ISSN: 2035-9977
ANNO V – N. 2 – MARZO 2009
COPIA OMAGGIO
PERIODICO DI INFORMAZIONE, POLITICA E CULTURA A CURA DEL CENTRO STUDI UMANISTICI E SCIENTIFICI ARAMONI
A COLPI DI TAMBURELLO
WWW.ARAMONI.IT
La cultura è ribellione, forza vindice della ragione. Pietro Mancini
SBADIGLI
Il punto di vista degli
avversari è bollato come
saccente e fazioso. I
benpensanti giudicano
tout court vaneggianti le
idee
diverse
dalle
proprie. Quelle svilup-pate o analizzate da
altre angolazioni, inutili.
Ripetono, sospinti da un
riflesso pavloviano, le
vecchie tiritere incentra-te su visioni d’antan. Di
slogan, per fortuna, non
ne vengono fuori. In
compenso, gli stereotipi
sull’antipatia
della
controparte, si sprecano.
La sete di verità, però, é
insaziabile. Il sogno di
battersi
contro
un
discutibile
“buon
senso”, rimarrà una
chimera. Così come la
summa delle aspirazio-ni: avere, finalmente,
qualcosa in cui non
credere.
Intanto, lievita
A
a dismisura il cinismo
bonario e attendista. I
gargarismi
retorici,
dolci come non mai,
abbondano. Le rodo-montesche dichiarazio-ni di “vittoria”, pure.
Uno sbadiglio vi (ci)
seppellirà?
La Calabria alle prese con la fragilità del suo territorio
SFASCIUME PENDULO SUL MARE
Anche a Zambrone l’inverno lascia una pesante eredità
La tesi
Zambrone e l’ecoturismo in “breste”
IL CHOPPER NELL’ANTICA ETA’
DELLA PIETRA A ZAMBRONE
L’EROSIONE DEMOGRAFICA A
ZAMBRONE E DINTORNI
L’evento
Il Tamburello festival alla Bit milanese
Contrade e spiazzi di Daffinà
Golden
Via Giuditta Levato
VIAGGIO NELLA STORIA DI ZAMBRONE
PEPPE GRILLO, SINDACO DELLA ZAMBRONE CHE CAMBIA
Amarcord
Devozione
Il carnevale
zambronese degli
anni Novanta
“La cena di San
Nicodemo” fra
fede e tradizione
Esteri
Ayaan Hirsi Ali
Il volto della libertà
SONIA OCELLO, UN ARCHITETTO ZAMBRONESE A PARIGI
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MARZO 2009
ATTUALITA’
CRONACHE ARAMONESI
Il maltempo ha arrecato gravi danni al lungomare e alla viabilità
L’ELEVATA VULNERABILITA’ DEL TERRITORIO COMUNALE
Anche a Zambrone un flusso di emergenze vecchie e nuove
Era dal 1973 che, in Calabria, non
si verificava un inverno così rigido
e piovoso come quello passato.
L’eredità è pesante: le frane
rilevate su colline e montagne sono
più di settemila; il rischio
alluvione ha interessato decine di
chilometri di costa in situazione di
erosione e divieti di balneazione.
Lo scrittore Giustino Fortunato
definì la Calabria: “Uno sfasciume
pendulo sul mare”. La frase fu
inserita nel testo: “La questione
meridionale e la riforma tributaria”
del 1904. A distanza di 105 anni,
la classe dirigente non ha
realizzato
alcun
intervento
risolutivo. Nel 2001 venne
approvato il Piano per l’assetto
idrogeologico della Calabria. Esso,
però, non ha rappresentato una
base conoscitiva di partenza sulla
quale ri-pianificare lo sviluppo del
territorio e intervenire per attutire
il rischio stesso; piuttosto, il Piano
è stato visto come un vincolo
aggiuntivo da aggirare. Il risultato
è sotto gli occhi di tutti. La
Calabria paga un prezzo altissimo
all’uso dissennato e distorto
dell’ambiente. Si è costruito
ovunque e senza alcun criterio, la
mancanza storica di progettualità e
di strumentazioni tecniche per la
gestione delle risorse idriche e
ambientali, la totale carenza nella
prevenzione degli incendi sono le
cause principali del degrado
territoriale. Per il futuro, anche i
comuni dovranno invertire la rotta
di
marcia.
L’imperativo
inderogabile
sarà
un’attenta
programmazione dell’uso del
territorio sulla base delle sue
caratteristiche
geologiche,
geomorfologiche e sismiche. In
caso contrario, le emergenze che
potrebbero verificarsi sono
cariche di conseguenze nefande.
Anche Zambrone non si sottrae alla
dura legge del dissesto ambientale e
l’eredità che lascia il passato inverno
é sotto gli occhi di tutti. Nulla a che
vedere con le terribili o drammatiche
conseguenze delle frane di Cerzeto,
Filadelfia, Favazzina, Rogliano,
Tropea, Maierato, ma guai a
sottovalutare la situazione. La strada
delle “Calate” necessita di vari
interventi; quella provinciale San
Giovanni-Daffinà, per un certo
periodo è stata chiusa al traffico. Nel
medesimo tragitto di quest’ultima, le
conseguenze per una frana di quasi
tre anni fa sono state risolte in via
“temporanea”. Il percorso DaffinàParghelia, anch’esso chiuso per un
breve periodo alla circolazione. Il
lungomare è crollato. La strada
denominata “Cocomerara” è un
colabrodo. In alcuni casi si è
intervenuti con soluzioni tampone (a
parte il progetto di contrasto
dell’erosione costiera) in altri, ci si
affida alla buona sorte. A questo
punto due domande sorgono
spontanee: quando si capirà che le
migliaia di forestali andrebbero
occupati in modo produttivo, magari
per il rimboschimento delle aree a
rischio? Quando si comprenderà che
le attività di prevenzione e cura del
territorio non possono essere
considerate business ma devono
rientrare in un’idea sistemica di
gestione sana del territorio? Una
corretta
amministrazione
del
territorio non può che tenere in
dovuto conto i rischi geologici nella
programmazione dello sviluppo. E’
necessario conoscere i rischi e
programmare, pertanto, gli interventi
per
la
loro
mitigazione
compatibilmente con i fattori
ambientali.
Immagine del lungomare danneggiato
Intervento legislativo
Parco storico rievocativo del
decennio francese in Calabria, c’è
anche Zambrone
Con legge numero 2 del 15 gennaio
2009 è stato istituito l’ente “Parco
Storico Rievocativo del Decennio
Francese in Calabria”. La proposta,
elaborata
dall’associazione
“Gioacchino Murat Onlus” di Pizzo,
era stata formulata, in seno all’assise
regionale dal consigliere Antonino
Borello. L’obiettivo del Parco è
offrire un adeguato strumento di
approfondimento culturale e di
recupero dei luoghi che nel decennio
1806-1816 (passato alla storia come
“Decennio
francese”)
hanno
polarizzato in Calabria interessi,
equilibri e diatribe di portata
internazionale. I Comuni inclusi
nell’ente sono: Pizzo, Vibo Valentia,
Sant’Onofrio, Stefanaconi, Filogaso,
Zambrone, Jonadi, Mileto, Filandari,
Marcellinara, Stalettì, Catanzaro,
Maida, Lamezia Terme, Acri, Aiello
Calabro, Amantea, San Giovanni in
Fiore, Corigliano, Rossano, Crotone,
Palmi, Scilla, Reggio Calabria. Ai
sensi dell’articolo 3 della citata
legge, il Consorzio obbligatorio tra i
Comuni sarà l’unico organismo
deputato alla gestione di tutte le
attività di competenza del Parco
storico.
