Livorno e i suoi sobborghi:
storia di Borgo dei Cappuccini
tra il Quattrocento e l’Ottocento
Comune di Livorno
Livorno e i suoi sobborghi:
storia di Borgo dei Cappuccini
tra il Quattrocento e l'Ottocento
di Rosa Distaso
Comune
di Livorno
Livorno e i suoi sobborghi:
storia di Borgo dei Cappuccini
tra il Quattrocento e l'Ottocento
Volume promosso da
Ufficio Piani e Programmi Complessi
Cura Editoriale
Ufficio URP-Pubblicazioni-Rete Civica
P.zza del Municipio 1 -57123 Livorno
e-mail. [email protected]
Livorno in internet: www.comune.liorno.it
Referenze iconografiche e fotografiche
Fonte "la vecchia livorno" http://lavecchialivorno.blogspot.it
Biblioteca Labronica "F.D. Guerrazzi", Livorno
Grafica
Xerox Spa
Stampa
Centro Stampa del Comune di Livorno, giugno 2013
Si ringraziano la Comunità dei PP. Cappuccini di Livorno, l'Architetto Riccardo Ciorli
dell'Archivio di Stato di Livorno e tutti coloro che, a vario titolo, hanno contribuito alla realizzazione del volume.
P
er parlare di Borgo dei Cappuccini, dobbiamo parlare di Livorno; ma Borgo non è semplicemente uno dei quartieri della città. Come evoca il termine stesso, Borgo dei Cappuccini è un
piccolo paese all'interno della città. O almeno lo è stato fino a poco tempo fa.
Se chiediamo ad un borghigiano, che magari inizia ad avere qualche filo di grigio tra i capelli, qual è la
caratteristica di Borgo dei Cappuccini, la risposta quasi unanime è "Non c'è bisogno di andare a giro,
qui trovi tutto".
Colori, odori, sapori di un tempo, nemmeno troppo lontano, che fanno parte di questa città e che non
devono andare perduti.
L'Amministrazione comunale ha voluto contribuire al recupero ed al rilancio di Borgo dei Cappuccini, inserendo nell'ambito del PIUSS1 "Livorno città delle opportunità" l'operazione "PIR (Piano
Integrato di Recupero) dei Borghi". Una serie di interventi di riqualificazione urbana, miglioramento
della sosta e della mobilità, di creazione di un sistema di informazione di comunicazione e sicurezza,
che potranno essere il volano per un rilancio economico, commerciale e turistico, del Borgo.
Il presente opuscolo vuole essere un omaggio a Borgo dei Cappuccini ed alla sua gente; ma anche a Livorno tutta. Una ricerca tutta nuova, all'interno della storia della città, a partire dalle notizie, poche
e scarne, che riguardano la nascita di uno dei primi sobborghi di Livorno, già presente in nuce prima
della venuta dei Padri Cappuccini da cui poi prese il nome. Un percorso che dai tempi lontani arriva
ai nostri giorni.
Un ricordare, per scoprire e ritrovare, per conservare e migliorare ciò che Borgo è stato ed è oggi.
Professoressa Giovanna Colombini
Assessore alla Promozione dei Saperi
Assessore delegato al PIUSS
Comune di Livorno
1 PIUSS (Piani Integrati di Sviluppo Urbano Sostenibile) sono lo strumento grazie al quale la Regione Toscana ha dato attuazione
all'Asse V del Programma Operativo Regionale "Competitività regionale ed occupazione" (POR CReO) finanziato sul Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (Fesr) 2007 - 2013.
Livorno e Pier Paolo Pasolini
" Livorno è la città d'Italia dove, dopo Roma e Ferrara,
mi piacerebbe più vivere.
Lascio ogni volta il cuore sul suo enorme lungomare,
pieno di ragazzi e marinai, liberi e felici. Si ha poco
l'impressione di essere in Italia. Intorno, nelle fabbriche
dei quartieri verso il Nord, ferve un lavoro che non ha
un'aria familiare, e per questo è tanto più amica, rassicurante.
Livorno è una città di gente dura, poco sentimentale:
di acutezza ebraica, di buone maniere toscane, di
spensieratezza americanizzante. I ragazzi e le giovinette
stanno sempre insieme. Il problema del sesso non c'è,
ma solo una gran voglia di fare l'amore. Le facce,
intorno sono modeste e allegre, birbanti e oneste. Pei
grandi lungomari disordinati, grandiosi, c'è sempre
un'aria di festa, come nel meridione: ma è una festa
piena di rispetto per la festa degli altri"
Pier Paolo Pasolini
Pubblicato su la rivista "Successo" - 1959
Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento
Capitolo 1
Livorno e il suo territorio
dal Quattrocento al Settecento
Livorno: un "posto di mare" dalla giovane storia,
dalla posizione contesa dalle più grandi potenze d'Italia e d'Europa, un fortilizio in difesa del
potere di altri, una "città delle nazioni", che vissero e prosperarono in armonia, un popolo marinaro, vassallo, che nei secoli ha costruito nel
proprio carattere generosità a costo della vita,
forza, grande cuore, allegria nonostante tutto e
una grande voglia di vivere.
Ed è di Livorno e del suo popolo che si deve raccontare, attraverso il suo passato, per giungere a
raccontare la storia di Borgo Cappuccini.
A chi proviene da nord, lungo la Via Vecchia di
Livorno, e si dirige verso sud, costeggiando le
mura Lorenesi, giungendo al porto di Livorno la
città appare subito con il suo passato di castello fortificato sul mare con la Fortezza Vecchia
e la mastodontica torre detta il Maschio della
Contessa Matilde. Proseguendo si costeggia la
Vecchia Darsena, il Ponte Nuovo, per arrivare
lungo gli Scali Novi Lena alla Nuova Darsena e
alla "Porta a Mare", di recente realizzazione.
Di fronte alla "Porta a Mare" si apre Piazza
Mazzini, un tempo chiamata Piazza di Marte perché adibita alle esercitazioni dei soldati.
Oggi è uno spazio verde dove gli abitanti di Livorno, di Borgo Cappuccini e turisti possono
passeggiare e godere il fresco dei grandi alberi.
Inoltrandosi alle spalle di Piazza Mazzini per le
vie di Borgo Cappuccini si respirano da sempre
l'aria salmastra e i profumi del mare. Chi arriva
in Borgo ha subito l'impressione di essere in un
paese brulicante di persone attive e sorridenti;
tutti si conoscono e di tutti si conosce la storia.
Le costruzioni sono piccole e molte case, nella
parte più vecchia, hanno i soggiorni che si aprono sulla strada e da sempre le anziane donne del
quartiere passano parte dei tiepidi pomeriggi a
"chiacchera" sedute "fori dell'uscio". Nel Borgo
si sente il brusio costante della sua gente operosa; le vie sono piene di "botteghe" di tutti i generi, dove si possono trovare i "bachini di sego" per
l'esca delle canne dei pescatori, un ottimo 5&5
(pane e torta di farina di ceci), la buona frittura
di pesce, la "mesticheria" che vende di tutto, dai
casalinghi ai detersivi, ai giocattoli; insomma, le
categorie di negozi, in Borgo, ci sono veramente tutte: quando entri in Borgo, trovi tutto, non
hai bisogno di uscirne.
