VIAGGI | Iran
Quante cose
non abbiamo raccontato di te.
Arrivederci Iran.
Da un IRAN IN LIBERTA’ gruppo Sonzogni
di Monica Weisz e Lucia Sonzogni
Foto di Lucia Sonzogni
T
Teheran: il primo impatto con il velo e l’onda verde
56 - Avventure nel mondo 2 | 2012
eheran: il primo impatto con il velo e
l’onda verde
“Proprio in Iran dovevi andare? È un paese
pericoloso! Hanno la bomba atomica! Ma sai
come trattano le donne? E se poi ti rapiscono?”.
All’incontro all’aeroporto di Roma ci scopriamo
accomunati dall’essere considerati un po’ pazzi da
parenti ed amici che hanno tentato di scoraggiarci
dall’intraprendere questa avventura persiana.
La particolarità dell’Iran si annuncia fin dalle prime
battute del nostro viaggio. Il breve volo notturno
Roma - Teheran non è diretto, ma prevede uno
scalo ad Ankara. Nell’aprile 2011 il presidente
Ahmadinejad ha ordinato il blocco del rifornimento
di carburante agli aerei europei, in rappresaglia a
una misura simile che ha colpito gli apparecchi
iraniani in Europa. Scesi alla spicciolata dall’aereo
abbiamo qualche esitazione nel riconoscerci,
il gruppo appare mutato: criniere bionde e
corvine, caschetti castani e riccioli rossi sono
scomparsi sotto foulard di tutti i colori. Avvolti
sul capo dapprima in maniera maldestra e col
passare dei giorni in modo sempre più composto,
caratterizzeranno il nostro viaggio facendoci
scordare del tutto le capigliature viste nelle prime
ore della nostra conoscenza. Oltre a capo e collo
coperto per le donne, turiste comprese, lunghi
camicioni a coprire le forme. Nelle moschee
l’abbigliamento dovrà essere ancora più casto:
indosseremo gli chador, lunghi drappi colorati con
diverse fantasie e rigorosamente sintetici distribuiti
all’entrata alle donne che ne siano sprovviste.
Familiarizzare con il velo non è stato per tutte
ugualmente facile e ha rappresentato un leit-motiv
del viaggio: Sandra ha lottato dal primo all’ultimo
giorno con mollette e fermacapelli, sperimentato
veli di ogni foggia e misura, con l’assistenza di
gentili signore iraniane mosse a compassione;
Fedefilo ha esibito una velatura impeccabile fin
dal primo giorno e in ogni situazione, dai 40°
all’ombra o alle dormite in pullmino; Natascia
ha interpretato lo stile dell’est trasformandosi in
Irina la contadina ucraina, spillando stretto sotto
il mento il suo fularino floreale, raccogliendo lodi
iraniane per la sua inamidata compostezza.
Trascorriamo la nostra prima giornata nella caotica
Teheran, 15 milioni di abitanti, un po’ frastornati
dalla notte in bianco del viaggio e dal caldo
intenso. Visitiamo il Museo nazionale che contiene
anche reperti di Persepoli, nel Museo dei Gioielli
ammiriamo un po’ sbalorditi i superbi tesori degli
scià: un mappamondo tempestato di rubini e
smeraldi, svariate parure di pietre preziose, teche
disseminate di diamanti come fossero noccioline,
il diamante che pare sia il più grande al mondo,
corone indossate dalle mogli dell’ultimo scià. Dopo
il palazzo Golestan, che significa roseto ed è una
residenza dell’ex scià, il nostro primo pranzo di
gruppo in un giardinetto davanti al caotico bazar,
dove facciamo rifornimento di frutta e noci. Nel
pomeriggio Hassan ci guida in un quartiere ai piedi
del monte Alborz, caratteristico per la frescura e
per i numerosi locali notturni meta di tanti giovani,
che qui, dove la polizia non mette piede, possono
persino abbracciarsi e camminare mano nella
mano. La sera concediamo ad Aleailoviu il suo
primo ed ultimo ristorante Lonely Planet: in un
raffinato locale di Teheran ammiriamo l’eleganza
di alcune raffinate clienti e osserviamo anche i
primi “nasi rifatti”, moda dilagante in Iran e non
solo tra le donne!
Il secondo giorno in Iran inizia con una visita alla
Porta Azadi, che paradossalmente significa libertà,
ma è stata teatro della sanguinosa repressione
del regime alle rivolte del 2009, qui si riuniva
l’Onda Verde, qui rendiamo emozionato omaggio
a Neda Soltani, vittima simbolo, e a tutti gli iraniani
uccisi per aver cercato di coltivare ed esprimere
liberamente le proprie opinioni. Per raggiungere
la Porta sperimentiamo una delle prassi più
pericolose in Iran: l’attraversamento pedonale,
una sorta di duello impari tra pedoni e veicoli da
cui non sempre il pedone esce vincitore! I semafori
sono rari, le strisce pedonali inutili, azzeccare il
momento di minor traffico e sbracciarsi per attirare
l’attenzione dei veicoli e ottenere che rallentino è
l’unico modo per avere qualche chance di arrivare
sani e salvi al lato opposto della strada. Il fatto di
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essere in undici ha fatto di noi una massa critica
ben visibile nel traffico quindi ce la siamo cavata
senza danni, grazie anche alla nostra guida che
si lanciava in prima linea per annunciare il nostro
passaggio.
Tappa obbligata sulla strada che collega Teheran
a Qom è il Santuario dell’Ayatollah Khomeini dove
riposa l’imam (santo) il cui viso arcigno campeggia
dentro e fuori il mausoleo, il suo megaritratto si
ritrova in tutti i luoghi pubblici e di religiosi iraniani,
il persistente culto della sua personalità circonda
la sua memoria. Accanto all’immagine di Khomeini
compare sempre il viso più dolce di Khamenei,
l’attuale ayatollah, massima carica religiosa per i
musulmani sciiti. Proseguiamo visitando il vicino
cimitero, dove sono seppelliti i militari che hanno
perso la vita nella guerra Iran - Iraq durata dal 1980
al 1988. Vedendo sulle tombe le foto di giovani e
giovanissimi non si può fare a meno di ricordare
che molti di loro siano stati indotti a arruolarsi
volontariamente da una massiccia campagna di
indottrinamento e promesse nel paradiso eterno
in cambio del sacrificio contro il nemico sunnita,
l’Iraq di Saddam Hussein.
donna nella religione mussulmana e richiama
alcuni degli aspetti di vicinanza e similitudine fra
le re religioni cristiana e musulmana, racconta che
fra i mullah che studiano teologia a Qom vi sono
diversi studiosi stranieri, anche italiani. Durante il
colloquio, come si conviene, il mullah non solleva
mai lo sguardo verso le donne che stanno attente a
non stringergli la mano al momento del commiato,
il contatto fisico con le donne è vietato ai religiosi.
