differenziale semantico: si tratta di
domande che richiedono una autovalutazione o la valutazione di una condizione esterna sulla base di una serie di aggettivi polarizzati secondo un
asse positivo-negativo (buono-cattivo, calmo-aggressivo, ecc.). Al soggetto
viene richiesto di collocare se stesso o l’oggetto della valutazione su una scala
graduata da 1 a 10 posta tra i due poli contrari di ogni singolo aggettivo. Tale
tipo di valutazione consente la creazione di un profilo fornito dal soggetto
relativamente a se stesso o all’oggetto osservato ed è molto utile quando si
vogliano indagare alcuni aspetti delle rappresentazioni che l’individuo ha
di alcune caratteristiche personali, relazionali e/o sociali di se stesso, del
proprio gruppo di appartenenza o di un particolare fenomeno sociale di
interesse;
– domande aperte: a conclusione del questionario sono state poste alcune
domande aperte rispetto alle quali i soggetti possono fornire una risposta
libera, non condizionata dalle alternative poste dal ricercatore.
Il questionario così costruito è stato sottoposto a 10 adolescenti, suddivisi
per le diverse fasce di età considerate per la ricerca, allo scopo di individuare
eventuali punti critici, difficoltà e/o incomprensioni rispetto alla compilazione.
Le notazioni fornite da questi soggetti hanno consentito una revisione dello
strumento, conducendo alla sua stesura definitiva (Appendice 1, pag. 133). Il
questionario è stato somministrato ai ragazzi in classe, durante l’orario scolastico
e ha avuto una durata media di 45-60 minuti 11.
Essendo uno strumento di autovalutazione, risente dei limiti più evidenti che
caratterizzano queste metodologie:
11
Si ringraziano le dott.sse Bruna Barcatta, Loredana Lazzeri, Yara Paoli per il fondamentale contributo
fornito nella somministrazione dei questionari ai soggetti e per il lavoro di contatto e di relazione con gli
Istituti Scolastici coinvolti nella ricerca.
66
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 3
a)chiarezza degli obiettivi dell’indagine, per cui è facile per il soggetto comprendere i costrutti indagati dal questionario e decidere quale tipo di risposte
fornire in base ad una serie di scelte personali e/o sociali in merito al focus
dell’indagine. In altre parole, i contenuti delle domande sono autoevidenti
ed è molto semplice fornire risposte indirizzate da: adesione sociale (si
risponde secondo quello che “sembra giusto”), falsificazione (si risponde
“qualcosa di diverso” ), compiacenza al ricercatore (si risponde “quello che
si pensa l’altro si aspetti”);
b)possibilità del soggetto di omettere le risposte, anche a causa della somministrazione in classe, in presenza di un gruppo di persone che non consente
al ricercatore un controllo su tutti i soggetti;
c)possibilità di fornire risposte casuali.
Questi sono aspetti che occorre tenere presenti nell’analisi e nella riflessione
sui dati emersi dalla ricerca; d’altra parte, l’impiego di questionari autosomministrati è non solo una pratica ampiamente diffusa nelle ricerche in questo settore,
ma appare anche l’unica possibilità di effettuare studi su popolazioni ampie di
soggetti, in tempi utili e con costi affrontabili.
3.3. I partecipanti
Il questionario è stato somministrato a 1.639 ragazzi residenti nel territorio della
Provincia Autonoma di Trento, 50% maschi e 50% femmine, di età compresa
tra 13 e 16 anni, così ripartiti: 29% (13 anni), 31,7% (14 anni), 31,2% (15
anni), 8,1% (16 anni).
Per quanto riguarda la classe di appartenenza, i partecipanti sono stati selezionati al fine di ottenere una distribuzione il più possibile omogenea: il 31,2%
frequenta la 3° media inferiore, il 35,3% il primo anno di scuola media superiore
mentre il 33,1% la seconda classe di scuola media superiore.
Le scuole frequentate sono: per il 31,2% la scuola media, 12% un Istituto
Tecnico, 28% un Istituto Professionale, 28,7% un Liceo. Nel 58,8% la Scuola
frequentata dai ragazzi non si trova nel loro Comune di residenza.
Rispetto ai dati socio-anagrafici rilevati dal questionario, è importante
considerare che alcune domande ad essi relative hanno presentato un’altissima
percentuale di astensione alla risposta.
In particolare alla domanda 6 “Che titolo di studio hanno i tuoi genitori?” il
74% dei ragazzi ha preferito non rispondere (il numero di risposte errate, generalmente considerate come mancanti, è minimo).
67
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 3
L’elevato numero di risposte mancanti induce a considerare come non rappresentativi i dati relativi al livello d’istruzione di padri e madri, soprattutto rispetto
al livello d’istruzione prevalentemente basso attribuito dai ragazzi alle loro madri
che è in evidente disaccordo con l’alto livello di scolarizzazione riconosciuto alla
popolazione trentina.
Questo aspetto porta a porsi dei dubbi anche di fronte alla domanda 7 “Che
lavoro fanno i tuoi genitori?”, le cui risposte potrebbero essere non attendibili.
Secondo quanti rilevato dal questionario, la professione dei padri è prevalentemente operaia (22,4%), seguono attività impiegatizie (12,6%), imprenditoriali
(7,4%) e libero professionali (8%); per quanto concerne le madri, sono casalinghe
nel 33,8% dei casi, seguono professioni impiegatizia (13,7%), operaia (11,5%)
e l’insegnamento (9,5%).
Il dato che in questo contesto ci sembra più rilevante è proprio la mancanza
di risposte: i ragazzi si astengono dal rispondere a queste domande relative alla
condizione socio-economica dei genitori più che ad altre molto personali rispetto
alla immagine di sé o ai loro comportamenti e opinioni.
Possiamo ipotizzare che questa astensione rappresenti un profondo disinteresse
verso la formazione e l’attività dei genitori, o un non riconoscimento di ciò che
essi sono e di ciò che fanno.
La ricerca non presenta una rilevazione dei dati condotta sull’intera popolazione dei ragazzi delle età considerate, dato l’enorme dispendio di tempo e
mezzi che una simile indagine avrebbe richiesto. Si è, infatti, scelto di limitare
la somministrazione del questionario ad un campione, cioè una parte dell’intero
insieme della popolazione.
Non si tratta, però, di un campione aleatorio, cioè di un campione che ha
la stessa probabilità di qualunque altro campione, della medesima ampiezza,
di essere estratto da quella popolazione, bensì di un campione il più possibile
rappresentativo, che riproduce in piccolo le principali proprietà caratteristiche
della popolazione.
Infatti, all’interno delle 3 classi individuate, si è cercato di rappresentare tutti
i comprensori della Provincia di Trento (Tabella 4), ponendo una particolare
attenzione a due aspetti:
– inserire nel gruppo studiato ragazzi frequentanti scuole Medie Inferiori collocate sia in centri cittadini e in piccole città, sia in paesi meno densamente
popolati e nei piccoli borghi dislocati più “perifericamente”. Nelle scuole
Medie Superiori, tale distinzione non si è resa necessaria, dal momento che
le scuole sono collocate principalmente nei centri maggiori e accolgono
studenti provenienti da tutte le zone circostanti;
68
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 3
– rispettare la maggiore distribuzione della popolazione nei comprensori
della Valle dell’Adige (Trento) e della Vallagarina (Rovereto), per cui le
due aree sono state rappresentate con più soggetti proporzionalmente alla
popolazione residente dai 13 ai 16 anni.
Tab. 4. Distribuzione del campione rispetto all’età, alla zona di appartenenza e
al tipo di scuola frequentata
Liceo
Istituto
Tecnico
Istituto
Professionale
20
20
20
20
20
20
20
20
20
20
20
20
20
20
20
20
20
20
55
55
55
55
55
55
55
55
Valle di Non
20
20
C7
Valle di Sole
20
20
20
20
20
20
20
20
C8
Giudicarie
20
20
C9
Alto Garda e Ledro
20
20
20
20
20
20
20
20
30
30
30
30
30
30
30
30
265
265
185
185
185
185
185
185
periferia
20
“capoluogo”
Istituto
Professionale
II Superiore
(15-16 anni)
Istituto
Tecnico
I Superiore
(14 anni)
Liceo
Medie
(13 anni)
20
20
C11 Ladino di Fassa
20
20
C2
Primiero
20
20
C3
Bassa Valsugana e Tesino
20
20
C4
Alta Valsugana
20
C5
Valle dell’Adige
C6
Comprensorio
C1
Valle di Fiemme
C10 Vallagarina
Totali
Totali
530
555
555
La costruzione di un campione rappresentativo della popolazione da cui è stato
tratto, permette di generalizzare all’intera popolazione le conclusioni ottenute
relativamente al campione.
Relativamente alle interviste effettuate con i testimoni privilegiati, sono stati
individuati alcuni professionisti ed esperti a contatto con gli adolescenti e, di
conseguenza, con le eventuali problematiche connesse con il periodo evolutivo
studiato, tra cui l’uso e l’abuso di sostanze alcoliche; gli esperti intervistati sono
stati: sig. Stefano Bertoldi (Associazione Auto Mutuo Aiuto), dott.ssa Maria
69
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 3
Cristina Bridi (Dirigente C.F.P. ENAIP Villazzano), sig. Giorgio Buratti
(Presidente Associazione Pubblici Esercizi Trentino), dott.ssa Filomena Chilà
(Commissariato del Governo), dott.ssa Marisa Ciola (Consulente C.I.C.),
dott.ssa Marina Eccher (Comune di Trento, Centro Musica-Politiche Giovanili), dott.ssa Lucia Gatti (U.O. Psicologia Distretto Alto Garda e Ledro),
dott. Alberto Pacher (Sindaco di Trento), sig. Angelo Prandini (Cooperativa
di Solidarietà Sociale “La Bussola”), dott. Claudio Stedile (Dirigente Dipartimento dell’Istruzione P.A.T.), dott. Giancristoforo Turri (Giudice Procura
dei Minori), dott. Gianluca Valduga (Presidente SILB-Settore discoteche e
locali da ballo-Unione Commercio e Turismo), sig. Elio Zecchini (Presidente
Associazione Commercio al Dettaglio).
3.4. Metodi di analisi dei dati
I dati raccolti con il questionario descritto sono stati analizzati attraverso
l’impiego di procedure statistiche adatte alle variabili oggetto di studio.
a) per l’analisi dei dati relativi a variabili di tipo categoriale sono stati utilizzati:
– frequenze e percentuali per lo studio descrittivo delle distribuzioni dei
soggetti rispetto alle variabili indagate;
– statistica del Chi-quadrato di Pearson che consente di verificare le eventuali omogeneità/disomogeneità tra le distribuzioni di due o più gruppi
di soggetti ripartiti in base a categorie nominali definite dalle variabili
indagate, fornendo un indice del grado di associazione tra due variabili
e/o gruppi per i quali si è ipotizzata indipendenza;
b) per l’analisi dei dati relativi a variabili di tipo ordinale sono state utilizzate
le seguenti procedure statistiche:
– media e deviazione standard per effettuare una descrizione su base statistica
dei gruppi studiati in relazione ai punteggi ottenuti sulle scale dei diversi
strumenti;
– coefficiente di correlazione di Spearman che permette il confronto fra
punteggi medi su scala ordinale di due gruppi di soggetti ripartiti in base
a una misurazione su variabili categoriali, consentendo di ottenere una
misura dell’associazione tra due variabili che esprime la forza e la direzione
della loro relazione lineare. La correlazione è una misura della relazione
70
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 3
esistente fra due fenomeni: per questo, può essere positiva o negativa.
Una correlazione positiva indica che al crescere in valore di una variabile
corrisponde una crescita in valore dell’altra variabile. Una correlazione
negativa indica che quando una variabile cresce, l’alta cala;
– coefficiente alpha di Cronbach, che può essere considerato come il grado
di associazione tra tutte le domande di un questionario, o fra gruppi di
domande che si presume valutino il medesimo costrutto psicologico. Tale
procedura consente una valutazione dell’attendibilità del questionario o di
alcune sue parti e intende verificare se questo è uno strumento di misura
stabile e coerente, ovvero se l’errore di rilevazione è sufficientemente basso.
In generale si ritiene che un coefficiente alpha di almeno .80 costituisca
un indicatore di buona affidabilità, indicando omogeneità tra gli item
considerati. Coefficienti alpha di valore compreso fra .60 e .70 sono da
considerarsi sufficienti, ma non indici di buona affidabilità;
– ANOVA, ovvero analisi della varianza, che consiste in una tecnica statistica che verifica le differenze fra le medie di una variabile dipendente
in gruppi diversi, identificati dai valori delle variabili indipendenti; in
sostanza, questa analisi si propone di verificare le differenze fra medie di
gruppi di soggetti in cui la variabile indipendente è formata da categorie
discrete (sesso, classe, zona di provenienza) e la variabile dipendente è di
tipo continuo;
– MANOVA, ovvero analisi della varianza multivariata, che si propone di
verificare le differenze fra medie di gruppi di soggetti in cui si considera la
distribuzione congiunta di più variabili indipendenti formate da categorie
discrete (sesso, classe, zona di provenienza) confrontata con una variabile
dipendente di tipo continuo;
– analisi fattoriale: si tratta di un modello statistico che, partendo dalle
relazioni che connettono un numero p di variabili rilevate su n soggetti,
individua le eventuali dimensioni soggiacenti alle relazioni stesse; queste
dimensioni latenti, dette fattori, risultano di numero inferiore a quello
delle variabili iniziali, consentendo una notevole riduzione dei dati originari.
Nel nostro caso si è proceduto seguendo una logica di tipo esplorativo,
per cui i punteggi ottenuti dai soggetti in una serie di item appartenenti
ad alcune domande del questionario sono stati sottoposti ad Analisi delle
Componenti Principali (ACP) con rotazione VARIMAX: questo modello
non richiede alcuna particolare assunzione sulla struttura dei dati ma si
propone di identificare la “migliore combinazione” possibile fra tutte
quelle identificate, quella cioè che rende ragione della maggiore propor71
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 3
zione di variabilità della matrice di partenza dei dati. L’analisi utilizzata
ha quindi richiesto i seguenti passi: a) selezione delle variabili; b) calcolo
della matrice delle correlazioni tra le variabili; c) estrazione dei fattori
non ruotati; d) rotazione dei fattori; e) interpretazione della matrice dei
fattori ruotati.
72
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
Risultati della ricerca
4.1. I risultati su base descrittiva
Di seguito si riportano le prime riflessioni relative alle statistiche descrittive
(frequenze e percentuali) applicate alle risposte fornite dai ragazzi alle domande
del questionario.
Si evidenziano i dati che appaiono di maggiore interesse per la riflessione e che
sono stati utilizzati per ulteriori e successive analisi statistiche, mentre l’insieme
delle statistiche descrittive su tutte le domande del questionario è riportato in
Appendice 2 (pag. 167).
Per quanto riguarda le risposte fornite alla Sezione 2 del questionario, riguardante alcuni aspetti della vita affettivo-relazionale degli adolescenti (dialogo con
la famiglia, presenza di amici, utilizzo del tempo libero, ecc.), si evidenziano i
seguenti aspetti:
a) l’utilizzo massiccio della televisione (94,4%) nel tempo libero (domanda 10
“Come trascorri il tuo tempo libero?”) e lo scarso interesse dei ragazzi per attività
legate all’associazionismo di vario genere (gruppi di volontariato, musicali, ecc.);
anche i luoghi di incontro come i concerti e le discoteche non vengono indicate
come agenzie centrali per l’impiego del tempo libero;
b) il ruolo dei genitori (domanda 19 “Quali sono le ragioni per le quali i tuoi
genitori ti sgridano e con quale frequenza?”, domanda 20 “I tuoi genitori ti sgridano
senza motivo?”) come figure che non sembrano avere un reale “potere contrattuale” nei confronti dei figli, tanto che le risposte dei ragazzi sulle situazioni
in cui vengono sgridati riportano una quasi totale assenza di motivazioni di
malcontento da parte dei genitori;
c) in generale, emerge una visione positiva delle prospettive di vita sia riferite
al presente che proiettate nel futuro (domande: 22 “Negli ultimi sei mesi quanto
ti sei sentito sotto stress o sotto pressione per le seguenti cause?”, 23 “Se sei preoccupato
per qualche cosa o hai un problema con chi ne parli più facilmente?”, 25, 26);
d) infine, le risposte sull’aggregazione (domande 27 “Secondo te, all’interno del
territorio in cui vivi, quali sono gli spazi e/o locali frequentati nel tempo libero dai
ragazzi-giovani?”, 28 “A tuo avviso, quali sono i problemi che incontrano i ragazzi
73
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
della tua zona?”, 29 “Ripensando ai tuoi compagni o amici che hanno avuto dei
disagi, di che cosa hanno potuto o voluto usufruire per sentirsi meglio?”) ripercorrono quanto emerso per il tempo libero: inconsistenza dell’associazionismo e
scarso riferimento al mondo della scuola, ruolo centrale del gruppo degli amici
in caso di problemi e/o di bisogno ma anche della famiglia, ricorso a figure
professionali (psicologi).
La Sezione 3 del questionario è quella maggiormente centrata sul tema dell’utilizzo di alcol e della percezione che i ragazzi hanno degli effetti delle bevande
alcoliche su se stessi e sulla propria vita.
Le risposte fornite mettono in luce, innanzitutto, la percezione dell’uso
massiccio di bevande alcoliche da parte dei coetanei e degli adulti (domande:
31 “Secondo te, quanti dei ragazzi della tua età bevono alcol regolarmente?”, 32
“Quali pensi che siano le bevande alcoliche consumate nella tua zona?”) che diviene
più realistica quando il soggetto non si identifica con il gruppo a cui è riferita
la domanda (molti ragazzi del mio paese bevono: 12,8%; molti ragazzi italiani
bevono 36,5%).
La bevanda più consumata dai ragazzi è la birra (analogamente alla realtà nazionale), seguita dalle bevande commercialmente considerate a basso contenuto
alcolico (le cosidette alcopop), dalla categoria dei superalcolici, liquori e cocktail
e infine il vino (Il Grafico 1 evidenzia le differenze nella frequenza di utilizzo).
Graf. 1. Percentuali di consumo della bevande alcoliche
70
birra
60
vino o prosecco
50
alcopop
40
superalcolici, liquori, cocktail
30
20
10
0
mai
solo in
particolari
occasioni
74
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
1 volta la
settimana
2-3 gg. la
settimana
tutti i giorni
o quasi
Capitolo 4
In questa sezione si evidenziano altri due aspetti: una visione “omologata”
della percezione del rischio (domande 33 “Quali effetti provoca l’alcol secondo te?”,
34 “Quanto alcol ritieni possa essere consumato al giorno senza alcun pericolo da
un ragazzo della tua età?”, 35 “Quali sono, secondo te, i pericoli derivanti dall’uso
eccessivo dell’alcol?”, 38, 39, 41 “Quando, secondo te, l’alcol fa male?”) legato all’uso delle sostanze alcoliche, sia per ciò che concerne i danni alla salute fisica e
psicologica, sia per quanto riguarda i danni correlati (incidenti, ecc.), probabilmente come conseguenza di eventuali percorsi formativi / informativi seguiti
in ambito scolastico, ma anche del fatto che le domande del questionario sono
esplicite e quindi è facile per il giovane comprendere la “risposta giusta” da
dare. Le agenzie di informazione (40 “Da chi hai avuto informazioni sugli effetti
dell’alcol?”) sull’alcol restano comunque scuola, famiglia e televisione, mentre
i mezzi di comunicazione come la stampa, i libri e internet non rivestono un
ruolo centrale a questo proposito.
La Sezione 4, relativa al rapporto personale del giovane con le sostanze alcoliche, evidenzia, in prima battuta, due dati centrali:
1) la precoce età di “incontro” con l’alcol: 12,5% a 12 anni e 13,3% a 13
anni (domanda 43 “Quanti anni avevi quando hai bevuto una bevanda alcolica
per la prima volta?” );
2) l’elevata percentuale di risposte omesse alle domande più vicine ai reali
usi dei soggetti: in altre parole, quando si tratta di esprimere un parere generale
i ragazzi non fanno fatica a rispondere alle domande, mentre quando si tratta
di manifestare pensieri e riflessioni propri, legati alla propria vita, il compito
diventa più difficile, aumenta la paura di esporsi (nonostante il questionario sia
anonimo) e sale la proporzione di risposte mancanti.
In generale, emerge:
a) la rivendicazione sia dell’uso, sia del mancato uso di alcol (domande: 46
“Perché ti piace o ti piacerebbe bere bevande alcoliche?”, 48 “Perché non ti piace
bere bevande alcoliche?” ) da parte dei ragazzi come libera scelta, in entrambi i
casi legata alla dimensione del controllo vs. perdita del controllo: si beve per
“sballare” e non si beve per la paura di “sballare”;
b) relativamente all’uso personale di alcol (domande: 49 “Di solito, con che
frequenza bevi le seguenti bevande alcoliche?”, 50 “Qual è stata l’ultima volta che
hai bevuto le seguenti bevande alcoliche?”, 51 “Negli ultimi sei mesi: ti è capitato
di aver bevuto troppo/ti è capitato di esserti ubriacato, anche leggermente?”, 52
“Ti è capitato di bere 4 o più bicchieri di bevande alcoliche nella stessa giornata?”,
53 “Se ti è capitato di sballarti, con quale sostanza l’hai fatto?”, 54 “Quali sono i
principali momenti in cui ti capita di consumare bevande alcoliche?”, 55 “Dove
ti procuri le bevande alcoliche di solito?”) le risposte date appaiono irrealistiche,
con una prevalenza assoluta di risposte “mai” a tutte le voci: i luoghi di maggiore utilizzo di alcol sono le feste, mentre discoteche, locali e rave-party non
sono considerati situazioni in cui procurarsi bevande (forse l’età di 13-14 anni
75
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
è ancora un po’ bassa per avere una reale stima di questo aspetto); la notte e il
week-end appaiono i momenti di maggiore consumo di bevande alcoliche legati
alle uscite e all’aggregazione dei giovani;
c) le circostanze (domanda 56 “Quali circostanze ti invogliano a bere di più?”)
che invogliano i ragazzi a bere sembrano le feste e i locali (pub, birrerie, ecc.),
meno discoteche, concerti e altri contesti di aggregazione. In generale, il gruppo
di amici (di soli ragazzi o misto) fornisce il contesto per l’utilizzo di alcol (57
“Con chi bevi?”); non appaiono condizioni favorevoli il fatto di essere da soli o
insieme a persone conosciute da poco;
d) un dato di interesse è la percezione dell’associazione tra utilizzo di alcol e di sigarette (domanda 58 “Pensi che i ragazzi che bevono alcol utilizzano più degli altri le
seguenti sostanze?” ) che emerge nel 73,7% delle risposte (abbastanza+molto);
e) rispetto ai sentimenti provati eventualmente dai genitori nell’osservare il
figlio in un bar un po’ brillo (domanda 59 “Immagina che i tuoi genitori ti vedano
seduto al bar un po’ brillo. Con quale intensità i tuoi genitori proverebbero una delle
seguenti emozioni?”) le risposte sono distribuite abbastanza omogeneamente sulla
scala proposta, con una prevalenza nella scelta di una posizione “intermedia” (abbastanza): le reazioni che emergono sono la preoccupazione, la disapprovazione
e la sorpresa, mentre l’intera gamma dei sentimenti elencati viene “appiattita”
dai ragazzi che tendono ad una minimizzazione, normalizzazione dei possibili
esiti dei propri comportamenti.
Questo può derivare da un bisogno del giovane di pensare che “nulla di grave
accadrà” anche se il genitore scopre il suo comportamento, ma anche da una
reale difficoltà da parte dei genitori stessi nel padroneggiare e nell’esprimere il
proprio ruolo, anche normativo, nei confronti delle violazioni messe in atto dai
figli, come è tipico della famiglia affettiva.
Infine, dalla Sezione 5 (domanda 64 “Se ti fosse dato l’incarico di parlare ai tuoi
coetanei di alcol e dei suoi pericoli, quale mezzo utilizzeresti?”) si evidenzia ancora
una volta il ruolo della televisione e della scuola come canali di comunicazione
che i ragazzi stessi vedono come mezzi di formazione/informazione privilegiati
sulle tematiche affrontate, forse anche in virtù del fatto che non emergono adulti
di particolare riferimento ai quali è possibile affidare un compito di questo genere.
Alla domanda 65 (“Ci sono persone che godono della fiducia dei ragazzi della tua
zona?”) il 26,9% dei ragazzi risponde che non c’è alcun adulto di fiducia per i
ragazzi della sua zona, solo nel 14,8% dei casi emerge il ruolo di adulti come
gli allenatori sportivi e le altre figure elencate non hanno certo una collocazione
centrale nel mondo dei ragazzi.
Tale scelta fa riflettere anche su una tendenza a spersonalizzare il passaggio di
informazioni su un tema delicato e personale (quale quello dell’uso dell’alcol)
affidandolo a mezzi di comunicazione di massa (come la televisione) e sottraendolo all’ambito di una relazione personale come quella con un adulto specifico,
all’interno di un rapporto di fiducia e di conoscenza.
76
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
4.2. Le rappresentazioni di sé e della persona che ha problemi con l’alcol
Allo scopo di valutare possibili differenze e/o similitudini tra la rappresentazione che i partecipanti alla ricerca hanno di sé rispetto alla rappresentazione che
hanno di una persona che ha problemi con l’alcol, si è utilizzata la tecnica del
differenziale semantico applicata alle seguenti domande del questionario:
D26 - Come ti consideri rispetto alle seguenti qualità? Metti una croce nella
casella nella quale ti collochi, tra i due estremi indicati.
D42 - Come descriveresti una persona che ha problemi con l’alcol rispetto alle
seguenti qualità? Metti una croce nella casella nella quale ti collochi, tra i due
estremi indicati.
Per entrambe le domande lo schema in cui collocare la risposta era costituito
da 20 aggettivi polarizzati su cui collocarsi rispetto a 5 valori: debole
inquieto
indisciplinato
irresponsabile
aggressivo
con idee confuse
ribelle
solitario
egoista
spericolato
superficiale
timido
triste
insicuro
sognatore
impulsivo
impaziente
con delle paure
diffidente verso gli altri
teso
forte
tranquillo
disciplinato
responsabile
mite
con idee chiare
si adegua
socievole
altruista
prudente
profondo
disinvolto
allegro
sicuro
realista
riflessivo
paziente
senza particolari paure
ho fiducia negli altri
rilassato
77
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
Alle risposte fornite dai soggetti è stata applicata una Analisi Fattoriale relativamente ad ognuno degli aggettivi di cui sono composte le domande, allo scopo di
ridurre le informazioni contenute nell’elevato numero di item che compongono la
scala in fattori riassuntivi detti anche “variabili latenti”. Ogni fattore è composto
da gruppi di variabili fra loro correlate, e idealmente indipendenti dagli altri set
di variabili rappresentate negli altri fattori. I fattori possono essere interpretati
(a) come processi, o dimensioni, sottostanti le variabili studiate che spiegano
le loro interrelazioni oppure (b) come variabili che permettono di riassumere e
descrivere la complessità dei dati rilevati.
L’Analisi fattoriale applicata alla domanda 26 “Come ti consideri rispetto alle
seguenti qualità?” ha portato all’individuazione di 3 dimensioni latenti, o fattori,
che spiegano in totale il 46% della varianza osservata (Appendice 3, Tabella 1):
– il primo fattore, definito “Disciplina e responsabilità” raggruppa i seguenti
item 12: inquieto/tranquillo; indisciplinato/disciplinato; irresponsabile/responsabile; aggressivo/mite; ribelle/adeguato; spericolato/prudente; superficiale/profondo; impulsivo/riflessivo; impaziente/paziente. Il coefficiente
di correlazione (alpha di Cronbach) calcolato tra gli item è α = .825 ed
evidenzia una buona affidabilità tra i punteggi ottenuti dai soggetti su ognuno
degli item del fattore considerato. In altre parole, gli item che compongono
il fattore sembrano esprimere un’unica dimensione psicologica che li lega
anche statisticamente;
– il secondo fattore, definito “Sicurezza”, è costituito dagli item: debole/forte;
con idee confuse/con idee chiare; insicuro/sicuro; sognatore/realista; con
paure/senza paure; teso/rilassato. Anche in questo caso, il coefficiente di
correlazione (alpha di Cronbach) calcolato tra gli item è α = .745 ed evidenzia una buona affidabilità degli item che compongono il fattore;
– infine, il terzo fattore, definito “Relazioni con gli altri” è costituito dagli
item: solitario/socievole; egoista/altruista; timido/disinvolto; triste/allegro;
diffidente/fiducioso verso gli altri. Il coefficiente di correlazione (alpha di
Cronbach) calcolato è α = .647 ed evidenzia una affidabilità non particolarmente elevata tra i punteggi ottenuti dai soggetti su ognuno degli item
del fattore considerato. In altre parole, gli item che compongono il fattore
non sembrano esprimere un’unica dimensione psicologica.
In definitiva, la rappresentazione di sé fornita dai ragazzi rispetto agli aggettivi
proposti sembra muoversi in particolare su tre dimensioni: una visione di sé legata
12
Nell’analisi fattoriale di tutti gli item sono state considerate le saturazioni fattoriali con un valore
maggiore o uguale a .40
78
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
al rispetto della regole, una maggiormente connessa con la percezione di sé come
individuo in grado di padroneggiare le propria vita e il proprio mondo emotivo
e l’ultima maggiormente legata a caratteristiche di competenza socio-affettiva e
relazionale.
Diversamente, l’Analisi fattoriale alla domanda 42 “Come descriveresti una
persona che ha problemi con l’alcol rispetto alle seguenti qualità?” ha portato all’individuazione di solo 2 dimensioni sottostanti ai diversi aggettivi che componevano la scala (in totale i due fattori saturano il 49,7% della varianza spiegata;
Appendice 3, Tabella 2):
– il primo fattore definito “Tratti temperamentali” è costituito dagli item: inquieto/tranquillo; indisciplinato/disciplinato; irresponsabile/responsabile;
aggressivo/mite; con idee confuse/con idee chiare; ribelle/adeguato; egoista/altruista; spericolato/prudente; sognatore/realista; superficiale/profondo;
impulsivo/riflessivo; impaziente/paziente. Il coefficiente di correlazione (alpha
di Cronbach) calcolato tra gli item è α = .90, piuttosto elevato, ed evidenzia
una buona affidabilità tra i punteggi ottenuti su ognuno degli item del fattore
considerato. In altre parole, gli item che compongono il fattore sembrano
esprimere un’unica dimensione psicologica che li lega anche statisticamente;
– il secondo fattore definito “Tratti emotivi” raggruppa i seguenti item: debole/forte; solitario/socievole; timido/disinvolto; triste/allegro; insicuro/sicuro;
con paure/senza paure; diffidente/fiducioso verso gli altri; teso/rilassato.
Anche in questo caso, il coefficiente di correlazione (alpha di Cronbach) è
piuttosto elevato, α = .819, ed evidenzia una buona affidabilità tra i punteggi
ottenuti su ognuno degli item del fattore considerato.
In altre parole, la rappresentazione che i ragazzi forniscono della persona con
problemi legati all’alcol sembra muoversi su due dimensioni che descrivono
caratteristiche prettamente psicologiche; la prima maggiormente legata a tratti
di temperamento e alla messa in atto di comportamenti oppositivi-antisociali,
la seconda più connessa a disposizioni affettivo-relazionali.
La differenza nel numero di fattori individuati (3 nel primo caso e 2 nel secondo) non ci permette di confrontare le strutture latenti delle immagini che i
ragazzi hanno di sé e della persona con problemi con l’alcol (per questo motivo
saranno di seguito applicate ulteriori modelli statistici di analisi dei dati), ma
porta comunque con sé una possibile riflessione.
La varietà di dimensioni evidenziate come strutture latenti, sottostanti, alle
definizioni fornite dagli aggettivi di cui sono composte le domande è, in fondo,
collegata ad una ricchezza di sfaccettature nella descrizione di sé e della persona
che ha problemi con l’alcol. Se, infatti, la descrizione di sé mediante tre dimen79
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
sioni latenti sottende una certa varietà di caratteristiche del sé, la riduzione a due
dimensioni impoverisce da un punto di vista di molteplicità delle caratteristiche
descrittive, riportando più item ad uno stesso fattore piuttosto generico che porta
ad ipotizzare l’esistenza di uno stereotipo diffuso che attribuisce alla persona che
ha problemi con l’alcol poche e rigide caratteristiche.
Allo scopo di confrontare la rappresentazione che i ragazzi hanno fornito su di
sé e sulla persona con problemi legati all’alcol, sulla base degli aggettivi forniti, si
è proceduto con l’applicazione di una analisi della varianza multivariata (MANOVA) a misure ripetute, in cui: (a) come variabili dipendenti sono stati considerati
i 20 item della scala, e (b) come variabili indipendenti sono stati considerati: 1
fattore within a 2 livelli (ambito: me stesso vs. una persona che ha problemi con
l’alcol) e 1 fattore beetween a 2 livelli (sesso: maschio vs. femmine). L’applicazione
di questo modello ha lo scopo di rispondere ai seguenti quesiti:
– complessivamente, il fatto che la risposta riguardi se stesso o una persona
che ha problemi con l’alcol crea una variabilità delle risposte, o i ragazzi
rispondono allo stesso modo indipendentemente da questo? (effetto dell’ambito);
– complessivamente, femmine e maschi rispondono allo stesso modo o le
risposte sono influenzate dal sesso di appartenenza, indipendentemente
dall’ambito considerato? (effetto del sesso);
– esiste interazione tra ambito e sesso? (in altre parole, le differenze che si
rilevano tra gli ambiti rimangono costanti nei due sessi o variano al variare
di questo?).
L’analisi MANOVA ha evidenziato una significatività nei tre aspetti indagati:
effetto sesso (Lambda di Wilks = 0.782; F20, 826 = 11.491; p < 0.01), effetto ambito
(Lambda di Wilks = 0.170; F20, 826 = 202,05; p < 0.01), effetto interazione (Lambda
di Wilks = 0.157; F20, 826 = 7,709; p < 0.01). Possiamo affermare, quindi, che le
risposte fornite sono influenzate dal fatto che i soggetti stiano riflettendo sulle
caratteristiche che riguardano se stessi o una persona che ha problemi con l’alcol;
che variano in base al sesso del soggetto e che le valutazioni che danno di sé e della
persona che ha problemi con l’alcol possono variare a seconda del sesso.
Data la significatività ottenuta a livello complessivo, si è passato ad approfondire l’effetto dell’ambito nonché dell’interazione ambito e sesso sui singoli item
attraverso un disegno di analisi della varianza (ANOVA) misto con: (a) variabile
dipendente: ognuno dei 20 item, e (b) variabili indipendenti: 1 fattore within a 2
livelli (ambito: me stesso vs. una persona che ha problemi con l’alcol) e 1 fattore
beetween a 2 livelli (sesso: maschio vs. femmine).
80
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
L’analisi ha evidenziato un chiaro effetto dell’ambito: indipendentemente dal
sesso di appartenenza, emergono differenze statisticamente significative relative
a tutti gli item delle due diverse scale (Tabella 5); in altre parole i soggetti forniscono una descrizione differente se parlano di se stessi o di una persona che ha
problemi con l’alcol.
Tab. 5. Analisi della Varianza (ANOVA) relativa alle differenze tra gli aggettivi
delle domande 26 e 42 del questionario
Misura
df
F
Sig.
debole/forte
1
1574.606
.000
inquieto /tranquillo
1
1018.539
.000
indisciplinato /disciplinato
1
1356.468
.000
irresponsabile /responsabile
1
2619.173
.000
aggressivo/mite
1
977.699
.000
con idee confuse/con idee chiare
1
1411.615
.000
ribelle/si adegua
1
455.078
.000
solitario/ socievole
1
606.864
.000
egoista/altruista
1
881.180
.000
spericolato/prudente
1
718.753
.000
superficiale/profondo
1
1147.099
.000
timido/disinvolto
1
84.180
.000
triste/allegro
1
271.524
.000
insicuro/sicuro
1
648.851
.000
sognatore/realista
1
67.486
.000
impulsivo/riflessivo
1
824.909
.000
impaziente/paziente
1
521.819
.000
con delle paure/senza part.paure
1
160.219
.000
diffidente/fiducioso
1
589.896
.000
teso/rilassato
1
539.995
.000
p < .01
Nel Grafico 2 è riportato il profilo medio delle percezioni individuali in relazioni
alle due domande. Come possiamo osservare, la significatività delle differenze tra
le due valutazioni è evidente anche mediante l’osservazione. Il profilo rappresentativo di una persona che ha problemi con l’alcol, infatti, è (quasi) tutto situato
nel versante sinistro, verso la polarità “negativa” mentre la rappresentazione di sé
è situata tra il valore 3 e il valore 4 (intensità più vicine alla polarità “positiva”).
Questo si verifica in tutti gli aggettivi ad esclusione dell’item “timido-disinvolto”,
81
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
in cui la persona con problemi con l’alcol viene riconosciuta come maggiormente
disinvolta di quanto i ragazzi attribuiscono a se stessi, sottolineando la funzione di
facilitatore nelle relazioni sociali che spesso viene riconosciuta all’alcol.
Graf. 2. Profili percettivi forniti relativi alla descrizione di sé e della persona con
problemi con l’alcol
1
debole
inquieto
indisciplinato
irresponsabile
aggressivo
con idee confuse
2
3
4
5
forte
tranquillo
disciplinato
responsabile
mite
con idee chiare
ribelle
si adegua
solitario
socievole
egoista
altruista
spericolato
prudente
superficiale
profondo
timido
disinvolto
triste
insicuro
allegro
sicuro
sognatore
realista
impulsivo
riflessivo
impaziente
paziente
con delle paure
senza paure
diffidente
fiducioso
teso
rilassato
profilo definito dalle medie di risposta alla domanda 26 (me stesso)
profilo definito dalle medie di risposta alla domanda 42 (persona che ha problemi con l’alcol)
82
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
Si sono evidenziati, inoltre, differenze tra i sessi che variano in modo significativo al variare dell’ambito (interazione tra ambito e sesso) relativamente
ai seguenti item: indisciplinato/disciplinato; irresponsabile/responsabile; aggressivo/mite; solitario/socievole; spericolato/prudente; superficiale/profondo;
sognatore/realista (Tabella 6).
Tab. 6. Analisi della Varianza (ANOVA) relativa alle differenze tra gli aggettivi
delle domande 26 e 42 del questionario rispetto al sesso dei soggetti
Misura
df
F
Sig.
debole/forte
1
.704
.402
inquieto/tranquillo
1
.693
.405
indisciplinato/disciplinato
1
20.373
.000
irresponsabile/responsabile
1
21.132
.000
aggressivo/mite
1
15.358
.000
con idee confuse/con idee chiare
1
4.349
.037
ribelle/si adegua
1
.015
.901
solitario/socievole
1
6.610
.010
egoista/altruista
1
.711
.399
spericolato/prudente
1
41.144
.000
superficiale/profondo
1
17.357
.000
timido/disinvolto
1
1.381
.240
triste/allegro
1
.701
.403
insicuro/sicuro
1
2.247
.134
sognatore/realista
1
23.255
.000
impulsivo/riflessivo
1
2.653
.104
impaziente/paziente
1
2.887
.090
con delle paure/senza part. paure
1
1.383
.240
diffidente/fiducioso
1
2.686
.102
teso/rilassato
1
.446
.505
p < .01
Solo relativamente a questi item riportiamo i grafici, in cui sono rappresentati in ascissa gli ambiti (me stesso vs. persona che ha problemi con l’alcol) e in
ordinata la gradazione da 1 a 5 richiesta nella domanda, dove 1 è il valore più
vicino al termine “negativo” (posto a sinistra) e 5 è il valore più vicino al termine
“positivo” (posto a destra). I valori che denotano i sessi “femmina” e “maschio”
rappresentano la media (M) delle risposte fornite dai soggetti rispettivamente
di sesso femminile e maschile.
83
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Capitolo 4
Il Grafico 3 illustra la differenza statisticamente significativa emersa tra maschi
e femmine nella definizione di se stessi e della persona che ha problemi con l’alcol
relativamente all’aggettivo indisciplinato/disciplinato. Infatti, se dall’osservazione
qualitativa emerge che le femmine si considerano mediamente più disciplinate
di quanto pensano di sé i maschi (rispettivamente M = 3.90 e M = 3.49, con
range da 1 a 5), la loro rappresentazione della persona che ha problemi con
l’alcol si avvicina sino a diventare pressoché uguale (M = 1.87 per le femmine
e M = 1.90 per i maschi).
disciplinato
Graf. 3. Indisciplinato/disciplinato
sesso
4
3,5
ambito
1 = me stesso
2 = persona che ha problemi
con l’alcol
3
2,5
indisciplinato
maschio
femmina
2
1,5
1
2
ambito
Anche il Grafico 4 evidenzia una variazione significativa nelle differenze rilevabili tra i sessi nei due ambiti: se le femmine pensano di essere più responsabili di
quanto si valutino i maschi (rispettivamente, M = 4.19 e M = 3.90), la differenza
tra le due valutazioni nel caso della persona che ha problemi con l’alcol risulta
molto inferiore (M = 1.64 per le femmine e M = 1.77 per i maschi).
Similmente, osserviamo che le femmine si ritengono mediamente più miti (M
= 3.55 per le femmine e M = 3.24 per i maschi), più socievoli (M = 4.04 per le
femmine e M = 3.77 per i maschi), più prudenti (M = 3.46 per le femmine e M
= 2.85 per i maschi), più profonde (M = 3.78 per le femmine e M = 3.38 per i
maschi), e più sognatrici (M = 2.80 per le femmine e M = 2.27 per i maschi),
mentre tali differenze si appiattiscono quando i ragazzi si riferiscono alla persona
84
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Capitolo 4
responsabile
Graf. 4. Irresponsabile/responsabile
sesso
5
4
3,5
ambito
1 = me stesso
2 = persona che ha problemi
con l’alcol
3
irresponsabile
maschio
femmina
2,5
2
1,5
2
1
ambito
Graf. 5. Aggressivo/mite
mite
sesso
3,5
maschio
femmina
ambito
1 = me stesso
2 = persona che ha problemi
con l’alcol
3
aggressivo
2,5
2
2
1
ambito
85
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
socievole
Graf. 6. Solitario/socievole
sesso
4
maschio
femmina
ambito
1 = me stesso
2 = persona che ha problemi
con l’alcol
3,5
solitario
3
2,5
1
2
ambito
prudente
Graf. 7. Spericolato/prudente
sesso
3,5
maschio
femmina
3
ambito
1 = me stesso
2 = persona che ha problemi
con l’alcol
spericolato
2,5
2
1,5
1
2
ambito
86
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
profondo
Graf. 8. Superficiale/profondo
4
sesso
maschio
femmina
3,5
ambito
1 = me stesso
2 = persona che ha problemi
con l’alcol
3
superficiale
2,5
2
1
2
ambito
realista
Graf. 9. Sognatore/realista
sesso
3,2
3
ambito
1 = me stesso
2 = persona che ha problemi
con l’alcol
2,8
sognatore
maschio
femmina
2,6
2,4
1
2
ambito
87
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
che ha problemi con l’alcol. Questa, infatti, è descritta da entrambi i sessi come
aggressiva (M = 1.74 per le femmine e M = 1.86 per i maschi), più solitaria (M
= 2.51 per le femmine e M = 2.53 per i maschi), più spericolata (M = 1.67 per
le femmine e M = 1.75 per i maschi), più superficiale (M = 1.97 per le femmine
e M = 1.96 per i maschi) e più realista (M = 2.59 per le femmine e M = 2.48
per i maschi). (Grafici 5, 6, 7, 8, 9).
L’indagine di questo aspetto ci permette di concludere che la rappresentazione
che i due sessi hanno della persona con problemi di alcol tende ad essere molto
simile, senza mantenere quelle differenze che si evidenziano nella descrizione
di sé, ma al contrario rinviando ad una immagine comune, piuttosto negativa e
definita in modo stereotipato dai soggetti appartenenti ad entrambi i sessi.
4.3. Differenze legate al sesso e all’età
Allo scopo di verificare l’eventuale peso di alcune caratteristiche particolari dei
soggetti appartenenti al campione studiato, rispetto alla percezione del rischio
legato all’utilizzo di bevande alcoliche e alle pratiche di uso di alcol da loro messe
in atto, sono state applicate alcune procedure statistiche che tenessero in considerazione il ruolo eventuale di tre variabili indipendenti rispetto alle altre dimensioni
studiate; queste sono il sesso dei ragazzi (maschio-femmina), l’età rispetto alla classe
frequentata (III media, I superiore, II superiore). Le dimensioni indagate rispetto
alle variabili indipendenti sono relative ad alcune domande del questionario ritenute significative rispetto agli obiettivi esplorativi dell’indagine effettuata.
4.3.1. Il tempo libero
L’analisi fattoriale applicata alla domanda 10 “Come trascorri il tuo tempo libero?”
ha portato ad individuare 5 dimensioni che spiegano, in totale, il 37,3% della
varianza osservata (Appendice 3, Tabella 3). Queste sono 13:
1.Un primo fattore, definito “Attività con amici” costituito dagli item: “vado al
cinema/teatro”, “vado a mangiare la pizza”, “vado a passeggiare con gli amici”,
“vado a fare shopping”, “vado a casa di amici o loro vengono da me”, “mi
vedo per strada/al parco con gli amici”, “telefono agli amici/amiche”;
2.Un secondo fattore “Hobby e lettura” riunisce gli item: disegno/dipingo/
faccio fotografie, leggo fumetti/riviste, leggo libri, leggo quotidiani;
13
Nell’analisi fattoriale di tutti gli item sono state considerate le saturazioni fattoriali con un valore
maggiore o uguale a .40.
88
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
3.Un terzo fattore “Attività culturali/di impegno sociale” costituito dagli item:
“vado a concerti o manifestazioni musicali”, “frequento un gruppo teatrale
o un coro”, “frequento un centro di aggregazione giovanile”, partecipo
ad una associazione giovanile”, “partecipo ad una associazione politica o
religiosa”, “partecipo ad una associazione di difesa dell’ambiente”, “faccio
parte di un gruppo musicale”;
4.Il quarto fattore, definito “Attività sportive” è costituito dagli item: vado a
manifestazione sportive, pratico uno sport individuale, pratico uno sport
di gruppo;
5.Infine, l’ultimo fattore “Attività solitarie” riunisce gli item: ascolto musica/suono uno strumento, guardo la televisione, uso il computer/internet,
compro o noleggio vhs, cd, dvd, vado a letto.
In altre parole, il modo in cui i ragazzi passano il loro tempo libero sembra
articolarsi rispetto a queste 5 dimensioni: la prima maggiormente connessa ad
attività messe in atto al di fuori della casa e della famiglia con i propri amici, la
secondo legata agli hobby e alla lettura, la terza che fa riferimento ad un certo
dinamismo sociale, la quarta rappresentata da attività sportive e la quinta legata
ad attività di svago svolte da soli nella propria casa.
Allo scopo di verificare eventuali differenze nella modalità di trascorrere il
tempo libero a seconda del sesso e della classe di appartenenza, è stata condotta
un’analisi della varianza multivariata (MANOVA), che ha evidenziato l’esistenza sia di un effetto del sesso (Lambda di Wilks = 0.776; F5, 1044 = 60.151; p <
0.01), sia di un effetto della classe (Lambda di Wilks = 0.910; F10, 2090 = 9.817;
p < 0.01). In altre parole, le attività condotte nel tempo libero sono influenzate
dal sesso e dalla classe del soggetto che risponde; inoltre, le differenze di attività
correlate al sesso si mantengono costanti al crescere dell’età (quindi, al variare
della classe di appartenenza), così come le differenze correlate all’età non variano
al variare del sesso. Infatti, l’analisi Manova non ha evidenziato significatività
nell’interazione tra il fattore sesso e il fattore classe (Lambda di Wilks = 0.980;
F10, 2090 = 2.081; p =0 .023, n.s. per p<.01).
Relativamente alle differenze determinate dal sesso, la significatività è rilevata
per quanto riguarda le dimensioni “attività con amici” (1), “hobby e lettura”
(2) e “attività sportive” (4) (per i dati ottenuti confronta Appendice 4, Tabella
1). Nel Grafico 10 si possono confrontare le medie ottenute per i maschi e
per le femmine nelle tre dimensioni sopra elencate: emerge che le dimensioni
“attività con amici” (maschi: M = 13.55, ds = 2.57; femmine: M = 15.50, ds =
2.50) e “hobby e lettura” (maschi: M = 11.85, ds = 2.56; femmine: M = 11.56,
ds = 2.51) sono più descrittive delle attività svolte dalle ragazze che dai ragazzi,
89
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
mentre “attività sportive” (maschi: M = 5.53, ds = 1.67; femmine: M = 4.70,
ds = 1.61) è maggiormente caratterizzante il sesso maschile.
Graf.10.Differenze tra le medie di maschi e femmine rispetto alle dimensioni del
tempo libero individuate dalla domanda 10 del questionario
20
maschio
15
medie
femmina
10
5
0
con amici
hobby e lettura
attività sportive
Tab. 7. Risultati ottenuti al Test post-hoc applicato alla variabile indipendente
“classe di appartenenza” relativamente alle risposte fornite alla domanda
10 del questionario
Confronti multipli
Bonferroni
Variabile
dipendente
(I)
classe
(J)
classe
Differenza
fra medie
(I-J)
Errore
std.
Sig.
I sup
1.2465 (*) .18422
2 sup
1.5389 (*) .18247
media
-1.2465 (*) .18422
f2_d10
I sup
2 sup
.2925
.17719
media
-1.5389 (*) .18247
2 sup
I sup
-.2925
.17719
( )
I sup
.4270 *
.12523
media
2 sup
.5965 (*) .12403
media
-.4270 (*) .12523
f4_d10
I sup
2 sup
.1696
.12045
( )
media
-.5965 *
.12403
2 sup
I sup
-.1696
.12045
Basato sulle medie osservate.
( )
* La differenza fra medie è significativa al livello .01.
.000
.000
.000
.297
.000
.297
.002
.000
.002
.478
.000
.478
media
90
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Interv. confidenza 95%
Limite
Limite
inferiore superiore
.8047
1.6882
1.1014
1.9765
-1.6882
-.8047
-.1324
.7174
-1.9765
-1.1014
-.7174
.1324
.1267
.7272
.2991
.8940
-.7272
-.1267
-.1193
.4584
-.8940
-.2991
-.4584
.1193
Capitolo 4
Rispetto alla classe frequentata, le dimensioni in cui si riscontra una variabilità significativa sono: “hobby e lettura” (2) e “attività sportive” (4) (Appendice
4, Tabella 1).
L’applicazione del Test post-hoc ha permesso di stabilire tra quali classi si
verificassero delle differenze significative (Tabella 7).
In entrambe le dimensioni la significatività è riscontrata nella differenza tra
la media delle risposte dei ragazzi appartenenti alla Scuola Media e la media dei
ragazzi appartenenti alle Scuole Superiori (entrambe le classi) (Grafico 11).
Graf.11.Differenze tra soggetti che frequentano la 3° media e le scuole superiori
rispetto alle dimensioni del tempo libero individuate dalla domanda 10
del questionario
medie
14
12
Scuola Media
10
I Superiore
8
II Superiore
6
4
2
0
hobby e lettura
attività sportive
Tra Scuole Medie e Scuole Superiori si evidenzia, quindi, da un punto di
vista statistico, una separazione rispetto a queste due attività: sia gli hobby e
la lettura, sia le attività sportive, vengono praticati significativamente meno
con l’arrivo alle Scuole Superiori. Non emergono, invece, elementi significativi
nel confronto tra le due classi delle Scuole Superiori.
4.3.2. Le norme genitoriali
L’analisi fattoriale applicata alla domanda 19 “Quali sono le ragioni per le quali
i tuoi genitori ti sgridano e con quale frequenza?” ha portato ad individuare 3
fattori (in totale i fattori saturano il 34,3% della varianza spiegata; Appendice
3, Tabella 4).
91
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
Il coefficiente di correlazione (alpha di Cronbach) calcolato su tutti gli item
della scala è α = .871 ed evidenzia una buona affidabilità tra i punteggi ottenuti
dai soggetti su ognuno degli item. In altre parole, gli item che compongono
la scala sembrano esprimere un’unica dimensione psicologica che li lega anche
statisticamente. I fattori individuati sono i seguenti:
1.Il primo fattore, definito “Trasgressioni alle regole” riunisce gli item: perché
sono troppo spericolato, perché sono sempre in ritardo, perché fumo sigarette, perché bevo troppo, perché quando esco torno troppo tardi, perché
esco troppo. Il coefficiente di correlazione (alpha di Cronbach) è α = .781
ed evidenzia una buona affidabilità tra i punteggi ottenuti dai soggetti su
ognuno degli item del fattore considerato. In altre parole, gli item che compongono il fattore sembrano esprimere un’unica dimensione psicologica
che li lega anche statisticamente;
2.Il secondo fattore “Sfida all’autorità” è costituito dagli item: perché non mi
comporto bene con loro, per il linguaggio che uso, perché scoprono che
ho detto una bugia, perché ho combinato qualche danno, perché disubbidisco/non faccio le cose che mi dicono di fare.
3.Infine, l’ultimo fattore “Disaccordo nelle scelte” è costituito dagli item: perché
ho degli amici che a loro non piacciono, perché ho delle amiche che a loro
non piacciono, perché ho il/la ragazzo/a che a loro non piace, per come mi
vesto o mi trucco, per i “piercing” e/o i tatuaggi che ho.
Sulla base di questi dati, i motivi per cui i ragazzi riportano di essere sgridati
si articolano rispetto a una dimensione di trasgressione delle norme stabilite dai
genitori, a una legata a comportamenti di sfida dell’autorità e ad una relativa al
disaccordo dei genitori nei confronti delle scelte che i ragazzi fanno rispetto ai
loro amici o al loro modo di vestirsi o “agghindarsi”.
Anche rispetto a questa domanda l’analisi della varianza multivariata (MANOVA) ha evidenziato l’esistenza sia di un effetto del sesso (Lambda di Wilks
= 0.919; F3, 1183 = 34.971; p < 0.01) sia di un effetto della classe (Lambda di
Wilks = 0.972; F6, 2368 = 5.672; p < 0.01), ma non un effetto dell’interazione
sesso-classe (Lambda di Wilks = 0.995; F6, 2368 = 1.004; p =0 .421, n.s.). I motivi
addotti dai ragazzi per cui i genitori li sgridano, in altre parole, variano in base
al sesso e alla classe di appartenenza del soggetto, e tale variabilità si mantiene
costante: le differenze tra i sessi si mantengono anche al crescere dell’età, così
come la classe non influenza le differenze di motivazioni correlate al sesso.
Il Grafico 12 riporta il confronto tra le medie ottenute nel gruppo di sesso
maschile e quelle ottenute nel gruppo di sesso femminile che sono risultate significative (si rimanda all’Appendice 4, Tabella 2 per i valori di significatività),
cioè relativamente alle dimensioni “sfida all’autorità”(2) (maschi: M = 10.98, ds
= 2.40; femmine. M = 11.80, ds = 2.41) e “disaccordo nelle scelte”(3) (maschi:
M = 5.77, ds = 1.49; femmine: M = 639, ds = 2.03).
92
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
Graf. 12.Differenze tra le medie di maschi e femmine rispetto alle dimensioni delle
norme genitoriali individuate dalla domanda 19 del questionario
medie
14
12
maschio
10
femmina
8
6
4
2
0
sfida all’autorità
disaccordo nelle scelte
Le ragazze, quindi, riportano di essere maggiormente sgridate dai propri genitori per i loro comportamenti di non rispetto della loro autorità e per le scelte
in fatto di amici e abbigliamento.
La dimensione “trasgressioni alle regole”, invece, è risultata significativa nel
confronto tra classi (Appendice 4, Tabella 2) . Il Test post-hoc ha permesso di
stabile che anche in questo caso la significatività si registra nel confronto tra la
classe della Scuola Media rispetto ad entrambe le Scuole Superiori (Tabella 8).
Tab. 8. Risultati ottenuti al Test post-hoc applicato alla variabile indipendente
“classe di appartenenza” relativamente alle risposte fornite alla domanda
19 del questionario
Confronti multipli
Bonferroni
Variabile
dipendente
(I)
classe
media
f1_d19
I sup
2 sup
Differenza
fra medie
(I-J)
Errore
std.
Sig.
I sup
-.6378 (*)
.19130
.003
Interv. confidenza 95%
Limite
Limite
inferiore superiore
-1.0964
-.1792
2 sup
( )
-.9391 *
.19120
.000
-1.3975
-.4807
media
.6378 (*)
.19130
.003
.1792
1.0964
.18545
.313
-.7459
.1433
(J)
classe
2 sup
-.3013
media
.9391 *
.19120
.000
.4807
1.3975
I sup
.3013
.18545
.313
-.1433
.7459
( )
Basato sulle medie osservate.
* La differenza fra medie è significativa al livello .05.
( )
93
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
Il Grafico 13 evidenzia che i ragazzi delle Scuole Medie riportano la problematica relativa alla trasgressione delle regole in modo molto meno pregnante
rispetto alle Scuole Superiori, dove da un’osservazione qualitativa possiamo
dedurre che al crescere dell’età questo tema diventa sempre più frequente tra i
motivi per cui i ragazzi vengono sgridati.
Graf. 13.Differenze tra soggetti che frequentano la 3° media e le scuole superiori
rispetto alle dimensioni del tempo libero individuate dalla domanda 19
del questionario
9
Scuola Media
8 ,8
I Superiore
8 ,6
II Superiore
medie
8 ,4
8 ,2
8
7 ,8
7 ,6
7 ,4
trasgressione alle regole
4.3.3. I problemi dei coetanei
L’analisi fattoriale applicata alla domanda 28 “A tuo avviso, quali sono i problemi
che incontrano i ragazzi della tua zona?” ha portato ad individuare 3 fattori (in
totale i fattori saturano il 51,7% della varianza spiegata; Appendice 3, Tabella
5). Il coefficiente di correlazione (alpha di Cronbach) calcolato su tutti gli item
della scala è α = .857 ed evidenzia una buona affidabilità tra i punteggi ottenuti
dai soggetti su ognuno degli item. I fattori individuati sono i seguenti:
1.Il primo fattore, definito “Problemi sociali” è costituito dagli item: bullismo, vandalismo, alcol, sigarette, comportamenti sessuali a rischio,
droga;
2.Il secondo fattore raggruppa item che riguardano soprattutto “Problemi
personali”, ossia: problemi familiari, solitudine, problemi relazionali con gli
adulti, problemi a scuola, disorientamento, tristezza, disoccupazione;
94
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
3.Il terzo fattore, individua invece una dimensione relativa alla “Mancanza di
opportunità”, costituita dagli item: carenza di spazi in cui trovarsi, non c’è
niente di interessante da fare, non ci sono occasioni di divertimento.
Similmente a quanto sopra riscontrato, l’analisi della varianza multivariata
ha evidenziato l’esistenza sia di un effetto del sesso (Lambda di Wilks = 0.940;
F3, 1153 = 24.716; p < 0.01) sia di un effetto della classe (Lambda di Wilks =
0.947; F6, 2308 = 10.488; p < 0.01), ma non un effetto dell’interazione sessoclasse (Lambda di Wilks = 0.993; F6, 2308 = 1.354; p = 0.230, n.s.). Le opinioni
relative ai problemi riportate dai ragazzi variano, quindi, in base al sesso e
alla classe di appartenenza del soggetto, e tale variabilità si mantiene costante,
senza un effetto di interazione tra classe e sesso.
Il Grafico 14 illustra il confronto tra le medie ottenute dalle risposte dei
maschi e tra quelle delle femmine per i tre fattori, tutti risultati significativi
(Appendice 4, Tabella 3): fattore “Problemi sociali” (maschi: M = 11.11, ds =
2.97; femmine: M = 12.39, ds = 2.83), fattore “Problemi personali” (maschi:
M = 11.32, ds = 2.92; femmine: M = 12.72, ds = 3.06), fattore “Mancanza di
opportunità” (maschi: M = 4.78, ds = 1.77; femmine: M = 5.22, ds = 1.93).
Graf. 14.Differenze tra le medie di maschi e femmine rispetto alle dimensioni dei
problemi dei coetanei individuate dalla domanda 28 del questionario
medie
14
12
maschio
10
femmina
8
6
4
2
0
probl. sociali
probl. personali
manc. opport.
Si può affermare, quindi, che le ragazze evidenziano con una maggiore intensità
sia i problemi sociali, sia quelli personali, sia la mancanza di opportunità nel
territorio rispetto al gruppo maschile.
Allo stesso modo, emerge una significatività nel confronto tra le classi per
tutte e tre le dimensioni individuate (Appendice 4, Tabella 3). L’applicazione
95
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
del Test post-hoc ha permesso di stabilire tra quali classi si verificassero delle
differenze significative (Tabella 9).
Tab. 9. Risultati ottenuti al Test post-hoc applicato alla variabile indipendente
“classe di appartenenza” relativamente alle risposte fornite alla domanda
28 del questionario
Confronti multipli
Bonferroni
Variabile
dipendente
(I)
classe
media
f1_d28
I sup
2 sup
media
f2_d28
I sup
2 sup
media
Differenza
fra medie
(I-J)
Errore
std.
Sig.
I sup
-.7506 (*)
.20876
.001
Interv. confidenza 95%
Limite
Limite
inferiore superiore
-1.2511
-.2501
2 sup
-1.3194 *
.20888
.000
-1.8202
-.8186
media
.7506 *
.20876
.001
.2501
1.2511
2 sup
-.5688 *
.20144
.014
-1.0518
-.0859
media
( )
1.3194 *
.20888
.000
.8186
1.8202
.5688 (*)
.20144
.014
.0859
1.0518
.21731 1.000
-.6282
.4138
.000
-1.4696
-.4270
.21731 1.000
-.4138
.6282
(J)
classe
I sup
( )
( )
( )
I sup
-.1072
2 sup
-.9483 *
media
.1072
( )
.21744
2 sup
( )
-.8411 *
.20970
.000
-1.3438
-.3383
media
.9483 (*)
.21744
.000
.4270
1.4696
I sup
.8411 (*)
.20970
.000
.3383
1.3438
.13323
.155
-.5790
.0598
.000
-1.1334
-.4942
I sup
-.2596
2 sup
-.8138 *
.13330
.2596
( )
.13323
.155
-.0598
.5790
2 sup
-.5542 (*)
.12856
.000
-.8624
-.2460
media
.8138 (*)
.13330
.000
.4942
1.1334
I sup
.5542 *
.12856
Basato sulle medie osservate.
( )
* La differenza fra medie è significativa al livello .01.
.000
.2460
.8624
f3_d28
I sup
2 sup
media
( )
Il Grafico 15 illustra le differenze emerse rispetto all’età, in termini di classe
frequentata, in relazione alle dimensioni individuate dall’analisi fattoriale applicata all’item 28 del questionario.
In senso generale si evidenziano differenze nella percezione delle difficoltà
riscontrate dai coetanei, che variano al variare dell’età dei soggetti considerati:
in particolare, i ragazzi più giovani sentono con minore forza le tematiche di
difficoltà relative ai loro coetanei, rispetto ai ragazzi più grandi.
96
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
Graf. 15. Differenze tra soggetti che frequentano la 3° media e le scuole superiori
rispetto alle dimensioni dei problemi dei coetanei individuate dalla domanda 28 del questionario
medie
14
12
Scuola Media
10
I Superiore
II Superiore
8
6
4
2
0
probl. sociali
probl. personali
manc. opport.
4.3.4. I problemi legati all’alcol
L’analisi fattoriale applicata alla domanda 33 “Quali effetti provoca l’acol secondo te?”
ha portato ad individuare due fattori (in totale i fattori saturano il 48,4% della
varianza spiegata, Appendice 3, Tabella 6). Il coefficiente di correlazione (alpha di
Cronbach) calcolato su tutti gli item della scala è α = .634 ed evidenzia una sufficiente affidabilità tra i punteggi ottenuti dai soggetti su ognuno degli item.
I fattori individuati sono:
1.Un primo fattore definito “Effetti positivi” costituito dagli item: fa sentire
più rilassati, fa sentire felici, fa dimenticare i problemi, fa sentire più amichevoli, permette di fare cose per cui non si ha il coraggio, permette di
divertirsi;
2.Un secondo fattore “Effetti negativi” che riunisce gli item: fa litigare, crea
situazioni di tensione, danneggia la salute, dà dipendenza (non si è capaci
di smettere), stordisce, causa problemi familiari, fa sentire male.
L’analisi della varianza multivariata (MANOVA) ha evidenziato l’esistenza
sia di un effetto del sesso (Lambda di Wilks = 0.992; F2, 1208 = 4.933; p < 0.01)
sia di un effetto della classe (Lambda di Wilks = 0.945; F4, 2418 = 17.188; p
< 0.01), ma non un effetto dell’interazione sesso-classe (Lambda di Wilks =
97
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
0.995; F6, 2368 = 1.004; p = 0 .421, n.s.). Similmente a quanto già detto per le
altre domande, possiamo parlare di un influenza della variabile sesso e della
variabile classe.
Per quanto riguarda la variabile sesso, la significatività è presente soltanto
per la seconda dimensione, il fattore “Effetti negativi” illustrata nel Grafico 16
(Appendice 4, Tabella 4).
Graf. 16.Differenze tra le medie di maschi e femmine rispetto alle dimensioni degli
effetti dell’alcol individuate dalla domanda 33 del questionario
medie
14,1
14
maschio
13,9
femmina
13,8
13,7
13,6
13,5
13,4
effetti negativi
Dal grafico emerge che le ragazze evidenziano maggiormente gli effetti negativi provocati dall’alcol rispetto ai loro coetanei maschi (maschi: M = 13.67,
ds = 2.99; femmine: M = 14.06, ds = 2.72).
Per quanto riguarda l’appartenenza alle diverse classi, emergono differenze
significative in entrambe le dimensioni individuate (Appendice 4, Tabella
4). L’applicazione del Test post-hoc ha nuovamente messo in evidenza una
significatività rilevata tra la media relativa ai soggetti appartenenti alla Scuola
Media e le medie relative ai soggetti appartenenti alla Scuola Superiore (sia
classe I che II), mentre mostra l’assenza di differenze significative tra le due
classi Superiori (Tabella 10).
Infatti, anche se per tutte le classi in oggetto gli effetti negativi sono più
pregnanti rispetto a quelli positivi, a una osservazione qualitativa del Grafico
17 appare evidente che, mentre gli effetti positivi aumentano all’aumentare
dell’età, gli effetti negativi decrescono all’aumentare dell’età. In altre parole, in
II Superiore l’alcol è ritenuto avere più effetti positivi e meno effetti negativi
di quanto sostiene uno studente delle Scuole Medie.
98
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
Tab. 10. Risultati ottenuti al Test post-hoc applicato alla variabile indipendente
“classe di appartenenza” relativamente alle risposte fornite alla domanda
33 del questionario
Confronti multipli
Bonferroni
Variabile
dipendente
(I)
classe
media
f1_d33
I sup
Differenza
fra medie
(I-J)
Errore
std.
Sig.
I sup
-.7910 (*)
.21147
.001
Interv. confidenza 95%
Limite
Limite
inferiore superiore
-1.2980
-.2841
2 sup
-1.2184 *
.21356
.000
-1.7303
-.7064
media
.7910 *
.21147
.001
.2841
1.2980
(J)
classe
( )
( )
2 sup
-.4273
.20831
.121
-.9267
.0720
media
1.2184 (*)
.21356
.000
.7064
1.7303
I sup
.4273
.20831
.121
-.0720
.9267
I sup
.9748 *
.19788
.000
.5004
1.4492
2 sup
1.2397 *
.19983
.000
.7606
1.7188
media
-.9748 *
.19788
.000
-1.4492
-.5004
2 sup
.2649
.19492
.523
-.2024
.7322
media
-1.2397 *
.19983
.000
-1.7188
-.7606
I sup
-.2649
.19492
Basato sulle medie osservate.
( )
* La differenza fra medie è significativa al livello .01.
.523
-.7322
.2024
2 sup
media
f2_d33
I sup
2 sup
( )
( )
( )
( )
Graf. 17.Differenze tra soggetti che frequentano la 3ª media e le scuole superiori
rispetto alle dimensioni degli effetti dell’alcol individuate dalla domanda
33 del questionario
16
Scuola Media
14
I Superiore
12
II Superiore
medie
10
8
6
4
2
0
effetti positivi
effetti negativi
99
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
È da sottolineare però che, anche se qualitativamente l’osservazione suggerisce
un incremento delle sensazioni piacevoli e una diminuzione degli effetti negativi
all’aumentare dell’età, i valori significativi sono riscontrati nel confronto tra
Scuola Media e Scuola Superiore: nuovamente, quindi, si evidenzia una differenza importante della visione che i soggetti riportano rispetto a questi temi tra
questi due livelli di scuola dell’obbligo.
4.3.5. Perché mi piace bere?
L’analisi fattoriale applicata alla domanda 47 “Se hai risposto “mi piace bere”, perché
ti piace o ti piacerebbe bere bevande alcoliche?” ha portato ad individuare 2 fattori
(in totale i fattori saturano il 48,7% della varianza spiegata; Appendice 3, Tabella
7). Il coefficiente di correlazione (alpha di Cronbach) calcolato su tutti gli item
della scala è α = .859 ed evidenzia una buona affidabilità tra i punteggi ottenuti
dai soggetti su ognuno degli item. I fattori individuati sono i seguenti:
1.Un primo fattore individua una dimensione, definita “Differenziarsi”,
costituita dagli item: per divertirsi di più con gli amici, per sentirsi diversi
dal solito, perchè ci si sente meno tristi o depressi, perché ci si sente più
sciolti, per “andare fuori di testa” un po’, perché le bevande alcoliche sono
buone, per mia scelta;
2.Un secondo fattore descrive una dimensione “Omologazione” costituita dagli
item: perché lo fanno anche gli amici, per non sentire la stanchezza, perché
fanno sentire grandi, perché lo fanno anche i genitori, per curiosità.
In altre parole, il piacere di bere sembra articolarsi rispetto a due dimensioni:
la prima più legata ad una scelta consapevole di sentirsi diversi, di beneficiare
degli aspetti positivi attribuiti all’alcol, mentre la seconda è più legata ad un
desiderio di imitazione degli altri, degli amici e “dei grandi”, e in qualche modo
essere attivi come loro.
L’analisi della varianza multivariata (MANOVA) ha evidenziato l’esistenza di un
effetto della classe (Lambda di Wilks = 0.918; F4, 1206 = 12.815; p < 0.01), ma non
di un effetto del sesso (Lambda di Wilks = 0.977; F2, 602 = 6.951; n.s.) e dell’interazione sesso-classe (Lambda di Wilks = 0.997; F4, 1206 = 0.505; p =0 .732, n.s.).
Per quanto riguarda la significatività relativa alla classe, questa si evidenzia
invece nel fattore “Differenziarsi” (Appendice 4, Tabella 5); come possiamo
osservare dai risultati dell’analisi post hoc riportati in tabella 11, è significativo
il confronto effettuato tra la media relativa ai soggetti appartenenti alla Scuola
Media e le medie relative ai soggetti appartenenti alla Scuola Superiore (sia
classe I che II).
100
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
Tab. 11. Risultati ottenuti al Test post-hoc applicato alla variabile indipendente
“classe di appartenenza” relativamente alle risposte fornite alla domanda
47 del questionario
Confronti multipli
Bonferroni
Variabile
dipendente
(I)
classe
media
f1_d47
I sup
2 sup
(J)
classe
Differenza
fra medie
(I-J)
Errore
std.
Sig.
I sup
-1.6247 (*)
.37082
.000
Interv. confidenza 95%
Limite
Limite
inferiore superiore
-2.5149
-.7344
2 sup
-2.2510 (*)
.36592
.000
-3.1294
-1.3725
media
1.6247 *
.37082
.000
.7344
2.5149
2 sup
-.6263
.33110
.177
-1.4212
.1686
media
2.2510 *
.36592
.000
1.3725
3.1294
I sup
.6263
.33110
.177
-.1686
1.4212
( )
( )
Basato sulle medie osservate
* La differenza fra medie è significativa al livello .01.
( )
Infatti, come osserviamo nel Grafico 18, i ragazzi delle Scuole Superiori sostengono di bere per i motivi collegati alla dimensione “sentirsi diversi” con una media
significativamente più alta rispetto ai ragazzi delle Scuole Medie. Anche i questo
caso, l’osservazione qualitativa permette di rilevare l’esistenza di un incremento
di questo aspetto anche nel passaggio dalla I alla II Superiore.
Graf. 18.Differenze tra soggetti che frequentano la 3° media e le scuole superiori
rispetto alle dimensioni dei motivi del bere individuate dalla domanda 47
del questionario
14,5
Scuola Media
14
I Superiore
13,5
II Superiore
medie
13
12,5
12
11,5
11
10,5
sentirsi diversi
101
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
Un dato di rilievo sembra riguardare le risposte fornite alla domanda 48
“Se hai risposto “non mi piace bere”, perché non ti piace bere bevande alcoliche?”:
i punteggi ottenuti dai soggetti non evidenziano infatti diverse dimensioni o
fattori sottostanti alla domanda, ma si organizzano secondo un unico fattore.
Questo sembra indirizzarci sul fatto che le risposte dei ragazzi siano polarizzate
secondo un’unica dimensione e non sfaccettate, come appaiono diversamente
quelle fornite alle altre domande.
4.3.6. Con chi bevi?
L’analisi fattoriale applicata alla domanda 57 “Con chi bevi?” ha portato ad individuare 2 fattori (in totale i fattori saturano il 59,01% della varianza spiegata;
Appendice 3, Tabella 8). Il coefficiente di correlazione (alpha di Cronbach) calcolato su tutti gli item della scala è α = .894 ed evidenzia una buona affidabilità
tra i punteggi ottenuti dai soggetti su ognuno degli item.
I fattori individuati sono:
1.Un primo fattore definito “Amici” costituito dagli item: in un gruppo di
amici solo di ragazzi, in un gruppo di amici solo di ragazze, in un gruppo
misto di amici, con un amico della mia stessa età, con un amico più grande
di me, con un’amica della mia stessa età, con un’amica più grande di me,
con i compagni di scuola, con la/o mia/o ragazza/o;
2.Un secondo fattore “Famiglia” costituito dagli item: da solo, con i miei
genitori, con i miei fratelli / sorelle, con altri familiari.
L’analisi della varianza multivariata (MANOVA) alla domanda 57 ha evidenziato l’esistenza unicamente di un effetto della classe (Lambda di Wilks = 0.924;
F2,658 = 6.587; p < 0.01) ma non di un effetto del sesso (Lambda di Wilks = 0.979;
F2,328 = 3.572; p = 0.29, n.s.), né un effetto dell’interazione sesso-classe (Lambda
di Wilks = 0.974; F4,658 = 6.587; p =0.068, n.s.). In altre parole, le persone con
cui i ragazzi riportano di bere alcolici subiscono variazioni significative soltanto
legate alla classe di appartenenza del soggetto cioè alla loro età, mentre il fatto
di essere maschi o femmine non ha influenza nelle risposte fornite.
La classe frequentata è una variabile che influenza entrambi i fattori (Appendice 4, Tabella 6). L’Analisi post hoc (Tabella 12) ha evidenziato nuovamente
una differenza significativa tra la media relativa ai soggetti appartenenti alla
Scuola Media e le medie relative ai soggetti appartenenti alla Scuola Superiore
(sia classe I che II).
I ragazzi frequentanti la scuola Superiore, infatti, mediamente bevono di più
sia con gli amici che con la loro famiglia (Grafico 19).
102
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
Tab. 12. Risultati ottenuti al Test post-hoc applicato alla variabile indipendente
“classe di appartenenza” relativamente alle risposte fornite alla domanda
57 del questionario
Confronti multipli
Bonferroni
(I)
classe
(J)
classe
Differenza
fra medie
(I-J)
Errore
std.
Sig.
media
I sup
-3.1912 (*)
.68999
.000
Interv. confidenza 95%
Limite
Limite
inferiore superiore
-4.8515
-1.5309
2 sup
-2.7749 (*)
.67579
.000
-4.4010
-1.1488
media
3.1912 *
.68999
.000
1.5309
4.8515
2 sup
.4163
.61205 1.000
-1.0565
1.8890
media
2.7749 *
.67579
.000
1.1488
4.4010
I sup
-.4163
.61205 1.000
-1.8890
1.0565
I sup
-.4398
.22774
.163
-.9878
.1082
2 sup
-.6970 *
.22305
.006
-1.2337
-.1602
media
.4398
.22774
.163
-.1082
.9878
2 sup
-.2572
.20201
.612
-.7433
.2289
.22305
.006
.1602
1.2337
I sup
.2572
.20201
Basato sulle medie osservate.
( )
* La differenza fra medie è significativa al livello .01.
.612
-.2289
.7433
Variabile
dipendente
f1_d57
I sup
2 sup
media
f2_d57
I sup
2 sup
( )
( )
( )
media
.6970 *
( )
Graf. 19.Differenze tra soggetti che frequentano la 3° media e le scuole superiori
rispetto alle dimensioni della persona con cui bere individuate dalla domanda 57 del questionario
medie
20
18
Scuola Media
16
I Superiore
14
II Superiore
12
10
8
6
4
2
0
amici
famiglia
103
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
4.4. Differenze legate al contesto di vita
Allo scopo di verificare l’eventuale peso di alcune caratteristiche del contesto
di vita dei ragazzi sulla percezione del rischio legato all’utilizzo di bevande
alcoliche e sulle pratiche di uso di alcol da loro messe in atto, sono state applicate alcune procedure statistiche che tenessero in considerazione il ruolo
della zona in cui si trova la scuola frequentata dai giovani (considerata come
variabile indipendente) rispetto alle altre dimensioni studiate.
Come è possibile osservare dalla stratificazione del campione rispetto alle
localizzazioni geografiche delle scuole frequentate dai ragazzi (par. 2.3), i
soggetti sono stati selezionati tenendo presente la suddivisione territoriale
degli 11 comprensori della provincia e la densità di popolazione giovanile
all’interno di ognuno.
Le analisi dei dati applicate hanno dapprima riguardato il campione suddiviso rispetto a questa ripartizione. La dispersione dei dati così evidenziatasi
non ha tuttavia condotto ad alcun risultato statisticamente significativo.
Per ovviare a tale problema, i comprensori sono stati accorpati secondo
una logica di affinità di contesto; in altre parole, i comprensori C10 della
Vallagarina (con Rovereto) e C5 della Valle dell’Adige (con Trento) sono stati
considerati unitamente, in quanto le scuole studiate si trovano soprattutto sul
territorio cittadino di fondo valle e costituiscono ambienti di vita che possiamo
ipotizzare affini per i giovani in essi inseriti.
Parallelamente, sono stati considerati unitariamente tutti gli altri comprensori che unificano territori per lo più di piccola città e/o paese: è possibile
ipotizzare che tali contesti abbiano affinità rispetto alle abitudini di vita dei
giovani in essi inseriti.
I dati così ripartiti ed elaborati non evidenziano molte differenze significative tra i gruppi considerati rispetto alle diverse dimensioni indagate dal
questionario.
L’analisi della varianza (ANOVA) è stata applicata ai fattori estrapolati dalle
risposte fornite dai soggetti alle domande degli item del questionario (10, 28,
47) ritenuti significativi rispetto ai costrutti indagati.
La procedura ha evidenziato un effetto generale, statisticamente significativo,
della zona di appartenenza della scuola (Lambda di Wilks = 0.875; F12, 273 =
3.239; p < .01).
In specifico, si evidenziano differenze significative rispetto alla zona in cui è
collocata la scuola relativamente ad alcuni fattori delle variabili indagate (Tabella
13): in particolare, il primo ed il quinto fattore della variabile 10, sugli impegni
del tempo libero, “Attività con amici” e “Attività solitarie”; il primo fattore della
variabile 28, sui problemi incontrati dai coetanei “Problemi sociali”.
104
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
Tab.13. Risultati ottenuti dall’applicazione della ANOVA alla variabile indipendente “zona” relativamente ai fattori estrapolati dalle risposte fornite alle
domande 10, 28, 47 del questionario
Contesto
Variabile
Sorgente dipendente
df
Media dei
quadrati
F
Sig.
f1_d10
1000
55.083
7.839
.005 (*)
f2_d10
1000
2.836
.483
.487
f3_d10
1000
7.722
2.086
.150
f4_d10
1000
5.999
2.122
.146
f5_d10
1000
15.707
3.966
.047 (*)
f1_d28
1000
34.406
4.257
.040 (*)
f2_d28
1000
6.608
.792
.374
f3_d28
1000
7.786
2.109
.148
f1_d47
1000
1.561
.121
.728
f2_d47
1000
12.789
3.675
.056
* significativo per p<0.05
( )
Alla domanda 10 “Come trascorri il tuo tempo libero?” si evidenziano differenze significative relativamente alla dimensione “attività con amici”(1) e alla
dimensione “attività solitarie” (5); in particolare, rispetto ad entrambi i fattori,
i ragazzi appartenenti a contesti di montagna e/o paese presentano medie più
alte rispetto ai soggetti appartenenti ai contesti urbani [primo fattore: montagna (M = 15.09, ds = 2.69), città (M = 13.73, ds = 2.68); quinto fattore:
montagna (M = 11.04, ds = 1.99), città (M = 10.96, ds = 1.94)]. In generale,
questi dati implicano che i ragazzi appartenenti a contesti di montagna e/o
campagna hanno una percezione dell’impiego del loro tempo libero diversa dai
ragazzi appartenenti al contesto urbano sulle due dimensioni delle attività con
gli amici ed attività solitarie (Grafico 20). Queste sembrano meno pregnanti
per i soggetti appartenenti a contesti urbani.
Alla domanda 28 “A tuo avviso, quali sono i problemi che incontrano i ragazzi
della tua zona?” si evidenziano differenze significative relativamente ad una
sola dimensione “Problemi sociali”(1); rispetto a questo fattore, i ragazzi appartenenti a contesti di montagna e/o piccola città presentano medie più alte
rispetto ai soggetti appartenenti ai contesti urbani [primo fattore: montagna
(M = 12.42, ds = 2.82), città (M =11.35, ds = 2.98)]. In generale, questo dato
implica che i ragazzi appartenenti a contesti di montagna e/o campagna hanno
una percezione dei problemi dei coetanei diversa dai ragazzi appartenenti al
contesto cittadino sulle dimensioni delle problematiche socialmente connesse
(Grafico 21).
105
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
Graf. 20.Differenze tra soggetti che frequentano scuole di diverse zone rispetto alle dimensioni del tempo libero individuate dalla domanda 10 del questionario
16
montagna
14
città
12
medie
10
8
6
4
2
0
1
2
3
4
dimensioni (dom. 10)
5
Graf. 21.Differenze tra soggetti che frequentano scuole di diverse zone rispetto alle dimensioni dei problemi dei coetanei individuate dalla domanda 28 del questionario
14
montagna
12
città
medie
10
8
6
4
2
0
1
3
2
dimensioni (dom. 28)
4.5. Differenze legate alla scuola frequentata
Un’ultima indagine è stata compiuta per verificare se il tipo di scuola frequentata
possa costituire una variabile che influenza la percezione che i ragazzi hanno del
rischio legato all’utilizzo di bevande alcoliche e alle pratiche di uso di alcol.
106
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
Per questo motivo, sono state applicate alcune procedure statistiche che
tenessero in considerazione il ruolo del tipo di scuola frequentata dai giovani
(considerata come variabile indipendente) rispetto alle dimensioni studiate.
Le scuole frequentate sono: per il 31,2% la Scuola Media, 12% un Istituto
Tecnico, 28% un Istituto Professionale, 28,7% un Liceo.
Dal momento che il confronto tra la Scuola Media e Scuole Superiori già
è stato considerato nel paragrafo 3.3 relativamente alle differenze prodotte
dalla variabile età, in questo paragrafo si è tenuto conto solo dei tre differenti
Istituti Superiori.
I dati così elaborati non evidenziano molte differenze significative tra i gruppi
considerati rispetto alle diverse dimensioni indagate dal questionario.
L’analisi della varianza (ANOVA) è stata applicata ai fattori estrapolati dalle
risposte fornite dai soggetti alle domande dei seguenti item del questionario:
10, 19, 28, 47, 57, ritenuti significativi rispetto ai costrutti indagati.
La procedura ha evidenziato un effetto generale, statisticamente significativo,
del tipo di scuola (Lambda di Wilks = 0.936; F9, 3591 = 8.702; p < .01). In
specifico, si evidenziano differenze significative rispetto al tipo di scuola relativamente ad alcuni fattori delle variabili indagate (Tabella 14): in particolare,
il secondo, il terzo ed il quarto fattore della variabile 10, sugli impegni del
tempo libero (“Hobby e lettura”, “Attività culturali/di impegno culturale” e
“Attività sportive); il primo ed il terzo fattore della domanda 19, sulle norme
genitoriali (“Trasgressioni alle regole” e “Disaccordo nelle scelte”); tutti i fattori
della variabile 28, sui problemi incontrati dai coetanei ( “Problemi sociali”,
“Problemi personali” e “Mancanza di opportunità”).
Tab.14. Risultati ottenuti dall’applicazione della ANOVA alla variabile indipendente “tipo di scuola” relativamente ai fattori estrapolati dalle risposte fornite
alle domande 10, 19, 28, 47, 57 del questionario (valori significativi).
Sorgente
Variabile
dipendente
df
F
Sig.
f2_d10
3
70.594
.000 (*)
f3_d10
3
11.568
.000 (*)
f4_d10
3
15.965
.000 (*)
f1_d19
3
21.295
.000 (*)
f3_d19
3
7.666
.000 (*)
f1_d28
3
17.256
.000 (*)
f2_d28
3
24.593
.000 (*)
f3_d28
3
15.603
.000 (*)
* significativo per p<0.01
( )
107
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
Alla domanda 10 “Come trascorri il tuo tempo libero?” si evidenziano differenze significative relativamente alle dimensioni “Hobby e lettura” (2), “Attività
culturali/di impegno culturale” (3) e “Attività sportive” (4); in particolare,
rispetto a tutti i fattori elencati, i ragazzi che frequentano il Liceo presentano
medie significativamente più elevate rispetto agli altri istituti [secondo fattore:
Liceo (M = 12.17, ds = 2.26), Istituti Professionali (M = 10.15, ds = 2.36),
Istituto Tecnico (M = 10.49, ds = 2.33); terzo fattore: Liceo (M = 9.15, ds =
2.34), Istituti Professionali (M = 8.19, ds = 1.57), Istituto Tecnico (M = 8.69,
ds = 2.30); quarto fattore: Liceo (M = 5.20, ds = 1.73), Istituti Professionali
(M = 4.53, ds = 1.61), Istituto Tecnico (M = 5.20, ds = 1.73)].
In generale, questi dati implicano che i ragazzi liceali hanno una percezione
dell’impiego del loro tempo libero diversa dai ragazzi appartenenti agli istituti
professionali e tecnici, considerando più pregnanti le attività definite da queste
tre dimensioni (Grafico 22).
Graf. 22.Differenze tra soggetti che frequentano tipi di scuole diverse rispetto
alle dimensioni del tempo libero individuate dalla domanda 10 del
questionario
16
Ist. Tecnico
14
Ist. Professionali
12
Liceo
10
8
6
4
2
0
1
2
3
4
5
Alla domanda 19 “Quali sono le ragioni per le quali i tuoi genitori ti sgridano
e con quale frequenza?” si evidenziano differenze significative relativamente alle
dimensioni “Trasgressioni alle regole” (1) e “Disaccordo nelle scelte”(3) ; rispetto
a questi fattori, i liceali presentano medie significativamente più basse rispetto
agli altri istituti [primo fattore: Liceo (M = 8.08, ds = 2.35), Istituti Professionali
(M = 9.30, ds = 3.03), Istituto Tecnico (M = 9.03, ds = 3.12); terzo fattore:
108
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
Liceo (M = 5.99, ds = 1.74), Istituti Professionali (M = 6.44, ds = 2.01), Istituto
Tecnico (M = 6.31, ds = 1.95)].
In generale, questi dati implicano che i ragazzi liceali sono sgridati mediamente meno riguardo ai loro coetanei appartenenti agli istituti professionali e
tecnici riguardo ai comportamenti di trasgressione delle regole e relativamente
alle loro scelte (Grafico 23).
Graf. 23.Differenze tra soggetti che frequentano tipi di scuole diverse rispetto alle
dimensioni delle norme genitoriali individuate dalla domanda 19 del
questionario
14
Ist. Tecnico
12
Ist. Professionali
10
Liceo
8
6
4
2
0
F1
F2
F3
Alla domanda 28 “A tuo avviso, quali sono i problemi che incontrano i ragazzi
della tua zona?” si evidenziano differenze significative relativamente a tutti i
fattori, cioè “Problemi sociali” (1), “Problemi personali” (2) e “Mancanza di
opportunità” (3); in particolare, rispetto ai tre fattori, i liceali presentano medie
significativamente più alte rispetto agli altri istituti [primo fattore: Liceo (M =
12.60, ds = 2.83), Istituti Professionali (M = 11.83, ds = 3.03), Istituto Tecnico
(M = 11.57, ds = 2.49); secondo fattore: Liceo (M = 13.21, ds = 3.01), Istituti
Professionali (M = 11.46, ds = 3.10), Istituto Tecnico (M = 11.65, ds = 2.88);
terzo fattore: Liceo (M = 5.53, ds = 1.99), Istituti Professionali (M = 4.98, ds
= 1.77), Istituto Tecnico (M = 4.74, ds = 1.79)].
In generale, questi dati implicano che i ragazzi liceali ritengono più pregnanti le
tre dimensioni definite relativamente ai problemi dei loro coetanei (Grafico 24).
109
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
Graf. 24.Differenze tra soggetti che frequentano tipi di scuole diverse rispetto alle
dimensioni dei problemi dei loro coetanei individuate dalla domanda 28
del questionario
14
Ist. Tecnico
12
Ist. Professionali
10
Liceo
8
6
4
2
0
F1
F2
F3
In conclusione, non si individuano delle forti differenze tra i tre gruppi indagati e le significatività individuate tendono a distinguere il gruppo di liceali dal
gruppo di studenti frequentanti gli Istituti Professionali e Tecnici.
4.6. Le domande a risposta libera
Le ultime tre domande del questionario si differenziano dalle altre per la loro
strutturazione come domande aperte che richiedono al soggetto riflessioni e
proposte personali circa la progettazione di eventuali campagne formative ed
informative mirate a migliorare la qualità della vita dei ragazzi.
La domanda 66 chiede “Nei momenti difficili che ti sei trovato ad affrontare,
che cosa pensi ti avrebbe aiutato che non sei riuscito a trovare attorno a te?”
Come si può osservare dalle percentuali di risposta riportate nel Grafico 25,
il 43% dei ragazzi non ha risposto alla domanda. Sono considerate “risposte
mancanti” lo spazio bianco, le scritte “Niente”, “Non ci ho mai pensato” o “Non
so rispondere” e le risposte provocatorie o non attinenti.
Una piccola percentuale, pari al 4% sostiene, invece, di non poter rispondere
a questa domanda perché non ha mai avuto momenti difficili, mentre il 6%
risponde di aver sempre trovato nell’ambiente ciò di cui aveva bisogno.
110
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
Graf. 25.Distribuzione delle risposte alla domanda 66 del questionario
6%
6%
2%
non rispondono
mai momenti difficili
43%
poter parlare con famiglia/amici
poter parlare con adulto/esperto
sempre trovato ciò di cui ho bisogno
39%
varie
4%
L’aspetto che si rivela per i ragazzi maggiormente importante nei momenti
difficili (e di cui non hanno potuto usufruire) riguarda la disponibilità di avere
vicino, di potersi confidare e chiedere consigli a qualcuno, in particolare a persone della propria famiglia o ai propri amici (39%).
All’interno di questa categoria è utile, però, fare delle distinzioni: il 20% (del
totale dei ragazzi a cui il questionario è stato somministrato) avrebbe voluto aver
vicino gli amici/l’amico del cuore, il 10,1% indica i familiari (in larga parte i
genitori, in misura più ridotta fratelli o altri parenti), il 2,8% il/la fidanzato/a;
infine, il 7% avrebbe voluto in modo più generico qualcuno, senza ulteriori
precisazioni.
Solamente il 2% del campione riporta che avrebbe voluto parlare con adulti
con esperienza, persone che hanno già attraversato il problema, o con “esperti”:
psicologi, medici, insegnanti o sacerdoti.
Il 6% dei soggetti ricade nella categoria “varie” che raccoglie un ventaglio di
risorse, desiderate dai giovani, estremamente variegate: dal riferimento a proprie caratteristiche personali, come l’autostima, la fiducia o la forza (1%), alla
preferenza per la solitudine (0,9%) o per momenti di svago (0,4%).
La domanda 67 richiede, invece, delle proposte: “Il nostro obiettivo è quello di
realizzare una zona “a misura di ragazzo” per migliorare la qualità della vita degli
adolescenti. Dal momento che pensiamo che voi giovani abbiate idee molto originali,
contiamo sul tuo aiuto per realizzare questo obiettivo. Se tu potessi partecipare ad
un progetto per migliorare la qualità della vita dei ragazzi della zona in cui vivi,
che proposte faresti?”
111
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
Le percentuali di risposta ricavate dall’analisi dei questionari sono riportate
in Grafico 26.
Graf. 26.Distribuzione delle risposte alla domanda 67 del questionario
3%
6%
7%
non rispondono
inasprimento dei divieti
47%
27%
disponibilità di centri
di ritrovo e divertimento
maggiore informazione
non c’è niente da fare
varie
10%
Emerge con evidenza che quasi la metà dei ragazzi (47%) ha preferito non
rispondere (la categoria “non rispondono” comprende essenzialmente l’assenza di
risposte e la risposta “niente”, ma è considerata anche la piccola parte di risposte
non attinenti, spesso provocatorie).
La categoria che racchiude in sé la maggior quantità di proposte indicate dai
ragazzi riguarda la “disponibilità di centri di ritrovo e divertimento” (27%).
Questo si evidenzia come un problema particolarmente sentito, dal momento
che la metà dei ragazzi che ha dato una risposta pensa che la qualità della vita dei
loro coetanei potrebbe migliorare con la disponibilità di centri di ritrovo dove
poter parlare, confrontarsi e svolgere varie attività, o con l’aumento di servizi
(cinema, parchi, campi sportivi, discoteche) e di possibilità di divertimento e
svago (concerti, manifestazioni, gite, feste, ecc).
Alcuni propongono anche la costruzione di locali (bar) appositi per giovani,
in cui non si servano bevande alcoliche.
L’altra categoria riconoscibile all’interno delle risposte, anche se non di notevole entità (10%), riguarda le proposte che comportano un “inasprimento
dei divieti”, all’interno della quale si individuano varie possibilità: il 4% sul
totale del campione propone di vietare o limitare la distribuzione degli alcolici
e del fumo nei locali ai minori (ad esempio aumentando l’età minima); il 3%,
invece, introdurrebbe dei divieti o delle più severe restrizioni alla distribuzione
degli alcolici e del fumo nei locali estesi a tutta la popolazione, non soltanto
112
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
ai minori; 1,6% propone piuttosto maggior controlli e multe più severe (nelle
discoteche, sulle strade, ecc.); solo in una minima parte dei ragazzi (1%) ritiene
che il problema potrebbe essere risolto vietando l’entrata ai minori in bar o
discoteche o attraverso la chiusura anticipata dei locali.
All’incirca il 7% propone l’attivazione di attività che consentano una maggiore
informazione tra ragazzi relativamente alle problematiche che li interessano; i
ragazzi, però, propongono in misura maggiore che tale informazione sia veicolata
attraverso degli esperti, o più genericamente degli adulti, o mediante l’istituzione
di programmi che li coinvolgono direttamente (5%) piuttosto che attraverso
campagne pubblicitarie e comunicazioni sociali (2%).
Ultimo aspetto da rilevare è relativo al fatto che una percentuale estremamente
bassa (3%) risponde a questa domanda sostenendo che non c’è niente da fare,
con due diverse motivazioni: per alcuni ragazzi perché le cose vanno bene così
come sono, per altri perché le persone devono risolvere le proprie difficoltà da
soli, senza aiuti esterni.
L’ultima domanda aperta (domanda 68) era la seguente: “Vuoi aggiungere
qualcosa a quanto hai detto fin’ora? Puoi farlo scrivendo, disegnando, inventando
uno slogan o un fumetto”.
Riportiamo di seguito “una carrellata” dei vari slogan e dei disegni proposti.
– La droga è un mezzo per trovare una compagnia? Forse…ma non quella ideale.
Entra nella nostra e spezza le catene. Fa della vita la tua dipendenza. Ubriachi
di vita.
– La vita è tua, non della droga o l’alcol. Non farti comandare, ma vivi libero
e indipendente!
– La vita si vive una volta sola, goditela ma non esagerare.
– Fuma di meno e vivi di più.
– L’alcol ti fa sentire grande, ma dentro sei piccolo.
– Bere è bello se dura poco.
– Alcol: un nemico da combattere.
– Non bere, ama.
– Se la vita non ti sorride, basta bere perché ti uccide.
– Droga una parola corta come la vita di chi ne fa uso.
– + alcol -vita -alcol +vita
– Se il fumo ti cerca non farti trovare, se l’ alcol ti trova inizia a scappare.
– Sorridiamo con un amico invece che con l’alcol!
– Chi beve e fuma per essere al centro dell’attenzione non è un uomo, ma un
debole: l’uomo vero sa dire di no!
– L’alcol è come una brutta compagnia, è meglio lasciarlo che trovarlo.
– W la libertà, basta dipendenze!
113
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
– Non divertirti per morire, ma divertiti per vivere.
– Basta alcol e basta droga! non rovinatevi la vita.
– Se viver sano e felice vorrai, alcol, fumo e droga buttare dovrai.
– Ragazzi, è la vita che fa “sballare”, non l’alcol o la droga.
– Fumare fa male, te ne devi vergognare.
– La vita è bella, non farla diventare come una sigaretta che si disperde nell’aria
e viene dimenticata…
– Abbasso l’alcol, W la vita.
– No al fumo e no alla droga, si alla vita.
– Io fumo
io bevo
tu fumi
tu bevi
egli fuma
egli beve
noi fumiamo
noi beviamo
voi fumate
voi bevete
essi staranno male
4.7. Conclusioni ai risultati del questionario
In linea con quanto emerso dal lavoro di Buzzi (2003), è possibile affermare in
senso generale che nel Trentino, come nel resto del Paese e in tutte le regioni
europee a forte tradizione vinicola, il consumo di vino è culturalmente radicato
e diffuso; il vino è considerato quasi esclusivamente un alimento complementare
ai pasti o, al più, un gradevole aperitivo.
Gli effetti negativi dell’alcol, nell’immaginario collettivo, sono piuttosto
connessi al consumo di liquori e superalcolici, anche se l’azione pubblicitaria ha
trasformato quest’ultimi in prodotti che richiamano l’idea di prestigio, successo
e ricchezza.
A differenza di altre sostanze (ad esempio il tabacco), l’alcol risente di una
maggiore tolleranza e solo nei confronti di eccessivi abusi o di palese dipendenza
si attiva la stigmatizzazione sociale. I risultati descrittivi della ricerca si allineano
quindi con quelli riscontrati in altri lavori sull’argomento (Buzzi, 2003, Grassi,
1999; Sartori, 2002), soprattutto per quanto riguarda alcuni aspetti:
a) la diffusione sempre più marcata negli adolescenti dell’abitudine a bere
bevande alcoliche estranee alla tradizione italiana (in questa ricerca la birra
e le cosidette bibite alcopop sono le bevande alcoliche più vendute, mentre
il vino è all’ultimo posto); questo aspetto, sommato al maggior uso di
bevande alcoliche di notte e nei week end (qualche volta+spesso: rispettivamente 57% e 62%) confrontato con l’utilizzo ai pasti (25%) evidenzia
come l’uso di alcol sia un fenomeno con un significato conviviale e sociale,
114
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
particolarmente diffuso all’interno del gruppo dei pari e collegato alla frequentazione di pub, bar e discoteche. Inoltre, l’età di esordio del consumo
di alcolici del nostro campione si situa tra i 12 e i 13 anni, come riportato
relativamente ai ragazzi veneti nel “Secondo rapporto sullo stato di salute
e gli stili di vita dei giovani veneti in età scolare” (Bertinato, Mirandola,
Rampazzo e Santinello, 2002); similmente ai loro coetanei veneti, più del
50% di ragazzi frequentanti la Terza Media trentini dichiarano di non
bere mai alcolici; ma in Seconda Superiore questa percentuale si abbassa
in entrambe le Regioni attorno al 30%.
Allo stesso modo, i maschi veneti e trentini bevono alcolici più delle loro
coetanee femmine; entrando però in dettaglio nel gruppo trentino, questo
avviene per quanto riguarda la birra e il vino; sono invece maggiormente
consumatrici di bevande alcopop le femmine.
b) la conoscenza dell’abuso di alcol e dei suoi effetti sembra elevata nel gruppo
di ragazzi studiato, probabilmente a seguito dei numerosi interventi formativi messi in atto a vari livelli, soprattutto nella scuola. Il consumo di
alcol, tuttavia, gode di un largo consenso tra i giovani del nostro gruppo,
come si deduce dal 70% che dichiara che Bere uno o due bicchieri di vino
o birra al pasto è una cosa normale (D38), percentuale pressoché uguale a
quella riscontrata da Buzzi (2003) su un campione di mille giovani trentini
in età compresa tra i 15 e i 19 anni.
Nella stessa direzione si muove l’accordo con un’altra affermazione culturalmente accettata e diffusa: il 68% ritiene che Le bevande alcoliche in piccole
quantità non danneggiano la salute (D38).
Allo stesso tempo, però, solo il 13% pensa che l’alcol faccia male se si beve
tanto e sempre, mentre il 42% ritiene che l’alcol fa sempre male (D38), similmente a quanto affermato dal 63% del campione di Buzzi (2003) che
ritiene che tutte le bevande alcoliche sono dannose.
Inoltre, l’88% dei ragazzi intervistati in questa ricerca sostiene che l’alcol
rende violenti (D38), contro il 59% del campione di Buzzi.
Oltre a questi aspetti negativi, i ragazzi non sottovalutano nemmeno il rischio di dipendenza: il 91,5% (abbastanza+molto) sa che Per un consumatore
abituale è difficile smettere di bere (D39), ma È più facile diventare dipendenti
della droga che del vino o della birra (D38) per il 69% dei ragazzi.
Ci sono, però, anche dei vantaggi nell’uso della sostanza rilevati con una
certa frequenza: Un bicchiere di vino o birra aiutano a rilassarsi (47%) e
Quando si bevono bevande alcoliche si sta meglio con gli altri (36,5%), contro
rispettivamente il 36% e il 21% d’accordo con questa affermazione nella
ricerca di Buzzi (2003).
Un dato che appare importante evidenziare, sembra riguardare una mancata
corrispondenza tra l’aumento di informazione e la percezione da parte dei ragazzi che
115
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
le tematiche relative all’alcol ed al suo abuso sono “davvero” connesse con la loro vita.
In altre parole, sembra che gli aspetti formativi vengano percepiti unicamente nel
loro valore di contenuti teorici, che i ragazzi “imparino” bene, ma che tali aspetti
non incidano in alcun modo né su un livello di riflessione più profonda, né sulle
condotte e sui comportamenti che riguardano il loro rapporto con l’alcol.
Inoltre, dalle risposte fornite si evince una visione “classica”, se vogliamo
stereotipata, della persona che ha problemi con l’alcol e, soprattutto, molto lontana da quella che i ragazzi hanno di se stessi; in tal senso, sembra sottolinearsi
ulteriormente il gap tra i diversi aspetti del problema: da una parte gli elementi
di contenuto (cosa si “deve sapere” sull’alcol e sui suoi effetti), dall’altra gli elementi connessi al mondo esperienziale del giovane (qual è il “mio” rapporto con
l’alcol e quanto è simile a quello delle persone che abusano di alcol). In effetti
uso e abuso presentano una linea sottile di demarcazione.
c) simile atteggiamento emerge anche per ciò che riguarda il rapporto
tra consumo di alcol e guida: il 66% dei soggetti studiati è d’accordo
(abbastanza+molto) con l’affermazione È pericoloso guidare dopo aver bevuto
anche un solo bicchiere di birra. Questo dato appare più elevato di quanto
emerso nell’altro studio trentino in cui compariva una percentuale del 53%
(Buzzi, 2003). D’altra parte, quest’ultima ricerca si è focalizzata su giovani
di un’età superiore a quelli da noi studiati, per cui sembra esserci da parte
loro una tendenza a sottovalutare, rispetto ai ragazzi più giovani (anche se
è comunque la maggioranza), l’alterazione nella percezione del rischio e
nei riflessi che può avere un livello di alcolemia (concentrazione di alcol
nel sangue) pari a 0.2 grammi per litro, corrispondente ad una birra. In
generale, tuttavia, anche nel nostro studio si tratta comunque di 2/3 del
gruppo intervistato che, tutto sommato, non è una percentuale elevata e
sembra piuttosto riflettere una risposta di “opportunità” piuttosto che una
vera e propria convinzione da parte dei ragazzi rispetto alla pericolosità di
tale comportamento.
In altre parole, gli atteggiamenti complessivi verso il consumo di alcol e la
percezione della sua pericolosità sembrano costruirsi per i ragazzi su una
accettazione culturale derivata dalla tradizione, per poi mescolarsi a una
serie di convinzioni relative agli aspetti negativi dell’abuso che si estendono
anche all’uso moderato, ma che non sembrano toccare in maniera significativa né il livello di riflessione dei giovani né il livello dei comportamenti
agiti: in sostanza, sapere tutte queste cose sull’alcol e sui suoi effetti non si
traduce in un saper evitare il rischio a esso connesso.
In sostanza questi aspetti si correlano anche con il fatto che i diversi percorsi
formativi intrapresi dagli adolescenti sono, nella maggior parte dei casi, un
prodotto proposto dal “mondo degli adulti e degli esperti” che poco sembra
collegarsi con quello dei giovani, per lo meno in termini di impatto della for116
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Capitolo 4
mazione sulla percezione e sullo stile di vita rispetto alla sostanza alcolica: come
dire che da essi i ragazzi ricavano un chiaro e approfondito quadro dell’alcol, dei
suoi effetti e delle caratteristiche delle persone che ne abusano ma non considerano il fatto che determinate condotte tipiche della loro vita sono molto vicine
a quanto hanno appreso.
Inoltre, non emerge nessun tipo di consapevolezza sul limite sottile che passa
tra un utilizzo non ancora legato alla dipendenza e un vero e proprio abuso e
sul ruolo del primo come fattore predisponente al secondo.
Anche la percezione della pericolosità delle condotte di abuso rispetto ad altri
campi della vita non appare vicina alla realtà degli adolescenti, ma piuttosto una
sorta di “lezione imparata” spesso nel contesto scolastico che è poi quello che
promuove e realizza i progetti di formazione.
In tal senso, è possibile che gli adolescenti semplicemente applichino anche
a queste tematiche un modello formativo che è loro proprio e che deriva dal
mondo della scuola, dove non ritengono di trovare figure adulte con cui affrontare problematiche e/o difficoltà, ma “pacchetti” di nozioni che loro in qualche
modo hanno incamerato.
Questo chiama in causa anche la posizione ambivalente che si evidenzia nei
riguardi della famiglia che fatica a definire regole e a porsi come riferimento
affettivo e progettuale per i figli; pur restando comunque l’ unico riferimento
nelle situazioni di difficoltà in cui non sembra funzionare sufficientemente il
gruppo degli amici e in assenza, spesso, di altre figure di riferimento.
Diversamente, per ciò che concerne i risultati quantitativi, possiamo evidenziare i seguenti aspetti emersi dalle numerose analisi effettuate:
a)in primo luogo, non risulta un ruolo significativo della collocazione geografica (i comprensori della Provincia) dei ragazzi rispetto alle variabili
indagate: in sostanza il processo di globalizzazione che riguarda, in senso
ampio, tutto il mondo degli adolescenti e dei giovani sembra caratterizzare anche il gruppo studiato nella ricerca non differenziando, se non per
alcuni aspetti marginali, i ragazzi appartenenti a zone diverse rispetto al
tema indagato.
La microcultura che ritenevamo una variabile di interesse nel definire
diversi tipi di percezioni rispetto all’alcol e ai suoi effetti sembra invece
non influire particolarmente su questo aspetto, fornendoci l’immagine
di un gruppo omogeneo di giovani indipendentemente dal bacino di
appartenenza: questo vale sia nel confronto tra realtà cittadine (Trento e
Rovereto) e realtà di montagna e/o campagna di piccola città o paese, sia
nel confronto tra zone a maggiore frequentazione turistica e zone meno
coinvolte dai flussi stagionali. In entrambi i casi sembra emergere al contrario una visione unitaria, omologata e non sfaccettata del fenomeno
che caratterizza nel complesso tutti i giovani studiati;
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
b)in maniera simile, questo accade anche se consideriamo il tipo di scuola
frequentata, laddove gli adolescenti liceali non si discostano nelle risposte
fornite dai coetanei che frequentano gli istituti tecnici e professionali: il
fenomeno studiato, nella percezione dei soggetti, non sembra risentire di
variazioni che riguardano questo aspetto;
c)un dato che emerge, invece, come elemento di differenziazione è il sesso:
le ragazze, infatti, sembrano avere un atteggiamento in generale più riflessivo, che evidenzia maggiormente i problemi e che si pone più problemi
sia rispetto alle relazioni familiari, sia rispetto alla tematica dell’alcol.
In famiglia, infatti, le ragazze appaiono maggiormente sfidanti e in conflitto
con l’autorità e le regole rispetto ai coetanei maschi, mentre relativamente
all’alcol la loro visione è più negativa in termini di pericolosità degli effetti e di
immagine che possiedono della persona con problematiche di dipendenza.
I ragazzi sembrano al contrario porsi in un atteggiamento meno consapevole,
meno conflittuale ma forse minimizzante sia delle problematiche personali
e scolastiche, sia dei conflitti familiari, sia infine delle tematiche connesse
con il target dell’indagine.
Una riflessione può riguardare i diversi percorsi evolutivi fra genere maschile e femminile nel periodo dell’adolescenza, laddove gli aspetti di
criticità, di autonomia e di riflessione su se stessi e sulle proprie esperienze
appare maggiormente precoce nelle ragazze: una possibilità è quella che
in momenti successivi anche i ragazzi acquisiscano un maggiore grado di
riflessione sui temi proposti che, nell’attualità, non appaiono preoccuparli
particolarmente.
Accanto a tale ipotesi esplicativa può essere affiancata quella relativa a una
diversa cultura degli uomini e delle donne relativa all’alcol, al suo utilizzo e
alla percezione degli effetti che le sostanze alcoliche possono generare: in tal
senso, le ragazze sembrano percepire un maggiore grado di pericolo legato
a un’immagine di “alcolista maschio” che disturba, è alterato e violento e,
quindi, un individuo connotato in modo estremamente negativo; così come
non emerge una visione della “donna alcolista” in quanto, probabilmente,
troppo disturbante ed estranea rispetto alla cultura.
Diversamente il gruppo dei ragazzi sembra avere una percezione maggiormente goliardica e meno pericolosa di un fenomeno, quello dell’alcol, che
non appare come esclusivamente negativo né così spaventante;
d)infine, l’altro aspetto che introduce differenze statisticamente significative
nel gruppo studiato è l’età (in termini di classe frequentata dai ragazzi);
in generale, i soggetti delle scuole medie manifestano una organizzazione
delle risposte al questionario che li differenzia, nella maggior parte dei
temi indagati, dai soggetti della scuola superiore: questa è caratterizzata
sostanzialmente da una minore vicinanza alla tematica, minore livello di
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Capitolo 4
problematizzazione dei temi e minore percezione degli aspetti salienti dell’indagine, rispetto ai due gruppi di adolescenti delle superiori che, invece,
non hanno mostrato differenze tra loro.
Inoltre, i più giovani evidenziano maggiori effetti negativi dell’uso di
sostanze alcoliche e minori effetti positivi rispetto ai ragazzi delle scuole
superiori.
In altre parole, sembra ancora una volta incidere sulle risposte il livello
evolutivo raggiunto dai giovani, laddove per i ragazzi della scuola superiore
il tema dell’alcol e dei comportamenti ad esso connessi appare un focus
saliente del loro momento di sviluppo, mentre per i ragazzi della scuola
media non si evidenzia ancora una vicinanza significativa al problema nei
suoi diversi aspetti.
4.8. Verifiche dei risultati attraverso le interviste a testimoni privilegiati
Il programma di ricerca ha previsto, oltre alla somministrazione del questionario, la realizzazione di alcune interviste a un ristretto gruppo di 13 testimoni
privilegiati, affinché gli stessi potessero apportare con la propria esperienza e il
proprio punto di vista un contributo e un completamento sia alle informazioni di
carattere generale ricavate dall’analisi della letteratura specialistica internazionale
e nazionale, sia ai risultati che sono emersi dall’indagine sul territorio.
Le domande poste nelle interviste, modulate a seconda della posizione e del
ruolo ricoperto dagli intervistati, hanno ruotato attorno ai seguenti nuclei:
1.L’Assessorato provinciale alle Politiche per la salute intende realizzare un’iniziativa di comunicazione sociale e di educazione alla salute finalizzata a
contrastare l’assunzione di alcolici da parte della fascia più giovane della popolazione trentina: sotto che forma lei crede a questo tipo di campagne?
2.Ogni persona ha una propria teoria sulle ragioni per cui alcuni ragazzi
abusano di alcol, potrei sapere la sua?
3.L’uso di alcol in adolescenza va sempre considerato abuso?
4.In ogni attività preventiva è possibile muoversi su almeno tre livelli:
– la conoscenza del problema, cioè una informazione sufficiente, individuale e collettiva;
– la consapevolezza del problema, che implica adulti non giudicanti con
cui ci si possa confidare, nonché tempo e spazi liberi per parlare col
gruppo dei pari;
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Capitolo 4
– il passaggio all’azione: leggi e norme comunali, provinciali o nazionali;
forze dell’ordine e azioni del Pubblico Ministero; offerta per il tempo libero, compresi spazi liberi dove essere creativi; collegamenti pubblici e spazi
per fermarsi per i pendolari; servizi specifici per la mortalità scolastica;
5.Durante quest’anno ha dovuto occuparsi personalmente di problemi relativi
al consumo di alcol in adolescenza?
6.Come ritiene che in Trentino il problema della prevenzione potrebbe essere
affrontato in modo diverso da quanto fatto fino ad oggi?
7.A Trento e a Rovereto convergono per la scuola anche adolescenti di altri
comuni; ritiene che si debbano organizzare modalità di approccio differenziato in quanto il rischio è diverso?
8.I comportamenti a rischio e gli incidenti stradali.
Ad alcuni testimoni, in considerazione della funzione professionale svolta,
sono state rivolte tutte le domande, con altri sono stati affrontati solo alcuni
temi fra quelli sopra elencati.
4.8.1. Informazione e coordinamento
Tutti gli intervistati sono d’accordo nell’affermare che i ragazzi, relativamente
all’uso e consumo di alcolici, hanno un buon livello di informazione che arriva
loro da numerosi canali, come la scuola, la televisione, il gruppo dei pari, la famiglia. Il problema è che in realtà tale informazione non è sentita come qualcosa
che li riguardi personalmente: i ragazzi pensano che siano piuttosto gli “altri”
che rischiano le conseguenze dell’alcol.
Per questo, se si vuole intraprendere una nuova campagna di informazione e di prevenzione, prima di tutto, gli organismi preposti dovrebbero
effettuare uno sforzo di coordinamento, scegliere e utilizzare un programma
unitario per non essere ripetitivi e creare noia e disinteresse nella popolazione
target degli adolescenti e dei giovani.
Tale dato ci viene confermato dal fatto che molti degli adolescenti a cui abbiamo somministrato il questionario non erano per niente entusiasti e neppure
interessati di ripetere un’esperienza fatta da poco.
Al di là dell’infomazione, però, il problema fondamentale dei ragazzi, che incide sul fenomeno dell’abuso alcolico, è la solitudine esistenziale. In adolescenza,
comunque, è rarissimo che questo aspetto si sia già strutturato in alcolismo. In
tal senso, tutti gli intervistati sostengono che le campagne dovrebbero essere
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Capitolo 4
indirizzate soprattutto ai genitori che vivono una situazione di grande difficoltà,
non tanto perché assenti, ma perché non sanno come gestire le situazioni in
mancanza di strumenti utili al giorno d’oggi, di cui abbiano avuto esperienza
nelle loro stesse adolescenze.
I genitori, infatti, hanno difficoltà ad accompagnare i figli adoescenti e a
cogliere i loro messaggi; per questo motivo i ragazzi sono senza bussola, senza
sponde adulte competenti e sono tristi.
Gli intervistati ribadiscono anche la grande disponibilità, per non parlare
di vera e propria richiesta, da parte dei genitori a partecipare a gruppi di
discussione (che non siano però di “indottrinamento”, sempre considerati e
vissuti in modo negativo).
Una indicazione in proposito riguarda gli sportelli per genitori che vengono
considerati una possibile soluzione auspicabile e, probabilmente, accettabile
da parte delle famiglie.
Diverso è l’atteggiamento riguardo alla scuola: saggiamente, i responsabili
scolastici e sociali mettono in relazione l’abuso (e non l’uso) di alcol con problemi di insoddisfazione, frustrazione e necessità di dipendenza da un adulto,
che spesso si rivela inadeguato.
Gli esperti appartenenti al mondo della scuola focalizzano la necessità di
modificare i contenuti scolastici nel senso di un allargamento dello spettro delle
attività, che permetta a tutti gli adolescenti di trovare uno spazio di interesse
e di ritrovare in se stessi la creatività addormentata dalle analisi grammaticali
o da una matematica incomprensibile.
Vengono portati gli esempi della officina per “aggiustare” i motorini, che
ha riscosso grandissimo interesse ed ha permesso di avere stabili rapporti con
ragazzi assolutamente irraggiungibili, o degli spazi di produzione ed esposizione
artistica, o ancora degli spazi musicali per band.
Soprattutto da parte dei dirigenti scolastici è presente una condanna, largamente condivisa da noi, ma francamente inaspettata, rispetto alle misure
proibizionistiche che non fanno che peggiorare il rapporto con i giovani ed
indurli ad escogitare modalità per ingannare l’adulto, al prezzo tuttavia di
esporre se stessi a livelli di rischio sempre più elevati.
Tali interlocutori privilegiati insitono anche sulla necessità di piani educativi
individualizzati (PEI) per cui la Provincia ha i fondi (avanzando ogni anno il
30% del denaro a questi destinato) e che non vengono attuati principalmente per
una sorta di tendenza a vivere nella situazione rassicurante dei programmi uguali
per tutti, messa in atto sia da parte della scuola, sia da parte delle famiglie.
È molto chiaro, in quello che dicono questi profondi conoscitori del vivere
quotidiano degli adolescenti, che è oggi richiesto agli insegnanti uno sforzo
eccezionale di adattamento alle esigenze di adolescenti non abituati alle regole
e alle frustrazioni, perché l’occasionale ebbrezza di una festa non si trasformi
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Capitolo 4
in un bisogno di ogni week end, di ogni ritrovo di amici, o di stati d’animo di
solitudine e tristezza.
È in particolare necessario pensare a percorsi extra scolastici che permettano
poi però di reintegrare la scuola.
4.8.2. Dimensioni e qualità del fenomeno
Gli esperti non esprimono un vero e proprio accordo sull’aumento del fenomeno
dell’utilizzo di bevande alcoliche, che viene rilevato soprattutto da chi lavora nei
Centri di Informazione e Consulenza (CIC) e da chi gestisce gli Istituti Professionali. Gli altri esperti parlano piuttosto di una maggior attenzione verso l’uso
ed abuso di alcolici e di una maggior presenza di abuso da parte delle ragazze.
Differenze importanti e costanti vengono individuate tra i maschi, che bevono per socializzare meglio e, quindi, sempre in compagnia e le ragazze che,
pur bevendo anche in queste situazioni, fanno prevalentemente un uso isolato
di alcol con scopi autoterapeutici antidepressivi.
I ragazzi delle scuole professionali sono considerati più a rischio perché hanno
meno strumenti culturali e, soprattutto, portano dentro un vissuto di fallimento
derivato dal fatto che spesso vengono indirizzati alle scuole professionali perché
giudicati poco capaci dal punto di vista scolastico. Se venissero aiutati a voler
bene alla vita potrebbero autotutelarsi. Per questo, servirebbe una campagna
centrata sul voler bene alla vita, perché la scuola non aiuta in questo. L’asse
curricolare dovrebbe spostarsi sulle competenze per la vita.
Inoltre sono necessarie alternative per chi non riesce a stare dentro la struttura
scolastica: percorsi personalizzati focalizzati sul lavoro, ma con la possibilità di
tornare in classe. I ragazzi possono essere coinvolti con progetti particolari, come
ad esempio è già stato sperimentato per il restauro di un aereo e la progettazione
di oggetti d’arte. La legge sull’autonomia scolastica offre possibilità di trovare
spazi in cui realizzare questi contesti di creatività, e la legge sulle politiche giovanili finanzia progetti formativi alternativi. I riferimenti normativi consentono
un serio protagonismo, in senso costruttivo.
Un aspetto di rilievo sono le segnalazioni di situazioni problematiche per
alcol nella scuola. Il 15-20% dei ragazzi che frequenta un percorso scolastico
professionale porta bottiglie di alcolici a scuola, consumando alcol fino ad arrivare, in alcuni casi, al coma etilico. In questi casi bisogna proibire. La scuola
è consapevole della diffusione del problema dentro le proprie mura, mentre ha
meno possibilità di comprendere le dimensioni del problema all’interno delle
case se i ragazzi, e i genitori, sembrano considerare l’uso di alcol normale.
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Capitolo 4
Inoltre l’alcol è spesso silente. Mentre ad esempio il bullismo si presenta con più
evidenza ed allarma, anche i genitori, l’uso di alcolici può restare per lungo tempo
un fenomeno sommerso sia in famiglia, sia negli altri contesti di vita del ragazzo.
Possiamo sintetizzare le proposte avanzate in termini di bisogni di:
a.spazi di formazione per gli insegnanti, allo scopo di promuovere una scuola
creativa con percorsi differenziati e, per alcuni periodi, all’esterno della
scuola stessa, con possibilità di rientro nel ciclo normale;
b.sportelli e gruppi per genitori, utilizzando anche la formazione specifica prevista per loro dalla Legge 160 (il “progetto benessere” ha introdotto “scuole”
per genitori, per aiutarli a stare dentro la scuola con competenza);
c.sperimentazione di progetti anti-dispersione con scuole pilota, per i quali in
Trentino sono presenti sia risorse culturali sia economiche;
d.istituzione di progetti per creare tra i ragazzi figure di testimoni che possano
impegnarsi con i compagni in attività che riscuotano l’interesse e permettano il protagonismo anche dei più isolati o emarginati, come spot,
riviste, fumetti, gruppi musicali e sportivi, spettacoli e concorsi con premi
particolarmente desiderati, come i telefonini o i giochi per computer;
e.progetti per il coinvolgimento di figure adulte di riferimento, in particolare
gli allenatori sportivi e i DJ, che potrebbero svolgere utilissime funzioni
essendo spesso figure di identificazione, collaborare con i gestori di pub e
discoteche e monitorare il loro punto di vista.
4.8.3. Alcol e incidenti stradali
Le forze di polizia e la procura non hanno dati che comprovino un collegamento
in questa fascia di età (in cui tra l’altro la maggior parte degli incidenti è legata
all’uso dei motorini) tra incidenti e alcol. Ma anche nelle età successive tutti
fanno notare come, in genere, negli incidenti “da post discoteca” vi sia sempre
un’associazione con altri fattori, come altre sostanze psicotrope o l’ipoglicemia.
Su questo tema gli esperti intervistati mostrano unanimamente un grande interesse e un appoggio per progetti che riguardino:
a.la possibilità di impedire l’entrata nelle discoteche a chi si presenta già
ubriaco. Diversamente, la chiusura anticipata delle discoteche irrita solo,
spostando il problema; si ritiene, invece, estremamente importante che vi
possa essere una piccola somministrazione di cibo gratutito a partire da
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Capitolo 4
una certa ora per diminuire l’effetto dell’alcol aggiunto all’abbassamento
della glicemia;
b.la disponibilità di etilometri all’uscita delle discoteche e dei locali frequentati dagli adolescenti, in quanto i ragazzi li usano facilmente e, soprattutto,
possono rendersi conto di non essere in grado di giudicare la propria alcolemia;
c.l’organizzazione di trasporti pubblici che accolgano e risolvano la necessità
dei ragazzi di muoversi quando desiderano, anche perché mancano grandi
discoteche che concentrino moltissime persone provenienti da più luoghi,
quindi gli spostamenti nel corso della notte sono per lo più una vera e propria
esigenza da parte degli adolescenti. Più favorevoli sembrano i gestori di locali
ad una grande campagna di formazione per il conduttore dell’auto, incentivando l’astensione da alcolici attraverso il suo ingresso gratuito nel locale;
d.la difficoltà manifestata da parte dei rappresentanti dei gestori dei locali,
nell’applicazione del divieto di fornire bevande alcoliche ai ragazzi minori
di 16 anni: in contrasto con quanto auspicato dall’Autorità, all’interno
delle discoteche e dei locali non è diffuso l’uso di richiedere documenti di
identità per la fruizione della “consumazione” alcolica che, comunque, può
essere acquisita da amici più grandi o nei negozi al dettaglio;
f. la riflessione del luogo dove i ragazzi possono bere: creare happy hour in
periferia o lasciar vivere la città con i ragazzi, nonostante le lamentele per
il rumore da parte dei cittadini? Trento ha scelto di tenersi vicini i propri
adolescenti e di fare, quindi, vivere la città che, solitamente, dopo la chiusura
del lavoro la sera era deserta: a parte qualche lamentela per disturbo alla
quiete notturna non vi sono state conseguenze particolarmente negative.
Nonostante i risultati del questionario, la realtà di Trento e delle Valli viene
considerata molto diversa: nelle valli c’è maggiore fragilità. E nella città ci sono
zone con diversa qualità di vita, tempo libero e feste. Le feste campestri sono
situazioni a maggior rischio: nei locali il gestore tende a limitare la distribuzione,
mentre alle feste questo controllo non c’è.
4.9. Conclusioni e proposte
La grande ricchezza di dati estrapolati da tutto il materiale analizzato conduce
alla definizione di un bisogno di interventi pensati e realizzati come azioni poste
in rete, che possono variare dal:
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 4
a.proporre alle persone ricoverate in ospedale elementi di educazione alla
salute (alcol, fumo, alimentazione);
b.portare gli allenatori a mettere in discussione il loro consumo di alcol ad
esempio dopo le partite;
c.lavorare sulle emozioni facendo formazione agli insegnanti e ai genitori,
rendendo consapevoli le famiglie, poiché c’è ancora molta ignoranza sugli
effetti dell’alcol;
d.lavorare con i baristi e definire linee guida con i gestori dei locali, intervenendo soprattutto nei locali dove vengono distribuite e consumate le
bevande alcoliche, piuttosto che nelle scuole e promuovendo anche un
senso di responsabilità dei ragazzi più grandi rispetto ai più piccoli, poiché
i più giovani imitano i più “anziani” nel consumo di alcolici;
e.sensibilizzare i dirigenti sportivi per far passare il concetto che bere bene
(anche se rimane il problema della quantificazione di questo bere bene !) e
bere meno valorizza i risultati sportivi;
f. vietare l’uso degli alcolici sul lavoro;
g.mettere in piedi attività, non dare solo informazioni, poiché il contenuto
passa attraverso la persona e le attività funzionano se funziona la persona.
“Se passa la persona, passa il progetto, ma se non funziona non si riesce a
riprendere il legame”;
h.insegnare a bere: ad esempio, meglio un buon bicchiere di vino che un
cocktail;
i. lavorare sull’autostima e offrire opportunità di espressioni creative: teatro,
cinema, opportunità creative come i centri d’arte, e attività di rinforzo alle
realtà, anche informali, che sono già sul territorio; i ragazzi, infatti, sono
molto differenti, per questo è difficile fare proposte per tutti uniformi.
Ogni piccolo gruppo ha un interesse specifico e l’offerta quindi non può
che essere molto varia;
l. permettere che i ragazzi abbiano del tempo libero e spazi liberi per usarlo e non
strutturare e organizzare tutto, educando nello stesso tempo al consumo del
tempo libero: dando dei crediti ai ragazzi che svolgono volontariato per accedere a offerte culturali (cinema, sci, ecc.), puntando sul coinvolgimento dei pari;
m.creare spazi per chi elude la legge e per i “ disubbedienti “, in generale;
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Capitolo 4
n. cercare di fare sempre progetti valutabili: i ragazzi di oggi non bevono
perché hanno un problema, ma perché vogliono divertirsi. Questi ragazzi
fumano anche moltissimo: è l’esito fallimentare di campagne contro il
fumo fatte negli anni delle loro scuole elementari. Il problema dell’alcol
si affronta da dietro, non di petto;
o.creare spazi pomeridiani a cui i ragazzi con difficoltà scolastiche o emotivo-relazionali possano accedere, lavorando sulla valorizzazione delle loro
competenze. Se sono stati riconosciuti competenti in un ambito, i ragazzi
sono disposti a mettersi in gioco anche su altri aspetti. Le valorizzazioni
sono possibili sull’extra curricolare, non sul curricolare;
p.dare nuovo impulso ai CIC (Centri di Informazione e Consulenza)nella
loro nuova gestione scolastica, creare sportelli nella scuola e nel territorio;
q.prendere coscienza che vi sono “giri” di ragazzi in cui l’abuso di sostanze
alcoliche è legato al consumo di sostanze stupefacenti e in cui si associano
giochi sessuali con ragazzine molto più giovani. In queste situazioni si
riscontra nei ragazzi un vissuto di disperazione e di morte legato all’abuso
di alcol. In effetti, si riscontra un aumento del fattore criminogeno legato
all’introduzione del telefonino e alla frequenza dei furti. Aumentano
anche i reati di lesione legati alla differenza etnica oppure tra gruppi di
stranieri e spesso l’alcol fa parte del quadro;
r. aiutare i ragazzi a collocare le informazioni all’interno di un sistema interpretativo e valoriale entro il quale sono presenti anche ruoli e funzioni
ad essi attribuite. È la fragilità di questa struttura che diventa fattore di
rischio per il consumo di alcol o sostanze stupefacenti;
s. infine, non proibire, ma formare dei “testimoni pensanti” tra i ragazzi.
In conclusione, i dati sembrano, a nostro avviso, mettere in luce quelle che
indichiamo sinteticamente come direttrici di pensiero:
– il bisogno di individuare modelli di informazione e di formazione che
consentano il passaggio necessario dal “sapere” al “saper fare”, cioè dal
conoscere un tema al sentirlo vicino alla propria vita e al modificare le
condotte connesse con i fattori di rischio correlate;
– il bisogno di strutturare una formazione aderente al mondo degli adolescenti che si collochi in linea con le modalità comunicative ed affettivorelazionali che loro conoscono e percepiscono come proprie e non come
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Capitolo 4
qualcosa di alieno, estraneo, proveniente dal mondo adulto e comprensibile
solo dal punto di vista cognitivo;
– la necessità di considerare le differenze di età e di sesso nel differenziare i modelli di formazione e prevenzione rispetto all’uso di bevande alcoliche.
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132
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 1
Questionario sulla percezione del rischio
connesso con i comportamenti
di uso e abuso di sostanze alcoliche
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 1
Nei fogli che seguono troverai alcune domande che riguardano argomenti sui
quali ci interessa conoscere la tua opinione.
Non esistono risposte giuste o sbagliate a queste domande, perciò rispondi
liberamente: ciò che ci interessa è capire come la pensi.
Vorremmo, inoltre, ricordarti che il questionario è anonimo, quindi non sarà
possibile risalire a te in nessun modo.
Ti ringraziamo per la collaborazione.
MODALITà DI RISPOSTA
rispondere così
non rispondere così
135
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 1
QUESTIONARIO A.13-16
PARTE 1
1. Quanti anni hai?
13
14
15
16