2
CRONACA
MARZO 2009
CRONACHE ARAMONESI
Bit di Milano, febbraio 2009
Prestigiosa vetrina per l’evento clou dell’estate zambronese
Ayaan Hirsi Ali
IL TAMBURELLO FESTIVAL VARCA I CONFINI REGIONALI
Alla Borsa di Milano anche la kermesse etno-musicale “aramonese”
La Borsa internazione del turismo
(Bit) è l’evento per antonomasia
dedicato al mondo del turismo e si
svolge ogni anno nel capoluogo
lombardo all’interno dei padiglioni
della Fiera. A Bit s’incontrano
migliaia di operatori del settore (tour
operators,
catene
alberghiere,
giornalisti,
enti
nazionali
e
internazionali,
consorzi,
centri
benessere e molto altro) per discutere
sullo stato di salute del turismo
moderno, sulla qualità dei servizi,
sulla competitività nei vari mercati
nazionali e internazionali. Bit è
aperta oltre che agli addetti ai lavori
anche agli appassionati viaggiatori e
ai semplici curiosi. Il concept che
guida da anni Bit è sorretto da una
“formula multi-target” che coniuga il
punto di vista generale di una grande
manifestazione-osservatorio, con la
capacità di focalizzarsi sui trend
emergenti e i segmenti di mercato
più interessanti, creando concrete
opportunità di business. Una
filosofia che oggi è ulteriormente
corroborata da un approccio sempre
più globale e tecnologicamente
innovativo.
Alla ventinovesima
edizione della Bit che si è svolta da
giovedì 19 a domenica 22 febbraio
c’era anche uno dei pezzi pregiati
dell’estate vibonese: il Tamburello
festival. La manifestazione di
musica e cultura etnica che si
organizza a Zambrone il 18 agosto
di ogni anno e che nel tempo ha
acquisito credibilità e popolarità
tali da consentirle di varcare i
confini provinciali. Per unanime
opinione di pubblico e di critica, il
festival è uno dei più apprezzati
della Calabria. Il fatto che per la
prima volta, la Provincia abbia
incluso l’evento nel novero delle
iniziative
che
caratterizzano
l’estate sulla Costa degli dei va
salutato positivamente. Un dato
incoraggiante che stimola gli
organizzatori a proseguire un
impegno che si protrae da oltre un
lustro.
Una
manifestazione
realizzata quasi interamente in
regime di autofinanziamento, si
affaccia, per la prima volta, su un
palcoscenico importante: è un
piccolo segnale che indica l’inizio
per una nuova politica di
promozione
turistico-culturale?
L’estate è vicina e le risposte non
tarderanno ad arrivare.
Paolo Caia
IL VOLTO DELLA LIBERTA’
Ayaan Hirsi Ali nata in Somalia nel
1969, a ventidue anni viene promessa in
sposa a un uomo del potente clan
Osman Moussa. Durante il viaggio di
nozze, giunta in Germania per uno scalo
intermedio decide di scappare. Prende
un treno e fugge in Olanda, dove chiede
e ottiene asilo politico. Inizia a studiare
all’università dove consegue la laurea in
Scienze politiche. Nel 2002, in alcune
apparizioni televisive esprime la sua
netta condanna avverso l’Islam nei
seguenti termini: “La violenza è insita
nell’Islam, è un culto distruttivo e
nichilista della morte”. Il 22 gennaio
2003 viene eletta al parlamento
olandese nelle fila del partito liberale.
Nel 2004 scrive la sceneggiatura del
cortometraggio “Sottomissione” in cui
si denunciano gli abusi subiti dalle
donne nel mondo islamico. Il 2
novembre dello stesso anno il regista
del film, Theo van Gogh, viene ucciso;
da quel momento Ayaan Hirsi Ali vive
sotto scorta. Dopo un’inchiesta durata
appena quattro giorni le autorità
olandesi le tolgono la cittadinanza. Nel
2005 il Time l’ha definita una delle
cento donne più influenti del mondo.
Nel 2006 si trasferisce a Washington
dove lavora nell’American Enterprise
Institute, uno dei più prestigiosi think
tank conservatori. Nel 2007 ha scritto
“Infedele” pubblicato in Italia dalla
Rizzoli.
3
MARZO 2009
2
VIAGGIO NELLA STORIA DI ZAMBONE
PEPPE GRILLO, SINDACO
DELLA ZAMBRONE
CHE CAMBIA
Nel novembre del 1964, con alcuni
mesi di ritardo sulla scadenza
effettiva, in virtù di un provvedimento
parlamentare mirato ad evitare uno
dei tanti ingorghi istituzionali della
nostra storia, si tennero a Zambrone le
elezioni amministrative. Due le liste
in competizione: quella della Dc,
rappresentata dal farmacista Michele
Purita e quella proposta da Peppe
Grillo, composta da una coalizione
civica che comprendeva, oltre ad un
gruppo di coltivatori diretti, Corrado
L’Andolina, collocatore comunale,
Peppino De Carlo, Francesco Grillo
classe 1938 e tre socialisti di San
Giovanni (Peppino Russo, Diego
Grillo e Nato Salamò) che facevano
riferimento a Peppino Grasso, medico
di Briatico, leader dei socialisti della
zona. Il simbolo della lista capeggiata
da Peppe Grillo era quello
dell’Associazione dei coltivatori
diretti, patrocinata in provincia di
Catanzaro
dall’onorevole
democristiano
Ernesto
Pucci.
L’emblema era costituito da tre spighe
di grano appoggiate su una vanga. La
battaglia fu combattuta fino all’ultimo
voto ma le previsioni sembravano
tutte in favore della lista Dc, sostenuta
dal
partito
e
apparentemente
avvantaggiata anche dal fatto che la
lista della spiga (coltivatori diretti)
non presentava alcun candidato di
Daffinà a causa di una serie di veti
incrociati tra i probabili candidati.
Contrariamente ad ogni previsione
proprio Daffinà decretò la vittoria
della “Spiga”. Si registrò, infatti, uno
scarto di una ventina di voti che
annullò il lieve vantaggio ottenuto
dalla Dc a Zambrone centro mentre a
San Giovanni la “Spiga” era prevalsa
per soli quattro voti. A urne spoglie e
accertata la vittoria, si scatenò
l’entusiasmo
dei
sostenitori,
specialmente nella frazione Daffinà
che era stata determinante. Il corteo di
auto raggiunse subito il paesino dove
attendevano già con le bottiglie di
vino e i bicchieri pronti Giacomo
Taccone e Antonino Lo Tartaro, detto
Krusciov per la straordinaria
Giuseppe Grillo
Sindaco di Zambrone dal 1964 al 1970
rassomiglianza al premier sovietico,
che erano stati i grandi sostenitori
della lista. Furono regalate delle
spighe che la gente conservava in
casa come augurio di prosperità.
