DA ROMA ALLA TERZA ROMA
VIAGGIO NEI SIMBOLI DEL “CUORE DEL MONDO”
Ereticamente intervista Alfonso Piscitelli
a cura di Luca Valentini
Alfonso Piscitelli.
Animatore del progetto “Eu-Rus”.
(https://www.facebook.com/pages/Eu-Rus/489924397713156?ref=hl)
Nell’ultimo periodo è aumentato esponenzialmente l’interesse di tutta una
vasta area del tradizionalismo per le dinamiche politiche, ma anche di natura
spirituale che riguardano la Russia. Lei reputa che vi siano delle motivazioni
di oggettivo interesse oppure è solo una poco ragionata reazione al degrado
occidentale che spinge molti a guardare ad Est?
La reazione indubbiamente c’è, ma bisogna anche capire dove si indirizza. Fino a
qualche anno fa un certo disgusto per la decadenza occidentale spingeva alcuni ad
abbracciare l’Islam, ora è come se si fosse creato un nuovo “polo”, in Europa, per
coloro che cercano una alternativa di vita e una speranza per il futuro della civiltà.
Non dimentichiamo che per René Guénon la tradizione cristiano-ortodossa nella
quale si inserisce la Russia è una delle grandi Tradizioni “regolari” dell’umanità; che
per Oswald Spengler la Russia è destinata a creare una nuova civiltà dopo
l’esaurimento delle potenzialità connesse alla civiltà germanica da lui definita
“faustiana”; che per Rudolf Steiner ugualmente la Russia è il luogo di una nuova
epoca storica: la “VI civiltà” in cui si svilupperebbero le facoltà del Manas, o Sé
Spirituale (una forma più alta di coscienza capace di cogliere i dati sensibili e quelli
più sottili della esistenza). E infine per Mircea Eliade l’immensa area che abbraccia
Europa e Asia, di cui la Russia è il perno, è il luogo in cui si sviluppa una visione
spirituale comune – sia pur nelle dovute differenze – che affonda le sue radici nella
“rivoluzione del Neolitico”. Eliade, che era cristiano ortodosso, ma anche praticante
di Yoga ad alti livelli, vedeva nel “cristianesimo cosmico”, ovvero nel cristianesimo
medievale fortemente compenetrato di influssi pagani europei, l’ultima apparizione
storica di questa “concezione del cielo” vasta tanto quanto l’ immensa “terra” sulla
quale essa poggia.
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La Russia dunque come terra della tradizione?
Sì, lo ha detto chiaramente Irina Osipova, organizzatrice della manifestazione del 13
aprile del Movimento Giovanile Italo-Russo: “l’ideologia che sta cercando di
distruggere la Russia è, sempre a mio parere, l’ideologia liberale, perché la Russia è
un paese profondamente tradizionale. E i temi connessi all’ideologia liberale stanno
cercando di distruggere oggi il tessuto morale della Russia, come dell’Europa in
generale”. Nello stesso tempo bisogna considerare l’aspetto complementare alla
Tradizione, che è la modernizzazione. Il legame con le origini e la più audace
modernizzazione devono procedere in perfetta sintesi: Vladimir Putin che bacia le
icone ortodosse è lo stesso che rilancia il programma spaziale della Roskosmos, che
realizza il rinnovamento infrastrutturale della Transiberiana e conquista nuovi
traguardi nell’aeronautica militare con gli aerei invisibili di ultima generazione.
Tradizione e modernità sempre insieme.
Dalla tradizione classica dell’Europa emerge il simbolo dell’Aquila visibile
nella bandiera russa. Un simbolo legato all’impero e alla Podestà di Roma.
Che collegamento sottile ravvisa in tutto ciò?
Troviamo l’aquila in molte bandiere di nazioni slave, nelle
bandiere tedesca e austriaca, ma ricordiamo la sua presenza anche nella bandiera
del primo Regno d’Italia agli inizi dell’Ottocento. Ovunque vi sia il sentimento di
indipendenza e di identità dei popoli europei appare l’Aquila, legata al Dio del Cielo e
alla tradizione imperiale romana.
Particolare importante: l’aquila russa è bicipite, una testa guarda all’Europa (terra
della modernità, dell’intelletto scientifico, dello spirito attivo) e una guarda alle
profondità dell’Asia (terra delle grandi tradizioni spirituali: l’induismo, il buddhismo,
il taoismo…). Non dimentichiamo che lo stendardo russo deriva direttamente da
quello di Costantino e dell’Impero Romano d’Oriente.