Dopo la rituale foto di gruppo, ci regala opuscoli
sulla religione islamica, in inglese spagnolo e
francese, scusandosi di aver terminato quelli in
italiano.
Nelle pasticcerie vicine al mausoleo facciamo
incetta di dolci e zucchero allo zafferano e
partiamo per Kashan.
Iran
Qom e il Mullah
Qom, città santa del mondo sciita, la seconda
per importanza in Iran dopo Mashad, una delle
comunità religiose più conservatrici dell’Iran, ci
accoglie con un calore soffocante ed il profumo
dei suoi deliziosi dolcetti allo zenzero e pistacchio.
La città è affollata di donne rigorosamente
vestite con ampi chador neri, studiosi di teologia
camminano per strada con il tipico turbante
bianco, la tunica, il mantello e i libri sottobraccio.
La famosissima Moschea di Qom dove è sepolta
Fatemeh, sorella dell’Imam Reza, ci affascina per
bellezza e imponenza, con le infinite tonalità blu
azzurro delle sue piastrelle, con le sue cupole, i
minareti e gli iwan, il tipico arco dell’architettura
sciita. In moschea uomini e donne hanno
accessi ed aree separate. Per la prima volta
sperimentiamo una situazione che si riproporrà
regolarmente nelle moschee: a differenza di molti
paesi islamici sunniti, innanzitutto è permesso
l’ingresso alle donne straniere non musulmane,
purché indossino il chador fornito all’ingresso
e si tolgano le scarpe. Nell’area riservata alle
donne assaporiamo una complicità femminile
che ci sorprende e ci emoziona. Benché si tratti
di un luogo di culto, le iraniane s’intrattengono
con noi, ci interpellano, ci sorridono, si lasciano
fotografare, rispondono alle nostre domande e ci
rivolgono le loro. Vediamo donne di tutte le età,
spesso in gruppo e accompagnate da bambini
piccoli, impegnate nelle svariate fasi e gestualità
della preghiera e non solo: c’è chi allatta, chi
dorme al fresco dopo una notte di veglia, c’è
chi piange per l’imam Hossein o l’Imam Ali, chi
tocca e bacia la tomba della santa Fatemeh. Nella
moschea di Qom abbiamo il grande privilegio di
essere ricevuti da un mullah: in un ampio ufficio
circolare riservato alle udienze un giovane di
origini saudite ci dà il benvenuto e in un breve
discorso sottolinea il rispetto che è riservato alla
Kashan e l’intraprendenza dei giovani iraniani
Abbiamo trascorso la notte a Kashan, famosa
per gli omonimi tappeti, in una classica casa
tradizionale riadattata ad albergo: un fresco
giardino interno si sviluppa attorno a una fontana
centrale, su cui si affacciano le stanze del piano
terra e del primo piano. Tutt’attorno al canale
d’acqua sono disposti i tipici divani iraniani: ampie
panche di legno quadrate o rettangolari ricoperte
di cuscini e tappeti persiani, su cui ci si adagia
per mangiare, fumare il qualyian (narghilè) o
sorseggiare una fresca acqua di rose.
La permanenza a Kashan è caratterizzata dalla
visita alle innumerevoli case tradizionali, abitazioni
di ricchi mercanti di tappeti o nobili locali, con
annessi meravigliosi hamman, che ricordano
nostalgicamente una tradizione ormai scomparsa
in Iran, ma è segnata anche e soprattutto
dall’incontro con la piccola M., che diverrà nostra
amica in Facebook! M. ha dodici anni, vive a
Kashan con la famiglia ed è in vacanza, la scuola
riprenderà ad ottobre, nel frattempo trascorre
l’estate frequentando un corso di inglese e facendo
pratica con i turisti. È così che la conosciamo,
sui divani nel nostro albergo-casa dove,
accompagnata dal padre, comincia a conversare
con una delicatezza e un garbo di modi che ci
conquistano. Mentre la osserviamo sistemarsi il
velo ribelle che continua a scivolarle dai capelli e
mordersi il labbro inferiore, ci racconta che utilizza
molto Facebook per contattare le amiche e vede
Lost (la censura di Internet non è così complicata
da aggirare), gioca a pallavolo. Sotto lo sguardo
orgoglioso del padre, ci parla del fratello che
studia odontoiatria nelle Filippine, si è trasferito
non avendo superato il terribile test di ammissione
all’università pubblica iraniana, a cui pochi eletti
hanno accesso, sembra solo il 10% degli iscritti
superi l’esame.
M. è il simbolo di tanti giovani e giovanissimi che
incontreremo nel corso del viaggio: padronanza
dell’inglese, simbiosi con computer e con internet,
curiosità e desiderio di comunicare con gli
stranieri, intraprendenti, piacevoli, garbati e colti.
Proseguiamo il nostro viaggio verso Abianeh, un
paese di montagna che ha conservato l’atmosfera
del passato con le sue caratteristiche case
ricoperte di fango arroccate su stretti vicoletti. Il
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paese è semideserto, sono rimasti solo gli anziani
e qualche famiglia, mentre il grosso degli abitanti
è emigrato negli Stati Uniti. Hassan ci racconta
che gli abitanti di Abianeh sono considerati molto
intelligenti e sono emigrati per esprimere le loro
potenzialità in contesti più propizi. Abianeh ci
resta impresso anche la nostra sosta prolungata
a causa di un guasto al radiatore del nostro bus,
che per fortuna si risolve nel giro di qualche ora.
Isfahan, città incantata
Arriviamo ad Isfahan in serata e, nonostante l’ora,
ci dirigiamo pieni di aspettative verso il centro,
alla famosa Imam Square, la seconda piazza
più grande al mondo dopo quella di Tienanmen.
Non restiamo delusi: sapientemente illuminata e
brulicante di vita la piazza ci avvolge nella sua
magica atmosfera. Al centro gli zampilli della
lunga e ampia fontana rettangolare esaltano lo
spettacolo dell’imponente Moschea dell’Imam
che si staglia sul fondo dominando l’intera piazza;
attorno si stendono prati verdi pieni di famiglie,
coppie, gruppi di giovani e di ragazze, rilassati in
succulenti picnic che li ricompensano dal digiuno
del Ramadan. Sul ciottolato centrale i bambini
vanno in bicicletta e fanno acrobazie sui roller
blade, ma senza urla o schiamazzi che sentiamo
nei parchi italiani, qui regna un tranquillo silenzio
che sembra quasi innaturale. Lungo tutti i lati
della piazza corrono gallerie di negozi, a destra si
erge il palazzo di Ali Qapu, a sinistra la Moschea
dello sceicco Laftollah e alle nostre spalle si apre
il bazar.