Ma le polemiche insorsero il giorno
dopo quando sui davanzali delle
finestre dei maggiori esponenti
dell’altra lista furono trovati
mucchietti di grano. Fu considerato
uno sfottò esagerato e quasi
offensivo e si scatenarono le
congetture sull’autore della burla.
Del misfatto venne incolpato Luigi
Mazzeo, giovane sostenitore della
lista vincitrice il quale tuttavia mai
lo ammise, nemmeno quando le
acque si furono calmate. Poi gli
stessi
capilista
vollero
sdrammatizzare e ci fu uno scambio
di strette di mano. Erano queste le
manifestazioni di giubilo che
accompagnavano e seguivano le
campagne elettorali. Che differenza
rispetto a quelle di oggi:
l’avversario è un nemico da
distruggere, la diffamazione l’arma
prevalente
e
l’ipocrisia
l’atteggiamento abituale! Viene da
pensare che in quel tempo non
c’erano interessi da tutelare né
nemici da abbattere. Vinceva la
CRONACHE ARAMONESI
lista non gli individui. Il
Consiglio elesse sindaco Peppe
Grillo,
assessori
effettivi
Corrado L’Andolina e Nato
Salamò, assessori supplenti
Peppino De Carlo e Domenico
Piccolo. L’anno dopo sarebbe
stata costituita la sezione
socialista che fece da tramite tra
l’amministrazione comunale e il
ministro socialista dei Lavori
pubblici Giacomo Mancini,
consentendo il conseguimento
di traguardi insperati. Peppe
Grillo guidò l’amministrazione
con
polso
energico
e
determinazione.
Era
un
contadino vecchio stampo,
intelligente e saggio. Lo
distinguevano un paio di baffoni
all’Umberto che curava con
particolare attenzione: unico
vezzo che si concedeva essendo
in realtà uomo austero e
religioso, assolutamente privo
di retorica ma ricco di
sensibilità
e
sinceramente
compreso della sua funzione. Si
lasciò
guidare
nell’attività
amministrativa da chi, a suo
dire, era in grado di arrivare
dove lui, intelligente ma in
possesso della sola licenza
elementare,
non
sarebbe
riuscito. L’anima vera della sua
amministrazione furono in
realtà
l’assessore
anziano
Corrado L’Andolina e il
segretario comunale Gaetano
Callipo. Peppe Grillo, tuttavia,
era uomo che teneva molto alle
sue prerogative e le conservò
con determinazione e fiducia in
se stesso. Era un abile
manovratore e conosceva bene
i meccanismi della politica.
Teneva al paese sopra ogni altra
cosa e fu molto attivo e
coraggioso.
Si
assunse
responsabilità operative perché
ne era capace e sapeva guidare
l’amministrazione con polso
fermo e certezza di obiettivi. La
sua fu un’amministrazione che
risolse problemi storici del
territorio. Con lui nacque la rete
idrica moderna, la rete fognaria,
4
MARZO 2009
VIAGGIO NELLA STORIA DI ZAMBRONE
CRONACHE ARAMONESI
Pillole di storia
l’ammodernamento
dell’edificio
scolastico di Zambrone e della
illuminazione esterna, il primo
programma di fabbricazione, due
lotti di alloggi popolari per i
lavoratori agricoli, il complesso
residenziale pubblico di via Pietro
Mancini a Zambrone , di via Andrea
Giannini a San Giovanni e di via
Pietro Nenni a Daffinà e fu
deliberato il finanziamento delle
case popolari di Daffinà, oggi via
Giuditta Levato. Può essere
considerata,
la
sua,
l’amministrazione della rinascita di
Zambrone
poiché
coronava
degnamente il sogno dei suoi
predecessori che ne avevano gettato
le basi in tempi difficilissimi. Iniziò
in questo periodo lo sbaraccamento
per realizzare il quale non pochi
furono gli ostacoli da superare. Il
maggiore successo di Peppe Grillo
fu, comunque, l’aver compreso che i
tempi
stavano
cambiando
velocemente e che la politica
assumeva un ruolo sempre più
importante
anche
nell’attività
amministrativa: nacque il primo
gruppo
politico
legalmente
costituito, quello socialista, che
comprendeva i tre consiglieri di San
Giovanni al quale si sarebbe
aggiunto Francesco Grillo classe
1938
(con
Peppino
Russo
capogruppo). Peppe Grillo seppe
intelligentemente coordinarsi con le
forze politiche di governo ed ottenne
per il suo paese una serie di
finanziamenti che non si sarebbero
più ripetuti per il futuro. La
popolazione sosteneva il suo
impegno e assisteva incredula ai
cambiamenti
che
si
stavano
realizzando sotto i suoi occhi.
Quando
nel
1970
la
sua
amministrazione ebbe termine, il
paese era profondamente cambiato.
Qualche vecchio zambronese che
tornava dall’Argentina dichiarava
candidamente di non riconoscere più
il paese che aveva lasciato tanti anni
prima.
Di
nessuna
tra
le
amministrazioni che si sono
succedute dal dopoguerra ad oggi si
può dire, come per quella di Peppe
Grillo:
missione
compiuta!
Eppure il personaggio aveva i suoi
limiti caratteriali. Imperioso e
ostinato non concepiva una linea
diversa dalla sua, specialmente
nella gestione della quotidianità
amministrativa. Ma era persona
leale e di alta coscienza morale.
Religiosissimo per convinzione e
per tradizione familiare, Peppe
Grillo, che aveva combattuto
durante la Seconda guerra
mondiale come richiamato alle
armi, fu per tutta la vita un uomo
solo, abituato a dialogare con se
stesso più che con gli altri, ma
aveva il senso delle Istituzioni
come pochi e tutta la sua vita fu
improntata ad un’impostazione
quasi calvinista, scrupolosa e
determinata. In un certo senso era
un simbolo: il simbolo della
Calabria povera e intelligente, che
usa le sue forze per emanciparsi,
la dimostrazione che siano
l’intelligenza ed il buon senso a
risolvere i problemi più che la
cultura. Oggi, nell’era della
globalizzazione, può apparire
persino
patetica
una
tale
convinzione, ma siamo negli anni
Sessanta, un’epoca di grandi
progetti e di rilevante transizione.
Personaggi come Peppe Grillo,
alla guida dei comuni del
Vibonese, nello stesso periodo,
erano il sale e il pepe della vita
politica locale. Basta ricordare
Peppino Cichello (Dc) a Zungri e
don Micuccio Contartese (Pci) a
Rombiolo, destinati a diventare
leggenda di un’epoca che, per
molti versi, leggendaria lo fu
davvero.
Salvatore L’Andolina
TANTI AUGURI
Un caloroso benvenuto ai neonati
Placido Grillo
Riccardo Grillo
Domenico Pasquale Sansone
IL CHOPPER NELL’ANTICA
ETA’ DELLA PIETRA A ZAMBRONE
“L’archeologia
preistorica
e
protostorica nel promontorio del
Poro” è un opuscolo realizzato
dall’Istituto
comprensivo
Don
Mottola di Tropea. La ricerca è nata
da un progetto didattico realizzato
nell’anno scolastico 2005-2006 a
cura della scuola media di Drapia.
Esso contiene dati particolarmente
significativi su tutta l’area che dalla
Costa degli dei giunge fino in cima
al Poro. Il promontorio di Tropea,
infatti, è considerato uno dei territori
più ricchi in termini di ritrovamenti
archeologici
della
preistoria.