2. Sei maschio o femmina?
M
F


3. Che classe frequenti?
III Media
I Superiore
II Superiore



4. In che tipo di scuola?
Scuola Media
Ist. Tecnico
Ist. Professionale
Liceo




5. La scuola che frequenti è nel tuo Comune di residenza?
sì
no


136
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 1
6. Che titolo di studio hanno (o avevano) i tuoi genitori?
(una sola risposta per colonna)
padre
nessun titolo

scuola elementare

scuola media o avviamento professionale

scuola media superiore

laurea

non so

madre






7. Che lavoro fanno i tuoi genitori? (una sola risposta per colonna)
padre
dirigente
insegnante
impiegato
operaio
imprenditore
commerciante
artigiano
libero professionista
disoccupato
pensionato
altro (specificare . . . . . )
madre











dirigente
insegnante
impiegata
operaia
imprenditrice
commerciante
artigiana
libero professionista
disoccupata
pensionata
casalinga
altro (specificare . . . . . )












8. In casa con te (nel tuo appartamento) abitano: (una risposta per ogni riga)
sì
no
padre
madre
[la domanda continua alla pagina seguente]




137
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 1
fratelli (indicare il numero . . . . )
sorelle (indicare il numero . . . . )
nonni (indicare il numero . . . . )
zii (indicare il numero . . . . )
matrigna
patrigno
persone non della mia famiglia che si prendono cura
di me (baby sitter, governante, educatore, ecc.)
138
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
sì
no














Appendice 1
SEZIONE 2
9. Solitamente con chi trascorri la maggior parte del tuo tempo libero?
(una risposta per ogni riga)
qualche spesso
mai
volta
con un gruppo di amici
con un amico/a
con la famiglia
con il mio ragazzo/la mia ragazza
da solo/a
altro (specificare . . . . . . . . . . . . . . . . . . )


















mai
qualche
volta















spesso
10. Come trascorri il tuo tempo libero?
(una risposta per ogni riga)
vado a concerti o manifestazioni musicali

vado a manifestazioni sportive

pratico uno sport individuale

pratico uno sport di gruppo

vado al cinema/teatro

vado a mangiare la pizza

vado in discoteca

vado a passeggiare con gli amici

vado a fare shopping

vado a casa di amici o loro vengono da me

vado al bar/birreria/pub

mi vedo per strada/al parco con gli amici

telefono agli amici/amiche

ascolto musica/suono uno strumento

guardo la televisione

[la domanda continua alla pagina seguente]















139
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 1
spesso








qualche
volta
































mai
uso il computer/internet
disegno/dipingo/faccio fotografie
leggo fumetti/riviste
leggo libri
leggo quotidiani
compro o noleggio vhs, cd, dvd
frequento un gruppo teatrale o un coro
frequento un centro di aggregazione giovanile
partecipo ad una associazione
di volontariato
partecipo ad una associazione politica o
religiosa
partecipo ad una associazione di difesa
dell’ambiente
faccio parte di un gruppo musicale
non faccio niente
vado a letto
sogno ad occhi aperti
altro (specificare . . . . . . . . . . . . . . . . . . )
11. Sei soddisfatto del tempo che passi con i tuoi amici?
per nulla
abbastanza
molto



12. Ti capita di annoiarti durante il tuo tempo libero?
spesso
qualche volta
mai
140
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8











Appendice 1
13. Ti piace andare a scuola?
per nulla
abbastanza
molto



14. Hai mai ripetuto un anno?
no, mai
sì, una volta
sì, più di una volta



15. Come ti trovi con i compagni di classe?
per niente bene
abbastanza bene
molto bene



16. Come ti trovi con i tuoi insegnanti?
per niente bene
abbastanza bene
molto bene



17. Sei soddisfatto dei tuoi risultati scolastici?
sono insoddisfatto
sono abbastanza soddisfatto
sono soddisfatto



18. Come vai a scuola?
ho difficoltà
vado abbastanza bene
vado bene



141
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 1
19. Quali sono le ragioni per le quali i tuoi genitori ti sgridano e con
quale frequenza? (una risposta per riga)
mai qualche
volta spesso
per lo scarso impegno scolastico



o per un brutto voto
perché non mi comporto bene con loro



perché ho degli amici che a loro



non piacciono
perché ho delle amiche che a loro



non piacciono
perché ho il/la ragazzo/a che a loro non piace



per il linguaggio che uso



per cosa mangio e/o bevo



perché mangio troppo



perché mangio troppo poco



perché scoprono che ho detto una bugia



perché ho combinato qualche danno



perché guardo troppo la tv



perché sto troppo al computer



per come mi vesto o mi trucco



per i piercing e/o tatuaggi che ho



per il disordine della mia stanza



perché disubbidisco/non faccio le cose



che mi dicono di fare
perché continuo a chiedere di comprarmi qualcosa 


perché sono troppo spericolato



perché sono sempre in ritardo



perché fumo sigarette



perché bevo troppo



perché quando esco torno troppo tardi



perché esco troppo



perché si preoccupano troppo



perché sono nervosi/riversano i loro problemi su 


di me
altro (specificare . . . . . . . . . . . . . . . . . . )



142
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 1
20.
I tuoi genitori ti sgridano senza motivo
mai

qualche volta

spesso

21. Cosa pensi rispetto a queste affermazioni che riguardano i tuoi genitori?
(una risposta per riga)
poco
abbastanza
molto
mio padre



capisce i miei problemi
mia madre



capisce i miei problemi
22. Negli ultimi sei mesi quanto ti sei sentito sotto stress o sotto pressione
per le seguenti cause? (una risposta per riga)
a causa degli amici
a causa della scuola
a causa della vita familiare
a causa di problemi personali
a causa di problemi sentimentali
per niente





abbastanza





molto





23. Se sei preoccupato per qualche cosa o hai un problema con chi ne parli
più facilmente? (massimo 2 risposte)
padre
madre
fratello/sorella
amico
amica
insegnante
[la domanda continua alla pagina seguente]






143
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 1
altro parente
web-friends
sacerdote
allenatore
medico
psicologo
nessuno
altra persona (specificare . . . . . . . . . . . . . . . . . . )








24. Quali sono le possibilità che: (una risposta per riga)
ti innamorerai e sarai felice
potrai vivere dove vorrai
avrai un lavoro che ti darà delle soddisfazioni
sarai rispettato dagli altri così come sei
avrai dei buoni amici su cui poter contare
avrai una vita familiare serena
godrai di buona salute
sarai in grado di possedere una casa tua
la tua vita scolastica sarà un fallimento
la tua vita lavorativa sarà un fallimento
la tua vita sentimentale sarà un fallimento
molto abbastanza molto
basse
alte

































25. Rispondi alle seguenti domande: (una risposta per riga)
poco abbastanza molto
quanto ti ritieni capace di far fronte alle


difficoltà che incontri durante le tue giornate? 
ti senti in grado di poter imparare



facilmente nuove cose?
[la domanda continua alla pagina seguente]
144
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 1
ti riesce facile prendere decisioni
in modo indipendente dagli adulti?
ti senti interessante per gli altri?
ti senti tagliato fuori dalle attività
che svolgono gli altri ragazzi/e?
ti senti spesso giù di morale?
ti senti spesso preoccupato?















26. Come ti consideri rispetto alle seguenti qualità?
(metti una croce nella casella nella quale ti collochi, tra i due estremi
indicati)
debole
inquieto
indisciplinato
irresponsabile
aggressivo
con idee confuse
ribelle
solitario
egoista
spericolato
superficiale
timido
triste
insicuro
sognatore
impulsivo
impaziente
con delle paure
diffidente verso gli altri
teso




































































































forte
tranquillo
disciplinato
responsabile
mite
con idee chiare
si adegua
socievole
altruista
prudente
profondo
disinvolto
allegro
sicuro
realista
riflessivo
paziente
senza particolari paure
fiducioso verso gli altri
rilassato
145
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 1
27. Secondo te, all’interno del territorio in cui vivi, quali sono gli spazi e/o
i locali frequentati nel tempo libero dai ragazzi-giovani?
(una risposta per riga)
raramente qualche
spesso
volta
piazze/panchine/parchi



parrocchie/patronati



bar/pub/birrerie



sale giochi



discoteche



centri sportivi/palestre



casa di amici



associazioni giovanili



sale prove



internet caffè/sale internet



altro (specificare . . . . . . . . . . . . . . . )



28. A tuo avviso, quali sono i problemi che incontrano i ragazzi della tua
zona? (una risposta per riga)
per
niente abbastanza molto
bullismo

vandalismo

problemi familiari

alcool

sigarette

solitudine

carenza di spazi in cui trovarsi

non c’è niente di interessante da fare

non ci sono occasioni di divertimento

comportamenti sessuali a rischio

droga (marijuana, pasticche, cocaina...)