Il giorno seguente, alla luce abbagliante del
sole, l’impressione di spazio e armonia è ancora
più intensa. La piazza di Isfahan ci lascia senza
parole, cerchiamo invano di catturare con mille
scatti fotografici questa sensazione di grandezza
e di bellezza.
Una maestra elementare ci chiede cortesemente
di conversare con i suoi alunni di terza,
orgogliosissimi dei loro “good morning, how are
you, where are you from, my name is, what’s your
name” e si sprecano foto e scambi di sorrisi ed
abbracci.
La seconda sera a Isfahan ci sentiamo finalmente
pronti per sperimentare il nostro primo picnic, di
cui si dice gli iraniani siano campioni mondiali.
Acquistiano due zuppe, di cui una super nutriente
che si prepara solo durante il ramadan, kebab con
Avventure nel mondo 2 | 2012 - 57
VIAGGI | Iran
cipolle e pomodori, pane iraniano schiacciato e
morbido, frutta. Non mancano le bibite: zumzum,
la cocacola locale, rany, buonissimo succo con
pezzi di frutta intera, la birra analcolica classica
dal gusto amaro o alla frutta. Così attrezzati
prendiamo posto in un lembo dei vasti prati di
piazza dell’Imam, stendiamo la nostra tovaglia e
confezioniamo/ panini maldestramente illuminati
dalla luce di un paio di cellulari. Siamo solo agli
esordi della nostra carriera di campioni di picnic,
ma non ci difendiamo male e i nostri vicini iraniani
ci incoraggiano con mille sorrisi e prestandoci
qualche posata. Al termine della cena ci
affanniamo per lasciare pulitissimo come abbiamo
trovato, nel buio riusciamo persino a buttare un
vestito appena acquistato al bazar!
Per concludere degnamente la serata ci
concediamo un buon thè e una fumatina di
narghilè in una sala da thè nei pressi del bazar.
L’atmosfera è un po’ equivoca, vediamo ragazze
truccatissime, una di loro sembra proprio un trans,
una coppietta si lascia andare a effusioni, diverse
ragazze fumano: una serie di atteggiamenti
normalmente banditi in pubblico ci mostrano
un altro Iran, quello della trasgressione e degli
eccessi che sopravvivono lontano dagli occhi
indiscreti del regime. Purtroppo non riusciremo
a partecipare a nessuna festa privata, ritrovi
organizzati col passaparola in case private dove
le donne non portano il velo, si balla, si fuma e
si trova dell’alcool, insomma un surrogato delle
discoteche, divenute illegali da diversi decenni.
l’Ateshkadè, un Tempio del fuoco così chiamato
perché vi bruciava il fuoco sacro che non doveva
mai essere spento; i resti del tempio si trovano
su una collinetta raggiungibile in dieci minuti di
cammino e da cui si domina tutta la città.
Non lontano dal tempio visitiamo la tomba di un
famoso derviscio nota per i suoi Menar Jombun,
“minareti oscillanti”, perché scuotendone uno,
anche l’altro oscilla di rimando, un custode entra
ogni ora nel minareto e compie questa operazione
per i turisti e i numerosi iraniani presenti nel
sito. Al momento della nostra visita era presente
una piccola troupe di una TV iraniana che ha
intervistato Nicola e Aleilgrande, chiedendo la loro
opinione sull’Iran e sui minareti oscillanti. I due
avvocati del gruppo se la sono cavata con risposte
diplomatiche ed Ale ha paragonato Isfahan a una
sinfonia di Bach confessandoci subito dopo che
l’impeccabile uscita non era farina del suo sacco.
Isfahan ci ha regalato due altri momenti suggestivi:
i suoi ponti e il quartiere armeno.
La città è attraversata da cinque ponti antichi
sul fiume Zayandeh, che al calar del sole si
riempiono di un intenso via vai di persone che
passeggiano sul ciottolato o si riuniscono in
piccoli gruppi a chiacchierare sotto gli archi.
Restiamo sbalorditi nel constatare che il letto
del fiume è completamente secco e ancor più
nello scoprire che questo è dovuto all’opera
dell’uomo: Rafsanjāni, ex presidente dell’Iran e
attuale presidente del Consiglio del Discernimento
iraniano, ha ordinato che fosse deviato verso la
sua città d’origine. Possiamo solo immaginarne
la bellezza dalle cartoline ed il fascino romantico
ci viene trasmesso dall’incontro con un gruppo di
anziani che riposano all’ombra di un arco e che ci
cantano una struggente canzone d’amore.
Jolfa è il quartiere armeno abitato da Armeni
cristiani, che da Jolfa nell’Arzeabijan si trasferirono
in questa zona nel 1600 per volere dello scià Abbas
I, in quanto erano abili artigiani e commercianti ed
avrebbero contributi allo sviluppo economico di
Isfahan. Gli armeni hanno ricevuto il permesso
di praticare la loro religione, infatti nel quartiere
vi sono parecchie chiese tra cui l’antica chiesa
di Vank. L’architettura
della
cattedrale
è
unica al mondo grazie
al sapiente intreccio
tra l’arte safavide del
diciassettesimo secolo
e lo stile di alte arcate
delle chiese cristiane. La
cupola è simile a quella
degli edifici islamici e
secondo gli studiosi ha
ispirato la costruzione
di molti altri luoghi di
culto cristiani in Iran
e in Mesopotamia.
Ammirando i bellissimi
affreschi
incontriamo
una suora umbra, che
ha vissuto a Tabriz per
trent’anni lavorando in
un lebbrosario, ci racconta la sua lunga esperienza
a contatto con gli iraniani, vissuta con l’assoluto
divieto di fare proselitismo.
Yazd: lo Zurkhaneh e le Torri del silenzio
Prima di raggiungere Yazd, facciamo una sosta
a Na’in, altra città nota per i meravigliosi tappeti.
Oltre a passeggiare nelle vie torride ammirando i
resti delle antiche case, visitiamo il famoso bazar
in cui Paolini ha girato alcune scene del film “Il
fiore delle Mille e una notte”.
Proseguendo raggiungiamo Meybod, ex capitale
persiana, che ammiriamo dall’alto della storica
fortezza di Narin. Per la prima volta visitiamo
una ghiacciaia, imponente costruzione costituita
da un pozzo larghissimo e profondo, protetto da
una cupola di mattoni di argilla cruda, dove nei
mesi estivi veniva conservato il ghiaccio naturale
raccolto durante l’inverno per poterlo commerciare
e utilizzare anche in estate, utilizzata fino alla
comparsa e diffusione dei frigoriferi. Visitiamo
anche un antico ufficio postale, con fatiscente
ricostruzione in cera di cavalli e postini, molto
divertente ma assolutamente evitabile.