La storia di Borgo Cappuccini è strettamente
legata, nella buona e nella cattiva sorte, a quella della città. La nascita di Borgo Cappuccini è
stata determinata dalla presenza del mare, la sua
gente è nata su queste rive ed è cresciuta respirando il mare, da queste rive ha tratto sostentamento, su queste rive ha lasciato il sudore e
la fatica di tanti, tra marinai e operai del mare,
perché anche chi non navigava, lavorava per
quelli che partivano sui grandi "legni" dal porto
di Livorno. Un rione, quello di Borgo, fatto di
uomini con la pelle bruciata dal sole e dal sale,
fatto di donne in attesa, donne forti che solcavano il mare con lo sguardo, uno sguardo che
andava lontano all'orizzonte, nella speranza di
vedere "piccoli fazzoletti bianchi sventolare", le
vele che riportavano a casa i loro cari.
Per capire lo sviluppo delle aree cittadine extra
mura, come nel caso di Borgo Cappuccini, bi-
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Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento
sogna dire che - come risulta dalle antiche carte
geografiche - nel 1421 il mare si inoltrava in buona parte di Piazza Mazzini e invadeva completamente la zona, dove ora è il Cantiere AzimutBenetti nell'area della "Porta a Mare". Il litorale,
quindi, nei secoli si è spostato di circa 570 metri.
Ciò spiega anche il sorgere del quartiere della
Venezia1.
La presenza degli scogli sulla costa di Livorno contribuì probabilmente al non espandersi
dei sedimenti sabbiosi dell'Arno, ma concorse
all'interramento delle paludi presenti. Su questi
depositi di sabbia e detriti, nel XVII secolo fu
possibile costruire la Venezia.
L'aria malsana infestava Livorno perché i "marazzi", cioè le paludi, cominciavano a Stagno e
si insinuavano minacciose in tutta la zona nord,
ma anche nella parte sud di Livorno c'erano zone
paludose. Questa vicinanza procurò malattie e
febbri malariche che decimavano la popolazione
e l'età media di sopravvivenza in quel periodo
era di cinquant'anni.
La bonifica delle paludi della costa sud fu eseguita in parte attraverso due grandi opere volute
dal Granduca Ferdinando I, nel 15902. La prima
fu la costruzione del Lazzaretto di San Rocco,
nell'odierna area della "Porta a Mare", circondato
da "fossi" intersecati che asciugarono le paludi.
A San Rocco giungevano le navi che provenivano da terre lontane e che avevano patente brutta,
cioè potevano portare persone e merci pestifere:
pertanto, persone e merci dovevano effettuare
un necessario isolamento, che a volte era anche
di quaranta giorni, detto quarantina. Tutto questo formava un cordone sanitario per evitare che
la peste mietesse ancora più vittime.
La seconda opera, nel 15913, fu lo scavo della
Nuova Darsena, che il Granduca Ferdinando I
affidò al Cav. Antonio Martelli, il quale in otto
mesi, per mezzo di palafitte e cassoni di ferro
per sostenere i muri, delimitò un'area quadrata.
Alla costante presenza del Granduca, nel giro di
cinque giorni e cinque notti fu scavata la darsena. Allo scavo presero parte contadini, marinai,
soldati, schiavi che si alternavano al lavoro; gli
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abitanti di Livorno in quelle notti dormirono
ben poco perché il lavoro era scandito dal suono incessante di chiarine e di trombe. Furono
estratti innumerevoli cassoni pieni di acque putride miste a fango, terra e scogli, ma alla fine il
mastodontico lavoro creò una darsena capace di
ospitare fino a sessanta galere. La nuova darsena
fu messa in comunicazione con la vecchia e riempita dal mare davanti al popolo esultante.
Per tornare allo sviluppo di Borgo Cappuccini, nel Cinquecento era impensabile che quelle
zone fuori il castello e le sue mura si popolassero
in modo consistente e ci fosse pertanto un considerevole sviluppo urbanistico, che iniziò solo
dopo il restauro del porto e al rifiorire, di conseguenza, dell'economia livornese. La connotazione di autosufficienza del Borgo e di una sorta
d'indipendenza dalla città è nata probabilmente
per il fatto che i primi agglomerati urbani nacquero fuori dalle mura incentivati dall'economia
prevalente della zona, che era imperniata sulle
attività marittime che riguardavano non solo il
lavoro dei marinai e dei barcaioli, ma anche le
manifatture inerenti a quelle attività.
Provando a descrivere come poteva essere il territorio intorno ai primi decenni del Cinquecento
e a disegnare i contorni di un embrionale Borgo
Cappuccini, dal momento che ancora non c'erano né la nuova Darsena, né il nuovo Lazzaretto
di San Rocco e che il terreno era paludoso, bisognava spostarsi dietro l'odierna Piazza Mazzini,
dove allora iniziavano a estendersi terreni incolti
e deserti. Proseguendo verso i colli livornesi, si
trovano tracce di proprietà costituite da poderi, ancor prima del 1582, anno in cui quel luogo
avrebbe ospitato il convento dei Padri Cappuccini. Più ci si allontanava dal mare, più era possibile incontrare poderi e minuscoli gruppi di case.
È molto probabile che il popolarsi di quei luoghi
sia cominciato prima nelle campagne piuttosto
che in prossimità del mare; inoltre, fino al 15604
i "barbareschi" (musulmani d'Africa) compivano
ancora numerose scorrerie quando riuscivano a
sfuggire al controllo e sbarcavano sui nostri lidi,
inoltrandosi anche attraverso le campagne per
compiere ruberie di ogni sorta.
Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento
La vecchia via di Montenero e la devozione alla Madonna
Il lavoro della campagna era molto duro perché
nel terreno, composto di tufo arenario, gli agricoltori trovavano ogni sorta di residui organici
provenienti sia dal mare sia dalle paludi e più ci
si avvicinava ai monti e più era arido5. Nel luogo
dove è sorto Borgo Cappuccini passava una delle direttrici o strade maestre della città antica:
quella di Montenero. Per andare al colle di Montenero - dal XIV secolo luogo di culto dedicato a
S. Maria delle Grazie - si passava lungo una località detta "Erbuccia", di cui si hanno notizie nelle delibere del Consiglio della Comunità già nel
1531 e nel 1538. La località Erbuccia era situata
sul prolungamento di via dell'Ambrogiana e, più
precisamente, dove fu costruita nel XIX secolo
Villa Fabbricotti6.
Il luogo, quindi, era già noto ai livornesi prima
dell'insediamento dei Padri Cappuccini avvenuto nel 1582, poiché la strada era già tracciata
come via che portava a Montenero. Vale la pena
riportare com'era descritta questa proprietà nel
1686:
Luogo detto Erbuccia con casa da padrone e da lavoratore, confina: strada di Montenero, beni fratelli Parenti, beni Daniel Medina, stiora 2300 p. 19 […] confina
strada di Montenero, Rio Maggiore, strada che va a
Salviano, beni Lodovico e fratello Balbiani, beni Filippo Parenti, San Michelino.
La proprietà di Dionigi di Giovanni del herbuccia
uno delli antiani della città di Livorno […] una casa
sotto suo nome con orto, cellieri …cò nà bottega di pizzicagnolo […]
Dionigi di Gio dell'erbuccia era un antiano della
Comunità ed anche capitano, ospitava nel suo
palazzo le adunanze del Consiglio: à dì 21giugno
1570. Coadunati […] in Palazzo del Cap/no Dionigi
di Gio dell'erbuccia uno dell'antiani […]
Dai registri delle delibere del 1608: 23 ottobre
1608. Coadunati […] Priore Oratio Erbucci Gonfaloniere […]7.
La località Erbuccia era sul prolungamento di
via dell'Ambrogiana, che era conosciuta da prima del 1582 come strada "dell'Imbragiana", detta
anche via dell'Erbuccia8 ed era nei pressi delle case
del fanale, luogo di antica denominazione che
si trovava sull'angolo di Via Rosa del Tirreno,
presso la Cappella del Fanale detta del Castinelli; qui c'era anche la fonte del Fanale che forniva
acqua alla Doccia da prima del Settecento, come
la fonte di Santa Chiara9. La Doccia era un getto di acqua corrente che si trovava sul fosso del
Lazzaretto di San Rocco e serviva per approvvigionare le navi di acqua potabile; questo getto
era alimentato da due fonti di acqua buona: una
proveniva dalla fonte del Fanale e l'altra dalla
fonte di Santa Chiara. La strada che portava il
condotto fino al getto era la Via del condotto alle
navi, oggi via delle Navi10.