[la domanda continua alla pagina seguente]
146
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8






















Appendice 1
problemi relazionali con gli adulti
problemi a scuola
disorientamento
tristezza
disoccupazione
suicidi
altro (specificare . . . . . . . . . . . . . . . )
per
niente







abbastanza
molto














29. Ripensando ai tuoi compagni o amici che hanno avuto dei disagi, delle
difficoltà, di che cosa hanno potuto (o voluto) usufruire per sentirsi
meglio? (una risposta per riga)
qualche
mai
spesso
volta
centri di consulenza psicologica



a scuola
centri di consulenza psicologica



all’esterno (es. consultorio familiare)
gruppi sportivi



famiglia



gruppi scout



gruppi parrocchiali



amici



niente



altro (specificare . . . . . . . . . . . . . . . )



147
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 1
SEZIONE 3
30. Secondo te, le bevande alcoliche costano care?
non so
no
abbastanza
sì




31. Secondo te, quanti dei ragazzi della tua età bevono alcool regolarmente?
(una risposta per riga)
nessuno pochi lacirca
metà molti
fra i ragazzi della mia città/paese 



fra i ragazzi della mia regione




fra i ragazzi italiani




tutti
31b. Quando escono
nessuno pochi lacirca
con gli amici
metà molti
fra i ragazzi della mia città/paese 



fra i ragazzi della mia regione




fra i ragazzi italiani




tutti
31a. Durante i pasti






32. Quali pensi che siano le bevande alcoliche consumate nella tua zona?
(una risposta per riga)
32a. Dagli adulti
per
niente



poco
abbastanza
birra


vino o prosecco


alcolpop


superalcolici, liquori



e cocktail
[la domanda continua alla pagina seguente]
148
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
molto
non so








Appendice 1
per
32b. Dai tuoi coetanei niente
birra

vino o prosecco

alcolpop

superalcolici, liquori

e cocktail
poco
abbastanza
molto
non so
















33. Quali effetti provoca l’alcool secondo te? (una risposta per riga)
poco abbastanza molto
fa sentire più rilassati



fa litigare, crea situazioni di tensione



danneggia la salute



fa sentire felici



fa dimenticare i problemi



dà dipendenza (non si è capaci di smettere)



stordisce



fa sentire più amichevoli



permette di fare cose per cui non si ha



il coraggio
permette di divertirsi



causa problemi familiari



fa sentire male



altro (specificare . . . . . . . . . . . . . . . )



34. Quanto alcool ritieni possa essere consumato al giorno senza alcun
pericolo da un ragazzo della tua età? (una risposta per ogni riga)
zero uno due
tre quattro
o più
vino o prosecco (in bicchieri)





birra (in lattine)





alcolpop (in bottigliette)





superalcolici, liquori e cocktail





(in bicchieri)
149
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 1
35. Quali sono, secondo te, i pericoli derivante dall’uso eccessivo dell’alcool?
(una risposta per ogni riga)
poco abbastanza molto
pericolo di salute



difficoltà psicologiche



(ansia, incapacità di concentrazione)
problemi legali



(fermo di polizia, ritiro patente)
incidenti (stradali, a scuola, a casa)



problemi sociali o familiari



difficoltà di comportamento con gli altri



36. Che tu sappia, c’è qualcuno che ha problemi con l’alcool tra i tuoi
conoscenti o tra i tuoi familiari o parenti? (una risposta per ogni riga)
sì
no
un familiare


un parente


un tuo amico


un amico di famiglia


un conoscente


37. Se un tuo amico/a avesse problemi legati all’uso di alcool, cosa gli
consiglieresti di fare? (massimo due risposte)
niente, è un momento che supererà da solo
di parlarne con i genitori
di parlarne con i fratelli/sorelle
di parlarne con un altro parente
di parlarne con un amico/a
di parlarne con un medico
di parlarne con uno psicologo
di parlarne con me
di parlarne con un sacerdote
[la domanda continua alla pagina seguente]
150
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8









Appendice 1
di parlarne con un insegnante
di andare al Consultorio Familiare
di andare al Servizio per le tossicodipendenze
di andare al Servizio di Alcologia
di andare ad un gruppo di auto-mutuo-aiuto
(Club degli Alcolosti in trattamento o Alcolisti anonimi)
altro (specificare . . . . . . . . . . . . . . . )
38. Quanto sei d’accordo con le seguenti affermazioni?
(una risposta per riga)
per
niente abbastanza
è difficile non bere bevande alcoliche

quando tutti ne bevono
per la salute è più dannoso fumare

che bere
se una persona sopporta bene l’alcool,

significa che l’alcool non gli fa male
bere molto è come drogarsi

bere uno o due bicchieri di vino o birra

al pasto è una cosa normale
quando ti offrono da bere è difficile

tirarsi indietro
una ragazza ubriaca dà più fastidio

di un ragazzo ubriaco
il vino allungato con acqua fa meno male

è più facile diventare dipendenti

della droga che del vino o della birra
quando si bevono bevande alcoliche

si è più indifesi
i maschi e le femmine sopportano l’alcool

in modo uguale
ubriacarsi una volta non è grave,

purché non diventi un’abitudine
le bevande alcoliche in piccole quantità

non danneggiano la salute
[la domanda continua alla pagina seguente]






molto


























151
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 1
per
niente abbastanza
è pericoloso guidare dopo avere bevuto
anche un solo bicchiere di birra
è più facile fare conquiste quando
si beve un po’
un bicchiere di vino o birra aiutano
a rilassarsi
l’alcool rende violenti
comperare bevande alcoliche
è uno spreco di denaro
è meglio fumare una canna piuttosto
che bere due bicchieri di vino
quando si bevono bevande alcoliche
si sta meglio con gli altri
i ragazzi che bevono vino o birra
hanno più problemi scolastici
le ragazze bevono molto meno dei ragazzi
molto



























39. Secondo il tuo punto di vista, quanto è difficile per un consumatore
abituale: (una risposta per riga)
per
niente abbastanza molto
smettere di fumare sigarette
smettere di fumare canne
smettere di “farsi” di eroina o cocaina
smettere di bere
smettere con l’ecstasy










40. Da chi hai avuto informazioni sugli effetti dell’alcool?
(una risposta per riga)
per niente
poco abbastanza
1
2
3
genitori



insegnanti



[la domanda continua alla pagina seguente]
152
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8





molto
4


Appendice 1
esperti a scuola
televisione
giornali
internet
libri
amici
allenatore gruppo sportivo
educatore di associazione
(scout, gruppo sportivo... )
altri (specificare . . . . . . . . . )
per niente
1







poco
2







abbastanza
3







molto
4















41. Quando, secondo te, l’alcool fa male? (una sola risposta)
fa sempre male
se si beve anche poco, ma sempre
se si beve tanto, anche non spesso
se si beve tanto e sempre




42. Come descriveresti una persona che ha problemi con l’alcool rispetto
alle seguenti qualità? (metti una croce nella casella nella quale la collochi,
tra i due estremi indicati)
debole     
inquieto     
indisciplinato     
irresponsabile     
aggressivo     
con idee confuse     
ribelle     
solitario     
egoista     
[la domanda continua alla pagina seguente]
forte
tranquillo
disciplinato
responsabile
mite
con idee chiare
si adegua
socievole
altruista
153
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 1
spericolato
superficiale
timido
triste
insicuro
sognatore
impulsivo
impaziente
con delle paure
diffidente verso gli altri
teso











154
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8












































prudente
profondo
disinvolto
allegro
sicuro
realista
riflessivo
paziente
senza particolari paure
ho fiducia negli altri
rilassato
Appendice 1
SEZIONE 4
43. Quanti anni avevi quando hai bevuto una bevanda alcolica per la prima
volta?
5-7
8
9
10
11
12
13
14
15









mi non mi è
16 non
ricordo mai successo



44.Con chi eri? (una sola risposta)
con la tua famiglia, durante i pasti
con la tua famiglia, a casa fuori dai pasti
da solo
ad una festa con i tuoi familiari
con amici al bar o in piazza
con amici ad una festa
con compagni di scuola
fuori casa con fratelli, cugini, parenti
con la tua ragazza/il tuo ragazzo
non ricordo
altri luoghi (specificare . . . . . . . . . )











passa alla
domanda
45
45. I tuoi genitori bevono alcolici?
molto spesso
sì, solo durante i pasti
qualche volta
mai




46a.Se hai già provato, ti piace bere vino, birra e/o altre bevande
alcoliche?
sì
no


155
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 1
46b.Se non hai già provato, ti piacerebbe bere vino, birra e/o altre bevande
alcoliche?
sì
no


47. Se hai risposto “mi piace bere”, perché ti piace o ti piacerebbe bere
bevande alcoliche? (una risposta per riga)
per
niente abbastanza molto
perché lo fanno anche gli amici



per divertirsi di più con gli amici



per sentirsi diversi dal solito



per comunicare meglio con gli altri



per non sentire la stanchezza



perchè ci si sente meno tristi o depressi



perché ci si sente più sciolti



perché fanno sentire grandi



per “andare fuori di testa” un po’



perché le bevande alcoliche sono buone



perché lo fanno anche i genitori



per mia scelta



per curiosità



altro (specificare . . . . . . . . . )



48. Se hai risposto “non mi piace bere”, perché non ti piace bere bevande
alcoliche? (una risposta per riga)
per
niente abbastanza molto
perché hanno un gusto cattivo

perché ho scelto di non bere

perché fanno male alla salute

perché i miei genitori me lo vietano

[la domanda continua alla pagina seguente]
156
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8








Appendice 1
perché sono troppo giovane
perché non voglio ubriacarmi e perdere
il controllo
perché temo che non riuscirei più
a smettere
perché conosco persone che hanno
problemi con gli alcolici
altro (specificare . . . . . . . . . )
per
niente abbastanza


molto













49. Di solito, con che frequenza bevi le seguenti bevande alcoliche?
(una risposta per ogni riga)
solo in
1 volta la
2-3
tutti
mai particolari settimana giorni la i giorni
occasioni
o meno
settimana o quasi
birra





vino o prosecco





alcolpop





superalcolici,





liquori, cocktail
Se hai risposto nella domanda precedente in ogni riga “mai”,
salta alla domanda n. 59
50. Quando è stata l’ultima volta che hai bevuto le seguenti bevande alcoliche? (una risposta per riga)
nell'ultimo
mese



la scorsa
settimana



ieri



più di un
mese fa








mai
birra
vino o prosecco
alcolpop
superalcolici,
liquori, cocktail



157
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 1
51. Negli ultimi sei mesi (una risposta per colonna):
ti è capitato di aver
bevuto troppo (senza
però ubriacarti)
mai

sì, mi è capitato una volta

sì, mi è capitato due volte

sì, mi è capitato tre volte o più

non ricordo quante volte

ti è capitato di
esserti ubriacato,
anche leggermente





52a. Se sei una RAGAZZA, ti è mai capitato di bere 4 o più bicchieri di
bevande alcoliche nella stessa giornata?
mai
a volte, ma mai nelle ultime due settimane
una o due volte nelle ultime due settimane
più di due volte nelle ultime due settimane




52b. Se sei un RAGAZZO, ti è mai capitato di bere 5 o più bicchieri di
bevande alcoliche nella stessa giornata?
mai
a volte, ma mai nelle ultime due settimane
una o due volte nelle ultime due settimane
più di due volte nelle ultime due settimane




53. Se ti è capitato di “sballare”, con quale sostanza lo hai fatto?
(una risposta per riga)
sì, mi è
non
sì, mi è
sì, mi è
capitato
ricordo
mai
capitato
capitato
tre volte quante
una volta due volte
o più
volte
birra





vino o prosecco





[la domanda continua alla pagina seguente]
158
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 1
alcolpop
superalcolici,
liquori, cocktail
droghe

sì, mi è
capitato
tre volte
o più

non
ricordo
quante
volte









mai
sì, mi è
capitato
una volta
sì, mi è
capitato
due volte




54. Quali sono i principali momenti in cui ti capita di consumare bevande
alcoliche? (una risposta per riga)
qualche
mai
spesso
volta
mattina presto



durante la mattina



durante i pasti



prima di pranzo



dopo pranzo



pomeriggio



prima di cena



dopo cena



di notte



nei week-end



durante la settimana scolastica



55. Dove ti procuri le bevande alcoliche, di solito?
mai
bar/birreria/pub

pizzeria

discoteca/altri locali

nei rave-party

nelle feste

[la domanda continua alla pagina seguente]
qualche
volta





spesso





159
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 1
mai
nelle sagre
supermercato/negozio
le trovo a casa mia
le trovo a casa di altri




qualche
volta




spesso




56. Quali circostanze ti invogliano a bere di più? (una risposta per riga)
i concerti
la discoteca
lo stadio
a casa
in piazza, per strada, ai giardini
con il/la proprio/a ragazzo/a
quando si è soli
a casa di amici
nei bar, pub, birrerie
quando ci si sente tristi, preoccupati,
nervosi
dopo un’attività sportiva
in gita scolastica
certi eventi di festa
il consumo di altre sostanze come
tabacco, hashish, pasticche
altro
per niente abbastanza
vero
vero


















molto
vero



























mai
qualche
volta


spesso
57. Con chi bevi? (una risposta per riga)
da solo

con i miei genitori

[la domanda continua alla pagina seguente]
160
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8


Appendice 1
mai
con i miei fratelli/sorelle
con altri familiari
in un gruppo di amici di solo ragazzi
in un gruppo di amici di solo ragazze
in un gruppo misto di amici
con un amico della mia stessa età
con un amico più grande di me
con un’amica della mia stessa età
con un’amica più grande di me
con i compagni di scuola
con la mia ragazza/o
persone conosciute da poco












qualche
volta












spesso












58. Pensi che i ragazzi che bevono alcool utilizzino più degli altri le seguenti
sostanze? (una risposta per riga)
per
niente abbastanza molto
sigarette
canne
droghe









59. Immagina ora che i tuoi genitori ti vedano seduto al bar un po’ brillo.
Con quale intensità i tuoi genitori proverebbero una delle seguenti
emozioni? (una risposta per riga)
per
niente abbastanza molto
paura

accettazione a malincuore

approvazione

preoccupazione

disapprovazione

rabbia, aggressività

[la domanda continua alla pagina seguente]












161
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 1
tristezza
sorpresa
indifferenza









60. Ti è mai capitato di essere invitato a smettere di bere da qualche persona?
sì
no


61. Se sì, da chi?
amico/a
familiare
parente
insegnante
partner
altro (specificare . . . . . . . . . )






62. Ti è mai capitato di invitare un tuo amico a smettere di bere?
sì
no


63. Pensando agli ultimi sei mesi, quante volte ti è capitato di:
(una risposta per riga)
1-2
3-5 5 volte
mai volte
volte e più
aver guidato il motorino




avendo bevuto solo un po’
aver guidato il motorino




avendo bevuto troppo
aver guidato il motorino




avendo fumato spinelli
[la domanda continua alla pagina seguente]
162
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 1
essere stato/a passeggero di una moto
o di un’auto guidata da uno/a
che aveva bevuto troppo
essere stato/a passeggero di una moto
o di un’auto guidata da uno/a
che aveva usato droghe
mai
1-2
volte
3-5 5 volte
volte e più








163
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 1
SEZIONE 5
64. Se ti fosse dato l’incarico di parlare ai tuoi coetanei di alcol e dei suoi
pericoli, quale mezzo utilizzeresti?
tv
radio (specificare la stazione . . . . . . . . . )
quotidiani
periodici
manifesti
internet/posta elettronica
cartelli sui mezzi di trasporto (autobus, treni, ecc.)
concerti/spettacoli
incontri con esperti a scuola
incontri con esperti in biblioteca
altro (specificare . . . . . . . . . )











65. Ci sono persone che godono della fiducia dei ragazzi della tua zona?
Se sì, quali?
psicologo
medico
insegnante
persona di un’emittente radiofonica
responsabile del gruppo scout
responsabile del gruppo parrocchiale
sacerdote
allenatore sportivo
nessuno
altra persona (specificare . . . . . . . . . )
164
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8










Appendice 1
66. Nei momenti difficili che ti sei trovato ad affrontare, che cosa pensi ti
avrebbe aiutato che non sei riuscito a trovare attorno a te?
........................................................
........................................................
........................................................
........................................................
........................................................
67. Il nostro obiettivo è quello di realizzare una zona “a misura di ragazzo”
per migliorare la qualità della vita degli adolescenti. Dal momento che
pensiamo che voi giovani abbiate idee molto originali, contiamo sul
tuo aiuto per realizzare questo obiettivo. Se tu potessi partecipare ad
un progetto per migliorare la qualità della vita dei ragazzi della zona
in cui vivi, che proposte faresti?
........................................................
........................................................
........................................................
........................................................
........................................................
68. Vuoi aggiungere qualcosa a quanto hai detto finora? Puoi farlo scrivendo, disegnando, inventando uno slogan o un fumetto.
........................................................
........................................................
........................................................
........................................................
........................................................
Il questionario è finito. Ti ringraziamo per la tua collaborazione.
165
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 2
Statistiche descrittive relative alle risposte al
Questionario sulla percezione del rischio
connesso con i comportamenti
di uso e abuso di sostanze alcoliche
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 2
PARTE 1
1. Quanti anni hai?
13
29
14
31.7
15
31.2
16
8.1
risposte mancanti: 11.9%
2. Sei maschio o femmina?
M 50
F
50
risposte mancanti: 11.7%
3. Che classe frequenti?
III Media
31.6
I Superiore
35.3
II Superiore
33.1
risposte mancanti: 11.9%
4. In che tipo di scuola?
Scuola Media
31.2
Ist. Tecnico
12
Ist. Professionale
28
Liceo
28.7
risposte mancanti: 11.4%
5. La scuola che frequenti è nel tuo Comune di residenza?
sì
41.3
no 58.8
risposte mancanti: 12%
169
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 2
6. Che titolo di studio hanno (o avevano) i tuoi genitori?
(una sola risposta per colonna)
padre
nessun titolo
1.2
scuola elementare
2.7
scuola media o avviamento professionale
4.9
scuola media superiore
2.5
laurea
46.6
non so
46.2
risposte mancanti:
75%
madre
35.9
37.2
6.1
5.6
10
6.3
72%
7. Che lavoro fanno i tuoi genitori? (una sola risposta per colonna)
padre
dirigente
insegnante
impiegato
operaio
imprenditore
commerciante
artigiano
libero professionista
disoccupato
pensionato
altro (specificare …… )
madre
3.4
2.6
12.6
22.4
7.4
3.7
7
8
0.7
2.2
17
risposte mancanti: 12%
dirigente
0.9
insegnante
9.5
impiegata
13.7
operaia
11.5
imprenditrice
2.4
commerciante
2.6
artigiana
0.9
libero professionista
2.9
disoccupata
0.6
pensionata
0.5
casalinga
33.8
altro (specificare …… )
9.2
risposte mancanti: 10.5%
8. In casa con te (nel tuo appartamento) abitano:
(una risposta per ogni riga)
padre
madre
fratelli (indicare il numero …… )
sorelle (indicare il numero …… )
170
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
sì
no
91.6
97.7
58.1
57.9
8.4
2.3
41.9
42.1
Appendice 2
nonni (indicare il numero …… )
zii (indicare il numero …… )
matrigna
patrigno
persone non della mia famiglia che si prendono cura
di me (baby sitter, governante, educatore, ecc.)
sì
12
6.6
97.7
3.9
no
88
93.4
2.3
96.1
2.8
97.2
171
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 2
SEZIONE 2
9. Solitamente con chi trascorri la maggior parte del tuo tempo libero?
(una risposta per ogni riga)
qualche spesso risposte
mai
volta
mancanti
con un gruppo di amici
con un amico/a
con la famiglia
con il mio ragazzo/la mia ragazza
da solo/a
altro (specificare …… )
4.5
4.7
7.1
58.4
36.5
49.6
42.8
48.3
49.6
24.5
51.3
19.3
10. Come trascorri il tuo tempo libero?
(una risposta per ogni riga)
mai
vado a concerti o manifestazioni musicali
vado a manifestazioni sportive
pratico uno sport individuale
pratico uno sport di gruppo
vado al cinema/teatro
vado a mangiare la pizza
vado in discoteca
vado a passeggiare con gli amici
vado a fare shopping
vado a casa di amici o loro vengono da me
vado al bar/birreria/pub
mi vedo per strada/al parco con gli amici
telefono agli amici/amiche
ascolto musica/suono uno strumento
guardo la televisione
uso il computer/internet
disegno/dipingo/faccio fotografie
leggo fumetti/riviste
172
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
61.2
53.1
51.3
40.4
20.4
7.6
65.6
19.9
30.6
8.8
39.2
22.1
17.3
11.2
5.5
15.3
51.5
38.9
52.6
46.8
43.1
15.8
12.1
31.2
4.3%
4.3%
5.6%
7.4%
5.4%
78.4%
qualche
volta
35.6
36.8
27.5
28.2
67.1
71.9
22.6
51.7
50.6
50.8
35.1
51.3
47.1
30.5
41
47.7
37.5
44.6
spesso
3.2
9.9
20.7
30.9
12.5
20.4
11.6
28.3
18.8
40.3
25.8
26.6
35.4
58
53.4
37
10.8
16.1
Appendice 2
36.5
46.8
40.2
82.5
75.8
86
qualche
volta
42.2
45
45.2
8.3
16.4
9.5
83.1
12.4
4.5
91.2
8
0.8
81.3
60.7
44.2
39
55.2
7.6
30.1
35.9
38.3
9.8
11.1
8.7
19.6
22.5
38.1
mai
leggo libri
leggo quotidiani
compro o noleggio vhs, cd, dvd
frequento un gruppo teatrale o un coro
frequento un centro di aggregazione giovanile
partecipo ad una associazione di volontariato
partecipo ad una associazione politica o
religiosa
partecipo ad una associazione di difesa
dell’ambiente
faccio parte di un gruppo musicale
non faccio niente
vado a letto
sogno ad occhi aperti
altro (specificare …… )
risposte mancanti: da 3.0% a 5.5%
spesso
21.3
8
14.3
8.8
7.8
4.5
11. Sei soddisfatto del tempo che passi con i tuoi amici?
per nulla
4.3
abbastanza
37.1
molto
58.6
risposte mancanti: 16.8%
12. Ti capita di annoiarti durante il tuo tempo libero?
spesso
27.4
qualche volta
62.8
mai
9.6
risposte mancanti: 16.7%
13. Ti piace andare a scuola?
per nulla
abbastanza
24.7
59.1
173
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 2
molto
risposte mancanti: 5.2%
11.1
14. Hai mai ripetuto un anno?
no, mai
sì, una volta
sì, più di una volta
risposte mancanti: 2.9%
84.9
12.1
3
15. Come ti trovi con i compagni di classe?
per niente bene
abbastanza bene
molto bene
risposte mancanti: 5.3%
3.4
44.5
52.1
16. Come ti trovi con i tuoi insegnanti?
per niente bene
abbastanza bene
molto bene
risposte mancanti: 8.9%
9
69.8
21.2
17. Sei soddisfatto dei tuoi risultati scolastici?
sono insoddisfatto
18.2
sono abbastanza soddisfatto 57.2
sono soddisfatto
24.5
risposte mancanti: 4.8%
18. Come vai a scuola?
ho difficoltà
vado abbastanza bene
vado bene
risposte mancanti: 4.1%
174
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
18.2
58.5
23.2
Appendice 2
19. Quali sono le ragioni per le quali i tuoi genitori ti sgridano e con
quale frequenza? (una risposta per riga)
qualche spesso
mai
volta
per lo scarso impegno scolastico
o per un brutto voto
perché non mi comporto bene con loro
perché ho degli amici che a loro
non piacciono
perché ho delle amiche che a loro
non piacciono
perché ho il/la ragazzo/a che a loro
non piace
per il linguaggio che uso
per cosa mangio e/o bevo
perché mangio troppo
perché mangio troppo poco
perché scoprono che ho detto una bugia
perché ho combinato qualche danno
perché guardo troppo la tv
perché sto troppo al computer
per come mi vesto o mi trucco
per i piercing e/o tatuaggi che ho
per il disordine della mia stanza
perché disubbidisco/non faccio le cose
che mi dicono di fare
perché continuo a chiedere di comprarmi
qualcosa
perché sono troppo spericolato
perché sono sempre in ritardo
perché fumo sigarette
perché bevo troppo
perché quando esco torno troppo tardi
perché esco troppo
perché si preoccupano troppo
28
52.7
19.2
26.3
55.9
17.5
75.4
16.7
7.9
84
11.4
4.6
89.9
6.3
3.8
33.3
64.3
76.5
69.8
42
21.9
50.5
63
75.3
89.3
27.4
52
28.4
18.8
22.7
51.1
65.4
36.6
26.5
17.4
7.3
37.2
14.6
7.2
4.6
7.5
6.9
12.7
12.8
10.5
7.3
3.4
35
18.6
57.6
23.6
64.4
27.3
8.3
57.1
63.1
85.8
84
55.7
58.9
46.5
28.6
26.1
8.1
11.1
32.1
28
39.2
14.1
10.7
6.2
4.9
12.2
12.9
14.2
175
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 2
perché sono nervosi/riversano i loro
problemi su di me
altro (specificare …… )
risposte mancanti: da 3.5% a 8%
mai
qualche
volta
spesso
63.3
26.5
10.1
63.3
26.5
10.1
20. I tuoi genitori ti sgridano senza motivo
mai
62.8
qualche volta
33.1
spesso
4.2
risposte mancanti: 17.8%
21. Cosa pensi rispetto a queste affermazioni che riguardano i tuoi genitori?
(una risposta per riga)
risposte
poco abbastanza molto mancanti
mio padre
28.6
48.9
22.4
4.2%
capisce i miei problemi
mia madre
18
47.4
34.6
3.7%
capisce i miei problemi
22. Negli ultimi sei mesi quanto ti sei sentito sotto stress o sotto pressione
per le seguenti cause? (una risposta per riga)
a causa degli amici
a causa della scuola
a causa della vita familiare
a causa di problemi personali
a causa di problemi sentimentali
risposte mancanti: 3.7%
per niente abbastanza
70.5
24.6
27.8
48.2
63.3
26.7
46.5
37
47.9
27.4
molto
4.9
24
9.9
16.5
21.1
23. Se sei preoccupato per qualche cosa o hai un problema con chi ne parli
più facilmente? (massimo 2 risposte)
padre
madre
176
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
14.8
35.7
Appendice 2
fratello/sorella
amico
amica
insegnante
altro parente
web-friends
sacerdote
allenatore
medico
psicologo
nessuno
altra persona (specificare …… )
21
28
54.9
3.5
3.5
2.1
1.2
2.1
0.7
1.3
10.6
5.5
24. Quali sono le possibilità che: (una risposta per riga)
ti innamorerai e sarai felice
potrai vivere dove vorrai
avrai un lavoro che ti darà delle soddisfazioni
sarai rispettato dagli altri così come sei
avrai dei buoni amici su cui poter contare
avrai una vita familiare serena
godrai di buona salute
sarai in grado di possedere una casa tua
la tua vita scolastica sarà un fallimento
la tua vita lavorativa sarà un fallimento
la tua vita sentimentale sarà un fallimento
risposte mancanti: 4.4%
molto abbastanza molto
basse
alte
17.7
54.8
23.6
21.3
50.2
24.3
7.6
52.2
35.8
9.4
55.9
33.1
6.5
40
53.5
8.8
48.5
42.7
6.3
54.1
39.4
8.5
53
38.3
65.1
23.6
7
80.3
15.4
3.8
68.4
23.9
7.1
25. Rispondi alle seguenti domande: (una risposta per riga)
poco abbastanza molto
quanto ti ritieni capace di far fronte alle
61.9
27.3
difficoltà che incontri durante le tue giornate? 10.7
ti senti in grado di poter imparare
6.5
58.6
34.8
facilmente nuove cose?
177
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 2
ti riesce facile prendere decisioni
in modo indipendente dagli adulti?
ti senti interessante per gli altri?
ti senti tagliato fuori dalle attività
che svolgono gli altri ragazzi/e?
ti senti spesso giù di morale?
ti senti spesso preoccupato?
risposte mancanti: 5%
12.9
51.7
35.4
24.2
62.7
13
74.9
19.6
5.4
51.6
45.5
34.1
41.1
13.5
13.3
26. Come ti consideri rispetto alle seguenti qualità?
(metti una croce nella casella nella quale ti collochi, tra i due estremi
indicati)
debole
inquieto










