CORRADO GINI
Colonie e materie prime
Ho davanti a me due opuscoli recenti che
costituiscono due nuovi anelli di quella sottile
catena con cui certa quasi-scientifica propaganda britannica cerca di avvincere l'opinione
pubblica internazionale. Entrambi trattano
del problema delle materie prime: l'uno,
pubblicato nel gennaio 1936, è dovuto a Sir
Norman AngelI ed ha per titolo Raw maierials,
populaiion pressure and mar (World Peace
Foundation, Boston); l'altro, dell'aprile successivo, è distribuito dall'Information Department del Royal Institute of International
Affairs ed ha per titolo Ram materials and
colonies,
* * *
Il Sig. Norman (ora Sir Norman) AngelI
ebbe momenti di grande popolarità nell'immediato anteguerra. È suo il libro The Great
lllusion, a study of the relation of military
pouier to national advantage, che dal 1909 al
1914 rappresentò un successo librario eccezionale. T esi del libro era che la guerra non
poteva ormai apportare al vincitore alcun
vantaggio economico. II vincitore distrugge le
popolazioni nemiche e ne confisca la ricchezza?
- Esso rovina se stesso, in quanto si preclude.
in tal modo, gli sbocchi commerciali. Preferisce invece di imporre una indennità di
guerra? - Sarà ricchezza avvelenata. il suo
pagamento non potendo che far crescere a
dismisura i prezzi senza aumentare il benes.. .
strazione : ecco tutto. Sono colonie. infine,
che il vincitore riesce a strappare al vinto? Ma le colonie militarmente rappresentano
una debolezza, economicamente non costituiscono mai un vantaggio. Onde l'autore con-
cludeva alla fntilità completa, dal punto di
vista economico, della conquista armata e
conseguentemente della forza militare (I).
Nella edizione del 1914 (2), Norrnan AngelI
ci informava come, in meno di tre mesi dopo
la comparsa della sua opera, egli avesse rice ...
vuto comunicazioni in proposito da quattro
capi di Stato. Ambasciatori invocavano i
principi da lui svolti in appoggio alle loro
dichiarazioni politiche. Dal 1909 al 1914,
l'opera aveva avuto, in inglese, 14 nuove cdi...
zioni o ristampe; e 24 edizioni straniere,
pronte o in preparazione, in 22 lingue diverse,
stavano conquistando il mondo intellettuale
delle cinque parti del globo. Discussioni erano
seguite su molti grandi giornali: l'autore
aveva risposto brillantemente alle obbiezioni.
Nessuna confutazione organica alla sua tesi
era sorta. Cosicché Norman AngelI poteva
seriamente pensare che il mondo avesse riconosciuto l'inutilità economica delle guerre e
queste, secondo quanto egli auspicava. doves...
sero scomparire definitivamente. come erano
scomparse le guerre di religione appena il
mondo fu persuaso dell'impossibilità di costringere con la forza le credenze dei popoli.
sere, qualora 1'indennità sia pagata in nu-
(1) Cfr.• per l'esposizione e la critica delle idee del-
rnerario, o rovinare le industrie nazionali.
qualora sia pagata con beni in natura. Si
risolve, la guerra, con l'annessione di nuovi
territori? - Questi cambieranno di ammini...
I'Angell, il nostro articolo Cause apparenti delle guerre
in « Politica l). 1 maggio 1919, riprodotto in Problemi
sociologici della guerra. Bologna, Zanicbelli, 1921, pagg.
51 e segg .
(2) London, W. Heinemann .
~17-
Quand'ecco una lieve incongruenza soprav ..
venire: la guerra mondiale. e, particolare
ancora più sconcertante, proprio motivata,
dagli Imperi centrali che la dichiaravano,
con necessità di carattere economico. E,
quando, qualche anno dopo, gli Stati Uniti
d'America si unirono agli alleati, pochi dubitarono che considerazioni economiche aves ..
sero avuto gran parte nella loro decisione,
come oggi nessuno, credo, contesta che dalla
guerra essi abbiano enormemente guadagnato.
La crisi odierna ha ridato fiato a Sir Norman
Angell, che ripresenta la sua tesi, conveniente..
mente adattata alle circostanze, nel recente
opuscolo sopra citato che passiamo ad esaminare.
Egli sembra riconoscere che la conversione dell' opinione pubblica, che col suo
libro poteva lusingarsi di avere operato prima
della guerra, non è stata molto duratura, poichè
comincia il suo dire (pag. 5) osservando che
comunemente si ammette, quasi senza discussione, che la guerra moderna abbia le sue radici in necessità o in .cupidigie economiche e,
oggi in particolare, nel bisogno che le nazioni
industriali hanno di materie prime e di sbocchi
per la crescente popolazione. Scopo dell'opuscolo è di esaminare la vera essenza dei pro . .
blemi delle materie prime e della popolazione
(pag. 8), dimostrando che la soluzione loro non
si può ricercare in una modificazione delle
frontiere (pag. lO).
Ecco i punti essenziali della sua tesi (cfr. particolarmente pago 11).
U n'autosufficienza economica non è garanzia di prosperità, nè condizione necessaria
ad un alto livello di benessere. Il problema
delle materie prime non è un problema di
deficit; di materie prime vi è, al contrario,
sovrabbondanza, e le nazioni che le posseggono sono ben liete di poterle vendere. La
difficoltà, per le altre nazioni, è solo di trovare
i mezzi di pagamento necessari. Nè con la
scarsezzza di materie prime ha alcun rapporto la crisi attuale.
Un riassetto delle attuali frontiere, cosi da
rendere ogni nazione relativamente autonoma
dal punto di vista economico, costituisce una
impossibilità materiale. se si vuol conservare
un livello di vita civile, e, quand'anche esso
riuscisse possibile, la soluzione non potrebbe
durare più di qualche anno, chè le nuove invenzioni e i modificati bisogni la renderebbero
ben presto inadatta. Nè vi sarebbe alcuna
garanzia che essa portasse alla pace: se, ad
esempio, il Trattato di Versailles venisse completamente riveduto, COSI da porre la Ger'mania
nella sua posizione prebellica, nessuna garanzia di pace ne seguirebbe. chè, appunto
quando la Germania era in tale posizione.
la pace non fu mantenuta.
Nè il problema delle materie prime, nè quello
della popolazione possono essere risolti con la
conquista di colonie o l'attribuzione di mandati: è un errore parlare di ( proprietà» di una
colonia da parte della madre patria; in realtà
la madre patria non ha su di essa nessuna
proprietà; proprietari sono i privati [pagg. 1923) e il cambiamento di dipendenza politica della colonia dall'una all'altra nazione
non altera -menomamente la fondamentale
situazione economica (pag. 21). Lungi dall'essere necessarie o sufficienti al benessere
della madre patria, le colonie o altre dipendenze territoriali spesso le sono economica..
mente dannose. in quanto introducono entro
le frontiere pericolosi concorrenti alle indu ..
strie nazionali, come insegna l'esperienza dell'India, delle Filippine, e della Manciuria
(pagg. 26-27).
In definitiva. le correnti commerciali non si
dimostrano affatto legate alla dominazione
politica (pagg. 21-23).
Per ciò che concerne la popolazione, gli
esempi delle colonie tedesche, italiane e giapponesi dimostrano come le conquiste territoriali non possano fornire uno sbocco per
la popolazione sovrabbondante, la quale continua, invece, a riversarsi in altre terre economicamente più attraenti (pagg. 34-39).
Quali dunque le direttive per una soluzione?
Primo compito, secondo l'A., è che il Governo britannico, in accordo con l'offerta
fatta da Sir Samuel Hoare, prenda l'iniziativa
per una investigazione internazionale su tutta
la situazione delle materie prime [pag. 43).
Se l'inchiesta dovesse provare, come essa proverebbe, che la difficoltà non viene da scarsezza delle materie prime o da difficoltà alloro
accesso, ma dalle barriere frapposte alla cooperazione e agli scam-bi internazionali. si sarebbe
fatto un gran passo (pagg. 43-44). Senza
-18pensare ad attuare una politica mondiale
di libero scambio, che, anche se possibile,
riuscirebbe disastrosa, si dovrebbe poi stabilire come principio fondamentale di corretta
condotta internazionale e Come parte dei doveri
di buon vicinato, di non modificare le tariffe
doganali, e analogamente la politica monetaria
che a queste è indissolubilmente connessa,
senza consultare le altre nazioni, così che ogni
Stato venga a proteggere i propri interessi
senza danneggiare gli altrui (pag. 45).
* **
L'auspicato progetto di un'inchiesta sulle
materie prime, se non dal Governo britannico,
viene attuato, in relazione alle colonie, dal
Royal Institute of International Affairs nell'altro opuscolo sopracitato. L'Istituto si dichiara
un ente non ufficiale e apolitico, diretto a
promuovere e facilitare lo studio scientifico
delle questioni internazionali, Il suo Information Department pubblica opuscoli diretti
a fornire un esposto conciso ed obbiettivo dei
fatti necessari a comprendere taluni argo...
menti di attualità. t: però proibito all'Istituto
di espri mere un 'opinione su un aspetto qual ...
siasi dei problemi internazionali, così che le
opinioni espresse in questo opuscolo, come
viene dichiarato preliminarmente, con una
affermazione più categorica di quella con ...
tenuta in altre pubblicazioni uscite sotto gli
auspici dello stesso Ente, non sono le opinioni
dell'Istituto (I), Poichè, d'altra parte, manca
ogni nome di autori o collaboratori o ispiratori
dell'opuscolo, il lettore si trova di fronte ad
una pubblicazione di cui nessuno assume la responsabilità e la sua umana curiosità di cono...
scere gli autori di qualche peregrina argomen.. .
razione è destinata a rimanere insoddisfatta.