In località (o vicolo) Santa Chiara, si trovava
l'omonima fonte, a cui si accedeva dall'odierna
Via Verdi, e attraverso un condotto veniva convogliata l'acqua alla Doccia, traversando quella
che diverrà poi Piazza Mazzini11.
Sulla strada tracciata più che altro da religiosi e
devoti che si recavano a Montenero esistevano
piccoli gruppi di case.
Nel 146012 l'Arcivescovo di Pisa Giuliano Ricci
affidò la Sacra Immagine della Madonna di Montenero ai Gesuati, assegnando anche un terreno
boschivo a Montenero. I frati, con l'aiuto della
beneficenza, costruirono la Chiesa e un piccolo convento, dove sorgeva un antico oratorio. Il
Santuario assunse l'attuale aspetto nel Settecento ed è oggi meta di pellegrinaggi da tutta Italia. La devozione dei livornesi si è manifestata
costante nei secoli: ne sono testimoninanza gli
ex-voto conservati nella Galleria del santuario.
La strada di Montenero era frequentata anche
da erboristi e botanici, poiché sul colle si trovavano molte erbe assai rare e preziose per le
produzioni naturali. Pier Antonio Micheli, perlustrando tutto il monte, vi trovò l'Erba Oricella (Lichen Graecus, Polipoides tintorius) che nella
Repubblica Fiorentina veniva usata per colorare
i panni di lana e di seta color violetto. Sembra
che il segreto di questa erba l'abbia portato, dal
Levante a Firenze, Bernardo detto de' Rucellai
cioè dell'Oricella, però molti credevano che la
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Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento
proprietà dell'erba di cambiare colore, se bagnata con le urine (da verde diventa viola), l'avesse
scoperta proprio lui. Nel Trattato delle Pietre, Padre Agostino del Riccio afferma che alle pendici
di Montenero, quindi sul litorale livornese, si
poteva trovare il corallo rosso, però non grosso come quello della Barberia (regioni del nord
Africa Marocco, Tunisia, Algeria). Anche Luca
Ghini e Luigi Anguillara, due restauratori della Botanica, fecero studi soprattutto sulle erbe
rare di Montenero. Tiberio Scali, botanico livornese, scrisse il Catalogo dei Frutti, e Piante le più
rare osservate nella spiaggia di Livorno ec.
Il popolo livornese ha sempre avuto nel cuore
tre cose: il mare, Livorno e la Madonna di Montenero.
Dal lontano giorno in cui la Sacra Immagine della
Madonna si trovava a Montenero, gli sparuti abitanti di quella zona videro passare più di una processione, che attraversando la "strada maestra di
Montenero" e passando per la località dell'Erbuccia, si inoltrava nelle campagne per raggiungere il
Santuario. Molte furono le occasioni in cui il popolo livornese si è rivolto supplichevole a quel colle.
Ed è verso Montenero che volsero più volte
lo sguardo "i villani" e Bettino Ricasoli, quando nel 1496 Livorno fu assediata, da terra e dal
mare, dall'imperatore Massimiliano d'Asburgo
che aveva formato una lega insieme a Venezia, al
Duca di Milano e a Genova.
Questo è forse uno dei passi più significativi della storia della nostra città, perché le gesta della sua popolazione hanno scolpito nel DNA la
generosità, l'eroismo e il coraggio, dimostrando
fedeltà e attaccamento alla propria terra. L'atto
di valore e di fedeltà, di cui furono protagonisti
i "villani" di Livorno, fece sì che i fiorentini concedettero che sullo stemma, di quella che poi divenne una città, ci fosse l'iscrizione FIDES .
I "villani", o contadini, risiedevano nelle campagne intorno a Livorno, sicuramente anche in
quelle che poi divennero il Borgo dei Cappuccini. Una testimonianza in questo senso è l'iscrizione che si trova in una delle tante bellissime
ville che si incontravano sulla via che saliva a
Montenero, precisamente nella villa Dupouy poi
di proprietà De Paoli, detta la casa rossa o del villano. L'iscrizione dettata dall'Avvocato Mangini
10
dice: In queste mura, dove è fama vivesse il valoroso
capo dei villici invitti, che difesero Livorno contro
Massimiliano austriaco nel 1496…14.
Furono questi già stanchi lavoratori della terra che Bettino Ricasoli reclutò per far fronte
all'assedio. Nella difesa del castello, i villani erano sul bastione che si trovava tra la Rocca Vecchia e la Torre triangolare della Porta a Terra,
costituendo praticamente un'avanguardia, poiché Bettino Ricasoli preferì schierare le truppe
esperte in posizione arretrata. I villani, ritti sul
terrapieno del bastione, erano spavaldi davanti
al nemico che avevano di fronte e che li derideva; Ricasoli li incitò dicendo: combattete da forti!.
In rada, schierata davanti al porto di Livorno,
c'era la flotta della lega che contava più di trenta bastimenti, più altre piccole imbarcazioni
che portavano munizioni e soldati. I fiorentini
avevano assoldato una piccola flotta dai francesi
composta da sei galere e due galeotte; quando i
livornesi la videro arrivare, disperarono che riu­
scisse ad entrare in porto e per la prima volta
volsero lo sguardo verso Montenero, cercando
la protezione della Beata Vergine: in un attimo
si alzò un furibondo libeccio e la piccola flotta,
col mare grosso e a forza di colpi di remi, riuscì
ad evitare le navi della lega e, spinta dal vento,
entrò in porto perdendo solo una galeotta che
si arrese al nemico. L'imperatore Massimiliano
assediò il castello con 7000 soldati e dispose
le tende dell'accampamento sotto le mura; per
la seconda volta i livornesi volsero lo sguardo
verso Montenero, cercando la protezione della
Beata Vergine: all'improvviso si aprirono i cieli
e caddero piogge torrenziali che durarono per
diversi giorni, tanto che le tende dell'accampamento nemico non reggevano più il peso dell'acqua. L'imperatore, stanco per la malasorte che si
accaniva inspiegabilmente, sferrò l'attacco definitivo da terra e da mare; la battaglia durò per
ore, ma la resistenza, anche degli eroici villani,
fu più forte dell'assalto e trionfò. Gli aggressori
stanchi non rispondevano più agli ordini e arretrarono, così non restò che suonare la ritirata, e
i livornesi ringraziarono ancora una volta la Madonna di Montenero. L'assedio però continuava
e Bettino Ricasoli poteva calcolare dalla quantità dei viveri rimasti quando sarebbero capitolati.