forte
tranquillo
indisciplinato





disciplinato
irresponsabile
aggressivo
con idee confuse















responsabile
mite
con idee chiare
ribelle





si adegua
solitario
egoista
spericolato















socievole
altruista
prudente
superficiale





profondo
timido
triste
insicuro















disinvolto
allegro
sicuro
sognatore





realista
impulsivo
impaziente
con delle paure















riflessivo
paziente
senza particolari paure
diffidente verso gli altri





fiducioso verso gli altri
teso





rilassato
I risultati delle risposte alla domanda 26 sono analizzati in 4.2. “Le rappresentazioni del sé e della persona che ha problemi con l'alcol”, pag. 77.
178
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 2
27. Secondo te, all’interno del territorio in cui vivi, quali sono gli spazi e/o
i locali frequentati nel tempo libero dai ragazzi-giovani?
(una risposta per riga)
raramente qualche
spesso
volta
piazze/panchine/parchi
16.9
44.5
38.5
parrocchie/patronati
74.5
21.4
3.4
bar/pub/birrerie
9.4
22.3
67.9
sale giochi
19.8
40.5
39.6
discoteche
18.8
26
54.9
centri sportivi/palestre
16.3
55.7
27.8
casa di amici
10
49.6
40.1
associazioni giovanili
53.9
37.5
8.5
sale prove
62.9
30
6.9
internet caffè/sale internet
51.6
35.4
12.9
altro (specificare …… )
58.9
11.6
29.5
risposte mancanti: 5.5%
28. A tuo avviso, quali sono i problemi che incontrano i ragazzi della tua
zona? (una risposta per riga)
per
niente abbastanza molto
bullismo
vandalismo
problemi familiari
alcool
sigarette
solitudine
carenza di spazi in cui trovarsi
non c’è niente di interessante da fare
non ci sono occasioni di divertimento
comportamenti sessuali a rischio
droga
problemi relazionali con gli adulti
problemi a scuola
27.6
39.4
28.3
15.7
12
53.8
47.4
45.7
52
51.2
43.6
34.2
15.7
54.1
46.7
56.8
41.5
32.6
37.2
35
36.6
34.5
34.3
35.1
49.7
58.4
18.2
13.9
14.6
42.7
55.1
8.6
17.1
17.6
13.3
14.4
20.9
16
25.9
179
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 2
disorientamento
tristezza
disoccupazione
suicidi
altro (specificare …… )
risposte mancanti: 3.5%
per
niente
46.4
47.6
56.6
74.6
68.9
abbastanza
molto
44.2
43.8
36.1
19.2
16.3
9.3
8.4
7.1
6.1
14.8
29. Ripensando ai tuoi compagni o amici che hanno avuto dei disagi, delle
difficoltà, di che cosa hanno potuto (o voluto) usufruire per sentirsi
meglio? (una risposta per riga)
qualche
mai
spesso
volta
centri di consulenza psicologica
63.5
32.4
4.1
a scuola
centri di consulenza psicologica
24.8
3.7
all’esterno (es. consultorio familiare) 71.4
gruppi sportivi
38.3
45.3
16.3
famiglia
26.4
50.4
22.8
gruppi scout
74.4
22.7
3
gruppi parrocchiali
67.2
26.7
5.6
amici
7.3
29.6
62.8
niente
59.8
26.6
13.1
altro (specificare …… )
67
16.5
16.5
180
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 2
SEZIONE 3
risposte mancanti nella sezione 3: attorno al 3-4%
30. Secondo te, le bevande alcoliche costano care?
non so
no
abbastanza
sì
24.2
4.5
37.8
33.1
31. Secondo te, quanti dei ragazzi della tua età bevono alcool regolarmente?
(una risposta per riga)
31a. Durante i pasti
nessuno pochi lacirca
metà
fra i ragazzi della mia città/paese 22.7 47.1 13.7
fra i ragazzi della mia regione
9.8
39.3 24.2
fra i ragazzi italiani
5.7
28.3 22.5
molti
tutti
12.8
22.4
36.5
2.6
3.2
5.8
molti
tutti
40.6
51.6
58.7
14.7
11.2
16.2
31b. Quando escono con gli amici
nessuno pochi lacirca
metà
fra i ragazzi della mia città/paese 5.6
16.9 21.8
fra i ragazzi della mia regione
2.9
12.5 21.3
fra i ragazzi italiani
3.4
6.8
14.9
32. Quali pensi che siano le bevande alcoliche consumate nella tua zona?
(una risposta per riga)
32a. Dagli adulti
birra
vino o prosecco
alcolpop
superalcolici, liquori
e cocktail
per
niente
1.5
3.4
11.9
poco
abbastanza
molto
non so
4.8
12.5
30.6
26.4
29.7
21.1
64.6
49.1
28.4
2.2
4.4
7.3
6
21.7
30.2
31.6
9.9
181
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 2
32b. Dai tuoi coetanei
birra
vino o prosecco
alcolpop
superalcolici, liquori e
cocktail
per
niente
4.2
18.3
8.7
poco
abbastanza
molto
non so
10.8
38.8
12.2
23.5
21.9
21.9
58
13.7
51
2.5
6.2
5.3
15.5
16.7
24.7
34.1
8.8
33. Quali effetti provoca l’alcool secondo te? (una risposta per riga)
poco abbastanza molto
fa sentire più rilassati
fa litigare, crea situazioni di tensione
danneggia la salute
fa sentire felici
fa dimenticare i problemi
dà dipendenza (non si è capaci
di smettere)
stordisce
fa sentire più amichevoli
permette di fare cose per cui non si ha
il coraggio
permette di divertirsi
causa problemi familiari
fa sentire male
altro (specificare …… )
63.8
17.3
7.3
36.8
27.9
27.9
47.5
27.8
38.2
41.7
8.3
35.1
64.5
24.8
30
20.3
37.6
41.9
11.3
51.5
41.8
32.2
46.8
16.9
14.3
40.6
44.9
34.5
19
15
55
39.2
40.5
38.9
18.3
26.1
39.9
45.4
26.7
34. Quanto alcool ritieni possa essere consumato al giorno senza alcun
pericolo da un ragazzo della tua età? (una risposta per ogni riga)
zero uno due
tre quattro
o più
vino o prosecco (in bicchieri)
26
38.9 19.3
8.3
7
birra (in lattine)
14.3 31.6 21.7 16
15.4
alcolpop (in bottigliette)
20.9 28.1 17.9 12.3 20.4
superalcolici, liquori e cocktail
47.6 24.9 11.6
7.9
7.7
(in bicchieri)
182
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 2
35. Quali sono, secondo te, i pericoli derivante dall’uso eccessivo dell’alcool?
(una risposta per ogni riga)
poco abbastanza molto
pericolo di salute
7.2
36.3
56.4
difficoltà psicologiche
15.5
46.8
37.5
(ansia, incapacità di concentrazione)
problemi legali
6.5
35.1
58.4
(fermo di polizia, ritiro patente)
incidenti (stradali, a scuola, a casa)
3.3
24.5
71.8
problemi sociali o familiari
13.9
49.2
36.9
difficoltà di comportamento con gli altri
21.1
48.6
30.3
36. Che tu sappia, c’è qualcuno che ha problemi con l’alcool tra i tuoi
conoscenti o tra i tuoi familiari o parenti? (una risposta per ogni riga)
sì
no
un familiare
7.4
92.4
un parente
12.7
87.3
un tuo amico
36.8
63.2
un amico di famiglia
12
88
un conoscente
53.4
46.6
37. Se un tuo amico/a avesse problemi legati all’uso di alcool, cosa gli
consiglieresti di fare? (massimo due risposte)
niente, è un momento che supererà da solo
di parlarne con i genitori
di parlarne con i fratelli/sorelle
di parlarne con un altro parente
di parlarne con un amico/a
di parlarne con un medico
di parlarne con uno psicologo
di parlarne con me
di parlarne con un sacerdote
di parlarne con un insegnante
di andare al Consultorio Familiare
di andare al Servizio per le tossicodipendenze
15
30.6
14.6
14.1
16.3
19.4
35.1
10.6
6.2
2.1
3.6
10.8
183
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 2
di andare al Servizio di Alcologia
di andare ad un gruppo di auto-mutuo-aiuto
(Club degli Alcolosti in trattamento o Alcolisti anonimi)
altro (specificare …… )
38. Quanto sei d’accordo con le seguenti affermazioni?
(una risposta per riga)
per
niente abbastanza
è difficile non bere bevande alcoliche
quando tutti ne bevono
per la salute è più dannoso fumare
che bere
se una persona sopporta bene l’alcool,
significa che l’alcool non gli fa male
bere molto è come drogarsi
bere uno o due bicchieri di vino o birra
al pasto è una cosa normale
quando ti offrono da bere è difficile
tirarsi indietro
una ragazza ubriaca dà più fastidio
di un ragazzo ubriaco
il vino allungato con acqua fa meno male
è più facile diventare dipendenti
della droga che del vino o della birra
quando si bevono bevande alcoliche
si è più indifesi
i maschi e le femmine sopportano l’alcool
in modo uguale
ubriacarsi una volta non è grave,
purché non diventi un’abitudine
le bevande alcoliche in piccole quantità
non danneggiano la salute
è pericoloso guidare dopo avere bevuto
anche un solo bicchiere di birra
è più facile fare conquiste quando
si beve un po’
un bicchiere di vino o birra aiutano
a rilassarsi
l’alcool rende violenti
184
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
7.4
20.6
2.3
molto
43.6
39.5
16.9
25.3
49.3
25.2
77.6
18.2
4.2
24.7
48.3
26.5
29.3
50.1
20.3
47
32.2
20.8
42.9
31.3
25.6
24.3
53.3
21.7
30.1
34.3
35.1
28
48.2
23.4
58.6
33.9
7.1
19.1
42
38.5
31.3
49.4
18.7
32.5
37.6
28.6
56.9
30.9
11.9
52.3
37.8
9.6
11.6
48.5
39.3
Appendice 2
comperare bevande alcoliche
è uno spreco di denaro
è meglio fumare una canna piuttosto
che bere due bicchieri di vino
quando si bevono bevande alcoliche
si sta meglio con gli altri
i ragazzi che bevono vino o birra
hanno più problemi scolastici
le ragazze bevono molto meno dei ragazzi
per
niente abbastanza
molto
20.9
44
34.5
72.4
15
12.3
63.3
29.9
6.6
39.9
43.9
15.8
44.8
41.1
13.7
39. Secondo il tuo punto di vista, quanto è difficile per un consumatore
abituale: (una risposta per riga)
per
niente abbastanza molto
smettere di fumare sigarette
smettere di fumare canne
smettere di “farsi” di eroina o cocaina
smettere di bere
smettere con l’ecstasy
3.8
6.3
8
8.6
6.3
21.3
32.5
22.8
46.8
19.8
40. Da chi hai avuto informazioni sugli effetti dell’alcool?
(una risposta per riga)
per niente
poco abbastanza
1
2
3
genitori
13.7
26.8
35.8
insegnanti
16.9
27.6
37.8
esperti a scuola
20.2
22.8
32.9
televisione
11.1
24.3
45.2
giornali
19.4
32.9
34.5
internet
56.9
27.8
10.7
libri
41.7
33.7
17.8
amici
18.2
29
34
allenatore gruppo sportivo
54.1
18.5
16.2
educatore di associazione
66.2
15.6
11.9
(scout, gruppo sportivo, .… )
altri (specificare …… )
49.4
8.2
17.5
74.7
61.2
69.1
44.7
73.9
molto
4
22.2
17.1
22.9
18.9
12.4
4.2
5.6
18.6
10.6
6.1
24.9
185
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 2
41. Quando, secondo te, l’alcool fa male? (una sola risposta)
fa sempre male
se si beve anche poco, ma sempre
se si beve tanto, anche non spesso
se si beve tanto e sempre
42.2
2.5
6.1
12.9
42. Come descriveresti una persona che ha problemi con l’alcool rispetto
alle seguenti qualità? (metti una croce nella casella nella quale la collochi,
tra i due estremi indicati)
debole
inquieto
indisciplinato
irresponsabile
aggressivo
con idee confuse
ribelle
solitario
egoista
spericolato
superficiale
timido
triste
insicuro
sognatore
impulsivo
impaziente
con delle paure
diffidente verso gli altri
teso
forte
tranquillo
disciplinato
responsabile
mite
con idee chiare
si adegua
socievole
altruista
prudente
profondo
disinvolto
allegro
sicuro
realista
riflessivo
paziente
senza particolari paure
ho fiducia negli altri
rilassato
I risultati delle risposte alla domanda 42 sono analizzati in 4.2. “Le rappresentazioni del sé e della persona che ha problemi con l'alcol”, pag. 77.
186
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 2
SEZIONE 4
43. Quanti anni avevi quando hai bevuto una bevanda alcolica per la prima
volta?
mi non mi è
16 non
ricordo mai successo
8.2 5.7 3.3 7.1 7.2 12.5 13.3 7.3 2.0 0.7 11.5
18.4
5-7
8
9
10
11
12
13
14
15
44.Con chi eri? (una sola risposta)
con la tua famiglia, durante i pasti
con la tua famiglia, a casa fuori dai pasti
da solo
ad una festa con i tuoi familiari
con amici al bar o in piazza
con amici ad una festa
con compagni di scuola
fuori casa con fratelli, cugini, parenti
con la tua ragazza/il tuo ragazzo
non ricordo
altri luoghi (specificare …… )
6.4
4.4
3.2
9.9
9
19
4.2
2.3
2.1
5.6
1.7
passa alla
domanda
45
45. I tuoi genitori bevono alcolici?
molto spesso
2.6
sì, solo durante i pasti
26.6
qualche volta
48.4
mai
22.1
risposte mancanti: 15,4%
46a.Se hai già provato, ti piace bere vino, birra e/o altre bevande
alcoliche?
sì
50.3
no
49.7
risposte mancanti: 17.2%
187
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 2
46b.Se non hai già provato, ti piacerebbe bere vino, birra e/o altre bevande
alcoliche?
sì
no
34.2
65.8
47. Se hai risposto “mi piace bere”, perché ti piace o ti piacerebbe bere
bevande alcoliche? (una risposta per riga)
per
niente abbastanza molto
perché lo fanno anche gli amici
59.2
35.5
5.3
per divertirsi di più con gli amici
38.1
44.9
17
per sentirsi diversi dal solito
38.8
46.1
15
per comunicare meglio con gli altri
65.6
27.2
7.2
per non sentire la stanchezza
64.3
28.1
7.7
perchè ci si sente meno tristi o depressi
43.3
42.1
14.4
perché ci si sente più sciolti
39.9
41.7
18.3
perché fanno sentire grandi
63.7
27.8
8.6
per “andare fuori di testa” un po’
36.5
42.4
20.9
perché le bevande alcoliche sono buone
24.2
47.3
28.1
perché lo fanno anche i genitori
83.1
13.4
2.9
per mia scelta
19
45.3
35.1
per curiosità
37.6
45.5
16.5
altro (specificare …… )
54.7
24.2
21.1
risposte mancanti: da 44% a 48%
48. Se hai risposto “non mi piace bere”, perché non ti piace bere bevande
alcoliche? (una risposta per riga)
per
niente abbastanza molto
perché hanno un gusto cattivo
perché ho scelto di non bere
perché fanno male alla salute
perché i miei genitori me lo vietano
perché sono troppo giovane
perché non voglio ubriacarmi e perdere
il controllo
188
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
32.1
22.6
13.4
36.6
30
36.5
27.9
27.3
36.8
35.1
31.3
49.5
59.1
26.4
34.5
16.7
27.4
55.6
Appendice 2
perché temo che non riuscirei più
a smettere
perché conosco persone che hanno
problemi con gli alcolici
altro (specificare …… )
risposte mancanti: da 46% a 48%
per
niente abbastanza
molto
34.6
28.6
36.4
39.7
31.4
28.4
54.4
8.9
36.7
49. Di solito, con che frequenza bevi le seguenti bevande alcoliche?
(una risposta per ogni riga)
solo in
1 volta la
2-3
tutti
mai particolari settimana giorni la i giorni
occasioni
o meno
settimana o quasi
birra
48.5
27.5
17.3
9.1
3.4
vino o prosecco
60.1
27.1
7.4
3.5
1.6
alcolpop
48.9
28.1
14.4
5.4
2.7
superalcolici,
59.3
22.5
11.7
4.6
1.8
liquori, cocktail
risposte mancanti: 6%
Se hai risposto nella domanda precedente in ogni riga “mai”, salta alla
domanda n. 59
50. Quando è stata l’ultima volta che hai bevuto le seguenti bevande alcoliche? (una risposta per riga)
mai
birra
20.7
vino o prosecco
40.6
alcolpop
38.5
superalcolici,
45.6
liquori, cocktail
risposte mancanti: 29%
più di un
mese fa
23.9
23.8
34
20.5
nell'ultimo
mese
14.7
14.4
15.6
12
la scorsa
settimana
28.6
14.1
16.9
11.4
5.9
4.9
15.9
5.9
ieri
189
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 2
51. Negli ultimi sei mesi (una risposta per colonna):
ti è capitato di aver
bevuto troppo (senza
però ubriacarti)
mai
33.8
sì, mi è capitato una volta
23.6
sì, mi è capitato due volte
9.7
sì, mi è capitato tre volte o più
15.3
non ricordo quante volte
16.2
risposte mancanti: 30%
ti è capitato di
esserti ubriacato,
anche leggermente
56.1
18.8
6.9
9.3
8.4
52a. Se sei una RAGAZZA, ti è mai capitato di bere 4 o più bicchieri di
bevande alcoliche nella stessa giornata?
mai
a volte, ma mai nelle ultime due settimane
una o due volte nelle ultime due settimane
più di due volte nelle ultime due settimane
risposte mancanti: 60%
54.3
26.7
9
9.5
52b. Se sei un RAGAZZO, ti è mai capitato di bere 5 o più bicchieri di
bevande alcoliche nella stessa giornata?
mai
a volte, ma mai nelle ultime due settimane
una o due volte nelle ultime due settimane
più di due volte nelle ultime due settimane
risposte mancanti: 63%
45
24.1
13.2
17.1
53. Se ti è capitato di “sballare”, con quale sostanza lo hai fatto?
(una risposta per riga)
sì, mi è
non
sì, mi è
sì, mi è
capitato
ricordo
mai
capitato
capitato
tre volte quante
una volta due volte
o più
volte
birra
58.7
19.1
5
7.6
9.3
vino o prosecco
71.8
12.2
4.7
5.8
5.3
alcolpop
70.1
14.1
5.7
4.7
4.3
190
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 2
mai
superalcolici,
58.8
liquori, cocktail
droghe
82.2
risposte mancanti: 40%
sì, mi è
capitato
una volta
sì, mi è
capitato
due volte
sì, mi è
capitato
tre volte
o più
non
ricordo
quante
volte
14.5
6.6
8.6
11.4
4.6
2.8
3.8
6.6
54. Quali sono i principali momenti in cui ti capita di consumare bevande
alcoliche? (una risposta per riga)
qualche
mai
spesso
volta
mattina presto
89.7
7.7
2.0
durante la mattina
74.1
22.2
3.4
durante i pasti
74.4
21.8
3.5
prima di pranzo
78.2
17.7
4
dopo pranzo
65.3
28.1
6.6
pomeriggio
65.4
27.9
6.3
prima di cena
64.6
24.6
10.5
dopo cena
43.6
35.4
20.4
di notte
42.7
28.9
27.8
nei week-end
37.7
31.6
30.1
durante la settimana scolastica
61.8
28.6
9.6
risposte mancanti: 37%
55. Dove ti procuri le bevande alcoliche, di solito?
mai
bar/birreria/pub
pizzeria
discoteca/altri locali
nei rave-party
nelle feste
nelle sagre
supermercato/negozio
35.9
58.5
57.4
77.2
25.5
57.5
51.9
qualche
volta
32.6
38.1
21.4
14.2
42.9
27.3
32.9
spesso
31.4
7
21.1
8.2
31.3
15
15
191
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 2
mai
le trovo a casa mia
le trovo a casa di altri
risposte mancanti: 31%
61
62.9
qualche
volta
32.2
29.6
spesso
6.8
7.4
56. Quali circostanze ti invogliano a bere di più? (una risposta per riga)
i concerti
la discoteca
lo stadio
a casa
in piazza, per strada, ai giardini
con il/la proprio/a ragazzo/a
quando si è soli
a casa di amici
nei bar, pub, birrerie
quando ci si sente tristi, preoccupati,
nervosi
dopo un’attività sportiva
in gita scolastica
certi eventi di festa
il consumo di altre sostanze come
tabacco, hashish, pasticche
altro
risposte mancanti: 42%
per niente abbastanza
vero
vero
69.7
22.9
44.6
31
80.8
15.3
75.7
21
62.4
38.4
66.3
26.9
79.7
15.8
43.1
41.3
28.6
32.5
molto
vero
7.2
24
3.9
3.3
9.3
6.8
4.5
15.2
38.3
61.8
27.3
10.9
86.6
56.4
24.4
10.2
30.6
45.6
3.2
12.5
29.8
76.4
13.1
10.3
72.2
17.8
9.9
mai
qualche
volta
16.7
31.5
41.1
25.8
40.2
spesso
57. Con chi bevi? (una risposta per riga)
da solo
con i miei genitori
con i miei fratelli/sorelle
con altri familiari
in un gruppo di amici di solo ragazzi
192
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
81.5
65.8
50.5
70.6
39.1
1.9
2.7
8.3
3.6
20.3
Appendice 2
mai
in un gruppo di amici di solo ragazze
in un gruppo misto di amici
con un amico della mia stessa età
con un amico più grande di me
con un’amica della mia stessa età
con un’amica più grande di me
con i compagni di scuola
con la mia ragazza/o
persone conosciute da poco
risposte mancanti: 33%
50
25
42.4
46.1
50.6
57.1
52.8
67.3
73.3
qualche
volta
36.4
44.3
40.7
35.8
37.7
28.7
36.1
23.8
21.4
spesso
13.2
30.7
16.8
17.9
11.7
14
11.1
8.8
5.3
58. Pensi che i ragazzi che bevono alcool utilizzino più degli altri le seguenti
sostanze? (una risposta per riga)
per
niente abbastanza molto
sigarette
canne
droghe
risposte mancanti: 27%
26
43.1
54.9
49.2
41.8
33.9
24.5
15
11.1
59. Immagina ora che i tuoi genitori ti vedano seduto al bar un po’ brillo.
Con quale intensità i tuoi genitori proverebbero una delle seguenti
emozioni? (una risposta per riga)
per
niente abbastanza molto
paura
accettazione a malincuore
approvazione
preoccupazione
disapprovazione
rabbia, aggressività
tristezza
sorpresa
indifferenza
risposte mancanti: 10%
28.8
52.6
79.1
9.4
14.8
23.3
22.5
18.1
83.1
45.9
33.9
14
39.4
25.9
42.7
40.1
39.4
10.8
25
13.5
5.1
51
58.5
33.5
37.3
42
5.4
193
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 2
60. Ti è mai capitato di essere invitato a smettere di bere da qualche persona?
sì
no
16.8
83.2
61. Se sì, da chi?
amico/a
familiare
parente
insegnante
partner
altro (specificare …… )
9.6
6.9
2.6
1.4
3.3
1.2
62. Ti è mai capitato di invitare un tuo amico a smettere di bere?
sì
no
49.2
50.8
63. Pensando agli ultimi sei mesi, quante volte ti è capitato di:
(una risposta per riga)
1-2
3-5 5 volte
mai volte
volte e più
aver guidato il motorino
82.4 11.9
1.8
3.8
avendo bevuto solo un po’
aver guidato il motorino
90.5
4.8
1.7
2.9
avendo bevuto troppo
aver guidato il motorino
91.4
3.4
1.6
3.3
avendo fumato spinelli
essere stato/a passeggero di una moto
o di un’auto guidata da uno/a
77.7 13.4
2.8
5.9
che aveva bevuto troppo
essere stato/a passeggero di una moto
o di un’auto guidata da uno/a
89.4
5.5
1.9
3
che aveva usato droghe
risposte mancanti: 11%
194
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 2
SEZIONE 5
64. Se ti fosse dato l’incarico di parlare ai tuoi coetanei di alcol e dei suoi
pericoli, quale mezzo utilizzeresti?
tv
radio (specificare la stazione …… )
quotidiani
periodici
manifesti
internet/posta elettronica
cartelli sui mezzi di trasporto (autobus, treni, ecc.)
concerti/spettacoli
incontri con esperti a scuola
incontri con esperti in biblioteca
altro (specificare …… )
31.9
13.3
12.5
11.5
20.8
20.5
13.6
17.4
40.7
8.7
3.2
65. Ci sono persone che godono della fiducia dei ragazzi della tua zona?
Se sì, quali?
psicologo
medico
insegnante
persona di un’emittente radiofonica
responsabile del gruppo scout
responsabile del gruppo parrocchiale
sacerdote
allenatore sportivo
nessuno
altra persona (specificare …… )
8.6
10.2
9.7
3.6
3.4
6.2
10.7
14.8
26.9
2.8
66. Nei momenti difficili che ti sei trovato ad affrontare, che cosa pensi ti
avrebbe aiutato che non sei riuscito a trovare attorno a te?
I risultati delle risposte alla domanda 66 sono analizzati in 4.6. “Le domande
a risposta libera”, pag. 110.
195
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 2
67. Il nostro obiettivo è quello di realizzare una zona “a misura di ragazzo”
per migliorare la qualità della vita degli adolescenti. Dal momento che
pensiamo che voi giovani abbiate idee molto originali, contiamo sul
tuo aiuto per realizzare questo obiettivo. Se tu potessi partecipare ad
un progetto per migliorare la qualità della vita dei ragazzi della zona
in cui vivi, che proposte faresti?
I risultati delle risposte alla domanda 67 sono analizzati in 4.6. “Le domande
a risposta libera”, pag. 110.
68. Vuoi aggiungere qualcosa a quanto hai detto finora? Puoi farlo scrivendo, disegnando, inventando uno slogan o un fumetto.
I risultati delle risposte alla domanda 68 sono analizzati in 4.6. “Le domande
a risposta libera”, pag. 110.
196
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 3
Analisi fattoriale
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 3
Tabelle relative ai risultati derivati dall’estrazione delle componenti principali delle
risposte fornite agli item 26 e 42 del questionario.
Metodo estrazione: analisi componenti principali.
Metodo rotazione: Varimax con normalizzazione di Kaiser.
Tab. 1.
Tab. 2.
Matrice dei componenti ruotata (a)
Matrice dei componenti ruotata (a)
Componente
1
Componente
2
3
.666
26_1
1
.477
42_1
26_2
.572
42_2
.611
26_3
.731
42_3
.754
26_4
.562
42_4
.756
26_5
.695
42_5
.761
42_6
.695
42_7
.719
.641
26_6
26_7
.719
26_8
.788
42_8
26_9
.521
42_9
.579
.563
26_10
.706
42_10
.779
26_11
.415
42_11
.661
26_12
.426
42_12
.668
.609
42_13
.828
.724
26_13
.458
26_14
.729
42_14
.585
42_15
.402
26_16
.677
42_16
.719
26_17
.606
42_17
.760
26_15
26_18
.739
.627
26_19
26_20
2
.509
(a) La rotazione ha raggiunto i criteri di
convergenza in 5 iterazioni.
42_18
.757
42_19
.494
42_20
.581
(a) La rotazione ha raggiunto i criteri di
convergenza in 3 iterazioni.
199
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 3
Tab. 3. Risultati derivati dall’estrazione delle componenti principali delle risposte
fornite all’item 10 del questionario
Matrice dei componenti ruotata (a)
Componente
1
2
3
4
5
.483
10_1
10_2
.742
10_3
.577
.725
10_4
10_5
.371
10_6
.503
10_7
.370
10_8
.652
10_9
.608
10_10
.530
10_11
.394
10_12
.578
10_13
.648
-.522
-.637
10_14
.515
10_15
.482
10_16
.567
10_17
.488
10_18
.686
10_19
.698
10_20
.376
.450
10_21
10_22
.570
10_23
.547
10_24
.575
10_25
.487
10_26
.434
10_27
.605
10_28
-.393
10_29
10_30
Metodo estrazione: analisi componenti principali.
Metodo rotazione: Varimax con normalizzazione di Kaiser.
(a) La rotazione ha raggiunto i criteri di convergenza in 5 iterazioni
200
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
.439
Appendice 3
Tab. 4. Risultati derivati dall’estrazione delle componenti principali delle risposte
fornite all’item 19 del questionario
Matrice dei componenti ruotata (a)
Componente
1
2
3
4
19_1
.687
19_2
19_3
.721
19_4
.788
.687
19_5
.504
19_6
19_7
.511
19_8
19_9
19_10
.405
19_11
.429
19_12
.634
19_13
.693
19_14
.518
19_15
.411
19_16
.484
19_17
.728
19_18
19_19
.612
19_20
.506
19_21
.655
19_22
.730
19_23
.712
19_24
.678
19_25
19_26
.447
.409
Metodo estrazione: analisi componenti principali.
Metodo rotazione: Varimax con normalizzazione di Kaiser.
(a) La rotazione ha raggiunto i criteri di convergenza in 8 iterazioni.
201
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 3
Tab. 5. Risultati derivati dall’estrazione delle componenti principali delle risposte
fornite all’item 28 del questionario
Matrice dei componenti ruotata (a)
Componente
1
28_1
.585
28_2
.670
2
3
.553
28_3
28_4
.783
28_5
.712
.654
28_6
28_7
.778
28_8
.867
28_9
.851
28_10
.583
28_11
.701
28_12
.613
28_13
.547
28_14
.751
28_15
.782
28_16
.545
28_17
Metodo estrazione: analisi componenti principali.
Metodo rotazione: Varimax con normalizzazione di Kaiser.
(a) La rotazione ha raggiunto i criteri di convergenza in 5
iterazioni.
202
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 3
Tab. 6. Risultati derivati dall’estrazione delle componenti principali delle risposte
fornite all’item 33 del questionario
Matrice dei componenti ruotata (a)
Componente
1
33_1
2
.566
33_2
.646
33_3
.723
33_4
.779
33_5
.733
33_6
.677
33_7
.594
33_8
.691
33_9
.646
33_10
.731
33_11
.699
33_12
.699
Metodo estrazione: analisi componenti
principali.
Metodo rotazione: Varimax con normalizzazione
di Kaiser.
(a) La rotazione ha raggiunto i criteri di
convergenza in 3 iterazioni.
203
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 3
Tab. 7. Risultati derivati dall’estrazione delle componenti principali delle risposte
fornite all’item 47 del questionario
Matrice dei componenti ruotata (a)
Componente
1
2
47_2
.595
47_3
.562
.704
47_4
.760
47_5
47_6
.472
.587
47_7
.586
.548
.724
47_8
47_9
.656
47_10
.707
.487
47_11
47_12
47_13
3
.668
47_1
.775
.706
Metodo estrazione: analisi componenti principali.
Metodo rotazione: Varimax con normalizzazione di Kaiser.
(a) La rotazione ha raggiunto i criteri di convergenza in 7
iterazioni.
204
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 3
Tab. 8. Risultati derivati dall’estrazione delle componenti principali delle risposte
fornite all’item 57 del questionario
Matrice dei componenti ruotata (a)
Componente
1
2
57_1
.475
57_2
.775
57_3
.662
57_4
.798
57_5
.750
57_6
.761
57_7
.809
57_8
.820
57_9
.819
57_10
.825
57_11
.789
57_12
.690
57_13
.642
Metodo estrazione: analisi componenti principali.
Metodo rotazione: Varimax con normalizzazione di Kaiser.
(a) La rotazione ha raggiunto i criteri di convergenza in 3 iterazioni.
205
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 4
Valori di significatività dell’analisi MANOVA
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 4
Tab. 1. Valori di significatività dell’analisi MANOVA per la domanda 10
Sorgente
sesso
classe
sesso * classe
Variabile
dipendente
df
f1_d10
1000
148.971
.000
f2_d10
1000
25.724
.000
f3_d10
1000
5.093
.024
f4_d10
1000
59.822
.000
f5_d10
1000
.630
.428
f1_d10
2000
2.086
.125
f2_d10
2000
42.343
.000
f3_d10
2000
.429
.652
f4_d10
2000
8.640
.000
f5_d10
2000
1.115
.328
f1_d10
2000
2.392
.092
f2_d10
2000
2.983
.051
f3_d10
2000
1.609
.201
f4_d10
2000
3.735
.024
f5_d10
2000
.790
.454
F
Sig.
Tab. 2. Valori di significatività dell’analisi MANOVA per la domanda 19
Sorgente
sesso
classe
sesso * classe
Variabile
dipendente
df
f1_d19
F
Sig.
1000
3.632
.057
f2_d19
1000
33.430
.000
f3_d19
1000
32.634
.000
f1_d19
2000
13.370
.000
f2_d19
2000
.564
.569
f3_d19
2000
5.013
.007
f1_d19
2000
2.432
.088
f2_d19
2000
.994
.370
f3_d19
2000
.763
.466
209
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 4
Tab. 3. Valori di significatività dell’analisi MANOVA per la domanda 28
Sorgente
sesso
classe
sesso * classe
Variabile
dipendente
df
f1_d28
1000
50.334
.000
f2_d28
1000
58.416
.000
f3_d28
1000
13.856
.000
f1_d28
2000
16.623
.000
f2_d28
2000
9.477
.000
f3_d28
2000
17.130
.000
f1_d28
2000
1.302
.272
f2_d28
2000
.164
.849
f3_d28
2000
2.920
.054
F
Sig.
Tab. 4. Valori di significatività dell’analisi MANOVA per la domanda 33
Sorgente
sesso
classe
sesso * classe
Variabile
dipendente
df
f1_d33
F
Sig.
1000
2.997
.084
f2_d33
2000
7.984
.005
f1_d33
2000
17.666
.000
f2_d33
2000
22.164
.000
f1_d33
2000
2.000
.136
f2_d33
2000
.590
.554
Tab. 5. Valori di significatività dell’analisi MANOVA per la domanda 47
Sorgente
sesso
classe
sesso * classe
Variabile
dipendente
df
f1_d47
F
Sig.
1000
1.803
.180
f2_d47
1000
4.705
.030
f1_d47
2000
19.115
.000
f2_d47
2000
.014
.986
f1_d47
2000
.443
.642
f2_d47
2000
.073
.930
210
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 4
Tab. 6. Valori di significatività dell’analisi MANOVA per la domanda 57
Sorgente
sesso
classe
sesso * classe
Variabile
dipendente
df
f1_d57
1
.001
.981
f2_d57
1
6.319
.012
f1_d57
2
10.928
.000
f2_d57
2
5.223
.006
f1_d57
2
4.008
.019
f2_d57
2
.007
.993
F
Sig.
211
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Le ricerche preliminari alla campagna
per contrastare il consumo giovanile di alcol
PARTE III
Il mito del montanaro grande bevitore
Relazione finale dell’indagine conoscitiva
su consumi, atteggiamenti e conoscenze
degli adolescenti nei confronti dell’alcol
Christian Arnoldi
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 5
La metodologia della ricerca
5.1. Introduzione
Il presente rapporto finale di ricerca 1 è strutturato in otto capitoli: il primo dei
quali (il presente) contiene un’esposizione sintetica dell’approccio metodologico
e delle tecniche di ricerca utilizzate, nonché una breve descrizione del percorso
della ricerca mentre gli altri contengono la vera e propria analisi dei dati.
Ogni capitolo corrisponde ad uno dei temi principali emersi dai focus group,
dalle interviste individuali o di gruppo e dalle osservazioni ed è suddiviso in
paragrafi e sottoparagrafi in modo da evidenziare la complessità e la poliedricità
delle rappresentazioni e dei sintomi che compongono i diversi temi.
Paragrafi e sottoparagrafi, a loro volta, sono abbondantemente illustrati
dalla viva voce degli intervistati.
Il capitolo 6, raccoglie le impressioni sulle valli e i paesi del Trentino; il
7 mette in luce la diversità delle aggregazioni sociali presenti nelle macro
comunità visitate, evidenziando una certa tendenza alle modificazioni e alle
ibridazioni in base al grado di modernizzazione della zona; il capitolo 8 introduce il tema del turismo e delle sue rappresentazioni; il 9 esplora uno degli
elementi forse più interessanti e problematici emersi dal materiale raccolto,
una sorta di struttura antropologica che sarebbe comune a tutta la cultura
trentina valligiana: il tabù del “respet”; il capitolo 10 offre una panoramica
delle feste esistenti nelle comunità esplorate e delle loro funzioni; il capitolo
11, invece, tenta di mettere a fuoco e di analizzare il tema centrale della ricerca, cioè il problema dell’alcol, presentando ciò che nelle interviste viene
ripetutamente definita “la cultura dell’alcol”; infine, il capitolo 12, raccoglie
alcune considerazioni sulla realizzazione della campagna di comunicazione e
presenta un’ipotesi di intervento.
La ricerca è stata svolta nel 2004-2005 su commitenza della Provincia Autonoma di Trento, nell’ambito
della campagna per contrastare il consumo giovanile di alcol (Nota dell’Editore).
1
215
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 5
5.2. Le tecniche utilizzate
Considerando che “l’alcolismo giovanile” in questa provincia è prevalentemente
un fenomeno di gruppo, si è ritenuto che la discussione collettiva potesse facilitare l’estrapolazione del maggior numero di informazioni sull’universo valoriale
indagato. Per questa ragione abbiamo cercato di coniugare tra loro diverse tecniche di ricerca, usate sia in ambito antropologico che in ambito sociologico,
adatte ad interrogare le aggregazioni sociali.
Innanzi tutto il focus group o gruppo di discussione. Questa tecnica, che prevede
la costruzione di gruppi “ad hoc”, relativamente omogenei per età, provenienza,
interessi, classe sociale, formazione scolastica, permette di far emergere, attraverso
una serie di provocazioni, gli elementi e le rappresentazioni che fanno parte del
discorso dei giovani sull’alcol.
La costruzione dei gruppi è avvenuta in modo casuale ed è stata facilitata
dall’aiuto di alcune “persone chiave” o informatori, appartenenti alle comunità
di riferimento che oltre a fornire l’elenco dei nomi dei potenziali intervistati,
ha favorito anche un contatto privilegiato con essi.
A questa si aggiunge la tecnica dei colloqui in profondità sia individuali che di
gruppo. Questa tecnica, più agevole rispetto ai gruppi di discussione e, usata in
modo complementare alla precedente, ha permesso di completare la ricostruzione
del discorso sull’alcol e delle pratiche giovanili ad esso legate (dove si consuma, con
chi, quali sono le relazioni che si intrecciano attraverso queste pratiche, come è
vissuta la quotidianità, come si organizzano le feste, in quali periodi, quali sono
i luoghi di ritrovo, ecc.).
La scelta degli intervistati, ragazzi e ragazze dai 17 ai 32 anni, con esperienze
significative, particolarmente rilevanti per il ruolo ricoperto nella comunità o
nelle aggregazioni sociali (musicisti, baristi, allenatori sportivi, membri di associazioni e di gruppi giovanili o semplicemente di compagnie informali, ecc.) è
avvenuta in modo casuale, procedendo per campionamento a “palla di neve”.
5.3. Lo studio di macro-comunità.
In questa ricerca si è cercato di integrare il cosiddetto studio di comunità,
largamente utilizzato in ambito antropologico, sia con le tecniche di ricerca
utilizzate per far emergere il discorso e le rappresentazioni giovanili sull’alcol,
sia con l’esigenza di offrire una panoramica il più possibile rappresentativa del
territorio provinciale.
216
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 5
Lo studio di comunità prevede l’assunzione come oggetto della ricerca di
un’unità sociale ristretta, a partire dalla quale si tenta di elaborare un’analisi di
portata più ampia. Generalmente le unità sociali corrispondono a piccole comunità in cui le relazioni sono concrete e direttamente osservabili dal ricercatore.
In questo caso si è dovuto correggere l’ampiezza del territorio, adeguandolo
all’applicazione delle tecniche di ricerca.
Anziché singoli gruppi o piccole comunità, si sono presi in considerazione
gruppi di comunità tra loro simili e omogenee appartenenti ad uno specifico
territorio: la valle.
La scelta delle macro-comunità è stata effettuata sulla base di precisi caratteri
in relazione al diverso grado di modernizzazione e di sviluppo della zona.
Visti i limiti di tempo, per la realizzazione della ricerca si sono scelte quattro
comunità o zone, a nostro parere rappresentative dell’intero Trentino, significative per il loro diverso grado di “modernizzazione”, che nel nostro caso coincide
anche con il grado di “turisticizzazione”.
Le macro-comunità individuate in base a questi criteri sono le seguenti:
– Bassa Valle di Non o Bassa Anaunia, zona prevalentemente agricola, formata dai seguenti comuni: Denno, Cunevo, Flavon, Terres, Campodenno,
Sporminore, Vigo di Ton;
– Alta Valle di Sole, zona turistica estiva e invernale, composta dai comuni
di: Mezzana, Pellizzano, Ossana, Vermiglio, Pejo;
– Valle di Fiemme, zona turistica estiva e invernale, con i paesi di: Valfloriana,
Castello e Molina, Carano, Daiano, Cavalese, Tesero, Panchià, Ziano, Predazzo, Moena; Alto Garda, zona industriale e a tradizionale turismo estivo
comprendente: Riva del Garda, Torbole e Arco.
5.4. Il percorso della ricerca
Durante poco più di due mesi e mezzo, dalla metà di ottobre 2004, data in cui
è stata commissionata la ricerca, fino alla prima settimana di gennaio 2005, si
sono percorse e visitate ripetutamente le macro-comunità prese in esame.
La prima fase della ricerca, che potremmo definire esplorativa o preliminare, ha
avuto come momento centrale la conduzione di colloqui approfonditi con alcuni
sindaci, assessori, insegnanti e dirigenti scolastici, assistenti sociali, operatori e
dirigenti di strutture associative, di progetti locali o di cooperative operanti nel
settore giovanile. Ciò è servito ad individuare quelle “figure chiave” o informatori,
che ci hanno aiutato a costruire e ad organizzare i gruppi di discussione.
L’organizzazione di tali gruppi, vista l’età dei partecipanti (13-16 anni),
la delicatezza del tema trattato e le caratteristiche richieste per la riuscita dei
217
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 5
focus, si è rivelata assai complessa; ha comportato non solo la conoscenza
della popolazione e la scelta oculata dei partecipanti, ma anche un certo tatto
per esempio nella scelta della persona più adatta a presentare l’invito; una
particolare attenzione nell’individuazione del luogo in cui tenere il gruppo,
possibilmente anonimo o scarsamente connotato; dell’ora migliore, tenendo
conto degli impegni scolastici ed extrascolastici, delle eventuali coincidenze
con i trasporti pubblici nel caso vi fossero o, in alternativa, dell’organizzazione
dei trasporti privati (organizzatori-ricercatore, genitori).
La seconda fase del lavoro (seconda metà di novembre-primi di gennaio) ha
avuto come fulcro la raccolta effettiva dei dati, ovvero la conduzione, nelle
quattro zone prese in considerazione, di 8 gruppi di discussione (due gruppi per
ogni macro-comunità, per un totale di 44 intervistati tra i 13 e i 16 anni).
Tra questi vi sono 4 gruppi formali, cioè condotti all’interno delle scuole
con meccanismi di selezione dei partecipanti di tipo istituzionale e formale
(criteri aventi a che fare con il mondo della scuola: rendimento scolastico,
partecipazione, i rappresentanti di classe, ecc.) e 4 gruppi informali, condotti
al di fuori di strutture specifiche e composti da ragazzi presi casualmente dalla
popolazione della macro-comunità (in questo caso i criteri di selezione sono
stati: estroversione, disponibilità, frequentazione dei locali, partecipazione
attiva alla vita di paese, ecc.).
Inoltre sono state realizzate 14 interviste (per un totale di 25 intervistati,
tra colloqui individuali e di gruppo) a ragazzi e ragazze, di età compresa tra
i 17 e i 32 anni, impegnati in modo diverso nella comunità: studenti delle
superiori, universitari, lavoratori, baristi, musicisti, allenatori sportivi, membri
di associazioni, operatori e responsabili dei servizi di alcologia, ecc.
Durante i ripetuti viaggi tra le valli del Trentino, percorrendo le strade della
provincia, attraversando i centri abitati (paesi e frazioni), visitando le piazze,
i campi sportivi, le scuole, i bar, alcuni luoghi di ritrovo come le baracche
della valle di Fiemme o il centro giovani di Arco, i locali (discoteche e pub) e
persino alcune case private, si è cercato di favorire il più possibile l’immersione nella realtà delle varie comunità e l’immedesimazione nei discorsi via via
emersi dai colloqui, agevolando, almeno in parte, il lavoro di interpretazione
e di comprensione.
Vogliamo inoltre ricordare in modo specifico due occasioni, potremmo dire
di osservazione partecipante, nate dai colloqui preliminari o dalle interviste.
Nel primo caso si tratta di un’uscita con un grosso gruppo di Pellizzano e
dintorni, alta valle di Sole, per una serata in discoteca a Bardolino, sul lago di
Garda; nel secondo caso ad un concerto organizzato presso il centro giovani
di Arco. Entrambe le occasioni ci hanno permesso di verificare e di constatare
direttamente alcune dinamiche emerse dalle discussioni.
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Capitolo 5
La terza ed ultima fase (dicembre 2004-gennaio 2005) è stata cadenzata da:
ascolto delle registrazioni e trascrizione dei discorsi prodotti dai gruppi e dagli
intervistati (talvolta anche con un lavoro di traduzione dal dialetto all’italiano);
analisi del materiale raccolto, procedendo sia per singoli gruppi o singole interviste, sia in modo trasversale; infine stesura del presente rapporto finale.
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Capitolo 6
Le Valli, i paesi e la rarefazione sociale
La rarefazione sociale è la difficoltà di incontrarsi e di comunicare, percepite
come generate da una serie di elementi.
6.1. La rarefazione
Scarsità di popolazione, invecchiamento e quindi mancanza di altri giovani.
Quattro gatti. Niente, il mio paese è un buco.
Quattro strade in croce, due cani, due gatti, nient’altro.
[Gruppo 1]
Poi al mio paese non ci sono molti miei coetanei e con quelli che ci sono
non mi trovo. (5) 2
Anche a Campodenno, della mia età siamo in quattro, mi vedo solo con
un’amica perché le altre due vanno a scuola a Trento e quindi non le vedo
e non è che ci sia... non c’è nulla... (6)
[Gruppo 2]
[…] su da me ci sono pochi giovani, perché bene o male i paesi di montagna
sono più per i vecchi, gli anziani... (1)
I giovani appena possono scappano... (6)
[Gruppo 4]
Il mio paese, Mazzin, è piccolino, ci saranno 80 persone in tutto e 50 sono
ultra settantenni... fanno loro delle festicciole... quindi devo per forza andare
a cercare qualcuno in qualche altro paese... (3)
... che poi anche lì ci sono quattro gatti... (6)
[Gruppo 6]
2
Fra parentesi il numero che identifica la persona all’interno del gruppo.
221
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Capitolo 6
La scarsità di popolazione. È la ristrettezza dei luoghi di montagna: in Valle
di Sole, che è lunga 30 km, vivono le persone che in una città stanno in un
quartiere... probabilmente le proporzioni si mantengono... sedici persone
su cento suonano; è chiaro che qui significa che ci sono 100 persone che
suonano... in città mantenendo la stessa proporzione sono tantissimi...
La ristrettezza delle possibilità sia a livello lavorativo che a livello di svago
è dovuta al fatto che siamo in pochi, che mancano persone...
Aprire un locale per fare concerti forse non vale la pena, perché in tutta la
valle ci sono solo 30 persone che amano la musica dal vivo...
La stessa cosa può essere per il lavoro...
[Intervista 7]
La scarsità di ragazze. Il primo problema che posso riscontrare per esempio
tra i miei amici più piccoli, quelli di 16 o 17 anni, sono le ragazze. In Valle
di Sole, esci in un locale e non ci sono ragazze.
Nel mio gruppo ci sono tre ragazze, me compresa e io, pur vivendo a Bologna, sono la più presente. Non ci sono ragazze.
In parte, probabilmente anche per una questione demografica. Penso che
siano in numero inferiore.
[Intervista 6]
6.2. La banalità
Mancanza di novità interessanti, di eventi e di altri elementi che presentano
una qualche attrattiva.
La mancanza di attrazioni. Anche perché in bassa Val di Non non ci sono
molte cose da fare, se vuoi andare in un locale bisogna andare fino a Cles,
non ci sono cose per ragazzi di 14 o 15 anni, devi prendere l’autobus o
il treno e andare fino a Cles... (2)
[Gruppo 2]
La mancanza di possibilità. Se pensiamo che la maggior parte delle persone su
ha pochi sbocchi, a meno che non studi già a Trento e allora il discorso cambia, ma se rimane sempre su, cosa fa durante la settimana in Val di Sole?
Il cinema è chiuso, del teatro non se ne parla nemmeno, o fai l’abbonamento Sky e ti guardi qualche film, altrimenti è un problema.
Io sono di Pellizzano, ho fatto le medie a Ossana e le superiori a Cles.
Durante la settimana non facevo nulla.
Ovviamente la scuola, i compiti al pomeriggio, le sere durante la settimana
non uscivo praticamente mai.
222
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 6
Quando uscivo mi trovavo al bar del paese, andavo lì, un paio di sigarette
e tornavo a casa; giusto per tirare fino alle nove e mezza, così ti stancavi
e dormivi.
[Intervista 6]
La noia. C’è poca gente qua, i paesini sono tutti piccoli... (3)
In alta stagione c’è più movimento dappertutto... (2)
... poi tanta gente rimane a casa... (4)
... adesso c’è movimento solo in un posto... (2)
... quando c’è giro poi vai in discoteca a caccia... quando invece c’è la
gente di qua non c’è bisogno di andare in discoteca a caccia, vai per il
paese... (4)
Tanta gente in bassa stagione non esce neanche... ci sono i classici sabato
sera noiosi, si sta lì... (5)
... sempre la stessa gente. (6)
[Gruppo 6]
La voglia di abbandonare i paesi. I sindaci sono peggio di noi... (1)
Secondo me non fanno niente...
Se gli si chiede di fare un campo da calcio ne fanno sei, se invece gli si
chiede una cosa per noi... perché alla fine siamo noi il futuro di questo
paese... (1)
A parte quelli che hanno la campagna, gli altri vorrebbero poter andare
via. (2)
Anch’io me ne andrei... (3)
[Gruppo 1]
Le alternative. Cioè... i vizi sono gli stessi, se dai una sala ai ragazzi di
15 anni, per bravi che siano capita la volta in cui bevono, capita la volta
che fumano... i giovani sono fatti così, è stata così da sempre e sempre
sarà così...
Non è che perché gli dai la sala concerti allora, dal ‘90 in poi i giovani
avranno quella cosa e quindi non bevono e non fumano più...
Comunque ci sono delle alternative che possono cercare di coprire quei
buchi che hanno le persone... che normalmente non si coprono né bevendo, né fumando, ma avendo solo una possibilità...
Avendo una scelta almeno... non dico che non bisogna andare al bar o al
pub o in discoteca, ma avere un’alternativa...
[Intervista 7]
Gli sbocchi. Invece se ci fossero più sbocchi per i giovani, più stimoli e
più possibilità, l’alcol non servirebbe. (1)
[Gruppo 1]
223
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Capitolo 6
6.3. Il tempo fermo
La vita si presenta ripetitiva e noiosa; qualsiasi cambiamento è impedito dalla
trivialità di un tran tran quotidiano che sembra doversi ripetere per l’eternità.
La ripetitività delle cose. […] poi ci sono persone che si lamentano e invece
partono, sono arrivate ad un punto per cui tutto si ripete talmente uguale... e questo è un altro elemento che provoca la malinconia di qui, cioè
la ripetitività delle cose, vedere sempre le stesse persone... in città questo è
diverso, proprio questa malinconia ti spinge a cercare qualcosa.
La ripetitività delle cose mi dava psicosi, mi produceva un senso di irrealtà
delle cose... non si può andare avanti anni e anni vedendo sempre lo stesso
film... riguardandolo... (4) […]
Io per esempio quando andavo in montagna, andavo sempre nello stesso
posto, dove mio nonno ha una baita... Viviamo quasi come i cittadini,
andiamo al parco giochi alla sera a lamentarci o al bar a bere un bicchiere e
lamentarci, perché è comodo... non è che da questo poi scaturisca qualcosa,
qualche iniziativa... “dai che andiamo sulla Presanella”...
[Intervista 7]
Il tempo fermo. Qui si ripetono le tue abitudini... se sei una persona che si
accontenta e si abitua ad un certo stile e ad una certa routine, la comodità
fa sì che tu non sia spinto a cercare niente di nuovo... il fatto che alcuni
vadano sempre al parco giochi al freddo... non so, potrebbero pensare per
esempio di accendere un fuocherello... invece no, è normale così... Anche
la testa è come bloccata, nessuno dice: “ah però che freddo, aspetta che
accendiamo qualcosa”... no invece è: “accendi un altra sigaretta, passami
la bottiglia”.
Inoltre il fatto di non vedere le persone... vivere qui 5 anni è come stare
5 mesi a Padova o in un’altra città... (4)
[Intervista 7]
Un film visto e rivisto. Io sono andato via di qui per interrompere quel
ciclo che si ripeteva nella mia mente, quel film che avevo visto e rivisto,
con piccole modifiche... avevo la necessità di ampliarlo... (4)
Pochi abbandonerebbero questo per cercare qualcosa che non conoscono […]
Parecchie persone, anche diverse tra loro, sentono una certa ripetitività...
la malinconia, la depressione o qualcosa del genere... un certo malcontento...
[Intervista 7]
È sempre tutto uguale. Poi c’era il sabato sera.
Il sabato sera, come del resto accade anche ora, si prendeva e si andava o
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 6
a Dimaro o a Malé. Esattamente come adesso si va a Dimaro al R.R. o a
Malé all’I., si incontrano le stesse persone. Questi posti sono frequentati
da quattordicenni, diciottenni, venticinquenni e trentenni.
Da noi c’è una grande uniformità. Non c’è una differenziazione come a
Bologna per esempio, dove ci sono i locali per quattordicenni, dove i ragazzini e le ragazzine vanno per incontrarsi, i primi amori e così, i ventenni
invece hanno altri interessi e i trentenni altri ancora.
Da noi, i trentenni single frequentano gli stessi locali dei quattordicenni.
C’è tutto un appiattimento e la vita è uguale. Io vedo i miei amici che sono
su, che lavorano su, fanno le stesse cose di quando avevano quattordici anni;
le stesse cose. È ovvio, la noia è terribile e meno male che almeno l’inverno
c’è lo sci e lo snowboard che ha un enorme successo. […]
Altrimenti ti rompi. Vai al R.R., incontri la stessa gente che incontravi
quando avevi quattordici anni, gli stessi trentenni single che nel frattempo
sono diventati quarantenni single. È tutto piatto, è sempre uguale.
[Intervista 6]
La ripetitività del sabato sera. Sabato sera ritrovo al S.L., discoteca, sempre
lì, dopo un po’ che ci vai è sempre la solita menata. (2)
Solita gente, solita musica. (1)
Esatto, idem al P. (2)
... la gente è sempre la stessa... (1)
... la musica è sempre la stessa... (2)
[Gruppo 1]
La noia del sabato sera. Il sabato sera non c’è mai molto da fare, o vai a
Dimaro dove ci sono i soliti posti, M., R.R., ecc. altrimenti non c’è niente
di che... io personalmente non è che mi diverta neanche più di tanto ad
andare laggiù, quindi, il più delle volte, il sabato sera sto a Cogolo con i
miei amici... poi ogni tanto c’è qualcuno che fa una festa, o perché compie
gli anni o anche solo per fare qualcosa... ci troviamo il sabato sera per fare
qualcosa anche se generalmente è abbastanza palloso. (2)
[Gruppo 3]
L’abitudinarietà. […] c’è una fascia di età, i cinquantenni che si ritrovano
sempre nello stesso posto, alla stessa ora... sempre così ogni giorno...
Oppure i giovani, che si ritrovano sempre nello stesso posto, sempre là...
[Intervista 11]
La mentalità chiusa. Se tu senti i ragazzi, anche quelli più grandi: troverai
i “baccani” che vogliono rimanere qua; mentre tutti gli altri ti diranno:
“appena posso me ne vado”. (5)
Prima di rimanere troppo contagiati dalla mentalità che c’è qui è meglio... (3)
225
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 6
Qui è come essere... sono tutti chiusi... (5)
... sono all’antica...
... se tu dici a uno di 60 anni: “mi ha abbracciato un ragazzo”, si scandalizza... oddio bisogna almeno avere 20 anni... (1)
[Gruppo 5]
La reiterazione del modello trasmesso. Adesso ti dico questa cosa da figlia
di persone che hanno avuto un bar e che quindi ha sempre visto dalla
parte del banco ciò che avveniva il sabato e la domenica... Non sono
cambiate gran che le abitudini in persone che lavorano qua e che quindi
non hanno avuto grandi confronti con l’esterno, non hanno frequentato
le scuole via, sono ragazzi che lavorano tantissimo il cui unico momento
di socializzazione lo vivono al bar alle sette di sera, “dopo essersi fatti un
culo”, dove hanno vissuto materialmente la fatica e si sfogano bevendosi
due, tre, quattro, cinque birre, dicendo le loro belle bestemmie e replicando modelli e luoghi comuni che non sono assolutamente cambiati nel
tempo... c’è uno zoccolo duro di mantenimento di uno status quo che è
quello... e questo vale anche per i più giovani.
Una cosa che ho notato è il fatto di aver visto dei ragazzi che erano quattro o cinque anni più piccoli di me... quindi quando io ero adolescente
o donna li vedevo ancora dei bambini, adesso sono degli uomini perché
hanno 23 o 24 anni.
Da ragazzini gracili, fragili e timidi ora sono degli uomini che replicano
lo stesso modello, anche gestuale delle persone magari vent’anni più
grandi di loro...
Entrano subito nella dimensione del modello che viene rappresentato,
non c’è una differenza...
[Intervista 5]
I “baccani”. Li vedi andare in giro in camicia, con i jeans corti, a parlare
in dialetto... (5)
“Baccani”, sono quelli del posto... (3)
Quelli che hanno la stalla... (3)
Sono quelli che parlano dialetto, che sono sempre sporchi e vanno in giro
con il “toni” 3 da “baccani”... al bar […]
Quelli che lavorano tutto il giorno, venti ore al giorno e l’unica mezz’ora
di tempo che hanno la passano al bar a bere birra... una bestemmia dietro
l’altra... (1)
La cosa triste è che ci sono anche giovani “baccani”... (5)
[Gruppo 5]
3
Il “toni” è un indumento da lavoro (calzoni, “salopette”, o tuta intera, a seconda dei luoghi).
226
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 6
L’importanza del lavoro. Quando io facevo l’università incontravo le vecchie
per il paese che mi chiedevano: “allora hai finito di studiare?” E io mi sentivo un po’ in imbarazzo perché te non stai facendo niente, mentre i tuoi
coscritti hanno già lavoro, famiglia, uno si sposa... due dei miei coscritti
aspettano un bambino.
[Intervista 9]
La vita quotidiana. La frequentazione di questi posti è assolutamente trasversale, trovi dal muratore, al commercialista, al paesano che viene da 25
anni che si beve il caffè macchiato con due bustine... sempre quello da una
vita e la briscola all’una e mezza... Il tempo in un bar è cadenzato, sai che
arriva alle due meno un quarto TC, che è il meccanico e si beve la China
calda, si mettono a giocare sempre in quel tavolo, gli metti il posacenere
per le cicche e le buttano a terra...
[Intervista 5]
La paralisi delle amministrazioni. […] è sempre la stessa storia, tra sindaci
e tutti, quando c’è un incidente, perché per andare a Dimaro hanno fatto
una botta o perché erano “stinchi” o andavano veloce... allora si mobilitano, hanno le migliori idee, disco bus ecc. Poi, passato il momento, non
fanno più niente, non gliene frega più nulla. (2)
[Gruppo 3]
L’ambiguità delle istituzioni. Secondo me poi c’è una situazione paradossale,
le istituzioni si preoccupano tanto dei giovani per i suicidi ecc. Ogni tanto si
sente che arriva al teatro di Dimaro lo psicologo famoso con qualche giornalista ecc. Fanno le conferenze sui giovani... che i giovani non hanno spazi,
che non sanno cosa fare... e poi quando i giovani stessi si propongono...
Perché non danno il teatro di Dimaro per fare concerti e per i giovani,
anziché per fare conferenze e parlare del disagio dei giovani?
[Intervista 7]
6.4. Il non-luogo
Il paese è percepito come un “non-luogo” proprio perché privo o quasi di ambientimagnete dove si venga attratti ad incontrarsi e a stare assieme. Al massimo c’è il bar.
La desertificazione dei villaggi. Visto che a Termon non c’è proprio niente,
niente, niente, c’è solo la chiesa appunto, il sabato sera adesso sto a casa,
altrimenti l’estate andavo in pineta a Flavon. (2)
[Gruppo 2]
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 6
Al massimo c’è il bar. Denno non offre molte possibilità. Poi si è limitati
perché senza un mezzo di trasporto, insomma, senza macchina o con la
moto, d’inverno è freddo... o si va dalla L., che è il bar qua, o al D.P.,
che è l’altro bar. Però sempre al bar, carte e birra. Altrimenti non c’è
niente. […]
La sera qui non si fa niente. Veniamo qua, ormai è un punto di ritrovo
da quando c’è F. Prima, o eravamo al bar a vedere la partita, o eravamo
al bar a bere, o eravamo al bar a “cazzeggiare”... (1)
[Gruppo 1]
Il massimo del divertimento. […] il massimo che si può fare è rimanere in
un bar, ma come diceva lui prima, o bevi o ti buttano fuori. (2)
[Gruppo 3, p. 2]
L’attesa di un mezzo di trasporto. Sì, magari il primo diciottenne che ha fatto
la patente, altrimenti sei costretto a rimanere nel paese... per le femmine
è forse più facile... loro vanno di solito con ragazzi più grandi...
Quindi, magari le ragazze di 14 o 15 anni, riescono ad entrare in compagnie di diciottenni... I ragazzi invece di 14 o 16 anni che non riescono
ad entrare nelle compagnie... tendono a rimanere lì al bar del paese,
aspettando che arrivino questi benedetti 18 anni per poter prendere la
patente... facendo ben attenzione a non perderla, quindi chi guida non
beve...
[Intervista 2]
6.5. L’insularità
Si avvertono pesantemente le distanze e le difficoltà logistiche per incontrarsi con
i coetanei; tali difficoltà possono essere aggravate dalle condizioni stagionali.
In alcuni casi l’isolamento geografico delle frazioni abitate rende gli elementi
appena descritti ancora più forti e difficilmente superabili. Subentra una “fatica
preventiva” e una pigrizia che rafforzano l’isolamento.
L’isolamento. […] quando ci troviamo il sabato sera al bar con il Melagodo
davanti, a sfogliarlo 26 volte, che il locale più vicino è a 40 km ti viene da
dire: “ma in che posto di merda abito!” (6)
Sì, in effetti nei nostri paesi non c’è molto da fare... (2)
Soprattutto da me che sono a 10 km dal Tonale, a 1 km da Fucine e lì non
c’è niente, mi tocca andare a Pellizzano e se non hai la macchina o non hai
nessuno che ti porta stai a Vermiglio come un cucù, non fai niente, l’unico
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 6
posto dove puoi andare è al bar con quei quattro pensionati che sono là a
bersi il loro bicchierino prima di andare a dormire e poi basta...
[Gruppo 4]
L’isolamento e le grandi distanze. […] abitavo in un paesino dove locali
non ce n’erano […] Non avevamo un punto di ritrovo perché bar non ce
n’erano, assolutamente, bisognava andare in fondo alla valle per trovare
un bar […]
Eravamo due o tre ragazze che si aggregavano al gruppo, prevalentemente
erano maschi... non avendo la patente... a differenza di Vigo che si rimaneva
in paese, da noi se volevi trovare un divertimento dovevi andare fuori e per
andare fuori dovevi avere una macchina...
I genitori in un certo senso dovevano lasciarti andare... arrivavano l’una o
le due di notte però l’esigenza di uscire voleva dire spostarsi ed era minimo
un’ora di viaggio per arrivare... di solito si andava o al M. che è una discoteca di Cavalese, oppure all’I., ricordo ancora, che era a Vigo di Fassa, per
cui... [Intervista 1]
Le difficoltà di movimento. ... sì, anche perché a scuola ho degli amici della
Valle di Non, mi chiedono di andare al P. la domenica, prendo la corriera,
poi prendo il tram... Se però perdo il tram, vado a piedi... mi è già capitato,
bisogna star lì finché non c’è il tram, alle 19.42, anche se non c’è giù... e
si va in giro fino a quell’ora. (1)
[Gruppo 3]
La necessità di un mezzo di trasporto. La patente è sempre utile...
La moto è molto utile nei nostri paesi... bisogna pur andare da qualche
parte visto che non c’è niente...
Finché non hai 18 anni o non hai amici con la macchina non si può andare
da nessuna parte... (2)
[Gruppo 2]
Le moto. In Val di Pejo, dove ci sono 5 frazioni, ad ogni modo dovremmo
spostarci, però è già meno problematico perché quelli che abitano nelle
frazioni più sperdute, come Celentino e Comasine, hanno quasi tutti la
moto... ci mettono un attimo ad arrivare […] [Gruppo 3, p. 4]
La patente. Il primo obiettivo è prendere la patente che li rende potenti... (3)
Perché è l’unico mezzo per andarsene... non dico andare a Milano... però
già andare a Rovereto... anche se alla fine vai a Rovereto, ti siedi in un bar
e bevi la stessa birra che potresti bere qui... (1)
O a Riva, essere autonomi penso...
[Intervista 13]
229
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 6
La pigrizia e l’impressione delle distanze. […] c’è una pigrizia di fondo, secondo me è dovuta al fatto che c’è poca abitudine allo spostamento.
Quando si proponeva di fare una gita c’erano sempre delle difficoltà, sembrava una fatica... la percezione è questa: non chiedermi questa cosa perché
organizzare, anzi già pensarci è una fatica...
Infatti, ricordo un’unica volta, avevamo 16 o 17 anni e siamo riusciti ad
andare in 12 persone a Gardaland...
Quella è stata l’unica volta... non so per quale alchimia ci siamo riusciti […]
C’è difficoltà a muoversi e la morfologia della valle aiuta, le uniche direzioni
di uscita... c’è un’unica strada di scorrimento.
Ci pensavo proprio l’altro giorno, ero a Malé erano le 17.00, pensavo:
“adesso vado a casa, abito ad Ossana e alle 20.00 devo tornare nuovamente
a Malé”. Se fossi stata a Bologna non ci avrei nemmeno pensato... non che
mi pesasse... però devo andare là e dopo devo uscire... il fatto di fare la stessa
strada dà l’idea di più movimento, più noioso, sembra più lungo...
[Intervista 5]
L’isolamento e l’identità. Vigo di Fassa era in mano a quelli della Valfloriana,
c’erano dentro tutti, dai 15 ai 30 anni, tutti andavano lì quindi sapevi che
se andavi trovavi tutta la compagnia della Valfloriana... c’era sempre la
tendenza, come qua, a cercare quelli del proprio paese.
C’è sempre stato un odio storico tra la Valfloriana e la Valle di Fiemme...
La Valfloriana fa parte della Val di Fiemme però siccome è al confine con
la Val di Cembra, la Val di Fiemme non ci ha mai voluti... eravamo sempre
molto disprezzati, ci chiamavano i “valeri”... Era per questo che si cercava
sempre la compagnia del paese anche se si andava a un’ora di distanza...
per ritrovarci tra di noi...
[Intervista 1]
6.6. Il fascino della casualità
In una situazione di stagnazione sofferta, si esaltano le occasioni impreviste di
socializzazione (incontri, feste, ecc.) date dalla casualità e che costituiscono in
qualche modo una sorpresa.
Il bar e le casualità. Sì, abbiamo fatto qualche “ultimo dell’anno”... ma tutto
era lasciato al caso, non c’era un’esplicitazione del fatto che noi eravamo
amici, quindi eravamo un gruppo e uscivamo... Se non ti vedevo ti chiamavo... la cosa di cercarsi mancava e mi sembra che manchi adesso anche
nel mondo adulto...
Adesso ho 30 anni, sono tornata in Val di Sole, con una serenità di fondo
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 6
molto più marcata di quella di 15 anni fa, comunque la socialità la devi
ricercare... non è così scontato, assolutamente... io abito qua, ho un compagno e convivo, con lui faccio delle cose e faccio delle cose anche con altre
persone ma è molto faticoso...
Sono qui da un anno e mezzo ma è difficile ricevere una telefonata da
qualcuno che non sia P o L e che ti invitino a cena...
Io mi chiedo cosa fanno... c’è una pigrizia... e di contro l’unico modo per
vedersi è il bar... il bar e tutte le casualità che ti capitano al bar... “mi è
nato un figlio”, “festeggiamo le partite dell’Inter”... ogni scusa è sempre
buona e via...
Lì avvengono anche tutte le discussioni, gli scambi anche culturali, avvengono lì... che va bene...
[Intervista 5]
Le aggregazioni fortuite. Adesso è difficile trovare gruppi di amici, sono accozzaglie di persone. È molto difficile che accozzaglie di persone si mettano
d’accordo: “questa sera andiamo tutti a Cles”. Vai al R.R. e lì ti incontri con
tutti, è più facile, i gruppetti si muovono se c’è un gruppo, se c’è qualcosa,
in due o tre è difficile che vadano giù al P., a fare cosa?
Non so perchè adesso non si formano più gruppi. Ci si trova sempre al bar,
ma gente di tutti i tipi. Ai miei tempi invece c’erano due gruppi quello di
M che era un gruppo molto unito, erano 6 ragazzi di tutti i ceti sociali ma
che avevano trovato degli interessi comuni, guardare VHS, suonare...
Io, invece, giravo con gente due anni più vecchia di me. Avevamo altri interessi, che erano appunto quello dello snowboard. C’erano due compagnie
stabili. Noi ci ritrovavamo sotto il T., mentre gli altri sotto il Comune.
Adesso non vedo più compagnie. Non so il perché. […]
In Valle di Sole adesso tra i più giovani è difficile. Ci si trova al bar in modo
molto più casuale.
[Intervista 6]
231
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 7
I gruppi, le compagnie e le bande
Dalla osservazione della consistenza e della dislocazione geografica delle aggregazioni di giovani, nonché dai racconti dei loro componenti, emergono delle
articolazioni che possono essere tipizzate come segue.
7.1. Il gruppo
Intendiamo con gruppi degli agglomerati assai occasionali di amici legati in modo
del tutto informale, se non addirittura effimero, costituiti da un numero ristretto
di individui (fino a 6-7).
Tali gruppi, ovviamente presenti ovunque, prevalgono (fino a monopolizzare
la situazione) in bassa Valle di Non, zona rimasta prevalentemente agricola e
non eccessivamente toccata da processi di industrializzazione.
I gruppi di paese. Quando esco il pomeriggio vado in giro con le persone di
Denno... quando invece sono a scuola mi trovo con i compagni della mia
classe o con altri di Denno. Non c’è un gruppo fisso. (1)
La maggior parte del tempo siamo in quattro: io, lui e altri due... (4)
Ci sono dei gruppi che però cerco di evitare, poiché le persone che ne fanno
parte non sono simili a me, quindi vado con loro... (1)
Io mi trovo con le solite cinque o sei amiche […] (2)
[Gruppo 2]
Noi siamo sempre andati in giro come gruppo del paese, però andavamo
tutti a scuola a Cles, quindi andavamo più volentieri verso Cles... (1)
Poi cresci e cerchi di andare più lontano possibile... però i mezzi sono
sempre quelli... Io alle medie giravo con loro. (2) […]
Il problema principale sono i trasporti quindi è naturale che si faccia gruppo
con quelli del proprio paese... (1)
[Intervista 3]
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Capitolo 7
Gli amici del paese. Io non posso trovarmi con le mie compagne di classe
perché sono tutte della Valle di Sole, sono tutte lontane e quindi per problemi di trasporto... io ho una coetanea al mio paese, mi trovo con lei, però
non ho proprio un gruppo di amici... (5)
[Gruppo 2]
I gruppi di teppistelli. Anche sulle corriere, quando si scende ci sono sempre
questi gruppi... secondo me le corriere le devono cambiare tutti gli anni
perché arrivano alla fine che perdono i pezzi. (4) […]
Sì, c’è l’aria condizionata sulle corriere, poi tirano giù i coperchi e i fili... (3)
Ce ne sono diversi gruppi di teppisti... (2)
Un po’ come le “gang americane”. (1)
Un ghetto sarebbe meno pericoloso che andare in corriera. Se vai un posto
più indietro di quello che loro ti assegnano, iniziano... ad esempio c’è la
porta, se anziché metterti dove ti dicono loro, vai più indietro... è come
se quello fosse territorio loro... se ti va bene ti dicono solo parolacce e ti
mandano via. (4)
[Gruppo 2]
7.2. La compagnia
Chiamiamo invece compagnie, insiemi di coetanei “amici”, che si caratterizzano,
rispetto ai gruppi per la loro maggiore “solidarietà” (e quindi l’attitudine e una
certa regolarità a frequentarsi); presentano inoltre una sorta di “stanzialità” che
può significare anche l’elezione di un luogo privilegiato di incontro e un qualche
grado di controllo del territorio e della sua fruizione.
Da un certo punto di vista, diversamente (come vedremo) dalla banda, ripropone lo schema antico della territorialità agricolo-pastorale montana: ogni entità
gestisce e controlla stabilmente una porzione dello spazio d’esistenza.
I meccanismi di integrazione alla compagnia sono molto rigidi e in chiave
severamente maschilista; le ragazze vengono “accettate” per vincoli di parentela
o di amicizie incrociate.
Emerge una certa attenzione alla uni-forma, anche se non così decisiva come
lo sarà nel caso delle bande. Qui l’abitudine alla frequentazione di locali stabili
può accompagnarsi ad esempio all’uso di magliette: distinzione necessaria per
il controllo degli avventori. Sono costituite da un numero già più elevato di
componenti (diciamo tra 6 e 20).
Queste compagnie sono molto frequenti in alta Valle di Sole e in Val di
Fiemme; in zone cioè già in stretto rapporto con strutture industriali, ma
soprattutto con un fenomeno derivato dalla urbanizzazione come il turismo
di massa.
234
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 7
Tuttavia le compagnie, sembrano piuttosto forme di resistenza di socialità tradizionale a quelle dinamiche di modernizzazione; così come potremmo dire che
i gruppi sono forme di acquiescente imitazione del passato.
La composizione della compagnia. Io preferirei andare via, per la compagnia... cioè anche qui ho la mia compagnia ma preferisco l’altra... quando
andiamo in giro qua si parla di calcio tutta la sera, invece in Valle di Ledro
hanno interessi diversi... (5)
La maggior parte delle compagnie sono formate per interesse, io preferisco
andare in giro con i miei amici del basket, se vado con quelli che giocano
a calcio non mi diverto molto... (1)
Se tutti parlano di qualcosa di cui non te ne frega niente... (6)
Le compagnie di solito sono miste... (1)
Noi invece siamo quasi tutte ragazze... per esempio nella mia compagnia
io e una mia amica abbiamo lo scooter, le altre invece non ce l’hanno e
non hanno il patentino quindi non andiamo neanche in giro... solitamente
andiamo al M. (2)
[Gruppo 8]
La compagnia di paese. Nella compagnia c’era gente di Vigo, di Toss e dei
Masi... Vigo di Ton è uno di quei paesi, un po’ come Sporminore ma meno,
che devi venirci apposta... Per questo siamo un paese, ed è sempre stato così,
molto unito. Se andavamo a Mezzolombardo si andava con la compagnia di
Vigo, se c’era un’altra compagnia di Vigo allora ci aggregavamo a quella... A
differenza magari di altri paesi dove c’era una convivialità diversa, più compagnie, i paesi vicini... qui invece no, è sempre stato così e lo è anche tuttora...
[Intervista 1]
L’identificazione della compagnia con un luogo. Qui ad Arco ci trovavamo al
“parchetto”... era un parco lungo la ciclabile, dove ci si trovava, si fumava la
prima sigaretta, si stava in compagnia, si facevano due chiacchiere... Anche
adesso noi ci troviamo tre ore qui fuori al freddo, ci troviamo sempre qui
e alla fine scegliamo sempre il nostro bar e se non si rimane qui, si va a
Riva al solito bar...
[Intervista 13]
Il locale di una compagnia. La sala ha funzionato per un gruppo di persone...
si sa che nei paesi si formano dei gruppi in base all’età o a delle preferenze
musicali...
Il nostro gruppo, eravamo in 7 o 8, più qualche curioso occasionale... lo
occupava praticamente sempre... finivamo la scuola e andavamo lì a giocare
a calcetto, guardavamo dei film... ci passavamo il tempo...
[Intervista 7]
235
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 7
La compagnia stanziale. Sui 15, 16 anni, un po’ seguendo l’onda dei nostri
fratelli più grandi anche noi volevamo avere un posto nostro e a Vigo di
Ton c’era una di queste taverne... ce n’erano tre o quattro in base alle compagnie... era l’ex Arci, da noi ribattezzata Arci, anche se non aveva niente
a che fare con l’associazione... Era l’ex bar L., era in mezzo al paese, era il
bar gestito da mia zia G.
Sopra era un bar e sotto era stato trasformato in taverna, avevamo fatto
una postazione Dj di legno, con il parabrezza di una Seicento, con tanto
di spese dell’uno o dell’altro, stereo, i vari dischi, mixer per le luci... questo
era stato fatto dalle generazioni precedenti...
Noi l’abbiamo ripreso, sia come locale, sia come tipo di divertimento... perciò era ritrovarsi, avere a disposizione uno spazio il sabato e la domenica.
Si iniziava ad avere qualche serata più libera, ci si ritrovava al bar di Vigo
di Ton, che era il ritrovo, come tutti i paesi... un posto caldo, un posto
dove c’era gente, poi rimanevamo lì, ordinavamo da bere, birra, una, due,
tre, in compagnia e poi ci trasferivamo in questo posto dove eravamo
un po’ più liberi di fare tutto quello che volevamo... non è che si facesse
chissà cosa, però ci scappava... ti compravi la tua cassa di birra, andavi
lì, chiacchieravi, ballavi, fumavi le tue prime sigarette... (silenzio) ... le
prime canne […]
[Intervista 1]
Il “posto” della compagnia. […] poi invece a Predazzo ci si è organizzati da
molto tempo con le taverne...
Uno ha una tavernetta a casa e là si ritrova la compagnia, un po’ come qua,
solo che qua il luogo è del comune e quindi dobbiamo...
Là invece la taverna è privata, i ragazzi fanno i cavoli loro... Qua invece
abbiamo assunto anche rispetto al paese un ruolo di associazione, non si
sa se culturale, giovanile o “sbevazzona”...
A Predazzo ci si ritrova molto tra giovani, il fatto di spostarsi nei locali
non è molto...
Poi a Panchià c’è una baracca uguale a questa... (1)
... si ritrovano da un anno, neanche... (2)
Noi siamo gli unici a rivestire il ruolo di associazione, però sono molti nella
zona che hanno il posto per ritrovarsi... (1)
[Intervista 11]
Le taverne come spazio della compagnia. A Predazzo quante taverne ci sono
grandi? Quella giù del B, la taverna A, che il prossimo anno festeggia il
decennale...
... quelli sì, fanno le magliette, hanno il sito...
Sono come un’associazione culturale...
La baracca di Ziano invece è un’associazione culturale... (3)
236
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 7
Questa sono ragazzi sopra i 20, poi la M ma non è tanto che c’è...
... e questi fanno i gemellaggi con Ziano...
Poi tutte quelle sotto la stazione, dove danno dei locali in affitto...
In tutte le taverne saranno 10 o 15. Magari ci sono quelle più isolate come
la nostra...
[Intervista 10]
I meccanismi di selezione. Al “Casel” hanno fatto un “gruppo giovani”,
diciamo un po’ scelto... (5)
... doveva essere il “gruppo giovani” della parrocchia, era nato così... (4)
... però hanno scelto loro, potevano andare tutti, ma tutti quelli che avevano scelto... (5)
Sono partiti dai ragazzi più grandi e hanno detto: tu vieni, tu vieni, tu
vieni; tu no, tu no, tu no... (4)
[Gruppo 4]
I meccanismi di accesso. Vai se sei invitato...
Oppure tramite la morosa di...
Le amiche delle morose...
[Intervista 10]
La gestione delle risorse. Solitamente quando le organizziamo con il gruppo
giovani ci troviamo, decidiamo di fare una festa, facciamo la pasta, invitiamo
qualcuno, poi il numero dobbiamo quasi sempre saperlo, non possiamo
preparare per 5, essere in dieci e metterci le dita negli occhi... ci troviamo
tutti e diciamo: “invita un tuo amico” ecc.
Normalmente più o meno siamo una ventina... possono venire tutti...
abbiamo sempre da bere Coca Cola o aranciata... poi non è che uno può
venire e dire: “entro e bevo gratis”, anche perché, sì, non è che quelli che
vengono pagano... però se vieni sempre allora entri nel gruppo e quando
organizziamo le feste metti qualcosa anche tu... perché le feste le organizziamo che: “io porto questo, tu porti quello”, oppure facciamo una colletta
e andiamo a comprare quello che serve... (1)
[Gruppo 3]
Il controllo delle risorse. […] le ragazze seguono la compagnia maschile...
c’è un nucleo, la morosa, come era per lei quando veniva a Vigo, segue la
compagnia di Vigo, si andava al bar e si facevano le stesse cose insieme,
tutti quanti, si andava in discoteca o in qualche locale... perciò sempre e
comunque tutti insieme... e anche le ragazze facevano tutte le stesse cose.
Evidentemente i maschi erano la parte trainante, perché da sole non si
ritrovavano al bar...
[Intervista 1]
237
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 7
Il controllo e lo sfruttamento delle risorse. C’è una minima parte di ragazze. (2)
Purtroppo è vero, saranno 5 su 20... sono ragazze del paese che sono diventate le morose... fino a poco tempo fa erano le morose di tutti... siamo
in 20 di cui 5 ragazze, il sabato sera... vanno con tutti... (1)
[Intervista 11]
Il controllo del territorio. Sì, perché quelli di Tuenno come quelli di Vigo
girano tutti in gruppo, noi giriamo in due o tre, cosa vuoi fare... quando
invece ci sono questi gruppi di venti o trenta persone... (1)
Sono i “grupponi” che di solito provocano queste risse... a Tuenno sono
molto uniti, si sentono anche i più “fighi”... (3) […]
Si creano sempre dei gruppi dei paesi che si chiudono un po’... poi il motivo di queste risse sono le cose più stupide, una spinta, guardi la tipa di
un altro... (3)
[Intervista 3]
Il mimetismo. È molto importante come vai vestito... bisognava stare attenti
a cosa ci si metteva, se per esempio si andava al M. ... perché se ti guardano
male...
Se non vai vestito in un certo modo sei un po’ sfigato... magari hai un bel
vestito, però è di un altro stile che loro non conoscono e ti guardano male,
fai la figura di quello che non è capace di vestirsi... Per esempio quando
tornavo da Trento o da Verona e mi mettevo i vestiti che usavo giù e mi
sembrava di essere elegante, arrivavo su e vedevo che mi guardavano un po’
strano, oppure notavo che tutti avevano un determinato paio di pantaloni
che si usavano solo lì... tutti giravano uguali...
Le magliette sintetiche, le scarpe da ginnastica... sullo sportivo che costa
tanto.
Non è questione di vestirsi bene o male il problema è non essere diverso
dagli altri... non c’è nessuno che veste diversamente e si sente fiero di essere
diverso... anche le ragazze vanno in bagno a sistemarsi... perché devono
sentirsi protetti, uguali o comunque devono stare attenti a non fare cose
diverse perché vengono guardati...
[Intervista 9]
7.3. Le bande
Le bande appaiono anzitutto come le aggregazioni più numerose e perciò stesso
meno esclusive nei confronti di nuove acquisizioni; l’appartenenza è codificata
da elementi esteriori come l’abbigliamento, i generi musicali, l’uso di questa o
quella sostanza. Il controllo del territorio si effettua in modo più specificatamente
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 7
formale con la gestione di luoghi di ritrovo; la vicinanza con il cosiddetto neotribalismo urbano è evidenziata anche da una certa aggressività e da una certa
violenza che evidenziano una sorta di “imperialismo territoriale” che travalica
la sfera prettamente simbolica dei due tipi di aggregazione precedentemente
analizzati. Queste ultime formazioni sono reperibili soprattutto e in numero
significativo nella zona dell’Alto Garda e, sia pure in forma embrionale, in Val
di Fiemme.
Le bande della zona. […] loro mi hanno insegnato che c’erano gli “sballoni”
che erano quelli che fumavano le “canne”, che si vestivano in un certo modo