Yazd è ai margini del deserto e ne prendiamo
piena consapevolezza mentre, alle quattro del
pomeriggio, ci trasciniamo sotto il sole tra i suoi
deserti vicoli antichi investiti da un vento bollente
come un phon sparato addosso.
Qui, nella capitale dello zoraoatrismo, assistiamo
a un allenamento di Zurkhaneh (Casa della forza),
antica lotta religiosa dalle origini misteriose,
nata probabilmente molto prima della conquista
musulmana, che si nutre dei più raffinati canti
persiani e dei testi poetici mistici dei venerabili
sufi Rumi e Firdhouzi, dei grande poeti Hâfez
e Sa’di. Ai lottatori viene richiesta un’assoluta
fedeltà spirituale al Profeta e ai dodici Imam,
unita a coraggio e notevole forza, necessaria
al sollevamento di armi antiche, clavi giganti
e del kabbadeh, enorme arco che pesa fino a
sedici chili. Nel centro della circolare palestra
tradizionale, ricavata nella parte alta un’antica
cisterna, in un’area ribassata si allenano una
ventina di uomini di diverse età e costituzione
fisica. In uno spazio rialzato i morshed, un duo
voce e percussioni, eseguono suggestivi canti
religiosi che accompagnano tutta la cerimonia
segnando il ritmo all’allenamento.
Lo Zurkhaneh è patrimonio storico. L’Unesco nel
2010 lo ha proclamato Intangible Cultural Heritage
of Humanity. Le reazioni del nostro gruppo sono
agli antipodi: c’è chi apprezza lo spettacolo e chi
al contrario lo trova pacchiano e deludente. Certo
le aspettative di sagome roteanti come dervisci e
di coreografie spettacolari non sono soddisfatte;
quello che vediamo è un semplice allenamento
eseguito da esperti e debuttanti di tutte le fasce
di età, probabilmente meno intenso del solito a
causa della minore potenza causata dal digiuno
imposto dal ramadan.
A Yazd abbiamo l’opportunità di visitare le torri
del silenzio, antiche strutture zoroastriane
situate alle porte della città. L’antica religione,
il cui motto principale è “Buoni pensieri, buone
Iran
Ancora Isfahan: lo Zoroastrismo, i minareti
oscillanti e i ponti
A Isfahan abbiamo il nostro primo impatto con lo
zoroastrismo, la più antica religione monoteista
nata in Iran in tempi antichissimi, pare 6000 anni
prima di Platone, ancora praticata da centomila
persone. Il dio degli zoroastriani, Aura Mazda,
è stato predicato dal profeta Zarathustra (o
Zoroastro) e il suo simbolo è il Farrevahar, l’uomo
uccello che compare in tutti i luoghi di culto e
anche a Persepoli. La capitale dello zoroastrismo
è Yazd, ma a nove chilometri da Isfahan si trova
58 - Avventure nel mondo 2 | 2012
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VIAGGI | Iran
parole, buone opere”, imponeva l’esposizione al
vento dei cadaveri perché fossero mangiati dagli
avvoltoi e non contaminassero la terra con la loro
decomposizione. Anche gli imperatori persiani
zoroastriani Dario, Cirro, Serse e Artaserse furono
spolpati dagli avvoltoi prima di essere sepolti nei
rispettivi sepolcri a Persepoli e a Naqs-i-Rustam.
Oggi l’antica tradizione è praticata solo in India dal
ramo Parsi, in Iran è vietata e nel moderno cimitero
zoroastriano vengono sepolte le salme, in bare
deposte nel cemento per non intaccare il terreno.
Nel centro città un moderno Ateshkadè conserva
il sacro fuoco che brucia ininterrottamente dal 470
d.C. e rappresenta l’energia del creatore, davanti
alla quale pregare cinque volte al giorno.
percorso sostiamo al caravanserraglio di Zainal-Din adibito ad albergo, luogo assolutamente
consigliato alle coppie per la sua atmosfera
romantica e impregnata del fascino del passato.
I caravanserragli erano stazioni di ristoro,
rifornimento e ricambio dei cammelli, disseminate
lungo la Via della Seta a intervalli di circa 35 km,
distanza percorsa da un cammello senza fermarsi.
Utilizzati anche come deposito di merci, per
secoli furono luoghi di incontro di commercianti
provenienti da Cina ed Europa, fino all’avvento del
motore a scoppio.
La seconda tappa del trasferimento è Maymand,
villaggio definito “troglodita” perché, fino a pochi
anni fa, i suoi abitanti vivevano in case scavate
nella roccia, ora per lo più abbandonate sotto la
spinta del governo, soprattutto per ragioni igienicosanitarie. Le nuove generazioni vivono in città, il
villaggio è semideserto e le famiglie che ancora
occupano le case nella roccia si contato sulle dita
di una mano. Due di queste ci invitano a entrare.
Le grotte sono essenziali e buie, la luce naturale
entra solo dalla porta d’ingresso, pulite e fresche
nonostante il caldo torrido, allacciate alla corrente
elettrica. La signora della prima casa ci prepara
un buon the e, stimolata dalle nostre domande, ci
parla dei suoi acciacchi di salute, è analfabeta ma
tutti i suoi figli studiano in città, ci offre l’acquisto
di semplici oggetti ornamentali fatti di ceci seccati,
che compriamo per ricambiare l’ospitalità. Nella
seconda grotta incontriamo una coppia di anziani
ricurvi e incartapecoriti, meno loquaci e socievoli
della precedente signora, e da cui, visto le poco
garbate insistenze, non è possibile esimersi dal
comprare chili di mandorle col guscio, ricevendo
il resto in altre mandorle e non in ryal, nonostante
abbiano il frigo (!), sentenzierà lapidario il nostro
attento cassiere Nicola.
Dopo questa lunga caldissima giornata
raggiungiamo finalmente Kerman, che sarà la
nostra base per l’escursione al deserto del Kalut.
L’indomani visitiamo la restaurata roccaforte di
Rayen, versione in piccolo della cittadella della
vicina Bam, distrutta dal terremoto del 2003.
Proseguiamo il nostro viaggio visitando il
giardino di Mahan. Il giardino è chiamato in
persiano Ferdows, che significa paradiso, perché
rappresenta per gli iraniani l’immagine dei luoghi
meravigliosi che raggiungeranno dopo la morte,
citati nelle sure del Corano: “Ecco come sarà il
giardino promesso a quelli che avranno timore di
Dio, il giardino irrigato da corsi d’acqua. L’alimento
dei suoi frutti è inesauribile, e le sue ombre sono
permanenti. Questo sarà il destino dei credenti”.