Gli anonimi autori concordano, in sostanza,
con tutte, si può dire, le tesi esposte da Norman
AngelI, per quanto sia da riconoscere che l'opuscolo del Royal Institute of International Affairs si presenta con apparenza di serietà
(1) «Any opinione expressed in this publication are
not, therefore, the views of the Institute a (pag . 2).
In testa al volume del Prof. Carr Saunders World Population, uscito contemporaneamente sotto gli auspici
dello stesso Istituto, viene solo dichiarato che le «opi...
nions expressed in this bcck are therefcre purely
individual e .
molto maggiore di quello di Norman Angeli.
Questi, infatti, lavora in gran parte su discorsi
di uomini politici o su articoli di giornali o su
autori generalmente di secondo o terzo rango
ed ignora completamente le opere più ap-
profondite sulle materie prime: l'inchiesta
della Società delle Nazioni (1921) e le pubblicazioni dell'American Academy of PoliticaI
and Social Science (1924) e della Brookings
Ìnatitution (1930), mentre i collaboratori del
Royal Institute mostrano di conoscere, insieme COn molte altre. queste fonti, per quanto
le citino solo incidentalmente, apigojandone
qualche notizia che si accorda con le loro
direttive,
La tesi, però, su cui essi particolarmente
si soffermano, è che un rimaneggiarnento
delle colonie, e più ancora dei mandati, non
risponderebbe alle richieste delle potenze insoddisfatte: Germania, Giappone e allora
(aprile 1936) Italia, Essi intendono dimostrare
che il contributo di tali territori alla produzione
mondiale delle materie prime è di poco momento, poichè, salvo la gomma e forse lo stagno,
non vi sono materie prime importanti prodotte nelle colonie (pag. 17), Altre materie
prime secondarie, come la copra e l'olio di
palma, provengono bensì quasi esclusiva.. .
mente dalle colonie, ma esse sono facilmente
soatituibili con altri prodotti non coloniali
(pag. 17), E tutti gli Stati sono ben lontani
dal bastare a se stessi; tutti dipendono dall'estero per molte importanti materie prime
(pag. 29), Ne la situazione risulta essenzialmente diversa per ciò che concerne i prodotti
alimentari, in quanto solo la produzione colo . .
niale di cacao. tè, canna da zucchero e banane
assume sensibile importanza (pag. 33).
D'altra parte, le restrizioni dirette (quali
discriminazioni nei diritti di esportazione,
restrizioni allo sfruttamento e organizzazioni
monopolistiche a carattere internazionale),
imposte dagli Stati coloniali all'uso delle materie prime coloniali da parte degli stranieri,
non hanno attualmente nè estensione nè importanza (pag. 51). Se l'uso ne è impedito, ciò
dipende sostanzialmente dalle restrizioni indirette derivanti dall'interruzione del commercio internazionale (pag. 51), di fronte al quale
anche i dazi preferenziali di importazione
da parte delle colonie sono di poco momento
19(pag. 36). Più volte si riconosce, però, che l'economico è solo un aspetto del problema; considerazioni di prestigio, di strategia, di psicologia
sono anche importanti e devono esse pure
venir tenute presenti (pagg.5 e 51).
A questo riconoscimento. ripetuto sulla
soglia delle conclusioni, l'animo dell'ingenuo
lettore si apre alla speranza, perchè - egli
pensa - se da una parte le colonie servono così
degli indigeni per rendere detto passaggio
giustificabile [pag. 52). Certo il lettore dovrà
riconoscere che queste preoccupazioni appaio-
no naturali sulla bocca di cittadini dell'lmpero britannico. il quale cosi amorevolmente si è sempre preoccupato e si preoccupa
dei diritti di autodecisione delle popolazioni dell'India, dell'Egitto e della Palestina,
come in passato si è preoccupato di quelli
delle colonie americane, e dei Boeri, e che
giammai avrebbe accettato o accetterebbe alle
poco alla madre patria e questa non è particolarmente gelosa del loro sfruttamento, e se,
d'altra parte, certi irrequeti scavezzacolli della
politica internazionale hanno curiose ubbie
sue dipendenze popolazioni di cui non risultasse inequivocabiImente il volonteroso
coloniali e minacciano per esse di mettere il
consenso o quanto meno la completa indiffe-
mondo a soqquadro, la logica porterebbe ad
renza alla sua sovranità.
il vecchio genitore cede
Perciò, dunque, la soluzione della cessione di
sorridendo una vecchia cianfrusaglia al ca...
priccioso bambino che si rjprcmette di farne
chissà che cosa. I doni. invero, non hanno mai
abbassato il prestigio del donatore e, fatti
colonie o mandati alle nazioni insoddisfatte
è scartata, e poca simpatia viene ugualmente
dimostrata per la creazione di mandati inter-
tempestivamente e spontaneamente, generano
amicizia. Vi è, certo, il punto di vista militare,
ma alcune colonie per intero. e altre in parte,
rappresentano. da tale punto di vista. più
pagnie autorizzate ad operare nel campo colo..
accontentarli. come
una debolezza che una forza, e, per quelle che
rappresentano una
forza,
il mantenimento
dei gangli vitali varrebbe, non solo a salvaguardare la potenza del donatore, ma ad
nazionali (pagg. 52-53)
o di grandi com-
niale per conto delle nazioni insoddisfatte
(pag. 55), mentre le proposte prese in considerazione si riducono a qualche garanzia
internazionale di libero accesso alle colonie sotto ]'egida della Società delle Nazioni
(pagg. 55-56), o alla trasformazione delle
attuali- colonie in mandati societari di tipo B
accrescerla. mettendo alla sua mercè, in caso
di ostilità armata, i t~rritori ceduti.
(affidati, naturalmente, alle attuali potenze
coloniali) (pagg. 53-54), ma non senza sostan-
Senonchè il lettore ingenuo non si rende
ziali compensi, quali, fra altro, una conven . .
zione per il disarmo ed un mutuo sistema di
conto della finezza dei sentimenti dei nostri
autori. Essi vogliono evitare ai poveri illusi
anche ]'amarezza di una sia pur parziale disillusione, e poi paternamente si preoccupano
difesa (pag , 54), con lo scopo evidente di
garantire indefinitamente lo statue qua.
della sorte degli indigeni e dei loro diritti di
* * *
autodecisione. Colonie o mandati non potreb.. .
bero fornire le. materie prime necessarie, nè
Viene fatto di domandarsi se gli autori di
questi opuscoli e coloro che al di qua e al
di là dell'Atlantico fanno loro eco, affan-
mitigare le difficoltà dei cambi nella misura
che le nazioni dinamiche si imaginano,·e
perderebbero molto delle loro attrattive in
seguito alle garanzie che bisognerebbe pur
dare agli indigeni [pag. 52) per non rendere lo sfruttamento delle risorse naturali incompatibile coi loro interessi (pag, 51). E
poi conviene pensare agli oneri in cui incorrerebbero le nazioni a cui fossero accollati,
con le colonie, i debiti rispettivi, senza parlare
del volonteroso consenso, o quanto meno
del completo disinteressamento, al passaggio,
che sarebbe necessario ottenere da .parte
nandosi per dissipare. come essi dicono. le
illusioni altrui. non sieno invece per avventura
essi stessi le vittime di gravi illusioni. Sudditi
di un vasto lmpero, che è accusato davanti alla
storia di avere sfruttato a vantaggio proprio
le - terre occupate in nome del progresso, e
vede con inquietudine sorgere nuove potenze
imperialistiche. e sente per ogni dove le sue
dipendenze minacciate dai malcontenti in..
terni e dalle esterne pressioni; o cittadini di
giovani nazioni, a cui la dovizia delle risorse
naturali e gli apporti gratuiti di forze di lavoro
-20 hanno dato una prosperità materiale che costi..
tuisce la loro ragione di vita e che temono di
in quanto sia possibile, di prevenirli od atte..
nuarli con equi accordi o tempestive conces-
perdere; o piccoli borghesi di piccoli state-
sioni. D'altra parte, la tendenziosità della loro
relli senza possibilità di costituirsi una indi ..
tesi è così manifesta, che, se essi possono per...
suadere i cointeressati o trarre in inganno
vidualità economica autonoma, che paventano
di restare schiacciati nell'espansione delle
gli indifferenti, riescono solo ad esasperare
grandi potenze e, privi di proprio prestigio
internazionale, non hanno altra speranza di
coloro a cui negano giustizia e provocano in
questi, per reazione, il disconoscimento anche
pesar sulle sorti del mondo che attraverso
di quel nucleo di verità che la loro tesi con-
gli organi societari, essi si illudono di essere
tiene.
indipendenti e obbiettivi nell'architettare le
Molti pensano che nulla abbia tanto contribuito alla scoppio della guerra mondiale
quanto l'illusione, diffusa in larghi settori delle
loro
costruzioni
quasi ..scientifiche,
mentre
queste 'sono in realtà nulla più che l'incoercibile manifestazione delle preoccupa.. .
zioni che dominano il loro subcosciente. Quan..
do gli interessi o i sentimenti loro sono seria . .
mente intaccati, crolla la fragile superstruttura
classi dirigenti, particolarmente in Inghilterra,
che una guerra europea fosse ormai praticamente impossibile, e pochi ne sono maggior-
della loro logica. E cosi si è visto Norrnan
Angell, sostenitore della futilità delle guerre
e dell'indifferenza della sovranità territoriale,
adoratore della pace mondiale, farsi, proprio
coi suoi scritti, si era tanto adoperato per far
sorgere tale illusione. Se domani la pressione
mentre il suo opuscolo veniva pubblicato,
uno dei più accesi sostenitori delle sanzioni
-economiche contro l'Italia e, se quanto i
giornali riferivano è vero, uno degli apostoli
più irrequieti dell'adozione di quelle sanzioni
militari che avrebbero sicuramente portato
ad. una conflagrazione mondiale.