Arriviamo dunque alla pretesa di Mosca di porsi come Terza Roma,
tracciando un parallelismo tra la funzione regale del Cesare e quella dello
Zar. In tutto ciò, vi è una trasposizione arbitraria di simboli o vi una reale
comunanza di significati?
E’ interessante l’aggettivo che lei ha usato: trasposizione
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“arbitraria” dice. In effetti i tempi cambiano e ogni epoca dell’umanità ha la sua
configurazione morale e spirituale. In questo senso la Roma antica è un qualche cosa
che non può essere replicato, perché appunto i tempi cambiano. E tuttavia è
significativo che un popolo, come il russo, per proprio “arbitrio”, ovvero per propria
libera scelta, si sia posto nel solco di Roma e abbia proclamato Mosca III Roma. Ed è
per questo che l’uomo forte del Cremlino alle soglie del terzo millennio viene
chiamato sui giornali di tutto il mondo lo “Zar Putin”, lo Czar ovvero il Cesare. Dal
punto di vista religioso essi hanno ricevuto il cristianesimo attraverso la mediazione
della Grecia e del rito ortodosso, dal punto di vista politico essi hanno inserito lo
Stato – fondato da Riurik il vikingo – nella tradizione di Roma. Per tale motivo noi
sentiamo come fratelli i Russi che evocano queste comuni origini.
Un altro simbolo legato all’immaginario russo è quello dell’orso: anche esso
sembra provenire dal retaggio primordiale dell’Europa non è così?
Sì, l’orso: il simpatico animale che come peluche regaliamo ai nostri bambini
(“l’orsacchiotto”) è un animale simbolico che evoca la forza guerriera e il mistero del
Nord. Orsa maggiore è appunto detta la costellazione grazie alla quale si individua il
Nord. Artù, il Re di Excalibur e del Graal, è – etimologicamente – il Re Orso. Nelle
epoche arcaiche del nostro continente “Uomini Lupo” e “Uomini Orso” erano i
membri di confraternite guerriere che attraverso una forma particolare di estasi, il
“furor”, si identificavano con le forze primigenie che si manifestano in quegli animali.
Troviamo il simbolismo del lupo soprattutto nei popoli germanici, ma anche nella
leggenda delle origini di Roma (la Lupa). L’Orso nell’attuale immaginario politico
evoca una grande forza della Terra, che se provocata a un certo punto reagisce con
veemenza: la Russia appunto… Noi sogniamo una grande alleanza tra i “Lupi” e gli
“Orsi”, ovvero un’alleanza continentale tra l’Europa latina e germanica e quella
russo-slava.
Una grande forza della Terra, lei ha detto. Questa definizione ha qualche
cosa a che fare col concetto geopolitico di Heartland?
“Heartland”, ovvero il Cuore della Terra, è un importantissimo concetto della
geopolitica anglo-americana: esso fa riferimento a una inespugnabile fortezza nel
cuore della Terra che appunto corrisponde al territorio della Russia. Questa grande
potenza terrena è per certi aspetti alternativa alle potenze “di mare”, le talassocrazie
commerciali e finanziarie inglese e americana. Gli esperti geopolitici dell’Impero
Britannico, all’inizio del secolo scorso, erano ossessionati da un incubo: che si
verificasse una saldatura tra l’organizzazione tecno-industriale tedesca e l’immenso
territorio russo ricchissimo di risorse nel suo retroterra siberiano e inespugnabile,
come ben sanno Napoleone e Hitler.
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I quali ebbero a che fare col misterioso “Generale Inverno”. Ce ne può
parlare?
Le truppe occidentali avanzano, avanzano, mentre i Russi con apparente passività e
fatalismo si ritirano nelle profondità della loro terra. Ma avanzando gli eserciti più
poderosi, come la Grande Armata di Napoleone o le panzerdivision dell’Operazione
Barbarossa, si disperdono e cadono vittime dell’inesorabile clima nordico-polare che
caratterizza la Russia in ampie parti del suo territorio. E’ interessante come in un
film fumettistico prodotto da Hollywood nel 2014 l’eroe paladino dei “giusti” Capitan
America vada a scontrarsi con un ostico avversario “Il Soldato d’Inverno”. Almeno
nel fumettone cinematografico a vincere è Capitan America. Certo è impressionante
confrontare le cartine della espansione napoleonica, della espansione della Germania
guglielmina, della espansione di Hitler, e della espansione della NATO ad Est:
praticamente coincidono, ma pare che all’altezza del Don sia fissato un fatale “non
plus ultra” per le forze antagoniste che spingono da Occidente.