Già prima dell’epoca islamica vi si dedicavano
con passione, arrivando addirittura ad averne una
vera venerazione, la natura rivestiva anche una
grande importanza dal punto di vista religioso.
Coltivare l’albero della vita eterna attorno alle
fontane e l’albero che conteneva i semi di ogni
cosa, era considerata un’attività sacra, compresa
nell’educazione che le famiglie impartivano ai
ragazzi. Alberi ad alto fusto e fiori venivano piantati
anche attorno alle tombe per rasserenare le anime
dei defunti, si creavano parchi al centro delle
città ed i persiani li ritenevano tra i più preziosi
monumenti da conservare, considerando un
sacrilegio la distruzione da parte delle invasioni
nemiche. Il giardino di Mahan fa parte dei nove
giardini storici iraniani dichiarati Patrimonio
dell’Umanità dall’Unesco.
La frescura respirata nel giardino è rapidamente
dimenticata quando raggiungiamo la temperatura
pomeridiana di oltre cinquanta gradi nel deserto
del Kalut e ci addentriamo diversi chilometri in
questo paesaggio spettacolare. Lungo 145 km e
largo 80, è caratterizzato da “castelli di sabbia”
alti fino a 60 metri, dalle origini sconosciute, le
ipotesi vanno dalla semplice erosione millenaria
del vento ad un meteorite schiantatosi proprio
in questa zona in epoche remote. Camminiamo
a piedi scalzi sulla crosta salata, la sensazione
della ruvida crosta di sabbia rovente sotto i piedi è
bellissima, ma rischiamo di perdere la capogruppo
che affonda nelle sabbie mobili, il fango bollente
le intrappola i piedi fin oltre le caviglie! Saliamo
sul castello più alto e ci sediamo sulla cima ad
ammirare il tramonto, in quello che dovrebbe
essere un religioso silenzio, interrotto da mille
battute sul cuore spezzato di Monica, sedotta ed
abbandonata da un turista francese incontrato
la sera precedente. La consoliamo offrendole un
intrepido picnic notturno di gruppo sotto un duna,
nella solitudine immensa del deserto, illuminati
solo dalle stelle e dai fari del nostro bus.
Uno degli avvenimenti più importanti del Ramadan
sciita è la commemorazione dell’assassinio
avvenuto nel 661 dell’Imam Alì, cugino e genero di
Maometto. Il suo corpo è custodito nella città santa
sciita di Najaf in Iraq, a lui risale lo scisma che
ha diviso il mondo musulmano tra sciiti e sunniti.
Gli sciiti non riconoscono la Sunna, il libro sacro
che racconta la vita di Maometto e ne raccoglie le
parole; nella loro fede ha una posizione dominante
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Avventure nel mondo 2 | 2012 - 59
Ancora Yadz, i Badgir, i Qanat e i tappeti
Otteniamo il permesso di salire sopra le cupole del
complesso di Amir Chakhmaq, che ci riserva una
vista magnifica dalla città verso l’ora del tramonto.
Sopra le case rosse di terra, perfettamente
intonate ai colori del deserto e delle aride vette
circostanti, svettano con la loro raffinata eleganza
i badgir, letteralmente “acchiappa vento”,
che costituiscono uno dei più antichi metodi
di ventilazione naturale all’interno delle case
persiane, utilizzati sin dal decimo secolo. Si tratta
di torri che contengono al proprio interno diversi
condotti verticali. Sfruttando la pressione prodotta
dalle correnti d’aria presenti ad una certa quota,
la torre procura frescura e benessere all’interno
dell’edificio anche nei momenti più caldi della
giornata. Completiamo il tour della città visitando
l’antica Moschea, dove uomini pregano con la
fronte a terra appoggiata su un piccolo disco di
argilla su cui sono incisi versetti del Corano; infine
una fabbrica di henné, la prigione di Alessandro
ed il museo dell’acqua dove Hassan ci spiega per
la prima di innumerevoli volte i qanat: cunicoli
sotterranei lunghi chilometri, che seguivano
le falde per convogliare l’acqua verso i punti
desiderati, rappresentando il primo esempio di
acquedotto sorto nel primo millennio a.C. nei più
antichi e remoti territori iracheni. Realizzati in
maniera formidabile, ancor oggi forniscono i tre
quarti del fabbisogno d’acqua dell’Iran, in una rete
sotterranea estesa per 300.000 chilometri.
Yazd è inoltre un importante centro per l’acquisto
dei tappeti. Il ghiaccio era già stato rotto nel
bazar di Isfahan, dove Nicola, primo tra tutti ha
comprato un tappeto. A Yazd affiliamo le nostre
armi contrattuali approfondendo la conoscenza di
stili, provenienze, qualità, tecniche di lavorazione e
prezzi dei vari modelli. Ma non scatterà l’acquisto
causa indecisione e mancanza di tempo, ma ce
ne pentiremo amaramente! La gentilezza dei
venditori e il piacere della vista e del tatto di
tappeti così antichi sorseggiando bicchierini di the
sono comunque un’esperienza che è valsa la pena
vivere.
Iran
Kerman: i giardini, il deserto del Kalut e la
processione per Alì
In un giorno di trasferimento arriviamo a Kerman,
punto di partenza per l’escursione nel deserto. Sul
VIAGGI | Iran
Iran
l’Imam, capo religioso discendente dal martire Alì
e della moglie Fatima, che ha doti di infallibilità
ed impeccabilità. Kerman ci regala una grande
emozione: la processione in memoria dell’Imam
Alì.
Uomini vestiti a lutto, tra stendardi neri su cui
sono ricamati in oro versi del Corano, avanzano
lentamente e cantano inni al suono della banda,
fermandosi agli incroci delle strade e disposti
frontalmente su due file si battono il petto,
invocando a gran voce il nome di Ali. Un addetto
spruzza sulla folla acqua aromatizzata alla rosa,
anche i bambini sono vestiti a lutto, donne e
ragazzi piangono disperatamente accompagnando
il corteo che raggiunge la moschea di Kerman. In
occasione di questa ricorrenza, le famiglie iraniane
si scambiano le condoglianze, rivivendo la morte
di Alì come un lutto recente ed inconsolabile.