Se questa è l'illusione di un rumoroso, ma
ristretto, gruppo di propagandisti, vi è un' altra
illusione, che non è solo la loro, quella, cioè,
che una propaganda siffatta contribuisca alla
causa della pace. A Norrnan Angell, appunto,
è stato assegnato, tempo fa, il premio N obel
per la pace e il suo recente opuscolo è pubblicato dalla World Peace Foundation di Boston,
che ha per iscopo di Promuovere con ogni
mezzo pratico la pace e il buon volere in seno
mente responsabili di Norman Angeli, che,
delle nazioni tuttora insoddisfatte, diretta ad
assicurarsi sbocchi demografici e rifornimenti
di materie prime, dovesse portare ad una nuova
conflagrazione mondiale, una grande respon..
sabilità ricadrebbe sopra questi vecchi e nuovi,
palesi od anonimi, sornministratori di oppio.
***
Il nucleo di verità che la tesi accennata
contiene è che la completa autosufficienza
economica di uno Stato non è praticamente
realizzabile. Se non che, notoriamente, tale non
è, nè mai fu, il programma enunciato delle na...
zioni insoddisfatte, neppure nei discorsi politici
intesi a galvanizzare le folle ed a cui sarebbe
Iuor di luogo richiedere la precisione del linguaggio scientifico. Ma da tale ideale, ricono...
sciuto praticamente irraggiungibile, ad una si..
tuazione che metta la nazione alla rnercè di uno
all' umanità. Le buone intenzioni di questa
o di pochi altri Stati, ci corre. Pur fallito, il
brava gente possono essere ammesse, ma, in
tentativo sanzionista, mostrando la possibilità
che anche molti Stati si coalizzino, per ragioni
fondate o per coperti interessi, contro uno solo,
ha naturalmente accentuato il programma minimo dell'autosufficienza economica. Anche
in questa materia, avviene degli Stati come
degli individui: bastare a se stesso è, per un
individuo, nella attuale società civile, impossi..
realtà, gli effetti della propaganda cbe essi
favoriscono e premiano, risultano ben diversi
dagli scopi dichiarati. Gonfiando un nucleo
di verità fino a fargli perdere le essenziali
caratteristiche del reale, sfruttando l'ingenuo quietiamo delle anime buone e delle
anime pavide, essi addormentano l'opinione
pubblica coi fumi delle loro utopie ed impe-
bile, ma ciò non significa che sia desiderabile
discono agli elementi responsabili di rendersi
conto delle cause profonde che maturano gli
Una condizione in cui tutta la sua esistenza
dipenda esclusivamente da una o da poche
squilibri fra le nazioni e di tentare seriamente,
persone. Il piccolo numero degli Stati esi-
-21
stenti In confronto al grande numero degli
individui fa sì che sia più facile che un' eccessiva dipendenza si verifichi per una nazione
che per una persona, e rende corrispondentemente maggiore l'importanza dell'autosufficienza economica nella politica economica
internazionale che nell'economia -individuale.
Che, come osserva l'AngelI (pag. 11), l'autosufficienza economica non basti a determinare
la prosperità di una nazione. e similmente di
un individuo, è certo; per quanto nulla provi
la constatazione che molti Stati, i quali in
misura maggiore bastano a se stessi, sono anche
tra i meno prosperi. Ciò dipende invero,
dal fatto che essi sono economicamente i meno
evoluti; per essere probativo, il confronto
dovrebbe farsi tra paesi che si trovano allo
stesso stadio di evoluzione. E che l'autosufficienza economica non sia necessaria a raggiungere un alto grado di prosperità (cfr. AngelI,
pago 10; R. M. C. pago 14) (1), è pure certo.
L'esempio, da questi autori citato, dell'Inghilterra si presta tuttavia alla facile osservazione che essa stessa ha tanto avvertito i pericoli del sistema da ritenere necessario di
assicurarsi il dominio dei mari. un programma
che ovviamente non è attuabile per tutte le
nazioni. Si deve anzi riconoscere senza difficoltà che, momentaneamente almeno, e Iinchè
durano gli scambi normali, la divisione del
lavoro è utile ed ogni sua riduzione, diretta
ad accentuare l'autosufficienza economica. non
può pertanto che diminuire il livello della prosperità. Se non che ogni persona di buon senso.
ed anche i teorici dell'economia, da Adamo
Smith in giù, ben riconoscono che la sicurezza
deve andar avanti alla prosperità, o quanto
meno deve essere presa in considerazione
collateralmente con questa. Tra il punto di
vista dell'economia classica e quello della
moderna politica economica. la differenza
non è di principio. ma di misura, in quanto
questa insiste molto più di quella sulla sicurezza. quella concentrando la sua attenzione
esclusivamente o quasi sui pericoli della guerra
armata. e questa invece attribuendo importanza anche ai pericoli delle guerre e delle
crisi economiche. Ciò è dovuto alla circostanza
- che solo di recente si è cominciata a valu(I) R. M. C. = Raw Materials and Colonies.
tare a pieno - che il lungo intervallo che va
dalle guerre napoleoniche al principio del nostro secolo, durante il quale la teoria economica fu sistemata e codificata. ha presentato caratteri. da molti punti di vista. assolutamente
eccezionali. Esso ha rappresentato per l'Europa un periodo di normale sviluppo, solo
rare volte interrotto da brevi e. in definitiva.
non profonde crisi, un periodo. quale non
si incontra risalendo per molto tempo addietro e quale probabilmente non si incon-trerà per molto tempo in futuro. Ma, per il
passato più remoto, sono tutt'altro che ignoti
esempi di Stati ridotti a mal partito dalla
loro dipendenza economica; uno dei più
significativi è quello della repubblica fiorentina
rovinata dalla reciaione dei rifornimenti la..
nieri che dalla Gran Bretagna alimentavauo
la sua fiorente arte della lana. E, per il presente, non occorre citare il tentativo - abor..
tito per la rapida vittoria militare - delle
sanzioni contro l'Italia, perchè tutta la crisi
attuale è la documentazione vivente dei peri..
coli di una interdipendenza economica tra
gli Stati. non garantita, nella sua continuazione.
da una corrispondente interdipendenza po ..
litica (1).
Tutti sono d'accordo, credo, che fu la rottura della collaborazione economica internazionale a far assumere alla crisi, già iniziata in
alcuni paesi. il suo carattere mondiale; ma
non tutti apprezzano o sanno logicamente
connettere a questa due altre verità: la prima
che la gravità della crisi è derivata dalla specializzazione, che è quanto dire dalla mancanza
di autosufficienza. che le economie nazionali
erano venute assumendo per l'incontrollato
o mal controllato regime degli scambi internazionali; la seconda che. finchè non ci sia
un'autorità superstatale, è vano sperare che.
in periodi di difficoltà, i singoli paesi non facciano il comodo loro. regolando la loro azione
di fronte ai paesi esteri in base al vantaggio
(1) Cfr., in proposito. l'articolo su Gli sviluppi della
crisi mondiale. in questa stessa Rivista, II trimestre 1934,
e. per maggiori sviluppi. il volume Prime linee di Patologia Economica (Milano, Ciuffrè, 1935), pagg. 572-576.
e l'altro articolo I problemi della dieìribozione internazionale della popolazione e delle materie prime, in (( Rivista di Politica Economica », Anno XXVI, Fase. IV.
1936.
-22proprio e non a quello del genere umano. a ripetere (1), particolarmente grave, del
Ma un'autorità superstatale non esiste, nè problema dell'autosufficienza economica. E
si vede per ora donde possa spuntare, e la particolarmente grave sarebbe quindi affidarne
Società delle Nazioni - a parte il fatto che la soluzione, o la sorveglianza di una qualsiasi
ha tanto perduto di autorità - è proprio il sua soluzione, alla Società delle Nazioni.
contrario di un'organizzazione superstata]e, Sarebbe, oltre che particolarmente grave,
perchè, invece di esigere. come questa deve, particolarmente ingenuo dopo la incapacità
la subordinazione degli interessi dei singoli specifica che la S. d. N. ha già dimostrato
Stati al vantaggio generale. tende alla subor- ad affrontare adeguatamente il problema (2).
dinaaione del vantaggio generale aH'interesse Doppiamente ingenuo poi affidarle la sorvedi alcuni Stati (nominativamente Inghilterra glianza delle attuali colonie trasformate in
e Francia) che hanno saputo assicurarsi negli mandati di tipo B, sui quali tutti i suoi poteri
consistono nel chiedere spiegazioni intorno
organi _societari posizioni di preminenza al
rapporto presentato dalla potenza mandacome ben sa ognuno che della Società delle
Nazioni abbia anche una superficiale espe- taria.