L'unica speranza, pensava il Ricasoli, era che si
Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento
levasse un bel libeccio a disperdere le navi nemiche, così che potesse arrivare un po' di aiuto via
mare. Ancora una volta la preghiera fu esaudita;
la notte del 14 novembre del 1496 ad un tratto
si levò un libeccio fortissimo, una vera e propria
tempesta, che fece strappare gli ormeggi alla
flotta nemica, disperdendola e fracassando le
grosse galere di Venezia sugli scogli di Sant'Jacopo in Acquaviva; la caracca genovese "Selvaggia"
entrò dalla parte del Marzocco, mentre la capitana genovese "Grimalda" fu spinta alla bocca
del porto e fatta prigioniera, mentre altre navi
affondavano a est. La galeotta francese, che in
precedenza si era arresa al nemico, fu recuperata dai marinai livornesi che, con grande abilità,
incuranti del mare grosso e del vento, remarono
a fianco della galeotta scortandola in porto, lasciando allibiti i marinai francesi. Tutti gli sguar-
di, dopo quest'ultimo episodio, si levarono verso
Montenero e ringraziarono per la protezione.
I villani livornesi avrebbero potuto chiedere
ed avere dell'oro in cambio del loro tributo alla
causa di Firenze, ma nel Medioevo era tradizione erigere una statua a chi si era contraddistinto
in modo eccezionale con gesta di grande rilevanza, quindi, sostenuti anche da Bettino Ricasoli,
i villani chiesero ed ottennero una statua che
li ricordasse a Livorno. Il disegno della statua
fu affidato a Romolo Tadda e rappresentava un
villano vestito dei suoi poveri panni con in braccio un palo e un cagnolino ai piedi che stava a
significare la fedeltà alla Repubblica di Firenze. Nel piedistallo della statua c'era una fonte,
detta "Fonte del Villano", che nel tempo andò
trascurata e ben presto crollò e non fu mai più
ricostruita15.
L'arrivo dei Frati Cappuccini a Livorno
Il Granduca di Toscana, Cosimo I de' Medici e
i figli Francesco e Ferdinando I, che regnarono
dopo di lui, resero Livorno la "Rosa del Tirreno"16. Cosimo sognava di dare splendore e prosperità sia a Pisa che a Livorno, ma fu quest'ultima a diventare non solo il grande porto che
Cosimo sognava, ma una delle più importanti
città commerciali d'Europa.
Cosimo pensò ad ampliare il castello, aprì un
arsenale e una fabbrica di ancore e un ospedale
militare. Per far sì che Pisa tornasse ad essere
parte attiva del commercio, fece scavare il "Fosso dei Navicelli", la via d'acqua che collegava i
commerci più importanti della Toscana. Iniziò
anche i lavori del grande porto con tre moli che
aveva in mente, ma non lo vide terminare, lo
porterà a termine il nipote Cosimo II17.
Francesco I de' Medici fu Granduca di Toscana
dal 1574 al 1578. Livorno si preparava sempre di
più a diventare una città, l'importanza dei suoi
traffici commerciali e marittimi erano agevolati
anche dai privilegi che la famiglia de' Medici volle
adottare, per ripopolare un luogo per tanto tempo
afflitto da malattie, fame e peste. Fu allora che il
Vicario Generale dell'Ordine dei Frati Cappuccini
inviò una richiesta ai Rappresentanti del Comune,
chiedendo licenza di poter venire ad abitare nella giurisdizione e nostro Capitanato facendo uno ospizio nel
luogo dove S.A.S. farebbe grazia poiché tutto il popolo
ed il Consiglio, per ciò che ne aveva udito, se ne contenterebbero18. Così il Consiglio Comunale deliberò il
23 novembre del 1578 di accogliere la richiesta dei
Padri Cappuccini, riportando a S.A.S. la supplica
dei Frati di poter abitare nel luogo ove sorgeva la
Chiesa e romitorio di S. Jacopo in Acquaviva che
distintamente domandavano il luogo, e la Chiesa di S.
Jacopo d'Acquaviva, dove […] vi erano e sono memorie
registrate appresso di essi, esservi dimorato, et habitato
insieme col Beato Giovanni della Cella il nostro Padre S.
Francesco, cioè nell'anno 1208 distintamente, come anco
dice il Magrì di Trapani Agostiniano in un 'suo libbro
intitolato - Discorso Cronologico dell'Origine di Livorno in Toscana nel detto anno […].
Nel 1575 i Padri Agostiniani si erano trasferiti ad
officiare in Livorno, in quel momento la Chiesa
e il romitorio di S. Jacopo erano stati concessi ai
Greci, arrivati nel 1572 per iniziare i loro commerci e per officiare le loro funzioni religiose19.
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Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento
Il Granduca Francesco I non concesse ai Padri
Cappuccini di dimorare a S. Jacopo, poiché giudicò che per loro non fosse un posto sicuro a
causa dell'aria malsana (vi erano paludi) e delle
incursioni dei pirati, tanto che in quel luogo aveva fatto erigere una torre di avvistamento dietro
l'abside della Chiesa. Volle, invece, che il convento e la Chiesa sorgessero più vicino alla città e donò loro un terreno in località Frecciano,
presso la località degli "Erbbucci" sulla strada di
Montenero, in pratica a metà strada fra S. Jacopo e le mura.
Dalle memorie del Convento abbiamo la conferma di come quella zona fosse alquanto popolata:
Volse il medesimo Serenissimo spontè dare ai Cappuccini, altro sito megliore, e fù questo medesimo più commodo alla Città, più decoroso, per esser anco su la strada di Monte Nero, e di miglior aria, come anco sempre
più si vede, e si gode in tutto senza paragone superiore a
tutto il piano di Livorno, in oggi accresciuto al sommo,
e di abitazioni, e di ville, di horti, vigne, giardini, poderi e coltivazioni e soprattutto di habitanti, che li più
frequenti, sani, e salvi sono qui attorno, non ostante le
tre vaste Cure di preti, che vi sono di Salviano Lantignano e S. Jacopo d'Acquaviva […]20.
Nel 1582 (data impressa a fuoco sull'architrave
della Chiesa) il Granduca Francesco, oltre ad
aver fornito i materiali ed attrezzature per costruire il convento e la Chiesa, volle tenere per
sé e per i suoi discendenti il "Dominio" sul mantenimento del convento stesso e delle necessità
dei religiosi21.
Alla morte di Francesco non era stato ancora
deciso quanto terreno assegnare al convento dei
Padri Cappuccini. A Francesco successe il fratello Ferdinando I, il quale si recò al convento
e con magnanimità disse ai frati: Padri miei pigliate pur quanto terreno volete adesso per l'orto e per
il bosco, perché verrà tempo che ogni palmo di esso si
venderà a caro prezzo22.
I frati scelsero un grande pezzo quadrato che si
estendeva a sinistra e a destra del convento. Una
parte la destinarono alla coltivazione dell'orto
con due pozzi per l'irrigazione, mentre nell'altra
parte, più estesa, fu piantato un bosco con cipressi e lecci. Il terreno fu suddiviso in viali spaziosi e ben presto gli alberi procurarono ombra
12
e frescura. Il terreno non era facile da coltivare
e inizialmente Ferdinando, che si recava spesso
di persona a seguire i lavori presso il convento,
procurò che, per facilitare la crescita degli alberi
da bosco (specie dei lecci), al loro piede si mettesse del buon vino rosso e il sangue di "bestia
grossa" e che in estate la ciurma di una galera si
recasse sul posto per annaffiare .
Nel Seicento i frati circondarono il convento
di un muro a loro spese con le offerte ricevute,
mentre, a spese del Granduca Ferdinando II, nel
1653 il bosco fu recintato da un muro e una piccola parte fu lasciata ad uso dei frati che avevano
recintato anche l'orto. Il bosco dei Cappuccini
fu lasciato ad uso di tutte le persone che volevano godere dell'ombra e del fresco nelle calde e
afose giornate, dato che nei dintorni non c'era
luogo più adatto23.