Persepoli, appuntamento con la storia
Quando si dice Persia si dice Persepoli, tappa
obbligata di tutti i viaggi. Facendo base a Shiraz,
partiamo la mattina presto per raggiungere le
rovine in tempo utile per evitare i momenti più
caldi della giornata. Illusione! A mezzodì col sole
a picco ci ritroviamo nel punto più critico, la salita
di quei pochi metri di dislivello che portano alle
tombe di Artaserse II e III. Il tempo e l’incendio
appiccato da Alessandro Magno (si dice) ubriaco,
hanno lasciato poco dell’antico splendore, ma dai
resti di bassorilievi, colonne, statue e porte si può
intuire la magnificenza della città antica costruita
intorno al 500 a.C. da Dario il Grande e continuata
dai suoi successori. Persepoli, rimasta seppellita
e protetta per secoli da terra e sabbia, è stata
riportata alla luce nel 1930.
I bassorilievi sono forse una delle sue opere più
note: in essi è rappresentata la processione di
dignitari dei popoli assoggettati agli achemenidi
(medi, parti, egiziani, elamiti) mentre salgono
solennemente la scalinata che porta al trono per
rendere omaggio all’imperatore con i propri doni.
Ci vorrebbe la macchina del tempo per tornare
indietro nei secoli, anche solo per un secondo,
per scattare un’istantanea di quei popoli, quei re,
quei palazzi, quelle cerimonie, quelle altissime
colonne su cui imponenti leoni alati vigilavano le
processioni solenni.
A fronte della magia di questo passato che ci
circonda e ci attraversa, stupisce la trascuratezza
nella conservazione e presentazione delle rovine,
offuscate da strutture posticce a uso turistico,
la pesante tettoia che ricopre i bassorilievi,
l’anfiteatro prefabbricato per lo spettacolo di suoni
e luci, le assi di legno che nascondono le
scalinate originali, le note diffuse da un
altoparlante gracchiante, il tempio colorato
costruito dagli archeologi attorno ai resti
originali.
La giornata archeologica prosegue con
la visita alle tombe rupestri di Dario e dei
suoi successori Artaserse, Serse e Dario
II, scavate nella roccia a diversi metri di
altezza, decorate con eleganti bassorilievi
e molto suggestive per la loro imponenza
e la collocazione in un’area isolata. Da qui
proseguiamo per Pasargade, antico centro
dei re achemendi prima della costruzione
di Persepoli, in particolare città di Ciro,
di cui si può ammirare la tomba. Mentre
pochi temerari nel rovente pomeriggio
visitano i resti mal conservati dei palazzi di
Pasargade, il grosso del gruppo, all’insegna
dell’impareggiabile spirito godereccio
italiano, si scatena in un titanica impresa:
sgusciare le famose mandorle acquistate
dai vecchietti a Maymand, che dopo aver
vagato disperatamente negli scomparti del
pullmino causa assenza di schiaccianoci,
vengono aperte a suon di sassate e risultano
perfette per un aperitivo en plein air sotto gli
sguardi attoniti dei vecchi imperatori!
Shiraz, città di poeti, bazar e … centri
estetici!
Ex capitale dell’Iran durante la dinastia
Zand, detta anche la città delle rose, dei
giardini e del sapere, era celebre un tempo
per il suo vino, ma con la rivoluzione i vigneti
sono andati distrutti. Tra i numerosi siti che
visitiamo, emozionante il mausoleo Shah-e
Cheragh, che ospita i resti di Sayyed Mir
60 - Avventure nel mondo 2 | 2012
Ahmad, detto Re della Luce, fratello dell’Imam
Reza, morto a Shiraz nell’853, importante meta
di pellegrinaggio per gli sciiti. I riflessi multicolori
provocati dall’immenso numero di piccole piastrelle
di vetro e oro, che ricoprono all’interno la cupola
a forma di bulbo, sono abbaglianti e costituiscono
uno spettacolo indimenticabile. Sulle grate a
protezione della grande tomba, alcune donne
piangenti legano nastrini verdi a simboleggiare le
loro richieste d’aiuto, altre li slegano a significare
che il loro desiderio è stato esaudito. Nelle sale
attorno alla tomba le donne riposano, studiano il
Corano, mandano sms, allattano, chiacchierano,
leggono libri di scuola; ci lasciamo coinvolgere
ancora una volta silenziosamente in questo
mondo tutto al femminile per noi inconsueto ed
affascinante, dove veniamo sempre accolte con
sorrisi dolci e strette di mano che vanno oltre
l’impossibilità di comunicare nelle nostre lingue
difficilissime.
Non si possono dimenticare i poeti di Shiraz: qui
hanno infatti vissuto e sono seppelliti Hafez e Sa’di,
due figure letteralmente venerate dagli iraniani.
Quando, al tramonto, visitiamo le loro tombe
circondate da giardini, restiamo impressionati
dalla quantità di famiglie, coppie o singoli, di ogni
estrazione sociale ed età, ma soprattutto giovani
e giovanissimi, che qui vengono in pellegrinaggio,
accarezzano commossi i versi incisi sulle tombe e
recitano i versi più famosi dei loro idoli. E’ difficile
per noi comprendere l’origine e l’intensità di questo
culto. Conosciamo e studiamo Dante, Petrarca e
Boccaccio, ma probabilmente non sappiamo dove
siano le loro tombe e difficilmente troveremmo
qualcuno che è andato a visitarle e che vi abbia
sostato in raccoglimento recitando brani delle loro
opere. In Iran invece un poeta vissuto nel 1300 è
una celebrità, come potrebbe esserlo un cantante
o un attore moderno: i giovani conoscono a
memoria i suoi versi, i fidanzati se hanno problemi
o indecisioni aprono una pagina a caso del suo
canzoniere e cercano nei suoi versi suggerimenti
per il loro futuro, si dichiarano eterno amore nei
giardini accanto alla sua tomba. Una ragazza
accanto alla tomba di Hafez ci recita alcuni suoi
versi e ammette di conoscere a memoria la sua
opera. Sarà che il suo misticismo (intraducibile,
dicono) accompagnato a temi e immagini
profondamente terrene – il corteggiamento, il
vino, l’usignolo – crea una commistione accettata
dal regime in nome dell’orgoglio nazionale per una
figura letteraria di così alto calibro. In questa città
romantica non potevamo certo lasciarci sfuggire
un ultimo ricco picnic sotto la torre circolare
pendente dell’antica fortezza, con tocco finale di
narghilè.
Il giorno seguente, spinte dall’atmosfera elegante
di questa città, unita al desiderio di conoscere a
fondo la vita reale di un paese in cui il cui gusto
per la bellezza è palpabile ovunque, decidiamo
di andare in un centro estetico. Che esperienza!