Non credo che tali progetti abbiano alcuna
rienza. Ciò spiega perchè Inghilterra e Francia
si trovino sempre concordi, come avvenne probabilità di essere presi sul serio. Essi st~nno
appunto nell'inchiesta sulle materie prime solo ad attestare come la necessità di provvedi.. .
del 1921. nell'opporsi sistematicamente ad menti internazionali per risolvere il problema
ogni proposta che possa conferire alla Società delle materie prime sia ormai universalmente
delle Nazioni attribuzioni superstatali (I). riconosciuta.
Nè si tratta di Un problema soprattutto
Onde deleterio programma è quello, patrocinato nei due opuscoli sullodati e in tanti potenziale, come si vorrebbe far credere
altri superficiali scritti e discorsi dell'ora (R.M.C., pago 51), in quanto oggi gli stranieri
presente, di ripristinare la collaborazione e gli non siano posti in sensibili condizioni di in.. .
scambi internazionali senza una garanzia ferio rità nello sfruttamento o nell'acquisto
superstatale, Saremmo sicuri di ricadere (al delle materie prime coloniali.
Che oggi, per molte materie prime, Cl SIa
sorgere di nUOVe difficoltà) in una crisi forse
Una
crisi di sbocchi, anziché una crisi di depiù grave dell'attuale. Peggio poi se la collaborazione fosse ripristinata sotto l'egida della ficit come si avverò nell'immediato dopo
Società delle Nazioni, chè dovremmo temere guerra, e che quindi i produttori siano preoc . .
che la ripresa fosse rallentata e la ricaduta cupati della loro vendita, è vero. Ma essi,
affrettata e aggravata da una considerazione in molti casi, vogliono poi venderle a prezzi
preponderante degli interessi di due nazioni di monopolio, oppure i prezzi risultano grache indubbiamente furono grandi e che lo vati da dazi all' esportazione. E poco vale l'ossono tuttora, ma che vengono e per il servare che tali prezzi o dazi non discriminano
tra consumatori locali e stranieri (R.M.C.,
vantaggio dell'umanità è bene che vengano cedendo terreno di fronte a stirpi demogra- pago 46). Alle volte il consumo locale è traficamente più vigorose.
***
Il problema delle materie prime è un aspetto
particolare. ma, per ragioni che non starò qui
(I) Cfr. L'enquéte de la S. d. N. sur la cuestion des
matières premières et des denrées olimentaires, « Metron »,
Val. II, n. 1~2, 1922" dove il testo dell'inchiesta è corredato di abbondanti note e di un'appendice che mettono in luce l'attitudine che hanno preso, in tale occasione, gli organi della S. d. N. e in particolare i rappresentanti di tal une nazioni,
(1) Cfr. l' articolo Il problema delle materie Prime
in «( Rivista di Politica Economica )), An. XXII, fase. XII,
1932 e Patologia Economica. cit., pagg. 163 et segg.
(2) In occasione dell'inchiesta del 1921. Vedi, per la
inconcludenza delle conclusioni raggiunte dagli organi
societari, la citata pubblicazione in « Metron », Val. II,
n. 1~2, 1922, o anche il Rapport sur certains aspecìs du
tnoblème des maìières tnemières (contenant en annexe les
documento sur la matière presentée à la Section par
M. le Prof. C. Gìni) , presentato dalla SECTION EcoNOMIQUE della COMMISSION ECONOMIQUE ET FINAN~
CIÈRE PROVISOIRE. SOCIÉTÉ DES NATIONS, Doc. C. 51,
M. 18, 1922,
-23~
scurabile di fronte allo straniero, cosicchè
questo in pratica sopporta tutto l'onere della
maggiorazjone del prezzo. In ogni modo,
qualunque sia la parte del consumo locale,
l'osservazione assume diversa portata quando
dal punto di vista individuale si passa a censidcrerc il punto di vista nazionale; poichè,
se il gravame della maggiorazione del prezzo
si divide allora tra consumatori nazionali e
stranieri, il maggior ricavato va però per intero ai produttori o al fisco del paese, cosi
che in ogni caso l'economia del paese produttore. sotto questo aspetto, ne guadagna e
quella degli altri paesi ne perde (I). Anche
il dire che la questione delle materie prime
abbia poco a che fare con la crisi attuale è
inesatto, e anzi doppiamente inesatto. t: certo,
infatti, che le coalizioni di produzione e di
vendita, che comprendono ormai una parte
ragguardevole delle materie prime industriali
ed alimentari. da una parte contribuirono
a preparare il terreno alla crisi e, dall'altra,
l'aggravarono impedendo o ritardando l'azione
delle forze riequilibratrici (2).
Non è il caso di seguire la dettagliata discussione che, nel!'opuscolo del Royal Institute of lnternational Affairs si fa sulla libertà di
accesso alle materie prime nelle colonie o
nei mandati. La discussione, non solo è, in
più di un punto, lacunosa, come abbiamo
detto o diremo (3), ma è, soprattutto, non
rispondente al fine di dare un'immagine precisa della situazione dei vari territori. Poco
serve infatti allo scopo il mettere in luce che
i diritti preferenziali di entrata o quelli di
uscita si applicano solo a certi territori. e che
pure soltanto ad alcuni territori. uguali o
diversi dai primi, si applicano le restrizioni
allo sfruttamento. e ancora in alcuni territori
soltanto, uguali o diversi dai primi e dai secondi, sono organizzate coalizioni di produttori a portata internazionale. Quello che sarebbe stato interessante mettere in -luce. è
se e quali sono i paesi in cui non esistono nè
diritti preferenziali di entrata o di uscita, nè
restrizioni allo sfruttamento, nè coalizioni di
portata internazionale. nè {punto importante
che l'opuscolo completamente trascura) divieti o restrizioni all'immigrazione. chè non
è facile sfruttare le materie prime di un territorio senza potervi mettere piede od importare
personale adatto e fidato. Certo sarebbe risultato che ben pochi paesi, e forse nessuno,
si trova in tali condizioni; e, se qualcheduno
in tali condizioni si trova, si tratta, si può
starne certi. di un territorio sitibondo di mano
d'opera e di capitali, ma pronto, d'altronde,
a cambiare di politica appena tale situazione
venga a cessare. Più obbiettivi o meno sempjicisti di Sir Normann AngelI (conviene render
loro, su questo punto, giustizia), gli autori dell' opuscolo, d'altra parte, debitamente
riconoscono [pag. 41) che, anche quando
nessuna restrizione vi sia. una preferenza
del commercio di una colonia o di un mandato
a dirigersi verso la metropoli può risultare
dalla comunanza di linguaggio e di. moneta,
dalla nazionalità del personale amministrativo
e spesso dalla nazionalità della maggioranza
della popolazione immigrata nel paese, alle
quali circostanze noi aggiungeremo quelle.
(1) Resta naturalmente, in ogni caso, per il paese
pure importanti. delle più attive e comode
produttore, il danno che deriva dalla minore vendita.
comunicazioni con la madre patria, dei riforUn esame delle ipotesi in cui il gettito lordo di un
nimenti da questa inviati al personale della
dazio all'esportazione, non -avente carattere disc-iamministrazione
e delle guarnigioni, della
minativo, riesce vantaggioso o può invece riuscire danpreferenza della popolazione per la moda della
noso allo Stato che lo impone, è fatto nella Appendice l
al nostro scritto La revisione del processo contro il tnomadre patria, de! prestigio che presso gli
tezionismo, in « Atti del I Congresso Nazionale di Chi.
indigeni ha tutto ciò che proviene dalla namica Pura ed Applicata ll, (Roma, 3-6 giugno 1923) e
zione dominante.
in ( Economia) (giugno e luglio l 923), riprodotto in
Quando certi fenomeni rappresentano la
« Scritti di Politica Economica» n ...9, dal Circolo di Studi
risultante
di un complicato groviglio di fattori,
Economici di Trieste, 1923.
(2) Cfr. Patologia Economica, cit., pagg. 559, 560,
assai più che un esame analitico. il quale, inevi562, 573.
tabilmente, di tutti i fattori non può tener
(3) Particolarmente per la mancata considerazione dei
conto e, tanto meno, può misurare gli effetti
dazi all'esportazione aventi carattere non discriminadi
ciascuno. vale una misura sintetica a base
tivo (dr. sopra, pago 22) e dei divieti o restrizioni alstatistica. Nel nostro caso, essa deve dirci se,
l'immigrazione (cfr. sotto, in questa stessa pagina).
-24per effetto di tutti i fattori sopra esposti, e,
eventualmente, di altri, pondera bili o imponderabili, le correnti commerciali di una colonia
o di un mandato hanno tendenza a dirigersi
di preferenza verso il rispettivo paese dominante.
