[email protected] / settembre2mila5 / newsletter #2
______________________________(Distacchi) donde no nace, no
crece.
Lo ammetto: ho fumato dentro casa.
Non troppo, ma è stata come una libera uscita, riappropriarsi di uno spazio; più mentalmente
che fisicamente. Ci fa bene all’anima avere gente attorno, altrimenti finiremmo sempre a parlare
del Progetto, a pensare di lavoro; ma non è bello dover far girare i Nirvana ogni volta che ci
chiudiamo nel cesso, per mascherare i rumori molesti.
Qualcuno ha dato da mangiare ai cani? Ci guardiamo, aspettandoci dall’altro una risposta
che non arriva. Non è un caso che la domanda sia partita da te. Quello che invece mi arriva è il
segnale di un equilibrio fragile: qualcosa non funziona se ci dimentichiamo di un essere vivente
per correre appresso al Progetto.
Il gambaletto di gomma impedisce alla porta di chiudersi, alle quattro del pomeriggio fa più
caldo fuori che dentro. Ascolto l’eco dei miei passi legnosi, nelle stanze, cercando di dare un
senso alla casa segnata dai passaggi degli amici e (molto di più) dei muratori che stanno
costruendo da due mesi stanno costruendo la mia stanzetta. Ma non metto musica; e, quando
mi deciderò, il battito sintetico dei dj austriaci Kruder&Dorfmaister non riuscirà a restituirmi la
rilassatezza intensa dei giorni passati a Graz con Dario.
No, adesso i Kruder&Dorfmaister, semplicemente, non funzionano.
La prima a decollare è Leonor.
Poi Fabio.
Poi Robi e Flavia.
L’ultima è Silvia.
Ho scoperto che le peste impolverate mi molestano e lo sporco mi irrita sotto il livello del
cosciente: è un disordine mentale in più. E mi stressa. E allora passo e ripasso geometrica-mente il
pavimento, raccattando sei o sette viaggi di paletta piena di detriti. Forse mi ci vorrebbe un
badile. E una betoniera.
Vediamo un po’: quale dovrebbe essere il modo migliore per raccontarvi quello che vivo, qui
in Perù, in questa storiaccia chiamata Instituto de Educación Rural? Vi infastidiscono i toni
personali? O forse è questo modo di procedere – la scrittura – sbalzato di lato, alla ricerca, che mi
rende scarsamente appetibile? Se è un diario che cercate, girate al largo, cercate altrove. La
mia scrittura non è per voi. Se invece vi piacciono le lettere d’Amore, beh, cosa abbiamo qui?,
perdincibacco!, un ciranoperuanoclandestino?!?
Da dove mi è venuta questa voglia di incidere su una cara vecchia MC da 46 minuti suoni,
rumori, conversazioni?
In principio era Zàc El Mag tt, mio padre. Mi ha lasciato un nastro che Dio mi ha impedito di
cancellare per registrarci sopra l’ultimo dei Bad Religion o chissà cos’è che ascoltavo a vent’anni.
E così mi ha conservato la sua voce lontana che recita poesie dialettali squarciando un’anima
dolorante, ma grata a Dio per il dono più grande di questo mondo: il tepore della famiglia.
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Ma sento che tutto questo non basta, non basta a spiegare perché infilo nel radiolone gli argentini Gotan Project - “Kruder&Dorfmaister, es la revancha del Tango!” - girando per casa
facendo lo scemo a beneficio della piccola Yessikita (il mio amore peruviano di quattro anni) mentre Silvia prepara la cena; ed ecco, non so perché, decido di registrare la serata su
nastro, il mio castillano inzaccherato di bresciano, l’acciottolío gucciniano dei piatti, le domande curiose di Yessikita. Perché mi piace registrare?, è l’idea vanagloriosa di lasciare una
traccia? Aiutarmi a ricordare, quando tutto questo sarà ridotto ad una proiezione del mio TantoTempoFa?
Ascolto la serata con Fabio e Leonor, cioè: ascolto la Calcanhotto e Polly Paulusma di sottofondo alla cena registrata. Secondo Fabio assomiglio a Castellito, il che non mi pare un
complimento perché Sergio c’ha un naso da paura e, secondo Silvia, è pure un po’ porcone.
Ascolto la serata con Fabio e Leonor. Si sente spesso ridere. La conversazione scappa via tranquilla, ogni passaggio al momento giusto, everything in its right place.