Una curiosità interessante che contribuì a far
conoscere i frati laici cappuccini fin dalla fondazione del loro convento a Livorno fu l'attività
detta della cerca, che era una questua effettuata
dai frati girando presso i casolari dei dintorni
e i villaggi vicini, per raccogliere alimenti non
deperibili e vestiario da distribuire poi ai più bisognosi.
Il Granduca assegnò una piccola stanza buia
detta Ospizio, adatta per i prodotti della cerca,
al lato della Pieve di S. Antonio sulla strada che
portava alla Biscotteria; in basso c'era anche,
sotto una terrazza, il ricovero per l'asino che
serviva per la "cerca" fuori città.
I frati mantennero l'Ospizio fino al 170424.
È nel convento dei Cappuccini di Livorno che
morì un insigne Padre Cappuccino: Felice Casati. Egli fu rammentato dal Manzoni per la sua
dedizione, nel Lazzaretto di Milano, durante
l'epidemia di peste del 1630. Padre Felice, che si
occupava non solo dei poveri malati, ma anche
dell'organizzazione del Lazzaretto, si ammalò
e guarì continuando l'opera di assistenza. Per
questi suoi meriti raggiunse le più alte cariche
dell'Ordine e, mentre si recava a piedi da Milano verso Roma, si ammalò d'infezione intestinale presso Livorno e nel convento dei Padri
Cappuccini morì il 5 maggio 165625.
Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento
1606: Livorno viene proclamata Città
Nel 1590 Ferdinando I, avendo bisogno di mano
d'opera specializzata per costruire navi e per accrescere la città, emise un bando che si perfezionò nel 1591 (le leggi Livornine), che garantiva, a
chi fosse venuto a stabilirsi a Livorno e qui avesse svolto la propria attività e mestiere, immunità
da tasse e libertà. I mestieri richiesti erano: […]
manifattori di sartie, calafati, maestri d'ascia, legnaiuoli d'ogni sorta, muratori, scarpellini, marangoni,
pescatori, marinai, fabbri e d'ogni altro mestiere manuale, fuorchè braccianti e vangatori […]26.
La nuova città, che fu terminata dopo quindici anni dalla posa della prima pietra, nacque in
origine su disegno di Bernardo Buontalenti, con
il quale collaborarono Claudio Cogorano, Giovanni Medici (fratello del Granduca), Giovanni
e Antonio Cantagallina, Alessandro Pieroni e
Antonio Mazzenta. Nella città fortificata erano
state aperte alcune porte: la Porta a Pisa, la Porta
dei Navicelli, la Porta Colonnella, la Porta Nuova e infine la porta doganale dei Cappuccini27.
La "Porta ai Cappuccini" prese il nome dal convento che si trovava lungo la strada maestra che
iniziava dalla Porta e conduceva a Montenero.
A causa dell'aria malsana delle paludi, a nord di Livorno molto prossime alla città, gli abitanti erano
spesso malati e la peste faceva il suo ingresso anche
tre o quattro volte ogni secolo. Il flagello, ovviamente, comprometteva l'aumento demografico
ed economico ed anche per supplire a ciò furono
emanati i privilegi concessi dal Granduca.
Il Mediterraneo era solcato dalle navi degli avventurieri inglesi e olandesi, con i quali il Granduca strinse accordi commerciali28.
Ogni "Nazione" venne a Livorno con le proprie
rappresentanze.
La Nazione Inglese è stata molto importante e
la sua presenza contribuì proficuamente allo sviluppo del commercio. La comunità inglese già
nel 1646 aveva a Livorno il suo cimitero, situato
proprio in quello che ora è il Borgo dei Cappuccini: Qui (sulla strada degli spalti) in località "Fondo
Magno" fu eretto nel 1646, il Cimitero Inglese; nei
documenti dello stesso anno: Beni del Cavalier
Adami venduti per farvi il Cimitero Inglese. Per andare all'antico Cimitero, si doveva passare dalla Porta ai Cappuccini, per via Crimea, che era
detta allora Via del Cimitero Inglese ed iniziava
dove oggi si trova Piazza S. Pietro e Paolo. Via
Crimea (che oggi è una parte dell'attuale via S.
Carlo) proseguiva per via della Pace (una parte
dell'odierna via Verdi, detta via degli Elisi dopo
il 1838). Si arrivava al Cimitero anche dalla Porta
a Pisa, seguendo la Regia via degli Spalti fino a
via della Pace. Nel 1817 via S. Carlo non aveva
ancora un nome ed era detta strada sterrata nel
sobborgo della Crimea tra il Borgo dei Cappuccini e
la via delle Spianate, al ponte del Fedi. Sul terreno
di fronte al cimitero sorgeva nel 1845 la Chiesa
Anglicana e nella stessa via e nello stesso anno
la Chiesa Presbiteriana29. Il Vivoli ci dice anche:
Poiché ivi di recente è stato eretto un Cimiterio, il quale è quello degli Inglesi Protestanti stabiliti in Livorno! […] Poche umili case rurali di contadini, erette
sulle avanzate fondamenta delle fabbriche antiche, gli
sorgono appresso30. Già prima della metà del Seicento la zona cominciava quindi a prendere la
forma di un Borgo.
Provenendo dalle campagne dell'attuale zona
del Borgo i contadini, passando dalla Porta ai
Cappuccini, portavano i prodotti della terra e
gli animali al mercato della città. Il mercato era
dislocato nelle piazzette, ma specie nella piazzetta del Villano31 (all'incirca tra le odierne via
Fiume e via Pietro Tacca)32, chiamata anche "dei
cavoli" e "della Pescheria Vecchia". Le vendite
si svolgevano anche sotto le logge della Piazza
D'Arme (piazza Grande) con grande disagio per
l'ordine, per cui nel 1634 fu presa la decisione di
affidare all'ing. Cantagallina il compito di aprire
il mercato in una piazza poco distante, chiamata poi Piazza "dell'erbe" o "dei viveri", l'attuale
Piazza Cavallotti33.
Se immaginassimo di scattare una foto di ciò
che appariva alla vista di chi entrava in città dalla
porta ai Cappuccini, oltre alla nuova darsena che
ospitava all'ormeggio tante galere e legni grandi e
piccoli, si vedevano due delle meraviglie di Livorno: il "Fanale" e la "Torre del Marzocco".
13
Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento
La prima, con la sua luce, indicava il cammino e
l'approdo sicuro ai naviganti diretti a Livorno;
quella luce si vedeva a distanza anche là dove il
mare non c'era ed era quindi uno dei primi punti
di riferimento anche per gli abitanti più distanti
dalla costa.
Costruito nel 1303 dalla Repubblica di Pisa in
un breve tempo di pace, "il Fanale" (danneggiato
durante la seconda guerra mondiale e ricostruito) è una struttura composta da due torri sovrastanti che a tutt'oggi segnala la presenza del
porto ai naviganti.
Nel Regolamento Mediceo del 1565 viene riportato
un episodio relativo a questo faro: in quell'anno
era tale la miseria che attanagliava Livorno che
non c'era più olio neppure per illuminare il Fanale di notte; spesso era acceso solo qualche ora,
oppure rimaneva spento per mancanza d'olio,
pertanto il regolamento pose una severissima
regola:
[…] ivi considerato di quanta importanza sia alle
Navi, Navilij, e Barche che surgono in detto Porto
(di Livorno) di notte, che la Lanterna del Fanale stia
accesa, ordinorno che il Provveditore della Dogana
sia tenuto, et debba haver cura del detto Fanale… e
providdono che la Guardia di esso non possa in alcun
modo friggere né per se, né per altri alcuna quantità di
pescie in detto Fanale, sotto pena di Scudi 10 d'oro per
qualunque volta, e della perdita del luoco34.