Sia Norman AngelI che gli anonimi autori
del secondo opuscolo, ricorrono anche a tale
misura; ma, manifestamente inesperti in fatto
di metodi statistici, adottano criteri erronei
che non permettono alcuna conclusione. Questi
ultimi autori si basano, infatti, sopra la percentuale che una potenza coloniale o mandataria rappresenta sopra il commercio del ter-
ritorio dipendente; ed arrivano alla conclusione che, nelle colonie, le importazioni arrivano predominantemente dalla madre patria, ma che tale non è sempre il caso per i
mandati (cfr. pagg. 38, 41, 45). Non diversamente, o peggio, fa l'Angeli. Considerando i
domini britannici dell'Australia e del Canadà,
egli trova chc all'Australia spetta, sulle esportazioni dalla Gran Bretagna, una porzione più
piccola che ai paesi scandinavi, e che il Canadà
(qui, anzi, egli considera solo i valori assoluti)
importa meno dalla Gran Bretagna che dagli
Stati Uniti (pagg. 22-23). La fallacia di tali
procedimenti è ovvia. Vi è proprio da meravigliarsi se la percentuale, che sulle importa-
zioni del Ruanda-Urundi spetta al Belgio,
malgrado la sua posizione di potenza manda-
taria, rimane inferiore a quella della Gran
Bretagna, quando l'ammontare complessivo
delle esportazioni belghe è minore del terzo
del rispettivo ammontare delle esportazioni
Si considerino, ad esempio, due colonie
contigue dipendenti da due paesi che, data la
distanza, non si possano considerare, dal
punto di vista geografico, in condizioni sensi.. .
bilmente diverse. Tali, ad esempio, la Costa
d'Avorio e la Costa d'Oro, colonie, rispettivamente, della Francia e della Gran Bretagna.
Esaminiamo, ora, quali sono
percentuale, che, sulle importazioni qui consi-
derate della Costa d'Oro, spetta alla Gran
Bretagna, è maggiore, e di quanto, della percentuale che alla Gran Bretagna spetta sulle
importazioni
qui
considerate
della
Costa
d'Avorio? In altre parole, quale è il valore della differenza
- -IOG
--- -
IOG
lAG
------)
+ IOF
JAG
+ lAF'
E, analogamente, possiamo domandarci: la percentuale, che. sulle esportazioni qui considerate
della Gran Bretagna, spetta alla Costa d'Oro,
è maggiore, e di quanto, della percentuale
che alla Costa d'Oro spetta sulle importazioni
qui considerate dalla Francia? Qual'è, in altre
parole, il valore dclla differenza
IOF
I~~-~~D~ ?
britanniche? o se i paesi sca.ndinavi importano
dalla vicina Inghilterra più di quanto importa
l'Australia collocata agli antipodi? o se
il Canadà importa dai contigui Stati Uniti
più che dalla lontana madre patria? Quello
che converrebbe sapere è se il Ruanda-Urundi
importerebbe meno dal Belgio e più dalla
le importazioni
delle due colonie dalle madri patrie rispettive.
Avremo così quattro dati: 1° importazione
della Costa d'Oro della Gran Bretagna (lOG);
2° importazione della Costa d'Oro dalla F raneia (IOF); 3° importazione della Costa di
Avorio dalla Gran Bretagna (lAG); 4° importazione della Costa d'Avorio dalla Francia
(lAF). Ora noi dobbiamo domandarci: la
Se noi prendiamo una media (e ragioni tecniche,
che qui non è il caso di spiegare. consigliano di
prendere la media geometrica) delle due differenze, otteniamo un buon indice della prefe-
Bretagna dipendessero, ma, rispettivamente.
renza del comme-rcio delle due colonie considerate verso la rispettiva madre patria. Tale
indice raggiungerebbe unità nel caso di pre...
ferenza assoluta, in cui ognuna delle due
colonie facesse tutte le importazioni qui con-
dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti d'Ame-
siderate dalla madre patria e nessuna dalla
rica. Una risposta rigorosa a tale questione,
naturalmente, non può darsi; ma la ricerca
si può, in molti casi, impostare in modo che
una risposta attendibile ne scaturisce.
madre patria del paese contiguo, e scendercbbe, invece, allo zero nel caso in cui ciascuna
Gran Bretagna e, analogamente.
il Canadà
meno dalla Gran Bretagna e, più dagli Stati
Uniti, qualora, non dal Belgio o dalla Gran
r
delle due colonie importasse, indifferentemente, dall'uno o dall'altro dei due paesi do-
-25minanti (1). Nel nostro caso, l'indice risulta
= 0,62 per il 1913, = 0,64 per il 1927 e
= 0,73 per il 1932 (2).
Da oltre un quindicennio, io ho intrapreso
e sto dirigendo pazienti ricerche in questo
senso per tutti i paesi per cui confronti sono
possibili e plausibili (3). Già sono state considerate oltre 130 coppie di paesi, sia per il
periodo prebellico (1913), sia, nel dopo guerra,
per il 1926 (o 1927) e per il 1932, ed ora si
stanno eseguendo i calcoli per i più recenti
dati del 1934 (4). Non è il caso di esporre
tutti i suggestivi risultati. Limitandomi a
qualche dato preliminare sull'argomento che
qui ci occupa, dirò che furono esaminate le
relazioni di una sessantina di coppie di colonie
con le rispettive metropoli e furono divise
(1) Cfr.• per questo metodo, la nostra memoria Indici di omofilia e di rassomiglianza e loro relazioni col
coefficiente
di correlazione e con gli indici di attrazione,
in « Atti del R. Istituto Veneto di Scienze. Lettere ed
Arti », Anno Accad. 1914-15, Tomo LXXIV, Parte Il,
pagg. 601-602.
(2) Un altro metodo per rendersi conto della preterenza commerciale che una colonia ha verso la metropoli in confronto all'attitudine dimostrata da un paese
contiguo, consiste nel calcolare quale è la percentuale
che alla metropoli spetta sulle importazioni della colonia e su quelle del paese contiguo. Per esempio, alla
Gran Bretagna, nel 1932, spettava il 59,2 % delle importazioni della Costa d'Oro e il 17,9 % delle importazioni della Costa d'Avorio: la differenza (41,3 %) può
assumersi come un indice della preferenza che la Costa
d'Oro, in confronto alla Costa d'Avorio, ha verso la
Gran Bretagna. Analogamente, la preferenza, che la
Costa d'Avorio, in confronto alla Costa d'Oro, ha verso
la F rancia, può essere desunta dalla differenza ( = 43,0 %)
tra la percentuale (44,7 %), che alla Francia spettava nello stesso anno sulle importazioni della Costa d'Avorio.
e la percentuale (l ,7 %) che le spettava sulle importazioni della Costa d'Oro. Questo metodo ha il vantaggio che può essere applicato in casi in cui il metodo
esposto nel testo non è applicabile, in quanto si tratti
di misurare la preferenza di una o di due colonie od
ex-colonie verso la comune madre patria (esempio:
Canadà e Stati Uniti, oppure Australia e Nuova ZeN
landa verso la Gran Bretagna) e ad esso perciò abbiamo
pure fatto ricorso nelle nostre ricerche; ma, d'altra
parte. non va esente da inconvenienti su cui non è il caso
qui di intrattenersi.
(3) Di tali ricerche ho dato una prima notizia in (i Genue », VoI. Il, n. 1-2, pagg. 201-202.
(4) Per il 1913. i dati sono stati raccolti e le elaborazioni sono state eseguite dal Dott. O .TERRACINA; per
il 1926 (o 1927) e per il 1932, dal Dott. A. DE VITA, che
ora sta lavorando intorno ai dati del J934.
in tre gruppi, di cui il primo costituito da colonie presso cui la madre patria non gode di
nessun trattamento preferenziale. un secondo,
in cui una delle due colonie accorda un tratta-
mento preferenziale aiia madre patria, ed un
terzo, in cui un trattamento preferenziale per
la madre patria vige per entrambe le colonie.
La media dei valori degli indici calcolati risulta, nel 1926, per il primo gruppo 0,58,
per il secondo 0,76 e per il terzo 0,82, e valori
analoghi si ottengono per il 1932.
Come era da attendersi, il valore degli indici cresce passando dal primo gruppo di
colonie Senza trattamento preferenziale al
secondo e terzo gruppo con trattamento preferenziale in una o in entrambe le colonie.
Ma, quello che per noi è più importante,
si è che l'indice, elevatissimo nel secondo
e terzo gruppo, risulta, in ogni modo, elevato
anche nel gruppo primo. Si pensi. infatti,
che indici consimili con cui si misura la rassomiglianza tra genitori e figli. non raggiungono,
in generale, il valore di 0,5; mentre questo
valore, nella nostra ricerca, viene oltrepassato
anche nel primo gruppo. Cosicchè possiamo
ben concludere che, quando i calcoli statistici
vengano impostati in modo rigoroso, essi
mostrano incontrovertibilmente che l"antico
adagio Trade fol/ows the Flag è perfettamente giustificato anche per territori che non
accordano, in linea di diritto, aiia madre patria alcun trattamento preferenziale.
Si osserva che il vantaggio che le colonie
offrono come sbocco alle esportazioni della
madre patria non può essere che temporaneo .in
quanto esse, per pagare i beni importati, devono sviluppare le loro industrie e diventano
così (soprattutto se dotate di masse lavoratrici a basso tenore di vita) pericolose concorrenti per la madre patria. Ne farebbe
esperienza la Gran Bretagna con i'india. gli
Stati Uniti d'America con le Filippine, il
Giappone con la Manciuria (cfr. N. Angejl,
pago 25). L'osservazione non è nuova e se ne
era anzi voluto concludere che il sistema colo-
niale dei Bianchi distrugge se stesso (I). Riservandomi di illustrare più innanzi il significato
(l) Cfr. R. MUKERJEE. Le migrazioni asiatiche.