Pepe non c’è, è andato a Lima. Storie di firme obbligatorie, vescovi arraffoni, processi strumentalizzati. Chissà, un giorno magari mi riuscirà di farci un film alla Che Guevara. O alla Ken
Loach. Con un pizzico di Silvano Agosti e una spruzzata di Rohmér: lo IER di Huacho ai tempi di Sendero Luminoso. E’ bello sognare.
Flavia e Robi sono andati a Iquitos, Chile, un altro mondo superato il confine. Dicono che laggiù le macchine si fermano davanti alle strisce pedonali. Lascia lavorare vent’anni di
feroce dittatura e diec’anni di limpidissimo neo-liberismo da laboratorio alla Friedman che ti faccio vedere io come si formano dei cittadini-modello. Flavia e Robi sono andati fin laggiù
per farsi mettere un timbro sul passaporto al consolato peruviano, inutile interrogarsi sui percorsi sghembi delle pratiche per il permesso di soggiorno.
Però. Mi piacerebbe portaci Calderoli all’Oficina Migración del Cusco.
Le risate quando gli spiegano che la Policia Nacional del Perù deve prendergli le impronte dei denti.
Quelle dei piedi, forse, un’altra volta.
Personalmente, ho calcolato che mi ci vorranno ancora un paio di mesi per legalizzare la mia presenza qui, sempre se
l’Interpol è d’accordo. E sono atterrato a Lima a fine febbraio, mica ieri.
Ma il tempo è troppo, troppo denso.
Alberto, Alberto è già lontano. Chissà chi è l’alchimista che ha shackerato il nostro incontro, ma mi ha fatto bene al cuore.
Abbiamo passato assieme due settimane - due settimane?, ricordo bene?!? - lui il volontario uscente, con il piccolo Pippo e
Claudia incinta di Carmencita che già l’aspettavano in un’Italia fosca di promesse e chiari di luna; io il volontario entrante, il
classico cittadino di mmmerda trasvolato a tremilacinquecentometriandini, con l’amorosa in Italia senza sapere quando e se
t’avrei rivisto.
Bruno, Bruno è già lontano. Due mesi (o tre?) passati insieme, a cercare di capirci qualcosa del Progetto che mi sgusciava
da sotto i piedi, da dietro le porte, in mezzo ai denti; e alla fine ho letto molto, tre o quattro romanzi, e molto sono rimasto
chiuso in casa, a cercare di costruirmi coordinate private d’equilibrio sul filo arruginito del
rasoio. Hai mai provato a convivere con un dirigente Telecom in pensione che adesso fa il
consigliere dello SVI? E’ utile, ad esempio ti può impedire di prenderti a randellate con il
direttore peruviano della ONG con la quale dovresti lavorare per tre anni. E poi lava sempre i
piatti. E cucina, anche se non ci vuole molto a passare i fagioli dalla scatola alla padella.
Persino la finestrella del bagno puliva.
Squilla il cellulare, l’ultima novità di Zurite. Una sola tacca, ma adesso c’è campo, è
arrivato fin qui. Mi guardo attorno, ma dove diavolo è?!? Eppoi non ricordo che me
l’abbiamo portato, il cellulare intendo … continua a suonare, chi può essere? Ah. Che
scemo. E’ nella registrazione che sta suonando.
La foto-feticcio di questa fase, qui non c’è. La tua valigia, spalancata sul pavimento. E
anch’io mi accuccio sul pavimento. Dietro, la porta aperta sul soggiorno. Passa Fabio, quasi
blackblock con la sua divisa nera e il volto scavato. Sei chili in quattro giorni ha perso, il
cagotto peruviano non perdona. Dice che si veste di nero perché un fotografo deve
passare inosservato.
La fotografia di te e Leonor mentre cucinate, inquadratura dall’alto, bianco e nero che
alla fine il tizio che l’ha sviluppata c’ha fatto saltar fuori un seppia tanto artistico quanto
involontario - lei a sinistra, tu a destra, in mezzo il fornello invaso dal pentolone - la foto di te e
Leonor te la sei portata via.
Queste serate ci hanno fatto bene, non c’è dubbio. Come non ricordare il tuo tentativo
di tortilla spagnola? E la geniale risposta di Leonor, Ti faccio vedere io come si cucina,
insalata di frutta?!?
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Silvia ha conosciuto Leonor in aereo, Amsterdam-Lima. Leonor si è fatta cambiare di posto, non ricordo più per
quale buffa storiella. Mi ricordo solo che c’era di mezzo un giapponese (o era un cinese?) e un inglesino very polite. O
insomma, qualcosa del genere. Ogni volta che passava la hostess Leonor chiedeva tre bicchierini di quel buon liquore
che sa di latte e whiskey, uno per lei, uno per Silvia e uno per la tipa del sedile di fianco (della quale non ho ricordo).