Nell’area “aramonese” esistono
numerose testimonianze di aggregati
umani
antichissimi,
addirittura
risalenti all’antica età della pietra.
“Il chopper -è scritto nel citato testoè un primitivo strumento ottenuto
scheggiando mediante percussione
l’estremità di un ciottolo, al fine di
ottenere un margine tagliente. Le
ricerche hanno potuto dimostrare
che il promontorio del Poro è una
delle zone più ricche d’Italia di
questi strumenti. In oltre trenta aree
si sono infatti raccolti numerosi
esemplari di chopper, realizzati in
pietre locali come il granito, il
quarzo bianco e la quarzite. Tra le
località principali si ricordano:
Crista di Gallo, Crista di Zungri,
Torre Galli, Passo Murato, Piano di
Santa Lucia, bivio di Potenzoni,
Madama, Priscopio, Zambrone
Scalo. Da quest’ultimo proviene un
notevole numero di chopper ritenuti
molto antichi, risalenti, forse, a
800mila anni fa”. Un rudimentale
manufatto è rivelatore di una
scoperta densa di significati: il
territorio zambronese era popolato
già un milione di anni fa! A tale
proposito si aggiunga che nel sito é
stato anche rinvenuto qualche
esemplare di: “bifacciali, strumenti a
forma di mandorla scheggiati su
entrambe le facce che caratterizzano
la cosiddetta industria “Acheuleana”
della fase più evoluta del Paleolitico
inferiore”.
5
MARZO 2009
ZAMBRONESI NEL MONDO
SONIA OCELLO
UN ARCHITETTO ZAMBRONESE
A PARIGI
Sonia Ocello è nata a Zambrone
dove ha frequentato le scuole
elementari e la prima media. Figlia
del dottore Michele Ocello, per
oltre trent’ anni medico al servizio
della comunità di Zambrone, si è
poi trasferita a Vibo Valentia dove
ha
proseguito
gli
studi
diplomandosi al Liceo classico
“Michele Morelli”. Si è laureata
con il massimo dei voti in
Architettura
all’Università
di
Reggio Calabria. Qualche anno
prima aveva conseguito il diploma
di pianoforte al Conservatorio
“Francesco Cilea” di Vibo Valentia.
Vincitrice di una borsa di studi post
lauream, nel 1997 ha lasciato la
nativa Calabria per la Francia dove
vive e lavora. In collaborazione col
Dastec (Dipartimento arte scienza e
tecnica
delle
costruzioni)
dell’Università di Reggio Calabria
e la Scuola di Architettura di
Belleville a Parigi, ha realizzato
una tesi di ricerca sul tema “Musica
e
Architettura”
seguita
dai
professori Rosario Giuffrè e
Laurent Salomon per la Francia.
Contemporaneamente
ha
frequentato
la
Scuola
di
Architettura “La Défense” a Parigi
dove ha conseguito un diploma di
specializzazione
in
“Acustica
architettonica e urbana”. Dopo
avere lavorato presso vari studi di
architettura a Parigi (tra cui Scau
che ha realizzato “Les routes de
France” a Parigi) occupa oggi un
posto di responsabilità in seno ad
una
società
d’ingegneria
multinazionale,
denominata
“Coplan
ingenierie”.
E’
la
responsabile parigina della filiale
“Bred amo” che opera nel settore
della
programmazione
architettonica nazionale sia in
Francia che all’estero. Interviene
quasi
esclusivamente
per
committenze pubbliche: regioni,
università, ospedali, ministeri, per
la realizzazione di differenti
progetti. Il suo ruolo coniuga
svariati aspetti: relazionali, tecnici,
Sonia Ocello
organizzativi e manageriali; il tutto,
contemperato da quello primario di
moglie e mamma di due bambine.
Sonia Ocello non ha mai reciso i
legami con la sua terra d’origine e
il contributo offerto a Cronache
Aramonesi, di seguito riportato, ne
costituisce
la
riprova.
Tale
testimonianza è tratta dalla rivista
parigina dello scorso mese di
gennaio, “Coplan contact -La lettre
d’information du goupe Coplan
ingénierie” scritta di pugno da
Sonia
Ocello,
coniugata
Monvoisin.
Se una donna conosce bene il
proprio lavoro s’impone in
maniera naturale. Tuttavia non è
sempre semplice per una donna
imporsi
in
un
campo
tradizionalmente maschile, come
quello delle Costruzioni. Bisogna
formarsi un carattere forte,
appoggiandosi, ovviamente, su
solide competenze. A volte mi sono
ritrovata di fronte persone che
hanno cercato di mettermi in
difficoltà. Ma queste azioni,
talvolta del tutto gratuite, non sono
venute sempre e solo da uomini:
spesso ho avuto delle cattive
sorprese proprio da altre donne
(punta di gelosia tipicamente
femminile?). Fortunatamente si è
trattato di rare esperienze. La
maggior parte delle volte, mi si
riserva un’accoglienza cortese che
CRONACHE ARAMONESI
mi
permette
di
sentirmi
perfettamente a mio agio: credo che
una donna abbia connaturate
capacità rassicuranti. In più,
lavorando
essenzialmente
con
committenze pubbliche, si tratta
spesso di dovere mettere d’accordo
diversi interlocutori ed… è ben noto
che noi donne sappiamo essere più
convincenti! La sfida più dura che
ho dovuto rilevare? Non è stata
tanto il fatto di essere una donna in
un universo maggioritariamente
maschile, ma piuttosto d’impormi in
quanto straniera in Francia.
Soprattutto all’inizio della mia
ricerca lavorativa. Alcuni francesi
pensano, a torto, che gli stranieri
non siano capaci, per esempio, di
assicurare degli scambi verbali
importanti o di redigere alla
perfezione atti nella loro lingua (e
nel mio lavoro si tratta di cose
estremamente importanti). Credo, in
quanto donna, di apportare grazie a
questo lavoro, da un lato, un aiuto
concreto nella realizzazione delle
diverse missioni (perché noi donne
siamo più metodiche e coscienziose)
dall’altro un tocco di femminilità
nelle relazioni con i committenti,
perché gli scambi si effettuano
sempre su un tono di cortesia e
rispetto. La proporzione ideale
uomo/donna in questo campo
lavorativo sarebbe 60/40. Non
bisogna dimenticare che è un lavoro
che obbliga spesso a trasferte (in
Francia ma anche all’estero) da
conciliare con la vita di famiglia e
che genera, a volte, situazioni di
tensione. Personalmente, credo che
le mentalità siano sufficientemente
evolute: Verna Cook, la prima
donna ad essere ammessa all’Esa
(Scuola speciale di architettura)
all’inizio del Ventesimo secolo,
sarebbe stata felicissima di vedere
conferire ad una donna, Zaha Haid,
il “premio Pritzker” di architettura
del 2004. Resta, tuttavia, ancora del
cammino da fare: i posti di alta
responsabilità nel campo delle
progettazioni di opere pubbliche, in
particolare, restano ancora troppo
spesso una prerogativa maschile!