Roma, « Comitato italiano per lo studio dei problem i
della popolazione", 1936, pagg. 121, 266 e 268.
-26storico di questo fenomeno, basterà qui l'osser...
vare che, anche quando la concorrenza si è manifestata, resta una sensibile preferenza per la
madre patria; spesso questa dura per secoli
dopo che la colonia se ne è staccata, talvolta
cruentemente. Consideriamo, ad esempio, pro..
prio l'India inglese. Se, col metodo sopradescritto, si confrontano le Importazioni della
India inglese e delle Indie orientali olandesi
dalle rispettive metropoli. l'indice accusa una
preferenza di 0,75 nel 1913, di 0,61 nel 1926,
di 0,66 nel 1932; calcoli analoghi, eseguiti
per le'importazioni dell'India inglese e dell'Indocina dalla Gran Bretagna e dalla Francia,
danno indici ancora più elevati: rispettivamente 0,81, 0,85, 0,86. E, se si considerano
Brasile e Argentina, Brasile e Uruguay nei
rispetti del Portogallo e della Spagua, Stati
Uniti d'America e Messico nei rispetti della
Gran Bretagna e della Spagna, si riscontra
che ancor oggi questi paesi preferiscono, più
o meno nettamente, importare dall'antica madre patria. Gli indici risultano rispettivamente,
nel 1932 : 0,78, 0,28, 0,09.
Come per l'India, cosi per i Domini, per
i quali i calcoli si possono eseguire, spiccata
risulta la preferenza verso la madre patria,
di modo che ingiustificato e ingannevole procedimento appare quello, quasi sempre seguito
nell'opuscolo del Royal Institute of International Affairs, di mettere questi e quella
da parte al fine di giudicare dell'autosufficienza dell' Impero britannico, basandosi sopra
l'autonomia politica che loro è stata formalmente riconosciuta, nel 193 I, dallo Statuto
di Westminster.
Se, come risulta dimostrato, la dipendenza
politica di nn territorio influisce decisamente
sui traffici a favore della metropoli, è da attendersi che un trasferimento di colonie o
mandati debba avvantaggiare i nuovi aggiudicatari. Quando poi le potenze coloniali abbiano
imperi sproporzionati alla loro capacità economica e demografica di sfruttamento, avviene che
le loro risorse coloniali sieno inadeguatamente
esplorate e le note inadeguatamente utilizzate.
Dette potenze sono allora indotte ad adottare
una politica restrittiva verso lo sfruttamento
straniero, la quale accentua vieppiù tale situa..
zione, come gli anonimi collaboratori dell'Istituto [ondinese, citando I'Hauser, osservano a
proposito dell'Impero coloniale francese (pagina 48), senza però ricordare gli autori i quali
sostengono che altrettanto avvenga per l'Impero britannico (1). In tal caso, dal trasferimento in parola è da attendersi, non solo un
vantaggio per i nuovi aggiudicatari, ma altresì
un progresso, nella esplorazione e nella utilizzazione, che ridonda ad incremento dell'economia mondiale e dell'economia locale. Ritorneremo più innanzi su questo punto.
Ora vien fatto di domandarci: quando
tante parti delle colonie e mandati non sono
adeguatamente esplorate od adeguatamente
sfruttate, a che vale' la dimostrazione, su cui
cosi sottilmente si industriano i nostri anonimi
autori, che colonie e mandati forniscono solo
una piccola parte delle materie prime e delle
derrate alimentari prodotte nel mondo? Ben
ho notato che, a parte l'accennata puntata contro la Francia (pag. 47), più volte (pagg. 22,
26) i nostri autori avanzano, nel corso della
discussione, una riserva circa la possibilità
di future scoperte o di sviluppi nella produzione
delle materie prime coloniali;' ma la portata
di tale riserva viene poi completamente dimen..
ticata nelle conclusioni sulla futilità economica dei trasferimenti di colonie e mandati
(pagg. 51 e 52).
** *
T resferirnenti territoriali diretti a placare
il malcontento delle potenze insoddisfatte
non potrebbero in ogni modo evitare la guerra
- Norman Angeli sostiene; ma, come mai
allora
è lecito domandarsi - può egli,
e come mai possono gli anonimi collaboratori
del Royal Institute of Intcrnetional Affairs,
sperare di evitarla con i panniceHi caldi di
una parità di trattamento, da parte delle potenze coloniali, affidata a norme di buona
creanza internazionale o ,garantita dalla Società delle Nazioni, quando, da una parte,
la parità legale di trattamento, ammesso
pure che fosse sinceramente introdotta, non
escluderebbe - come risulta dimostrato la preferenza dei commerci verso la metropoli,
e, dall'altra, le nazioni insoddisfatte hanno
(1) Cfr., per tutti, R. MUKERJEE, op. cit., ad esempio, a pagg. 57 e 60 per ciò che concerne in particolare
l'Africa centrale e meridionale e l'Australia.
-27dichiarato ormai su tutti i toni che non hanno
alcuna fiducia nella efficienza ed imparzialità
della Società delle Nazioni?
Che trasferimenti territoriali possano oggi
giovare alla causa della pace pare, però, evidente, nè le cause della guerra mondiale
forniscono alcun serio argomento in con-
trario. La condizione prebellica di supremazia, entro l'Impero austro-ungarico, da parte
dei Tedeschi ed Ungheresi sulle altre naziomalità malcontente e spalleggiate dalle affini
nazioni finitime. ha provocato la guerra mon-
diale, quando le nazionalità dominate, crescendo di numero e di potenza, divennero
maggioranza e fu chiaro che esse e i conna-
zionali di oltre frontiera non avrebbero più
potuto essere tenuti in soggezione con mezzi
pacifici. La sconfitta degli Imperi centrali portò,
in Europa e nelle colonie, ad una redistribu-
declinano, o popoli che si sviluppano più o
meno rapidamente. o popoli che declinano più o
meno rapidamente, periodiche rcdistribuzioni
territoriali saranno inevitabili (1). Uno statue
qua perpetuo è un assurdo. Tentare di mantenerlo a forza è un'impresa disperata: è come
volere arrestare la vita. come voler arrestare il
sole. È un' impresa disperata non solo, ma
pericolosa. Non vi sono che due soluzioni:
o i popoli che declinano o si sviluppano più
lentamente fanno posto, con adeguate e tempestive concessioni. ai popoli che si sviluppano
più rapidamente; o questi ultimi tentano.
e di solito in definitiva riescono. a farsi posto
da sè. Chi creda alla possibilità della prima
soluzione, come vi crede o credeva W. S.
Thompson (di cui, tra parentesi, Sir Norman
Angeli, riporta ripetutamente dei passi, ma
dimentica di riportare le conclusioni) (2),
zione territoriale, in cui le maggiori potenze
vincitrici non seppero contenere le loro cupidi-
gie, creando, tra i loro possedimenti e quelli dei
loro antichi nemici e di taluni antichi alleati,
una sproporzione che non trova rispondenza
nella rispettiva capacità economica e demografica e nella rispettiva potenza militare.
Onde una revisione - non tale che riconduca
alla situazione prebellica (come il Norman
Angeli prospetta in una deliziosa argomentazione, di cui non ho voluto privare il lettore) (l),
ma che corregga gli eccessi di una pace mal
congegnata - risulta indispensabile al ristabilimento dell' equilibrio mondiale.
Che una redistribuzione territoriale, la
quale soddisfi oggi le esigenze di una relativa
autosufficienza, abbia probabilità di diventare,
a pochi anni di distanza, iniqua ed impraticabile. a causa di sopravvenute invenzioni e di
modificati
bisogni
(come
Norman
Angeli
sostiene. pagg. Il e 13. e come i suoi concitta-
dini del Royal Inetitute of Intcrnationel
Affairs ripetono, pago 58), è certo esagerato;
ma che, ad intervalli più o meno lunghi, una
redistribuzione territoriale, pacifica o violenta,
si renda necessaria, appare evidente ad ognuno
che rifletta sulla evoluzione dei popoli. Finchè
ci saranno al mondo popoli che si sviluppano in
numero, in cultura. in forza militare, in potenza
economica, in prestigio politico, e popoli che
(I) Cfr. sopra, pago 17.
(1) Circa la impossibilità di pratica attuazione o la
non rispondenza di altre soluzioni, vedi il citato articolo l problemi della distribuzione internazionale della
popolazione e delle materie prime, che costituisce un rapporto preparato a richiesta della Commissione Nazionale Italiana per la Cooperazione Intellettuale in vista
delle riunioni che la Conferenza permanente di alti
studi internazionali ha indetto per il 1936 e 1937 per
trattare di tale argomento.
(2) Ritengo pertanto opportuno rimediare alla dimenticanza di Sir Normann AngelI, tanto più che il
Thompson, studioso americano di problemi della popolazione, è uno dei pochi autori di qualche serietà
che egli cita in appoggio alla sua tesi. L'opera deI THOMPSON, pubblicata nel 1929 (Knopi, New York), ha per
titolo Danger Srote in World Populaìion. Vediamo qual
genere di appoggio le sue conclusioni portino alla tesi
dell'AngelI.