Alla fine Leonor si è fermata a Zurite per quattro giorni, chiacchierando di diritti dei bambini con Flavia e insegnando
ricette peruane a Silvia.
Adesso lo so. Mi piace registrare perché così mi faccio compagnia.
Con tutto quello che c’è da fare in ‘sta casa sottosopra comincio proprio con il mettere a posto le fotografie che
ho scattato negli ultimi sei mesi, seleziono, cestino, sfoglio.
Cioè, con le registrazioni mi faccio compagnia perché ascolto la mia musica preferita e in sottofondo c’è una
bella conversazione rubata in qualche momento speciale a gente speciale.
Così, mi passano sotto gli occhi un sacco di momenti e nelle orecchie i Kruder&Dorfmaister e porcocane!, sono
proprio loro, i Kruder&Dorfmaister!, gira e rigira ogni musica c’ha il suo momento giusto. Capossela invece ho scoperto
che non va bene, perché mi copre la conversazione in italiano di Fabio e Leonor e gli altri.
Il top delle registrazioni mi sa che l’ho toccato il giorno del compleanno di Robi, la chitarra di Efrain Laos dal vivo, gli
studenti del corso di construcción rural, le risate di Pepe: alle cinque del mattino (secondo tradizione peruana) una
quindicina di persone hanno invaso la casa con torta, biscotti di kiwicha, un ponche e nel salotto Robi in pigiama che
balla con Flavia, un bel modo per iniziare la giornata.
Devo ricordarmi di prendere il Lariam. Le pastiglie che mi hai lasciato bastano e avanzano per mettermi al sicuro
dalla malaria. I sandali sono ancora infangati dalla Selva, nemmeno il tempo di dargli una sciacquata sono riuscito a
trovare.
Chi l’avrebbe immaginato che saremmo finiti a Puerto Maldonado, nella selva amazzonica, su una barchetta a
remi e che tu facendo il bagno ti saresti beccata due o tre zecche?
Saturnino non è un bassista; è un personaggione di una quarantina d’anni che vive la vita facendo la guida
attraverso i fiumi le foreste le lagune del dipartimento di Madre de Dios, al confine col Brasile. La sua casetta è povera,
legna e lamiere libri opuscoli e ricordi, ma la mattina prima di volare al Cusco ci fa fare colazione col latte di cocco
del suo giardino e sarebbe magnifico tornare da lui a fine anno, questa volta però ci facciamo almeno cinque giorni e
mi sa che proverò ad intervistarlo perché mi piacciono i racconti e non so perché ma vorrei inchiodare la sua vita in un
qualche posto della memoria.
Saturnino è il papà di Claison e Claison è al Cusco perché in convalescenza per un’operazione agli occhi e la
polvere di Puerto Maldonado è davvero insopportabile anche per uno che non c’ha problemi agli occhi figurarsi per
Claison che è amico di Filippo che si è fermato in Perù un paio di mesi se non ho capito male per farsi le ossa nella rete
del turismo solidale e Filippo ha fatto da guida turistica alla famiglia di Martina quando sono venuti a trovarla dopo sei
mesi che era all’hogar di Daniela e Maruja a Lima facendo la volontaria e con Martina ci siamo conosciuti quando mi
sono fermato lì il mio primo mese peruano, febbraio, mentre Filippo ha portato a spasso la famigliola di Martina fin qui a
Zurite, non proprio in culo ai lupi, ma quasi.
Per la serie: quando il caso dice la combinazione.
NimesulideDoc Moment 200 Euclorina Augmentin Tinset Tachipirina Xamamina Clavulin Codex Bimixin Imodium
LactéolFort Bactrim AntiscabiesOintment Aulin Micropur Clorotimeton Monuril Amplital Buscopan Humatin Vermox
Diosmectal Bioflorin Zerinol.
Non è l’ultimo pezzo dei Subsonica, è la nostra farmacia. Che ce ne facciamo di tutte ‘ste medicine? Forse
vogliamo solo tranquillizzarci. Alla fine siamo pur sempre a dodicimilachilometri dalla casa che ci ha partoriti e il Puesto
de salud di San Nicolas è aperto due giorni alla settimana.