Sonia Ocello
6
MARZO 2009
STATISTICHE DEMOGRAFICHE
Dati Istat sulla popolazione, elaborazione grafica di Valerio Colaci
EROSIONE DEMOGRAFICA A
ZAMBRONE, SULLA COSTA
DEGLI DEI E SUL PORO
«Ma guarda intorno a te, che dono
t’hanno fatto, t’hanno inventato il
mare…». Cantava così, qualche
anno fa, Mimmo Modugno in uno
dei suoi successi, ripreso in questi
mesi da un noto gruppo musicale,
narrante la storia di un uomo
salvato sull’orlo del suicidio. Che
gran bel dono il mare. Metafora
dell’infinito, esso da sempre
incarna l’idea di libertà e,
soprattutto, di prosperità. Ma,
simbolo di prosperità, e dono, è
anche la montagna, con la sua aria
fresca, ristoro della canicola estiva,
i paesaggi mozzafiato, i prodotti
agroalimentari e le specialità
tipiche. E, la prosperità, dacché
mondo è tale, è sinonimo di alta
consistenza abitativa. Mare e monti
uguale doni, uguale prosperità,
uguale alta consistenza abitativa.
Equazione che, guardando ai dati
demografici,
non
sembra
funzionare sulla costa degli Dei e
sul Poro, in cui la suddetta ricade
(esclusa Pizzo che non rientra
nell’area). Qui, “i doni” non
sembrano arrestare ciò che si
presenta quasi come un “suicidio
demografico”. Certo, ci sono aree
in provincia, come le Serre, dove il
calo generale è più marcato. Ma
questo non può confortare.
Complessivamente, il Poro perde
11.107 abitanti (il 22,5% dei
60.296 del 1911). Ad avere la
peggio è la zona montana, che
registra il top abitativo (27.879
residenti) sempre nel 1911, dei
quali, a gennaio 2008 ne perde
6.303 (-28,6%). Va un po’
meglio per i comuni prettamente
costieri,
che
attualmente
raggiungono i 27.513 residenti
(36.633 con Pizzo), solo, si fa
per dire, il 15,2% in meno dei
32.721 dell’anagrafe nel 1951.
Una percentuale con la quale
collima perfettamente quella di
Zambrone, che nel 1921
raggiungeva il suo record di
2.129 iscritti, dei quali ha perso,
appunto, il 15,3%, attestandosi
oggi sui 1.846, con un dato che,
dagli ultimi decenni, sembra
essere in una lieve, quasi
impercettibile, ascesa. Anche
Briatico segue l’andamento
dell’area marina, perdendo, dalla
cima del ’51 (4.826 residenti) il
15,4% (-742). C’è da stupirsi su
come, avendo a disposizione
tutto affinché la popolazione
cresca, questa, al contrario, è in
picchiata a briglia sciolta verso il
basso. E di brutto in certi casi.
Sul Poro, infatti, troviamo
“realtà” come Zaccanopoli che,
dal top del ’21 (2.462 abitanti) ha
subito un tracollo del 66,2%,
arrivando, sempre in discesa, agli
attuali 835, e Spilinga, patria di
sua maestà la “‘nduja” (oggi
1.539 residenti), che ha più che
dimezzato
(-53,1%),
la
popolazione di 3.280 abitanti
vantata sempre nel ’21. Avere
CRONACHE ARAMONESI
avuto il picco nel 1921 sembra
sia stata una maledizione e,
anche Drapia, dei 4.390 iscritti di
quell’anno, ne ha decurtato il
50,4%
(costantemente
al
ribasso). Di questo passo, tra non
molto, chiamarle “realtà” sarà
eresia. Ma, a mare, le cose non
vanno meglio, se Parghelia,
unico centro marino con il
minimo storico proprio nel 2008,
dal 1901 (2.860 unità), è scesa
del 52,1% (1.371 abitanti),
tenendo testa a Joppolo (2.134
iscritti, -49,6% dei 4.236 del ‘21)
e Nicotera, con gli attuali 6.456
abitanti, contro i 10.816 del 1911
(- 40,3%). Non deve fare grande
onore contendersi il record
negativo. Percorrendo qualche
chilometro,
da
Nicotera
arriviamo a Limbadi, per le cui
strade, nel 1921, camminavano
5.388 persone. Ora sono più
sgombere, visto che all’appello
ne mancano 1.664 (-30,9%). Con
il 22,2% in meno, poi, troviamo
Filandari, che censisce 1.896
iscritti (-541 dal ’51). Tengono,
invece,
Rombiolo
(4.799
abitanti, appena lo 0,6% in meno
dal 1991), San Calogero, che dai
.4.777 iscritti del ’91 ha
sacrificato il 3,2% (oggi sono
4.626) e Zungri, che perde il
9,5% (2.084 abitanti, contro i
2.283 del’21). Certo, sempre
perdita è. Ma, almeno, le cifre
spaventano meno. Come, poco
spavento desta il dato della perla
del Tirreno, Tropea che, rispetto
al 1951 (6.953 residenti),
sacrifica un misero 1,7% e si
porta a 6.835, mantenendo
pressoché costante questo dato
dal 1971 ad oggi. Chiude
l’indagine
Ricadi
che,
guadagnando ben 123 unità nel
corso del 2007, è l’unico della
provincia di Vibo, con Ionadi, a
segnare il massimo nel 2008,
dato che rispetto al minimo del
1861 c’è stato un incremento di
2.299 nuovi residenti (+48%).
Valerio Colaci
7
RICORRENZE
MARZO 2009
CRONACHE ARAMONESI
Devozione
DAFFINA’ E IL SUO CULTO,
FRA TRADIZIONE E FEDE
Il rito de “La cena di San Nicodemo”
La chiesa di Daffinà è l’edificio più
antico che insiste sul territorio di
Zambrone. La sua origine si deve
collocare intorno al 1600. Tra il 1972
e il 1973 a causa della devastante
alluvione abbattutasi sul territorio,
l’edificio ecclesiale subì gravi danni
che furono riparati dopo la metà
degli
anni
Ottanta.
L’amministrazione
comunale
dell’epoca,
sorretta
dalla
Sovrintendenza regionale alle Belle
arti, fu l’artefice di tali importanti
ristrutturazioni. Attualmente, la
chiesa, risulta bisognevole di vari
interventi, ma mantiene intatto il suo
fascino. Una curiosità legata alla
parrocchia di Daffinà è la sua
particolare festa patronale. In tale
occasione, insieme al panino é
distribuito un piatto di riso e ceci. La
tradizione è molto antica e risale
all’epoca in cui esisteva nella zona
un feudo che aveva il nome del
santo. L’abate Francesco Casuscelli
nativo del luogo e parroco di Daffinà
coltivò il lotto per parecchi anni. Fu
lui a decidere che venisse offerta “La
cena di San Nicodemo”. Durante la
vigilia della festa patronale, i
daffinesi cucinavano nella canonica
il riso con i ceci e il giorno
successivo lo offrivano a quanti ne
facevano richiesta. Improvvisamente,
l’abate interruppe la tradizione. Non
si conoscono i motivi, ma si sa bene
ciò che accadde successivamente. La
notte della festa del santo uno dei
maiali di proprietà dell’abate morì e
lui stesso si ammalò gravemente. Le
circostanze vennero ricondotte alla
espressa disapprovazione del patrono
per la soppressione della tradizione
che venne così immediatamente
ripristinata. Anche lo scorso 12
marzo, il rito ha seguito il suo
naturale svolgimento. I solenni
festeggiamenti sono stati organizzati
dal comitato composto da Carlo
Muggeri e Giacomo Grillo; mentre, il
riso con i ceci è stato cucinato nei
locali di Marco Lo Tartaro. Don
Nicola Berardi ha officiato i riti
religiosi.