... e poi c’erano i “ghebber” che invece sono quelli che di solito si fanno le
pasticche... e che qua non dovevano venire assolutamente... dicevano quelli
più grandi: “tanto loro non ci verrebbero mai perché ci siamo noi, e poi
comunque noi non li vogliamo perchè sono di un certo tipo”...
Io ho sempre cercato di essere aperta a tutto... perché il centro è di tutti,
però è vero che quando ci sono determinati gruppi è più facile che altri
gruppi non arrivino qua... perché lo considerano in un certo modo... perché
quello è il centro degli “sballoni” e dei “cannaioli”, questo è il centro di ...
e non è il centro per noi. […]
Poi per esempio i “rapper” e gli “sporchini” sono amici... invece i “ghebber” no...
[Intervista 12]
Le diverse bande e le loro connotazioni.
Ci sono i “fattoni”, i “bragonzi” o “rapper”... (3)
C’è proprio una distinzione, ci sono gli “sporchini”, si vestono un po’
trasandati, la pulizia non è il massimo nella vita. Sono simpatici... hanno
i capelli rasta, girano spesso con un animaletto e allora se continuano così
diventa un scelta di vita e allora diventano... (1)
... Punk-a-bestia... (3)
Noi diciamo che sono sempre fuori, in realtà non è vero, sono più spontanei, sono più socievoli, hanno una marcia in più... come difetto hanno
che fanno grande consumo di droghe leggere... (1)
... anche di alcol... poi secondo me come difetto hanno che bevono tantissimo e spesso provocano risse... (3)
Quelli che conosco io sono pacifisti... sono tranquilli si fanno i fatti loro...
però se vengono provocati...
Poi ci sono i “ghebber” ... è una fascia da proteggere... vanno in discoteca
molto presto... i genitori li lasciano... fanno utilizzo di stupefacenti, pastiglie... (1)
Poi si distinguono per la pettinatura... rasati a zero... (1)
... si mettono giubbotti in pelle... (3)
... da quella fascia lì poi si spostano, diventano “fighetti” oppure tengono
il pensiero politico e diventano dei fascisti... (1) […]
239
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 7
Adesso diciamo che i ragazzi di 14 o 15 anni si possono definire tra “rapper”
o niente... (1)
... sono tutti uguali... (3)
I maschi ma anche le ragazze usano braghe larghe, magari le ragazze braghe larghe e canottiera aderente sopra che sta molto bene il contrasto... i
ragazzi tutti larghi...
Poi c’è qualche “ghebber” ma pochi...
Un’influenza qui della zona dei maschi tra i 14 e i 16 anni è di tifare per
una squadra di calcio... che è il Verona, che è qua vicino... beh adesso un
po’ meno perché è in B... Verona, di destra... erano tutti piccoli passaggi
che ti portavano da quella parte... (1)
Fino a qualche anno fa c’erano anche i ristoranti da non frequentare per
alcuni... (3)
Anche adesso, vengono su quelli della lega di Verona... se vuoi fare il cameriere non devi essere di colore, capelli corti... (1)
[Intervista 13]
Le risse tra bande. C’era un bel gruppo quella sera... la cosa che mi ha stupito
è che c’erano i “ghebber” di Riva, quelli di Arco e anche quelli del centro,
marocchini, ecc. C’erano due tipi che dovevano litigare, già progettato, per
la ragazza di uno dei due... in pratica quei due dovevano scazzottarsi, ma
due pugni e finiva lì la storia... poi... tipo fiaccolata, tutti che si spostavano
come le bisce, siamo andati in una viuzza di Arco dove non c’era nessuno...
erano due ragazzi uno di Riva e uno di Arco... c’era il cerchio di persone
che guardavano... un albanese... in pratica erano sotto casa sua, era lì... e
dice: “potete smetterla di scazzottarvi sotto casa mia?” Poi è intervenuto
uno di Riva e l’ha picchiato a sangue... aveva la maglietta strappata... e la
mia amica non se ne voleva andare […]
... e non è finita lì perché c’è stata subito la vendetta degli albanesi, che
sono andati a Varone... sono stati arrestati perché quelli di Riva sono stati
furbi e hanno chiamato la polizia, sono stati arrestati e sono stati in carcere
e adesso non è dimenticata la storia... ce l’hanno in mente...
Qui c’è il gruppo degli albanesi che è ad Arco, il gruppo dei “ghebber” che
è a Riva... (4)
[Gruppo 7]
Le bande e la violenza per il controllo del territorio e delle risorse. Ci sono
spesso risse... (3)
Sì, gli albanesi girano sempre in gruppo... hanno un’unità di gruppo fortissima, non puoi neanche toccare uno di loro ... (1)
... che sei già per terra, morto... (3)
... tipo la mafia... (1)
... e non è bello... sì, loro vanno in giro in banda... (3)
240
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 7
... mentre gli altri vanno in giro a gruppi... e a volte ci si unisce per scacciare
il male comune.
Una volta era successo che avevano fatto a botte vicino al C., le avevano
prese gli italiani... questi però avevano degli amici, hanno fatto un giro di
telefonate, sono andati a cercarli, avevano le mazze nel baule della macchina,
sono andati a prenderli, li hanno caricati di botte e spediti all’ospedale...
(1)
Sono sempre gli sguardi o gli sguardi sulle ragazze... oppure qualche apprezzamento pesante... loro sulla tua ragazza possono dire quello che vogliono...
tu non puoi dire niente oppure puoi ma ne paghi le conseguenze...
Poi lo sguardo... è un gioco di sguardi...
[Interviste 13]
La differenza tra la città e le valli. Noto che a Trento ad esempio una cosa a
cui si dà importanza nelle compagnie è l’avere un proprio stile, tipo ci sono
quelli di Piazza Italia che sono i B-Boy che vanno a ballare in piazza Italia e
io ho girato anche con loro ed è difficile che bevano perché hanno proprio
questa cosa del ballare, di far vedere che sono bravi. Poi ci sono quelli di
piazza Erbe, che invece sono i “fighetti”, che si vestono tutti “firmatini”,
all’ultima moda e vanno in discoteca. Oppure non so, ci sono i punk, ma
non ce ne sono tanti a Trento. Mentre su della moda non gliene frega a
nessuno, ma per sentirsi più fighi, devono bere.
[Intervista 14]
Si potrebbe avanzare come ipotesi dinamica: gruppi, compagnie, bande si
presenterebbero come forme di aggregazione gradualmente inserite nei
processi di modernizzazione. Da una certa continuità con il passato, a una
certa resistenza al presente, sino a una certa sua accettazione in un adattamento più o meno consapevole.
241
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 8
L’alta e la bassa stagione
La percezione di forti differenze di condizioni d’esistenza in presenza o assenza
dei turisti (detti “scavalcaorti” o “frescheri”) si articola, nelle interviste, con
l’evidenziare una serie di elementi.
8.1. L’effetto rianimazione
L’arrivo dei turisti sembra alleviare o addirittura eliminare quei fattori negativi
dell’ambiente nativo che abbiamo estrapolato al cap. 6.
Ovvero: la rarefazione si trasforma in affollamento; la banalità in eccezionalità
e sorpresa; il tempo fermo sembra rimettersi in moto in numerose e continue
storie individuali e collettive impreviste; il non-luogo si trasforma in un seguito
di paradisi apprezzati dai vacanzieri ma fruiti anche dai locali; la stessa insularità
viene meno grazie ai traffici che si ingenerano più o meno effimeri; la casualità
diviene regola diuturna.
La differenza tra alta e bassa stagione. Più che altro tra stagione e fuori
stagione... (6)
L’estate nel mio comune fanno un opuscolo sul quale ci sono molte manifestazioni di ballo, la sagra, qualche spettacolo, invece l’inverno... adesso
fanno le mostre di presepi... dicembre, gennaio... (5)
L’estate ci sono anche i turisti, puoi conoscere nuova gente... puoi invitare
degli amici che non sono di qua con la scusa delle vacanze... (4)
... puoi stare alzato di più... (1)
... come noi, quelli del nostro gruppo, poi l’estate si aggiungono tutti quelli
che solitamente vengono tutti gli anni e che conosciamo da quattro o cinque
anni... vengono su tutte le volte, quindi stanno con noi... (2)
La differenza, secondo me, non è tra estate e inverno ma tra alta e bassa
stagione. Ad esempio, dove andavo sempre quest’inverno, al R.R., che è
un pub, finché c’era aperta la stagione sciistica c’era gente da tutto... ormai
io e la mia amica avevamo la pista degli stranieri, avevamo trovato i belgi,
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 8
i tedeschi, gli olandesi, tutti... infatti ho passato tutto l’inverno a parlare
inglese, perché appunto avevamo conosciuto... fuori stagione è morta.
[…] (6)
[Gruppo 4]
Il tempo si rimette in moto. Le ondate di turismo forse danno la sensazione
che riparta il tempo... (2)
Sì, sì, sicuramente... (4)
Secondo me il turismo è come quando da bambini arriva il circo o la
giostra in paese... arriva il caos, arrivano le macchine, poi non è un evento
entusiasmante... (1)
Poi ognuno sta per conto proprio, però...
Però, vai al T. ed è pieno, vai ovunque e trovi gente e anche tu con la tua
compagnia ti diverti... (2)
Sì, un po’ si ravviva l’ambiente, a me fa piacere, sotto le feste di Natale si
arriva a Cogolo e si vedono le luci...
[Intervista 7]
L’euforia. ... che invade abitanti e turisti, che invece poi scema nei periodi
di bassa stagione...
Vabbè che ultimamente arrivano anche tanti vecchi... (5)
È sempre pieno di vecchi, l’estate è una cosa pazzesca... però c’è anche più
giro, cioè c’è più giro di tutto. (4)
È che l’estate tra i giovani va più il mare, quindi in montagna ci sono solo
famiglie... (6)
... ci sono quei gruppi di giovani...
... sì, due, tre ragazzi, tantissimi vecchi...
D’estate ovunque vai trovi gente, vai in piscina trovi gente, vai... (4)
È perché l’estate fanno più feste, ogni sabato o domenica c’è una festa, c’è
sempre festa... tipo a S. Anna c’è festa... (5)
Fanno il tendone a Masi, poi a Canazei, poi c’è S. Giacomo, che è il patrono di Predazzo e fanno il mercatino... trovi sempre qualcosa da fare,
subito... (2)
[Gruppo 6]
Sentirsi in vacanza senza esserlo. Quando arriva l’estate si sente aria di vacanza anche se comunque non si è in ferie. Anche se non sono in vacanza,
io mi sento in vacanza. (1)
Sì, a vedere più gente ti viene più voglia di uscire... (5)
[Gruppo 7]
La gente nuova. Ad ogni modo a me il periodo turistico piace... (2)
Anche a me piace molto, la nostra economia è basata sul turismo quindi se
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 8
non ci piacesse... ad ogni modo mi sembra una cosa positiva...
Uscire la sera e vedere gente... per il gruppo, anche se non è molto integrato,
vedere altra gente... è bello, vedere che al parco non si è più solo i soliti,
ma ci sono anche degli altri, è bello...
[Intervista 7]
I paesi si rianimano. Ci sono molti locali... appunto perché ci sono i turisti.
Si aspetta la stagione invernale per andare su perché aprono le birrerie e ci si
diverte... oppure in tanti si trovano nelle “voliere”... a bere sostanzialmente
giù dalle piste... anche chi non scia... per esempio io non so sciare però alle
4 di pomeriggio della domenica vado in “voliera” e c’è lì il mondo […]
Il paesaggio è completamente diverso […] per esempio a Cavalese, se il
24 di dicembre vuoi attraversare il paese in macchina ci metti tre quarti
d’ora perché c’è moltissimo traffico, perché non trovi posteggio... Cavalese
sembra una piccola via Mazzini di Verona perchè mettono tutti i negozi
fighi anche se è un paesetto...
[Intervista 9]
L’affollamento. Canazei avrà 1.200 abitanti, Campitello ne fa 700 e in alta
stagione arriva a 5.000; Campitello passa da 700 a 5.000... ci saranno una
quarantina di alberghi... (6)
A Moena ce ne saranno il triplo...
In Val di Fassa quasi ogni paese subisce questa moltiplicazione... è una
cosa bestiale... (6)
D’estate i bar chiudono all’una di notte, adesso alle dieci e mezza chiude
tutto... (4)
Sì, però qui non c’è lo sbalzo che c’è in Val di Fassa di turisti... (2)
A Predazzo c’è tanta gente, ci saranno circa sui 4.300 abitanti e con i turisti
si arriva a 6.000 neanche... è solo la Val di Fassa che ha questo sbalzo... ha
praticamente solo alberghi la Val di Fassa...
[Gruppo 6]
L’atmosfera di novità. Cambia abbastanza...
Noi abbiamo fatto amicizia con molti turisti... con il fatto che abbiamo
il posto qua i turisti fanno parte della compagnia nei 10 o 15 giorni di
vacanza... quindi in estate o anche in inverno c’è molto più movimento
anche qui dentro, anche in paese, si vede che c’è movimento...
Anche se il turismo di qua è prevalentemente di grandi, sopra i 50 anni,
ci sono alcuni giovani che magari hanno la casa e ritornano... tra questi
abbiamo delle amicizie, quindi c’è molto più movimento, si gira di più...
ci sono rapporti anche con altre persone...
In bassa stagione invece la valle è morta, ci si annoia e basta... si vede che
tutto è più triste... quando arrivano i turisti in qualche modo ci si diverte
245
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 8
di più, perché c’è più gente in giro. Siccome con questi ci si vede meno
allora quando arrivano c’è più festa, c’è proprio l’atmosfera di novità e di
divertimento. Quando siamo qua è tutto più calmo.
[Intervista 11]
La caccia. Ma guarda che per i ragazzi è bello... arrivano le donnine... (3)
Quando ero piccolo, rimanevo a Torbole e la sera andavamo nei campeggi
a cercare le olandesi e le tedesche... era un altro modo per rapportarsi ad
un’altra cultura... non andavamo a cercare la Gianna che abitava vicino
a casa mia, andavamo a cercare queste tedesche, che idealizzavamo... poi
sentivamo quelli più grandi... Si entrava nei campeggi... cercavamo di non
farci scoprire... anche perché il campeggiatore ci conosce, se ci vedeva ci
mandava fuori... non è che facevamo sempre la corte, parlavamo... mettevamo in pratica la lingua che studiavamo a scuola... poi ci mettevamo
d’accordo per trovarci in spiaggia il giorno dopo... si chiacchierava così...
poi magari nascevano anche delle belle amicizie...
Adesso invece siamo un po’ più distaccati... è un fenomeno più giovanile
andare a provarci con le tedesche...
Anche qua si andava al campeggio, poi lì vicino c’era la piscina e quindi si
passava dall’uno all’altro... si andava a caccia di ragazzini carini, si vedeva dove
andavano si seguivano... si chiedevano informazioni... tutto un giro...
[Intervista 13]
8.2. Le vite parallele
Ferma restando la percezione della “rianimazione esistenziale” dei luoghi, si avverte altrettanto chiaramente, che ad ogni modo i turisti ospiti e le culture che
essi veicolano sono entità passeggere che non lasciano tracce durature poiché
con loro non avviene mai una vera e propria osmosi né una qualsiasi forma di
ibridazione di mentalità, di abitudini, ecc.
Traspare a questo proposito la diversità dei rapporti con i “turisti storici”
(abituali, perché ad esempio proprietari di abitazione o abitué di una qualche
struttura d’accoglienza) e i turisti del tutto saltuari, con i quali si possono avere
al massimo dei contatti occasionali ed effimeri.
Nei due casi tuttavia l’impermeabilità della cultura ospitante appare come un
dato di fatto assolutamente incontrovertibile.
L’indifferenza per i turisti. A me d’inverno non piace... non c’è nessuno...
d’estate c’è più allegria... (5)
Per me non cambia niente... se ci sono bene, se non ci sono fa lo stesso... (3)
Magari l’estate puoi fare più conoscenze, per esempio quest’estate ho co246
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 8
nosciuto un ragazzo di Bolzano venuto qui in vacanza, abbiamo giocato a
basket... (2) […]
Non ho amici turisti... per una sera al massimo... non rimane mai nessuno a lungo e che sia un amico, se capita di conoscere qualcuno una sera è
per una sera o per il periodo di vacanze... non che resti un’amica che ogni
anno... (5)
È difficile che un turista resti tre mesi in vacanza... (1)
No, ma nel senso che non torna ogni anno, non è un amico alla fine...
rimane quella settimana o quei quindici giorni... (5)
[Gruppo 7]
I gruppi separati. A parte quei turisti che vengono ogni anno, che quindi
si integrano nelle compagnie, altrimenti ci sono gruppi separati, quelli del
posto, del paese e i turisti...
Ce ne sono pochi che cercano di avvicinarsi a noi e neanche noi facciamo
grandi sforzi per avvicinarci a loro... (4)
[Intervista 7]
La barriera linguistica. No, perché i rapporti con i turisti sono veramente
limitati. Limitati al massimo. Ho il ragazzo a Bologna da un anno, l’ho
portato su in Val di Sole perché ho piacere che conosca i miei amici e tutto.
È stato un po’ imbarazzante. Io, un mio amico e il mio ragazzo tutto “ok”, si
parlava in italiano. Quando però c’erano più persone che tra loro parlavano
in dialetto, il mio ragazzo non capiva niente. Non capiva. Dieci persone
abituate a parlare dialetto, se anche c’è una persona estranea è molto difficile
che riescano a sforzarsi.
Questo, secondo me, crea una notevole barriera, un notevole indice di chiusura nei confronti dei turisti. Io ho avuto molti ragazzi da via e mi rendevo
conto ogni volta che portarli su era un problema. Non voglio fare la snob
cittadina ma molti miei amici, con cui vado d’accordo e che adoro, non
vanno mai al mare perché d’estate fanno i lavori stagionali e d’inverno pure.
È difficile che siano usciti dal Trentino se non per eventi rarissimi.
Un turista milanese che viene in vacanza in Val di Sole sta con i turisti,
non sta con gli abitanti del luogo. Gli unici turisti che stanno con la gente
del luogo sono proprio i turisti storici, quelli che tutte le estati vengono su
perché hanno i nonni. Anzi molto spesso il turismo ti spinge a muoverti
meno, perchè dici: ma che palle devo andare al R.R. con tutti i turisti, non
conosco nessuno. Allora preferisci startene a Pellizzano, così... non si dice:
“ah che bello c’è gente nuova, conosco qualcuno!”... non funziona così.
[Intervista 6]
L’isolamento dei turisti. A questo proposito mi viene in mente che fino a
3 o 4 anni fa a Predazzo arrivava la Roma in ritiro. La gente del paese si
247
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 8
lamentava perché arrivavano questi a fare casino... Significa che non si
rendevano neanche conto della quantità di gente che arrivava grazie alla
squadra di calcio... Va bene essere chiusi ma almeno vedere il lato pratico
delle cose... non va mai bene niente... non c’è turismo e ti lamenti, arriva
il turismo e ti lamenti ... (1)
Ci sono turisti che noi conosciamo da 5 o 6 anni... lo scorso anno per
esempio è arrivata una compagnia di romani, erano qua di fronte, al bar,
tempo zero e abbiamo fatto amicizia... Loro sono stati contenti, entusiasti,
venivano anche il pomeriggio per stare con noi, era l’unica cosa che potevano fare... Questi venivano qua da 10 anni e non avevano mai conosciuto
nessuno, non facevamo niente... (1)
[Intervista 11]
Un modello irraggiungibile. Il contatto con le persone che venivano in
vacanza era lontano, queste persone erano qualcosa a cui tendevo magari
come modello... ma che vivendo questa quotidianità era inafferrabile.
[Intervista 5]
Il complesso di inferiorità. Principalmente per i ragazzi. Di solito inseguono
solo le turiste storiche. Vengono molti gruppi da fuori, per esempio polacchi che rimangono una settimana. Un ragazzo che ha vent’anni, è single...
con una polacca che è in vacanza per una settimana può essere divertente,
conoscerla, farci un ballo, passarci una serata assieme, ... no perchè è faticoso, perché ... perché mette in luce i tuoi limiti, mette in luce il fatto che
non sai parlare l’italiano, mette in luce il fatto che non sai nemmeno dove
si trova la Polonia.
[Intervista 6]
Lo sport occasionale. Io personalmente non l’ho mai fatto. È quasi esclusivamente per turisti. Anche perché costa molto. Ti capita a volte di essere al
Centro Rafting e che il padrone ti dica che avanza un posto, ma un gruppo
di ragazzi di su non spende 45 euro per mezz’ora di discesa. Poi non è uno
sport che ti dà soddisfazione. Lo fai una volta, hai la visione della Valle di
Sole dall’acqua però finisce lì. Non è che puoi dire mi impegno perché mi
può dare qualcosa. Non dà molto.
[Intervista 6]
8.3. I paesi fantasma
Una delle sensazioni più drammatiche e più “dolorose” raccolte nelle interviste
è il passaggio dal tutto pieno al tutto vuoto. Durante l’alta stagione i paesi e le
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 8
cittadine sono “gonfiati” all’inverosimile di abitanti “posticci”. In bassa stagione
quei paesi e quelle cittadine si svuotano, ma mantengono strutture d’accoglienza,
spesso mastodontiche, deserte come carcasse morte.
I paesi abbandonati. In Val di Fassa poi fuori stagione è bruttissimo... (5)
... non c’è nessuno, ci sono quattro gatti...
Durante la stagione è bello in Val di Fassa perché veramente c’è tanta gente,
però fuori stagione è desolante... (2)
... si può fare tutto quando non c’è gente, puoi fare casino nessuno dice
niente... (3)
Io ci vivo in Val di Fassa, ma... i paesi sembrano grandissimi... sono tutti
alberghi... fuori stagione ci sono quelle quattro case abitate... è squallido...
i negozi tutti chiusi, una schifezza... (6)
Infatti, d’inverno, alle dieci di sera, con la nebbia, gli alberi spogli, sembra
una città di fantasmi... un po’ di paura ti viene... (3)
È un po’ come se fossero paesi abbandonati... in bassa stagione è così...
(6) […]
Se passi per un paese della Val di Fassa vedi tutti alberghi, residence, appartamenti...
... pasticcerie, ristoranti, pizzerie... un albergo, poi dopo un altro albergo,
ecc... (6)
Infatti in stagione è bella la Valle di Fassa, fuori stagione invece non c’è
nulla... (5)
[Gruppo 6]
Il paese dormitorio. Beh, in Val di Fassa a maggior ragione, non c’è niente a
parte gli alberghi... una casa e un albergo, una casa e un albergo... tutti, se
non hanno un albergo, lavorano in albergo, in Val di Fiemme anche, quasi,
lì si vive con il turismo... In Valle di Fassa ci sono delle piste molto belle da
discesa... da noi c’è il fondo di più, mentre da loro si fa più discesa...
[Intervista 9]
Il rispetto dell’ambiente. A me quello dà un po’ fastidio... vedere la spiaggia
un letamaio mi dà fastidio... mentre d’inverno quando ci vado io è tranquilla...
D’estate è pieno di gente, non lo vedi nemmeno il lago... ma la cosa che
più mi dà fastidio è l’inciviltà... se hai una carta la metti nel bidone, non
la butti per terra, non è compresa nel prezzo...
Se io vado dalle loro parti, Alto Adige o Germania e butto per terra una
carta mi arrivano dei “multoni”... poi quando loro vengono qui si dovrebbero comportare come a casa...
Diciamo che il traffico e la sporcizia sono gli unici aspetti negativi...
Io sono molto legata al mio territorio, non solo al paese... una delle preoc249
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 8
cupazioni che ci sono adesso è che distruggano tutto, stanno costruendo a
raffica... la nostra bellezza sta nella natura […]
A me questo mette un po’ di ansia... tra Arco e Riva adesso stanno costruendo come i dannati, sono impazziti...
Arco è la città dell’aria... ma ultimamente non ce n’è più tanta...
[Intervista 13]
8.4. La rivalità e la gelosia
Una certa rivalità nei confronti dei turisti emerge con una qualche frequenza,
anche se con aspetti assai diversi. Si nota infatti anzitutto che le istituzioni
pubbliche, spesso criticate per la loro indifferenza alla esigenza che avrebbero i
giovani di locali di ritrovo e di iniziative accattivanti, sono invece prodighe di
attenzioni nei confronti dei forestieri.
I turisti privilegiati. Quando ci sono i turisti, vengono privilegiati perché
è aperto tutto... (4)
Per dirla con parole più semplici, l’amministrazione... (5)
... per i turisti fa più che per il paese. (4)
Basta guardare sulle piste: “giornata del turista”, “il turista gratis”, a quelli
del posto invece gli fanno pagare cifre assurde... (6)
[Gruppo 4]
Il paese dei turisti. Ad ogni modo in Val di Sole c’è poco... Durante il periodo turistico cambiano sicuramente i divertimenti... ormai qui è tutto
in funzione dei turisti, la gente del posto si adegua. Noi siamo ancora “alla
buona”, riusciamo a divertirci con poco, basta andare in Val Piana, fare
un falò, fare una grigliata... basta stare in compagnia... non c’è bisogno di
andare in giro a ubriacarsi tutte le sere... (3)
[Intervista 7]
Tutto per i turisti. D’estate si fa più roba anche perchè per i turisti vengono
organizzate... a parte le rievocazioni storiche... però anche divertimenti,
perché giovani ce ne sono, soprattutto durante la stagione invernale, vanno
negli appartamenti a farsi la settimana bianca e la sera spaccano in discoteca
e la mattina vanno a sciare e quindi c’è più...
[Intervista 9]
Ciò che viene spesso avvertito come “occupazione”, “presa di possesso” dei
propri territori da parte dei turisti, si esplica nelle limitazioni di libertà di fruizione di zone del paese, altrimenti vissute come proprietà di tutti.
250
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 8
Gli “scavalcaorti”. Noi li chiamiamo gli “scavalcaorti”... per loro è tutto
uguale. (1)
[Gruppo 3]
Le limitazioni territoriali. Poi quando arrivano i turisti... che so, i residence
hanno sempre dei prati. Ad esempio in primavera quando non ci sono
ancora i turisti, giochiamo a calcio in quei prati... poi quando arrivano
i turisti, sono privati, “dovete andare via, non avete il diritto di stare
qua”... non si può più fare niente e anche questo ti rompe le scatole...
io vivo qua, devo fare qualcosa... non posso mica stare a casa a guardare
la TV... (3)
[Gruppo 6]
Le limitazioni temporali. Pessimi direi, io non li sopporto...
Nemmeno io... sono una cosa incredibile... per esempio nel paese di Mazzin,
c’è il riposino pomeridiano dalle 14 alle 16 perché ci sono i residence... noi
invece andiamo sempre in giro... (3)
... mi viene da ridere a pensare al riposino... (6)
... passiamo vicino ad un residence parlando, vengono fuori questi in pigiama... “Fate silenzio, c’è gente che vuole dormire!”... Alle due di pomeriggio?
Cosa dormi alle due di pomeriggio... (3)
[Gruppo 6]
La difficoltà nel reperire risorse. Certo il fatto che ci sia molta gente rende
difficoltoso reperire cose e spazi che di solito invece sono facilmente reperibili come per esempio il campetto da calcio...
Anche il nostro bar... noi vediamo il bar come il nostro bar... il fatto che sia
pieno di gente è un problema... Questo è il mio bar, dove ho conosciuto
lei, i miei amici ecc. (1)
[Intervista 13]
A questo si aggiunga la protervia di molti ospiti che sembrano avere acquisito
il dominio sugli autoctoni stessi insieme con la prenotazione alberghiera.
Il turista invadente. Più che altro, con i turisti, si litiga... (5)
Soprattutto con quelli della bassa Italia. Arrivano, ti chiedono di spostarti... (1)
Sono convinti che nel prezzo dell’albergo o dell’appartamento sia compreso
tutto... (6)
... sì, tutto il paese. (2)
Io lavoravo in questo negozio di foto, una turista un giorno è entrata dietro
il bancone dicendo che voleva questo e quello, allora io le ho detto che
doveva stare dall’altra parte del bancone e lei si è lamentata... (6)
[Gruppo 4]
251
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 8
Il turista pretenzioso. […] effettivamente a volte vengono qua con delle pretese
che sono un po’... sembra che sappiano tutto loro...anche solo nei parcheggi,
vengono qui e pensano di trovare parcheggio... per esempio in una parte di
Tesero ci sono dei parcheggi privati per quelli che abitano lì... arrivano i turisti
e pretendono che il parcheggio sia loro perché sono qui ospiti ecc... se vieni
in un posto devi anche accettare le regole di un luogo […] (2)
[Gruppo 6]
Il turista ignorante. A me danno fastidio ovunque... poi sono vecchi e ti
stressano... io sono di Castello, allora arrivano turisti, mi è successo non una
volta sola, ma tante volte che mi chiedessero “dov’è il castello”... “non c’è il
castello”... “ma scusa, ho visto il cartello con scritto Castello”... “no, è il paese
che si chiama Castello”... “sì, ma ci deve essere un castello”... (4)
Sì, infatti... come a Lago di Tesero... si chiama Lago perché una volta l’Avisio
formava una pozza... che però adesso non c’è più e ne hanno fatto uno artificiale... ogni volta che incontri un turista ti chiede: “dov’è il lago?”... “non
c’è”... “ma come non c’è?” (2)
Anche con i nomi fanno un casino... poi dipende dalla gente, ci sono persone
altezzose, perché loro hanno i soldi, vengono e ti trattano a pesci in faccia...
altri invece sono più alla mano...(6)
[Gruppo 6]
Il turista sbruffone. Quando io lavoravo all’E.R., c’erano tutti quei ragazzi
che vengono da sempre, milanesi... sarà perché il posto richiamava gente
giovane... (3)
Poi quelli di Milano in particolare arrivano e “te la spiegano”, come se noi
vivessimo sul monte... Arrivano qui, vogliono spiegarti come va la vita, come
funziona il divertimento... (2)
Sì, arrivano e vogliono insegnarti come si accende il fuoco... “tu vuoi insegnare
a me come si accende il fuoco? A uno di Pellizzano!”
Noi, anche quando eravamo un po’ più giovani si prendeva e si andava nel
bosco, in Val Piana... adesso vedo che si fa sempre meno... (4)
[Intervista 7]
Il turista maleducato. Forse la differenza è proprio il turista che viene da fuori,
te sviluppi un amore-odio verso questi villeggianti, è bello perché alcuni sono
simpatici, però quando io cammino a Cavalese a Natale e ci sono questi qua
che guardano in su, mi rompono le scatole... alla fine perché vengono lì e pretendono... tanti non sono come noi... molto spesso sono maleducati... Anche
perché poi metà di quelli che vivono nella mia valle fa il cameriere e quindi
vedi il villeggiante come quello a cui non va mai bene niente perché vuole che
gli sbucci la mela, vuole chi gli porti l’aranciata... però almeno è divertente.
[Intervista 9]
252
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 8
Il turista buffo e poco rispettoso. Sì, c’è anche un nome apposito per i
turisti... “frescheri”, non si capisce perché, penso che sia perché la gente
d’estate viene a cercare il fresco... (3)
Ci sono delle mie compagne di classe che vengono dal sud Italia... loro
sostengono che noi siamo molto chiusi verso l’esterno... forse è questo il
motivo per cui si prendono un po’ in giro... (1)
Beh quando si fermano e ti chiedono “dove si trova la Cattedrale”... (2)
“La piazza Duomo?” (1)
“Dov’è il centro?” (3)
A me piace vedere gente in giro... (2)
Io non sopporto per esempio che sparino petardi nel mio paese, che li
sparino nel loro... a me fa un po’ schifo poi trovare tutte queste cose per
terra... (3)
Ma guarda che li sparano anche quelli di qui... (2)
... sì, sì, infatti, ma sgridavo anche quelli di qui... (3)
A me piace vedere le persone che vanno in giro, tutte contente, con i
bastoni da trekking... andare giù per le campagne, che si sentono...
[Intervista 10]
A volte l’uso degli spazi è demandato simbolicamente ad una gara che contrappone i ragazzi del paese ai ragazzi che vengono da lontano.
Le sfide per gli spazi. Ci sono quelli che hanno la casa, o la nonna, allora
si inglobano nella nostra compagnia... poi dopo ci sono altri, beh alcuni
nuovi che si conoscono sono simpatici e va bene, ci sono certi che invece
non sopporto perché arrivano, vogliono la casetta del parcogiochi, noi
la reclamiamo, allora si fa una partita a pallavolo e chi vince si tiene la
casetta. (3)
Il campetto è un altro luogo conteso... dopo arrivano, si gioca cinque contro
cinque, vinciamo noi... allora dicono: “voi giocate in quattro”, “va beh allora
giochiamo in quattro”... vinciamo comunque perché dormono, “allora voi
giocate in tre”... finché siamo arrivati in due contro cinque. (2)
[Gruppo 3]
8.5. L’intermittenza esistenziale
Dalle interviste raccolte, oltre alla sospensione della vita valligiana tra i due poli
dell’alta e della bassa stagione, vale a dire del tutto pieno e del tutto vuoto, della
rianimazione e della rarefazione sociale, emerge con forza anche l’aspetto della
estenuante ripetizione di questa alternanza, come una sorta di intermittenza.
Benché al punto 3.2 sia stata messa in luce la percezione dell’impermeabilità
253
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 8
e della refrattarietà degli ospitanti nei confronti delle diverse culture veicolate
dai turisti, ora invece vorremmo porre l’accento sugli effetti che proprio questa
continua alternanza tra periodo lavorativo e periodo di inattività, genera negli
stili di vita degli abitanti delle valli alpine, ovvero una sorta di assuefazione alla
precarietà e alla instabilità. Addirittura sembra che la casualità e per ciò che ne
consegue l’avventura, stiano alla base di un nuovo stile di vita nato dall’adattamento all’intermittenza.
Vitalità e mortorio ad intermittenza. Ottobre è il mese più brutto in assoluto... non c’è nessuno... (3)
La stagione estiva dura da giugno ad agosto... i mesi morti sono ottobre e
novembre... poi si ricomincia verso la fine di dicembre fino a Pasqua...
Beh poi dipende se c’è neve, se fa freddo e se si può sparare con i cannoni...
Adesso è molto bello, si vede gente che va in giro...
[Intervista 10]
D’inverno, durante le vacanze di Natale, era festa, poi il periodo di Pasqua,
un mortorio che non finiva più e poi ripresa l’estate... tenendo conto che
io c’ero abbastanza poco quindi mi vivevo questa realtà in modo non
costante...
[Intervista 5]
L’intermittenza dei modelli. Poi c’è anche un altro problema evidente, le
tappe accelerate dello sviluppo qui sono chiare... il fatto di essere riusciti
finalmente a uscire da quel senso di sofferenza economica e di povertà per
entrare in uno stato di ricchezza economica diffusa che si confronta con
modelli esterni che sono poco... che è il turista che viene qui, sta qui, beve,
si diverte, poi lui se ne va e tu rimani qua con quelle poche informazioni
che hai captato e cerchi per imitazione ... o coltivi l’immaginario...
Questo è un aspetto che forse questa generazione comincerà a metabolizzare... ci stiamo normalizzando anche se ci sono tanti aspetti...
[intervista 5]
La depressione stagionale. Ad una certa età in effetti forse si apprezzano tutti
e due... Forse è il primo anno che passo qui tranquillo senza che in ottobre
mi venga la depressione stagionale... (4)
Facendo la stagione, lavoro in estate, mentre in autunno sono a casa. In
estate mi capita di dormire due ore per notte e di lavorare 10 ore al giorno...
Adesso che non faccio niente, che non devo lavorare, qui è morto e non
c’è niente, io sono sempre a casa...
Adesso riprenderò a lavorare... inizio alle 8 di mattina però sarò sempre in
giro fino alle 4 di notte...
[Intervista 7]
254
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 8
L’intermittenza lavorativa. In alta valle di Sole, a Pellizzano, l’attività prevalente è il turismo. C’è gente che molla il lavoro normale, il lavoro che
dura un anno, otto ore al giorno, per il lavoro estivo... per guadagnare di
più. Da noi adesso c’è questa smania di viaggiare che detta così sembra una
cosa positiva, ma che secondo me, non è positiva.
A Pellizzano hanno tutti la smania di viaggiare. Adesso c’è un ragazzo che è in
Cile e che rimane lì un mese; diverse persone sono state in Nuova Zelanda,
in Argentina... Con i soldi che hai messo da parte in estate, vai...
Il problema è che la gente rimane spiantata; gente giovane, giovanissima
che rimane spiantata. Cos’hai? Vivi per farti un mese a novembre e un mese
a giugno fuori. Non avrai mai radici, non ti metterai mai nell’ottica di un
lavoro stabile, una famiglia, a 25 anni è normale porsi questi problemi.
Cosa fai, tutta la vita il maestro di sci e le estati viaggi tre mesi in Nuova
Zelanda?
È una moda che a Pellizzano è molto diffusa. Tantissimi.
Le mete più frequenti sono quelle in Sud America. Noi abbiamo le guide
rafting che sono sudamericane, rimangono su tre mesi, le conosci e poi
hai un appoggio là.
Tanta gente che viaggia. È sempre un viaggiare non positivo. Ad un certo
punto della tua vita dici: “bon vado un anno all’estero”, poi ritorni e hai
le idee più chiare. Questo è un viaggio positivo!
Avere la scusa che tanto tre mesi all’anno vai via è un pretesto per rimandare
qualcosa, per non pensare a qualcosa. Di vivere sempre da spiantato.
[Intervista 6]
Le vite stagionali. La stagione... a me non piace fare la stagione, sono obbligata, per tirare su qualche soldo... (3)
Alla fine se le paghe fossero buone non sarebbe male... avere dei lavori
stagionali che ti permettono di vivere tutto l’anno, non da ricco... (1)
Beh se fai due stagioni all’anno, ce la fai... il problema è che in albergo ti
fai 10 - 11 ore di lavoro al giorno... prendi tanti soldi...
Io ho fatto la stagione al Rafting e con quei soldi lì sono andata... ho fatto
un viaggio; chiaro quest’estate ho fatto una brutta stagione e quindi adesso
sto qui, in silenzio e rassegnata... (3)
Tanti fanno questa cosa, lavorano stagionalmente e poi con i soldi che guadagnano si fanno dei viaggi, vanno in Argentina, in Brasile... posti dove si vive
due mesi con i soldi della stagione... sono come delle vacanze premio...
[Intervista 7]
L’intermittenza esistenziale. L’estate c’è più gente, non c’è la neve, ti senti
anche più integrato...
Il rapporto con i turisti ... c’è un po’ ma è molto distaccato... è naturale, noi
siamo abituati a vivere in questo posto da sempre giriamo per Pellizzano,
255
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 8
vediamo le solite persone... se vedo qualcuno di nuovo è difficile che entri
in... forse è dovuto a una certa timidezza... (4)
Poi con i turisti ci sono gli inseguimenti... il turismo da un lato è quello
che dà un po’ di vita ai luoghi, dall’altra è anche quello che la toglie...
Quando ci sono i turisti ci sono anche molte attrattive, locali, iniziative,
l’autunno e la primavera invece, no. […]
Se il turismo ti da tanto... è chiaro che quando non c’è turismo sprofondi
in un baratro... quello che ti dà in più, poi te lo toglie... è una sorta di arma
a doppio taglio... (1)
Penso che se facessero una ricerca sui suicidi, che probabilmente hanno già
fatto, i periodi in cui ce ne sono di più sono in bassa stagione ...
L’autunno è il periodo più morto, non c’è anima viva, non c’è nulla tranne
il solito bar...
[Intervista 7]
256
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 9
Il “respet”
Dalle interviste e dall’osservazione emergono con una certa insistenza delle modalità di comportamento o degli atteggiamenti che, con articolazioni diverse,
potrebbero essere ricondotti ad un “valore” tradizionale che, per la sua persistenza
e per le complesse variazioni della sua fenomenologia, potrebbe venir persino
considerato una sorta di struttura antropologica: il respet, appunto.
Volendo chiarire a livello ancora molto generico, lo potremmo tradurre con:
riguardo, riservatezza, prudenza; ovvero timore d’invadenza, rispetto dello spazio
altrui (come territorio fisico o come intimità personale), pudicizia dei propri
sentimenti e della propria storia.
Per illustrare il concetto in forma più chiara rischiando una certa rozzezza,
si potrebbe dire: la proverbiale, tradizionale riservatezza affettiva e gelosia territoriale della gente di montagna è dettata da un imperativo strutturale che si
origina dalla scarsità delle risorse disponibili in quei territori impervi; quella
stessa scarsità che nei millenni ha interdetto la pletoricità delle popolazioni e
dei loro insediamenti. E ancora, in altre parole, considerando il carattere di
controllo, se non di interdizione del respet, lo potremmo avvicinare al concetto
antropologico di tabù.
Cerchiamo adesso di articolare questo concetto strutturale nella fenomenologia
emergente dalle interviste.
9.1. L’integralismo e il controllo territoriali
Emerge ogni tanto con la difficoltà di comunicare tra giovani e tanto più tra
le aggregazioni, l’appartenenza a paesi differenti: dalle interviste si evince che
è impensabile infrangere il tabù; anche se presumibilmente, la sanzione per il
singolo potrebbe estrinsecarsi come sospetto e maldicenza.
Per quanto riguarda i gruppi, appare persino inconcepibile che la territorialità
venga in qualche modo violata o semplicemente ignorata.
257
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 9
La mentalità. Qui non c’è niente però a me piace... non lo so il perché...
la mia gente, io mi sento come loro... i bolognesi sono simpatici e carini
però li sento distanti... poi a Bologna c’è tanta gente da tutta l’Italia, tante
mentalità... però io sono arrivata alla conclusione che quella giusta è la
mia... non riuscirei a rimanere giù...
[Intervista 2]
Il campanilismo. Questo è un paese molto campanilista... il fatto che si sia fatta
un’associazione sportiva della Bassa Valle, ha provocato un distacco... molti
che prima giocavano nel Vigo ora non giocano più... formando di nuovo una
squadra del paese dove giocano anche ragazzi di 18 anni, con delle capacità,
ma che non vogliono giocare in altre squadre che non siano il Vigo...
I rapporti con gli altri paesi circostanti ora sono buoni... un tempo, ai tempi
di mio padre, quando si incontravano si tiravano i sassi...
Si racconta che ad un certo punto per portare l’acqua a Vigo abbiano
dovuto fare l’allacciamento all’acquedotto di Toss e che quando l’hanno
fatto sia dovuta intervenire la Celere perché c’era forte contrasto... stiamo
parlando degli anni ‘60.
Adesso siamo tutti uniti, il punto di ritrovo è il bar qui di Vigo anche perché
bar negli altri paesi non ce ne sono più...
Rispetto agli altri paesi della Bassa Anaunia, Vigo di Ton, siccome è un
po’ separato anche geograficamente, è una realtà a sé stante... c’è parecchio
campanilismo... a livello di politiche comunali c’è una certa unione... basta
pensare alla Cooperativa Anaunia che è nata fra Vigo e Campodenno che
serve per salvaguardare i negozi in paese, si sono uniti quelli di Vervò...
avranno anche prezzi maggiori rispetto ai supermercati di Mezzolombardo,
però la gente è contenta, vuole avere il proprio negozio nel proprio paese...
si sono riaperti i negozi delle frazioni...
Per chi non ha la patente, o non ha la macchina, per gli anziani ecc. è un
grosso problema andare a fare la spesa fuori paese...
Il fatto di non avere più i bar delle frazioni ma di avere un bar centrale
ha fatto avvicinare la gente... questa è stata una forza... i vecchietti invece
si stanno organizzando nei baretti, nella parrocchia a Toss c’è il bar della
Canonica che è gestito dalle “donne rurali”... c’è un certo attivismo...
Sento dei ragazzi che giocano a calcio che dicono “chei da Vic”, quelli di
Vigo, un po’ come i “valeri” per i Fiammazzi... noi siamo “per conto nostro”... e questi in eguale misura.
[Intervista 1]
Le rivalità tra paesi. Il problema di Vigo sono quelli di Vigo...
Sarà l’altra sponda... no, è una cosa che va avanti da sempre, noi siamo
sempre andati alle feste... Alle medie, c’erano quelli di Vigo però, loro
facevano una sezione e noi ne facevamo un’altra... (2)
258
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 9
Anche in coscrizione sono venuti i quattro eppure l’unico che rompeva
le scatole era uno di loro... (1)
[Intervista 3]
Ancora sulla rivalità tra paesi. In Val di Pejo c’è anche molta rivalità,
per esempio quelli di Pejo paese non vedono di buon occhio quelli di
Cogolo... (1)
[Intervista 7]
La territorializzazione. Ci sono i luoghi del gioco e i luoghi intoccabili,
che non ti appartengono. Io posso fare l’esempio di Croviana e di Malé.
Io non ho mai avuto rapporti, se non alle scuole elementari e medie, con
le mie coetanee di Malé.
Io giocavo in piazza a Croviana, quello era il luogo del gioco, non ce
n’erano altri... era un altro mondo anche se a mezzo chilometro... non
c’erano occasioni di confronto.
Perché tu che sei di Croviana devi andare a giocar con quelli di Malé.
Addirittura il fatto di andare dalle elementari di Croviana a quelle di
Malé sembrava un evento, sembrava di andare in città...
Ci pensavo proprio in questi giorni... l’altro giorno c’erano dei ragazzini
delle scuole del Tonale... chissà cosa avranno pensato questi bambini
venendo qua, quale viaggio...
Spostandosi nella stessa valle, in comuni diversi che stanno a pochi chilometri sembra di percorrere distanze impressionanti...
[Intervista 5]
La gente non esce. ... poi ci sono quelli che solitamente stanno a casa...
Io ho tutti i parenti giù, in Abruzzo, i miei non sono di qua... Lì, quando
esci, trovi movimento, c’è un’atmosfera di paese diversa, con più movimento... qua manca.
Adesso per esempio hanno aperto una nuova casa parrocchiale in piazza,
hanno fatto un baretto, un “bar bianco”, dove si prende il cappuccino,
spero che questo contribuisca a movimentare un po’ la piazza... la piazza
dovrebbe essere il centro d’incontro del paese...
Per ora tutto questo è mancato ed è brutto perché... manca il paese a
livello d’identità. È un paese che si riunisce solo quando c’è l’assemblea
dell’associazione sportiva che rifà il tesseramento oppure si riunisce durante la sagra del paese sotto il tendone, si beve e si balla […]
Per esempio a Ziano c’è l’Associazione culturale Ziano Insieme, fino a poco
tempo fa facevano corsi di cucito e ricamo, corsi di pittura su tazzine...
poi hanno provato ad alzare un po’ il tiro e hanno organizzato uscite a
Treviso per andare a vedere le mostre sugli Impressionisti... la corriera era
piena, ma di Ziano erano in cinque... erano tutti di Predazzo...
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 9
Hanno fatto anche loro il Cineforum ma vuoto totale... la gente si impegna
anche, non siamo solo noi, anzi forse noi in quest’ambito siamo anche quelli
che si impegnano di meno... eppure niente, la gente non risponde.
Se invece si organizza la festa sono tutti là. Chissà perché.
[Intervista 11]
La territorialità protegge. Difficile, molto difficile. Magari qualcuno si
muove, ma è veramente difficile. Sai che non lo so. L’unico motivo che
spinge un po’ a muoversi è il P. di Cles per i più giovani, perché ci sono
molte ragazze. Però il conoscere gente nuova e il non sentirsi protetto come
si è protetti al R.R. ... al R.R. ti senti protetto perché conosci tutti. Già
spingersi fino al P. non è così facile. Anche perché poi c’è il problema dei
gruppi di amicizie.
[Intervista 6]
Il controllo e la gestione del territorio da parte delle compagnie. […] poi ci
sono queste cose, ci sono i nomi, luoghi di ritrovo, si dice: “andiamo in
taverna...”
Ogni compagnia ha una propria taverna e di norma sono dei luoghi usati
da una compagnia, poi si fanno le feste varie ed eventuali che non si capisce... (3)
Sì dai... certe volte...
Poi a Ziano c’è un’altra cosa, c’è una baracca, è una casetta in fondo al paese
con la Tv, il riscaldamento e tutto...
Sarebbe aperto a tutti i giovani... di solito no, poi quando fanno quelle
feste che non si capisce più... è un punto di ritrovo, arriva gente dalla
Valle... (3)
Ogni tanto si festeggiano dei compleanni, allora per vie traverse si arriva
in questi posti... (2)
Le compagnie che hanno questi posti sono prevalentemente maschili e poi
c’è la sorella di, oppure la morosa di...
[Intervista 10]
Il controllo del territorio e la regolazione degli accessi. Qui siamo noi e il nostro
gruppo. Sappiamo regolarci ma sappiamo anche divertirci come vogliamo
e nessuno ci può dire niente...
Siamo un’associazione... ora avrà sui 20 soci... adesso dovrebbero entrare
le nuove leve... noi siamo entrati a 14 o 15 anni... i più grandi adesso ne
hanno 20... sarebbe bello far rientrare anche quelli di 14, anche se per ora
non sembrano entrare... i più giovani fanno la 2° superiore... (1)
Poi l’associazione in realtà corrisponde alla nostra compagnia... (2)
Sì, è quello che fa andare avanti il gruppo... se non ci fosse la compagnia e
ci fosse soltanto il posto, come è capitato in passato... allora non succede260
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 9
rebbe nulla... se invece c’è il gruppo o la compagnia che tira avanti allora
ci si mette d’accordo anche per le pulizie... (1)
Sì, beh c’è anche qualcuno di Panchià che è il paese vicino.
Beh, poi ci sono feste qua in cui ci troviamo in 40 persone... a scuola si
sparge la voce e quando qui c’è una festa i ragazzi arrivano...
Comunque è una cosa tranquilla, non ci sono mai stati problemi con i
carabinieri...
In passato invece ci sono stati problemi... si diceva che qua girava roba...
invece adesso è tranquillo, la birretta sì, ma poi ci fermiamo là... ci divertiamo con poco...
[Intervista 11]
Il sospetto. Nei bar in alta Val di Non è anche peggio, perché intanto sono
più piccoli, ma poi perché si entra e tutti ti guardano male e quindi si
rimane imbarazzati.
[Intervista 14]
L’estraneità. Io vedo persone che sono qui da 20 o 30 anni, che hanno il
lavoro qui, ma non saranno mai di Pellizzano, mai considerate di Pellizzano, non vengono considerati come del paese. Uno di fuori verrà sempre
considerato con un minimo di diffidenza... per quanto sia qui da molto...
questo vale sia per gli extra-comunitari che per gli italiani che si sono stabiliti qui... (4)
[Intervista 7]
9.2. L’obbligo di riservatezza
Il dettato di non invadere l’altrui privacy affettiva, con i propri problemi personali
impedisce un approfondimento dei rapporti individuali e di gruppo, esaltandone
la superficialità effimera: un elemento di rafforzamento delle solitudini proprie
di questo universo giovanile.
Non invadere lo spazio altrui. Qui le occasioni di socialità sono poche, devi
cercarle... non avvengono e quando avvengono è per qualche emergenza...
poche volte avvengono nella cordialità, nella voglia e per il piacere di stare
insieme...
Questo allenamento un po’ lo perdi, poi sei nel tuo ambiente, “mangio a
casa mia, perché dovrei venire a mangiare a casa tua?”
Poi c’è il concetto del “respet”, il fatto di essere timoroso dell’altro... avere
timore di invadere lo spazio altrui... vale in tanti ambiti, vale anche per
esempio per il fatto che io non ti dico cosa penso realmente, perché devo
261
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 9
venirti a raccontare qualcosa di me, che importanza ha, perché mi devo
esporre... poi non ti devo dare fastidio... tutto ciò che non è richiesto non
è ben visto...
[Intervista 5]
Non chiedere mai nulla. Il “respet” è un timore che su una bilancia del ricevere o non ricevere è spostato dalla parte del non ricevere... io mi tengo da
parte... preferisco non chiederti niente perché chiederti qualcosa significa
invadere la tua persona... ma perché mai io ti devo chiedere... Quindi crei
delle paure infondate, delle rigidità che vedo anche nei bambini... non sono
abituati ad esporre ciò che pensano...
[Intervista 5]
Non parlare dei problemi personali. Parlavamo l’altro giorno con i miei coscritti... dei miei coscritti della Val di Fiemme ne sono morti quattro: due
si sono suicidati e due hanno avuto una grave malattia e sono morti. Dei
due che si sono suicidati uno lo conoscevo molto bene e da un momento
all’altro l’hanno trovato impiccato, non ha detto niente a nessuno. Era un
tipo intelligentissimo, avevamo fatto le medie assieme io e lui, eravamo i
due secchioni della classe, lui era sempre molto timido, ci si aspettava che
lui si iscrivesse minimo a Ingegneria e invece ha fatto tre anni di scuola
tecnica e poi è andato a fare il falegname... dopo improvvisamente...
Ha avuto un po’ di sfortuna con le ragazze, si era messo, quando aveva 22
anni, con una di 17, ci aveva provato anche con me, ma non era andata...
e poi ad un certo punto l’hanno trovato nella doccia...
Poi, anche quell’altro, che era un mio coetaneo, si è impiccato nel parco
di Cavalese, praticamente perché aveva problemi economici o così almeno dicono e l’hanno trovato al parco attaccato ad un ramo... questo qua
faceva il macellaio, era tutto fiero e sicuro di sé, almeno così sembrava...
poi non lo so...
Sì, sì, ma in tanti tentano il suicidio, anche la V, quella mia amica, alla fine
non parlano tanto dei loro problemi personali...
A per esempio non ha mai parlato con nessuno, nemmeno con il suo migliore amico... era un tipo un po’ strano... anche se era a posto, aveva la
sua famiglia, una sorella...
[Intervista 9]
La riservatezza e la solitudine. Secondo me è proprio chiusura... io ho
i parenti giù, c’è una compagnia che io frequento 10 giorni all’anno,
quando scendo, eppure sono ospitali al massimo: “dai vieni a dormire
da me”; “questa sera ti porto fuori”; “dai che facciamo una festa”... c’è
un’apertura diversa, ti trovi in famiglia... arrivi qua e trovi una chiusura
spaventosa...
262
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 9
Anche noi adesso con i turisti cerchiamo di instaurare un rapporto...
fino a poco tempo fa arrivava uno da Milano e per quelli di qua era un
terrone […]
Il fatto di andare a cena a casa di qualcun altro non esiste, stai a casa tua,
fai il bravo...
Dovrebbe essere la collaborazione l’elemento per crescere insieme... se
invece stai sempre per i fatti tuoi, sei chiuso in te stesso, poi esci, vai al bar
e prendi il tuo bianco... il paese resta fermo, fisso...
[Intervista 11]
La fatica a incontrarsi. C’erano le feste e i compleanni, io ho sempre organizzato i compleanni a casa mia, in taverna e sono sempre stati abbastanza
vivaci... ma non era così normale... si faticava ad incontrarsi al di fuori dei
luoghi istituzionali del divertimento, legati a ubriacarsi finché si poteva,
tentando di tornare a casa con le proprie gambe.
Questo era presente sia nei ragazzi che nelle ragazze...
[Intervista 5]
9.3. Il paese come istituzione totale
Il desiderio di fuggire dal proprio paese natale viene evidenziato da molti
intervistati. Può essere il sintomo di un rifiuto al controllo sociale totale che
deriva dal fatto che nella piccola comunità tutti sono a conoscenza di tutto,
di tutti.
Si può ipotizzare che, oltre alla indigenza territoriale, l’onniscienza del controllo sia
per contraddizione, uno degli elementi fondanti il respet nelle sue varie forme.
Il pettegolezzo e il controllo sociale. E F, e la V. (2)
Quelli in gita sono scomparsi, stranamente... (3)
E la D, una della mia classe, eravamo tranquilli, giocavamo in compagnia,
tira fuori un pacchetto di sigarette e dice: […] (4)
Adesso va di moda farsi il piercing da soli. (2)
... anche R se l’è fatto... (3)
Alla G l’ha fatto la sua amica... (4)
Prendono l’ago e si fanno i buchi da soli […] (2)
La sorella della D voleva sposarsi... (4)
... è una di quelle che ha fatto il giro di tutti... Poi si è trovata il ragazzo di
venti e passa anni... (3)
Oddio quella aveva il ragazzo di diciotto anni e alla fine, quando si sono
lasciati ha scoperto che ne aveva diciannove... un tipo che rubava macchine e poi ha rubato anche un camion... è un tipo sardo che però vive a
263
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 9
Mollaro da quattordici anni, sua madre ha solo sedici anni più di lui,
perciò capisci... (2)
Si è data da fare... (4)
Come M che è insieme a una del Liceo... (2)
M è uno di quelli che sono stati picchiati... Gli manca solo la moto... (3)
Ce l’aveva la moto solo che suo padre l’ha venduta... (4)
[Gruppo 2]
Il paese prigione.
... ti criticano per tutto... (1)
Ci sono persone veramente ipocrite, ma veramente. Ti puoi fidare solo
delle persone che conosci molto bene... perché tutti seguono la massa. (5) […]
Poi un conto sarebbe criticare e dire: “Oh guarda come si veste!”, ma qui
dicono: “Oh guarda come si veste, io con quello lì non parlerò mai!”... e
poi vanno in giro a dirlo... (1)
... e poi magari le stesse persone vengono a chiederti come stai e si avvicinano... (5)
Poi si girano e dicono: “Hai visto quella sfigata”. (1)
“Di chi è figlio quello là”, ... “ah è il figlio del tale”... “perché ti conosco,
conosco tuo padre, tuo nonno, tuo zio, tuo”... (3)
Porti a casa qualcuno e dice: “ah conosco tuo papà!” (5)
... “era il fratello della moglie dell’amico di mia mamma”... (1)
... sono tutti parenti. (5)
... “seconda cugina di mio zio”... (1)
È una specie di prigione... (5)
Poi stufa vedere sempre la solita gente. (4)
Poi comunque se io vado in un bar, poniamo il caso e mi prendo uno sci
intero di grappa... quella del bar un giorno incontra mia mamma: “ho
visto tua figlia, si è presa uno sci di grappa”... (1)
... “oddio tua figlia sembrava così una brava ragazza”... (5)
[Gruppo 5]
Essere osservati continuamente. Io ho un unico problema in Val di Sole...
raramente arrivo ad essere totalmente quello che vorrei... perchè ti conoscono tutti...
Per esempio io amo vestirmi in un certo modo... (3)
Nei paesi così del resto tutti si conoscono e questo comporta sia aspetti
positivi, per esempio le amicizie che ho qui, difficilmente si trovano in
città, dall’altra ci sono degli svantaggi che sono la sensazione di essere
continuamente osservato... di dover essere in un certo modo... la strada
comune qui è finire le scuole il prima possibile, iniziare a lavorare... (4)
[Intervista 7]
264
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 9
Sorvegliati speciali. La questione, secondo me, non è che si parla poco, è che
si parla male... qui il pettegolezzo è una cosa assurda... in queste zone, il
pettegolezzo è l’abitudine di tutti... tutti sanno: cosa ha fatto quello, quello
beve, l’altro fuma, quella è rimasta incinta a 16 anni, ma guarda che zona...
Una chiacchierata seria e tranquilla non esiste, manca...
Qua sei inquadrato, io sono il figlio del dottore, lui è il figlio di quello...
se bevi lo sanno i tuoi dopo tre secondi... certo è una forma protettiva,
è un guscio che ti protegge, sorvegliato... ma da un altro punto di vista
è brutto essere incasellati in una determinata ottica... cioè te sei sempre
quello... è triste questa cosa, effettivamente qua manca il movimento anche
per quello...
Un giovane è raro che organizzi... che so, la marcia per la pace... ma dove?
Se dopo due secondi sei “sputtanato” per il paese, non esiste proprio. (1)
Chiaro... dopo rimane la chiacchiera che il tale parte, va in giro e si droga,
però comunque quello là, almeno per una sera, si è fatto i cavoli propri... (1)
Anche qua all’inizio è stata durissima... la prima chiacchiera o voce che
è partita è che qui si fumavano le “canne”... dopo due mesi addirittura si
diceva che qui girava anche roba più pesante, l’ecstasy, ecc. ... Queste cose
sono insopportabili, poi dette da persone che ti conoscono... questa è la
cosa peggiore... (2)
Questa è una cosa radicata nello spirito di qua... sparlare degli altri.
È vero, noi siamo qui in un luogo del comune, perché dovrebbero darlo
proprio a noi? Però noi non siamo chiusi in un ghetto, se vuoi venire, vedere, giocare con noi, fare quello che ti pare... puoi farlo...
[Intervista 11]
La mancanza di libertà e l’omertà. È pesante, non puoi fare una cosa che il
giorno dopo, un’ora dopo... sanno già tutto... (5)
Sanno tutto e giudicano tutto...
Sì, è un passaparola veloce...
A parte che questi paesini sono i paesi dei ruffiani... tutti sanno tutto di
tutti... Carlotta, a quella che... (2)
Ah! i vecchi sono incredibili... (3)
Ma non solo, anche i giovani... (5)
A scuola se parli un po’ con qualcuno sai tutto di tutti... (4)
Fai presto a procurarti il numero di uno o di una... (5)
Bisogna anche stare un po’ attenti a come si parla... non si ha piena libertà
nel parlare... questo è un po’ stressante insomma... (3) […]
Due anni fa abbiamo fatto occupazione a scuola, è venuto il preside a dire
che c’è qualcuno che spaccia cose e che sa chi è... ma lo sappiamo anche
noi chi è... non possiamo farci nulla... alla fine si sanno le cose, si fa a finta
di nulla, perché altrimenti cosa fai... (5)
[Gruppo 6]
265
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 9
La fuga verso la libertà. Pensare di stare qua sempre era una cosa che assolutamente non mi piaceva, né l’idea di fare la scuola qua, né... è stata
una fuga.
Per me la cosa più terribile è che era sempre la stessa cosa e... il fatto di
non potermi organizzare la vita... io mi sentivo libera fuori di casa mia,
perchè casa mia voleva dire bar, casini...
Io identificavo questo luogo come il posto dove non avevo il tempo di
fare niente perchè tutto era legato al lavoro... Per me andare via era una
liberazione... sono arrivata a trent’anni a dire che qui sto bene...
[Intervista 6]
La “pienezza d’identità”, il “fiato sul collo” e “la via di fuga”. Poi qua, secondo me tu sei te stessa al 100%, in città c’è il rischio che tu ti ponga
in maniera diversa da quello che sei realmente...
Specialmente se finisci in certe compagnie, c’è il rischio di voler far credere
che sei diversa da quella che sei, che sei una persona che in realtà non
sei... c’è il rischio di non essere completamente te stessa... magari lo sei
al 99% però non lo sei al 100%...
Qui no, qui non puoi fingere...
Perché ti conoscono da una vita... perché no, non esiste...
Può sembrare un po’ come avere il fiato sul collo... che non puoi sgarrare...
però io mi sento molto coccolata dalla situazione... se volessi sgarrare,
potrei... me ne vado a Trento... se invece non ho voglia di farlo sono a
posto... la possibilità di fuga io ce l’ho... secondo me la zona diventerebbe
stretta se non avessi possibilità di fuga... nel momento in cui ho appurato
che ce l’ho, posso scegliere […]
Il problema c’è se ogni sera che esci vai a Cles o a Mezzolombardo, dove
stanno sempre lì a guardarti... “quello con quella, ma cosa succede, sono
arrivati insieme e se ne sono andati insieme... oddio”...
Però se vuoi scappare puoi farlo.
Mi è capitato altre volte che mi chiedessero se il posto dove vivo mi sta
stretto, il paese dove tutti sanno quello che fai...
Ad esempio, il primo anno di Università avevo il moroso a Romallo, è
durata per un anno e i miei non l’hanno saputo... per dire... in paese non
lo sapeva nessuno, eppure veniva a prendermi lì... bastava non arrivare
proprio nel piazzale di casa... invece di arrivare in piazza andavi un po’
più in là...
[Intervista 2]
Il pregiudizio e l’impermeabilità. Poi è anche vero che la chiusura mentale
di cui si diceva prima è proprio radicata dentro. Io sono visto come il
figlio del dottore: “figurati se si ubriaca con i coscritti! Cosa vuoi che
capisca lui della nostra tradizione!”.
266
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 9
Non ho difficoltà, però mi rendo conto di essere visto un po’ come
quello...
Per esempio, questa mattina sono andato in cooperativa a comperare il
grembiule che tutti i coscritti hanno comprato e la commessa, in italiano,
mi dice: “Ma anche te fai i coscritti? E il papà cosa dice?”
Ma se lo fanno tutti quelli della mia età e sono bravi perché lo fanno, se lo
faccio io, cosa dovrebbe dire... C’è un po’ di pregiudizio di fondo... (1)
Sì, sì, anche se lui è qua da tutta una vita... (2)
Ma sì, io ho la mia compagnia, mi sento dentro la gente di qua...
Poi è vero anche che ci sono quelli che arrivano qui e fanno i “fighetti”,
pensano che i montanari... io non sono mai stato di quelli e mi sento
benissimo della zona.
[Intervista 11]
267
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 10
Le feste
Nel quadro che le interviste evocano e che abbiamo sintetizzato al primo punto
con le espressioni banalità e tempo fermo, le feste appaiono al tempo stesso come
momenti privilegiati di comunicazione e di socializzazione e come rotture sia
pure estremamente effimere della monotonia quotidiana.
Dai colloqui e dalle osservazioni possiamo estrapolare da un lato una tipologia e dall’altro una serie di funzioni distinte, anche se nella realtà combinate
in vario modo.
10.1. La tipologia delle feste
10.1.1.Le feste individuali
Le più frequenti sono quelle di compleanno.
I compleanni massacranti. Alla mia festa io non volevo far pagare perché era
il mio compleanno. Alla fine però ho speso 200 euro, tutto quello che avevo,
per comprare da bere e per le patatine ovviamente, per asciugare... […]
Ho preso 40 litri di birra, limoncello... (1)
Sono arrivata dentro, il bancone era pieno di alcol... wow! (2)
... dopo, limoncello, baileys, vodka alla menta, vino... non è rimasto niente.
Madonna che condizioni!
[Gruppo 1]
I compleanni tranquilli. Quando faccio gli anni, siccome ho una tavernetta,
invito i miei amici, mettiamo musica, ceniamo... (1)
Lunedì ho organizzato una pizza per il mio compleanno... di sedici che
eravamo siamo rimasti in cinque... (4)
[Gruppo 2]
269
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 10
Le feste tra amici. Di solito uno va a comprare la roba e poi si divide, ognuno
paga qualcosa... (5)
E chi viene porta i soldi, altrimenti paga tutto uno e non va bene... (3)
Se si fa una festa in casa con 50 persone ognuno porta una bottiglia... (5)
... oppure porta una cassa di birra o due... (1)
Poi prenderei un’autoambulanza e la metterei fuori dalla festa perché sicuramente ci sarebbe qualcuno in coma etilico da raccattare... (3)
... che sta un po’ male... (5)
... no, no, è una cosa seria secondo me... molti miei amici l’hanno fatto
eh... il coma etilico... (3)
Io sono arrivato alla festa verso le 22.30 - 23.00 perché avevo appena finito
di lavorare ed era rimasta solo una birra, mezzo litro, si erano già bevuti
tutto... eravamo una ventina... ce n’era da bere... (3)
Sì, qualcuno porta da bere, non tanto noi che abbiamo 14 anni, ma quelli
di 17, alle feste in piazza, alle 22 sono già tutti ubriachi... certi lo fanno
per farsi vedere... (1)
[Gruppo 8]
10.1.2.Le feste di gruppo
La più frequente è la festa dei coscritti o coscrizione. Si tratta della festa dei diciottenni che può coinvolgere un solo paese o più paesi, a seconda del numero
dei coscritti.
Particolarmente importante e interessante, anche ai fini della nostra ricerca
è quella di Predazzo che inizia il 31 dicembre: simbolicamente la nuova classe
prende il posto della vecchia che cessa i suoi festeggiamenti il 26 dicembre.
Tale festa è estremamente varia e articolata come si deduce dalla viva voce degli
intervistati:
La coscrizione. […] come i coscritti, quando fanno le feste in giro per tutta
la Valle, vanno in giro con i carri e con i trattori, mezzi ubriachi, paese per
paese, poi si uniscono... se passi per strada ti offrono da bere... (1)
... e le caramelle. Ci sono i coscritti con i grembiuli tutti dipinti, cappelli...
che si costruiscono un carro, poi gli attaccano il trattore e cominciano da
Moena e arrivano un pezzo in fuori... (3)
...cinque o sei giorni ubriachi, anche di più... (1)
... cioè dura un anno, però ci sono degli avvenimenti come Capodanno,
Carnevale... (3)
... praticamente qualsiasi cosa succede, vanno... (6)
A Carnevale sono tutti in “voliera”... (1)
A Carnevale? Capodanno, Pasqua... (6)
[Gruppo 5]
270
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 10
La coscrizione in Val di Fiemme. Quando fai 18 anni si fa la festa dei coscritti,
come qui. In Valle di Fiemme si fa la festa sempre il 26 di dicembre... cioè
sarebbe tutto l’anno, quelli di Predazzo e di Ziano vanno in giro insieme
con i cappelli da coscritto tutto l’anno.
Il sabato sera se escono con i coscritti, vanno in giro con il cappello da coscritto. Il costume da coscritto è così: c’è un cappello nero, ti devi mettere
tutto intorno dei fiori di plastica colorati e dietro dei nastri colorati lunghi
fino al sedere, poi il grembiule quello blu con i fiori qui davanti con scritto
sopra quello che si vuole (coscritto, W il ‘79 o ‘83, il tuo nome) e poi al
collo, soprattutto quelli di Cavalese hanno la “tozzola”, una tazza che si
attaccano al collo per bere, ognuno poi mette quello che vuole. Partono al
mattino, vanno in giro con un carro, trainato da un trattore, tutto ornato
di “dase”, che sarebbero i rami dell’abete, con un sacco di vino, grappa che
offrono a tutti... e poi se magari si dà un offerta per il carro e per i coscritti
va bene... poi ci si trova con quelli degli altri paesi, si beve fino a “stincarsi”.
All’inizio la facevano solo gli uomini, adesso, da qualche anno la fanno
anche le ragazze, ma già all’epoca di mia sorella che ha trent’anni... e lì è
il battezzo del vino.
[Intervista 9]
La festa dei coscritti di Predazzo. […] qui in valle c’è l’usanza che chi nell’anno nuovo compie i diciotto anni, si riunisce... (2)
... i “coscritti” si chiama... (2)
... si trovano tutti insieme, si fa il grembiule, il cappello e quindi tutto l’anno
alle feste ci si ritrova tutti insieme... per tutto l’anno, tutte le feste... (1)
L’ultimo dell’anno, il primo dell’anno, la Befana, poi c’è il Carnevale,
quando fanno i carri e anche i coscritti fanno il proprio, poi ci sono le varie
feste campestri, poi c’è la festa del patrono, S. Giacomo, che è il 25 luglio,
S. Martino che è quando si fanno i fuochi... l’11 novembre... (2) […]
Con l’anno dei coscritti si inizia il 31 dicembre, si fa il cenone insieme, ...
tra di noi c’è ancora un po’ di confusione... (1) […]
... poi a mezzanotte si va in piazza, si dà l’addio ai vecchi coscritti... per
festeggiare il nuovo anno... (1)
... si dice: “coscritti non vi sentiamo”... per dire che adesso ci siamo noi... (3)
È usanza, per i coscritti, fare un cappello con tutti i fiori intorno e delle
strisce colorate, ognuno con il proprio grembiule, ognuno fa un disegno...
Ad ogni festa ci si presenta con il grembiule e il cappello... a Capodanno si
va in piazza... l’ultima festa di solito si fa il 26 dicembre... (2)
... sì, perché i coscritti di una volta, quelli che partivano per la naia, si trovavano e facevano l’ultima festa prima di partire... del resto solo i ragazzi
facevano questa cosa, le ragazze facevano il cappello...
Adesso la mamma fa il cappello e io vado... è una rivisitazione di antiche
tradizioni... (3)
271
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 10
È solo Predazzo che fa una cosa così articolata... poi si è un po’ allargata a
Ziano, a Panchià... infatti a Daiano festeggiamo solo il 26 e basta... è solo
Predazzo che si è allargato...
Poi c’è il patrono, S. Giacomo e in quell’occasione c’è l’usanza che di notte
si fanno le scritte per le strade del paese... (1)
Tante volte hanno preso anche delle denunce e sono stati costretti a presentarsi al Tribunale di Trento...
Un conto è scrivere “viva l’’87”, un altro è fare i disegni osceni...
Poi la sera seguente sono tutti per le strade a pulire con gli spazzoloni... e
con la scusa fanno un’altra festa... (2)
A gennaio di domenica si può andare anche su in “voliera”, in questi posti
dove c’è musica, vestiti da coscritti... (1)
... queste poi sono feste di tutti... (2)
... anche noi andremo con i nostri cappelli, fiere come non mai... (1)
... ormai è da mesi che non si vede l’ora... (3)
Abbiamo cominciato da due anni a fare feste di classe in preparazione della
festa dei coscritti... (2)
Poi a Carnevale si fa proprio il carro...
Tra gli altri carri organizzati dal comitato maschere c’è sempre anche quello
dei coscritti... (1)
... e poi si va alla “voliera”... (3)
... é un carro con degli striscioni pseudo-comici... dei festoni... si buttano
le caramelle ai bambini... il carro è più o meno sempre quello... non ha
niente di particolare... (1)
[Intervista 10]
Un’altra festa di grande rilievo è quella di Vigo di Ton in bassa Valle di
Non.
La coscrizione di Vigo di Ton. Anche a Vigo “la coscrizione” dura quasi una
settimana...
Si parte alla fine della scuola a fare le scritte e i dipinti, verso la Madonna
di Agosto, una settimana prima circa si trovano e i compiti sono: una sera
preparare a mano, con pala e piccone, un buco per il pino, ci impiegano
quasi tutta una notte; poi un’altra sera fanno le scritte in giro per le strade,
facendo sempre la guardia al buco, altrimenti i coscritti dell’anno precedente
lo chiudono... (3)
Sì, si faceva il buco e qualcuno rimaneva lì a fare la guardia... se si mancava
arrivavano e lo riempivano di sassi... (1)
Anche adesso accade, anche quest’anno i coscritti hanno fatto il buco e
sono rimasti lì a fare la guardia.
Poi si va a tagliare un pino, si “scorteccia”, cioè lo si pulisce dalla corteccia,
lo si pela, naturalmente i coscritti devono fare tutto da soli e poi lo mettono
272
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 10
in piedi infilandolo nel buco che hanno preparato nella piazza... (3)
Si lasciano solamente i rami in cima, poi si trascina il pino in piazza. Sotto
la cima, viene appeso un pannello, due metri per due, con scritto W il
1991, si mette nel buco e drizzato... ora viene messo in piedi con i trattori...
simboleggiava la forza dei coscritti... un tempo si tirava su a mano con le
corde e tutto questo viene fatto a cavallo del primo giorno della Festa del
Turista.
Quindi tutta la notte precedente si passa a fare le scritte, ora fanno anche
dei cartelli molto belli con vari disegni, mentre una volta solo le scritte e
fanno a gara ogni anno a chi fa il dipinto più bello...
Tipo “murales”... ogni anno vedi il cambiamento dei tempi...
Poi si tirava su il pino e per i tre o quattro giorni della festa era baracca a
oltranza, canti... tutti che offrivano da bere ai coscritti, loro sempre tutti
insieme e dormire qualche ora a tratti, fino alla fine della festa... (1)
Adesso usano fare la maglia, mentre qualche anno fa facevano il cappello... (3)
Anni prima, mi raccontava mio padre, mio padre è del ‘35 quindi nel ‘53,
le coscritte durante l’anno, ricamavano, sui fazzoletti bianchi con i bordi
gialli, le iniziali dei nomi dei coscritti, ad ognuno il proprio... e poi giravano
con questi fazzoletti...
Facevano le stesse cose, non c’era la festa ma giravano con la fisarmonica
a casa dell’uno o dell’altro, cantando, mangiando e bevendo per giorni...
ognuno offriva da bere ai coscritti...
Naturalmente con il tempo ci sono stati dei cambiamenti, ma la struttura
della festa è rimasta la stessa...
[Intervista 1]
Le altre coscrizioni. Abbiamo cominciato a maggio a trovarci quasi ogni
venerdì (1)
Siamo partiti provando ad organizzare la pre-coscrizione... (2)
Ah sì, siamo partiti l’anno scorso per fare una prova delle festa ma non
siamo riusciti ad organizzare nulla... poi quest’anno abbiamo cominciato a
maggio e siamo arrivati a tre giorni prima con la prenotazione del ristorante
e il pullman... (2)
In totale siamo 45 coscritti, in realtà eravamo in 36... 3
Mettere d’accordo 36 persone non è facile... ci siamo divisi i compiti, uno
ha prenotato l’autobus, uno il ristorante... (2)
Invece nessuno ha telefonato per verificare se la discoteca era aperta... (1)
Poi siamo partiti, da qui a Verona ci siamo fermati a cinque autogrill, praticamente a tutti quelli che ci sono... (2)
... avevamo un autista molto simpatico... (1)
Avevamo da bere in pullman... anche se non abbiamo bevuto molto... (2)
Abbiamo distrutto il ristorante dove siamo andati a mangiare... abbiamo
spaccato due o tre bicchieri, il dolce è stato spalmato sui muri... (1)
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 10
Classiche “stronzate” da gente ubriaca ... (2)
... da gente di Vigo... (3)
Ci sono state tre persone che hanno fatto per venti...
Poi dopo mezzora o tre quarti d’ora di viaggio si sono ripresi quasi tutti a
parte C che ha vomitato sulle scale e ha dormito tutta la sera... (2) […]
[Intervista 3]
10.1.3.Le feste collettive private
Si tratta di feste organizzate dai locali anche con una certa periodicità e regolarità
(ad esempio il sabato sera).
Le serate nei locali. Diciamo che qui a Predazzo ce ne sono tre: l’UB.,
che è una discoteca, poi c’è il P. che è un pub, frequentato da gente più
grande... (2)
... e fanno musica dal vivo, karaoke...
... Poi c’è il G. che è un pub, pizzeria...
All’UB. ci vanno i ragazzini più giovani... i “truzzi”, quelli che ascoltano
musica da discoteca... e si vestono di bianco perchè si vede con le luci della
discoteca... c’è gente anche delle medie... (3)
Al P. invece c’è gente più grande... ci va anche mio padre, per dire... fanno
concerti dal vivo, gruppi di qua e gruppi di fuori...
[Intervista 10]
Gli appuntamenti fissi. Il venerdì al P., il sabato al P.V., la domenica pomeriggio al P. ... (1)
Il venerdì e la domenica c’è il Dj al P. e si può ballare, mentre il sabato c’è
musica live, tutti trentenni... è un po’ squallido... mancano le ragazze... (3)
[Intervista 3]
Ancora sui locali della Val di Fiemme. Beh a Predazzo c’è l’UB., il G., il S.,
posti dove la gente si ritrova spesso... (2)
Non essendo la grande città, qua non esiste il locale grande, esistono questi
bar o pseudo pub dove ci si ritrova, quindi tra scegliere di andare in questi
posti o venire qua, preferiamo qua perché lo gestiamo noi...
Quelli più grandi cominciano ad andare al P. ... diciamo dalla nostra età in
su... soprattutto a chi piace la musica, noi siamo tutta gente che suona. Lì
fanno concerti, chiamano spesso anche professionisti a suonare...
La maggior parte dei giovani invece si ritrova all’UB. che è una specie di
discotechina...
A me onestamente non piace e nemmeno agli altri della compagnia, primo
perché c’è una musica insopportabile, poi in questi ultimi anni è diventato
274
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 10
il luogo dei tredicenni o dei quattordicenni... i più grandi hanno 15 anni...
sono là, tutti ammassati...
[Intervista 11]
Le “nuove mode”. Poi ultimamente, sia tra quelli della nostra fascia di età (17
anni), sia tra quelli più piccoli, c’è la moda di andare a ballare a Brescia...
ci sono questi, un po’ così, che vanno nella discoteca grande, poi fanno la
colazione in autogrill, tornano la mattina dopo... sono pochi... si spostano
con le macchine dei più grandi... quelli però sono i posti dove gira la roba,
in quei posti secondo me ci si va per quello, non per la musica... la musica
è un insulto... ci si va per quello, per fare un po’ i “fighetti”, i grandi, quelli
che hanno sperimentato...