È evidente che il Fanalaio (così era chiamato),
avendo in dotazione un po' di olio per accendere il faro, spesso condivideva con altri poveri miserabili questo piccolo tesoro per cuocere quello
che il mare elargiva gratuitamente.
L'altra torre, quella del "Marzocco" è una delle
più belle mai costruite, elogiata come un'opera
d'arte. Nel 1423 i fiorentini, padroni di Livorno,
per mostrare la loro potenza e ricchezza, anche
in mare, costruirono questa magnifica torre di
avvistamento di fronte al porto, probabilmente su disegno del Ghiberti. La torre prende il
nome dal leone che regge lo scudo gigliato di
Firenze; il leone era in bronzo sormontato da
una banderuola e fu abbattuto da un fulmine nel
1737. Ogni lato della torre, di pianta ottagonale, riportava incisi in alto i nomi dei principali
otto venti ai quali ogni lato era esposto: Mezzodì, Iscilocho, Levante, Grecho, Tramontana, Maestro,
14
Ponente, Gherbino35. Costruita in marmo bianco
del Monte Pisano (probabilmente marmo delle
cave di Carrara), aveva la particolarità di essere
dotata di un ingegnoso sistema per raccogliere
l'acqua potabile per il consumo di chi la abitava:
infatti, un canaletto, che scendeva dalle pareti di
marmo, raccoglieva l'acqua piovana, ma anche le
rugiade portate dai venti che si posavano sulle
lisce facciate; il tutto era convogliato in una cisterna sottostante.
Come si può vedere anche dalle antiche stampe,
la Torre del Marzocco fu costruita in mezzo al
mare, ma, con il suo progressivo interramento,
ora si trova sulla costa36.
Il territorio intorno al convento dei Cappuccini
nei primi anni del Seicento continuava a popolarsi. Vi si trovavano povere case, perlopiù abitate da gente di umile estrazione. L'aumento della
popolazione, a Livorno, era dovuto all'arrivo di
tutti quelli che, sostenuti dai privilegi concessi
con le Leggi livornine, svolgevano un mestiere
utile alle richieste del Granducato e qui si potevano stabilire con le loro famiglie. Molti erano
i pescatori, i barcaioli ed altri artigiani, sicuramente gente di poca disponibilità economica,
che, per poter beneficiare dei privilegi, come
richiesto dal bando, dovevano acquistare un
bene stabile nel Capitanato di Livorno, oppure
depositare 500 scudi per ogni capo famiglia al
Monte della Pietà di Pisa, deposito di cui avrebbero potuto ritirare l'interesse maturato del 5%
all'anno. Sicuramente il lavoro non mancava,
dato che anche lo stesso Granduca s'impegnava
a trovare per tutti una sistemazione37. Le abitazioni più grandi e migliori nella città erano dei
ricchi commercianti, fra cui molti provenienti
da Nazioni straniere.
I commercianti stranieri aumentarono in modo
esponenziale, dopo l'invito del Granduca e allettati dal porto franco già dichiarato da Cosimo I38.
Ben presto la città giunse a saturazione e iniziarono a nascere in modo naturale i Sobborghi, come
quello dei Cappuccini. Molte erano le case con
bottega, ma si trattava di piccole attività che pian
piano scomparvero con l'urbanizzazione del Borgo. Il territorio del futuro Borgo, avendo sane caratteristiche ed una buona posizione logistica di
vicinanza al mare, si prestava ad accogliere coloro
Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento
che esercitavano le arti marinaresche ed i mestieri collegati. Nel 1606 la miseria era ancora tanta,
che Antonio Benci, il quale aveva tremila staia di
pinoli in una pineta di Castiglione della Pescaia,
chiese al Granduca di portarli a Livorno o a Pisa
per poter beneficiare dell'esenzione della dogana
e delle tasse come merce "forestiera"; in cambio
avrebbe fatto schiacciare i pinoli ai poveretti della città e dei sobborghi:
Niccolò Benci devoto servo di V.A. […] e quest'anno si
trova in magazzino in detto luogo meglio di 3 mila staja
di pinocchj da stiacciare in detto luogo da gente forestiera […] gli fussi fatto gratia, che egli potessi far condurre
in Pisa, o Livorno come mercantia forestiera, et di fuori
delle 100 miglia, per potere godere quel benefitio nella
detta Dogana […] e gli farebbe quivi stiacciare a benefitio de' poveri di questa Città, pur che detta mercantia
non pagassi gabella né a Livorno, né a Pisa […].
Il Granduca concesse al Benci il permesso per i
pinoli e ugualmente concesse al Cav. Iacopo Spini ed ad altri interessati la privativa per distillare
l'acquavite con un nuovo strumento di loro invenzione39.
Nella seconda metà del Seicento la popolazione
continuò a crescere, insediandosi, possibilmente, sempre più in prossimità della città e del porto; dalla strada maestra dei Cappuccini, si intersecavano altre strade verso la campagna, che in
quel periodo era già popolata (come confermato
dalle memorie del convento), quali via Cecconi,
detta "Dietro il Bosco dei Cappuccini" che anticamente faceva parte della via di Monte Nero e
della via Vecchia di Monte Nero40; via San Carlo, dopo la costruzione del convento dei Padri
Cappuccini, si chiamava "Dietro i Cappuccini"
e successivamente strada sterrata nel sobborgo della
Crimea tra il Borgo dei Cappuccini e la via delle Spianate al ponte del Fedi, ed era parte di via Crimea, in
quanto, fino al 1828 non aveva un nome41; Corso
Mazzini, che prima del 1696 era una parte di via
delle Spianate che partiva da via dei Condotti
Vecchi (l'odierna via Sant'Andrea) ed arrivava a
piazza di Marte (odierna piazza Mazzini)42.
L'"arte dell'arrangiarsi"
È evidente che erano un po' i tempi "dell'arrangiarsi", i mestieri e le attività s'inventavano.
Nel 1609, era divenuto Granduca Cosimo II figlio di Ferdinando I, che teneva molto in considerazione Livorno, ma anche la coltura delle
ostriche che crescevano abbondantissime nei
"fossi" dove scorreva acqua di mare limpidissima. Le ostriche erano quasi infestanti, tanto
che alcuni pescatori se ne lamentavano perché
intralciavano la pesca. Il Granduca nel 1619 ne
inviò 200.000 in "bariglioni" a Roma al Console,
a suo cognato Arciduca Leopoldo e ai Duchi di
Modena e di Mantova43. Proprio nel Borgo, in via
della Casina, tratto di strada compreso tra "la Casina delle Ostriche" e Borgo dei Cappuccini situata sugli
attuali scali Manzoni44, praticamente all'altezza
dell'Istituto di S. M. Maddalena, sorgeva la famosa Casina delle Ostriche, una specie di "trattoria" dove si consumavano frutti di mare, come
telline, arselle, ostriche, e il famoso cacciucco.
Era frequentata da nobili e signori del tempo; ci
andò nel 1769 il Granduca Pietro Leopoldo, poi
l'Imperatore Giuseppe II e nel 1796 gli amici ci
portarono il generale Napoleone Bonaparte45.
Fra leggenda e realtà sta l'origine degli Arrisi'atori, cioè coloro che Arrisiavano che rischiavano.
Sembra fossero una sorta di corsari - niente di
più facile a quei tempi a Livorno - che riuscivano ad abbordare le navi anche durante una
tempesta che avrebbe fatto paura al più navigato dei lupi di mare. Erano imbarcati su barche
a 12 remi (oggi i gozzi ne hanno 10) chiamate
gozzi e vogavano al ritmo del timoniere, il più
in gamba di tutti, colui che conosceva la costa
palmo a palmo e che guidava il suo equipaggio
al recupero dei legni in difficoltà ad entrare in
porto. Gli Arrisi'atori erano una razza a parte,
gente dura, abituata al pericolo e spesso a vedere la morte sulla faccia delle grandi onde che li
sommergevano nella pazza corsa contro il mare.