Festività di San Nicodemo, il rito della benedizione dei panini e del riso con i ceci
CARNEVALE
Gianni Rodari
Carro allegorico sfilato durante
il passato Carnevale
Carnevale
in
filastrocca,
con la maschera sulla bocca,
con la maschera sugli occhi,
con le toppe sui ginocchi:
sono le toppe d’Arlecchino,
vestito
di
carta,
poverino.
Pulcinella è grosso e bianco,
e Pierrot fa il saltimbanco.
Pantalon
dei
Bisognosi
“Colombina,” dice, “mi sposi?”
Gianduia lecca un cioccolatino
e non ne da niente a Meneghino,
mentre Gioppino col suo randello
mena
botte
a
Stenterello.
Per fortuna il dottor Balanzone
gli fa una bella medicazione,
poi lo consola: “E’ Carnevale,
e ogni scherzo per oggi vale.”
ZAMBRONE, MASCHERE E CARRI PER L’EVENTO CARNASCIALESCO
Martedì 24 febbraio si sono chiusi i riti della tradizione carnascialesca. Ai due
carri realizzati nella frazione di San Giovanni, si è aggiunto quello costruito
dalla comunità di Daffinacello che ha partecipato pure alla prestigiosa
manifestazione miletese. L’allegria ha contagiato l’intera popolazione
zambronese e l’irrefrenabile desiderio di letizia ha preso il sopravvento. I carri
sono sfilati sia nel capoluogo che per le vie delle frazioni. A Zambrone sono
stati offerti agli astanti i dolciumi tipici del carnevale. Una sfilata di
mascherine e uno spettacolo di musici, prestigiatori, clown e trampolieri ha
allietato il freddo pomeriggio carnevalesco. Nella domenica precedente lo
spirito festivo si era impadronito delle vie di San Giovanni. L’evento
carnascialesco ha coinvolto molte famiglie del posto e si è espresso nelle sue
forme più tradizionali: capovolgimento della realtà, luogo del ridere, regno
dello scherno, esternazione della materialità.
8
MARZO 2009
FESTIVITA’
IL CARNEVALE ZAMBRONESE
NEGLI ANNI NOVANTA
CARNEVALE CALABRESE
Nelle piazze in ogni via/ c’è
un’allegra compagnia /che vestita
in modo strano canta, balla e fa
baccano./ Mascherine mascherine
siete buffe ma carine/ con i vostri
nasi rossi/fatti male, storti o
grossi/ con i costumi che indossate
/con gli scherzi che vi fate/ voi
portate l’allegri/ e che la festa
abbia il via!
Le festività collegate ai rituali
carnevaleschi sono passate da
poco. Proprio per questa ragione
risulta
utile
proporre,
sull’argomento,
qualche
riflessione. Il carnevale è la festa
più amata dai bambini e diverte
anche gli adulti. Ma a Zambrone,
lo spirito di questa ricorrenza
burlona è sentito sempre allo
stesso modo? Come non ricordare
la gioia fanciullesca di inventare,
disegnare e costruire la propria
mascherina, magari con l’ausilio
delle maestre di scuola. Gli
ingredienti
essenziali
erano:
fantasia, colori e semplicità. Ogni
bambino almeno una volta ha
ritagliato la propria maschera da
un cartoncino che era stato la
confezione dei biscotti per la
colazione. Tutti hanno imparato
che su di uno spesso strato di colla
vinilica i coriandoli si appiccicano
a meraviglia. Era fantastico
stropicciare la carta crespa come
per formare dei ventagli e abbellire
colletti, polsi o per definire i bordi
della maschera fai da te. Insomma
colori a go-go e l’artista che c’è in
ogni bambino non aveva freni. Il
lavoro duro spettava però sempre
alla mamma. Come perché? Chi
confezionava il vestitino di
carnevale? Le mamme, che
sembravano
sarte
affermate:
calzamaglia verde, smanicato raso
con
gonnellino
a
zig-zag,
cappellino di carta a forma di
barchetta
rovesciata,
copriscarponcini di panno pinzati con
spillatrice e Peter Pan era pronto a
volare per l’isola che non c’è! E
che dire delle gonnelline di paglia
su tutine nere?
CRONACHE ARAMONESI
La maschera di Giangurgolo
(Foto scaricata dal web)
Una generosa manciata di trucco in
viso e la tribù africana è all’erta da
attacchi nemici. I bambini erano molto
motivati anche dalle premiazioni per il
costume più bello che avvenivano in
Piazza otto marzo al termine della
manifestazione. Il carnevale era proprio
una gioia per grandi e piccini; gli adulti
si divertivano ad organizzare le sfilate
dei carri: c’era una vera e propria sfida
e competizione. Ad esempio tra
infermiere e medici matti sul furgone
bianco e il trattore dei boscaioli armati
di cappellino di lana e camicia a quadri.
Ricordate poi l’anno (più o meno verso
la metà degli anni Novanta) in cui si
scontrarono le majorette del Circolo
2000 e i personaggi della Walt Disney
dell’ Arci? Bei tempi! E come ciliegina
sulla torta i ragazzi ed i bambini del
gruppo folkloristico di Zambrone erano
ben lieti di animare e arricchire le
strade del paese con balli, canti e
scenette comiche rigorosamente in
dialetto. Ed ora cosa
rimane del
carnevale zambronese anni ’90?
Senz’altro un bellissimo ricordo, specie
guardando le nuove mascherine
commerciali, stilisticamente perfette
ma senz’anima e senza cuore. Il
febbraio zambronese non è più in preda
ad una pioggia di coriandoli e stelle
filanti. A gioirne, però, sono soltanto
gli operatori ecologici.
Laura Grillo
Durante il ‘600, epoca della
cosiddetta “Commedia dell’arte”, al
centro della vita sociale e culturale
vi era il teatro. Attraverso le
maschere gli autori potevano
esprimere il proprio pensiero,
burlandosi degli aspetti della
società a loro poco congeniali.
Basti
pensare
a
Pulcinella,
Arlecchino, Colombina, Pantalone,
tutte rappresentative di una
determinata classe sociale e con un
particolare carattere. Tra queste
maschere, divenne famosa anche
quella della Calabria, Giangurgolo,
capitano di origine spagnola. La
maschera di Giangurgolo è nata dal
desiderio di mettere in ridicolo gli
arroganti signorotti calabresi che
imitavano
gli
atteggiamenti
insolenti degli ufficiali spagnoli.
Infatti Giangurgolo apparentemente
è un nobile principe ricco che
incute rispetto e timore, in realtà si
rivela fifone, vanitoso e bugiardo.
Nelle rappresentazioni teatrali
viene sempre deriso dalle donne a
cui fa la corte per via dei suoi modi
sgraziati, del naso grosso e della
voce stridula. Di questa simpatica
maschera, che sui palcoscenici dei
teatri seicenteschi divertì il
pubblico rappresentando la realtà
regionale e dialettale calabrese,
oggi sembra rimanere solo un
ricordo.