« lo credo - scrive il Thompson
che guerre di
-espansione non possano essere evitate in un prossimo
avvenire a meno che non sia profondamente modificato il tradizionale comportamento nazionalista ed imperialistico delle grandi potenze che detengono territori non utilizzati» {pag. 299). E, prima.. trattando de
« I _popoli che posseggono territori non utilizzati l), così
si era espresso: ({ Nella attuale distribuzione della superficie terrestre, la Gran Bretagna controlla la maggior parte dei territori occorrenti ai popoli sovraffollati.
Poichè una gran parte di questi possedimenti non può
essere colonizzata dal popolo britannico, appare sempre più irragionevole ai popoli sovraffollati della terra
che essi ne debbano restare esclusi. Noi dobbiamo pertanto attenderci il costituirsi di un crescente risentimento contro la Gran Bretagna da parte di questi PON
poli ed una crescente insistenza da parte loro per che
essa abbandoni ciò che non può colonizzare a popoli
-28è autorizzato a sperare in una pace perrnanente; chi non ci crede deve riconoscere,
di buono o di mal grado, la necessità, quanto
meno nelle condizioni presenti, di perioche lo possono colonizzare ed utilizzare. Questo appare
un inevitabile sviluppo della-odierna situazione mon-'
diale. Esso può venire ignorato solo con grande pericolo.
non solo della Gran Bretagna. ma di tutto il mondo
civilizzato. - Come potenza coloniale seconda solo alla
Gran Bretagna. la Francia è certa di incorrere nelle
stesse inimicizie da parte di popoli che. bisognosi di
alcuni dei territori che essa detiene. sono impediti di
colonizzarli e sfruttarli. È di cognizione comune che i
Francesi da gran tempo hanno cessato di essere un popolo colonizzatore e che ci sono poche prospettive che
essi possano colonizzare per un lungo periodo avvenire
i territori della massima parte delle loro colonie, se
pure potranno farlo mai. Non solo, invero, i Francesi
non hanno coloni da espatriare. ma essi non hanno capitali per sviluppare più di una piccola porzione dell'area delle loro colonie. Questi fatti sono ben noti e
certo non può suscitare sorpresa se Italiani e Tedeschi,
e forse altri popoli. manifestano risentimento per essere mantenuti entro le loro frontiere nazionali piuttosto ristrette, mentre codesti territori giacciono oziosi
nelle mani dei Francesi» {pagg. 290-291). E più sotto,
parlando de (( La politica di forza e la sua follia» seriveva « il meglio che esse (Gran Bretagna e Francia)
possano sperare dal mantenere ad ogni costo lo statue
quo è un'altra guerra con le nazioni che stanno arrivando alla fase espansiva delle loro vita j} {pag. 317).
Credo sia difficile trovare un'antitesi più netta di
quella che esiste tra queste conclusioni e la tesi di Norman AngelI.
II Thompson non rinuncia però alla speranza di modificere pacificamente lo status quo ed ecco le proposte
che egli fa a tale scopo.
Le nazioni che sentono acuta la necessità di maggiori
risorse preparino una documentazione esauriente della
loro situazione e la mettano a disposizione di tutti gli
altri popoli. La questione sia discussa. dapprima a titolo privato, in una riunione internazionale di persone
che si interessano alla questione. Infine, un ente internazionale ufficialmente costituito esamini le pretese delle
nazioni che abbisognano di maggior territorio (cfr. pagine 320-325).
Egli non ci dice come si dovrebbe comportare 1'ente
internazionale quando le domande, riconosciute giustificate, di territorio superassero le disponibilità, nè
quando parecchie domande ugualmente giustificate avessero per oggetto lo stesso territorio, nè di quali mezzi
disporrebbe l'ente internazionale per far osservare le sue
decisioni. Forse egli pensa che di questi mezzi non vi
sarebbe bisogno, in quanto presuppone un fermo proposito da parte delle potenze coloniali di far concessioni
ai popoli sovraffollati quando sia chiaramente dimostrato che tali concessioni sono necessarie per assicurare
la giustizia e mantenere la pace {pag. 325).
Tutte le proposte, dirette a mantenere la pace dando
diche guerre di redistribuzione (I). .Ciò
non significa però che tutte le guerre sieno
inevitahili, nè che, pur delle inevitabili, non
si possa ritardare lo scoppio. attenuare la
gravità o circoscrivere gli effetti. E nulla
giova a tale risultato più di una conoscenza
approfondita dei fattori latenti che determinano gli squilibri internazionali. Persino dei
terremoti, inevitabili e imprevedibili, la scienza
è riuscita a ridurre grandemente le conse..
guenze disastrose.
* * *
Uno tra i riconoscimenti contenuti nelj'opuscolo del Royal Institute of International
Affairs va ritenuto e sviluppato, il riconoscimento che il problema delle colonie non è un
problema puramente economico. Non è un
problema puramente economico perchè il
fenomeno dell'espansione dei popoli non è
un problema puramente, e neppure
lO
direi
fondamentalmente, economico. t: un
problema connesso con la loro naturale evoluzione. Come gli individui, così le nazioni,
giunte ad un certo stadio del loro sviluppo,
hanno un prepotente bisogno di estrinsecare
la loro personalità, di affermare sul mondo
esterno la loro volontà di dominio, di ripro..
durre in altri la loro vita, di risuscitare in altri
il loro pensiero. Il problema dell'autosufficienza economica non è che una manifestazione di tale bisogno e, ad un tempo, la condi..
zione per una sua più completa soddisfazione.
Non tutti gli individui, e similmente non tutti
i popoli, hanno la sorte di arrivare a tale stadio.
Debolezza intrinseca, fisica o psichica, o sern ..
plicemente avverse circostanze, troncano tal
volta prima della maturità una giovane vita,
e tale altra obbligano una personalità, che pure
w
soddisfazione alle esigenze dei popoli che si sviluppano,
meritano rispetto, ma solo una completa inesperienza
deI funzionamento degli enti internazionali può spiegare la fiducia del Thompson nella praticabilità del
suo progetto.
(I) Questa è la tesi che ho svolto, ancora nel 1915,
nello studio su I fattori latenti delle guerre, (in « Rivista
Italiana di Sociologia l), gennaio..febbraio, 1915), ripro..
dotto in Problemi sociologi della guerra, op. cito
pagg. 1w50) e richiamato poi ripetutamente in parecchi
dei miei scritti successivi. A poco a poco, molti se ne
sono persuasi e molti se ne verranno persuadendo.
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possiede talune doti eminenti, a subire l'altrui dominio e talvolta a contribuire con le
sue doti ad estenderlo. Cosi, fra i popoli,
molti perdono la loro personalità prima di
arrivare allo stadio di nazione, ed altri vi arrivano numericamente deboli o psichicamente
passivi. per modo che la loro missione storica
si limiterà a rimanere spettatori neutrali. o a
collaborare all'altrui espansione e talvolta
a subirla. Vi è proprio da meravigliarsi (cfr.
Norman AngelI, pagg. 14-15, R.M.C. pago II)
se Svizzera, Paesi scandinavi e Cecoslovacchia
si comportano diversamente dall'Italia, dalla
Germania, dal Giappone e dalla Polonia di
fronte al problema dell'autosufficienza e dell'espansione? L'Europa ci fornisce. con codesti,
altri esempi di piccoli Stati, talvolta cospicui
per alte qualità individuali e per elevatissimo
livello di civiltà, ma destinati a non avere
alcun peso sulla storia politica mondiale ed
a contribuire con i loro emigranti a dare incremento alle altre nazioni. e l'Asia ci porge,
a sua volta. esempi di giovani popolazioni, pure
altamente dotate dal punto di vista individuale,
ma destinate. per mancanza di solidarietà o di
spinta volitiva, a subire il dominio altrui.
Meglio adatte, o più fortunate, le altre nazioni
entrano nella fase espansiva, acquistano, come
si dice, coscienza coloniale. Talvolta l'espansione. tempestiva ma eccessiva, non è destinata a resistere all'urto delle popolazioni che
sopravvengono nella competizione: fu il caso
del Portogallo e della Spagna; tale altra, contrastata. essa ha modo di realizzarsi solo
dopo che la nazione ha disperso a vantaggio
altrui molte delle sue forze: è il caso del!'Italia; altra volta, infine, l'impulso alla
colonizzazione si accende. o si riaccende. per
reazione a subite costrizioni. quando espan ...
sione non rappresenta più una necessità fìsio..
logica, ma rappresenta più che mai una necessità psicologica: fu il caso per la Francia
dopo il 1870 ed è il caso oggi per la Germania.
Presso alcuni popoli l'espansione si verifica disordinatamente sotto la spinta dell'interesse individuale e r attuazione di mercati
eccezionalmente promettenti: ne escono domini di singolare splendore, ma più brillanti
che solidi, come avvenne per le antiche città
greche, per Genova, per la Gran Bretagna;
presso altri, l'espansione si svolge contenuta
r
e diretta da un conscio potere centrale e dà
luogo ad organismi altrettanto gloriosi, ma
più armonici e duraturi, come fu il caso per
Roma e Venezia (1).