15
Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento
L'obiettivo di ogni gozzo era quello di arrivare
per primo a recuperare la nave e portarla in porto, in modo da aggiudicarsi il diritto di scaricare
le merci che erano a bordo. Per questo motivo si
accendevano delle gare di forza contro il tempo
e contro il mare, a colpi di remi e muscoli. Un
membro dell'equipaggio, che non vogava, stava
di sentinella e scrutava l'orizzonte in attesa di
scorgere una nave; appena la avvistava faceva ai
suoi compagni un cenno convenuto ed allora si
scatenava un vero e proprio assalto ai gozzi che
in pratica partivano quasi tutti insieme; era poi
l'abilità e il coraggio a decretare il vincitore. I
Borghi che hanno una tradizione storica negli
Arrisi'atori sono quelli del Borgo dei Cappuccini, della Venezia e di San Jacopo, tutti rioni che
affacciavano sul mare. C'è chi ancora, attraverso
i racconti tramandati nelle famiglie, sa di aver
avuto un antenato Arrisi'atore. Sicuramente gli
Arrisi'atori di Borgo dei Cappuccini abitavano
nelle vicinanze della Darsena, o magari chissà si
arrangiavano in qualche magazzino…
Le "Nazioni" a Livorno
Nel Seicento Livorno era porto franco e, in conseguenza del Motuproprio del Granduca Ferdinando I del 10 febbraio 1591, era una città in
espansione demografica ed in crescita di importanza come scalo del Mediterraneo. Le "Nazioni" venute a Livorno per i loro commerci e per
stabilirvisi con grandi vantaggi46 la trasformarono in una delle più importanti città cosmopolite, dove s'integrarono diverse culture, lingue,
usi e costumi. La meravigliosa contaminazione
che ne seguì fece di Livorno e dei suoi abitanti un colorato mondo, dove fiorirono mercati
dalle "mille e una notte", dove per le strade si
sentivano i profumi dei cibi arricchiti dalle spezie e dove nacquero varianti gastronomiche che
divennero la sua "tradizione". Per le strade, le
fogge degli abiti connotavano la provenienza,
ma ben presto si "confusero", adottati con semplicità da chi ne voleva far sfoggio; le case e i
loro arredamenti, ricchi o modesti che fossero,
portavano il tratto distintivo di chi le abitava.
Entrare nella città e passare nella via principale,
che accede al porto, era uno spettacolo di colori
di stoffe, tendaggi, suppellettili, illuminati dal
fioco sussulto di lanterne, testimoni di amene e
lontane frontiere.
Per conoscere meglio la natura della popolazione di Livorno, non si può non parlare delle "Nazioni" che tanta importanza hanno avuto nel
suo sviluppo e nella sua espansione urbanistica.
I commercianti stranieri erano ovviamente benestanti.
16
La Nazione Greca, presente in Livorno già invitata da Cosimo I per armare le sue galere
dell'Ordine di Santo Stefano, era costituita da
gente di mare, abile, coraggiosa e dotata di capaci nocchieri e si stabilì presso il borgo di San
Jacopo in Acquaviva, officiando le proprie funzioni religiose nella chiesa dei Padri Agostiniani
che si erano trasferiti in città, per poi costruire
la nuova chiesa della Beata Vergine Annunziata
in via della Madonna (già via dei Greci)47.
La Nazione Inglese era presente nel Borgo (via
Verdi), col suo cimitero e le chiese Protestante e
Scozzese, dal 1646.
La Nazione Armena costruì la sua chiesa in via
della Madonna.
La Nazione Francese aveva una cappella dedicata a San Luigi nella chiesa della Madonna del
Carmine dei Padri Francescani in via della Madonna. La chiesa della Madonna del Carmine
ospitava anche altari della Nazione Portoghese
e della Nazione Olandese e Fiamminga che poi
costruì la bellissima chiesa, detta degli Olandesi,
sugli scali omonimi.
La Nazione Ebrea a Livorno è stata ed è a tutt'oggi
la più rappresentata. A Livorno non c'è mai stato
un ghetto ebraico, anche se tendenzialmente gli
ebrei preferivano abitare vicini. Le loro abitazioni si concentrarono nella parte meridionale della
città, dove fu costruita una magnifica Sinagoga, la
più bella d'Europa, distrutta dai bombardamenti
della seconda guerra mondiale e poi ricostruita
Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento
negli anni cinquanta del Novecento su progetto
di Angelo Di Castro, con una architettura nuova,
inedita per forma e tecnica.
La Nazione Siro-Maronita officiava nella chiesa
di Santa Caterina, nella Venezia.
La Nazione Turco-Ottomana ebbe un cimitero
detto "Campaccio dei Turchi" in prossimità del
Lazzaretto di San Rocco.
I nomi illustri legati alle Nazioni sono conosciuti
e ricordati dai livornesi: le famiglie greche Maurogordato, Palli (famosa esponente, la poetessa
Angelica), Rodocanacchi e Bartolomeo Volterra
del Zante che Cosimo I nominò Governatore48;
gli inglesi Tobia Smollett, il capitano Robert
Dudley, Lord Byron e il poeta Percy Bysshe; gli
armeni con il console Kirakos Mirman e il nobile Gregorio De Ghirac Mirman. Sulla via di
Montenero sorgevano delle bellissime ville con
questi nomi, una in particolare quella detta del
Buffone, in quanto la acquistò Antonio Buffone
mercante, era antica e sembra sia stata costruita
dai Medici e data alla Famiglia Mirman49.
Note
1 Giacinto Nudi, Storia urbanistica di Livorno. Dalle origini al secolo XVI, Venezia, Pozza, 1959, p. 13, nota 9.
23 Ibidem, p. 77.
2 Giuseppe Vivoli, Annali di Livorno dalla sua origine sino all'anno
di Gesù Cristo 1840, Tomo III, Livorno, Sardi, 1844, p. 177.
25 F. Pera, op. cit., pp. 89-90.
3 Ibidem, pp. 186-188; Giuseppe Piombanti, Guida storica ed artistica della città e dei dintorni di Livorno, II ed., Livorno, Tip.
Giusti-Fabbreschi, 1903, pp. 331-332.
4 G. Nudi, op. cit., p. 89.
5 G. Piombanti, op. cit., p. 64.
6 Aldo Del Lucchese, Stradario storico della città e del Comune di
Livorno, Livorno, Belforte grafica, 1975?, p. 36.
7 Ibidem, p. 121.
8 Ibidem, p. 7.
9 Ibidem, p. 39.
10 Ibidem, p. 26.
11 Ibidem, p. 103.
24 F. Terreni, op. cit., p. 27.
26 Ibidem, pp. 78-80.
27 G. Piombanti, op. cit., pp. 22-23.
28 Giuseppe Vivoli, Annali di Livorno dalla sua origine sino all'anno
di Gesù Cristo 1840, Tomo IV, Livorno, Sardi, 1846, pp. 9-10.
29 A. Del Lucchese, op. cit., pp. 28, 52, 103.
30 G. Vivoli, op. cit., Tomo II, p. 138, nota 24.
31 G. Piombanti, op. cit., p. 325.
32 A. Del Lucchese, op. cit., pp. 84, 102-103, 121..
33 G. Piombanti, op. cit., p. 325.
34 G. Vivoli, op. cit., Tomo II, p. 359, nota 48.
35 Ibidem, p. 297.
36 Ibidem, pp. 198-199.
12 Giuseppe Vivoli, Annali di Livorno dalla sua origine sino all'anno
di Gesù Cristo 1840, Tomo II, Livorno, Sardi, 1843, p. 229.