[Intervista 11]
10.1.4.Le feste collettive pubbliche
Si tratta solitamente di festività tradizionali sia religiose che laiche: tra le prime
spiccano le feste patronali e di altre ricorrenze di fede; tra le seconde vi sono le
tradizioni stagionali come l’alpeggio, il Carnevale.
Possiamo aggiungere alle feste laiche anche quella di S. Martino che pone il
problema delle ibridazioni tra feste di antica tradizione pagana e sovrapposizioni
cristiane.
La festa di S. Martino a Predazzo. A Predazzo c’è S. Martino... (3)
... la sagra dei “baccani”... (1)
... lì si vede il culto che c’è qua, è bellissimo... (3)
Quella è la festa più bella che ci sia, di sicuro. (6)
Lì si vedono le credenze che ci sono... cioè, prendere delle seghe circolari
giganti, fare delle “mote” di legna, incendiarle, poi prendere, venire giù,
picchiare sui bidoni da 200 litri di olio, spaccarli, fare più casino che si
può... (3)
... tutti con la campana... (1)
Dare botte... proprio convinti di quello che si fa... poi si va in giro con il
“toni”, le braghe... (3)
... i campanacci delle mucche... (6)
... enormi...
... a bere vino...
Tutto il casino che si può fare... (3)
La cosa più bella è il fuoco... ci sono i cinque rioni di Predazzo: Ischia,
Sommavilla, Birreria, Molin e Panetti; ogni rione fa una catasta di legna
di 8, 10, 20 metri... (6)
275
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 10
... la riempie di benzina fino a farla scoppiare... (1)
Ah sì, quest’anno 600 litri, hanno fatto una botta... cinque minuti prima
delle 20.00 c’è chi va su con la benzina... (6)
... sì, più o meno... (3)
Si cerca di tirarla su, più alta che si può anche se su una catasta di 20 metri
non si arriva fino in cima, poi uno, da lontano, lancia una fiaccola accesa
nella base... (6)
... poi tutti sotto...
... esplode, poi salta...
... tuona su tutto, questo è l’11 novembre alle 20.00... (6)
Quest’anno hanno fatto la Torre Eiffel, il Panetti credo...
... sì, sì...
... si poteva entrare a vederla, una torre di legno alta 15 metri... (3) […]
[Gruppo 5]
Ancora sulla festa di S. Martino. Beh per chi la fa è molto bello, si gira con
i campanelli ecc, chi viene a vedere... ci rimane un po’ male... (1)
Ci sono cinque fuochi sulle montagne e un casino di gente che fa rumore... (3)
Poi si pensa che questi fuochi siano chissà cosa, in realtà non sono fuochi
d’artificio... sono delle “assi”... (1)
Praticamente, cominciano un mese prima a preparare queste grandi
cataste di legna... divisi per rioni ... che sono cinque... quast’anno per
esempio hanno costruito la Tour Eiffel, l’hanno fatta vedere anche al TG
Regionale... (2)
Poi alle otto di sera, appena suonano le campane si accendono questi
fuochi... si gira con i campanelli... (1)
... si scende in piazza e si comincia a girare... (3)
I fuochi vengono fatti in cima alla montagna, ogni rione ha un proprio
posto e sono sulle montagne intorno al paese... (1)
Poi ci sono gli esperti costruttori di “assi”... diventa anche una scusa per
andare su, bersi un bicchiere... fanno festa... ma si comincia un mese
prima perché bisogna fare “l’asse”... (3)
È molto sentita dai giovani, cominciano già alle medie... (1)
S. Martino si festeggia anche se non si è coscritti... dipende dalle annate...
in alcuni casi ognuno va con il proprio rione, in altri casi si ritrovano
tutti insieme... vedremo noi... (2)
[Intervista 10]
Le origini della festa di S. Martino. C’è la montagna qui di Predazzo, il
feudo, che dà dei soldi ai capi famiglia e una volta davano una scopa nuova,
allora bruciavano quelle vecchie, è per questo che si fa “l’asse”. (1)
Il giorno di S. Martino... i vari feudatari in valle pagavano i contadini
e i soldi che prendevano del monte, feudo dei feudatari, li usavano per
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 10
regalare le scope, gli attrezzi... e nello stesso giorno pagavano i contadini...
allora inizialmente bruciavano le scope vecchie e poi hanno cominciato
a fare queste enormi “assi” di legno... (3)
Ma ancora oggi il feudo paga! (1)
Quel giorno che li pagavano facevano un monte di roba vecchia anche
di sterpi del raccolto... (6)
Sì, e bruciavano tutto... (3)
È una festa spontanea, non c’è un comitato organizzatore... dura da
quando è nato il paese... (6)
Partecipano tutti... anche i ragazzi di 4 anni con i campanelli... (3)
... c’è gente di 10 anni che è ubriaca... (6)
... i miei compagni di classe di Predazzo li vedevi arrivare il giorno dopo,
mezzi morti, erano rientrati alle 6 di mattina... (5)
[Gruppo 5]
La festa di S. Nicolò nelle Valli di Fiemme e di Fassa. Poi qui festeggiamo
S. Nicolò, si fanno i dispetti ai bambini... (3) […]
Per esempio alla festa di S. Nicolò in Val di Fassa, c’è S. Nicolò e ci sono
anche i diavoli... c’è un angelo, S. Nicolò e due diavoli... ma ce ne sono
di più nei paesi più grandi... a Mazzin, Campestrin e Fontana ce ne sono
sempre due perché i paesi sono piccoli... (3)
Però ti fanno di quelli scherzi che... (5)
... per esempio a Pozza ce ne sono una ventina... (3)
Anche a Canazei... (6)
Poi vanno nei ristoranti... per esempio a Mazzin vanno al V. e si bevono
qualche grappino per essere un po’ più attivi... poi vanno in giro con
S. Nicolò... S. Nicolò entra nelle case dei bambini per portare i dolci
e intanto i diavoli girano a cercare questi ragazzi... io con i miei amici
vado in giro a cercare i diavoli... però l’anno scorso non li trovavamo
più... (3)
Io invece vado a cercare i bambini con le catene... con le catene, quelle dei
parcheggi, rosse di plastica e li fai spaventare... non che gli fai male... (4)
Però fanno di quegli scherzi i diavoli di S. Nicolò... (5)
Io mi ricordo che il giorno di S. Nicolò andavo sempre a Canazei da degli
amici di famiglia... e facevano paura quei diavoli... facevano di quegli
scherzi cattivi...mi ricordo che c’era un ragazzino che era stato buttato
nella fontana... in pieno inverno... (5)
... oppure li mettevano nei bidoni e li facevano rotolare per la strada... (2)
È una scusa per fare i sadici legittimamente... (6)
Poi per esempio i diavoli di Canazei si riempiono di fango... (3)
... sì, fanno veramente schifo... (6)
... si mettono pellicce di pecore, sporche. Poi mangiano l’aglio per puzzare il più possibile... però per esempio quelli di Canazei non mi sono
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 10
sembrati tanto cattivi, a me hanno messo una catena sotto le ginocchia,
mi hanno fatto inginocchiare a pregare... (2)
[Gruppo 6]
Il capodanno. Ci si trova con gli amici in piazza a ballare, magari prima e
durante si tirano un po’ di petardi... (1) […]
Lo scorso anno c’era una radio, un Dj che faceva un po’ di cavolate e la
gente si divertiva... (5)
L’anno prima c’era radio 105. (3)
Poi ci sono anche Dj dei nostri... poi si fanno i fuochi tra noi, si fa un buco
in mezzo alla piazza e tutti li tirano là... (1)
Poi dopo si va tutti via, si sta lì fino alle 3 in piazza e poi si va in giro... (3)
[Gruppo 8]
La festa d’apertura dell’alpeggio di Vigo di Ton. Un’altra cosa... l’influenza che
ha sempre avuto la malga, del resto vivendo vicino alla montagna... […]
Durante la Festa del Rododendro, che è la giornata dell’apertura dell’alpeggio
e cade circa verso la metà di giugno, quando si inaugura l’apertura della
stagione, tutto il paese va alla malga, dai 14 agli 80 anni...
[Intervista 1]
La “festa del turista”. È nata nel ‘74. C’era un signore che per lavoro si era
trasferito a Vigo di Ton, si chiamava Bersan, è morto due o tre anni fa ed era
una persona che si era integrata subito nel paese, piena di voglia e di idee.
A questo signore gli hanno dato la presidenza della Pro Loco. Vedendo le
possibilità e la gente che frequentava il paese d’estate, per via delle seconde
case o delle parentele, ha creato questa “festa del turista”. Nel ‘74, non c’erano
grandi feste in giro ed è diventata una festa di due o tre giorni, con gruppi
musicali, spaccio di bevande e cibo e i fuochi d’artificio finali. È stata una
delle prime feste della zona in cui si facevano i fuochi d’artificio...
Tra l’altro la festa coincide sia con la festa del patrono che è la Maria Assunta,
cioè la Madonna di Ferragosto, la festa dei coscritti ecc.
Negli ultimi anni questa festa è in decadenza perché le alternative sono
tantissime... fino a 10 anni fa c’era tantissima gente, c’erano tutti i turisti
che frequentavano la zona in estate... l’idea era buona, adesso forse andrebbe
rivista e ripensata.
[Intervista 1]
I raduni e i concerti Rock: il Sun Rock. Ci sono tantissimi gruppi di giovani,
delle medie... (1)
Tipo mio fratello...
Suonano musica punk o metal. La settimana scorsa abbiamo fatto il concertone di Natale a scuola... ci sono state 4 ore di musica punk e metal...
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 10
Ci sono tantissimi gruppetti... poi ci sono quelli che suonano con cinque
gruppi... (2)
Alcuni li fanno suonare in giro, quelli che fanno cose più ascoltabili... poi
invece a Ziano fanno ogni anno il Sun Rock, un raduno per tutti i gruppi
della valle... (1)
Una volta era aperto anche agli altri gruppi del Trentino, da quest’anno invece,
siccome ci sono molti gruppi della valle hanno ristretto la partecipazione a
quelli di qui...
Sono tre giorni giù a Ziano, all’aperto... (2)
Poi suonano sempre gruppi diversi... (1)
[Intervista 10]
Il Sun Valley Rock. Poi c’è il Sun Valley Rock, è la festa che aspetto praticamente
da tutto l’anno, dio una volta era più bello, gli ultimi due anni è scaduto un
po’... io giravo al Sun Valley di due anni fa, ero dietro al banco, avevo la maglia
dello staff, che mi ero dovuta fare io, perché non ce n’erano più..., sono tre
giorni, venerdì, sabato e domenica, dove ci sono gruppi non solo della Val di
Sole ma anche dal resto del Trentino, lì una volta c’era molta gente, ci sono
gruppi che suonano, a me piace anche perché è il mio stile di musica... poi
lì gira alcol a fiumi, gente ubriaca a palo... stavo dietro il banco dalle 11.30
fino alla sera, poi stavo davanti al banco... (6)
[Gruppo 4]
I beach party. Poi ci sono i beach party... sono delle feste che vengono organizzate a Riva a Torbole o a Limone, non so se da qualche associazione o dai
Comuni, sono delle grandi feste... almeno che non ne vengano fatte anche
tra amici... non lo so... I beach party sono grandi feste, ci sono dei gruppi o
dei Dj, fanno musica in grande, con il palco, c’è anche da bere... Ne fanno
parecchi, a Riva due o tre, a Limone uno, a Malcesine, a Torbole... ce ne sono
parecchi di grandi... a Riva credo che lo organizzi “l’associazione giovani”...
[Intervista 12]
La festa di chiusura dell’alpeggio di Cavalese. Poi c’è anche la desmontegada a
Cavalese... (3)
... le capre che scagazzano in giro...
Praticamente sono le capre che scendono dal pascolo e passano in centro a
Cavalese e cagano in giro... proprio quando ci sono i turisti che sono tutti
presi dalle capre... (5)
Vengono apposta per vedere la desmontegada... poi ci sono tutti gli stand in
giro che vendono prodotti tipici... (1)
... e poi a bere... (3)
... ma lì si beve meno perché si inizia alle 8 del mattino... (1)
[Gruppo 5]
279
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 10
10.2. Le funzioni
Si sottintende la classica suddivisione mertoniana tra funzioni manifeste e funzioni
latenti che qui illustreremo insieme.
10.2.1.Il ricompattamento dei rapporti sociali
Ciò che abbiamo definito il tabù del respet, ostacolo alla costruzione soprattutto
di rapporti nuovi, può essere superato, secondo gli intervistati, dalla “mediazione
allucinatoria” in varia misura. L’alcol funge da vero e proprio filtro magico.
Il ricompattamento dei rapporti sociali durante la festa di Carnevale. Il martedì
grasso, già è una giornata di euforia, il momento, il pranzo, perciò tutta
una giornata a disposizione, fanno la pasta in piazza, alcol...
Chiaramente si beve, tutti iniziano la mattina con il bianco, rossi ai pasti,
poi vai al bar perché fa freddo e fa buio presto, tutti arrivano lì, amari e
grappette... e quando arriva la sera verso le dieci, il bar diventa di proprietà
dei paesani... e lì è musica, i baristi stanno al gioco, si mettono da parte i
tavoli e si balla... Un estraneo, che non conosce la situazione, entra, vede
tutto questo e pensa d’essere capitato all’inferno... si trova nel caos più totale... È una cosa bellissima, il giorno dopo, tutti quanti si alzano contenti...
Perché vivi queste sensazioni comuni, con quello di 16 anni e con quello
di 45... perché tutti quanti hanno gli stessi riferimenti...
[Intervista 1]
Il rafforzamento della solidarietà. Ricordo quando avevo 14 o 15 anni che
si andava in tre o quattro sulla malga e si rimaneva lì, in tenda o dentro
la malga con i pastori... era un momento tutto nostro, a contatto con la
natura, si facevano camminate e si rimaneva lì...
Questo è rimasto... per me andare in malga e lei può confermarlo, significa
rivivere quei momenti e stare bene... Le serate sulla malga si facevano con
le compagnie, si aggregavano le varie compagnie, si stava nei prati, si faceva
il falò, ci facevamo le tende e passavamo le serate...
[Intervista 1]
10.2.2.Il sovvertimento della banalità e l’attacco alla noia
È una funzione di particolare interesse visto che suppone una “messsa in ridicolo”
della vita quotidiana nei suoi aspetti più ripetitivi e stereotipati: il metodo è per
dir così “allucinatorio” e comporta quindi come necessità individuale e collettiva
uno stato di vertigine e di ebbrezza.
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 10
Il sovvertimento della banalità quotidiana. Certe volte fai delle cose che di
per sé non fanno ridere, ma se sei ubriaco fanno ridere oppure dici di averle
fatte mentre eri ubriaco e fanno ridere... (3) […]
Sono proprio le scemate che fai. Volete raccontare un aneddoto del Capodanno scorso?
...che mi hanno buttata nel Presepe... (3)
Lei lo scorso Capodanno era fissata con la raccolta delle bottiglie... andava
in giro dicendo a tutti “Eh, non sporcate il mio paese!”... ad un certo punto
ha visto una bottiglia nel presepe, si è messa sulla staccionata per prendere
la bottiglia, si è sporta e qualcuno l’ha buttata nel presepe... (2)
E poi si ride, tanto non si sente male, ho raccolto una bottiglia, mi sono
tagliata e ridevo... e poi lo racconti e tutti si fanno grasse risate... (3)
Oppure scivolare sugli scalini... poi si fanno le serate al bar ricordando
queste avventure... (1)
[Intervista 10]
L’impegno quotidiano nel lavoro giustifica gli eccessi. Se uno quando beve diventa cattivo non è mai bello, però se tu racconti che hai bevuto così tanto
da stare male, che hai vomitato, però il giorno dopo sei andato a lavorare
lo stesso, allora sei un grande... nessuno mai ti dirà che sfigato perché hai
bevuto troppo o hai vomitato...
[Intervista 9]
A volte l’ordine imposto dal controllo sociale viene totalmente sovvertito in
un caos totale di comportamento che può comprendere anche aggressività e
violenza.
Il sovvertimento dell’ordine. ... io ho fatto una festa, lì abbiamo fatto casino,
siamo rimasti tutti a dormire su con i sacchi a pelo, più della metà erano
ubriachi, quindi c’era un po’ di “sbocco” in giro. No, in realtà questo è
successo al piano di sotto, a dormire eravamo di sopra, tranne uno che si
è addormentato sul tavolo, non so come abbia fatto... (2)
[Gruppo 1]
La degenerazione della festa. Quest’anno a Capodanno non fanno neanche
più festa a Cavalese in piazza... (5)
Come no?
L’anno scorso è stato un disastro perché... poi è venuto uno di Radio 105,
era una festa immensa... (6)
Quest’anno hanno proprio tolto la festa in piazza a Cavalese... (5)
Il primo anno hanno distrutto tutte le bocce degli alberi di Natale di Cavalese, il secondo anno uno si è bruciato... (2)
Si sono lamentati quelli del paese e quindi fanno festa al teatro... (5)
281
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 10
Sì, ma era un disastro, c’era di tutto in giro, petardi che scoppiavano, gente
che urlava... l’anno scorso si è fatta male anche molta gente, tra i petardi...
poi si sono molto lamentate le persone che abitavano vicino alla piazza... (5)
[Gruppo 6]
La paura. A Riva in piazza è bruttissimo, io ci sono stata lo scorso anno... (4)
A Riva lo scorso anno è stata una cosa... per fortuna che c’erano anche
i miei genitori... io ero andata con un gruppo di amici, alla fine la metà
erano ubriachi, io ho dovuto chiamare i miei genitori, mio papà ha dovuto
chiamare le autoambulanze per gli altri... è stata una cosa brutta... (1)
Poi non è che scoppiavano i petardi dove non c’era gente, in mezzo alla
piazza... (4)
Non si riusciva ad attraversare la piazza, bottiglie... s’inciampava... i petardi
ti scoppiavano... (1)
Brutto... infatti, quest’anno...
C’è la confusione che è bella, dove tu ti trovi bene...
E la confusione un po’ paurosa, dove hai paura di stare, per esempio per
una rissa... (4) […]
È stato bruttissimo l’anno scorso... Io me ne sono andata all’una e mezza,
perché mi stava facendo schifo. (4)
Io sono arrivata là, c’era mio papà che chiamava l’autoambulanza, i miei
compagni stavano sorreggendo un ragazzo che era proprio andato, in coma
etilico... (1)
Tutti ti spingevano e ti pestavano... (4)
Io con mia mamma ad attraversare la piazza per andare al bar S., è stata una
cosa... paura che ti capitasse qualcosa... mi è scoppiato un petardo sotto
una scarpa, sono inciampata in una bottiglia... (1)
[Gruppo 7]
Le risse. Mi sono svegliata una mattina e ho trovato mio fratello con un
occhio nero. Si sono presi a botte con dei marocchini. Hanno preso le
spranghe... (3)
(ingiuria) ... (1)
Mio fratello ha usato il casco... (3)
Alcuni sono usciti dalla discoteca dove è cominciata una rissa... (1)
Mio fratello non ci vede più quando viene picchiato dai marocchini. (3) […]
Questi marocchini vanno in discoteca per fare a botte... non è che vanno
per divertirsi... (5)
Per provocare... (3)
Per rubare... (4)
No, no, per “attizzare”... (3)
[Gruppo 1]
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 10
10.2.3.I riti di iniziazione e di passaggio
Spesso la festa libera da un certo controllo familiare e sociale consacrando l’indipendenza dell’adolescente-adulto.
Il rito della baita. Poi qui ci sono le baite in montagna e l’estate capita di andare a fare le feste in baita... si rimane a dormire... e quello è il massimo... (2)
... bevi e poi ti ripigli al mattino con il sole... (1)
C’era un tipo, di mattina, “sderenato” come pochi... è uscito ed è caduto
nel prato... “D cosa fai?” E lui: “Sono un elefante e sto morendo lontano
dal branco”... “ma cosa dici?” e lui: “Non avete mai visto il Re Leone?”...
poco dopo: “Guarda che sei sdraiato sulla cacca di cervo” e lui: “cosa può
interessare a un elefante che muore della cacca di cervo”... (3)
L’ultima festa che abbiamo fatto in baita era per la partenza della G, quella
che è andata in America... è arrivata tantissima gente che non si sapeva da
dove sbucasse... eravamo in 60... e non sappiamo chi ha sparso la voce... (2)
Poi ci siamo trovati in 20 su un letto matrimoniale a dormire... (1)
[Intervista 10]
La vita e le esperienze del gruppo. Sì, è vero, prima che arrivassimo noi, qui
c’erano dei ragazzi che adesso hanno sui 25 o 26 anni. C’è stato un periodo in cui si sapeva che questo posto era adoperato per fare tutto fuorché
qualcosa di utile... è stato chiuso e poi è stato dato a noi.
È vero che noi facciamo anche le nostre feste, facciamo un po’ di casino,
però guarda anche i lati positivi... siamo ragazzi giovani, non abbiamo chissà
quale esperienza... quest’estate siamo riusciti ad organizzare una festa che
ha coinvolto tutto il paese... guarda il lato positivo!
[Intervista 11]
Trasgressione, magia inframondana e “prove di coraggio”. Arco una volta era
una città termale, una città di cura, c’erano 30 sanatori che adesso sono in
disuso... entri a vedere...
Andiamo a vedere le carte ingiallite... anche se abbiamo più di venti anni
siamo degli incoscienti, se magari cede un’asse, però la voglia di andare è
più grande... (1)
L’hanno fatto tutti... trovi per terra le riviste... allora immagini cosa ci può
essere stato lì... (3)
Lo facevamo anche a Torbole... lì c’era la Colonia Pavese, che poi era stato
ospedale militare, colonia per i bambini ammalati di tifo...
È stato bellissimo, abbiamo trovato un pianoforte, dei francobolli, le
schede mediche... fotografie ingiallite, quelle che hanno i bordi come i
francobolli... (1)
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 10
Poi ci sono anche luoghi dove c’è la leggenda...
Su ogni edificio c’è una leggenda, per esempio all’ospedale vecchio dicevano
che facevano le messe nere, allora noi ragazzi andavamo, poi c’era quello
più furbo che lanciava qualcosa per terra, tutti si spaventavano e correvano
via... (3)
Siamo andati un anno fa... quando sono venuti i cerchi sulle foto... la chiesa
sconsacrata... abbiamo preso paura... (1)
Sì, per terra ci sono dei disegni fatti con le bombolette... c’è una leggenda...
allora andiamo alla scoperta... Tutti qua ad Arco l’hanno fatta almeno una
volta... (3)
Sì, tutti, anche la chiesetta delle messe nere... (1)
Anche nell’ospedale qui dietro... ci sono un sacco di cose... queste informazioni poi si chiedono ai nonni, ti raccontano cos’era... quanti erano...
Anche la casa sotto l’A, lì c’era qualcun altro, abbiamo sentito i passi...
probabilmente c’era qualcuno che viveva dentro... (1)
Poi c’era una stanza, dentro un edificio pietoso, dove c’era dentro il calcetto...
lì ti sale la tensione, appena senti un movimento scappi... (3)
Quando siamo andati all’“Argentina” abbiamo fatto delle foto. Quando le
abbiamo fatte sviluppare comparivano degli aloni, che comparivano solo
nei luoghi sacri...
Un mio amico si è messo in piedi sull’altare per fare Gesù Cristo... e quella
foto è piena di aloni...
Se tu li ingrandivi...questi aloni erano dei cerchi uguali a quelli disegnati
per terra...
Siamo andati dal fotografo... abbiamo fatto controllare la macchina... poi
ho scoperto che in realtà se c’è molta polvere nel locale la macchina digitale
fotografa anche la polvere sottoforma di alone... (1)
Abbiamo avuto una paura... (3)
Non so se hai sentito la leggenda di quella famiglia francese che è andata
a fare un pic-nic, ha fatto delle foto, e quando le hanno sviluppate si sono
accorti che sulle foto comparivano altri esseri... (1)
Noi abbiamo trovato all’ultimo piano di questi edifici una macchina bruciata..., una Cinquecento e tutti vanno su per vederla... che poi come avrà
fatto una Cinquecento ad arrivare in un sanatorio, all’ultimo piano... (3)
... ad aver preso fuoco... non credo che ci siano dei burloni che si sono
presi la briga di smontarla e di rimontarla... non si dice nulla, nessuno
dice nulla...
Era curioso perché era un mondo così diverso ma così vicino... (1)
Per andare ti vesti bene, ti metti gli scarponi, i guanti, la mascherina... le torce, la radiolina, lo zaino per raccogliere cose e la macchina fotografica...
La cosa più bella era trovare francobolli oppure monete... Andavamo in
una decina... più si è meno paura hai... (3)
Sì, ci si divide in gruppi... (1)
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Capitolo 10
Poi ti organizzi, ci si contatta e poi si fanno le foto da far vedere a chi non è
venuto... poi questa cosa si faceva ai compleanni... le “prove di coraggio”... (3)
[Intervista 13]
285
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Capitolo 11
Una cultura dell’alcol?
Il problema della percezione dell’alcol e del suo utilizzo è la finalità specifica
della ricerca.
In questo paragrafo finale ci sforzeremo di trarre le ipotesi conclusive
sull’argomento, raccogliendo i sintomi già segnalati nelle parti precedenti di
questa relazione.
Come primo presupposto crediamo sia importante sottolineare che l’assunzione di questa sostanza è spesso considerata come valore culturale tradizionale
da cui si è in qualche modo pre-condizionati.
La cultura dell’alcol. […] ormai è proprio uso e costume, ormai è proprio
cultura: “bevete una birra... o vino!”. (1)
È anche una questione di cultura, in fondo si insegna a bere, è una cosa
che si tramanda. (1)
[Gruppo 1]
La cultura del bere. Sì, ma non è un gran che, tutti i bar sono pieni di
ubriachi... sono tutti ubriachi in questa valle... (1)
C’è una cultura del bere, poi il giorno dopo ovviamente: “Ah! Mi ho
capotà... Ieri mi sono bevuto quindici birre”... (6)
[Gruppo 5]
Il bere come fatto culturale. Credo che bere sia quasi un fatto culturale...
anche a S. Martino vedi quelli che hanno 30 anni bere, poi quelli più
piccoli che per sentirsi “fighi” bevono anche loro, tanto è S. Martino e
poi ...torna a casa mio fratello “bevuto”... è una scusa... una volta poi
un’altra, ecc...
[Intervista 10]
Il mito della balla. Credo che questo uso massiccio di alcol sia dovuto al
fatto che la gente non sa cosa fare... (2)
Oppure al fatto che è da sempre così... vedi quelli più grandi che bevono...
i quali vedevano quelli più grandi che bevevano... è un ciclo... (3)
287
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Capitolo 11
Poi c’è che a bere ci si sente più grandi... (2)
Sì, ma perché arrivare al punto da andare in coma? (1)
Perché non te ne rendi conto... (2)
Anch’io ho bevuto tante volte, per essere un po’ allegra, poi dopo ti rendi
conto... (1)
Sì, ma ci sono delle situazioni in cui non hai voglia di trattenerti... (2)
Poi c’è anche il mito della balla... (3)
[Intervista 3]
Un secondo presupposto è che l’alcol è una sostanza a forte significato simbolico che quindi apre possibilità rituali e “di culto”:
La celebrazione dei traguardi. Quando ho ammazzato il mio primo cervo,
spiegare ai miei soci di caccia che non bevevo un bicchiere per festeggiare
è stata un’impresa non banale...
[Intervista 4]
Come si può constatare, l’alcol è una sorta di sostanza-archetipo che, in
quanto tale, apre poi la pratica di comportamenti stereotipati, nella loro
“eterodossia” rispetto alle normative della quotidianità, controllata tra l’altro
dalla struttura del respet.
Il fluido magico e la reversibilità dell’incantesimo. Il problema alcol è un
discorso che ha a che fare con l’età... quando hai 15 anni o fumando o
bevendo... la volontà di sembrare più grandi, la volontà di trasgredire...
è complesso... anche sensibilizzarli serve fino ad un certo punto... anche
perchè l’alcol è una cosa reversibile, tu bevi e finito l’effetto, torni come
prima, quindi non hai dei problemi...
Oddio, cosa mi succederà a lunga percorrenza... il discorso “acidi” spaventa
un po’ di più... c’è qualche possibilità di rimanerci... una volta che tu hai
sistemato il problema dell’incidente, che è il problema più grave...
Io faccio farmacia... ho studiato gli effetti dell’etanolo ecc, eppure vedo
che non riesco a...
Non è che riduco l’alcol perchè so che l’etanolo ti porta distrofie, problemi
ai testicoli ecc, non ci pensi...
Anche perché se è usato, per sembrare più grande oppure per passare da
una compagnia all’altra, alla fine la scelta è tra la probabilità di avere,
un giorno o l’altro, problemi al fegato e rimanere a casa da solo questo
sabato... è quasi un percorso obbligato... è una fase che tutti i ragazzi
attraversano... anche i ragazzini un po’ timidi ad un certo punto dicono:
“mi devo dare una svegliata” e provi... a maggior ragione se tu esci e non
bevi, a quell’età, là c’è il rischio che ti prendano in giro, allora ...
[Intervista 2]
288
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 11
11.1. I luoghi
Vi sono, evidentemente, dei luoghi deputati all’assunzione dell’alcol e alla insorgenza delle sue conseguenze. Si tratta di luoghi fisici veri e propri o di luoghi simbolici e immaginari come il caso delle feste, improntate spesso al nomadismo.
11.1.1.I bar
Spesso c’è solo il bar. Il problema è che si è sempre nei bar... in questo periodo
qui per 7-8 mesi si è sempre nei bar... la prima volta bevi la coca cola, poi
provi, poi ti abitui... (4)
Non è che puoi andare avanti tutta la sera a tè... (2)
[Gruppo 6]
Le grandi bevute al bar. Ero al bar dalla L., anzi, tutto è cominciato al
bar D.P., il pomeriggio. Era il periodo in cui lavoravo […] ci siamo fatti
fuori una bottiglia di teroldego, sì beh, eravamo in tanti. Eravamo io e A,
abbiamo preso sei bottiglie di bianco buono e l’abbiamo bevute. Dopo
siamo andati giù alla L. e abbiamo cominciato: anime nere, birra, vodka
alla menta... (1)
[Gruppo 1]
La colazione al bar. Ma guarda i ragazzini qui a Pellizzano che si bevono i
bicchieri di rosso... (1)
I misti al mattino... Il fratello di T... alle 8.30 del mattino arrivava al bar. Io
gli chiedevo: “Prendi un caffè?” “No, no, fammi un misto rosso”... (2)
[Intervista 7]
11.1.2.I locali del divertimento
Nei locali la metà delle persone sono ubriache. Ti dirò che ovunque vai trovi
un 50% di ubriachi. Anche sabato scorso siamo arrivati al P.V. e non siamo nemmeno riusciti a salire con la macchina perché c’era l’ambulanza in
mezzo che raccattava quelli in coma lungo la strada. (3)
... hai anche dovuto giocare a freccette al posto mio... ero un po’ allegra,
non vedevo il tabellone... (1)
[Intervista 3]
Le discoteche e i pub. Nei locali si va per bere e soprattutto per essere uguale
agli altri... (2)
[Gruppo 2]
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 11
La discoteca pomeridiana. Basta guardare anche al V. la domenica pomeriggio, ci sono tutti i ragazzini delle medie e delle superiori, in teoria non dovrebbero servire da bere sotto i 16 anni, invece lì sempre, e anche tanto...
Un ragazzino di prima media può tranquillamente ubriacarsi... magari
i genitori sono tranquilli, pensano di poter lasciare loro figlio in una
discoteca pomeridiana, apre il pomeriggio alla domenica, ragazzi di una
certa fascia di età... entri e vedi ragazzini di prima media che fumano,
che bevono...
[Gruppo 7]
I pub. C’è chi ha l’idea che per divertirsi bisogna bere... secondo me è sbagliata. Se tu vai in un pub non è che vai e ordini un succo di frutta, è logico
che prendi un alcolico... (4)
Beh non è mica logico... puoi prendere anche la coca cola voglio dire... (1)
Beh sì, ormai... (5)
Anche a me è capitato di prendere la coca cola, però non è che entri in un
pub e dici: “vorrei un succo di frutta”... o non prendi nulla ma è difficile... (4)
Anche perché al pub ti guardano male se prendi un succo di frutta... (1)
Torna a casa...
Allora siccome magari anche gli altri del gruppo bevono alcolici allora ti senti
un po’ in obbligo... (1)
[Gruppo 7]
Le “voliere”. In fondo alle piste c’è una specie di... (6)
... fatta come le voliere degli uccelli e dentro c’è... (1)
... birra... (5)
... e gli ubriachi che ballano sui tavoli... (3)
... sono dentro così (indica pieno di gente), tutto appannato, si fottono
l’ossigeno. (6)
È un posto grande come questa stanza, sono tutti dentro a ballare sui tavoli
con la musica tirolese... quando uno è tanto ubriaco... (5)
[Gruppo 5]
11.1.3.Le feste
La festa dei coscritti. Qui per esempio si fa la “coscrizione”, i diciottenni si
vestono da pagliacci e girano ubriachi... per me, che non sono di qua... i miei
genitori non sopportano questa tradizione, quando mi vedranno con il mio
cappellino ubriaco si arrabbieranno...
Invece la gente di qua stima quel tipo di tradizione... “vuoi che mio figlio
non spenda 80 euro per la coscrizione? È giusto che sia così!”
[Intervista 11]
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 11
La festa di S. Martino. Pensa a S. Martino a Predazzo... fare l’asse, scendere
dai fuochi, ubriacarsi... è legittimato... la madre di un ragazzino di 13
anni che lo vede arrivare storno, con questi campanacci tutto fiero, non si
incazza... Anzi, probabilmente c’era anche lei...
[Intervista 11]
Ancora sulla festa di S. Martino. Questa festa dura dalle otto di sera alle
otto di mattina... (1)
... ma comincia prima, quando abbiamo finito di sera, dopo il lavoro “all’asse”, ci mettiamo vicino al fuoco e si beve... (6)
Bevono “vin brulè” per il freddo...
... li vedi con lo zaino, con dentro la tanica di vino o di birra, con la cannuccia... (1)
... con il tubicino, in giro per il paese, poi sigari, toscani... (3)
... poi tutti con le “corna”... (1)
... e avanti casino...
Poi si trovano tutti in piazza, una bevuta e alle undici i sopravvissuti, che
comunque sono tanti, vanno ancora su alle “assi”, a mangiare castagne e
a bere... (3)
[Gruppo 5]
Le feste campestri e i raduni rock. Poi le feste campestri sono micidiali, vanno
300 fusti di birra in due giorni... giù al Rock a Ziano, fanno tre giorni di
concerti nel tendone, fanno panini, patatine e vendono birra... cominciano
alle cinque, dalle cinque alle otto vanno a mangiare panini, poi cominciano
a bere... (3)
... dalle otto fino al giorno dopo bevono... (1)
... alle quattro però cominciano ad andarsene... (3)
Saranno cadaveri... (6)
Vanno tutti a vomitare. Alle quattro se ne vanno, poi alle 5.30 si svegliano,
tirano fino a mezzogiorno... (3)
No, alle quattro vanno via dallo Sun Rock, vanno in un altro bar, continuano
a bere, poi alle sette vanno a casa, dormono fino alle due di pomeriggio e
alle cinque tornano giù. (1) […]
Ma l’estate ogni domenica ci sono feste campestri... stessa cosa... (1)
[Gruppo 5]
Le sagre e le feste campestri. In Valle di Sole bevono tanto... basta vedere
alla sagra... ti piazzano lì 50 euro e ti dicono: 25 birre. E se le bevono una
dietro l’altra... (5)
Anche quelli della nostra età, prendono la cassa di birra, sono in cinque o
in sei, vanno su, si imbucano, se la scolano, poi mandano qualcun altro a
prendere un’altra cassa di birra... (1)
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 11
Da me arrivavano con la bottiglia di coca cola vuota, siccome noi le bottiglie
non potevamo darle perché erano di vetro... mi dicevano “toh!” riempila di
“calimocho”... e dopo un po’ tornavano... (6)
[Gruppo 4]
11.1.4.Le sedi dei gruppi
La sede della compagnia. […] Noi abbiamo fatto questo “gruppo giovani” e
stiamo lì, oddio è un divertimento... ci siamo portati tutto, TV, divani, la
playstation la portiamo a turno, anche se adesso stiamo vedendo di prenderne
una con il fondo comune e di lasciarla sempre lì... Ci divertiamo, si sa dove
siamo, se tua mamma ti cerca sa dove trovarti... dopo si è fra giovani, magari
capita quella volta che si porta qualcosa da bere... non superalcolici, magari
si può fare quella volta che si beve anche un po’... (1)
[Gruppo 3]
Ancora sulla sede della compagnia. Questa cosa però credo che abbia incentivato
l’uso dell’alcol... gli altri giovani si accontentavano di guardare un film o di
farsi una partita a calcetto, mentre per noi era un’alternativa al fare autostop
per andare a Dimaro, dove ci sono le discoteche, i pub e il bowling...
Ci trovavamo sì a giocare a calcetto e a guardare un film però con una cassa
di birra... presa al supermercato... scolandocela tutta... se rimaneva qualcosa
si finiva la domenica pomeriggio... (4)
[Intervista 7]
La cultura delle taverne. Qua c’è la cultura delle taverne... tipo i “volti”, le
cantine... (2)
Le si riempiono di “mesa”, di divani e cose così e poi si va dentro a suonare,
ci si ritrova... (1)
Alcuni ci mettono la tele... ogni tanto nascono come sale prove...
[Intervista 10]
Le taverne. In questa taverna iniziavamo a bere e a fumare le prime canne
in compagnia... poi si sa, iniziando a frequentare le superiori, entri anche a
contatto con persone diverse e curiosità diverse...
[Intervista 1]
11.1.5.Le baite in montagna
Bere in baita. Sì, in baita... a bere... (1), (5)
Bisogna distinguere tra: in baita a bere e in montagna... è un’altra cosa... la
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 11
baita è in montagna ma si va per bere, è un’altra cosa... (3)
Qui in queste valli ti affittano anche le baite per bere... (1)
Se vuoi ubriacarti, vai in baita... (5)
Casino non ne fai, ti puoi fermare a dormire... (3)
Entri in queste baite e c’è un odore dopo... (1)
[Gruppo 5]
Le colazioni in baita. Tipo quando si va in baita, di mattina, quando ti svegli,
alle 10, oppure se non dormi alle 6.30 di mattina, fai colazione con la birra...
una brioches e la birra... (3)
Altre volte in baita io ho trovato i miei amici alle 5,30 o alle 6 di mattina
con le birre che facevano “ambarabàcicicòcò” con i superalcolici. “Cosa fate?”
“Ah colazione”... (5)
L’anno scorso ho visto una scena che volevo filmare, una baita a Luja, appena
sopra la voliera, alle 9.30 del mattino sono andato a sciare di domenica... la
sera avevano fatto balla... beh, sono usciti dalla baita, perché lì passano proprio le piste, pieno così di gente, si sono messi in mezzo e sono partiti dritti,
scendevano dritti, non guardavano nemmeno dove andavano, sono arrivati
giù e sono andati a fare colazione in “voliera”... (3)
[Gruppo 5]
11.1.6.I luoghi pubblici a fruizione esclusiva
I giardinetti. Nei paesi per esempio sono molto frequentati anche i giardini
pubblici. Noi per esempio a Denno avevamo la nostra panca con il tavolo,
eravamo sempre là... il comune ha portato via tutto perché sporcavamo il
parco... sì, facevamo immondizie... (1)
Anche a Segonzone c’è il parco dove ci troviamo... (3)
Giocavamo a quei giochi stupidi come: il “gioco della bottiglia”... dopo
mezzanotte andavamo dal P. a prendere da mangiare e da bere...
L’attività principale era fumare e bere... (1)
[Gruppo 1]
11.2. Le funzioni
11.2.1.L’aggregazione
La percezione più condivisa è che l’alcol costituisca un ottimo medium, un
conduttore di contatti e di rapporti; gli ostacoli personali, di carattere, come gli
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 11
ostacoli sociali di vario tipo (geografici, di classe sociale, di sesso, di età) vengono
superati più facilmente inserendosi in una sorta di comunanza almeno pre-allucinatoria dove si instaura una specie di uguaglianza, di parità collettive; un ritorno
a una solidarietà meccanica, a una fratellanza, a un cameratismo in una “no man’s
land” dove norme e controlli sono decisamente allentati e indeboliti.
L’alcol come mediatore dei rapporti sociali. […] poi è anche una maniera
per conoscere qualcuno: “dai, vieni che ti offro da bere”...
Ci sarebbe altro da fare...
Invece di attaccare bottone chiedendoti che film hai visto ultimamente
ti dicono: “ah vieni che ti offro una birra”... quando siamo andati fuori
con i miei coscritti io non ho speso neanche cento lire per bere eppure
mi sono ubriacata...
Per dire... siamo entrati in un locale che era pieno, non ci stavamo neppure... però la birra l’abbiamo bevuta comunque... “va beh dai beviamo
una birra e andiamo”... io quando vado in un locale vado non per bere
ma per stare con la gente e chiacchierare, tanti invece vanno per bere. Se
non c’è da bere che divertimento è?
[Intervista 9]
L’alcol disinibisce. Come gli amici di suo fratello che vengono al S.L., si
mettono al banco e alé... (2)
Usano l’alcol come modo per entrare in... siccome noi non riusciamo
tanto a socializzare con le persone, incominciamo a bere per essere più
disinibiti.
Questo amore per l’alcol... una volta che lo provi, vedi che sei euforico,
vedi che non hai difficoltà nel parlare con la gente, vedi che sei brillante,
simpatico per tutti... dopo la soglia del divertimento si alza, perché vedi
che ti diverti di più.
Quando sei senza, non hai più divertimento. (1)
[Gruppo 1]
L’alcol apre agli altri. In alta stagione c’è più movimento e quindi ti diverti
di più anche se non bevi... perché c’è più gente che gira... (2)
Sì, ma non tutti eh... dicono “andiamo là però beviamo qualcosa perché
altrimenti...”
È un modo... è un’abitudine... (5)
Altrimenti non riesci ad aprirti... (4)
[Gruppo 6]
L’alcol mette a proprio agio. Ho conosciuto uno una volta che proprio parlando seriamente mi ha detto che lui deve bere perché altrimenti non è
capace di stare con gli altri... quando è ubriaco allora si tira fuori, è un po’
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 11
meno timido, scherza con le ragazze, ma se non beve non si sente a suo
agio, che è un po’ triste...
[Intervista 9]
L’alcol e le conquiste. Hanno grandi risorse e vanno in giro... le ragazzine
bevono tanto quanto i maschietti...
L’altra sera sono stato a Trento, tornando in su ho incontrato sul ponte di
Dimaro due “ragazzotte” che facevano l’autostop, 16 o 17 anni, minorenni
entrambe...
Ho chiesto loro cosa avessero bevuto... e mi hanno risposto vodka...
“Ma vi piace?” ho chiesto loro... la risposta: “no ci fa schifo.. ero a caccia di
uno, questo mi ha offerto da bere, se prendevo la coca cola facevo la figura
della pirla...” La donna vissuta invece, prima di dire “ti faccio mio”, si è
bevuta la vodka e questo credo che sia una cosa comune...
[Intervista 4]
11.2.2.La rottura dei tabù del respet
L’allentamento e l’indebolimento delle norme e del controllo sociale possono
arrivare ad abbattere persino i tabù del respet, con una vera e propria sovversione
dei valori tradizionali della convivenza.
La rottura del “respet”, inteso come imbarazzo. Qui tutti i diciottenni si
vestono con il cappello, con i fiori...
Un lato positivo dei coscritti è che puoi conoscere tutti quelli del tuo
anno...
Per esempio è dalle elementari che non vedo più i miei coscritti e grazie a
quest’occasione li posso rincontrare... (2)
Ti ritrovi a diciotto anni, quello che lavora, quello che studia, è bello riconoscersi un po’ tutti.
Poi vedi quello un po’ più amorfo e allora cerchi di tirarlo su...
Poi è anche bello farsi la “storna” con i coscritti... però per me rimane sempre
una cosa forzata... nel senso che io con lui e la mia compagnia mi diverto,
poi che una volta all’anno puoi farlo anche con i coscritti può avere un
senso, però da lì a trasformarlo in una cosa sacra... (1)
Poi magari ti trovi a disagio, perché non conoscendo i tuoi coscritti... (2)
E cos’è che permette di togliere il disagio? (1)
Bere... (2)
Per quanto giusta sia la tradizione spesso diventa solo una scusa per potersi
ubriacare...
La gente del posto probabilmente apprezzava molto queste tradizioni anche
perché la compagnia era unica...
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 11
Adesso le compagnie sono diverse, ci si trova con gente che non si conosce, non si sa cosa dire allora ci si ubriaca... per divertirsi si ubriacano
“polito”.
[Intervista 11]
Il superamento dell’imbarazzo. In ottobre abbiamo fatto la festa di classe
in baita... abbiamo rimembrato i tempi delle medie, anche perché poi c’è
gente che studia fuori e quindi non si vedono più...
Sì, tutti amici, è bello.
La maggior parte studia qui in valle, qualcuno a Trento, tipo “parrucchiera”... (2)
Qui le compagnie si formano in base alle amicizie d’infanzia, dell’asilo...
oppure dalle classi delle elementari... (1)
Sì, non è una cosa fissa... (3)
... forse anche gli sport, noi per esempio facciamo tutte pallavolo... (1)
... alla Taverna I fanno tutti calcio... (2)
Sì, e poi bevono.
[Intervista 10]
La rottura del ghiaccio con una ragazza. Una volta mi ricordo che c’era uno
della Val di Sole che mi hanno detto che è sempre ubriaco che mi ha rotto
le scatole tutta la sera e avevo paura che mi mettesse le mani addosso perché
era talmente ubriaco.
[Intervista 14]
11.2.3.La rottura della banalità
Il problema, più volte sentito dagli intervistati in modo così drammatico, della
banalità insita nella triviale ripetitività della vita quotidiana, potremmo dire che
viene esorcizzato (certo non superato) dal sarcasmo e dalla messa in ridicolo
di quegli stereotipi di vita cui ci si adatta diuturnamente, sia pure con grande
sofferenza psichica.
L’alcol come rimedio alla noia. Io sono dell’idea che molti ragazzi di su
bevono proprio perché non gli passa il tempo, probabilmente perché non
ci sono neanche delle strutture, dei divertimenti, diversi modi di veder la
vita, non so...
[Intervista 14]
L’allucinazione della realtà. Visto che bisogna alterare un po’ la realtà e
rendere le cose un po’ più allegre, almeno in un primo momento, ognuno
cerca la droga che più si confà al proprio carattere... nella nostra società la
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 11
droga preferita è l’alcol, visto che produce paradossalmente comunicazione
e allegria in un mondo dove, nonostante il boom delle telecomunicazioni,
sembra non ce ne sia molta, oppure in un mondo di chiusura...
L’alcol permette di uscire un momento da questa realtà, da questa monotonia, da questa cosa, con 1,50 euro ti danno una birra, non serve andare
a Trento in un parco oppure su una strada...
Poi naturalmente il discorso sulle droghe o sull’alcol è molto complicato...
Sicuramente l’alcol è facile da trovare e compensa una necessità di evadere... maggiore è l’alcolismo, maggiore è la voglia di evadere... di cambiare
la normalità...
C’è chi si accontenta di andare in giro, di vedere nuovi luoghi; chi si accontenta della monotonia o della comodità del lavoro probabilmente si
rifugia nell’alcol, vedendolo come un modo per farsi il suo viaggio... i nuovi
stimoli li trovano nell’alcol...
Una cosa che potrebbe fare la Provincia sarebbe incentivare i viaggi all’estero...
Qui, quelli che non usano sostanze “per tirarsi fuori” sono veramente una
minoranza, o fumano o bevono... qui a Pellizzano quelli che non fanno
questo non escono di casa... sono quei tipi che studiano, oppure che si
incontrano con la fidanzata e allora hanno il sesso come mezzo ... oppure
bevono o fumano... (4)
Non che chi beve o fuma stia male con se stesso o con gli altri... (2)
Diciamo che qui è più facile diventare alcolisti che altrove...
[Intervista 7]
La trasformazione della banalità. Poi si beve perché è divertente; ci si diverte. (3)
È vero, certe volte sei triste, sei giù, poi bevi e diventi allegro... (1)
Certe volte fai delle cose che di per sé non fanno ridere, ma se sei ubriaco fanno ridere oppure dici di averle fatte mentre eri ubriaco e fanno
ridere... (3) […]
L’alcol può esaltare una serata. Le mie serate... a me piaceva ballare però
mi ricordo che soprattutto verso i 16 o 17 anni è iniziata la conoscenza
di ciò che poteva esaltare la serata... c’è stato ad esempio il periodo della
vodka alla pesca...
Si usciva, sempre al J., nove di sera, dopo mangiato, ti facevi due grappe
alla pesca o la vodka, sembrava di essere chissà chi...
I due filoni erano vodka oppure montenegro... poca birra ma molti superalcolici... l’alexander era la cosa che si beveva in ultima serata era un cocktail
magnifico con il bicchiere... quando riuscivo a prendermi un alexander
mi gasavo perché significava, intanto che avevo due soldi in tasca, perché
costava... o me lo offrivano...
[Intervista 5]
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Capitolo 11
Chi non beve si annoia. […] chi non beve si annoia, perché non c’è niente
da fare... (1)
Beh, si può andare con quelli che bevono e non bere... è difficile però... (3)
Io non bevo, a parte i miei quattro o cinque amici, in giro sono tutti ubriachi, non riesci a... (6)
Sabato sera sono tornata con la “Dorothy” a mezzanotte, sono arrivata e sono
entrata in un bar a comperarmi le gomme, c’erano lì cinque o sei ragazzi sui
18 anni, che sono sempre ubriachi e che di solito si divertono, li ho trovati
a giocare a briscola a mezzanotte, mi sono cadute le braccia... (1)
Che tristezza! (5)
Beh è ben peggio se li trovavi a giocare alla morra... (5)
No, è meglio alla morra, almeno sei ubriaco per giocare alla morra, ma a
briscola gioca mio nonno... (1)
[Gruppo 5]
Ancora sulla noia della quotidianità. È entrata nella mentalità l’idea che chi
guida non beve e quindi non si diverte. È così... cioè, non è cosi; però è
entrata nella mentalità l’idea che se non bevi non ti diverti.
C’è un nostro amico, infatti, che per problemi non può bere, ah... io lo
capisco, lui si rompe. Anche perché... quando sono a Bologna, io esco,
vado a vedermi il concerto jazz nel tal locale, vado al cinema... Lassù che
cosa fai ... vado al R.R, dove fanno della musica di m., c’è sempre la stessa
gente. Non puoi dire: “non bevo allora faccio”... no perché non c’è niente,
non balli, non conosci gente nuova, stai sempre con le stesse persone, sai
già cosa ti diranno.
[Intervista 6]
La tristezza di chi non beve. È un po’ triste la cosa... andiamo avanti a birre
e fumo... se ci pensi l’ottanta per cento dei ragazzi il sabato sera si diverte
bevendo e facendosi spinelli... (2)
Se guardi di solito quello che ha la macchina e non beve, è lì tristissimo
in un angolo... (1)
Sembra che sia una punizione, un castigo... se ci pensi a diciotto anni ci si
potrebbe divertire a fare stupidaggini o per lo meno a spararle...
[Intervista 3]
L’alcol come premio dopo una giornata di lavoro. Bevevo per procurarmi
quello stato di alterazione... non è che per abitudine andavo al bar a bere
la birra, come invece fanno tanti miei amici... Se parli con tanti ragazzi
della mia età che invece lavorano, per loro la normalità è lavorare, andare
al bar a bersi cinque o sei birre. Ho visto l’inverno scorso, quando lavoravo
al “noleggio”, si andava fuori, in tre o quattro, comincia una birra, un’altra
birra, un’altra ancora e arrivi a casa mezzo storto... (1)
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Anche i ragazzi d’inverno scendono dalle piste, entrano al bar, trovano
quelli che scendono dagli impianti, si trovano lì insieme e bevono, è così,
comunque quello più grande deve dimostrare... deve dimostrare determinate cose. (2)
Alla fine non è neanche male ti dirò, sì, può sembrare assurdo però finisci
di lavorare e ti sconvolgi, vai a mangiare e vai a dormire... (1)
Contento e in compagnia... (2)
... è assurdo... però, sei con i tuoi amici...
[Intervista 7]
La trasgressione come rottura della banalità. Poi abbiamo fatto il bagno in
piscina di sera... però eravamo savie... (1)
Sempre questa nostra amica, che è partita per l’America, ha la piscina in
giardino, la usa un mese all’anno, comunque... pochi giorni prima che
partisse abbiamo fatto il bagno nella piscina... (2)
... eravamo al bar alle 22.00... (3)
... senza costume... (sotto voce) (1)
... senza che la sua mamma ci scoprisse... (2)
Dopo eravamo contente di non essere state neanche ubriache... ogni tanto
dici: “Mi sono divertito e non ero nemmeno ubriaco, perché?”... Poi sei
contento... (3)
[Intervista 10]
Gli scherzi. Sì, al P.V. Sono sempre un po’ bevuti.
Allora é successo che una sera J, siccome poi i suoi gli danno anche tanti
soldi, perché ha il bancomat e non sa gestirseli, per fare il bullo ha cominciato a bere e i suoi amici molto gentilmente, quando hanno visto che
era già appoggiato con la testa sul bancone, hanno continuato a ordinare
montenegro, montenegro, montenegro, finché tanto per peggiorare la
situazione l’hanno portato fuori e l’hanno fatto spogliare fuori sulla neve e
lì lui è caduto per terra mezzo in coma. I suoi amici non si sono curati di
chiamare le ambulanze né niente.
Per fortuna qualcuno ha avuto il buon cuore di farlo.
Si è addormentato proprio. L’hanno portato in ospedale, l’hanno tenuto lì
tutta la notte ed è andato via il giorno dopo. Gli hanno fatto delle flebo.
[Intervista 14]
La messa in ridicolo del dolore. Mi è successo anche una volta che sono stata
a S.U., una discoteca sul Bondone, a Vanezze, che per carità è un posto
dove non è che siano sempre ubriachi come al P.V.
È successo che un ragazzo ubriaco è caduto dai divanetti perché ballava
sui divanetti, è caduto battendo la testa per terra e si è rialzato quasi subito
perché non si è fatto quasi niente. Però era lì praticamente appoggiato sulle
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 11
ginocchia che si teneva la testa e i suoi amici gli ridevano in faccia, al che
sono andata lì io, ho guardato come stava, gli ho portato del ghiaccio, per
metterglielo sulla testa. Tra amici è difficile che si aiutino.
[Intervista 14]
11.2.4.Lo scambio simbolico delle narrazioni
Sia come fattore di aggregazione che come rottura dei tabù e delle banalità, l’alcol
apre anche la possibilità di uno scambio di narrazioni reciproche di vita che
immettono una parvenza di avventura, di rischio e di vertigine nel tempo fermo
della “every-day life”.
Il discorso sull’alcol. Sì, si beve tanto... anche quando parli con qualcuno, la
metà delle battute sono sul bere, metà delle storie che si raccontano sono
sul bere: “ah quella volta che ho fatto la balla, ho cominciato dopo lavoro
alle 17 e ho cominciato a “montenegri”, dopo siamo andati a mangiare una
pizza e mi sono bevuto 4 birre medie da solo, poi sono andato al M. e giù
angeli azzurri, non capivo più niente”...
Si vantano di questa cosa e le ragazze ancora di più... se te sei una ragazza
e tieni la birra allora sei proprio “figa”, anch’io bevo, però ho sempre sostenuto che quando non sento più il sapore non serve più bere... “stinchi”
che mai più...
[Intervista 9]
Le altre narrazioni. Poi il giorno dopo della “voliera” senti: “Ah ieri ho lasciato lì 200 euro o 300 euro”... “Ma cosa hai bevuto?” “Eh, offrivo in giro”... (1)
... giri di grappe, vodka... (3)
... montenegro... (1)
[Gruppo 5]
La necessità di ubriacarsi. La cosa brutta è che il sabato sera la gente esce
dicendo: “devo andare a ubriacarmi”. (6)
Forse è un po’ esagerato... (3)
No, no, tutti : “Andiamo a fare la balla!” e il giorno dopo si vantano... (6)
Sì, è un po’ assurdo è vero... andare proprio apposta... (3)
Magari uno va a divertirsi, beve qualcosa perché gli offrono... non è che uno
deve ubriacarsi fino a stare male... uno può essere un po’ allegro... (5)
Poi se ti ubriachi fino a stare male, il giorno dopo sei un idolo... (1)
Sì, sì, proprio tutti ti adorano... (5)
Sì, sì... (1)
... magari se vomiti fuori dal pub, sei il mito di tutti... (5)
Sì, perché è un culto. (3)
300
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 11
... ma sì, perché tutti ne parlano: “questa settimana mi sono ubriacata
con...” (5)
La cultura nordica... tipo il vino nella dieta mediterranea, c’è proprio la
cultura della birra... (6)
[Gruppo 5]
Le provocazioni. L’altro giorno sono tornato di sera, sono entrato al bar...
mi è venuta incontro una mia compagna di classe, una in gamba, che a
scuola è molto brava, arriva là con gli occhi gonfi e mi dice: “Guarda che
ieri ho sboccato 4 volte davanti al P.”...
[Intervista 11]
11.2.5.I riti e i culti
Le sostanze alcoliche, proprio per le loro potenzialità allucinatorie e di aggregazione comportano la percezione di spazi in cui la ripetizione di comportamenti,
di gesti, di atteggiamenti, di pratiche linguistiche, consentono il superamento
di ciò che semplicemente è.
Potremmo parlare di un anelito alla lettera “sur-reale” che si tinge di desiderio
di incantesimi e magie terrestri e immanenti.
Così sullo sfondo possiamo riconoscere le tracce più o meno sbriciolate dei
tipi antropologici di rituali collettivi.
I riti di “iniziazione”. Per farsi vedere dai più grandi... un adulto beve due
birre e non gli succede nulla, loro hanno tredici anni e le bevono... vogliono
fare come i grandi... (2)
[Gruppo 2]
I riti di “integrazione”. Cominciano dalla seconda media in poi... (2)
Dagli 11 anni in su... (1)
Anche dalla prima... (5)
Fumano, bevono... (2)
Per star simpatici e per riuscire a entrare nel gruppo dei più grandi... (4)
... se arrivano a drogarsi così sono messi molto male... (1)
Per farsi accettare dai più grandi, per farsi accettare, per entrare nel gruppo... (4)
Finché tu non fumi, non bevi e non fai cavolate a tutto andare non puoi
ritrovarti nel gruppo dei più popolari e più conosciuti... (1)
... dicono che è bello, che è simpatico anche se non è vero, ma basta dirlo
perché è di quel gruppo... (4)
Quel gruppo lì è andato e ha fatto... ecc. Lui che è di quel gruppo è bellissimo e “fighissimo” perché è di quel gruppo. Tanti dicono: “guarda quello
lì, si è bevuto tre litri di birra da solo sabato”. (6)
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Capitolo 11
... uno vorrebbe essere accettato da questo gruppo, perché tutti parlano di
te, però se non fumi, non bevi e non fai niente... (1)
... non ti vogliono
[Gruppo 4]
I riti di “comunione” e di “differenziazione”. La compagnia influenza molto...
non è che se a casa vedi tua mamma che beve un bicchiere di vino diventi
vino-dipendente... però se vedi gli amici... le prime volte dici di no e prendi
la coca cola, però dopo un po’ ti stufi di prendere la coca. Se vedi tutti gli
altri che prendono la birra, la assaggi dall’amico... se non ti piace ti fanno
provare il radler... che diventa birra dolce, se non ti piace il radler prendi
un alexander... ogni sera ne provi uno finché non ne trovi uno abituale e
diventerà quello il tuo... almeno per me è stato cosi... (4)
[Gruppo 7]
I riti di “aggregazione”. Fuori dal P. c’era il rito della “pisciatina”... quando
bevi tanta birra poi ti viene lo stimolo... e allora dopo, si andava tutti insieme a pisciare e poi si tornava dentro...
[Intervista 9]
I riti di “solidarietà e di reciprocità”. Di norma non hanno tanti problemi a
spendere, perché lasci in un locale mediamente 70 euro ogni sera perché
bevi e offri da bere... se sei in una compagnia di 5 persone... ognuno paga
un giro e quindi alla fine è come se ognuno pagasse il suo...
Le ragazze non spendono niente... alle ragazze viene sempre o quasi, offerto... poi non c’è una regola, se uno una sera è felice paga sempre lui... sta
all’altro dire: “ma no, hai appena pagato tu, adesso pago io!”
Però se io questa sera non ho niente, sto zitta e non pago... la prossima
volta però mi sentirò in dovere di pagare... da bere agli altri.
Oppure tante volte fanno così: ti pagano un giro anche se tu non vorresti
bere e dici: “no, non bevo niente...” E loro: “no, ti ho pagato una birra e
adesso la bevi...” come per dire... “dai tieni colpo, non mollare adesso...”
oppure, quando uno perde una scommessa, oppure vogliono fargli uno
scherzo, gli dicono: “guarda che hai una birra pagata e adesso devi berla”...
e te devi dimostrare di essere all’altezza della situazione... poi dipende dalle
dinamiche che si creano nei vari gruppi.
[Intervista 9]
I riti di “passaggio”. Lì si fanno delle grandi bevute... c’è la cultura di facciamo... “guai a chi non beve”...
C’è questa cosa... si fa un compleanno, beviamo... (3)
Sì, sì, è automatico, se c’è un compleanno si beve... (1)
Che triste... (sottovoce) (2)
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Capitolo 11
C’è la festa in cui allora si beve... durante la settimana si ritrovano a guardare
al TV, a giocare alla playstation... cose così... (3)
Oppure per provare...
[Intervista 10]
11.2.6.Il gioco delle differenze
Dalle interviste sembra trapelare anche un’altra funzione legata alle varietà di
bevande alcoliche; questa sembra, in certi casi, consacrare l’identità di un gruppo
rispetto ad altri. E certamente anche gli stati e gli stadi di ubriachezza che ne
derivano con le rispettive temporalità.
Pare anche che si possa parlare di una differenziazione gerarchica di ruoli, data
dalla capacità più o meno forte di “tenuta” del tono alcolico.
Tale capacità potrebbe essere pensata nell’ambito di un gioco che comporta il
controllo della vertigine come nell’alpinismo.
La distinzione. ... o vanno in baita a bere o vanno al mare in discoteca a
bere... (6)
Proprio al mare ti mettono i cilindri della birra... e quelli della Val di Fiemme
ne ordinano sei o sette... (1)
Bisogna mantenere la tradizione, anche quando si va in giro... (5)
Se tu vai a Rimini, arrivi davanti a una discoteca e parli dialetto... “Ah
siete fiemmesi!”... “Entrate pure gratis!”, perché tanto poi spendono tanti
di quei soldi in birre... (1)
Ci conoscono... “Oh della Val di Fiemme!” (3)
Abbiamo una certa fama... (5)
[Gruppo 5]
La gerarchia del gruppo. Io vivo a Fiavé... lì sì che l’alcol è importante... lì,
vedo al bar che ci sono ragazzi che bevono tantissimo... anche quando ero
più piccola io, era così... ma adesso fanno gli sbruffoni e bevono tanto al
bar...
Questi gruppi qua invece sono diversi... il modo di comportarsi, di fare il
bullo o il “capetto” è uguale... però lì si usa molto di più l’alcol e forse vince
chi regge di più, almeno tra i maschi... tra le femmine non so...
[Intervista 12]
Le sfide e le gare. Comunque i ragazzi bevono veramente tanto... io ho visto
anche a Cogolo delle ragazzine che a 16 anni facevano a gara, si bevevano
un litro di birra in 8 secondi... (1)
Ho visto gente bere d’un fiato un litro di bianco, un litro di vino, ho visto
gente bere brocche da due litri piene di sputi e di altro... (4)
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Capitolo 11
Io con le lattine... (2)
Gente che è collassata per il bere ne conosco anch’io... (1)
No, per quanto riguarda il bere e il fumare non ci sono problemi... ce ne
sono moltissimi... (4)
[Intervista 7]
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Capitolo 12
Conclusione
A mo’ di conclusione riportiamo alcune impressioni e alcune osservazioni
emerse durante le interviste e i colloqui, a proposito dell’ipotesi della realizzazione di una campagna di prevenzione dell’uso di alcol da parte di ragazzi
tra i 13 e i 16 anni, che forse potrebbero essere utili per la progettazione della
campagna stessa.
12.1. Le impressioni sulla campagna
Da un lato si ritiene che una campagna di comunicazione da parte delle
Provincia di Trento per ridurre i danni dell’alcolismo, sfida senza dubbio
complessa e difficile, dovrebbe andare di pari passo con un cambio generale
dell’atteggiamento nei confronti dell’alcol; dall’altro lato si esprime qualche
perplessità sulle possibilità di riuscita del progetto visti alcuni precedenti come
per esempio le feste senza alcol.
Il disagio della comunità. Il tutto ha sempre come base l’idea che non crediamo esista un disagio giovanile disgiunto dal disagio di una comunità
e gli adulti sono... noi siamo, quelli che gestiamo, che tiriamo le fila di
questa comunità. L’altro grosso aspetto è di coinvolgere il mondo adulto
per riflettere su quello che stiamo facendo; non sono certo i nostri figli
che hanno dato a noi le regole del gioco; su questa mistificazione del
disagio giovanile, in cui gli adulti parlano di disagio giovanile, potrebbe essere una sorta di percorso a ritroso per dire che razza di comunità
stiamo facendo.
[Intervista 8]
L’ equivoco e l’ossimoro. […] c’è questo grosso equivoco, ed è un problema
etico. Da una parte il pubblico, per pubblico intendo la Provincia, lo Stato,
per motivi di posti di lavoro, di economia si trova a sponsorizzare e a promuovere prodotti che hanno a che fare con l’alcol e dall’altra, i medesimi enti
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 12
e le medesime strutture devono affrontare i problemi connessi con questo tipo
di stile di vita. Sappiamo che in realtà il costo dei problemi è maggiore delle
rese, questi sono dati dell’OMS, regione Europa; sono dati inequivocabili.
I costi variano dal 3 al 6% del PIL e le rese sono inferiori a questo. Allora,
naturalmente è un buon esercizio ma parte da questo presupposto: bisogna
educare i giovani a bere di meno, questa è la logica, ma dovremmo dire che
bisogna educare tutta la comunità a bere di meno... allora qui è la logica
“alcol meno è meglio”. Noi dovremmo fare un’operazione di pulizia concettuale e poi di guardarci negli occhi e dire o scelgo questo o quello.
Poi il privato credo troverebbe le sue strade... io non discuto del fatto che
le vigne siano vigne o che gli agricoltori producano vino o distillino ma
questo è un problema dei privati; il pubblico contemporaneamente paga
e paga, allora questo diventa un’immagine... è come dire: se l’alcol è una
droga e di nuovo l’OMS su questo ormai è chiara, da una parte promuove
e dall’altra parte paga in conseguenze... quindi paga il doppio.
[Intervista 8]
L’esperienza di Dorothy. 4 […] le due operatrici del progetto, C ha 28 anni
ed è un’assistente sociale, E ne ha 24 ed è una assistente sociale, poi ci
sono i ragazzi della Croce Rossa che hanno dai 16 ai 18 anni (i pionieri)
... nella esperienza di primavera si è visto che tutti conoscono tutti, allora
nasce la meraviglia, nasce il punto interrogativo: “Cosa fai qui?” e questo,
anche da un punto di vista etico... “Perché quella?”, “... non avrei mai
detto che tu fossi qui!”, insomma fra pari le dinamiche sono più ...
[Intervista 8]
Le feste senza alcol. L’anno scorso d’estate, a Cles al Palazzetto dello sport,
hanno fatto una festa, dove c’erano un paio di gruppi che suonavano, ed
era una serata contro l’alcol... organizzata non so se dalla Provincia, dal
Comune o dal Gruppo giovani... e non distribuivano alcolici, né birra né
niente... e non si pagava per entrare, era deserto, non c’era nessuno...
Addirittura ho sentito che parlavano di questa festa, anzi io ho detto ai miei
amici: “sapete che c’è questa festa a Cles al Palazzetto...” si sono girati, mi
hanno guardata scandalizzati e mi hanno detto: “stai scherzando non vorrai
andare là... ma ti rendi conto che non ti danno neanche una birra”... Infatti
era deserto, non c’era nessuno... è miseramente fallita la cosa...
Sapere che non ti danno alcol... no, non esiste...
[Intervista 2]
Il Progetto Dorothy è un’iniziativa dell’Azienda provinciale per i Servizi sanitari in collaborazione con
il Comprensorio C1 Fiemme, per la promozione di sani stili di vita e la prevenzione dell’uso di sostanze
tossiche.
4
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 12
12.2. La legge disattesa
Benché in Trentino vi sia una grande attenzione e una sorta di ritualismo
burocratico nell’applicazione delle leggi e dei regolamenti sia per quanto riguarda il controllo e la repressione dell’uso di alcol, sia per quanto riguarda la
sorveglianza dell’organizzazione e della gestione di feste da parte dei gruppi
e delle associazioni, dalle interviste emerge continuamente come la legge che
vieta la vendita di alcol ai minori di 16 anni sia di fatto disattesa dai gestori
di molti locali.
Lo zelo delle forze dell’ordine. […] poi il brutto è che... tipo la polizia
fa apposta, ... anche durante le manifestazioni, alle due arrivano e si
mettono lì, bloccano tutte le strade e tra un po’ ti fermano anche con la
bicicletta...
Beh dopo una certa ora, se sono le due di notte, ti fermano anche con
le biciclette e ti fanno l’alcoltest... fanno apposta... si mettono lì a due
metri, aspettano che tu sali in macchina, fai dieci metri e fuori la paletta
e ti fermano... prendono patenti... (3)
Sì, ma la polizia su di qua ti ferma dappertutto... mi hanno fermato con i
roller, perchè andavo a Predazzo e non potevo andare... 30 euro di multa...
in paese non si può andare con i roller... (1)
Mi sono preso sei multe perchè andavo con lo skate... (6)
... sì è vero, qua a Predazzo... i miei compagni li fermano con lo skate in
piazza... 30 euro di multa... (3)
... la sesta l’ho pagata perché erano 50 euro ... (6)
... c’è sul codice della strada, me l’hanno fatto leggere... (1)
... hanno messo un cartello dove c’è scritto che non si può accedere con
acceleratori di velocità... (6)
A me mi hanno fermato con la bicicletta in piazza e mi hanno chiesto
quanti anni ho... (3)
[Gruppo 5]
Il ritualismo burocratico e l’iniziativa dei giovani. In Trentino, fai una cosa
e devi farla precisa... noi siamo andati a suonare in molti altri posti...
anche a Pordenone l’ultima volta, era un concerto in un prato dove c’era
un piccolo palco, un bancone con la birra... avranno chiesto il permesso
al Sindaco... e per il resto hanno fatto tutto senza dover rendere conto
a nessuno...
Qui invece, fanno la cucina, fanno tutto per bene e ancora rompono le
scatole... (1)
Un’altra cosa... se adesso vuoi organizzare un concerto devi avere: l’autorizzazione del Comune, autorizzazione di agibilità del locale dove si fa il
concerto, andare dalla SIAE, se hai i biglietti d’entrata pagare una tassa su
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 12
questi, pagare la tassa sulle bevande, pagare quelli che vengono a suonare,
pagare i diritti d’autore per la musica che fai, verificare che i gruppi che
chiami siano iscritti all’Enpals (Assicurazione per gli artisti)... (4) […]
Se vuoi fare una festa quindi... l’ultima volta che siamo andati alla
SIAE... ci hanno chiesto l’impossibile... ci hanno anche promesso un
controllo...
Figurati dove finisce l’iniziativa... un giovane di 14 o 15 anni che si trova
di fronte a questa situazione lascia perdere...
Qui per fare una festa servono tutti questi passaggi burocratici, testimone
il fatto che hanno interrotto un concerto dove dovevo andare a suonare,
in valle di Non a Fondo... alcuni miei amici invece che sono a Bologna,
prendono un locale, non dicono niente a nessuno, fanno entrata a 10 o
15 euro... entrano tutti e si raccolgono 500 euro a serata... (4)
Sì, siamo molto controllati... il problema è che questo controllo è coercizione... mi sembra assurdo che quando dei ragazzi si impegnano a fare
qualcosa debbano essere ostacolati... (1)
[Intervista 7]
Le maglie della legge sull’alcol. Poi anche le leggi di non vendere alcolici
sotto i 16 anni... (1)
A me hanno chiesto solo una volta... eravamo al P. quando c’erano i tedeschi... Ci hanno chiesto se eravamo maggiorenni, noi abbiamo detto
di no... “allora potete bere solo questo, questo e questo”... alla fine poteva
darmi tutto tranne i cocktail... (2)
Adesso la gente che beve è sempre più piccola, avendo quindi a che fare
con quella gente lì non stanno nemmeno a guardare se sono minorenni
o maggiorenni... altrimenti ci perdono... (1)
[Intervista 10]
La legge non rispettata. Ma la legge c’è già, il problema è che ci sono dei
gestori che... danno la vodka anche alle bambine di dodici anni... sì, perché
all’inizio si comincia con i superalcolici, capisci quanti anni hanno in base
a ciò che stanno bevendo; quelli della mia età li vedi con la birra... quelli
più piccoli li vedi con la vodka e la grappa che fanno i fighi... (6)
[Gruppo 4]
Nei locali bevono anche i ragazzini. […] il posto di ritrovo principale è
il P.V., dove non si respira perché lì proprio fumano tutti e poi io l’ho
sempre visto questo problema che tutti bevono e la cosa che mi stupisce
di più è che il tipo stesso che gestisce il bar dà da bere anche ai ragazzini
e secondo me lo sa che sono minorenni. Questi qua per prendersi quei
due euro dà da bere anche ai minori di sedici anni. Mentre a me è capitato a Trento, al bar R., che un ragazzo ha ordinato del vino e la tipa che
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 12
gliel’ha portato gli ha chiesto: “Ma scusa, ma tu quanti anni hai?”, lui ha
detto che ne aveva 15 e lei non gliel’ha dato. Magari può scappare che
uno ti sembra grande quindi non vai a chiedergli l’età, ma quando vedi
proprio che questi qua non hanno neanche la barba, si vede proprio che
sono minorenni, piccoli, magari anche alle medie, te ne accorgi e invece
gli danno da bere lo stesso.
[Intervista 14]
I ragazzi raggirano la legge. Poi in teoria non dovrebbero dare superalcolici... (3)
... in teoria... (1)
Però dopo le due... (3)
Sì, ma anche quella che non danno superalcolici.. se io voglio un superalcolico, trovo il primo maggiorenne: per piacere... poi ti do i soldi... (1)
[Gruppo 5]
12.3. Le proposte per la campagna
Benché scettici rispetto ai possibili effetti di una campagna di comunicazione
per la riduzione dell’alcolismo giovanile, gli intervistati tentano di immaginare
alcune soluzioni applicative.
Il pessimismo. Non esiste... (6)
“Bevi di meno e divertiti di più”... (3)
Un mio compagno di classe mi ha dato un articolo di giornale nel quale
si racconta la storia di una ragazza che è stata investita in macchina da
dei ragazzi ubriachi e lei è morta...
... secondo me, non capiscono quello che fanno... (1)
... una visita all’ospedale...
È come un tunnel senza uscita... (3)
Bisognerebbe cambiare mentalità proprio ai bambini appena nati... (1)
Secondo me, slogan così non funzionano... secondo me funzionano storie
vere... (5)
Io sono pessimista... bisognerebbe studiare, bruciare le televisioni... (6)
[Gruppo 5]
Le proposte. Un manifesto... una lettera... (2)
“Stai attento altrimenti alla prossima festa non ci sarai!” (4)
Si può fare anche un disegno... (1)
Si potrebbero distribuire all’entrata... (5)
Magari si potrebbero mettere sotto foto di incidenti di moto... (4)
Si potrebbe fare come hanno fatto vedere al telegiornale... per ridurre la
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 12
velocità, hanno messo in un poster le foto di tutti i morti... (5)
Ma è inquietante passare in una strada e vedersi le foto di tutti questi morti... (4)
Anche in una festa per la verità ... (1)
“Quando è troppo è troppo!” (4)
“L’acqua dà la vita, l’alcol la morte.” (5)
“Mezzo bicchiere di vino ai pasti fa bene... una tanica no!” (1)
[Gruppo 2]
Le proposte e gli slogan. “No alcol, no stop!” (5)
Far vedere le figure di m. che potrebbe fare una persona ubriaca marcia […] (6)
Questa potrebbe essere un’idea: “bevi per divertirti e non per distruggerti”...
Maggiore controllo... (5)
[Gruppo 4]
Portare in giro le testimonianze di persone che sono riuscite a uscire da
questi problemi;
“Per essere figo non serve bere o fumare, basta essere quello che sei!”
“Se non ti accettano non cambiare, non sono alla tua altezza!”
“Se vuoi divertirti, non usare stupefacenti o alcolici!”
“Ti divertirai un momento ma per tutta la vita ti sentirai una m. !”
“La balla ti rovina semplicemente la serata!”
“Quelli che bevono non sono i più fighi ma i più deboli”.
Fare degli incontri con persone che hanno fatto l’esperienza di essere tossico-dipendenti o alcolisti e sentire il loro parere su questo argomento.
Mostrare le figuracce che una persona può fare in preda all’alcol e quanto
può essere preso in giro.
Mostrare la rovina di famiglie per colpa dell’alcol.
[Gruppo 4]
“Stai attento altrimenti alla prossima festa non ci sarai!”
“Bere è bene... non bere è meglio!” (Pensa alla tua vita... non vorrai che
sia già finita).
“Quando è troppo è troppo... Basta con l’alcol!”
“Non bere troppo, rispetta il limite!”
“La birra è come una donna, quando la usi, ti lascia!”
[Gruppo 2]
Terminologia di uso comune per definire chi beve: “Por laor”; bulli; “cot
come en per”; “Secco come en pal”; “Fora come ‘na poiana”; “Embriac”;
“Stenc”; Partito; “Stenc come en bis”.
[Gruppo 4]
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Capitolo 12
12.4. Congetture di intervento
Per la progettazione della campagna di comunicazione si dovrà tenere conto
del complesso e magmatico intreccio di rappresentazioni e di sintomi che
fanno da sfondo al consumo di alcol tra i giovani in Trentino e che qui si
è cercato di analizzare e di illustrare attraverso una serie di aree tematiche
come: le forme di aggregazione, i luoghi di ritrovo e di socializzazione, le feste
popolari, l’alternanza ripetuta tra periodi di grande affollamento e periodi di
desertificazione sociale, i tabù del respet, ecc.
Ciò significa che la campagna dovrà essere multiforme, cioè dovrà prevedere
differenti tipologie e differenti strumenti di comunicazione (manifesti, serate
pubbliche, feste e concerti, altre forme di socialità, festival, ecc.) da utilizzare
in periodi e in luoghi diversi.
A nostro parere, viste anche le reazioni e le discussioni degli intervistati
durante i colloqui, potrebbe funzionare come catalizzatore dell’attenzione,
stimolatore di riflessioni e magnete di discussione, una mostra di opere d’arte
per illustrare ed elaborare le tematiche sintetizzate in questo rapporto finale.
In altre parole crediamo che quanto messo in evidenza in queste pagine costituisca un ritratto sorprendente e impressionante della cultura di montagna
e che di per sé possa essere stimolo di riflessioni, analisi, discussioni, dibattiti
e forse anche di cambiamento.
Una mostra nata e strutturata a partire da questo rapporto, con opere appositamente ideate e realizzate da diversi artisti, potrebbe essere un viaggio
avventuroso, suggestivo e persino conturbante nella situazione trentina.
Evidentemente questa mostra, che potremmo definire antropologica, non
sarebbe diretta soltanto ai ragazzi di una determinata fascia di età, ma all’intera
comunità, che si troverebbe di fronte ad una grande e sconcertante rappresentazione di se stessa. La mostra antropologica, proprio per la sua ampiezza,
per la capacità di impressionare e di smuovere le acque più profonde e cupe
della vita di comunità, potrebbe fare da sfondo a tutte le altre forme di comunicazione, più mirate e più dirette. Addirittura potrebbe essere concepita
come itinerante, cioè da allestire nei principali centri delle valli (Cles, Fondo,
Malé, Cavalese, Pergine, Borgo, Tione, Pinzolo, Arco, ecc.) approfittando
dell’evento per coinvolgere le scuole, le associazioni, i gruppi, le compagnie e
tutta la comunità in conferenze, dibattiti, serate e quant’altro.
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Bibliografia
Riferimenti bibliografici
Albanesi C., I focus group, Carocci, Roma, 2004
Bechelloni G., Gabellieri F., Oltre il disagio. Identità territoriale e condizione
giovanile in Caldera, Cesvot, Firenze, 1999
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PARTE IV
Donne e culture dell’alcol in Trentino
Marco Rosi, Charlie Barnao
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Introduzione 1
L’assunzione di sostanze alcoliche ha subito una forte trasformazione negli ultimi anni in Italia. Il lungo percorso che, a partire dagli anni Ottanta, ha fatto
progressivamente scendere, fino ad oggi, il consumo pro capite di alcol nel