Il fiume Don si lega anche ai Cosacchi.
Certo, i famosi Cosacchi del Don: una comunità che si costituisce in milizia come un
Ordine di Cavalieri a difesa dello Zar, della Ortodossia e della Russia. “Il fiore dei
popoli russi” li definiva l’orientalista Pio Filippani Ronconi nel suo articolo su Roman
von Ungern-Sternberg. Nel corso del Novecento hanno avuto vita travagliata, divisi
tra rivoluzione rossa e anticomunismo. Sono risorti in questi ultimi anni e li abbiamo
visti pattugliare le strade di Mosca come milizia ausiliaria delle forze dell’Ordine,
prendere a cinghiate le “Pussy Riot” a Sochi durante le olimpiadi e impegnate sul
territorio di Crimea nelle operazioni che hanno preceduto il referendum di
reintegrazione nella Russia. Tradizionalmente lo Zar aveva il titolo d’onore di
Colonnello dei Cosacchi; manco a dirlo, questo titolo è stato recentemente attribuito
a Putin dagli ufficiali dell’ordine cosacco.
Può spiegarci meglio il concetto di Santa Madre Russia: non si cela in esso
un archetipo di tipo pagano?
E’ qualcosa di più profondo che non la “Marianna”, allegoria massonica della nazione
francese nella sua interpretazione giacobina. Santa Madre Russia è la
personificazione mistica di questa immensa pianura, bianca di neve d’inverno, bionda
di grano d’Estate, ricchissima nelle sue profondità. “Santa Madre Russia” rievoca
anche un antico archetipo pagano mediterraneo: Demetra, la Terra Madre. Al legame
con la Terra fanno riferimento anche le icone delle Madonne Nere, come la Vergine
di Kazan, che fu ritrovata per una curiosa coincidenza al santuario mariano di Fatima
e restituita alla Chiesa Russa da Giovanni Paolo II nel 2004. Il nero è chiaramente il
colore della Terra irrigata, ricca di umori e feconda di frutti, appunto come una
Grande Madre.
Le profezie di Fatima, così come sono state divulgate dagli ambienti cattolici,
fanno riferimento alla Russia…
Secondo il racconto di suor Lucia, la Madonna a Fatima avrebbe chiesto la
Consacrazione della Russia al Cuore Immacolato di Maria in conseguenza della quale
la Russia (allora divenuta bolscevica) si sarebbe convertita. Curiosamente l’atto di
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consacrazione della Russia compiuto da Wojtyla coincide con il grande cambiamento
che a partire degli anni Ottanta ha portato alla rinascita dell’anima tradizionale e
religiosa della Russia sulle ceneri della dissolta URSS. Certo non mancano gli utilizzi
in chiave “atlantista” delle profezie di Fatima: due pii fraticelli canadesi sono venuti
ultimamente in Italia a sostenere che l’atto di consacrazione compiuto da Wojtyla
non era valido e che dunque la Russia (di Putin!) continua a spargere “i suoi errori
per il mondo”. Non so se questi personaggi agiscano animati da fanatica buona fede
o vengano più schiettamente pagati in biglietti verdi, sta di fatto che è ridicola la loro
volontà di far coincidere la difesa della Santa Fede con la campagna antirussa
scagliata dagli USA, dai grandi speculatori internazionali. Ho notato in una delle
manifestazioni di appoggio alla Timoscenko un grande telo con l’immagine della
“Divina Misericordia di Gesù”. Ora mi pare di ricordare che Gesù prese la frusta per
scacciare mercanti e usurai dal tempio, non penso che nella sua Divina Misericordia
oggi si impegni ad appoggiare il governo dei banchieri a Kiev…
Io sono contrario a queste strumentalizzazioni e auspico il più ampio dialogo
ecumenico tra ortodossi e cattolici. Il Patriarca di Mosca è successore degli apostoli
esattamente come il Vescovo di Roma. Ho seguito gli atti e le dichiarazioni degli
ultimi due patriarchi, Alessio e Cirillo e mi sono accorto che sono persone di grande
levatura spirituale; d’altra parte sono contento che quando ho incontrato una
personalità importante del mondo ortodosso in Italia, l’archimandrita Antonij,
parroco della chiesa di Santa Caterina la Grande, a Roma egli abbia riconosciuto la
finezza intellettuale e la grande apertura alla spiritualità orientale di un pontefice
come Joseph Ratzinger. Penso che il dialogo sia importante e che l’Ortodossia possa
esercitare un influsso positivo sul cattolicesimo: ad esempio sul tema del rispetto
della liturgia, della architettura sacra o anche sul tema del matrimonio del clero
secolare e perché no anche suggerendo una maggiore indipendenza da certe lobby.