L'espansione può assumere varie motivazioni in corrispondenza con i sentimenti e
gli ideali prevalenti nell'epoca. Vi fu un periodo
in cui la motivazione era religiosa, e si ebbero
le Crociate; nell'epoca moderna, quando la
nota economica dominava nel concerto della
vita nazionale, la motivazione fu prevalentemente economica : oggi, in cui altri ideali
si fanno strada nella coscienza dei popoli,
considerazioni demografiche e di prestigio
vengono spesso fatte valere accanto e sopra
alle considerazioni economiche. Ma, in fondo.
tutte queste non sono che motivazioni, che è
quanto dire giustificazioni razionali di incoercibili impulsi. Onde non vi è da sorprendersi
se spesso il risultato non corrisponde poi alla
motivazione. Certamente è vero che spesso
lo sfruttamento economico e lo sbocco demografico, che venivano assegnati, come scopi
immediati, ad una colonia, non si verificarono.
o non si verificarono cosi immediatamente
come ci si aspettava. Ma, a questo proposito.
conviene pur ricordare che la colonizzazione
è molte volte operazione lenta, la quale dà i
suoi frutti solo nei secoli. Ond'è che l'argomento contro l'utilità delle colonie come
sbocchi demografici, che Norman AngelI
trae dal numero limitato di emigranti che
finora si diressero alle colonie italiane dell'Africa settentrionale e alle colonie giapponesi.
o che nell'anteguerra si erano diretti alle colonie tedesche. è atto ad impressionare solo
chi non è famigliare con la storia della colonizzazione. A parte la circostanza che queste
terre, fra le ultime rimaste libere. non potevano naturalmente essere quelle di più immediato rendimento, si può osservare che le co ...
lonizzazioni, che si dimostrarono durature,
esigettero sempre un lungo stadio di preparazione e lenti, assidui, progressivi investimenti
di capitali, che, altrimenti, non si può far
(1) Sia permesso rinviare il lettore al nostro articolo. che è tuttora e forse più che mai di attualità. su
Il problema demografico dell'Inghilterra. in (t Politica »,
ottobre 1926. riprodotto in « Annali di Economia dell'Università Bocconi »Vol. III. 1927.
-30fìorire una civiltà in un paese non attrezzato
o attrezzato per una forma di civiltà radicalmente diversa. E, così, secoli ci vollero
per che i Giapponesi colonizzassero Hokkaido
e secoli pure per che le due Americhe divenissero un ambiente 'attraente e fruttuoso per
la immigrazione europea. Nè convince l'obbiezione della latitudine tropicale di quasi tutte
le colonie, su cui, nel sostenere la stessa tesi
dell'Angeli, insistono gli autori dell'opuscolo
londinese (cfr. R.M.C. pagg. 13-14), sia perchè
in realtà non tutte le colonie sono nei tropici,
sia perchè l'altitudine può correggere la latitudine (tale è il caso per l'Etiopia) dando
luogo ad un clima adatto ai Bianchi, come è
provato dalla esperienza di tanti paesi della
America tropicale.
Non di rado una colonia, pur non corrispondendo, o non corrispondendo immediatamente.
alle aspettative, soddisfa in altro modo i bisogni dell'espansione. Così. in passato. parecchie
dipendenze inglesi e così, nel recente conRitto etiopico, la T ripolitania hanno assunto
una funzione strategica che non era inizialmente preveduta.
Nè sorprende che talune colonie o dipendenze, come le Filippine e la Manciuria, siano
state esplicitamente desiderate per ragioni
diverse dalle economiche, sia che la loro occupazione servisse direttamente, dal punto di
vista strategico e politico, ad assicurare la
espansione alla madre patria, sia che servisse
ad assicurarla indirettamente, salvaguardando
da un'espansione di nazioni concorrenti.
Conviene. anche osservare che, come la motivazione della colonizzazione resta sotto la
influenza della ideologia generale del tempo,
cosi le sue direttive e i suoi effetti inevitabilmente dipendono dal carattere, dalle esigenze
e dagli ideali particolari della nazione colonizzatrice. Una nazione, come la Gran Bretagna, può rivolgere la sua attività soprattutto a sviluppare e sfruttare economicamente
le sue colonie, curando di farne una fonte di
ricchezza per l'Impero; ed un'altra, come
la Francia. può preoccuparsi, in prima linea,
della loro organizzazione militare, al fine di
integrare l'esercito metropolitano; ed una
altra. ancora. come l'Italia, può avere a cuore,
anzitutto, di rinnovare il prestigio di una
tradizione gloriosa di civilizzazione, senza
scopi immediati di lucro o di contingenti
militari.
In ogni caso, però, la colonizzazione adempie a una missione di civiltà. Anche quando
non ha lo scopo, essa ha sempre il risultato
di mettere popolazioni più o meno arretrate
in contatto con forme amministrative, culturali, militari, economiche più evolute. Il
passaggio è talvolta brusco e può importare
sacrifici ingenti ed anche un momentaneo
regresso nelle condizioni demografiche ed
economiche degli indigeni; ma, a lunga scadenza, la superiorità della civiltà della nazione
colonizzatrice non manca di far sentire i suoi
effetti, manifestandosi in un elevamento" del
tenore di vita e in forme più evolute di organizzazione e di cultura. Quando si presentano
condizioni adatte, l'elevamento del tenore
di vita è tanto più rapido quanto più intensa
è l'utilizzazione delle risorse della colonia.
Ecco perchè non appare fondata la caritatevole preoccupazione degli autori _britannici,
i quali, come fu ricordato (l), desiderano proteggere le popolazioni locali da un temuto
sfruttamento delle risorse naturali, che potrebbe seguire alla cessione delle colonie alle
potenze dinamiche: al contrario, da tale più
intenso sfruttamento vi sarebbe ragionevolmente da attendersi un più rapido elevamento
del tenore di vita degli indigeni.
Che il progressivo sviluppo economico, politico, culturale della colonia venga, in corso
di tempo. a far cessare la ragione del suo stato
di soggezione e finisca col determinare il suo
distacco dalla madre patria, può essere, ed
anzi in generale è, in disaccordo coi desideri e
coi fini particolari di questa. ma è in perfetto
accordo con le finalità più elevate a cui l'istituto della colonizzazione risponde nell'evoluzione dei popoli. Quale miglior prova, invero,
della utilità della colonizzazione se non quella
che la colonia venga elevata al rango di Stato
indipendente e possa prendere posto l da pari
a pari, fra le unità politiche di cultura più elevata? Lungi dal giustificare la tesi sopra ricordata che il regime capitalista distrugge se
stesso (2), tale elevamento dimostra che detto
(I) Cfr. sopra, pago 19.
(2) Cft., per tale tesi. MUKERJEE, op. cit., pagg. 121,
266 e 268 e, per la cri tica la nostra introduzione, pre-
-31 regime adempie veramente ad una missione
civilizzatrice. Nè è da meravigliarsi che la missione si compia indipendentemente dal desiderio delle nazioni che ne sono lo strumento, e
talvolta contro tale desiderio, poiché lo studio
approfondito delle società rivela esempi numerosi di meccanismi di regolazione che si attuano all'insaputa o a malgrado dei propositi
dei singoli (I). La colonizzazione deve in realtà
concepirsi come una parte del meccanismo
naturale di regolazione, con cui la natura provvede a trasmettere la civiltà, dalle popolazioni
che sono al!' apogeo del loro sviluppo, a popolazioni più arretrate, in modo che queste possano compiere a loro volta il proprio ciclo.
traendo profitto delle conquiste culturali delle
popolazioni che le precedettero. Tra popolazioni non separate da grandi distanze geografiche. da gravi contrasti climatici, da soverchi
squilibri di cultura o differenze di razza, il
meccanismo è fornito essenzialmente dalla penetrazione, nelle classi basse della popolazione
più evoluta, di individui della popolazione
meno evoluta. che, assimilati. salgono poi gradualmente i successivi gradini della scala somessa al volume. su l problemi della distribuzione internazionale della popolazione e delle materie prime, pagin. XXXIX.
(l) Cfr. Patologia Economica, cit.. pagg. 508-509,
732-733.
ciale, penetrazione a cui spesso fa riscontro
Una controcorrente. generalmente di minore
importanza. di elementi della popolazione più
evoluta che vanno a rinforzare le classi elevate
della popolazione meno evoluta (l). Tra popolazioni' troppo lontane o troppo diverse per
clima. razza. cultura, la prima corrente non
esiste o non ha importanza, e la trasmissione
della civiltà viene affidata essenzialmente alla
seconda corrente, la quale però difficilmente
potrebbe raggiungere il suo scopo, se non fosse
appoggiata da una dominazione politica che
permette la organizzazione militare e amministrativa e facilita l'assimilazione economica.
Noi siamo tanto abituati a meraviglierei dì
fronte ai complicati congegni ed ai delicati
istinti, con cui la natura, spesso sacrificando
l'individuo, provvede ad assicurare la propagazio ne del seme nelle specie animali e vegetali,
che non dobbiamo al postutto restare sorpresi
se, sfruttando l'impulso all'espansione dei popoli, qualche cosa essa ha fatto anche per assicurare la propagazione del seme culturale della
nostra umanità.
(l) Cfr. Le basi scientifiche della politica della popolazione (J931, presso l'Istituto di Statistica della R. Università di Roma), pagg. 264-265; Nascita, evoluzione
e morte delle nazioni, (Roma. Biblioteca del « Metron »,
1930), pagg. 48-49. e i precedenti lavori citati in.quest'ultima opera.
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Colonie e materie prime