Certo, di sicuro fino ad ora con le medicine non c’abbiamo dato dentro come il carovecchiofaBio che per
stroncarsi il mal di gola con gli antibiotici si è stroncato anche l’intestino passando tre settimane sul water e
accartocciato nel letto con tappi per le orecchie, paraocchi facilita-sonno, accampato senza troppi problemi nel
nostro salotto, senza fare troppo caso al nostro assurdo andirivieni che cominciava alle quattroemezza del mattino.
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Solo.
La verità è che sono rimasto solo.
Dopo tutto ‘sto casino Leonor Fabio Claison Saturnino Pepe visite superficiali o momenti indimenticabili come le
ventiseiore di pulmann senza bagno per andare a Puerto Maldonando e sopra la tua zucca l’unico altoparlante
del bus che spara ad altissimo volume l’inolvidable y internacionál Sonia Morales o Isaurita de los Andes con il loro
orendo orendo mille volte orendo guayno, perchè altrimenti l’autista si addormetterebbe senza musica, ma chi ce
la può fare a guidare per ventiseioreconsecutive su strade non asfaltate? Un peruviano, ovvio.
Un quarto alle sette.
Dopo tutto ‘sto casino sono solo.
Chissà dov’è sei adesso.
Hai gia’ passato il check-in? Sei in volo verso le Antille Olandesi, dove rischierai di perderti?
Hai incontrato Leonor a Lima? Siete andate a pranzo insieme?
E’ finita la cassetta. La chitarra di Efrain e le battute di Robi, la mattina del suo trentesimo compleanno. Le risate
si sono spente via.
Accenderò la stufa.
Esco a prendere legna. Nella notte, non so chi, mi saluta. Buenas noches Miguel.
Buenas noches anima sconosciuta.
Altro passaggio, passi diversi mi aspettano, tercera etapa.
Leo lo sa come mi sento, adesso. Infatti mi tocca alla porta e con una scusa qualsiasi si intrufola nel silenzio di casa.
Tra poche settimane inizia il corso di administración de empresa, nome fittizio, in realtà ci lanceremo nel tentativo ambiziosettoanzichenò di formare leaders di comunità, persone
dotate di visione e disposte a porsi al servizio della propria gente, persone capaci di stimolare partecipazione, di costruire speranza di cambiamento, di attivare risorse locali per tentare di
dare risposte autonome ai problemi di questo paese complesso e contraddittorio e tremendamente vivo, e vero. Ci beviamo una birretta, ascoltiamo un po’ della mia musica, parliamo
dello IER, del suo futuro e del nostro, delle sfide che ci attendono nei prossimi mesi, dei miei rapporti con la gente di qua, con Flavia e Robi.
Distolgo la mente.
E non faccio a tempo a spiegare a Leo che con Oscar parlo poco ed ecco, la sera dopo mi toccano un’altra volta alla porta, sono le sette e con Oscar parliamo di tutto e scopro
che quando io ero un’adolescente depresso questo mio coetaneo cominciava a lottare per lo IER e lui di figli ne vuole soltanto un altro dopo Ismaelito e mi suggerisce di piazzare nel
bagno un water rosso mattone e orcobao!, c’ha ragione!, con le piastrelle chiare ci starebbe proprio bene e poi si lamenta del fatto che nelle scuole non si parla di storia recente del
Perù e gli rispondo che questo paese non supererà mai i traumi di Sendero e Fujimori e Montesinos se non si mette a spulciare nella propria storia recente, guarda il Chile e l’Argentina,
solo adesso riaggallano le bruciature nella coscienza collettiva, dopo quanti decenni?
E quando mi accorgo che ci siamo fatti fuori quasi un litrozzo di GatoNegro chileno, Oscar mi chiede che ora abbiamo fatto: mezzanottemmezza.
E così, eccomi qua, dopo quattro mesi di silenzio mi permetto persino di spedire quattro pagine. C’e’ da sperare che la prossima newsletter del peruanoclandestino non arrivi
nell’estate del 2006, perché sennò faccio prima a buttar giù un romanzetto.
Ma quanto è buffo il Pendolino, Silvia?
E perché siamo arrivati all’ultima (dico: l’ultima!) serata zuriteña per guardare la presentazione in PowerPoint sull’avifauna locale gavardina? C’è un calore in questo tuo lavoro che
non conoscevo. O non sapevo riconoscere.
Quante cosa, ancora, dobbiamo scoprire? Chissà quante.
Il tempo sta cambiando.
Da quanto non sentivo l’odore della pioggia?
Penso che ascolterò molto i Massive Attack.
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