Ma la Russia è solo una nazione cristiana o ha legami anche con le altre
grandi tradizioni spirituali dell’Eurasia? Quanto da lei esposto che
connessione può avere con le grandi tradizioni dell’Asia, a cui la Russia si
riconduce?
Per la storia russa il battesimo cristiano – voluta dal gran principe di Kiev Vladimir il
Santo – è fondamentale. Non si comprenderebbe l’anima russa o i romanzi di Tolstoj
e Dostoevskij senza il riferimento ai Vangeli, soprattutto al Vangelo di Giovanni,
quello che presenta il Cristo come il Logos, la grande forza di Luce e Vita che è al
principio del Cosmo. E tuttavia la Russia è un ponte tra Oriente e Occidente, una
Federazione di popoli, dunque anche un pantheon di fedi: al di là della presenza
preponderante di cristiani ortodossi, vi sono parecchi mussulmani in gran parte
sunniti delle regioni meridionali, una piccola minoranza ebraica e i Buddhisti della
Siberia. Buddhista è una delle figure più interessanti dell’entourage di Putin: il
ministro della difesa Sergey Shoigu, uomo di profonda cultura, che parla
correntemente nove lingue, ama collezionare spade di samurai giapponesi e si
inserisce spiritualmente nella tradizione del Buddhismo Tibetano, quella che attende
l’apparizione di Maytreia, il Buddha Venturo. Shoigu è originario della regione di
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Tuva, uno dei luoghi connessi al misterioso centro dell’Agarthi Shambala. In Siberia
permane l’eredità dello sciamanesimo
Ci può parlare anche della presenza di gruppi neo-pagani in Russia?
In Russia, così come nei paesi Baltici, dopo la caduta del comunismo, si sono
organizzati anche gruppi di tipo neopagano anche se è difficile valutare la loro
consistenza numerica. Diciamo più in generale che i Russi non sono influenzati da un
tipo di mentalità illuminista che crea cesure con il passato per cui tendono a dare
valore a tutto ciò che si inserisce nella loro tradizione. Questo è visibile nell’ambito
delle celebrazioni di Stato: attualmente viene celebrato con grande pompa sia la
vittoria dell’URSS nella “Grande Guerra Patriottica”, sia date riconducibili all’Impero
Russo zarista. Allo stesso modo in ambito religioso non sorprende la valorizzazione in
alcuni ambienti dell’antica mitologia slava: questi ambienti evocano in particolare il
dio supremo Perun: un dio del tuono molto simile al Thor germanico.
Noi sappiamo che le fedi di tipo abramitico spesso manifestano una
fondamentale intolleranza e una tendenza alla litigiosità. Cristianesimo e
Islam in che modo convivono all’interno della Federazione Russa?
Convivono. La guerriglia dei separatisti ceceni è stato un fenomeno molto
circoscritto e chiaramente finanziato da speculatori finanziari come Soros o da
oligarchi: il noto terrorista ceceno Basaiev era capo delle guardie del corpo
dell’oligarca Berezovski, poi rifugiatosi a Londra. In passato, quando la crisi finale
dell’URSS e poi la voragine di miseria degli anni Novanta avevano portato la Russia
sull’orlo del collasso demografico, vi era il timore che la maggiore fecondità delle
popolazioni islamiche potesse squilibrare i rapporti demografici all’interno della
Federazione. Ora per effetto delle leggi di aiuto alle famiglie di Putin la demografia
della Russia è tornata in positivo e il rapporto delle varie componenti si è assestato
secondo la tradizionale formula. Va ricordato poi un fattore di unità molto
importante: tutte le grandi tradizioni euro-asiatiche che si stringono in un nodo
comune nella Federazione russa convergono nel riconoscimento di un grande Dio del
Cielo, luminoso, paterno, custode della giustizia: il Tengri (Cielo-Dio) venerato dai
Mongoli non è molto diverso dall’Urano o dallo Zeus dei Greci, né dal “Padre nostro
che sei nei cieli” della più celebre preghiera cristiana.
Quale è il rapporto tra il territorio della Russia e l’origine delle culture indoeuropee?