A
differenza
di
Giangurgolo, i dolci tradizionali
calabresi ogni anno accompagnano
il carnevale locale. Un’arte
tramandata di generazione in
generazione; freschi, fatti a mano,
essi venivano esposti nel passato
come un mezzo di saluto,
rappresentavano la vita rurale
contadina, il rispetto per la
famiglia, il popolo calabrese. Tra i
più diffusi dolci di Carnevale vi é la
“pignolata” al miele che si presenta
come un assemblato tra vari pallini
di pasta fritti coperti di miele e le
“chiacchiere”,
prodotte
con
ingredienti naturali come farina ed
olio, fritti e ricoperti di zucchero.
Alessandra Pepè
9
MARZO 2009
LA TESI
CRONACHE ARAMONESI
ANTONIO VARRA’
PRESENTA LA SUA IDEA:
L’ECOTURISMO IN
“BRESTE”
Una tesi di laurea dedicata a
Zambrone Più precisamente a
quello
che
rappresenta
e,
soprattutto,
potrebbe
rappresentare la sua principale
risorsa: il turismo. L’idea é di
Antonio
Varrà,
laureatosi
recentemente a Cosenza, presso
l’Università degli studi della
Calabria, facoltà di Economia,
corso di Scienze turistiche. La
tesi, “Ecoturismo “in breste” fra
borghi e architetture di terra a
Zambrone e nel Poro”, ha avuto
quale suo relatore Rosario
Chimirri, ordinario di Storia
dell’architettura e dell’urbanistica.
Il
lavoro
del
neolaureato
zambronese è sviluppato in
quattro capitoli. Il primo dal titolo
“Ecoturismo” è suddiviso in due
parti:
l’analisi
generale
dell’attuale realtà turistica che
precede la disamina sul turismo
sostenibile ed ecocompatibile. Il
secondo capitolo “Architettura di
terra” è, invece, suddiviso in tre
parti dedicate, rispettivamente, al
paesaggio naturale e antropico,
all’origine dell’architettura di
terra e, infine, alle case di terra
nel mondo. Il terzo capitolo “La
realtà calabrese”, si sofferma
sull’analisi della diffusione di
questa architettura in Calabria e
specificamente
nell’area
del
Vibonese
e
di
Zambrone
sottolineando la mancanza di
tutela e l’abbandono strutturale
del bene in questione. Il quarto,
dal titolo “Un progetto di
valorizzazione
turistica”
approfondisce la relazione tra
ecoturismo e le case di fango. In
sostanza, l’idea di Antonio Varrà
è semplice e accattivante: le sorti
del turismo sono strettamente
legate al territorio e la tutela di
quest’ultimo è il modo migliore
per svilupparne le potenzialità. E’
questa la chiave di volta di
un’efficace politica di promozio-
Costruzione in “breste” a Daffinà
-ne turistica . Il lavoro, naturalmente,
è supportato da dati oggettivi
inoppugnabili, analizzati in profondità
e con rigore scientifico. Il riferimento
costante della ricerca è Zambrone, il
cui territorio è incastonato tra le
bellezze marine della Costa degli dei e
quelle montane del Poro. Un omaggio
che il giovane autore ha voluto
rendere al suo comune d’origine, nel
quale vive e lavora. Curiosa e
interessante
l’indagine
sulla
architettura “in breste” (materiale
composto da terra “assicata” al sole)
usate nello scorso secolo anche per
ricostruire le abitazioni a seguito dei
terremoti del 1905 e del 1908.
Testimonianze tangibili sono tuttora
visibili a Daffinà, piccola frazione di
Zambrone, dove esistono alcune delle
strutture originali. L’utilizzo di
materiali locali e non inquinanti, la
creazione di strutture adeguate e
calibrate secondo le esigenze della
collettività sono i pilastri di un habitat
intrinsecamente
razionale.
Una
lezione che il giovane ricercatore
attualizza,
proiettandola,
specificamente,
nella
realtà
zambronese, anche se non mancano
osservazioni attente su centri abitati
del Vibonese dove è facile riscontrare
questo metodo architettonico. In un
passo essenziale della sua tesi Antonio
Varrà ha scritto: “Il turismo può
innescare
un
processo
d’arricchimento ma, se non
adeguatamente
organizzato
e
soprattutto progettato può rivelarsi
un boomerang con effetti molto
negativi. Da qui nasce l’esigenza
di stabilire limiti precisi e di
attuare progetti di sviluppo
turistico adeguati. Viene così
introdotto -conclude il neo
laureato- il termine di “turismo
sostenibile”, che si traduce anche
nel mantenimento e recupero della
solidarietà
tra
le
diverse
generazioni
delle
comunità
ospitanti, affinché la monocultura
turistica non disgreghi i valori
locali, troncando il passaggio
dell’eredità culturale da una
generazione all’altra”.
Qualche settimana fa monsignor
Vincenzo Rimedio ha affermato:
“In Calabria è carente la cultura
ecologica di rispetto della natura.
La nostra è una regione espropriata
di una coscienza collettiva
orientata al bene comune”. La tesi
di Antonio Varrà rappresenta un
prezioso
contributo
per
un’inversione
culturale
tanto
urgente quanto auspicabile.
Corrado L’Andolina
10
MARZO 2009
IDEA AMBIENTALISTA
CRONACHE ARAMONESI
TURISMO SOSTENIBILE ED
ECOCOMPATIBILE ANCHE A
ZAMBRONE
Il Comune di Zambrone si estende
su circa quindici chilometri
quadrati
di
superficie
ad
un’altitudine che varia da zero a
cinquecento metri sul livello del
mare con una costa di circa sette
chilometri ritenuta tra le più
suggestive della provincia di Vibo
Valentia. Lo sviluppo turistico ha
interessato in modo significativo
la zona costiera come la maggior
I dei comuni limitrofi e più in
parte
generale la Calabria facendola
diventare una meta balneare
internazionale, grazie anche alla
vicinanza di Tropea definita: “La
perla del Tirreno”. Questo
sviluppo ha portato inizialmente
molto ottimismo nella popolazione
che vedeva nel turismo una
risorsa; ma la realtà dei grandi
tours operators europei ha fatto sì
che questa speranza si limitasse a
soli quattro, cinque mesi all’anno
e sicuramente, con tutte le
peculiarità
di
un
turismo
prettamente di massa, con la
mancanza di un’equa distribuzione
del reddito. Infatti, solitamente, la
maggior parte della gente occupa
ruoli marginali nella gestione di
queste strutture, limitandosi a
lavorare
come
giardiniere,
manutentore, cameriere o bagnino,
senza alcun coinvolgimento in
attività dirigenziali. A ciò si
aggiunga la perdita di valori e
tradizioni antiche e il fatto che il
territorio zambronese si trova in
una delle province considerate fra
quelle con il più alto tasso di
migrazione e disoccupazione, con
uno dei più bassi livelli di qualità
della vita in Italia, ma nello stesso
tempo, almeno riguardo il tratto
costiero, con la più alta densità di
villaggi turistici della nazione. Si
tratta di dati che in un sistema
economico
sostenibile
non
sarebbero compatibili l’uno con
l’altro. L’obiettivo della tesi:
“Ecoturismo “in breste” fra borghi
Panoramica della marina di Zambrone
e architetture di terra a Zambrone e
nel Poro” è di creare un circuito
alternativo in chiave sostenibile della
località in questione, puntando su una
rivalutazione delle tradizioni che
spaziano da quelle materiali a quelle
immateriali, come la musica ed altre
peculiarità
locali,
in
una
compartecipazione di fenomeni. Lo
studio ha avuto quale sua centralità
l’analisi
tecnica
del
turismo
sostenibile più in sintonia con le
nuove linee guida globali che il
mondo si prepara ad affrontare. Infatti
con il termine turismo s’intende
quell’attività di escursione e/o viaggio
che l’uomo compie a fini istruttivi, di
svago o di vacanza. Oggi il turismo è
un fenomeno in forte espansione,
occupa un ruolo di primo piano ed è
considerata la principale attività
economica del globo. Sposta oltre
cinque miliardi di persone ogni anno e
occupa milioni di lavoratori, uno ogni
quindici occupati in tutto il mondo. Si
tratta, inoltre, di un fenomeno
destinato a crescere nei prossimi
decenni in modo esponenziale,
favorito dallo sviluppo dei trasporti e
delle comunicazioni. Bisogna, però,
considerare che il turismo, soprattutto
quello di massa e di lusso ha avuto ed
ha tuttora effetti molto negativi su
ambienti,
culture,
società
ed
economie. Il vero detonatore della
rivoluzione turistica è stata la classe
lavoratrice dei Paesi industrializzati
che, negli anni Ottanta, ha
abbandonato le solite località turisti-
-che vicino casa. Talvolta ha
cominciato a varcare i confini dei
rispettivi stati per recarsi in
“paradisi tropicali”, lontani dai
luoghi di partenza migliaia di
chilometri. Questa tipologia di
turismo è devastante per le aree di
destinazione;
senza
una
programmazione razionale, infatti,
vengono “spalancate” le porte al
così detto turismo di massa.