nostro paese è stato accompagnato da un profondo cambiamento nelle relative
modalità e tipologie del bere.
Il calo quantitativo del consumo di vino, l’introduzione della birra, il progressivo diffondersi dell’usanza dell’aperitivo sono fattori che hanno contribuito a
modificare notevolmente i contesti tradizionali di assunzione, di norma basati
sulla consuetudine di un consumo elevato, ma regolato da significati precisi. Il
bicchiere di vino durante i pasti, ad esempio, utilizzato abitudinariamente come
fonte di recupero energetico dalle fatiche del lavoro, è diventato oggi sempre più
raro ed è stato sostituito da una visione del bere vino che si colloca all’interno
di nuove forme di organizzazione sociale, caratterizzate da una separazione più
netta tra vita privata, lavoro e divertimento.
La socialità diventa l’occasione per il recupero di relazioni, in un tempo libero
che diventa sempre più spesso “tempo liberato” da un lavoro che, affrancato
dalla fatica fisica, si sviluppa attorno alla performance mentale e sociale. In tale
contesto il rituale del consumo di alcolici non può essere, almeno inizialmente, di tipo “pesante”, caratterizzato da un alto consumo di bevande ad elevata
gradazione, ma deve piuttosto facilitare quella relazionalità che è resa possibile
solo in quello specifico momento della giornata o della settimana.
Birra, spritz, aperitivi e cocktails vari, bevande più leggere ed euforizzanti, diventano allora protagoniste di un modello di socialità postindustriale compressa in
tempi scanditi, come il weekend, o lo spazio dell’aperitivo, compreso tra la fine del
lavoro e la cena, ma estremamente libera nelle sue forme ed estesa a tutte le fasce
sociali, con rituali diversi a seconda dei luoghi e dei gruppi di riferimento.
Questo spostamento di significato, dal bere come “abitudine” al bere come
“performance”, sulla base di tempi e spazi precisi, ha portato ad una riduzione
complessiva dei consumi di alcol, ma, contemporaneamente, ha aumentato
il numero dei bevitori che accedono a questo nuovo modello. La diffusione
di bevande a minor gradazione alcolica, in concomitanza con l’allentarsi di
norme culturali che tradizionalmente controllavano, in maniera molto rigida,
il consumo di alcuni gruppi sociali, in particolare le donne e i giovanissimi, ha
fatto crescere, rispetto al passato, il numero di persone che, in generale, entra
in contatto con le sostanze alcoliche.
Il presente studio, pur non facendo parte delle ricerche realizzate su comittenza della Provincia Autonoma
di Trento, nell’ambito della campagna per contrastare il consumo giovanile di alcol, viene qui pubblicato
trattandosi di un lavoro che si può ritenere complementare a quelli presentati nei capitoli precedenti
(Nota dell’Editore).
I capitoli 12,13,14,16, Introduzione e Conclusioni sono a cura di Marco Rosi, il capitolo 15 è a cura di
Charlie Barnao, l’Appendice è a cura di Adriana Arata (Cooperativa Sociale Samuele).
1
317
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
L’aumento dei consumi in queste “nuove” fasce di popolazione porta con
sé significati e pratiche emergenti che non sono state ancora adeguatamente
esplorati e compresi, ma che sembrano caratterizzare in maniera peculiare le
nuove modalità del bere contemporaneo. In particolare, nel caso dell’universo
femminile, si assiste ad un vero e proprio cambio di paradigma negli atteggiamenti e nei comportamenti relativi al bere alcolici rispetto al passato.
Tradizionalmente, nella cultura occidentale, il consumo di alcol da parte di una
donna è stato oggetto di norme e divieti che ne hanno fortemente controllato
e condizionato l’accesso al bere; si è creato nel tempo un vero e proprio stigma
sociale che ha consentito al genere maschile di costruire ed imporre, secondo i
propri canoni, un’immagine di donna cosiddetta “normale”, chiusa in determinati confini sociali, più facili, almeno in apparenza, da controllare.
Questa discriminazione, che sappiamo peraltro non essere solo relativa al bere,
se da un lato ha portato, nella storia, ad un minor consumo di alcolici da parte
femminile, rispetto agli uomini, dall’altro ha condotto all’adozione di una tipologia di bere nascosto e dissimulato, che reagiva, ma al tempo stesso paradossalmente
confermava, le pressanti norme sociali a cui le donne erano sottoposte. La figura
della casalinga di mezz’età che, perdendo il suo ruolo di riferimento nel lavoro
di cura familiare, si ubriaca regolarmente in casa, da sola, nei momenti in cui sa
che nessuno degli altri componenti può essere presente, utilizzando i liquori che
normalmente si usano per la preparazione dei dolci, in modo da poterli tranquillamente comprare e tenere nella dispensa senza dare adito a nessun sospetto,
rappresenta l’esito emblematico di questo processo storico.
Attualmente le cose sono cambiate e alcune trasformazioni sono ancora in
corso. Il guadagno di autonomia che le donne hanno ottenuto a partire dagli
anni Settanta ad oggi, che le ha portate ad uscire dalla sola sfera riproduttiva della
vita sociale per entrare con decisione, anche se ancora con forti discriminazioni,
nel mercato del lavoro e nella sfera pubblica, ha contribuito notevolmente ad
accrescerne la consapevolezza individuale e il riconoscimento sociale.
Gli ultimi dieci anni, soprattutto per quanto riguarda le generazioni dei
giovani e dei giovani adulti, si sono mostrati decisivi a riguardo: nelle nuove
generazioni sembra essere venuto del tutto meno, infatti, quello sguardo di
genere che “impediva” alle donne di accedere a determinati universi di pratiche
che sembravano appannaggio solo del mondo maschile.
Il “bere sociale” è uno dei contesti in cui non si nota più alcuna differenza,
in termini di possibilità di accesso pubblico alle sostanze alcoliche, tra maschile
e femminile e ciò porta all’emergere di pratiche e significati nuovi in termini di
scelta e di libertà rispetto al passato. Il bere diventa allora una risorsa relazionale
fondamentale che la donna utilizza per orientare la propria immagine in società.
La tradizionale connotazione di genere legata all’assunzione di alcolici passa così
da una dimensione asimmetrica di controllo ad una dimensione strumentale di
reciproca influenza tra maschile e femminile.
Il nostro studio, che riportiamo qui in sintesi, parte da questa inversione di
tendenza che sembra trovare nel territorio trentino un terreno particolarmente
318
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
fertile, e cerca di comprendere quali sono le dinamiche e i significati che la
sottendono, con l’obiettivo di fare ordine e di restituire senso ad un fenomeno
nuovo ed attuale, che troppo spesso viene letto solo ed esclusivamente attraverso
la lente “preoccupata” del pericolo relativo all’abuso. Abbiamo così cercato di
invertire quel meccanismo che spesso guida l’approccio al fenomeno alcol e che
vede il giudizio anticipare (e quindi modificare) la conoscenza, per arrivare a far
sì invece che la conoscenza approfondita dei comportamenti e dei significati che
sottendono il consumo di alcolici sia foriera di indicazioni per il giudizio e per
le sue implicazioni socio-educative.
Il nostro interesse per il fenomeno del bere femminile nasce in relazione al
progetto “A&A: Autonomia e Autorealizzazione”, la cui descrizione si trova
nell’appendice, promosso dalla Cooperativa Sociale Samuele di Trento con
l’obiettivo di fornire strumenti professionali e opportunità di empowerment individuale a donne con problemi alcolcorrelati. Le indicazioni fornite dal progetto
ci hanno portato ad approfondire il fenomeno dal punto di vista delle funzioni
sociali che il consumo di alcol svolge in determinati contesti culturali. L’analisi
delle dinamiche rilevanti ha mostrato l’emergere di un deciso cambiamento in
atto nel consumo di alcolici da parte femminile, che evolve dal controllo del
contesto tradizionale verso una negoziazione più libera del rapporto con le sostanze alcoliche, ma ancora difficilmente comprensibile dal punto di vista delle
pratiche e dei significati.
Da qui l’esigenza di sviluppare una ricerca sociale in grado di ricostruire in
maniera complessiva e globale il fenomeno in questione, a partire dalle sue
origini storiche e culturali fino alle modalità di consumo attuali, con l’obiettivo
di generare nuove conoscenze quali adeguate premesse per un intervento consapevole di prevenzione. L’ipotesi da cui muove il lavoro è che da una dimensione
di controllo pubblico rispetto al consumo di alcolici che ha tradizionalmente
caratterizzato, fino a poco tempo fa, il rapporto donna-alcol, si sia passati ad
una dimensione dove le donne governano l’alcol come una risorsa a disposizione
per raggiungere obiettivi strategici e razionali rispetto alla gestione della propria
identità. Da vittima a parte attiva, quindi.
Vorremmo ringraziare Ilaria De Bortoli, Stefano Bertoldi, Clara Turrini,
Giovanna Zanol, Carlos Parra, Elisa Franch per i preziosi consigli e l’aiuto fornito durante il corso della ricerca. Un ringraziamento particolare, infine, alla
Cooperativa Sociale Samuele di Trento, nel suo speciale mescolarsi quotidiano
di soggettività diverse, per averci fornito l’idea e il supporto per questa ricerca
e per averne atteso il risultato con grande pazienza e fiducia.
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 13
L’alcol nel contesto culturale trentino
Il Trentino possiede una tradizione vinicola secolare. Il mito racconta che lo stesso
dio Bacco fece una sosta sulle colline della Val Lagarina, lasciando in eredità un
baccanale ai viticoltori protostorici e romani della zona.
Già nell’età del bronzo i locali poterono apprezzare le prime viti selvatiche e le
prime spontanee vendemmie, ma fu nella successiva età del ferro, con l’avvento
dei vitigni importati dal Mediterraneo, che si scoprì l’ottimo connubio con la
terra della zona e, quindi, il particolare pregio dell’uva retica.
La situla della Valle di Cembra, il vaso di origine reto-etrusca risalente al IV
sec. a.C., ritrovato nel 1838 sul Dos Caslir, rappresenta un esempio dell’antico
utilizzo del vino in cerimonie sacre da parte delle popolazioni locali.
Numerosi altri reperti e testimonianze ritrovati in Trentino celebrano inoltre
il successivo e proficuo incontro tra la cultura autoctona e la cultura romana
realizzatosi attraverso il progredire e lo stabilizzarsi della coltura della vite, che
portò ad una abbondante produzione vinicola, tale addirittura da provocare
qualche provvedimento restrittivo da parte degli imperatori romani, preoccupati
che si trascurasse la produzione di grano.
La caduta dell’impero e le invasioni barbariche provocarono tuttavia seri danni
all’ormai affidabile sistema di produzione vitivinicolo consolidatisi nei secoli
precedenti. La provincia trentina, configurandosi come zona di passaggio tra le
terre germaniche e quelle romane, assistette a continue distruzioni e saccheggi
che impedirono di sostenere il lavoro e la cura necessari che la coltura della vite
richiedeva.
Furono i religiosi cristiani in questo periodo a salvare e a mantenere vive la
tradizione e le tecniche di produzione attraverso la diffusione di chiese, pievi,
abbazie e monasteri che necessitavano dell’approvvigionamento di vino per i
sacramenti e per l’ospitalità dei pellegrini.
Successivamente accanto ad una viticoltura ecclesiastica si affermò una viticoltura “signorile”, interessata al vino come prodotto estremamente pregiato
sia dal punto di vista dello status sociale che da quello del ritorno economico.
Il territorio veniva diviso in parti e affidato ai coloni i quali dovevano corri-
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 13
spondere ai proprietari un canone annuale in donativi; 2 il vino era uno dei
principali prodotti resi, dato il suo alto valore, tanto che i contadini quasi
sempre trattenevano per il proprio consumo solo un vinello di seconda qualità,
il cosiddetto “vim pìcol”.
La festa della vendemmia rappresentava l’unico momento in cui essi potevano accedere, con il beneplacito del signore locale, alle riserve prodotte,
interrompendo la scansione ripetitiva del duro lavoro quotidiano per goderne
appieno i frutti. Fa notare Bertoluzza che, nel famoso Ciclo dei Mesi presente
nel Castel del Buonconsiglio a Trento e raffigurante scene di vita medievale
trentina,
“solo nell’affresco che ha per tema il mese di ottobre e le vendemmie, le due classi sociali
non differiscono tra loro, perché tutti, poveri e ricchi, lavoratori dei campi e dame e cavalieri, sono intenti a raccogliere, in una festa comune, i grappoli di uva matura.” 3
L’affermarsi dell’importanza del vino sotto numerosi punti di vista, nutritivo, religioso, economico e di prestigio, porta, a cavallo del 1550, a una forte
espansione del numero di campagne coltivate a vite e a un parallelo aumento
del valore economico delle stesse.
Ad esempio, sulla destra Adige, la viticoltura passa dal 10% delle terre coltivate, nella seconda metà del ‘200, al 53% delle terre coltivate, nella seconda
metà del ‘500. 4 Il detto corrente all’epoca di “grano per tre mesi, vino per tre
anni” riassumeva bene come, oltre a soddisfare il bisogno interno, la produzione poteva far fronte alle crescenti richieste che provenivano soprattutto dal
Tirolo e dalla Germania, ma anche dalla Polonia, dal Belgio e dall’Olanda.
Così recita a tal proposito un celebre proverbio trentino:
“El vin de Gozador e de Isera el va fin al re de Baviera,
el vin de Isera e Gozador el va fin a l’Imperator”.
I vini di Gocciadoro (Trento) e di Isera (Rovereto) arrivano fino in Baviera,
i vini di Isera e Gocciadoro arrivano alla corte di Vienna.
I proventi dell’esportazione infatti risultavano necessari per importare poi
dal Sud il grano necessario per le esigenze del territorio, che in questo settore
non riusciva invece a raggiungere l’autosufficienza; l’economia locale si reggeva
su un delicato equilibrio commerciale che però era spesso ostacolato da una
sorta di “guerra del vino” interna, fra le comunità periferiche e il Magistrato
Di norma al signore andava pagata la “decima”, ovvero la decima parte del raccolto di uva e alla Chiesa
la “quarta”, ovvero la quarta parte dell’intero raccolto.
3
A. Bertoluzza, op. cit., 1974, p. 103
4
R. Adami, M. Giordani (a cura di), Vite et Vino. Storia di un percorso del vino nel territorio del Comun
Comunale lagarino, Impatto Edizioni, Rovereto, 1994
2
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 13
Consolare di Trento, intento a proibire qualsiasi commercio e qualsiasi passaggio di vini forestieri nelle proprie terre, di fatto strategiche nella via verso
il Brennero. 5
Altre difficoltà derivavano dalla breve durata del vino, la cui qualità sembrava iniziare a compromettersi già cinque o sei mesi dopo la vendemmia.
L’aumento della gradazione alcolica, ottenuto mescolando il prodotto della
prima svinatura con il liquido estratto invece dalle vinacce mediante il torchio,
fu probabilmente una risposta a questa esigenza di maggiore conservazione,
data la crescita progressiva dei livelli di produzione in tutto il territorio. Fino
ad allora, l’utilizzo del vino annacquato e la bassa gradazione favorirono un
consumo molto abbondante e diffuso di vino che si può stimare in circa una
media di 300-400 litri di vino a testa all’anno. A questo proposito è interessante riportare l’accordo siglato nel 1593
“tra il conte Costantino Liechtenstain, Barone di Castelcorno e Giovanni Antonio
Thun, canonico trentino e decano salisburghese. I due nobili signori, per evitare
“incomoda qua Bacchus afferre consuevit”, fecero solenne promessa di limitarsi nel
consumo di vino. Si impegnarono così a bere al di fuori dei pasti solo tre volte al
giorno: “matutino, meridionali et vespertino tempore”, e a non consumare in ogni
caso più di 54 oncie di vino al giorno, ossia più di un litro e mezzo!” 6
In questo periodo la scoperta del Marzemino quale vitigno estremamente pregiato che, sebbene importato dal Veneto, sui colli lagarini acquistava
caratteristiche particolari e distintive, e l’eco posto sulla regione e sui suoi
prodotti dal Concilio di Trento contribuiscono inoltre a far acquistare ai vini
trentini una fama internazionale mai avuta prima, le cui aspettative spingono
verso la produzione di vini sempre più robusti, con un tasso alcolico tale da
consentirne la conservazione ed il trasporto.
L’ampliamento delle possibilità commerciali consente al mercato del vino
di radicarsi come una delle attività economiche prevalenti del territorio, sviluppando progressivamente al suo interno un mondo sempre più articolato di
ruoli e mansioni, che andavano dal bottaio all’oste, passando per i messetti,
pubblici ufficiali incaricati di sorvegliare il regolare mercato di vendita e di
esportazione.
A questo punto il vino non era semplicemente un prodotto commerciale in
sé, ma diveniva esso stesso un elemento strutturante di riproduzione della vita
sociale, che racchiudeva in un bicchiere tutti i significati della quotidianità, del
B. Andreolli, “Produzione e commercio del vino trentino tra Medioevo ed Età Moderna”, in Quaderni
della Rivista di storia dell’agricoltura, 1, 1988
6
R. Adami, M. Giordani (a cura di), op. cit., 1994, p. 36
5
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 13
lavoro e del guadagno, dello svago e della salute, tramandati attraverso poche
e semplici parole dai proverbi arrivati fino ai giorni nostri: 7
“Brodo de cantina e pirole de galina”.
Per star bene vino e brodo.
“Ciarn fa ciarn vin fa sanch”.
Carne fa carne e vino fa sangue.
“L’acqua la fa mal e ‘l vin el fa cantar”.
L’acqua fa male ed il vino fa cantare.
“Quando l sol è ‘n leom, bisogn bever de bazom”.
Durante la canicola bisogna bere di più.
“A trincar senza misura tant temp non se dura”.
Chi beve troppo non vive molto.
“Lat e vim i forma ‘n bel bambin”
Latte e vino rendono bello il bambino.
Vino come alimento nutritivo indispensabile che fa star bene, che “fa
sangue” e fa crescere anche i bambini; vino come fonte energetica quando fa
caldo e il lavoro nei campi è particolarmente duro; vino come strumento di
socialità e di alleviamento delle sofferenze; ma anche vino come pericolo nel
momento in cui si eccede. Ed è forse quest’ultimo aspetto il più importante
da sottolineare, a indicare l’esistenza di un consumo strettamente regolato
dalle abitudini quotidiane, in quadro normativo definito e dal quale risultava
difficile prescindere.
Anche la tradizione della grappa si afferma radicandosi nel costume ma
soprattutto nei bisogni popolari. La grappa inizia a diffondersi stabilmente in
Trentino tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, quando i progressi
nella distillazione consentono di utilizzare facilmente le vinacce dell’uva, anche
se già prima era nota soprattutto come medicamento miracoloso di fronte a
Sostiene Raffaelli che a livello locale i proverbi “portano impresso il carattere di un popolo, il suo modo
i pensare e di vivere, la filosofia stessa della vita. […] È in queste massime, soprattutto, che si comincia a
scorgere l’anima trentina. Sono proverbi legati alle stagioni, alla campagna, alle condizioni metereologiche,
alle semine ed ai raccolti, elementi indispensabili al ciclo rituale della vita. Essi ci permettono di intravedere
o di ricostruire la visione popolare del ciclo annuale, unita alle dure avversità della vita di campagna. Di
conseguenza il proverbio, specialmente quello legato all’agricoltura, ha sovente una coda di amaro”, in U.
Raffaelli, Proverbi del Trentino, Giunti – Martello, Firenze, 1981, pp. XII-XVI
7
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Capitolo 13
numerose malattie, prima fra tutte la peste. In termini preventivi i medici del
periodo consigliavano infatti alla gente di
“mantenersi lo stomaco e la testa purgato. […] Ancor la sera quando andate a letto è
ottima cosa il bagnarsi anco le mani, le tempie, i polsi delle vene, il naso con un poco
di acqua di fonte et ancora meglio bere un gotto di buona acqua di vita.” 8
Un caso esemplare del valore attribuito alla grappa in Trentino è rappresentato
dalla Valle di Cembra, storicamente una delle più povere dell’intero territorio.
I suoi abitanti, spinti dalla grande richiesta di acquavite proveniente dalla città, ingaggiarono una lunga sfida di distillazione clandestina con le autorità di
controllo, cercando di arrotondare, attraverso il contrabbando anche di piccole
quantità, lo scarso reddito giornaliero. Si trattava di una vera e propria necessità
di sopravvivenza, tanto che la parola “lambicar” nel dialetto trentino ha ancora
oggi due significati: distillare con l’alambicco, il primo, ma anche condurre una
vita grama, contraddistinta da stenti e fatiche. Una lotta che tuttavia rappresentava anche una rivendicazione di identità, di saper fare, di orgoglio valligiano,
simboleggiata dall’importanza dell’alambicco in rame, costoso, ma necessario
e prezioso, che ogni contadino, dopo i sacrifici fatti per costruirlo, lira su lira,
difendeva ad ogni costo. Racconta Raffaelli che
“nel primo dopoguerra, in un paese della Val di Cembra le autorità stavano per confiscare un alambicco e portar via, in stato di arresto, il colpevole. Costui tra l’altro era
un poveraccio: aveva solo figli e l’alambicco. Ebbene ci fu un tale che con la campana
a martello della chiesa, richiamò al paese tutti i contadini sparsi per le campagne. La
piazza si riempì in un baleno. I finanzieri si videro attorniati da una folla di gente
minacciosa. Probabilmente per evitare gravi incidenti dopo un po’ preferirono andarsene lasciando libero l’uomo e l’alambicco. Dopo qualche giorno fu arrestato, ma
nel frattempo l’alambicco era scomparso, e tutti furono concordi nel testimoniare di
non aver mai visto, né sentito parlare di alambicchi!” 9
I luoghi di distillazione erano sempre fuori dal paese, posizionati nei “baiti”,
piccole costruzioni in mezzo al bosco, per evitare che il forte odore potesse attirare
l’attenzione. L’alambicco veniva talvolta incorporato nei muri e si dice addirittura
che da una spina di una fontana, accendendo il fuoco, invece di acqua uscisse della
grappa. Per il trasporto clandestino si utilizzavano delle vere e proprie “cinture di
acquavite” fatte con il budello di maiale, che si potevano facilmente riempire e
nascondere sotto i vestiti. Si narra anche che alcune donne si fingessero incinte
per poter motivare la presenza di un così prezioso fardello.
U. Raffaelli, Acquavite e grappa nell’uso e nel costume trentino, Museo degli usi e costumi della gente
trentina, San Michele all’Adige, 1976
9
U. Raffaelli, op. cit., 1976, p. 93
8
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 13
Come si può vedere in Trentino vige un modello che associa praticamente
da sempre e in maniera molto forte alcol e quotidianità. I territori alpini infatti
si sono sempre contraddistinti per un consumo più elevato rispetto alla media
nazionale. Questo innanzitutto per la grande disponibilità della sostanza e per la
sua importante funzione economica, legata alla produzione di vino e grappa in
particolare, come abbiamo visto poco fa. Anche alcune credenze legate alla vita
di montagna, in primis il fatto che il bere “scalda”, ma anche che il bere aiuta il
corpo nei lavori pesanti, tipici della gente di questi luoghi, hanno contribuito
maggiormente a diffonderne l’abitudine, facendo rientrare, in maniera del tutto
involontaria, l’eccesso nella normalità. Spiega infatti Dossi, considerando alcuni
casi di pazienti da lui osservati, che
“capita frequentemente di vedere questi malati […] che non si sono praticamente mai
ubriacati, a quanto sostengono anche i loro familiari. Essi sono abituati da anni a bere,
senza apparente danno, uno o due litri di vino al giorno, vino spesso prodotto da loro
stessi e della cui composizione sono sicuri; hanno sempre ritenuto una tale quantità di
alcool necessaria per i loro lavori pesanti, e si meravigliano altamente quando si sentono
dire che sono diventati degli intossicati cronici e che i disturbi per i quali vengono a
chiedere consiglio dipendono da questo.
[…] Ci sono molte e molte persone, e non solo nei ceti meno abbienti, che pensano che
non si possa lavorare senza un bicchiere di vino; che, specialmente quando ci si sottopone
ad uno sforzo fisico, l’alcool sia necessario ed insostituibile; che senza l’alcool non si possa
digerire il cibo; che sia virile saper bere grandi quantità di vino e che non sia uomo chi
non vuole o non riesce a farlo; che il suo uso segni il vero passaggio dalla puerizia alla
maturità; che ogni fatto straordinario vada sottolineato con una bevuta.” 10
La possibilità di una produzione propria, e quindi una facile accessibilità, l’elevato consumo di alcol legato alle esigenze del lavoro quotidiano costituiscono un
quadro di vita ritenuto normale, necessario e abitudinario da chi lo vive che però
in alcuni casi progressivamente diventa invece patologico. È da sottolineare che,
almeno per quanto riguarda gli uomini, non è il bere come volontà di eccedere,
di fuggire dalla realtà, a generare il problema nei contesti tradizionali, bensì la
consuetudine, a dimostrazione del profondo radicamento dell’alcol nella vita
sociale, soprattutto nei meccanismi di riproduzione della stessa. 11
E. Dossi, “L’alcoolismo e la sua diffusione in Trentino”, in Atti dell’Anno Accademico, 208, Serie VI, Vol.
I, Fasc. B, 1959, pp. 79-90
11
“Il prof. A. Lutterotti, primario dell’Ospedale Civile di Cles, interrogato a riguardo, ha dichiarato che in una
recente indagine da lui condotta nella Valle di Non, indagine diretta a conoscere le cause dell’alcoolismo, il
fattore tradizione gioca un ruolo primario; al limite si potrebbe dire che in questa regione si beve proprio per
tradizione. Se consideriamo che in tale regione vi è la possibilità di produrre vino in loco e quindi già nei tempi
passati vi era la facile disponibilità di questa bevanda alcolica e se teniamo presente che in una regione fredda
come la Val di Non l’alcool poteva togliere il disagio nella veglia e conciliare il sonno, riusciamo a giustificare
la importanza del fattore tradizionale in questa comunità” in G. Cipolla, Alcoolismo: aspetti socio-culturali,
psichiatrici, statistici, Tesi di Laurea, Istituto Superiore di Scienze Sociali di Trento,1971, pp. 28-29
10
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Capitolo 13
Come avviene in generale in gran parte d’Italia, e nell’arco alpino in particolare, anche nel Triveneto il problema emerge con decisione all’inizio del ‘900,
quando negli ospedali psichiatrici l’alcolismo prende il posto, come causa di
pazzia, che la pellagra aveva avuto nell’800. 12
Il fenomeno sembra accentuarsi quando anche in Trentino l’industrializzazione investe i centri urbani. Il progressivo abbandono delle campagne
da un lato accentra “grandi masse di operai, spesso lontani dalla famiglia,
che finiscono per ricorrere e abbandonarsi all’alcol” 13 e, dall’altro, accentua
l’isolamento di chi rimane nelle valli senza riuscire a modernizzare la propria
cultura territoriale.
Al bere tradizionale del contadino, il quale ritiene fondamentale ingerire almeno un litro di vino al giorno per sostenere in termini fisici la pesantezza del
proprio lavoro, si affianca prima fino a sostituirsi poi il bere dell’operaio che,
tuttavia, sembra riprodurre in città le stesse dinamiche di consumo, con la sola
variante che il lavoro duro non è quello dei campi, ma quello della fabbrica. 14
Da un lato abbiamo la situazione tradizionale, che pur in fase di contrazione,
mantiene un certo peso sui comportamenti. Buona parte della popolazione,
prevalentemente contadina, è distribuita in numerosi comuni con pochi abitanti in zone economicamente depresse, situati spesso sopra i 300 metri di
altezza, con ridotte possibilità di comunicazione e di spostamento. Il bar del
paese è l’unico punto di riferimento che esce dalla dura quotidianità, mancando
nei centri piccoli altri possibili svaghi, e il suo accesso è ancora prevalentemente maschile. È inoltre diffusa la possibilità di un’autoproduzione di vino
e anche il sistema delle cantine sociali, ormai collaudato, permette una facile
redistribuzione della bevanda.
Dall’altro lato abbiamo la transizione verso la città, l’abbandono delle campagne verso gli agglomerati urbani e verso le loro fabbriche. La vita operaia riproduce, e forse amplifica, le fatiche dei campi, senza contare i molti che al contempo
sono sia operai che contadini, e l’uso di alcol sembra addirittura aumentare la
sua presenza nella quotidianità. I bar di città, aldilà dei più prestigiosi, diventano
soprattutto i luoghi dove si possono riallacciare le relazioni con amici, parenti e
conoscenti una volta finito il lavoro, alla sera, in un contesto urbano che tende
a incrinare, a livello sia lavorativo che abitativo, il tradizionale senso di vicinanza
e di comunità che invece è ancora saldamente in vigore nei paesi di valle.
E. Duse, “Pellagra, alcoolismo ed emigrazione nella provincia di Belluno”, 1909, in Quaderni di Archivio
Trentino, 6, 2002
13
E. Dossi, op. cit., 1959, p. 91
14
Quale indice di diffusione dei problemi alcolcorrelati in questo periodo storico è interessante segnalare
che nella fabbrica della Sloi, sita a Trento, il problema dell’alcolismo veniva usato dalla direzione come
scusa per mascherare l’effetto del piombo tetraetile sugli operai; veniva così accusato di bere anche chi era
astemio, in modo da giustificare i danni al sistema nervoso provocati dalla totale mancanza di condizioni
di sicurezza nella fabbrica. Si veda L. Sardi, C. Barnao, E. Spagna, Sloi: la fabbrica dei veleni, Edizioni
UCT, Trento, 2005
12
327
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 13
Analizzando l’andamento dei ricoveri nell’Ospedale Psichiatrico di Pergine
Valsugana (Trento) si può osservare, a partire dal secondo dopoguerra, un progressivo aumento degli ammessi per alcolismo: dal 6,9% sul totale degli ammessi
nel 1949 al 22% sul totale degli ammessi nel 1962. 15 La categoria lavorativa
maggiormente rappresentata è quella degli operai, in continua crescita, mentre
diminuisce progressivamente la presenza di contadini. Il dato viene confermato
anche da analisi successive che segnalano inoltre l’elevato tasso di alcolismo
nella provincia trentina rispetto al resto d’Italia. 16 Si tratta prevalentemente di
un alcolismo cosiddetto “alla francese”, privo di complicanze psicopatologiche
e fortemente intriso di abitudine. Infatti nella ricerca delle motivazioni che
spingono verso l’alcol
“la grande maggioranza degli intervistati non fornisce una spiegazione dell’eccessivo
consumo di alcool per il semplice motivo che ignorano di essere bevitori eccessivi.
I nostri etilisti, anche se ritengono che le bevande in eccesso danneggino la salute,
credono normale e non dannoso bere 1-2 o più litri di vino al giorno (97%) come
fanno il padre e gli amici. […] I nostri alcoolisti, al di fuori dell’intossicazione alcolica
acuta, raramente presentano fenomeni psico patologici importanti. Che la dimensione
socio ambientale dei pazienti sia quella che prevale nel determinismo dell’abitudine
alcolica, può essere dimostrato dal prevalere di alcune attività lavorative manuali. […]
Sembra che i fattori individuali di difficile soluzione quali le difficoltà coniugali, con i
figli, nell’ambiente di lavoro non incidano nella nostra casistica forse per la selezione
dei malati precedente al ricovero.” 17
E. Dossi, op. cit., 1959, R. Peghini, “La diffusione dell’alcoolismo in Trentino”, in Rivista Medica Trentina, Vol. I, 4, 1963. Va tuttavia ricordato che i dati degli ospedali psichiatrici di norma sottostimano il
fenomeno, in quanto non tutte le persone con problemi di alcolismo venivano ricoverate.
16
M. Pedrazzoli, G. Tafner, E. Bajocchi, “L’alcoolismo nel Trentino”, in Minerva Medica, vol. 65, n.14,
1974
17
G. Petranzan, Ricerca psico-sociale sull’alcoolismo presso l’Ospedale civile “S. Chiara” in Trento, Tesi di
Laurea, Facoltà di Sociologia, 1975/76, pp. 59-67
15
328
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 14
Alcol e genere femminile
Per quanto riguarda il rapporto tra alcol e genere femminile è molto difficile
ricostruire un quadro esauriente dell’evolversi del fenomeno nel tempo in Trentino, in quanto i dati e le testimonianze a proposito sono molto rari. Di primo
acchito si potrebbe ipotizzare un basso e quasi inesistente livello di consumo
nella popolazione femminile, per lo meno fino a qualche decennio fa, in realtà
occorre segnalare come questa assenza dalle cronache storiche costituisca un
primo importante dato da analizzare.
La narrazione della storia del consumo di alcol è infatti una narrazione prettamente maschile, così come la ricerca sviluppata nel tempo, sia da un punto
di vista medico che sociale, sul fenomeno. Le donne vi compaiono di striscio e
quasi sempre in relazione ad episodi legati all’alcolismo maschile, conducendo
a un’analisi che porta inevitabilmente a sottostimare la realtà dei fatti.
Fin dall’antichità, infatti, le donne hanno sempre consumato alcol. Gli episodi
che storicamente lo confermano, tuttavia, riguardano spesso casi di trasgressione
dell’ordine sociale attraverso l’abuso alcolico da parte femminile, che entrano
nelle cronache proprio per la loro carica destabilizzante nei confronti dell’assetto
statico delle società tradizionali.
Perviene poco, invece, rispetto alle abitudini quotidiane di consumo, per le
quali dobbiamo affidarci a i racconti delle nostre nonne e al loro bicchiere di
vino, spesso allungato con l’acqua, assunto durante i pasti.
Ma l’esistenza di questa storia “nascosta”, che viene alla luce in maniera saltuaria e frammentata, attraversando, di tanto in tanto, i confini della morale,
mostra come il rapporto tra alcol e genere femminile sia stato tutt’altro che
inesistente e che la difficoltà principale di una sua ricostruzione sia dovuta
alla dicotomia privato-pubblico che ha fortemente caratterizzato la storia delle
relazioni di genere.
Il bere, l’eccesso e anche le patologie legati all’alcol sono sempre esistiti nel
mondo femminile, ma si sono persi nell’invisibilità della sfera privata, riferibili
alla preoccupazione fortissima di mantenere le aspettative sociali di rispettabilità nei confronti della famiglia. Nulla doveva pervenire all’esterno, perché la
riprovazione sociale sarebbe stata fortissima, molto più colpevolizzante rispetto
329
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 14
a quella nei confronti degli uomini che, invece nella dimensione pubblica,
potevano permettersi ampi margini di libertà. Tanto che, nel momento in cui
invece il problema veniva alla luce, l’infamia era talmente forte da creare un vero
e proprio stigma sociale nei confronti delle donne, spingendo ancora di più a
dissimulare eventuali problemi legati all’alcol.
Questa sorta di circolo vizioso “costringe” le donne a costruire un modello di
“bere eccessivo” peculiare, dove l’ubriacarsi avviene regolarmente in casa, quando
si è sole e quando si sa che nessuno degli altri componenti familiari può essere
presente, utilizzando il vino casalingo, la cui diminuzione è difficile da provare,
o i liquori che normalmente si usano per la preparazione dei dolci, o che hanno
una funzione medicinale, in modo da poterli pubblicamente comprare e tenere
nella dispensa senza dare adito a nessun sospetto.
La dissimulazione incarna un doppio input contraddittorio: da un lato si cede
al “fascino” alcolico, ma, dall’altro, la pressione e le aspettative sociali sono così
alte che anche il cedere viene nascosto il più possibile, affinché non possa in alcun
modo diventare argomento pubblico. Il controllo sociale è tale da condizionare
anche, paradossalmente, l’esercizio della sua trasgressione.
Occorre sottolineare però che non vi è mai stato un divieto assoluto per il quale
le donne non potessero assolutamente bere alcolici. Come già detto, l’usanza
del bicchiere di vino durante i pasti, nella nostra tradizione, è cosa comune, così
come si trovano testimonianze relative al bere da parte delle giovani donne di un
bicchierino di liquore quando si andava a ballare con i propri fidanzati.
Ciò che viene invece stigmatizzato sono l’eccesso e la dipendenza alcolica, che
per una donna risultano maggiormente colpevolizzanti, rispetto a quelli degli
uomini, in relazione al ruolo di custode delle virtù domestiche che la società le
ha ascritto.
Una delle principali caratteristiche per cui l’alcol è stato storicamente utilizzato
fin dagli inizi della civiltà umana è la sua capacità chimica di frenare gli inibitori
del cervello, ovvero di provocare una modifica delle percezioni individuali che
facilita l’adozione di atteggiamenti e comportamenti in grado di oltrepassare i
confini abituali di azione posti dalle norme morali e sociali di riferimento.
In molte ricerche sui consumi di alcol presso la popolazione giovanile, ad
esempio, troviamo testimonianze di come ad esso venga attribuito un valore
peculiare in quanto facilitatore di relazioni e di divertimento che, invece, in
stato di sobrietà, sembrano più difficili da costruire.
Questa caratteristica disinibitoria delle sostanze alcoliche ha delle conseguenze
sociali molto importanti. Da un lato può costituire un mezzo vicario di superamento, anche se temporaneo e per molti versi illusorio, della propria condizione.
Dall’altro può spingere il comportamento individuale a superare i confini della
330
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 14
morale collettiva, mettendo in discussione, in tal modo, i presupposti dell’ordine
sociale su cui si fonda.
Per quanto riguarda le donne questo doppio meccanismo è estremamente
rilevante, soprattutto per una società tradizionale quale è stata, a lungo, quella
trentina. Infatti, se i limiti del ruolo femminile sono strutturati in modo da
collocare l’azione delle donne quasi esclusivamente all’interno della sfera privata, attraverso l’assegnazione dei lavori di cura della casa e dei figli, mentre gli
uomini, invece, “giocano” il loro ruolo nella sfera pubblica (si pensi al lavoro,
ma anche alle taverne e ai bar), l’eccesso alcolico rischia di stravolgere questo
ordine costituito, quale potenziale meccanismo di accesso al pubblico da parte
femminile, attraverso la disibinizione dai confini del privato.
Ciò porta le società tradizionali a costruire forme molto potenti di controllo
sociale sul genere femminile, al fine di impedirne la presenza nella sfera pubblica. Nella cultura trentina le donne non vanno nelle taverne e nelle osterie, se ci
vanno è per andare a riprendersi i mariti ubriachi, o per sviarli dall’intenzione di
sperperare in vino i già pochi soldi a disposizione. 18 Il controllo sociale si esercita
costruendo considerazione e prestigio pubblico o, al contrario, generando sdegno
e riprovazione, in relazione a come la donna si comporta all’interno della sfera
privata, alla sua capacità di governare la famiglia e di mantenerne l’onore.
La donna non può accedere alla dimensione pubblica, ma ne sente il peso
nel momento in cui viene responsabilizzata verso l’esterno, nel suo dovere di
impedire che i mariti si ubriachino e che i figli non diventino dei nullafacenti.
Ad essa viene affidato un ruolo di “guardiana” 19 nei confronti del consumo di
alcolici che la porta paradossalmente ad essere “controllata” nel momento in cui
essa stessa è “controllora”. Il rischio di ubriacarsi può condurre a disattendere
le forti aspettative di ruolo nei propri confronti, compromettendo l’integrità
morale di tutta la famiglia. Il comportamento femminile di conseguenza cerca
di evitare il più possibile il pericolo alcol, e se vi “cede”, lo fa nel modo più
nascosto possibile, dissimulando l’abitudine dell’eccesso alcolico attraverso un
utilizzo strategico della casa (il luogo per eccellenza della vita privata) e delle
opportunità che essa può offrire in tal senso.
Se entriamo in un bar e vediamo un uomo ubriaco, la nostra prima reazione
emotiva, culturalmente determinata, è di simpatia, o al massimo di compassione. Se invece vediamo una donna nelle medesime condizioni, la nostra prima
reazione emotiva, culturalmente determinata, è di sdegno e di riprovazione.
“Se gli uomini avevano l’osteria, alle loro mogli era negato l’ingresso, a meno che non dovessero riportarsi
a casa il marito ubriaco” in M. Zucca, Donne delinquenti. Storie di streghe, eretiche, ribelli, rivoltose, tarantolate, Edizioni Simone, Napoli, 2004, p. 121. È famosa peraltro l’intuizione di Marx, il quale sosteneva
come il lavoro femminile notturno avesse fatto la fortuna delle osterie!
19
A. Cottino, L’ingannevole sponda. L’alcol fra tradizione e trasgressione, NIS, Roma, 1991
18
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 14
In questa differenza sta l’esito storico dei meccanismi di controllo e di stigma
sociale che hanno caratterizzato il rapporto fra alcol e genere femminile quasi
fino ai giorni nostri. L’abitudine allo stereotipo di “donna normale” dedita alla
famiglia, angelo del focolare, custode delle virtù domestiche, comporta delle
reazioni sanzionatorie non appena si osservano fenomeni che ne mettono in
discussione i tratti essenziali. Il fatto di essere ubriaca e il fatto di essere ubriaca
in pubblico, ad esempio; ma anche il fatto di essere una “strega”, da perseguitare
e da bruciare in quanto di certo “casalinga non devota”. Il controllo sociale è
sempre in agguato, essendo radicato nelle rappresentazioni sociali, e genera la
più grave delle punizioni, lo stigma e il conseguente isolamento sociale. 20
Questo, a maggior ragione, in quei contesti sociali arretrati, di norma fondati
su basi agricole, che avendo raggiunto un precario equilibrio nell’adattarsi all’ambiente naturale e alle sue asperità, soprattutto se montano o pre-montano,
credono nella stabilità dei costumi, e nella conseguente difesa nei confronti
delle novità, quale metodo più efficace per garantire la già difficile riproduzione
economica e sociale.
A tale proposito, si osservi, nel caso del Trentino, il monito con cui si accompagnano, dopo secoli di rigida separazione tra i ruoli, i primi tentativi di lavoro
delle donne trentine fuori dalla sfera domestica, nell’inaugurazione della “Pagina
femminile” del quotidiano “Alto Adige” in data 15 Maggio 1908:
“la pagina femminile si dirige però anche alla donna nella famiglia. Accompagnarla
ai primi passi quand’esce da questo santuario nella pericolosa atmosfera delle pubbliche attività non come persona che agisce indipendentemente, ma quale coefficiente
del marito; più ancora infondere alle nostre madri ed educatrici quelle cognizioni e
quei sensi che sono loro indispensabili per formare bravi cittadini ed integri cristiani
della nostra età, ecco il compito altissimo al quale vuol dedicarsi questa parte del
giornale.” 21
È evidente la paura che la messa in discussione dell’immagine tradizionale
di “donna normale”, verso una sua dimensione maggiormente pubblica, possa
contribuire ad aprire una breccia in grado di modificare sostanzialmente l’assetto
sociale. Nei paesi trentini infatti si evitava il più possibile di mandare le donne a
È interessante notare come tale stigma provenisse spesso dalle stesse donne: “alle reti sociali delle donne è
attribuito il compito di mantenere un’immagine “onorata” della famiglia di fronte al giudizio degli altri. Nelle
comunità contadine esisteva questo “circolo di parola al femminile” che garantiva e decretava l’onore delle
singole ragazze e donne, assai più del controllo dei maschi addetti (padre, fratello, marito). Era il circuito
femminile che, con le sue parole, faceva di una donna una “chiacchierata”, ma anche sanciva i simboli associati all’elogio e alla riprovazione” in P. Tovazzi, Le donne e la loro storia. Il Novecento in alcune autobiografie
popolari trentine, Tesi di Laurea, Facoltà di Lettere e Filosofia, Anno accademico 2002/2003
21
Alto Adige, 15 Maggio 1908
20
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 14
lavorare fuori di casa, e se lo si faceva era solo per strette necessità di sopravvivenza,
accompagnandone tuttavia il cammino con forme di condanna morale che, in
qualche modo, cercassero di contrastarne il guadagno di indipendenza:
“la resistenza al fatto che la figlia diventasse operaia era dunque forte e si combinava
con la paura che la donna, uscendo di casa, diventasse più autonoma e potesse mettere in discussione i ruoli stabiliti all’interno della famiglia, dove anche se faceva tutti
questi lavori, contava ben poco.”
“C’era poi la questione della gente, di quello che diceva la gente: al mio paese, quando una donna diceva che andava a lavorare alla Manifattura [Manifattura Tabacchi
di Rovereto], era una “zinghena” [zingara] […]. Questa era la mentalità dei paesi:
ad certo punto hanno cominciato a chiamarci “zingherane” al posto di “zigherane”
[sigaraie].” 22
La rigida separazione dei sessi e delle sfere di azione ad essi relative, che contraddistingue la società tradizionale trentina, influenza notevolmente il rapporto
che si viene a creare tra consumo di alcolici e genere femminile, creando un
vero e proprio meccanismo di “doppia morale”. Da un lato l’alcol, soprattutto
il vino, in Trentino, è connotato positivamente e il suo consumo incoraggiato a
livello di contesto culturale, in quanto rappresenta un elemento che ha contemporaneamente più valenze: economica, alimentare, energetica, medicamentosa,
religiosa, sociale, evasiva. Dall’altro tali “vantaggi” sono a disposizione più degli
uomini, in quanto l’eccesso può condurre le donne ad uscire dai dettami del
privato e mettere in pericolo la distinzione dei ruoli consolidata.
Paradossalmente, si potrebbe dire che il consumo di alcol sarebbe stato disincentivato anche presso gli uomini, nel momento in cui l’ubriacatura, per
qualche strano motivo, li avesse condotti ad occuparsi, sotto lo stato di ebbrezza,
dei lavori di casa!
Ne deriva un messaggio contraddittorio che esalta in generale il valore della
sostanza alcolica, ma la rende accessibile solo in parte alle donne, relativamente
a quei gesti strettamente legati alla quotidianità e necessari alla sopravvivenza.
Da un lato, questo meccanismo, nella sua coercizione, ha una indubbia funzione
protettiva, rispetto a rischi derivanti dall’assunzione di bevande alcoliche: storicamente il consumo, gli eccessi e le patologie alcolcorrelate sono infatti molto
più alti nei maschi che nelle femmine, mentre, proprio per quanto detto finora,
sono queste ultime ad essere maggiormente colpevolizzate da un punto di vista
morale e a provare una vera e propria vergogna sociale di fronte a problemi di
questo tipo. Dall’altro, questa sorta di proibizionismo sociale non fa che porre
D. Leoni, C. Zadra, “I ruoli sconvolti: donna e famiglia a Volano nel Trentino durante la guerra del
Quindici”, in Movimento Operaio e socialista, 3, V, 1982, pp. 434-435
22
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 14
attenzione, attraverso il divieto stesso, sulle potenzialità evasive della sostanza
alcolica, accrescendone il fascino e il ricorso quale tentativo di superamento
temporaneo e illusorio della propria condizione di isolamento.
Il consumo di alcolici da parte delle donne trentine supera così la dimensione
circoscritta degli usi quotidiani, assumendo un valore di reazione simbolica nei
confronti della rigida separazione delle sfere di azione, della ineguale distribuzione dei diritti e dei doveri tra i sessi. Tuttavia questa rivolta risulta silenziosa
e, per molti versi, autodistruttiva: la pressione sociale è talmente forte che l’eccesso non può scavalcare pubblicamente la norma, creando un circolo vizioso
di invisibilità che costringe ad uscire allo scoperto solo quando si è toccato
realmente il fondo. 23
Se i problemi alcolcorrelati maschili, come abbiamo visto, riguardano principalmente patologie fisiche relative ad un consumo smodato, ma abitudinario,
quelli femminili sono invece maggiormente dovuti ad una dipendenza alcolica
vissuta con funzione di correzione rispetto ad una condizione di disadattamento personale e sociale, relativo alla perdita del ruolo di madre e/o moglie, in
seguito all’avanzare dell’età o al passaggio dalla comunità rurale alla città. Le
prime statistiche che troviamo relativamente al territorio trentino indicano infatti come la tipologia di donne alcoliste riscontrata corrisponda per la grande
maggioranza a quella della casalinga, con un’età media avanzata, protagonista
di un bere nascosto e dissimulato. 24
Il fatto che, tradizionalmente la categoria di casalinga sia la più esposta al
rischio di problemi alcolcorrelati fra le donne trentine mostra come, nonostante
la progressiva industrializzazione, l’accesso femminile al mercato del lavoro rimanga ancora limitato, soprattutto lontano dai principali centri abitati. Una tesi
di laurea del 1971, che riporta una indagine qualitativa svolta presso il Comune
di Telve nella Bassa Valsugana, mostra tuttavia, pur prendendo in esame solo un
numero limitato di casi, un abbassarsi dell’età e un progredire del fenomeno. Su
6 casi riscontrati di soggetti alcolizzati 2 infatti sono donne, la cui età si aggira
intorno ai 30 anni, come mostrano i seguenti appunti:
“I° caso: beve di preferenza vino, sesso femm., 32 anni, intelligenza apparentemente
normale, il soggetto abbandona di frequente il suo ambiente domestico, senza motivazioni appropriate lasciando le due figlie in balia di se stesse – presenta crisi di
depressione, alternate a crisi relative – logorrea – scarsa attitudine al lavoro familiare,
mancanza di pulizia sia personale che in famiglia – decadimento etico (testimonianza
È caratteristica specifica, infatti, dell’alcolismo femminile il fatto che, prima di rivolgersi ai servizi
territoriali competenti, passi diverso tempo dall’inizio della dipendenza e debbano sorgere degli evidenti
scompensi psico-fisici per “costringere” le donne a superare la sensazione di vergogna che sentono addosso,
in seguito al sorgere dei problemi alcolcorrelati.
24
E. Dossi, op. cit., 1959
23
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 14
del marito), il soggetto ha iniziato a bere ancora in giovane età (14-15 anni), il padre
è di professione pastore – alcolizzato – 5 fratelli, di cui due sono bevitori cronici, il
soggetto vive nella sua famiglia, è coniugata con due figlie, rimane isolata, priva di
amicizie.
[…]
IV° caso: beve esclusivamente vino da 1 a 2 litri al giorno, sesso: femm., età: 27 anni,
non si cura del proprio aspetto fisico, si presenta sempre in maniera disordinata – trascura i figli e il lavoro domestico (testimonianza del marito), il soggetto ha iniziato a
bere ancora in età giovanile, proviene da una famiglia di contadini – 3 fratelli e 4 sorelle
– padre e madre morti per alcoolismo cronico – 2 fratelli alcolizzati, coniugata con
due figli, scarso inserimento nella società – decadimenti etico (esibizionismo).” 25
Colpiscono, oltre alla giovane età, la presenza di altri alcolisti in famiglia,
soprattutto tra i genitori, l’età precoce di iniziazione al bere, l’isolamento della
dimensione domestica, la “scarsa attitudine al lavoro familiare”, il cosiddetto
“decadimento etico”, giudizio denso ancora di forte moralismo e di controllo
sociale.
Come si può ben vedere il disagio che colpisce la condizione di casalinga
proviene da lontano, ma caratterizza a lungo il panorama sociale trentino. Se
nelle altre città di Italia già a partire dagli anni Cinquanta si inizia a parlare di
aperitivi e cocktails, in Trentino rimangono preponderanti la cultura del vino e
la netta divisione di genere, praticamente quasi fino ai giorni nostri.
In una ricerca svolta alla fine degli anni Novanta su un campione di donne
alcoliste in trattamento della Vallagarina, Petrolli fa ad esempio notare come
anche in Vallagarina infatti la dipendenza alcolica femminile continua a rimanere
un problema sommerso che viene alla luce solo quando la donna ha ormai toccato il
fondo e, a seguito di ricoveri ospedalieri, viene indirizzata al Servizio di Alcologia. In
particolare durante i colloqui, svolti nel periodo suddetto, ho potuto sperimentare
quanto queste donne abbiano radicata in loro un’immagine estremamente negativa di
se stesse e si aspettino dagli altri, anche dagli operatori dei servizi, un atteggiamento
di disprezzo conformemente alle etichettature negative che da sempre, nella nostra
cultura, sono attribuite alle alcoliste.” 26
Il fenomeno del “bere nascosto” permane tutt’oggi nel nostro territorio, ereditando e al contempo riproducendo gli stereotipi tipici della subordinazione
femminile, soprattutto nelle donne nella fascia di età tra i 40 e i 60 anni. Il fatto
ad esempio che molte di loro arrivino al servizio di Alcologia solo una volta
A. Baldi, Alcoolismo: un problema psicologico e sociale, Tesi di Laurea, Istituto Superiore di Scienze Sociali
di Trento, 1971, pp. 119-125
26
C. Petrolli, La dipendenza alcolica nella donna. Un’esperienza in Vallagarina, Tesi di Laurea, Università
degli Studi di Verona, 1998/1999, pp. 11-12
25
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 14
“toccato il fondo” o dopo essere state ricoverate in seguito a danni fisici o intossicazioni acute, segnala la presenza di un sentimento molto forte di stigma
nei confronti di una donna con problemi di alcol, che porta a nascondere
l’evidenza fino al limite estremo.
Questa elevata paura di essere giudicate si nota anche dalla tendenza, da
parte delle donne alcoliste, ad identificare come decisivo un evento traumatico
quale origine del loro disturbo, come un divorzio, l’arrivo della menopausa,
un lutto ecc. Anche se è difficilmente dimostrabile che uno di questi eventi
rappresenti la causa specifica dei problemi alcolcorrelati, il fatto di identificarla
in qualcosa di concreto, il più possibile esterno alle proprie azioni e responsabilità, aiuta ad alleviare il senso di colpa in relazione alla paura di essere
socialmente condannate.
Anche altre ricerche svolte in Trentino sull’argomento, se pur limitate all’ambito della partecipazione ai Club degli Alcolisti in Trattamento, confermano la
presenza di una tipologia di donna adulta, coniugata, che beve prevalentemente
vino per uscire dalla solitudine della sua dimensione, dato che il lavoro svolto
nei casi analizzati è prevalentemente quello della casalinga. 27
Altre caratteristiche importanti e ricorrenti nelle esperienze di queste donne
sono la provenienza da un contesto familiare dove è fortemente presente l’abitudine di bere alcolici, con il padre generalmente alcolista e, soprattutto, la scarsa
collaborazione dei mariti nella strada di uscita dalla dipendenza:
“il marito non accetta il bere della moglie ed il suo aiuto è minimo rispetto agli sforzi
che la moglie compie nel percorso verso la sobrietà. Il marito infatti non collabora in
questo cambiamento, mantenendo inalterati i comportamenti di sempre e continuando
a consumare vino durante i pasti.” 28
Quest’ultimo fattore risulta molto importante in quanto rivela la centralità
delle dinamiche di genere rispetto al problema alcol. Un fenomeno molto noto
e indagato dalla letteratura sull’alcolismo è quello della donna che beve per
assecondare il partner che mostra seri problemi alcolcorrelati. 29
In questo caso la collaborazione e la protezione offerta da parte della donna
nei confronti del compagno sono tali da pregiudicare il proprio equilibrio psicofisico pur di mantenere una certa quiete, quantomeno apparente, nell’ambiente
familiare. La sua preoccupazione è diretta verso l’interno, verso le relazioni
intrinseche alla vita di coppia e della famiglia, per il cui bene appare pronta
anche a sacrificare parte di sé.
Ibidem
Ibidem, p. 220
29
A. Cottino, op. cit., 1991
27
28
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 14
Dal punto di vista maschile assistiamo ad un rovesciamento. Generalmente i
problemi alcolcorrelati della moglie vengono dapprima negati o sottovalutati dai
mariti, che non riescono ad ammettere l’esistenza di un problema serio interno
alla propria famiglia, preoccupati principalmente del giudizio che l’ambiente di
riferimento può emettere a riguardo, ma non tanto nei confronti della moglie,
quanto nei propri confronti tramite il problema della moglie. 30
La preoccupazione è invece quella di preservare l’immagine verso l’esterno,
nelle relazioni pubbliche con la comunità di riferimento.
Lo stesso fenomeno si può riscontrare anche nelle diverse modalità di partecipazione ai Club degli Alcolisti in Trattamento trentini. Se alle donne viene
unanimemente riconosciuta una importantissima funzione di supporto per la
buona riuscita del trattamento dei mariti, lo stesso non si può dire per questi
ultimi, quando vengono chiamati a collaborare per affrontare la dipendenza
delle mogli:
“per quanto riguarda l’atteggiamento del coniuge all’interno del Club, egli manifesta
in genere la sua parziale disponibilità e una frequente incapacità di attenzione verso
la partner. Inoltre è molto frequente un atteggiamento di delega al gruppo e un modo
di porsi poco propositivo, diversamente dall’atteggiamento assunto dalle mogli degli
alcolisti. Molti mariti ritengono di esaurire il proprio compito nell’accompagnare la
moglie al Club, considerando quest’ultima l’unica persona bisognosa di un cambiamento a cui assistere passivamente. Forse proprio per questi motivi l’astinenza dalle
bevande alcoliche non è accettata di buon grado dai mariti che spesso si limitano solo
a non bere in casa.” 31
Nei modi di relazionarsi e di gestire il problema alcol dei rispettivi partner le
variabili che entrano in gioco sono diverse tra uomo e donna: la moglie è più
attenta all’equilibrio familiare, vista anche la maggiore accettazione sociale del
bere maschile che non desta preoccupazioni in termini di reputazione, mentre il
marito è invece più attento all’immagine della famiglia e del suo ruolo in quanto
leader socialmente riconosciuto della stessa, spinto anche da una cultura che
condanna pubblicamente l’eccesso alcolico femminile.
Si riproduce in pratica la tradizionale separazione tra privato (femminile) e
pubblico (maschile), che appare tipica della cultura trentina, tanto che, in una
ricerca svolta presso gli utenti che hanno frequentato i Club di trattamento
per alcolisti nella Provincia di Trento tra il 1984 e il 1994, si riscontra come la
Sempre nell’ottimo lavoro di Petrolli si possono trovare alcune interessanti storie di vita di donne alcoliste.
In riferimento all’atteggiamento del marito di fronte all’alcolismo della moglie troviamo ad esempio il caso
di un marito che “molto conosciuto in città per la sua professione lavorativa non avrebbe mai affrontato
apertamente una vergogna simile” e che davanti alla prospettiva di eliminare gli alcolici da casa si oppone
chiedendo “Cosa offriremo poi agli ospiti?”, in Petrolli, op. cit., 1998/1999
31
Ibidem, p. 191
30
337
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 14
situazione delle donne alcoliste risenta fortemente della presenza di un bevitore
alcolista o inadeguato come partner: il 42% sul totale delle donne mentre solo
il 6% sul totale degli uomini. 32
Tuttavia questa tendenza, per quanto decisiva e ancora oggi persistente in
relazione alle donne di mezz’età, sembra venire progressivamente meno nelle
nuove dinamiche legate al bere, che da circa dieci anni a questa parte hanno rivoluzionato l’approccio globale al consumo di alcolici, con particolare riferimento
alla popolazione giovanile. Se da un lato la permissività del contesto culturale
nei confronti del bere permane, sono le modalità di accesso al bere sociale che
si ridefiniscono, nel momento in cui il gap tra donne e uomini inizia a colmarsi
in termini di entrata nella sfera pubblica, portando ad una piena accettazione
del bere femminile come normale e non più come stigmatizzabile.
L. Pellegrini e C. Zorzi (a cura di), Le attività alcologiche in Trentino, Provincia Autonoma di Trento,
2000
32
338
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 15
Il consumo attuale di alcolici in Trentino
Per quanto riguarda il consumo attuale di alcolici, il Trentino mostra delle caratteristiche del tutto peculiari rispetto al resto d’Italia. Se si trova sopra la media
nazionale per il numero di persone con più di 11 anni che hanno consumato
almeno una bevanda alcolica nell’ultimo anno, con il 69,7% della popolazione,
occupa invece il quintultimo posto per quanto riguarda il numero di persone
che consumano quotidianamente alcolici, al di sotto della media nazionale. 33
Ciò significa che se, da un lato, aumenta il numero dei potenziali bevitori,
dall’altro, molti di questi non bevono tutti i giorni, ma in più singole occasioni.
Il dato è significativo perché nel panorama italiano le regioni prime per il numero di consumatori di alcol sono tendenzialmente prime anche nella classifica
del consumo giornaliero, mostrando ancora la presenza nel nostro paese di un
modello di bere sottoposto alla quotidianità e all’abitudine.
Per quanto riguarda il Trentino assistiamo invece ad una interessante inversione: l’ampia diffusione dei bevitori sembra conciliarsi con un consumo
prevalentemente non quotidiano, occasionale, che però non vuol saltuario o
ridotto, ma legato piuttosto a specifiche situazioni.
Infatti, tale fenomeno, se da un lato mostra una forte esposizione al consumo
generale di alcolici da parte di tutta la popolazione, influenzata da un contesto
sociale molto permissivo per tradizione e cultura, dall’altro indica però una
tipologia di consumo che ha abbandonato per molti versi il consueto bere tradizionale, per concentrarsi probabilmente in momenti di svago appositamente
definiti come occasioni per assumere alcol, quali weekend, feste ecc.
Questo fenomeno mostra chiaramente come il passaggio dal modello del
bere “bagnato” (di origine mediterranea, maggiormente legato al vino e alle sue
abitudini di consumo durante i pasti) al modello del bere “asciutto” (di stampo
nordeuropeo, finalizzato all’euforia in sé attraverso grandi bevute in singole occasioni) sia più avanzato in Trentino che nel resto d’Italia. L’impressione è che il
contesto tradizionale trentino del bere si ridefinisca “sposandosi” efficacemente
33
ISTAT, L’uso e l’abuso di alcolici in Italia, Anno 2006
339
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 15
con le nuove tendenze del contemporaneo. Se un tempo permissività e controllo caratterizzavano un consumo abitudinario, quotidiano e legato alla vita del
territorio alpino e prealpino, oggi entrambe queste variabili permangono, ma
vengono applicate in maniera differente: la permissività consente a un sempre
maggior numero di persone di entrare in contatto con le sostanze alcoliche (in
primis oggi le donne 34 e i giovanissimi), anche in maniera smodata, mentre il
controllo si sposta da una funzione morale ad una più razionale, pianificata,
che concentra il consumo nel tempo libero in modo che non interferisca con
le attività quotidiane.
Le modalità e le tipologia di assunzione si inscrivono in questa tendenza. Il
consumo di birra è in continuo aumento, soprattutto a livello di giovani e giovani
adulti, sia per il suo valore dissetante, ideale per luoghi chiusi con molte persone,
dove di norma fa molto caldo, sia per la sua minor gradazione alcolica che sembra
permettere migliori “performances relazionali”, necessarie per lo sviluppo di una
socialità maggiormente concentrata in singole occasioni. Tale aumento si verifica
per entrambe i sessi, anche se con una prevalenza maggiore fra i maschi.
I superalcolici riscuotono invece maggiore successo tra le ragazze, le più giovani in particolare, probabilmente sia per questioni legate al gusto, più dolce e
gradevole, sia per la rapidità dell’effetto, tendenza da collocare nella prospettiva
di un uso funzionale allo “sballo” che caratterizza sempre di più l’assunzione di
sostanze alcoliche. 35
Il consumo di vino si trasforma a sua volta. Se da un lato permangono, tra gli
adulti, quasi esclusivamente uomini, la tradizione del bicchiere in compagnia al
bar e le pratiche legate alla “caneva”, cioè alla cantina e alla produzione propria,
soprattutto nelle zone di valle, dall’altro la riduzione del consumo quotidiano,
soprattutto ai pasti, viene accompagnata da una maggiore richiesta di qualità,
molto visibile nel moltiplicarsi di occasioni finalizzate alla degustazione di vino,
dal corso di sommelier all’enoteca specializzata, dal wine bar alle visite alle cantine,
in cui inizia ad essere consistente anche la presenza femminile. 36
Dal 1993 al 2001 il numero di donne che hanno bevuto almeno una bevanda alcolica nell’ultimo anno
in Trentino è cresciuto del 9,6%, mentre per gli uomini si è registrato un aumento del 3,9%, con una
crescita complessiva del 6,9%. In F. Voller, “Quanto bevono i toscani? I consumi dell’alcol secondo l’Istat
e le surveys dell’Ars”, in http:\\www.cedostar.it
35
Un’indagine sul consumo di alcol tra i quindicenni frequentanti gli Istituti Superiori di Rovereto (Trento)
mostra, ad esempio, come la percentuale di ragazze intervistate che consuma superalcolici ogni settimana sia
superiore (25,4%) a quella dei loro coetanei maschi (21,3%). Si veda Distretto Sanitario della Vallagarina
e Facoltà di Psicologia dell’Università di Padova, Il consumo di alcool e tabacco: un’indagine tra gli studenti
quindicenni degli Istituti Superiori di Rovereto, 2004
36
“Maria Grazia Brugnara nasce sartina e lavora per venti anni, poi diventa sommelier. […] Riassume e
scherza, naturalmente, quando dice: «Da quando mi sono data al bere ho cambiato vita». […] Spiega, e
questa volta parla sul serio, che, quando assaggiò per la prima volta un po’ di vino, capì che era il prodotto
di un territorio e che un territorio è sempre portatore di valori unici”, in Trentino, 14 Febbraio 2007
34
340
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 15
L’avvenuto libero accesso alle sostanze alcoliche per le donne si colloca così in
un quadro tradizionale del bere che, perdendo i suoi valori fondati sull’abitudine
e sulla quotidianità, mantiene tuttavia quegli aspetti di licenza che permettono
l’introduzione e la legittimazione di nuovi atteggiamenti e modi del consumo,
relativi soprattutto alla “cultura dello sballo” concentrata prevalentemente nel
weekend.
In pratica, permane la transigenza nei confronti dell’alcol tipica della cultura
trentina, ma cambiano i significati che caratterizzano il consumo di alcolici;
vengono meno in particolare quegli aspetti che basavano il bere su precise esigenze quotidiane e che, come tali, condannavano l’abuso, soprattutto da parte
femminile, e si affermano nuovi valori sempre più disgiunti dall’abitudine e
maggiormente legati ad un piacere psicologico e sociale da ottenere attraverso la
sostanza alcolica, la quale a sua volta cambia il suo aspetto e la sua consistenza. 37
Non è un caso dunque che in Trentino Alto Adige si registri il più alto livello
di “binge drinking” italiano, praticato dal 12,8% dei ragazzi tra gli 11 e i 18
anni 38, dove per “binge drinking” si intende il bere elevate quantità di alcol in una
singola occasione, o in più singole occasioni, con lo scopo preciso di ubriacarsi,
all’interno di un contesto di socialità. Occorre sottolineare come il passaggio
da un bere abitudinario ad un bere più “concentrato” sia tipico infatti anche
dell’Alto Adige, con caratteri anche più marcati rispetto al Trentino. È dunque
la vicinanza con la cultura germanofona a favorire probabilmente l’incontro di
diverse modalità di consumo e la progressiva sostituzione del vino con la birra,
spingendo al suo utilizzo fuori dall’uso quotidiano, con tempi, spazi e scopi precisi
funzionali all’euforia fine a se stessa. Si può riportare a titolo esemplificativo il
caso della “Festa dei Portoni” di Salorno, primo paese dell’Alto Adige venendo
dal Trentino, molto frequentata ogni anno, a fine primavera, sia dai giovani altoatesini che da quelli trentini, dove la birra viene vista come una delle principali
attrazioni dell’evento.
Un ultimo importante dato da registrare riguarda la tendenza a bere fuori
dai pasti, che sembra confermare quanto detto finora. Il Trentino Alto Adige è
secondo solo al Friuli nella graduatoria italiana da questo punto di vista, con il
13,1% della popolazione. Come avviene anche a livello nazionale, influisce su
questo fenomeno anche la dimensione dei comuni di appartenenza, riportando
A testimonianza di questa trasformazione è significativo che, a partire dal 2005, in alcune sagre paesane
trentine, eventi sempre molto frequentati e diffusi su tutto il territorio, accanto alla birra e al vino si è
iniziato a proporre con successo il consumo delle bevande “alcopop”.
38
E. Scafato et al., “L’alcol e i giovani. Un’analisi dei fattori determinanti l’abuso”, in http://www.epicentro.
iss.it/temi/alcol/pdf/Apd07-alcol_giovani.pdf. Un’altra recente indagine realizzata da Iard e Iprase rivela come
il 52% dei giovani trentini ha dichiarato di aver abusato dell’alcol almeno una volta nell’ultimo periodo,
mentre nel 2002 la percentuale era dl 46% e la media italiana è del 34%. Si veda, P. Bari, “Alcol, i giovani
trentini bevono di più”, in L’Adige, 17 Giugno 2007
37
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 15
un aumento notevole dei consumi fuori pasto nei centri sotto i duemila abitanti.
Se pensiamo al territorio trentino e al numero di piccoli comuni che lo compongono, riscontriamo una tendenza peculiare da questo punto di vista, dovuta per
molti versi alla mancanza di cosiddette “alternative funzionali” al bere.
Buona parte del territorio trentino si colloca infatti ad un’altitudine superiore
ai 1000 metri (il 70%) e questo, rende perlomeno difficoltosi alcuni spostamenti,
così come la diffusione capillare di nuove opportunità socio-culturali. Sebbene
si noti una certa uniformità di pratiche dal punto di vista del consumo di alcolici in tutta la provincia, è indubbio che laddove l’unica occasione di svago e di
ritrovo è il tradizionale bar del paese aumentano le possibilità di ricorso all’uso
di alcol nel momento in cui la cultura territoriale lo identifica come uno dei più
importanti medium di socialità.
Nei contesti urbani il consumo di alcolici invece ha maggiori probabilità di
aggiungersi ad altri tipi di opportunità che si possono praticare in termini di
svago e di interessi. Per capirci, ci sembra diverso, e crediamo abbia delle ripercussioni diverse sul comportamento, il fatto di andare al pub a bere qualcosa
dopo il corso di teatro, come avviene spesso in città, rispetto al fatto di andare
al pub e basta, come avviene invece spesso nei paesi.
Nel primo caso il consumo non è fine a se stesso, ma viene subordinato a
delle pratiche sociali e culturali definite e condivise; nel secondo caso è la birra a
diventare lo strumento primario di condivisione della relazione, sottomettendo
al consumo tutte le altre esperienze abitudinarie.
Certo la cultura del bere come dinamica socializzante è presente in entrambi
i casi, ma nel primo assume senza dubbio un contorno più definito, più circoscritto, mentre nel secondo ha campo libero nel condizionare l’esperienza.
La “cultura del bere” e la mancanza di “alternative funzionali” sono le due
variabili che determinano la configurazione del bere contemporaneo del territorio trentino. “Cultura del bere” in questo senso significa la presenza di un’associazione mentale automatica, praticamente inconscia, tra lo svolgersi di una
qualsiasi occasione pubblica di relazione, dal semplice incontro con l’amico fino
alla festa comunale per gli auguri di Natale, e il consumo di bevande alcoliche
finalizzato ad elevarne il senso.
Questa cornice interpretativa è talmente diffusa nei valori e nelle pratiche
individuali da essere data totalmente per scontata sul territorio, al punto che
diventa impensabile il solo concepire alternative comportamentali in grado
anche di influenzarla.
Lo si vede bene nei casi limite legati all’alcolismo: l’esempio è quello di una
moglie la quale scopre che il marito, alcolista in trattamento, ha nascosto due
lattine di birra in cantina; il suo pensiero è che abbia ripreso a bere, ma in realtà
si sbaglia, perché la birra serve all’uomo per offrirla all’amico quando questi gli
porta la legna. Se anche un alcolista in trattamento, che ha visto la sua vita entrare
342
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 15
nel baratro della dipendenza per via del consumo di alcolici, si sente in obbligo
di offrire una birra per non mancare di rispetto all’amico, contraddicendo quindi
la sua stessa esperienza, questo rispetto incarna una pressione culturale davvero
forte a cui è quasi impossibile di dire di no individualmente.
A tale proposito riportiamo anche come significativo l’esempio di una ragazza
adolescente che, non amando bere alcolici, percepisce il disagio di rapportarsi
con i suoi coetanei nel momento in cui questi, durante le serate in compagnia,
consumando di norma parecchio alcol, insistono per farla bere o si stupiscono
del fatto che non le piace. Al punto che lei ogni tanto si sente “obbligata” a bere
una birra o mezza birra per mostrare alle amiche che anche lei beve.
La “cultura del bere” si concretizza o nell’automatismo di legare alcolici e
socialità nelle varie occasioni di relazione che si manifestano o nella difficoltà a
“dire di no” di fronte ad un’offerta di alcolici in un determinato contesto. Ma
in quest’ultimo caso non si tratta di un’incapacità legata a una dipendenza dalla
sostanza, di cui non si può fare a meno, ma della difficoltà di reagire all’associazione sostanza-relazione come unico mezzo di espressione del valore sociale di
appartenenza. È come se non si avessero altre scelte in un certo senso, o meglio,
è come se quella scelta apparisse come l’unica possibile e sensata.
Proprio questa associazione tra significato e visibilità diretta dello stesso, attraverso la pratica del consumo di alcolici, sembra essere il cardine della “cultura
del bere” e il motivo della sua forza e della sua grande diffusione nel contesto
socio-culturale trentino:
“Vuole sapere dove abito? Bene. Apra le orecchie, allora… Dovunque ci sia un bicchiere per me. Quella è casa mia.” 39
39
P. Loperfido, Teroldego, Curcu & Genovese, Trento, 2005
343
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Capitolo 16
Una tipologia di giovani bevitrici
40
In questo capitolo cercheremo di rispondere alla domanda “chi sono le donne
che bevono?”. Per fare ciò è necessario approfondire l’analisi delle culture, o meglio delle sottoculture, che regolano le interazioni legate al bere stando insieme.
Esistono, cioè, delle subculture di riferimento che influenzano fortemente il bere
degli attori sociali. A seconda del gruppo a cui si appartiene si bevono bevande
diverse, in luoghi diversi e con modalità diverse.
I cinque tipi di giovani bevitori 41 e i rispettivi modelli culturali che vengono qui descritti ed analizzati, sono costruiti sullo sfondo teorico concettuale
proposto da Bauman [2001] nella distinzione che propone tra comunità etica e
comunità estetica. Una distinzione, questa ultima, che richiama da vicino quella
tra le due categorie centrali della tipologia di giovani qui presentata: quelle dei
“fighetti” e degli “allamano”.
Il modello culturale della categoria dei “fighetti” sembra, infatti, sovrapporsi
e, spesso, coincidere con quello della “comunità estetica”. La “comunità estetica”
è quella in cui “l’identità sembra condividere il proprio stato esistenziale con la
bellezza. Così come la bellezza si condensa nell’espressione artistica, la comunità in questione si manifesta e si estrinseca nell’atto dell’esperienza” [Bauman
2001, 64].
I “fighetti” seguono un orizzonte valoriale e normativo che si inquadra nei
dettami della moda e di un modello del bere e dello stare insieme che abbiamo
Parte del contenuto di questo capitolo è tratto da: Barnao [2008].
La tipologia che viene qui presentata si basa sui dati di una indagine etnografica condotta a Trento tra il
gennaio 2005 e il novembre 2006 [cfr. Barnao 2008]. Si tratta di una tipologia di tipo “misto” ponendosi
all’interno di un continuum che vede ad un estremo le tipologie “astratte” e all’altro estremo le cosiddette
tipologie “folk-elicited” [Snow e Anderson 1993, 38]. È una tipologia “folk-elicited” nel senso che nasce dai
bar, dai luoghi in cui si beve, in quanto si fa riferimento al modo in cui i giovani “parlano di se stessi”; è
una tipologia “astratta” in quanto si interpretano tali dati per la costruzione di “tipi” di giovani che bevono
e che vengono inquadrati in categorie il più possibile delimitate e astratte. Le categorie derivano, quindi,
dalla interpretazione dei dati raccolti attraverso l’osservazione partecipante, e le interviste in profondità a
giovani e testimoni privilegiati (gestori di locali, camerieri, operatori sociali, ecc.).
40
41
345
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 16
definito “individualista”, in quanto centrato sui singoli attori piuttosto che
sulla dimensione comunitaria del gruppo. I legami tra gli attori non appaiono
stabili e duraturi e, comunque, appaiono perlopiù strumentali al perseguimento
del divertimento serale o notturno.
La comunità etica è una comunità in cui gli individui cercano “un tipo di