Pedicure, epilazione baffetti con filo di nylon,
taglio dei capelli, in un tempio della bellezza pieno
di donne finalmente senza velo e decisamente
scoperte, impegnate a prepararsi per la serata,
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VIAGGI | Iran
per il primo appuntamento e semplicemente
per il piacere di piacere. Il senso di immediata
complicità tra le donne del gruppo e le donne
iraniane, già vissuta nelle moschee o nei parchi
cittadini, si è subito ristabilito e con l’aiuto di una
ragazza iraniana che studia in Italia, riusciamo a
interagire più del solito. Anche gli uomini hanno
sperimentato un nuovo taglio di capelli dal
barbiere iraniano, ma con meno divertimento delle
donne.
In questa giornata di “liberi tutti”, qualcuno si è
perso nei vicoli del ricco bazar, uno dei più belli
dell’Iran, per concludere finalmente l’acquisto
del tappeto ispirato da innumerevoli assaggi
del fantastico gelato di rose di Shiraz, qualcuno
è andato a fare acquisti nella parte moderna
della città, curiosando nei quartieri borghesi. La
sera adunata in albergo e a bordo di un pazzo
pullmino che prende allegramente in contromano
gli strettissimi vicoli della città vecchia a velocità
pazzesche, arriviamo miracolosamente salvi in
aeroporto per il volo Shiraz-Teheran.
anche se quando arriva la polizia i fratelli, senza
lasciarla parlare, tentano di ribaltare la situazione
in loro favore. Per fortuna l’accordo viene
raggiunto, è finalmente possibile spostare i veicoli
dal luogo dell’incidente e seguiamo la polizia fino
al desolato villaggio vicino per la constatazione
amichevole persiana. Nell’attesa scattiamo foto
con i gentilissimi poliziotti nella diroccatissima
caserma in ristrutturazione, qualche incursione
nei negozi del paesino a bere un Rani o una
birretta analcolica ci aiutano a socializzare con gli
abitanti del posto.
Masuleh è la nostra ultima tappa, un villaggio
incuneato nella montagna a 1.050 metri, con
case costruite a ridosso della roccia e incastrate
l’una sull’altra. E’ decantato dalla Lonely Planet
come uno dei più belli dell’Iran del Nord: sarà la
nebbia mista ad un’antipaticissima pioggerellina,
sarà la stanchezza di questo intenso viaggio,
sarà il contesto trasandato, Masuleh non ci pare
assolutamente all’altezza delle sperticate lodi
che si leggono nelle varie guide. Ci dirigiamo
sconfortati verso la meta finale: il Mar Caspio!
Si scatena il diluvio universale e per un cavillo
burocratico, un’aggiunta a mano sul nostro piano
di viaggio, la polizia ci impedisce di proseguire.
Non ci resta che affrontare il lungo rientro verso
l’aeroporto di Teheran. Affoghiamo la nostra
delusione nel grande divertimento che accomuna
il gruppo: mangiare!!! Ci troviamo nella provincia
di Qasvin, dove c’è un’enorme produzione di
olive, ne compriamo in abbondanza, uniamo
birra al limone, enormi patatine radioattive e ci
concediamo un lauto aperitivo, prima dell’ultima
triste cena iraniana.
Quante cose non abbiamo raccontato di te,
Arrivederci Iran!
Iran
Ritorno al Nord: la valle degli Assassini,
l’incidente e Masuleh
Da Tehran partiamo per la meta finale del nostro
viaggio: due giorni tra la Valle di Alamut ed il
Mar Caspio. Al nord non ci mancano nuove
avventure ed emozioni. Innanzitutto il paesaggio
e la temperatura sono completamente diversi:
immersi tra monti e vallate della catena di Elburz
dimentichiamo i rossi e ocra desertici e ritroviamo
tutte le tonalità del marrone e del verde, passiamo
dai 50 ai 25 gradi e talvolta indossiamo anche la
felpina! In queste valli e montagne si nascondevano
tra il 1100 e il 1200 i cosiddetti Assassini, seguaci
dell’islam ismaelita, una frangia eretica fondata
da Hasan-e-Sabbah in quel periodo, famosi per
uccidere i visir dell’epoca conficcando loro nel
cuore uno stiletto intinto di mortale veleno. La
bruma che sale e il cielo plumbeo trasmettono
un’atmosfera macabra e spettrale che ci riportano
al tempo medievale. Raggiungiamo il Castello di
Alamut dopo aver faticosamente salito qualche
migliaio di scalini, ammirando uno spettacolo
meraviglioso sia lungo il percorso per arrivare
alla vetta cui è abbarbicato, sia dall’alto dove si
domina tutta la vallata. Il castello è perfettamente
mimetizzato con il paesaggio e, come gli altri
che sorgevano nella valle, è andato in gran
parte distrutto durante il periodo dell’invasione
mongola. In queste roccaforti hanno anche
soggiornato antichi studiosi e ricercatori che,
favoriti dall’isolamento e dalla pace che vi regna,
qui hanno concepito e scritto le loro opere e teorie.
Si dice che le leggende macabre che circondano
gli Assassini nascano dalla volontà di diffamare
l’islam ismaelita, che sosteneva la scienza e il
libero pensiero.
Nel tragitto abbiamo un incidente: un’inesperta
guidatrice allarga troppo la curva in un tornante
e centra in pieno, ma per fortuna non troppo
violentemente, la fiancata del nostro bus. Grande
civiltà fra il nostro autista e la responsabile
dell’incidente che subito ammette la sua colpa,
Da sapere sull’Iran
Nel 1979 l’Ayathollah Khomeini ha preso il
potere in quanto figura carismatica e principale
esponente della rivoluzione che aveva portato
alla cacciata dell’ultimo scià, Reza II Pahlavi. La
rivoluzione ha portato all’insediamento di un
regime islamico integralista che ha penetrato
tutti gli spazi della vita sociale e privata, con la
limitazione o cancellazione di diritti e libertà. Un
salto indietro per la società iraniana, aggravata
dagli otto terribili e sanguinosi anni di guerra
con l’Iraq. L’Iran di oggi si sta per certi aspetti
affrancando da questo passato sanguinario e
oppressivo, ma i recenti fatti del 2009, la rivolta
popolare denominata Onda Verde, la censura a
internet, i detenuti politici o presunti tali, sono tanti
segnali più o meno forti che mostrano come un
lungo percorso sia ancora da compiere sul tema
dei diritti civili. Su questo aspetto la comunità
internazionale è bellamente assente, eccettuato
il fantomatico embargo - di fatto da tutti aggirato
- decretato per altre ragioni e interessi, ovvero la
questione nucleare.
Durante il nostro viaggio abbiamo potuto respirare
questi aspetti, ognuno a suo modo, aiutati da
discussioni, letture, film, prima, durante e dopo il
viaggio; ne riportiamo alcuni.