Bisogna
sottolineare
che
l’industria turistica è fortemente
concentrata nelle mani di pochi
grandi operatori e, anche se
esistono migliaia di piccole
agenzie, queste ripropongono per
lo più i pacchetti creati dai
“grandi”. Il turismo può innescare
un processo di arricchimento ma,
se non adeguatamente organizzato
e soprattutto progettato, può
rivelarsi un boomerang con effetti
molto negativi. Da qui nasce
l’esigenza di stabilire limiti precisi
e di attuare progetti di sviluppo
turistico adeguati. Viene così
introdotto il termine “turismo
sostenibile”,
creato
secondo
principi che sono dello sviluppo
sostenibile, auspicati nel 1997
dalla Commissione mondiale per
l’ambiente e lo sviluppo nel
rapporto Our Common Future,
noto
come
“Relazione
Brundtland”. I principi sono gli
stessi: attingere alle risorse del
presente tenendo conto del futuro.
Antonio Varrà
11
MARZO 2009
RUBRICA
CRONACHE
ARAMONESI
Continua il percorso finalizzato alla
conoscenza delle figure storiche e degli
eventi ai quali sono dedicate le vie di
Daffinà.
Periodico indipendente
d'informazione, politica e
cultura
GIUDITTA LEVATO
Editore
Centro Studi Umanistici e
Scientifici Aramoni
Lavoratrice combattiva e coraggiosa
Nella seconda metà degli anni ‘40 del
secolo scorso, l’Italia è letteralmente
spaccata in due: la Repubblica di Salò
al Nord e l’Italia meridionale in mano
agli Alleati, guidata dal governo
Badoglio. Al Sud imperava, ancora, il
latifondo, già anello debole della
politica italiana all’indomani dell’Unità
d’Italia. Un coraggioso ministro
dell’Agricoltura,
Fausto
Gullo,
calabrese e appartenente al Partito
comunista italiano, decise di invertire la
rotta. Tra le colline del Marchesato e le
montagne della Sila, per i contadini
organizzatisi in varie cooperative,
sembrò giunto il momento della
riscossa. In tali circostanze, Giuditta
Levato fonda la cooperativa e la lega
dei braccianti di Calabricata (oggi
frazione di Sellia Marina) importante
strumento di lotta contro le baronie
latifondiste del posto, ponendosi, così,
alla
testa
del
movimento
di
emancipazione
contadina
e
guadagnandosi la stima e l’affetto dei
compaesani. Il 17 settembre 1946 il
latifondo viene occupato, le terre
inaridite vengono messe a coltura: si
avvera un sogno secolare. Ma i
latifondisti non si rassegnano e creano
scompiglio, pressioni e violenze per
cacciare i contadini dalle terre
occupate. Giuditta Levato non si
intimidisce e prosegue la sua battaglia.
Il 28 novembre 1946 le lavoratrici del
posto, avvisate dal sopraggiungere di
una mandria di buoi appartenenti
all’agrario Pietro Mazza sulle terre già
seminate
dalla
cooperativa
di
Calabricata: “Accorsero per scacciarvi i
buoi e salvare le loro semine dalla
distruzione”. Viene subito organizzata
una pacifica manifestazione di protesta,
alla testa del corteo si pone Giuditta
Levato. In questo contesto é dato
l’ordine di sparare: Giuditta Levato e il
figlioletto che portava in grembo
muoiono da lì a poco. E’ evidente e
profondo il significato civile conferito
CRONACHE ARAMONESI
Registrazione presso il
Tribunale di
Vibo Valentia al
N. 2 del 18 luglio 2005
Direttore responsabile
G. Raffaele Lopreiato
Progetto grafico di
Stefano Simoncini
Studio fotografico
Franco Alleva
Hanno collaborato in redazione
Caia Paolo, L’Andolina Corrado
Antonio, L’Andolina Salvatore
Immagine di Giuditta Levato con i suoi due figli
dalla locale amministrazione del 1983 con
l’intestazione di una pubblica via alla
sfortunata lavoratrice calabrese. La
decisione, infatti, rappresenta il doveroso
riconoscimento ad una figura umana che é
l’emblema stesso della voglia di riscatto
sociale dei calabresi, prima martire del
diritto alla giustizia sociale; donna
orgogliosa, caparbia, testarda, legata alla
famiglia, simbolo di femminilità, forza,
determinazione, impegnata in una lotta
difficile contro l’arroganza di uomini
protervi ed ottusi. La tragedia di Giuditta
Levato, madre di due figli in tenera età e
morta a soli 31 anni, da sempre smuove le
coscienze della gente onesta ed é divenuta,
nel tempo, l’esempio più fulgido della lotta
dei calabresi laboriosi e tenaci per un
futuro diverso e migliore del presente.
Dopo la guerra, per arginare il movimento
di proteste che molti storici hanno definito
“la resistenza del Sud”, la ridistribuzione
delle terre prosegue, ma in tono minore.
Per volontà governativa, le cooperative fra
le masse povere e contadine del Sud
vengono quasi eliminate e i terreni
assegnati ai singoli braccianti. Ma il sangue
continua a scorrere nelle campagne
meridionali. Fino all’eccidio di Fragolò, a
Melissa, nella provincia di Crotone, nel
’49. Fatto che ebbe risonanza nazionale e
dette
una
svolta
alla
definitiva
assegnazione della terra nel Meridione
d’Italia.
Angela Mazzitelli
Redazione
Viale A. Gramsci n. 3
89867 San Giovanni di Zambrone
(VV)
Tel. e fax 0963-392483
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Corrado Antonio L’Andolina
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