Beh, certo, quando l’Europa Settentrionale e la stessa Europa Centrale erano dei bei
lastroni di ghiaccio è più probabile che i nostri antenati avessero la loro area di
prima formazione della loro identità culturale in una zona più meridionale e
intermedia tra l’Europa e l’Asia. Appunto la regione sovrastante il Mar Nero: lì fiori
infatti la Cultura Kurgan, e da lì si diramarono le popolazioni indo-iraniche verso
l’Asia e le popolazioni protoeuropee verso il Nord-Ovest dell’Europa (Germanici) e
verso il Centro-Sud dell’Europa (Celti ed Italici), lungo un cammino che è segnato
dallo sviluppo successivo delle culture danubiane, della ceramica cordata e dell’ascia
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di combattimento, di Halstaat e poi – relativamente all’Italia – della cultura
villanoviana.
Parliamo anche dell’Italia: che ruolo può avere la nostra nazione nella
creazione di una “Europa unita da Lisbona a Vladivostok” ?
Guardi è un ruolo fondamentale. Non lo dico per spirito nazionalistico e neppure
voglio citare le tremila ragioni che riguardano la grandezza dell’Italia. Mi limito a
segnalarle due dati per suggerirle un mistero. Il dato geografico: l’Italia è al centro
del Mediterraneo, che a sua volta è il “lago” sul quale si incontrano i tre continenti
dei tre grandi gruppi umani (Africani, Caucasici, Mongolidi). Essa è in posizione
“cruciale”: a Nord confina col mondo germanico, a Sud con il ribollente mondo
africano, a Ovest si apre alla direzione atlantica (si pensi al genovese Colombo…), a
Est si apre all’Eurasia (si pensi al veneziano Marco Polo…). Ora consideriamo un
dato storico: dalla caduta dell’Impero Romano la nazione che estendeva la sua
influenza sulla penisola italiana era quella che solitamente poteva essere considerata
la “superpotenza” del tempo. Da una parte l’Italia post-romana ha una sua intrinseca
debolezza, divisione interna; d’altra parte sembra custodire in sé ancora l’Arcanum
Imperi. Sia pur debole politicamente essa continua ad essere “ispiratrice”. Per tale
motivo ritengo che la “relazione speciale” tra Italia – terra di frontiera tra Oriente e
Occidente, terra cruciale – e la Russia sia una delle chiavi per affrontare in maniera
risolutiva le crisi geopolitiche del presente.
E arriviamo dunque all’attualità. Come descrive e giudica il fattore Putin in
merito alla cultura del proprio popolo ed in relazione alla catabasi della
civilizzazione occidentale?
Catabasi dice?
Sì.
La ringrazio…
Perché?
Luca Valentini
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Perché era dai tempi del Liceo Classico che non sentivo una
parola del genere: mi fa ricordare l’Anabasi di Senofonte. Certo, in questo caso si
parla di “catabasi”, ovvero di un andare verso il basso. Capisco ciò a cui lei si
riferisce: banchieri che dominano i popoli e premendo un pulsante su un computer
mandano in rovina milioni di lavoratori e risparmiatori, quartieri periferici di capitali
un tempo eleganti messi periodicamente a ferro e fuoco, popstar vestite da
baldracche che si atteggiano a maestre di vita, creature amorfe metà pelle e metà
silicone. Come dice la canzone: “più in basso di così c’è solo da scavare!” In
alternativa a tutto questo mondo che affonda nel mare occidentale, Vladimir
Vladimirovic Putin sembra davvero assumere una funziona di guida, la funzione del
Katechon.
Neanche lei scherza: a “Catabasi” risponde con “Katechon”…
E certo! Bisogna essere all’altezza del proprio intervistatore. “Katechon”, Colui che
trattiene: ne parla Paolo nella Lettera ai Tessalonicesi. E’ forza protettiva che fa
argine al caos, che “impedisce il movimento all’indietro e verso il basso, nella
tenebra del caos e nel ritorno a uno stato primitivo”, per citare le parole conclusive
del discorso di Putin del 12.12.2013. Ora è interessante cosa scrive nel suo opuscolo
“De Antichristo” il massimo teologo occidentale: Tommaso d’Aquino: “Qui tenet,
scilicet romanum imperium” – “Colui che trattiene – ovvero l’Impero Romano”. Alla
potestas del Cesare è riferita propriamente la capacità di reggere la frontiera contro
il caos.
Ringraziamo Alfonso Piscitelli per il tempo concesso ad Ereticamente.
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