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Letture
La via per l’Oxiana, di Robert Byron, racconto
di viaggio della prima metà del Novecento che
conserva attualità e interesse nelle descrizioni dei
luoghi.
Persepolis, fumetto di Marjane Satrapi, storia
ironica ed arguta di una bambina iraniana dagli
anni Settanta a oggi attraverso le contraddizioni
del paese.
Leggere Lolita a Teheran, romanzo “letterario” di
Azar Nafisi che traccia bene i cambiamenti portati
dalla rivoluzione del 1979 soprattutto in termini di
soppressione dei diritti civili
Shah-in-Shah, di Kapuscinski Ryszard, brillante
reportage scritto nell’anno della rivoluzione, che
analizza tutti i movimenti che l’hanno causata
Il mio Iran, di Shirin Ebadi, donna iraniana premio
Nobel per la pace del 2003
Viaggio di nozze a Teheran, di Azadeh Moaveni,
l’Iran raccontato da una giornalista: un incontro di
tradizioni e di culture, nel quale convivono etnie
diverse e orientamenti politici e religiosi opposti.
Tre donne. Racconti dall’Iran, di Toraghi Gali, storie
esemplari di tre donne nel clima di proibizione e di
terrore dall’insediamento al potere dei rivoluzionari
khomeinisti.
Film
The green wave, film-documentario di Ali Samadi
Ahadi sulle proteste del 2009 dopo le elezioni
truccate di Ahmadinejad
Persepolis, di Marjane Satrapi, candidato all’Oscar
come miglior film d’animazione 2008 e vincitore
del premio della giura di Cannes 2007
Personaggi ed interpreti (in ordine alfabetico)
ALEAILOVIU, il più amato e ricercato dagli iraniani,
votato ad un’impossibile missione: cenare a
lume di candela con Fedesimba in tutti i migliori
ristoranti persiani citati dalla Lonely Planet.
ALEILGRANDE, prossimamente sulle TV iraniane
l’intervista rilasciata di fronte ai minareti oscillanti,
rispettosamente e diplomaticamente definiti
“interessanti dal punto di vista tecnico”. Opinione
Avventure nel mondo 2 | 2012 - 61
VIAGGI | Iran
comune del gruppo: una fantozziana …ata
pazzesca!
CARLA’ con l’accento, elegantissima in tutte
le situazioni: con il velo abbinato ai camicioni,
fresca a 40° gradi all’ombra, raffinata
con il mignolo alzato mentre trasporta
formaggio puzzolente per il picnic;
battuta affilata sempre pronta e bustine
di sali minerali quanto basta.
FEDEFILO, partita fantasma in cellulare e
tornata ragazza in fiore, grazie all’Iran ed
ai miracolosi massaggi viso di Sandra.
FEDESIMBA, arrampicatrice di moschee
alla ricerca dell’attimo fuggente da
immortalare tra i suoi milioni di scatti.
GLI IRANIANI, tutti coloro che abbiamo
incontrato, che ci hanno accolto con
sorrisi di benvenuto e ci hanno permesso
di vivere un’indimenticabile esperienza.
LUCIA, vincitrice del campionato iraniano
di karate contro il finalista Ale Aleailoviu.
NATASCIA, donna dei mille volti, da Irina
la contadina ucraina con foulard a fiori
strizzato sotto il mento, a Nikita gelida spia russa.
NICOLA the cashman, oculatissimo amministratore
delle finanze del gruppo, rischio infarto ad ogni
milione di ryal faticosamente estratto dalla cassa
comune.
MONICA cuore spezzato da Francois, l’intrepida
che ha osato cambiare look sotto il velo facendosi
tagliare i capelli da una parrucchiera iraniana.
ORNELLA e la sua risata contagiosa, l’unica che
riesce a farsi comprendere dagli iraniani parlando
rigorosamente in italo bergamasco.
SANDRA in perenne affanno tra velo, macchine
fotografiche, occhiali da sole e da vista su
scandalose scollature, i suoi massaggi e i suoi
corsi di ginnastica hanno sostenuto il benessere
del gruppo.
HASSAN, infaticabile e non proprio infallibile, ci ha
sfinito tra siti e moschee e bazaaaaaar.
MOHAMMAD, fidato autista nonché essenza della
gentilezza iraniana, quello che gli uomini italiani
non sono più: spaccatore di mandorle, abile
tagliatore e servitore di torte, angurie e meloni.
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VIAGGI | Sri Lanka-Maldive
Sri Lanka e Maldive.
Indimenticabile viaggio tra spiritualità e relax.
Da un LANKAMALE gruppo LENIO FIORENZANI
Testo e foto di ROSARIA SECCIA
D
opo mesi ad attendere
l’arrivo del viaggio mi ritrovo
a scavare nella memoria i
ricordi di una meravigliosa
avventura vissuta tra lo Sri Lanka e le Maldive con
compagni di viaggio fantastici!
1° giorno - E’ il tanto aspettato giorno della
partenza. Io (Rosaria, ribattezzata Rambina)
e mio marito (Andrea alias Rambo) arriviamo
all’aeroporto di Malpensa in largo anticipo in
modo da sbrigare con calma la parte burocratica
e conoscere metà dei compagni di viaggio (l’altra
62 - Avventure nel mondo 2 | 2012
metà la conosceremo quando faremo scalo a
Roma). Riconosciamo dallo stile due probabili
viaggiatori avventura e in effetti non ci sbagliamo:
sono Lorenza e Gill. Poco dopo conosciamo
Vanny e Federico, alla disperata ricerca di riviste
da ricomprare avendone perse quelle finora
comprate durante gli spostamenti…e già da allora
dovevamo capire tutto……. Alle 12:45 l’aereo
decolla. Le hostess, con i loro sari, coloratissimi
vestiti tradizionali sono veramente deliziose!
Come da programma a Roma sale il resto della
truppa. Conosciamo Lenio, il coordinatore, Denise,
Chiara, Sandra e Vittorio. Il viaggio è molto lungo;
in aereo si fa quel che si può per tenersi occupati;
si chiacchiera, si gioca, si cerca di capire quali
possano essere gli altri compagni di viaggio non
ancora conosciuti.
2° giorno – Dopo 12 ore di volo, alle 05:20 (ora
locale) atterriamo a Colombo, in Sri Lanka. Solo
ora, scesi per sbrigare velocemente le pratiche
burocratiche e il cambio moneta, conosciamo il
resto dei compagni: Benedetta, Primo, Sandro
e Roberta. All’uscita dell’aeroporto l’umidità è
tale da appannare l’obbiettivo della macchina
fotografica, così non facciamo nemmeno una foto
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Quante cose non abbiamo raccontato di te