comunità in grado di ottenere collettivamente quanto non sono in grado di
ottenere individualmente.” Si tratta, sotto quasi tutti gli aspetti, dell’estremo
opposto del tipo di “comunità estetica”, in quanto “dovrebbe essere intessuta di
impegni a lungo termine, di inalienabili diritti e obblighi ineludibili, tutte cose
che, grazie alla loro rinomata (e, meglio ancora, istituzionalmente garantita)
curabilità, possono essere trattate come variabili note nel momento in cui si
pianifica il futuro e si fanno progetti. E gli impegni che rendono una “comunità
etica” sarebbero del tipo di “condivisione fraterna”, il quale riafferma il diritto
di ciascun membro all’assicurazione comunitaria, contro gli errori e le disgrazie
che sempre costellano la vita degli individui [Bauman 2001].
Gli “allamano” sembrano seguire questo modello, vivendo forme di stare
insieme legate alla dimensione di gruppo, seguendo un modo di stare insieme
centrato su relazioni più stabili nel tempo, spesso di tipo amicale. Il modello
del bere degli “allamano” lo abbiamo definito comunitario proprio per il fatto
che privilegia la dimensione del “sentire comune” degli attori del gruppo, che
si manifesta, come vedremo, sia nella scelta delle bevande che, più in generale,
nei rituali del bere che interpretano nel loro stare insieme.
Tra questi due tipi “estremi” di giovani (“fighetti” e “allamano”) e di modi
di stare insieme bevendo, si muovono altre categorie di giovani bevitori che
presentano caratteristiche ed elementi culturali provenienti sia dalla cultura
dei “fighetti” che da quella degli “allamano”.
Parliamo, cioè, delle categorie dei “poser”, delle “donne in carriera”, degli
adolescenti. Per tutti gli appartenenti alle diverse categorie, comunque, il
bere può essere considerato come risorsa relazionale che esprime la “voglia
di comunità” [Bauman 2001] che tutti i giovani manifestano nel loro “stare
insieme bevendo”.
Ma vediamo più da vicino le varie categorie.
16.1. “Fighette”
I “fighetti” sono una categoria di giovani, per lo più italiani, di età compresa
tra i 18 e i 35 anni. Le caratteristiche aggreganti di questi soggetti sono relativamente poche, ma estremamente chiare. Tra queste la preferenza per le discoteche e la musica “house” o “dance”. Sono attori che amano vestire all’ultima
346
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 16
moda, seguendo un modello generalmente molto costoso (es. all’inizio degli
anni 2000 Prada e Armani). 42
Tra i “fighetti” le differenze di genere nell’abbigliamento e, più in generale, nel
modo di presentarsi in pubblico e nello stare insieme, appaiono particolarmente
marcate e manifeste.
Se l’abbigliamento deve essere sempre alla moda, anche la cura del corpo è
particolarmente seguita e risulta da lunghi e costanti periodi di preparazione
del proprio look attraverso varie attività come l’andare in palestra, fare saune
periodiche, bagni turchi, massaggi, depilazione (anche per l’uomo), ecc.
Il modello seguito è quello delle riviste di moda. Categoricamente magra e
abbronzata lei, con lampada solare in autunno e inverno, se lontana dalle piste
sciistiche; un’abbronzatura naturale nel resto dell’anno, con richiami ad hoc nei
periodi poco soleggiati, con una cura particolare per capelli e pelle. Per lei e per
lui è d’obbligo praticare attività sportiva, generalmente non agonistica.
Escono in genere a coppie o gruppi di tre, massimo quattro persone. Normalmente si tratta di gruppi di soli maschi o sole femmine. Durante la serata,
poi, accade che si uniscano ad altri piccoli gruppi. Il “farsi vedere” come norma
della categoria, si manifesta nella modalità della “ronda”: i “fighetti” escono in
piccoli gruppi e girano per il maggior numero di locali durante la stessa serata.
Si tratta di “farsi vedere” nei “posti giusti”: bar e ristoranti “alla moda”, cioè, che
normalmente vengono scelti quali luoghi di incontro per gli appartenenti alla
categoria. I luoghi di incontro dove bere sono selezionati con cura e rispettano
i criteri generali legati all’apparire e all’essere alla moda. I locali preferiti sono,
normalmente, i bar. La moda prevede un certo successo, in questo senso, dei
cosiddetti “bar newyorkesi”: colori freddi, superfici lisce, architetture minimali,
specchi dappertutto e molta luce, al contrario dei pub e di locali di altro genere.
Si tratta di luoghi che, come ha dichiarato un gestore di questi locali, “sono
molto illuminati e con tanti specchi... così permettono di mostrare meglio il
proprio corpo e le marche d’abbigliamento”.
I maschi “fighetti” bevono vino (bianco o rosso) nella fase di preparazione
anche se, come abbiamo già detto, con alcune rare eccezioni. Le femmine
bevono solo vino (generalmente bianco “perché il rosso macchia i denti”) o
spritz nella fase di preparazione. È esclusa la birra (soprattutto tra le donne), in
quanto “gonfia la pancia”, “fa ruttare”, “fa puzzare l’alito” e “costringe ad andare
Il termine “fighetto”, utilizzato in molte zone d’Italia con lo stesso significato, viene spesso sostituito
da termini locali come ad esempio “Sancarlino o “Sanca” a Milano (dal collegio San Carlo), “Pariolino”
a Roma (dal quartiere Parioli), “Gonzaghino” a Palermo (dall’Istituto Gonzaga). A Trento il termine “fighetto” non è generalmente associato a un luogo d’origine o di formazione (scuola o quartiere d’elite) ma
viene associato, in modo pressoché esclusivo, al modo di presentarsi e ai luoghi che si frequentano nel
divertimento pomeridiano e serale.
42
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 16
più frequentemente alla toilette”. In questa stessa fase le “fighette” più giovani
possono bere gli alcopop. Nella fase del binge drinking sono di rigore i cocktail
(alla frutta per lei, più forti, a base di vodka o rum, per lui) e gli “shot” 43 per
lui e per lei. Anche negli “shot” si evidenziano delle evidenti differenziazioni di
genere, essendo presenti “shot” tipicamente da uomo (es. grappa, rum) e “shot”
tipicamente da donna (es. rum e pera, “acquafresh”).
Per quanto riguarda gli aspetti economici è da sottolineare il fatto che, di
norma, alle donne “fighette” viene offerto da bere dai “fighetti” incontrati nel
locale. Tra gli uomini è raro il “giro”: normalmente ognuno paga il suo. 44
Concludiamo questa parte dedicata alla categoria dei “fighetti” considerandone una sottocategoria: quella dei cosiddetti “super fighetti” o “fighetti
perfetti” . Si tratta di quei “fighetti” che manifestano una sorta di autocoscienza
di gruppo. Talvolta si vantano di essere “fighetti” e addirittura gareggiano per
essere più “fighetti” degli altri del gruppo. Per i “super fighetti” non è solo importante avere abiti di marca, ma soprattutto è importante avere e indossare
gli indumenti più recenti della moda espressa da quella determinata marca. Per
quanto riguarda modi di bere e di stare insieme i “super fighetti” si comportano
in modo pressoché identico ai “fighetti”.
16.2. “Allamano”
La categoria degli “allamano” è costituita da giovani adulti di età compresa tra i
18 e i 40 anni che, come li descrive un’intervistata, “si vestono come gli pare e
non seguono la moda, puntando alla comodità piuttosto che all’aspetto estetico”. Secondo diverse intervistate gli uomini che hanno superato i 35 anni e che
escono la sera per bar possono considerarsi tutti “allamano”. Anche quelli che
erano in precedenza “fighetti”. Dopo una certa età, infatti, “non seguono più la
Lo “shot” prende il nome dall’inglese “shot” (colpo). Gli “shot” sono degli short drink particolari. Si
servono in piccole quantità e in piccoli bicchieri (di dimensioni variabili tra i 3,5 e i 6 cl). Si bevono tutti
in un sorso e servono normalmente a fare salire velocemente la gradazione alcolica.
44
Il modello di interazione tra uomo e donna, all’interno di questa categoria, possiamo definirlo come
“modello nightclub”. Si tratta di un rituale di seduzione che prevede dei comportamenti ben precisi nel
bere insieme di un “fighetto” con una “fighetta”. L’uomo normalmente offre da bere alla donna (che ha
incontrato o conosciuto nel locale) e, durante il bere insieme, i due interagiscono, negoziando l’eventuale
prosecuzione dell’interazione con un’altra bevanda offerta. La bevanda alcolica offerta assume il valore
simbolico dell’interesse dell’uomo verso la donna con cui sta bevendo. La donna, normalmente, adotta,
in questo rituale, varie strategie per riuscire a ottenere ulteriori drink offerti dall’uomo. Si tratta di un
rituale di interazione tra uomo e donna che assomiglia da vicino a quello tipico individuato all’interno
dei nightclub tra cliente e ballerina/spogliarellista [cfr. Bruckert 2002; Barnao 2004].
43
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Capitolo 16
moda” e, anche se spendono molto danaro per gli abiti, spesso restano legati a
mode di anni passati, perdendo quindi una delle caratteristiche fondamentali
per potere appartenere alla categoria dei “fighetti”.
Gli “allamano” hanno, normalmente, una certa predilezione per lo stare
insieme in gruppo. Anche per loro lo stare insieme serale è strettamente legato
al bere. Pratica che, tuttavia, preferiscono normalmente svolgere tra le mura
domestiche e in gruppi più numerosi rispetto a quelli dei “fighetti”.
Il loro modo di stare insieme e di bere segue un modello che potremmo
definire comunitario, in quanto caratterizzato dallo stare insieme per stare
in gruppo in modo stabile, intrecciando forme di reciprocità di interazione
che presentano una certa durata nel tempo. Come abbiamo già anticipato,
presentano, in questo modo, molti dei tratti della “comunità etica” definita da
Bauman. La forma etnografica che più rappresenta il tipo di reciprocità nel bere
presente all’interno della categoria è sicuramente quella del “giro”. Quando gli
“allamano” bevono nei locali, infatti, il “giro” è il modello comportamentale
maggiormente seguito. Consiste nell’offrire, a turno da parte di ognuno del
gruppo, un giro di bevande alcoliche a tutti gli altri del gruppo. Le bevande,
normalmente, sono le stesse per tutti o, comunque, simili, almeno per quanto
riguarda il loro prezzo.
Nella fase di preparazione, le bevande degli “allamano” sono normalmente la
birra per lui, prosecco, birra o spritz per lei. Nella fase di binge effettivo, si passa
ai superalcolici senza preferenze specifiche di categoria né per lui né per lei.
È da notare il fatto che, se nei percorsi cittadini notturni si riscontrano delle
differenze sostanziali tra ambienti sociali per “fighetti” e per “allamano”, in provincia, e soprattutto nelle valli, i modelli comportamentali prevalenti sono, in
genere, quelli degli “allamano”. Così come mi ha detto una “fighetta” intervistata
“Nelle valli sono tutti “allamano” e come loro bisogna comportarsi”.
Anche tra gli “allamano” troviamo una sottocategoria che, in qualche modo,
possiamo considerare come composta da coloro che estremizzano, vivendoli in
modo talvolta radicale, i principali elementi culturali di riferimento della categoria più generale. Alcuni tratti di elementi controculturali (in particolare il
rifiuto del culto dell’apparire) presenti nella cultura “allamano”, infatti, trovano
tra coloro che vengono chiamati “allamano allamano”, una chiara esplicitazione
che si manifesta, talvolta, in vere e proprie appartenenze controculturali.
Gli “allamano allamano” sono attori sociali che sembrano avere interiorizzato in profondità l’elemento culturale del “rifiuto della moda e dell’apparire”,
traducendolo, talvolta, con l’appartenenza a gruppi che si rifanno alla cultura
rasta, punk, metallara, ecc.
È da notare il fatto che nelle appartenenze più radicali degli “allamano allamano” (es. alcuni gruppi di metallari; alcuni gruppi punk) vi è una estremizzazione nel seguire un orizzonte normativo ben preciso che spinge a escludere e a
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Capitolo 16
disprezzare coloro (in particolare, ovviamente, i “fighetti”) che vengono considerati come i cultori dell’apparire e, più in generale, di modelli comportamentali
culturalmente dominanti. Nel bere, ad esempio, ciò si manifesta nel rifiuto e
nel disprezzo – in alcuni gruppi si tratta di un rifiuto categorico – del cocktail
(bevanda considerata da “fighetti”) come bevanda da bere quando si è insieme,
e nell’esaltazione, dall’altra parte, della birra come la bevanda per eccellenza da
consumare quando si è in gruppo.
Il valore della ribellione che assume, per certi versi, l’esaltazione di una bevanda
(la birra), corrispondentemente al disprezzo per le bevande alcoliche (i cocktail)
che identificano la cultura dominante, è assimilabile al più generale valore della
ribellione che assume lo “stile subculturale” presso questi giovani e nei settori
più marginali della società. 45
16.3. “Poser”
“Poser” (dal verbo inglese “to pose”, che significa “atteggiarsi a”, “spacciarsi per”)
è un termine, normalmente utilizzato in senso dispregiativo, per indicare colui
o colei che tenta di inserirsi in una delle categorie precedentemente considerate
(“allamano” o “fighetti”) per semplice ricerca di relazioni o per futili motivi, senza
però conoscere, o conoscendo solo superficialmente, gli elementi culturali più
profondi e fondamentali che definiscono quella cultura o subcultura.
Nel linguaggio comune dei giovani il “poser” è colui che tenta di “entrare”
nei gruppi che si rifanno a sottoculture specifiche, come quelle dei metallari o
i punk, considerate come culture alternative a quella dominante. È per questa
ragione che il “poser” viene definito anche “finto alternativo”, “atteggiato”. Nel
nostro caso, però, il termine è utilizzato in una accezione più ampia intendendo
con “poser” colui o colei che “si atteggia” e tenta di accedere a gruppi, non solo
legati a culture alternative (che abbiamo considerato inserite all’interno della
categoria più generale degli “allamano”), ma anche colui o colei che tenta di
accedere a gruppi di “fighetti” o “superfighetti”. È su queste basi che distinguiamo
tra “poser allamano” e “poser fighetti” a seconda del gruppo all’interno del quale
il “poser” cerca di inserirsi.
L’elemento culturale del bere e i rituali ad esso connessi sono così importanti
per la definizione dell’appartenenza di gruppo, che spesso un modo (da parte
degli appartenenti ad un gruppo) per capire se un individuo è un “poser” che
tenta di entrare nel proprio gruppo, è infatti quello di verificare che tipo di
bevanda alcolica sta consumando.
45
Per un approfondimento si vedano: Bourgois [2003]; Becker [1963]; Hebdige [1979].
350
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Capitolo 16
Per definizione, il “poser” assume (o tenta di assumere) i modelli comportamentali della categoria, del gruppo, all’interno del quale cerca di inserirsi. Ciò,
ovviamente vale anche per la scelta delle bevande alcoliche da bere e, più in
generale, per tutto ciò che concerne i modelli culturali legati al bere
16.4. “Donne in carriera”
Negli ultimi anni si è avuto un notevole incremento del numero di donne che
fanno uso e abuso di sostanze alcoliche [Nakken 2002; Pierlorenzi e Senni 2001;
Pala 2004; Bracalenti 2004].
Parlando del fenomeno dell’alcolismo con riferimento alla patologia conclamata, recenti indagini [es. Pala 2004] hanno messo in evidenza che il fenomeno
dell’alcolismo femminile è in forte trasformazione.
Oltre alle giovani (spesso adolescenti) e alle donne sole, sembra tuttavia aumentare rapidamente il numero di donne professioniste, le cosiddette “donne
in carriera”, che “adottano il bere come simbolo e mezzo di una male intesa
emancipazione” [Pala 2004, 42]. Nella presente ricerca, la categoria delle “donne
in carriera” è formata da coloro che sono considerate “in carriera” non tanto
perché svolgono professioni importanti all’interno di un ideale sistema di stratificazione sociale, quanto per il fatto che sono donne che fanno riferimento
a un orizzonte normativo specifico legato all’età, al fatto che hanno una certa
indipendenza economica e che, spesso, sono di fatto delle single (single per
scelta, donne separate, donne divorziate, ecc.).
Si tratta di donne di età compresa tra i 25 e i 40 anni (in genere ex “fighette”)
che abbiamo intervistato e osservato nei loro comportamenti legati al bere, durante tutto il corso della ricerca. Le trattiamo come una categoria a parte perché
manifestano caratteristiche specifiche non trovando, peraltro, un corrispettivo
maschile. Gli uomini sopra i 35 anni e con caratteristiche corrispondenti (ex
“fighetti”) rientrano normalmente, come abbiamo già detto in precedenza, nella
categoria degli “allamano”.
Dalle loro interviste, dai loro racconti, emerge un quadro di donne spesso
profondamente impegnate in attività lavorative di vario tipo (infermiere, impiegate, commesse, ecc.) per le quali il bere assume frequentemente i connotati
di una autoterapia [Bracalenti 2004], in momenti particolari della propria vita
come andare a vivere da sole, passaggi di status, ecc.
In questo senso si possono interpretare le dinamiche del bere femminile delle
appartenenti a questa categoria, come dei veri e propri riti di passaggio [Van
Gennep 1908] da uno stato ad un altro, da una fase ad un’altra della vita degli
attori protagonisti.
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Capitolo 16
Nel loro modo di comportarsi in pubblico, nello stare con gli altri e, soprattutto, nel bere si comportano in modo simile alle “fighette”. Ciò riguarda anche
la scelta delle bevande alcoliche sia nella fase di preparazione che nella fase,
eventuale, di binge drinking. Unica differenza di rilievo, rispetto alle “fighette”,
da questo punto di vista, è il fatto che le “donne in carriera” tendono a vivere
in una dimensione privata l’eventuale fase finale del binge drinking e quindi
dell’ubriacatura. Raggiungono, infatti, raramente la fase di binge drinking e,
quando ciò accade, lo fanno in situazioni “protette” dal punto di vista della
visibilità (es. bere nelle valli; bere in casa).
16.5. Adolescenti
Sulla base dei dati pubblicati dall’Istat [2006] la quota di minori che consuma
alcol il Italia è molto elevata. Infatti nel 2005 i ragazzi di 11-15 anni che dichiarano di avere bevuto almeno una volta negli ultimi 12 mesi sono il 19,5%. Si
tratta di una percentuale ragguardevole soprattutto se si considera che il Italia
è vietata la somministrazione di alcolici a ragazzi al di sotto dei 16 anni. Le
differenze di genere sono più contenute rispetto alle altre classi di età (21,8%
tra i maschi e 17% tra le femmine).
Ma è probabilmente tra i ragazzi di 16-17 anni che emerge il quadro più
allarmante. Uno su due ha consumato alcolici nell’anno, con una quota di
maschi (58,8%) superiore a quella delle femmine (42,4%). L’8% dei maschi
appartenenti a questa fascia d’età consuma alcolici tutti i giorni e il 10,9% ha
dichiarato di essersi ubriacato almeno una volta negli ultimi 12 mesi e di questi uno su quattro si è ubriacato più di tre volte nel corso dell’anno. Anche in
questo caso le differenze di genere sono inferiori rispetto alle altre fasce d’età
[Istat 2006, 9].
Gli adolescenti non erano stati considerati, in origine, oggetto di questo
lavoro. Tuttavia dall’osservazione partecipante, ma anche dalle interviste effettuate, è emerso un fenomeno particolarmente significativo, sia da un punto di
vista qualitativo che quantitativo. L’età degli adolescenti considerati per questa
ricerca va dai 13 ai 17 anni. Nel caso trentino si tratta spesso di giovani lontani
dal controllo sociale delle famiglie. Molti di loro, infatti, vengono dalle valli a
studiare gli ultimi anni delle scuole superiori, pernottando in città, e vivendo
una sostanziale autonomia rispetto alla famiglia.
Notevole la presenza di stranieri, soprattutto maschi, nei gruppi che si trovano
a bere, per lo più in strada.
Non appartengono ad una subcultura specifica, almeno non in modo chiaro,
se non a quella generica legata alla loro fascia d’età. Si tratta piuttosto di un
miscuglio non ben definito di norme e orizzonti valoriali.
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Capitolo 16
Normalmente, la pratica del bere insieme si sviluppa soprattutto nelle ore serali
e notturne, anche se, come abbiamo già visto in precedenza, si sta diffondendo
una cultura del bere alcolici anche durante l’orario scolastico e, addirittura,
anche all’interno delle scuole.
Il binge drinking appare una pratica ampiamente diffusa e frequente soprattutto nel fine settimana. Nella fase di preparazione, gli adolescenti bevono
un po’ di tutto e senza una reale differenziazione di tipi di bevande sulla base
del genere.
Unica eccezione, in questo senso, un maggiore utilizzo degli alcopop da
parte delle ragazze. Gli alcopop sono bevande gassate con aggiunta di alcol
con gradazione tra i 5% ed il 7%. Si tratta di bevande che sono dirette ad un
pubblico giovanile, attratto dalla forma delle bottiglie, dal colore, dal gusto
fruttato della bevanda.
Una delle pratiche che negli ultimi tempi sta avendo una sempre maggiore
diffusione è quella del “botellon”. Si tratta di una pratica che ha le sue origini in
Spagna. Consiste nel bere alcolici da parte di giovani riuniti in piazze, parchi o
strade o altro luogo pubblico prima di entrare nei pub, discoteche, bar. La parola
“botellon” deriva da botella, che in spagnolo significa “bottiglia”. La traduzione
letterale di “botellon” è quindi “grande bottiglia”, “bottiglione”. Il “botellon”
classico è il contenitore da due litri di coca-cola riempito di qualsiasi bevanda
alcolica comprata di pomeriggio. 46
Anche se bere per strada in Spagna è stato sempre permesso, la pratica del
“botellon” ha origini più recenti, a partire dall’inizio degli anni Novanta, diffondendosi via via in modo sempre più consistente. La ragione principale è
probabilmente legata agli aspetti economici, in quanto permette con una spesa
minima di assumere grandi quantità di alcol.
In Trentino la pratica del “botellon” è stata importata di recente, probabilmente
da studenti locali che hanno partecipato a programmi di studio all’estero. Il
“botellon” a Trento è praticato sempre più spesso da giovanissimi (ragazzi tra i
13 e i 16 anni).
Per questa categoria di giovani, corrisponde alla fase preparatoria della serata. Il
“botellon” diventa, così, per gli adolescenti quello che il rituale dell’aperitivo/happy
hour rappresenta per i più grandi. Alle motivazioni economiche per praticare
il “botellon”, si associano in questi casi motivazioni pratiche legate agli aspetti
Talvolta il “botellon” viene praticato anche nelle aule scolastiche. Così, una giovane di 20 anni, racconta
del periodo scolastico alle scuole superiori: “Bevevamo dalla bottiglia in giro per la città... al parco. Molte
volte però bevevamo anche a scuola. Ci portavamo le borracce con la grappa [bianca] presa a casa. La grappa
sembra acqua... E poi la mattina basta un sorso per diventare allegre. Poi quando c’erano le assemblee di
classe o di istituto... lì sì che si può fare la balla [ubriacarsi].”
46
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Capitolo 16
legali. In Italia, infatti, è vietato bere alcolici nei bar a giovani che non abbiano
compiuto 16 anni. Bevendo in strada questo controllo viene a mancare.
Se, come abbiamo detto, si pratica questo rituale dello stare insieme bevendo
normalmente nelle ore serali, non è inusuale vedere gruppi di giovani che si
passano il “botellon” di mano in mano per bere su strada anche di giorno durante
le ore scolastiche.
Non vengono individuate differenze di genere significative legate al bere ed
ai rituali ad esso connessi. Per la maggior parte degli adolescenti il bere viene
considerato un modo normale di stare insieme e di divertirsi. Per gli adolescenti
il bere diventa un vero e proprio rito di passaggio che li accompagna verso l’età
adulta. 47
L’importanza del bere alcolici viene messa in particolare evidenza dal peso che gli adolescenti danno
all’ubriacarsi come tappa fondamentale di questo passaggio. Un’adolescente intervistata mi ha detto: “La
prima balla non si scorda mai...”
Non si scorda non solo, e non tanto, per quanto ci si sente male fisicamente, quanto, piuttosto, perché
viene considerata un passaggio determinante per la crescita. Ciò viene messo ulteriormente in evidenza
dalla cura e dalla meticolosità con cui viene preparata e attesa la prima ubriacatura. Sentiamo, a questo
proposito, le parole di Veronica, 17 anni: “La prima balla di solito si fa ad una festa privata... comunque
a casa di qualcuno che conosci. Non si programma mai in un bar... potrebbe essere pericoloso. Non sai
come ti sentirai, non sai quello che potrà succedere... E poi è anche un problema economico... Io l’ho
preparata così: avevo 14 anni, sapevo che c’era una festa e mi sono messa d’accordo con una mia amica per
dormire a casa sua. […] Ecco questa è un’altra cosa: io e le mie amiche l’abbiamo preparata tutte così...
solo tra ragazze... è un problema di sicurezza. […] Ho scelto quello che dovevo bere... ho scelto la vodka
al limone. […] Non ce l’avrei mai fatta con la birra: ci avrei messo troppo e poi la birra mi fa schifo. […]
Prima mi sono divertita... sparavo cazzate a random [dicevo stupidate senza senso]... poi però sono stata
male tutta la notte.”
47
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Capitolo 17
Le nuove “libertà alcoliche”
Se nella storia la probabilità di accesso alla sfera pubblica da parte femminile
è stata strettamente governata da rigidi meccanismi di controllo sociale, anche
in relazione al consumo di alcolici, non dobbiamo tuttavia concludere che la
dimensione della donna sia stata solo quella di soggetto passivo, totalmente in
balia del potere maschile.
Nella segmentazione dei rapporti di potere le donne esercitavano infatti un
ruolo estremamente attivo per quanto concerneva la gestione della vita familiare e, quindi, anche affettiva, al punto da svolgere un ruolo fondamentale e
assolutamente insostituibile nei meccanismi di riproduzione sociale. Ma era un
ruolo attivo esclusivamente dall’interno, che poco poteva esprimersi sul piano
più allargato della partecipazione sociale e politica alla comunità.
Tuttavia è proprio tramite l’affettività e questa sorta di “imposizione del privato” che le donne costruiscono nel tempo i presupposti per quell’inversione di
tendenza a cui stiamo assistendo ai giorni nostri, dove alla crescita di libertà delle
donne sembra affiancarsi una perdita di sicurezza da parte degli uomini.
Agli inizi dell’epoca moderna la sessualità femminile, soprattutto in seguito
al Concilio di Trento (evento di cui non possiamo ignorare le forti ripercussioni
territoriali), viene assolutamente negata 48, mentre quella maschile è accettata
come non problematica, poiché libera di esprimere i suoi doveri sotto il tetto
coniugale e i suoi piaceri tra le braccia dell’amante o della prostituta. Secondo
questa ennesima “doppia morale” gli uomini hanno la possibilità di sfogare le
loro passioni fuori dal matrimonio e di valorizzare invece moglie, famiglia e
lavoro come fattori di riconoscimento e di rispettabilità sociale.
Dal canto loro le donne, escluse dalla sfera pubblica e dal piacere sessuale, si
ritrovano a dover maneggiare i sentimenti come unici residui di vita sociale e
su questi iniziano a fondare una loro precisa identità che, se da una parte ben si
Il Concilio di Trento infatti afferma il primato assoluto della verginità femminile, promuovendone il
riscontro nella santità monacale, e ridefinisce la situazione coniugale nei suoi aspetti più profondi, operando, soprattutto attraverso la “confessione”, una potente forma di controllo sui comportamenti amorosi
e sessuali al suo interno.
48
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 17
concilia con la subordinazione tra le mura domestiche, dall’altra getta le basi per
una riunione di emozione e ragione all’interno di un progetto biografico preciso.
Ciò significa che nel momento in cui la donna “addomestica, ammorbidisce ed
altera la mascolinità apparentemente intrattabile del suo oggetto d’amore”, 49 essa
si fa prima attrice di un amore che si potrebbe definire “romantico” nel senso
di “romanzo” e quindi di “narrazione”. 50 L’identificazione con l’amato e la sua
idealizzazione prefigura una progettualità, la costruzione razionale di un futuro
insieme che, innanzitutto, si distingue (e si emancipa) da un passato spesso
caratterizzato da un ambiente familiare duro e restrittivo.
Il ruolo di subordinazione femminile viene così trasformato dal pensiero e
dall’azione delle donne in una “occasione” che viene sfruttata per rendere per
la prima volta la vita sentimentale una parte fondante del progetto moderno di
costruzione di sé. Se gli uomini, adagiati sulle norme del pensiero patriarcale
vivono una sfera intima divisa tra piacere fine a se stesso e status sociale, le
donne sembrano svolgere un invece lavoro identitario più completo (sebbene
decisamente più segreto), teso a comprendere la sfera intima quale fulcro centrale
della propria esperienza di vita.
In questo processo si inscrive anche la scoperta, da parte femminile, di un piacere sessuale autonomo, disgiunto dalla riproduzione, raggiunto con la diffusione
di affidabili metodi di contraccezione gestiti dalle donne. Ma tale importante
conquista resta comunque rinchiusa all’interno dei dettami del sistema patriarcale: le donne non possono, come fanno gli uomini, appagare il loro “amour
passion” in un bordello e rispettare al tempo stesso l’onore della famiglia.
Ciò significa che la scoperta della sessualità e della sua forza viene convogliata
laddove le donne esercitano la propria autonomia e cioè nella gestione “privata”
dei sentimenti come parte integrante del proprio progetto di vita.
Il connubio tra sessualità e sentimento diventa dunque un tratto culturale
femminile alla base di una forma di “amore romantico” il quale, distanziandosi
sia dalle pressioni e dalle convenzioni sociali, sia da una passione intesa come
puro istinto, viene rivendicato come principio di affermazione positiva del sé,
nella sua capacità di riunire amore e sessualità, ragione e sentimento, mente e
corpo, privato e pubblico.
Lo slogan “Tremate, tremate le streghe son tornate” che scuoteva la società
italiana (e trentina) negli anni Settanta, rappresenta l’esito di un percorso di
riappropriazione da parte delle donne di ciò che la storia aveva diviso e tenuto
separato a loro scapito: corpo e spirito, pubblico e privato, passato e futuro. Le
“nuove streghe”, trasformando il “privato” in “politico”, mettono in discussione
A. Giddens, Le trasformazioni dell’intimità, Il Mulino, Bologna, 1995, p. 56
Da notare che la passione femminile per la lettura di romanzi, è stata storicamente giudicata come uno
dei segnali precoci di una futura isteria.
49
50
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 17
il ruolo consolidato di subordinazione della donna nella famiglia e nella società,
attraverso un utilizzo della sessualità come strumento per decretare innanzitutto
la definitiva fine del potere patriarcale. Da “negata”, la sessualità si riversa nel
suo contrario, diventando “libertaria”, quale simbolo rivendicativo di riscatto
della condizione femminile.
Ma tale dimensione politica della sessualità rappresenta più un mezzo temporaneo che un fine da perseguire, il quale è rappresentato invece dal percorso di
affermazione sociale che le donne iniziano a costruire riunificando le diverse sfere
di vita in un progetto identitario preciso. L’equilibrio tra sfera intima, privata e
pubblica diventa l’asse fondante della nuova identità di genere femminile alla luce
delle discriminazioni storicamente subite e delle conquiste sociali ottenute.
Tale obiettivo non è affatto facile da raggiungere e sconta le resistenze di un
modello tradizionale maschile restio a democratizzare gli assetti di potere, abile
nel rafforzare abitudini e capace di costruire nuovi ostacoli, costringendo le
donne ad un surplus di sforzi per ottenere risultati concreti e visibili.
Se prendiamo come esempio la partecipazione al mercato del lavoro in Trentino, il tasso di occupazione delle donne pur essendo passato dal 40% degli inizi
degli anni Ottanta al 54,7% del 2006, sconta ancora un notevole gap rispetto a
quello maschile (75,8%). E se nello stesso periodo è quasi raddoppiata la percentuale di donne attive sul mercato del lavoro tra i 30 e i 45 anni, così come quella
di donne con figli che lavorano, rimane ancora attivo il meccanismo per cui il
matrimonio e soprattutto la maternità ne favoriscono invece la fuoriuscita. 51
Si crea in questo modo una discrasia tra le rappresentazioni sociali e le pratiche concrete che di fatto modellano la realtà: la partecipazione femminile al
mercato del lavoro viene lodata e incoraggiata su numerosi fronti, creando anche
elevate aspettative, ma poi contemporaneamente non si creano le opportunità
per soddisfarle e renderle possibili. E questo vale per il mercato del lavoro come
in altre sfere di azione, dalla politica alla vita familiare.
Dal punto di vista del consumo di alcolici, la progressiva, anche se ancora
segmentata, presenza delle donne nella sfera pubblica ha condotto alla diffusione di un’accettazione generalizzata del “bere sociale” femminile, dato il venire
meno di quei moralismi creati per sorreggere un ordine sociale che ormai non
esiste più. A partire dai primi anni Novanta, per la prima volta le donne hanno
iniziato a sperimentare un rapporto con la sostanza alcolica completamente
“Sono circa 250 all’anno le mamme che abbandonano il posto di lavoro entro il primo anno di vita
del bambino. Un campanello d’allarme che conferma le difficoltà che le madri occupate incontrano nel
conciliare la vita familiare con quella lavorativa. Nel 2006 il Servizio lavoro della Provincia ha convalidato
258 dimissioni di lavoratrici madri, di cui 11 presentate durante il periodo di gravidanza”, in R. Boccardi,
“Donne: dopo il parto, addio lavoro”, in L’Adige, 14 Giugno 2007. Si veda anche: Osservatorio del mercato
del lavoro, Donne e lavoro in Provincia di Trento, 2004
51
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Capitolo 17
scevro dagli stereotipi e dai pregiudizi storicamente sedimentatesi. E, vivendo
all’interno di un contesto come quello trentino che, a livello culturale, connota
positivamente l’alcol e il suo utilizzo a diversi livelli di azione, ne hanno in un
certo senso seguito le indicazioni, aumentando i propri consumi rispetto a
quanto avveniva in precedenza.
È interessante cercare di capire quali significati abbia assunto, dal punto di
vista femminile, questa “nuova libertà” di bere, se si sia completamente omologata
al modello di consumo vigente e molto permissivo di tipo maschile, se presenti
invece delle peculiarità proprie, o se risenta ancora comunque di qualche forma
di stigma, percepito o reale.
Di certo c’è che questo nuovo rapporto con le sostanze alcoliche contribuisce
a rendere più complesso il quadro del consumo femminile di alcolici in Trentino,
affiancando all’immagine tradizionale del bere solitario forme e significati nuovi
del bere, in un mosaico di tendenze che mostra di essere in stretta relazione con
le specificità della condizione “post-emancipatoria” attuale delle donne.
Il rapporto con le sostanze alcoliche appare emblematico da questo punto di
vista, poiché rispecchia bene il momento di passaggio che il genere femminile
sta vivendo: l’essere “libere da” le forme tradizionali di controllo sociale, tra
cui lo stigma verso l’eccesso alcolico, si trasforma realmente e concretamente
nell’essere “libere di” autodeterminarsi secondo una propria specificità biologica
e culturale?
Analizzando le modalità attuali di consumo possiamo individuare, a tale proposito, quattro tipi di causalità che affidano all’assunzione alcolica una funzione
specifica ritenuta “potenziante” in relazione alla situazione sociale vissuta dalle
donne trentine:
– l’isolamento sociale;
– la deprivazione relativa;
– il riconoscimento sociale;
– l’affermazione di sé.
L’isolamento sociale riguarda il persistere del ripiegamento delle donne nella
loro sfera tradizionale di azione (il privato, la casa, il lavoro domestico e di cura
dei figli) nonostante i risultati raggiunti, in generale, in termini di opportunità
di azione e di influenza femminile sulla società.
La fatica di assumere più ruoli pone ancora un rischio troppo alto di conflitto
tra gli stessi, proprio per lo scarto tra la realtà concreta e le rappresentazioni che
se ne fanno. È ancora elevato il numero di donne trentine che, laddove possibile,
scelgono di restare a casa o, non appena possono, di abbandonare il lavoro per
dedicarsi a pieno titolo alla cura della sfera domestica.
La funzione del bere assume in tal caso una connotazione sostitutiva nel momento in cui il tradizionale ruolo femminile familiare viene messo in discussione,
358
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Capitolo 17
sia perché isolato in un contesto che invece sempre più richiama la necessità di
relazioni, sia perché sgretolatosi all’improvviso in seguito ad eventi e situazioni
problematiche (si pensi all’elevato tasso di divorzi presente in Trentino).
La scelta di assumere un unico ruolo appare così una sicurezza solo da una
prospettiva interna, dal punto di vista della percezione individuale, ma è sottoposta agli stessi vincoli di incertezza e di flessibilità che condizionano la vita
collettiva; l’esserne in buona parte escluse significa non riuscire ad esercitare
alcun controllo su tali fattori di instabilità e può spingere a ricercare strumenti
vicari utili a “correggere” la propria situazione.
In tale contesto, che ricalca molto la componente tradizionale del bere femminile, lo stigma sociale sembra ancora essere fortemente percepito, riproponendo
la tendenza a dissimulare il più possibile l’eccesso e a bere in solitudine.
La deprivazione relativa riguarda invece lo scarto esistente tra la percezione
di una possibile realizzazione di obiettivi giudicati al tempo stesso desiderabili
e raggiungibili e la loro mancata realizzazione per la presenza di ostacoli indipendenti dalla volontà e dalla capacità individuale.
È il meccanismo che riguarda più da vicino il paradosso del conflitto tra le
spinte trasformative della nuova condizione femminile e le resistenze di un modello sociale di stampo maschile incapace di mettersi in discussione, dove ad una
crescita di opportunità non corrisponde la possibilità di realizzarle appieno.
L’accesso differenziale alle risorse e le aggiuntive difficoltà nel raggiungere
obiettivi e posizioni conducono a messaggi contraddittori per cui bisogna al
contempo “essere” e “non essere” donne, spingendo ulteriormente verso la non
accettazione di sé come adeguate al contesto sociale di riferimento.
In questo caso, il bere può avere una funzione facilitatrice nel momento in cui
vi è una richiesta di performance e di stress superiore alle possibilità individuali,
ma a cui si deve aderire pena l’esclusione dai benefici complessivi, giudicati
fortemente desiderabili, che si vogliono raggiungere. È lampante come il mondo del lavoro, fondato ancora sul modello del “male breadwinner”, sia il primo
a chiedere alle donne di essere solo delle lavoratrici, considerando il ruolo di
madre come alternativo a quello di “donna in carriera”, con l’esito inevitabile di
sacrificarli entrambe. 52
Ma anche nelle relazioni interpersonali cresce il senso di inadeguatezza rispetto
ai modelli, di fatto irraggiungibili in quanto falsi e illusori, proposti dal mercato
e dai mass-media, i cui messaggi suggeriscono un costante rinnovare e adeguare
se stessi come “must” necessario di integrazione nella società. Si tratta di un bere
Ricordo a tale proposito un incontro pubblico svolto a Rovereto con alcuni giovani facenti parte di un
centro di aggregazione giovanile, dove un selezionatore del personale, chiamato in qualità di esperto a
dare alcune informazioni orientative sul mondo del lavoro, portava come esempio positivo il caso di una
donna manager che allattava in ufficio.
52
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Capitolo 17
che avverte ancora il pericolo di essere giudicate in pubblico nel momento in
cui si vuole eccedere, anche se non al punto da assumere un atteggiamento di
segretezza tipico del bere tradizionale.
Avviene infatti nella nuova dimensione del bere sociale (bar, feste, eventi...)
sia da sole, ad esempio prima di una determinata performance, che partecipando a situazioni di consumo condiviso (aperitivo, degustazioni...), dove si
può maggiormente utilizzare il gruppo in maniera protettiva nei confronti del
giudizio esterno.
Il riconoscimento sociale implica il desiderio di appartenenza e di status al
gruppo di riferimento di cui si vuole essere parte, per il quale si mettono in
atto una serie di comportamenti previsti e strutturati che consentono l’accesso
e il mantenimento all’interno del gruppo stesso. Rappresenta una risposta più
netta e meno frustrante, ma sicuramente più omologante, al meccanismo prima
descritto della deprivazione relativa.
Se nella tipologia prima descritta il conflitto è fortemente sentito e riconosciuto, ma difficile da affrontare in quanto paradossale, qui l’incertezza viene
risolta conformandosi alla pressione sociale in cambio di una stabilità riconosciuta, adottando, ad esempio, stili di azione tipicamente maschili basati sulla
competizione e sull’efficienza. 53
Il bere diventa un bere per conformarsi, che corrisponde essenzialmente ad
una maschilizzazione del consumo di alcolici, ovvero all’utilizzo di strategie,
modalità e bevande che gli uomini già da tempo praticano e ai quali le donne si
adeguano alla luce della recente accettazione del loro “bere sociale”.
È un fenomeno che si osserva in particolare tra le adolescenti le quali, pur
avendo la possibilità di costruire un rapporto nuovo con le sostanze alcoliche,
non mostrano alcuna peculiarità nel consumo, adeguandosi alla media e alle
richieste tradizionali del gruppo e valorizzando l’ubriacarsi quale principale
fonte di approvazione generale e standardizzata. Ciò indica anche l’assenza di
qualsiasi forma di condanna sociale percepita nei confronti del bere femminile,
essendo piuttosto visto, invece, come azione di valore.
L’affermazione di sé, infine, si traduce nell’utilizzo delle specificità femminili
come distintive di una ricerca e di una creazione di sé da parte delle donne
quali soggetti attivi nella società, sulla base di una progettualità biografica che
vuole conciliare in maniera sinergica i diversi ruoli assunti senza rinunciare ad
ognuno di esso.
Questo avviene nel definirsi innanzitutto come “donne”, rivendicando la
propria essenza non tanto in senso difensivo e separatista, ma come modo peculiare di affrontare il mondo conciliando libertà e responsabilità. L’affermazione
53
M. Terragni, La scomparsa delle donne, Mondadori, Milano, 2007
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Capitolo 17
di sé riguarda così la ricerca di un equilibrio consapevole tra le sfere di azione
femminile all’interno della società, tra intimo, privato e pubblico.
Il bere, in questo caso, assume un valore di separazione e di individuazione di
sé, come possibilità di utilizzo strategico del proprio corpo, finalizzata al piacere
e al divertimento, ma con l’attenzione a non compromettere le interdipendenze
che caratterizzano la propria progettualità biografica. Il consumo e anche l’eccesso
di alcolici sono circoscritti attraverso situazioni e modalità precise che li subordinano alle priorità individuali, come l’amore, la famiglia, la scuola, il lavoro.
Il bere assume una valenza relazionale che orienta l’immagine di sé in rapporto
agli altri, facilitando i rapporti e le appartenenze secondo rituali precisi, entrando
direttamente nella produzione delle identità individuali e collettive. La bevanda
alcolica assume in questo caso valore di artefatto culturale, di significante che
viene utilizzato razionalmente in funzione della proprio desiderio di esprimersi
e di essere riconosciute in quanto differenti, aldilà di qualsiasi pregiudizio legato
al bere femminile come stigmatizzabile.
Come si può osservare un primo effetto delle “nuove libertà” che abbiamo visto
entrare in gioco rispetto al consumo di alcolici è la ricerca dell’eccesso che ormai
accomuna maschi e femmine, soprattutto tra i giovani e i giovani adulti.
Ciò è dovuto al contesto culturale di approvazione e di permissività nei confronti del consumo di alcolici presente nel nostro territorio: nel momento in
cui infatti anche le donne possono bere senza essere più socialmente sanzionate,
seguono lo schema interpretativo dominante che incoraggia l’assunzione.
Questo porta a fenomeni di maschilizzazione del bere, come abbiamo sottolineato, che assimilano acriticamente la cultura alcolica e che, a ragione della
peculiarità dell’organismo biologico femminile in rapporto all’assunzione di
alcol, si fanno particolarmente problematici. 54
Ma sembra emergere anche un modello di consumo peculiare femminile che,
pur essendo influenzato dalla forza contestuale alcolica, ne negozia in qualche
modo i parametri, sottoponendola ad un esame critico ed impedendo, da un
lato, che vada ad inficiare le interdipendenze poste alla base del proprio progetto
biografico, e sfruttandola, dall’altro alto, in maniera strategica per accedere al
divertimento e alla relazionalità.
Seguendo la distinzione di Brain possiamo parlare di un “consumo sciolto”
nel primo caso, caratterizzato da un basso controllo sulla sostanza e da un bere
valorizzato come “fine”, in quanto ritenuto esperienza primaria (e probabilmente
unica) di espressione e socialità, e di un consumo “finalizzato” nel secondo caso,
Le donne hanno minore quantità di acqua in corpo rispetto agli uomini e l’alcol, distribuendosi nei
fluidi, raggiunge una concentrazione più elevata nel corpo femminile rispetto a quello maschile a parità di
consumo. Inoltre le donne hanno una diversa dotazione enzimatica che fa metabolizzare l’alcol in maniera
più lenta rispetto a quanto avviene negli uomini.
54
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caratterizzato da un alto controllo sulla sostanza a da un bere utilizzato invece
come “mezzo”, in quanto esperienza potenziante di un’espressività e di una
socialità già formatasi e già in atto. 55
Sebbene entrambe queste modalità valorizzino l’eccesso alcolico come presenza
ormai data per scontata rispetto ai rituali del divertimento giovanile è opportuno
anche operare una distinzione in termini di “alternative funzionali” al bere: laddove queste esistono, infatti, l’eccesso, anche se legittimato, appare comunque
negoziato e subordinato rispetto ad altre priorità biografiche, e sembra fungere
più da catalizzatore di esperienze e di emozioni che da sostitutivo delle stesse.
Da questo punto di vista le giovani donne sembrano essere più responsabili
(e responsabilizzabili) rispetto ai coetanei maschi, nel loro tentativo di tenere
sotto controllo tutte le variabili che possono concorrere a migliorare e a realizzare i propri progetti e i propri sogni, utilizzando razionalmente l’alcol anche
a questi fini.
Questo ci permette di individuare due versanti integrati di azione su cui diventa importante puntare per strutturare delle strategie efficaci di prevenzione
dei problemi alcolcorrelati: la messa in discussione del contesto permissivo del
consumo di alcol presente nel territorio trentino e la parallela costruzione di
valide alternative funzionali, in grado di fornire adeguate risposte di senso e
di partecipazione alle esigenze giovanili e di impedire, in questo modo, che il
consumo diventi il principale mezzo di accesso al riconoscimento sociale.
K.J. Brain, “Youth, Alcohol and the emergence of the post-modern alcohol order”, in http://www.ias.
org.uk, Institute of Alcohol Studies, Londra
55
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Capitolo 18
Conclusioni
La trasformazione generale che caratterizza il consumo di alcolici negli ultimi
venti anni, che vede corrispondere alla progressiva diminuzione delle quantità
complessive di alcol assunte una concentrazione delle occasioni di bere, ha trovato in Trentino un terreno fertile di sperimentazione.
Sul nostro territorio si è passati da un “eccesso di abitudine”, tipico di un
contesto tradizionale contadino dove l’alcol “accompagnava” costantemente la
vita quotidiana nelle sue funzioni primarie di sopravvivenza, ad un’“abitudine
dell’eccesso”, caratteristica invece di una socialità postindustriale che, attraverso il
consumo, cerca di riequilibrare in poco tempo e attraverso modalità predefinite
gli stress dell’esperienza contemporanea.
Questo passaggio avviene rapidamente nel momento in cui la transigenza e
la permissività generali nei confronti delle sostanze alcoliche si coniugano con
una situazione dove il riconoscimento sociale della propria individualità passa
sempre più attraverso medium predefiniti di consumo, quale principale occasione
di produzione e di gestione delle informazioni relative al sé. L’alcol diventa così
l’artefatto individuato come dominante dalla cultura territoriale di riferimento
che viene utilizzato per orientare le relazioni sociali nel momento in cui queste
sembrano non bastare a se stesse.
Ad una forza contestuale radicata che, nell’incoraggiare il consumo di alcol,
incrocia diversi interessi difficili da ostacolare, non si contrappone una forza implicativa in grado di proporre valori diversi, alternative funzionali, nuove forme
di partecipazione in grado di innovare la cultura dominante. L’alcol rimane così
la via prescelta per la relazione in mancanza di altre occasioni di senso, rappresentando spesso una via privilegiata di accesso al riconoscimento sociale, in un
sistema dove gli altri tentativi o falliscono o non esistono proprio:
“due incidenti, con altrettante persone denunciate per guida in stato di ebbrezza dai
carabinieri del radiomobile di Trento. Il primo è successo giovedì sera a Mezzocorona,
in via del Teroldego.” 56
56
L’Adige, 14 Ottobre 2006
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Capitolo 18
“Al mitico marco del f.. senza di te a trento c sarebbe il NULLA!! L’happy hour del f.
è IL MEGLIO che c possa essere! La cultura scorre a litri..GRAZIE A TE!” 57
“A Rovereto non ci sono spazi alternativi al bar, non ci sono sale da concerti per gruppi
giovani, logico che i ragazzi bevano, che si fa se non c’è altro di meglio da fare?” 58
Se la prima testimonianza delle tre rende evidente come il contesto influenzi
decisamente le abitudini alcoliche del territorio, le altre due, riferite tra l’altro alle
due principali città trentine, testimoniano la mancanza di alternative in grado di
contrastare l’identificazione dell’alcol come strumento privilegiato di relazione
e di divertimento, al punto che il gestore di un bar (che però non organizza né
eventi musicali, né culturali) viene percepito come il più importante animatore
culturale di una città. Questo mostra come la dimensione culturale rappresenti
una condizione necessaria, ma non sufficiente per spiegare quella “abitudine
all’eccesso” prima descritta, e come diventi decisivo comprendere anche quali
significati sono in atto, quali funzioni sociali vengono affidate all’alcol. Ed è su
queste due direttrici che occorre lavorare contemporaneamente per impostare
un lavoro integrato di prevenzione e di promozione.
Per quanto riguarda le donne, abbiamo visto come il progressivo venire meno
dello stigma relativo al bere “pubblico” femminile, abbia per la prima volta creato
un contesto di uguale opportunità di accesso alle sostanze alcoliche, il quale è
stato declinato seguendo la tendenza di valorizzazione del bere tipica del territorio trentino. Si è assistito quindi un netto aumento dei consumi e anche degli
eccessi da parte femminile, nel complesso sempre inferiore ai livelli maschili, che
però assume modalità e significati differenti a seconda delle diverse dinamiche
di relazione individuali e sociali vissute dalle donne.
Il principale cambiamento che si nota, da questo punto di vista, sta nel fatto
che il bere femminile, da stigma sociale, diventa “risorsa relazionale”. Alla consueta funzione socializzante e aggregativa del consumo di alcolici si affianca un
valore di individuazione che si manifesta attraverso tempi, luoghi, modalità del
bere specifici a seconda del gruppo di riferimento a cui si appartiene o si vuole
appartenere.
C’è una funzione distintiva affidata al consumo che orienta la propria immagine in società, il proprio modo di voler essere nei confronti degli altri, come
se la bevanda fosse una griffe che determina l’accesso o meno ad un contesto
reputato come desiderabile e la separazione da un altro ritenuto invece non auspicabile. Ciò porta a legittimare l’eccesso come mezzo di una relazionalità che,
SMS mandato all’SMS Corner de “La metropolitana di phosphoro.com”, Aprile 2007, pubblicazione
destinata agli studenti universitari trentini. Il F. è il bar dove a Trento si svolge, ogni martedì, uno dei
principali happy hour universitari, con birra piccola e spritz venduti ad 1 Euro.
58
Messaggio presente sul forum degli studenti di Rovereto riportato da L’Adige, 6 Maggio 2007
57
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Capitolo 18
esprimendosi prevalentemente attraverso le dinamiche di consumo, identifica
nell’alcol, quale principale veicolo di senso messo a disposizione dall’ambiente
di riferimento, uno strumento legittimato di riconoscimento interno e di differenziazione esterna della propria identità.
“L’abitudine dell’eccesso” svolge una funzione di comunicazione tra gli individui che altre forme di aggregazione non riescono più a creare, affidando alla
sostanza alcolica un valore di prolungamento del proprio corpo, sia emozionale
che estetico.
Questa tendenza è governata in maniera ambivalente dai giovani contemporanei. Da un lato viene declinata “passivamente”, come unico meccanismo di
divertimento e di relazionalità che si ritiene il contesto offra come possibile e a
cui si aderisce acriticamente, con l’illusione di una socialità immediata, tanto
semplice da raggiungere quanto difficile da mantenere. Dall’altro si osserva una
gestione “attiva” dell’eccesso, che viene ricercato razionalmente e strategicamente
quasi come diritto al divertimento, con modalità di azione precise e pianificate
che utilizzano il corpo come fonte di piacere in una sorta di “decontrollo controllato” delle emozioni, nella convinzione che lo sballo rappresenti una condizione
sempre reversibile dell’essere.
Se nel primo caso si assiste ad uno stile di vita che finisce per affidare all'alcol
una funzione primaria di senso, nel secondo l’assunzione, anche se eccessiva,
è una delle funzioni che compongono l’universo del divertimento e della relazionalità giovanile, e viene in qualche modo delimitata proprio perché non
vada ad intaccare le altre. È opportuno fare questa distinzione non tanto perché
la seconda modalità sia meno pericolosa della prima, e quindi maggiormente
auspicabile, ma per sottolineare che esiste un substrato di significati sociali che
segnano e condizionano fortemente le modalità di accesso all’alcol.
È certo opportuno insistere sul potere della cultura di un contesto alcolpermissivo come quello trentino e anche sui rischi connessi alla nocività della
sostanza, ma occorre aggiungere anche la possibilità di costruire orizzonti di
senso alternativi che creino nuovi strumenti in grado di rispondere in maniera
efficace ai bisogni espressi.
Laddove infatti esistono senso, partecipazione e progettualità la centralità
dell’alcol viene meno e il suo potere viene negoziato attraverso una capacità di
scelta che tiene fortemente conto delle priorità e dei desideri individuali. Laddove
invece questi sono deboli, centrati prevalentemente sui meccanismi del mercato
e del consumo, l’alcol trova campo libero per qualificarsi a tutti gli effetti come
mezzo accattivante di espressione e di socializzazione.
Da questo punto di vista le donne, sia per le specificità biologiche che per la
storia culturale che contraddistingue il loro rapporto con le sostanze alcoliche,
possono rappresentare un soggetto maggiormente attivabile nella creazione
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Capitolo 18
di uno stile di consumo responsabile, anche nell’agire in termini di influenza
rispetto alle abitudini maschili, che invece risentono di atteggiamenti culturali
maggiormente sedimentati. La sfida di unificare, nel definirsi come donna, i
diversi ruoli che attivamente si ricoprono, le diverse sfere di azione, tra intimo,
pubblico e privato, comporta un senso di progettualità complessivo portato
avanti da una soggettività “attiva” in grado di costruire un proprio equilibrio
scegliendo tra diverse priorità.
Per quanto la “nuova libertà” femminile di accesso al consumo di alcolici possa
spaventare, avendo praticamente cancellato quella funzione protettiva che lo
stigma sociale in qualche modo assicurava, è opportuno sottolineare che si tratta
di una libertà di scelta, ed è su questa “scelta” che è opportuno insistere affinché
la “protezione”, da esterna e imposta, diventi interna e costruita, attraverso la
responsabilizzazione di sé nell’autonomia delle proprie azioni.
Diventa allora importante invertire la rotta e attivare azioni che dal consumo arrivino a sottolineare questa capacità di scelta, invece di partire da giudizi
aprioristici e valutativi di condanna rispetto a un generico “sballo” alcolico che
viziano e rendono di fatto inefficace qualsiasi intervento che li presuppone.
Abbiamo visto infatti come le differenti modalità di consumo siano in stretta
relazione con i significati sociali che vengono attribuiti all’assunzione di sostanze
alcoliche. Oltre a sottolineare il rischio dell’eccesso legato alla pericolosità della
sostanza in sé, è opportuno lavorare anche sui meccanismi di riconoscimento
sociale, affinché siano più inclusivi e meno “estetici”, e sulla creazione di “alternative funzionali” concrete in grado di sostituire il ricorso all’alcol come fonte
principale di espressione proposta dalla cultura dominante di un territorio che,
da questo punto di vista, appare come ricco di strutture, ma spesso povero di
idee. Il problema del consumo eccessivo di alcol, soprattutto a livello giovanile,
è un problema complesso che richiede un’integrazione delle politiche sanitarie,
produttive, sociali e culturali e non può essere affrontato parzialmente da ciascun
ambito, pena il rischio di generare interventi contraddittori ed inefficaci. Laddove
le politiche sono ambigue, le progettualità non possono che fallire.
Servono allora azioni “contestuali” in grado di contrastare l’associazione automatica tra alcol e socialità tipica del nostro territorio, agendo in maniera complessiva sulla produzione e sulla distribuzione di alcolici, in modo da sottoporle
alla responsabilità di indicare il possibile rischio connesso all’abuso di sostanze
alcoliche; servono parallelamente, ed in maniera integrata, azioni di promozione
sociale e culturale che offrano opportunità innovative di riconoscimento e di
senso in grado di rispondere a quelle richieste di socialità che escono dall’analisi
dei consumi. In tal modo, più si ampliano le occasioni di senso, meno il senso
si affida all’alcol.
La riflessività giovanile, la capacità di mettersi in discussione a partire dall’analisi e dal racconto della propria esperienza di vita in relazione al consumo
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Capitolo 18
di alcolici, è la risorsa da valorizzare per dare centralità alla persona e permetterle di avviare una scelta di responsabilizzazione dei propri comportamenti.
La consapevolezza della scelta da questo punto di vista è il primo obiettivo
da raggiungere, intesa come capacità e come possibilità di differenziarsi, in
maniera assertiva, rispetto alle abitudini e alle pressioni “alcoliche” dei contesti
dominanti di riferimento. Ed è fondamentale che questo differenziarsi non sia
vissuto in maniera negativa, solo in termini di “resistenza”, ma sia invece foriero
di una progettualità innovativa e costruttiva di cui il soggetto si sente padrone
e pioniere allo stesso tempo.
In tale prospettiva, la nuova libertà femminile, costituendosi proprio come
libertà di scelta rispetto ai vincoli del passato, rappresenta un potenziale veicolo
di cambiamento in funzione di una concezione attiva e globale di “stile di vita”
in grado di comprendere corpo e pensiero allo stesso tempo.
In una situazione in cui l’universo giovanile si contraddistingue per un’idea
debole e reversibile di futuro, per la quale ogni messaggio in prospettiva appare
quasi come insensato, l’esperienza femminile può rappresentare una controtendenza in grado di influenzare, proprio per il suo carattere progettuale e positivo,
le nuove dinamiche di genere.
Diventa opportuno quindi tenere conto, nelle azioni di prevenzione rispetto
ai problemi alcolcorrelati, delle specificità biologiche e culturali di cui le donne
sono portatrici, trattandole come target specifico di sensibilizzazione; ma è ancora più opportuno centrare su di esse, con una funzione di volano anche per
il genere maschile, un’azione di promozione attiva della salute intesa in senso
complessivo come “vita”, come insieme di corpo e mente, di benessere e di
relazioni, di desideri e di opportunità.
Passare da “salute” a “vita” significa infatti ragionare in un senso maggiormente sistemico, ponendo forte accento sul desiderio di mettere in relazione
le diverse esperienze vissute in una dimensione progettuale unica e autonoma,
in una prospettiva di affermazione di sé di cui le donne, oggi, sembrano essere
portatrici d’avanguardia.
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 5
Il progetto “Autonomia & Autorealizzazione”
della Cooperativa Sociale Samuele di Trento
Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
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Appendice 5
La Cooperativa Sociale Samuele decise, nel 2001, di partecipare al bando della
Provincia Autonoma di Trento per progettare un intervento, nell’ottica della
prevenzione e del reinserimento sociale e lavorativo, di persone dedite all’abuso
di sostanze, incluso l’alcol.
Questa fu l’occasione per avviare all’interno una riflessione su un fenomeno
che ci parve presente nel territorio trentino, ma in qualche modo non analizzato,
quasi sottaciuto. L’esperienza del quotidiano lavoro fianco a fianco con donne in
situazione di difficoltà – dalle relazioni familiari e sociali, alla malattia psichiatrica riconosciuta – ci portò a riconoscere la presenza di problemi legati all’abuso
dell’alcol da parte delle donne, vedendo da subito in questo un approccio ed una
gestione della dipendenza differenti rispetto al manifestarsi dello stesso problema
nella popolazione maschile.
Il primo dato sconcertante fu... la mancanza di dati. Non trovammo nelle fonti
disponibili dati disaggregati per donne e uomini.
Altra riflessione fu la percezione di un progressivo abbassarsi dell’età nelle
giovani donne con problemi di dipendenza dall’alcool. Più ci interrogavamo su
questo argomento e più vedevamo come la mancanza di dati rispecchiava la poca
considerazione nei confronti delle implicazioni dello stesso.
Sintetica descrizione del progetto:
Il progetto parte da una breve fase preparatoria di rilevazione del bisogno e di
identificazione delle strategie con gli altri organismi interessati.
Si prevedono anche attività di pubblicizzazione dell’intervento e di sensibilizzazione nei confronti delle problematiche relative all’alcolismo delle donne ed
alla prevenzione e cura del fenomeno in relazione al danno in termini di salute e
di disagio sociale.
Operativamente il progetto propone percorsi individualizzati per il reinserimento in diversi settori: artigianato artistico, servizi commerciali e turistici, servizi
informatici e di pulizia.
La scelta del tipo di percorso individualizzato più adatto avvenne sulla base di un
primo periodo di osservazione mirata, sentite le aspettative e valutate le possibilità
effettive, confrontandosi in rete con tutti i soggetti utilmente coinvolgibili per la
buona riuscita del percorso proposto.
Alle donne inserite nell’azione venne offerta la possibilità di frequentare le
strutture della Cooperativa Samuele, partecipando alle attività di laboratorio che
ivi si svolgono, affiancate da un operatore che le aiutò a sviluppare, al di là delle
abilità meramente manuali, capacità personali riferite all’area della socializzazione
attraverso la costante verifica dei risultati raggiunti.
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Provincia Autonoma di Trento - Strumenti per la Formazione n. 8
Appendice 5
L’attività progettuale si sviluppò attraverso azioni di tutoring ed accompagnamento nel mondo del lavoro, nonché attraverso l’alternanza, per lo stesso soggetto, di
periodi di sperimentazione esterna con periodi di rientro nella struttura e/o attività
di sostegno all’attività lavorativa/occupazionale esterna con momenti di socializzazione e sviluppo della creatività. A questo proposito la struttura dei bar analcolici di
Samuele con libreria, ampia scelta di giochi e possibilità di animazione e proposte,
inserito in un ambiente frequentato anche da altre realtà del sociale, risultò essere un
punto di ritrovo e di riferimento, con la costante presenza di operatori specializzati.
Punto di partenza indispensabile alla realizzazione del progetto fu la relazione
con il Servizio Alcologia dell’Azienda Sanitaria nonché con i Club territoriali degli
Alcolisti in trattamento (già contattati in fase di progettazione).
Le persone segnalate per il progetto furono 5. Il contatto avvenne attraverso il
Servizio socio-sanitario territoriale, in particolare il Servizio Alcologia, i Club per
gli alcolisti in trattamento e gli organismi del privato sociale.
Per una di esse fu seguito uno specifico percorso di risocializzazione che portò
all’inserimento lavorativo, ad un continuo lavoro di rete con i Servizi Sociali e il
Servizio Adulti, ad una facilitazione anche a livello di problematiche famigliari.
Per le altre segnalazioni, furono fatti colloqui di orientamento, incontri di rete,
offerta di attività di socializzazione, accompagnamento nella ricerca del lavoro,
offerta di formazione professionale con altro apposito finanziamento.
Queste azioni rientrano nell’azione di recupero e di prevenzione rispetto alle
ricadute, nonché di analisi del fenomeno.
Il progetto, iniziato con l’immediato distacco di un operatore dipendente
per la partecipazione all’attività formativa organizzata dal Servizio Alcologia,
vide una breve fase preparatoria di rilevazione del bisogno e di identificazione
delle strategie con gli altri organismi interessati. Anche attraverso la settimana di
formazione intensiva si iniziò una presa di contatto con altre realtà e soprattutto
la condivisione della metodologia di approccio alla problematica dell’abuso di
sostanze alcoliche.
Si è anche provveduto a pubblicizzare l’intervento, attraverso una lettera di
presentazione del progetto agli enti interessati alla problematica ed un invito agli
stessi ad esprimere la loro volontà di collaborare.
Nella prima fase di attività sono state molte le ore dedicate dal personale impegnato per la condivisione della progettazione, i contatti con il territorio, le attività di
scambio con le altre associazioni ed Enti che hanno sottoscritto l’interesse al progetto.
Altra attività che ha impegnato a lungo gli operatori fu lo studio e l’analisi di
analoghi progetti e la valutazione delle attività proponibili.
Si è così arrivati a distinguere la programmazione di due differenti ambiti di
intervento: l’intervento a rete fra i servizi con le attività di confronto e la progettazione e realizzazione di attività comuni.
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Appendice 5
La scelta del tipo di percorso individualizzato più adatto è avvenuta sulla base
di un primo periodo di osservazione mirata, sentite le aspettative e valutate le possibilità effettive, confrontandosi in rete con tutti i soggetti utilmente coinvolgibili
per la buona riuscita del percorso proposto.
Le persone segnalate sono tutte donne di età compresa fra i 35 e i 60 anni, con
situazione affettiva di coppia compromessa (tre su cinque separate), con difficoltà
ad ammettere il permanere della dipendenza dall’alcol, con uso di psicofarmaci.
Dal raccordo con la Comunità di accoglienza di Villa S.Ignazio (a Trento, nella
stessa sede della Cooperativa Samuele) si è potuto rilevare il dato che, nel corso
di questi tre anni sono stati attuati interventi residenziali nei confronti di almeno
altrettante donne con caratteristiche similari.
Una donna ha iniziato il suo percorso di risocializzazione e borsa lavoro presso il
punto vendita e laboratorio bomboniere in quanto a lei più accessibile e mediante
il quale riesce a coniugare caratteristiche più propriamente femminili (manualità
fine, gusto artistico e creativo) con le esigenze di re-immissione nel mercato del
lavoro.
L’ intervento è individualizzato e tiene in considerazione il contesto più allargato
in cui è inserita.
L’ intervento viene attuato in raccordo con i servizi sociali e il servizio alcologia.
Nel corso del 2004 la stessa è stata inserita nel mondo del lavoro con accompagnamento, orientamento e tutoring culminati con l’assunzione.
L’altra persona, dopo la fase di orientamento, ha partecipato al progetto per
le attività di socializzazione e monitoraggio nell’inserimento al lavoro, avvenuto
anche qui nel corso del 2004.
Un’altra donna venne inserita in un percorso formativo e seguita da questo
progetto per la socializzazione ed il supporto.
Le attività previste dal progetto hanno affrontato in itinere la fase di verifica e
di diffusione, con l’avvio della ricerca sociologica sul campo, per la rilevazione del
fenomeno in termini qualitativi e soprattutto di impatto sociale e, attraverso la rete
di collaborazioni ed il coinvolgimento di attori privilegiati, l’avvio di una iniziativa a carattere cittadino per la diffusione della prevenzione dell’abuso di alcolici,
attraverso un bar bianco che propone iniziative culturali e di socializzazione, di
formazione e di attenzione alle tematiche in argomento.
Le donne coinvolte nel progetto hanno acquisito e/o migliorato le loro capacità in termini di competenze e di abilità sociali, spendibili anche nel mondo del
lavoro.
La valutazione del progetto ha verificato i risultati-traguardo raggiunti dai
singoli percorsi personalizzati, sulla base di indicatori costruiti prima dell’inizio
dell’attività. I singoli risultati sono comunque rapportati agli obiettivi progettuali
generali e di risorse, strumenti e mezzi utilizzati.
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Appendice 5
I progetti individualizzati hanno visto fasi alterne e grosse difficoltà, per
le persone coinvolte, a vivere nuove opportunità abbandonando stili di vita
e dipendenza. In un caso in particolare la salute è risultata essere fatalmente
compromessa e ha quindi impedito un reinserimento lavorativo.
La valutazione in itinere è stata continua ed è servita a far apprendere dall’esperienza diretta.
L’autovalutazione settimanale è uno strumento costante di verifica in cui il
soggetto viene aiutato a ripercorrere le tappe della propria esperienza lavorativa,
evidenziando il miglioramento delle competenze e i limiti riscontrati. Serve
inoltre a definire e ridefinire ruoli, mansioni e rapporti interni al contesto sociale
e di lavoro.
Questa modalità è stata attuata in maniera parziale in quanto i soggetti in
fase di reinserimento sociale hanno necessitato di tempi più lunghi fra una fase
di verifica e l’altra.
La valutazione finale ha riguardato i risultati raggiunti, i dati statistici riferiti
a frequenza, corrispondenza dell’intervento rispetto agli obiettivi fissati, analisi
degli scostamenti, analisi costi/benefici, riproducibilità dell’intervento o di parte
di esso, creazione di modelli e/o buone prassi.
Gli strumenti adottati sono stati:
− il progetto generale con i suoi tempi ed azioni: lo svolgimento è stato regolare rispetto alle previsioni;
− i progetto individualizzati: sono stati 5 e hanno subito diversi aggiustamenti
in itinere;
− il “contratto” di adesione al progetto da parte della partecipante;
− le riunioni di verifica: settimanali con l’equipe interna, a cadenza trimestrali
con la rete dei servizi;
− le griglie di valutazione ed autovalutazione, che esprimono in forma numerica (da 1 a 4) la vicinanza agli obiettivi individuati come significativi
per il periodo, compilate dai tutors;
− test a campione per valutare nel territorio le problematiche alcolcorrelate
riferite alle donne ed al lavoro e il loro riconoscimento: analisi di dati,
contatti con il servizio alcologia, testi specialistici;
− interviste in profondità: 35;
− osservazione partecipata: 120 ore di osservazione;
− il monitoraggio del grado di soddisfazione dei partecipanti a vario titolo
(operatori/utenti): colloqui individualizzati, intervista, riunione d’equipe,
analisi dei risultati.
Il progetto si è di fatto sviluppato su tre filoni principali:
1.inserimenti socio occupazionali;
2.rilevazione del fenomeno e delle sue implicazioni sociali;
3.sviluppo di attività aggregative senza alcol.
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La verifica delle attività ha evidenziato che:
1.le persone in inserimento socio occupazionale hanno dimostrato particolari
resistenze e difficoltà nello sviluppo del progetto individualizzato: a fronte di
una piena adesione si sono comunque verificate grosse difficoltà nell’entrare
stabilmente in ritmi lavorativi e, per un soggetto, non è stata superata la
dipendenza dall’alcol;
2.la ricerca condotta sul campo, di tipo qualitativo, ha evidenziato aspetti del
fenomeno di interesse tale da sostenere la pubblicazione della stessa;
3.nelle molteplici attività aggregative proposte dalla Cooperativa sono state
coinvolte le persone oggetto dell’azione progettuale, attraverso i due bar
della Cooperativa ed in particolar modo, nell’ultimo anno di attività, con
innumerevoli iniziative presso il Barycentro e con la costante proposta di
buffet e incontri conviviali no alcol.
Nei confronti del territorio, il progetto è stato occasione per riflettere sui problemi alcolcorrelati delle donne e sulla cultura mediata dai mezzi di comunicazione. In particolare sono stati curati rapporti con i gruppi A.M.A. (Auto Mutuo
Aiuto) di Trento rispetto a queste problematiche, formando due operatori della
Cooperativa con la frequenza della settimana di formazione del Servizio Alcologia.
Si è poi favorita la condivisione delle problematiche di intervento e prevenzione
attraverso giornate formative e di scambio con altri operatori impegnati nella
cura e riabilitazione di persone con problemi di alcolismo, analizzando anche le
modalità di comunicazione e di approccio per lo sviluppo di una cultura della
salute che escluda l’abuso di alcol.
Si è curato il raccordo con altre realtà assegnatarie di analoghi progetti, attraverso
uno scambio sulle esperienze in atto, una ricerca di materiale e la visita ad alcuni
luoghi significativi. In particolare si è valorizzato il messaggio del bar bianco e si
sono create occasioni di festa senza alcol promuovendo il messaggio del divertimento possibile senza abusi.
Nel lavoro di rete, è stata posta particolare cura nel ricercare modelli di intervento
ripetibili che coinvolgano gli attori delle politiche sociali e sanitarie sul territorio,
favorendo la strutturazione di collaborazioni per obiettivi.
Al fine di offrire l’opportunità di riflettere sui problemi alcolcorrelati delle donne
e sulla cultura mediata dai mezzi di comunicazione, è stata effettuata una ricerca
sul campo i cui risultati sono contenuti in questa pubblicazione.
Nel lavoro di rete, si è potuto constatare come l’approccio a queste problematiche
sia complesso e coinvolga molti attori non sempre in contatto fra loro. L’opportunità di mettere in atto modelli di intervento ripetibili che coinvolgano gli attori
delle politiche sociali sul territorio, favorendo la strutturazione di collaborazioni
per obiettivi, pare quindi di particolare rilievo. Centrale è la regia del Servizio
Alcologia e dei club di Auto Mutuo Aiuto.
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Gli Autori
Christian Arnoldi: Sociologo e Dottore di Ricerca.
Charlie Barnao: Ricercatore di Sociologia generale, Facoltà di Medicina e
Chirurgia, Università Magna Græcia di Catanzaro.
Silvia Casari: Psicologa, Master in “Genitorialità: interventi preventivi, diagnostici e psicoterapeutici”, Università degli Studi di Padova.
Vittorio Curzel: Direttore Ufficio informazione e comunicazione per la salute,
Provincia Autonoma di Trento.
Graziella Fava Vizziello: Professore Straordinario, Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione, Facoltà di Psicologia, Università
degli Studi di Padova
Marco Rosi: Sociologo.
Alessandra Simonelli: Ricercatore, Dipartimento di Psicologia, Facoltà di
Psicologia, Università degli Studi di Bologna.
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