37 F. Pera, op. cit., pp. 78-80.
13 G. Piombanti, op. cit., p. 22.
39 G. Vivoli, op. cit., Tomo IV, p. 16, note 25 e 26; pp. 68-69.
14 Ibidem, p. 401.
40 A. Del Lucchese, op. cit., p. 32.
38 G. Piombanti, op. cit., p. 19.
15 G. Vivoli, op. cit., Tomo II, pp. 437-457.
41 Ibidem, pp. 28, 32, 103.
16 A. Del Lucchese, op. cit., p. 98. La Rosa del Tirreno era l'immagine di una pianta di rosa sulla moneta detta "pezza" (e sue divisioni) che rappresentava la prosperità di Livorno. Fu coniata
dalla zecca di Firenze per la città di Livorno dal 1665 al 1726.
42 Ibidem, p. 52.
43 Giuseppe Vivoli, Guida di Livorno antico e moderno, Firenze,
Vallecchi, 1956.
17 G. Piombanti, op. cit., p. 19.
45 G. Piombanti, op. cit., p. 128.
18 Francesco Terreni, I Cappuccini e la Chiesa della SS. Trinità in
Livorno, Livorno, Stella del Mare, 1999.
19 Ibidem, p. 17.
20 Ibidem, pp. 19-20.
21 Ibidem, p. 20.
22 Francesco Pera, Curiosità livornesi inedite o rare, rist. anastatica, Livorno, Bastogi, 1971.
44 A. Del Lucchese, op. cit., p. 22.
46 A tutti Voi Mercanti di qualsivoglia Nazione, Levantini, Ponentini,
Spagnuoli, Portoghesi, Grechi, Tedeschi, Italiani, Ebrei, Turchi, Mori,
Armeni, Persiani, dicendo ad ognuno di essi salute. Cfr. G. Vivoli,
op. cit., Tomo III, pp. 190-191.
47 Ibidem, p. 48; G. Piombanti, op. cit., p. 19.
48 G. Vivoli, op. cit., Tomo III, p. 48, nota 45; p. 103.
49 G. Piombanti, op. cit., p. 401.
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Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento
Una pianta di Livorno del XVIII secolo.
Un'altra pianta di Livorno
in un'acquaforte del XVIII secolo.
A sud della cinta muraria i terreni su cui sorgerà
Borgo dei Cappuccini
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Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento
Litografia del XIX secolo che riproduce una veduta generale della città
e del porto di Livorno nel Seicento; sulla destra in basso si nota il Lazzeretto di S. Rocco.
La pianta topografica della città di Livorno, il porto e i dintorni, in un'acquaforte del XIX secolo.
Si nota l'inizio dell'espansione dei sobborghi.
20
Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento
Il Lazzeretto di S. Rocco in un'acquaforte colorata del XVIII secolo.
Nel 1799 nei pressi del Lazzeretto di S. Rocco si accampa un corpo di truppe russe
al comando del generale Principe Volchonschj.
21
Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento
La città di Livorno con il porto e il Fanale in primo piano. Acquaforte del XVIII secolo.
La Torre del Marzocco in un'altra acquaforte colorata del XVIII secolo.
22
Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento
Un'acquaforte risalente al XIX secolo rapprensenta una veduta del Cimitero degli Inglesi.
Una foto della statua del Villano.
23
Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento
Capitolo 2
Tra sobborghi e Borghi
dal Settecento all'Ottocento
Il commercio in Livorno era un commercio di
"deposito" (porto franco); di conseguenza i traffici portuali erano maggiori in periodo bellico e
minori in tempo di pace.
Livorno si dichiarava città neutrale nel 1718,
confermandosi nel 1739 e nel 1757. I Livornesi
facevano da "prestanome" per la proprietà delle
merci di questa o quella nazione, in modo che
fossero protette da eventuali aggressioni da parte dei nemici1.
Alla fine del Settecento, Livorno risultava il secondo porto del Mediterraneo dopo Marsiglia;
la sua fortuna prosperava, i servizi commerciali
erano ottimi: basti citare la stanza dei cassieri, una
"stanza", dove si equilibravano debiti e crediti
fin dal 1703.
La città ospitava diciassette consolati e sotto il
controllo governativo vi erano pubblici pesatori
e sensali. Aveva anche molte stamperie che pubblicarono le prime edizioni dell'Encyclopédie di
D'Alembert e Diderot e Dei delitti e delle pene di
Beccaria.
Si costituisce anche la "Compagnia di commercio toscana", la quale faceva anticipazioni sulle merci alle
fabbriche e ai possidenti dello stato, nonché piccole assicurazioni sulle regole di altre compagnie2.
Le condizioni degli abitanti della campagna,
però, non erano delle migliori. Su loro gravavano anche tasse pesanti: nel 1737, risulta che già
subissero una tassa esosa per mantenere una
"squadra di sbirri" a protezione delle loro case,
aumentata per costituire lo stipendio fisso ad un
medico, prima gratuito.
Quando portavano i prodotti agricoli e gli animali in città, che erano liberi da tasse daziarie,
dovevano comunque pagare la tassa alla comunità, ma gli effetti di questi soldi non ricadevano
su di loro poiché le campagne non erano oggetto
di lavori pubblici, compreso il rifacimento delle
strade in condizione disastrose3.
Sempre in quest'anno, i privilegi vennero rinnovati, ma c'erano anche tasse che non si potevano
evitare, come le tasse suntuarie, ovvero le tasse
sui beni di lusso, come la tassa sulle Parrucche e
quella sul Piè Tondo; quest'ultima era la tassa sui
cavalli e i muli dei privati, ma i contadini certo
non li usavano per andare a passeggio, bensì per
lavoro4.
Le vie del Borgo
Nel sobborgo dei Cappuccini nacquero altre strade, sempre in "campagna", come via Cavalletti che
prese il nome da una famiglia che vi abitava, si estendeva fino a corso Mazzini (questa strada arrivava
fino all'odierno Viale Italia con il nome di via dei
Cavalleggeri già dal 1722); il vicolo dei Vetrai a cui si
accedeva dalla via degli Archi, si chiamava così perché
c'erano due fabbriche di oggetti in vetro da prima del
25
Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento
1776; via dei Carrozzieri preesistente al 1828. Si chiamò
via Ginesi; la via degli Archi che prima si chiamava via
del Palandri5.
Nel 1743 furono istituiti i Curatori di strade, segno
che da quel momento le strade di campagna passarono a carico della Comunità.
A conferma che in queste vie esistevano abitazioni o ville in quello che diventerà il Borgo
dei Cappuccini, vi sono i cognomi delle famiglie che avevano possedimenti in queste zone;
spesso, infatti, le strade prendevano il nome dai
proprietari terrieri e in questa zona alcuni erano
Balbiani, Cavalletti, Ginesi, Mayer, Mirman, Parenti, Palandri6.
Erano due cittadini estratti a sorte, che per un
periodo sorvegliavano e provvedevano a quanto
occorreva alle vie maestre fuori dalla città, facendo anche proposte. Queste strade erano la strada
da Porta Pisana a Ponte Arcione, la strada di Montenero, quella dei Condotti, delle Colline, di Salviano,
la via dietro ai Cappuccini, e quella di Marina per i
Cavalleggeri7.
Una visita speciale e qualche divertimento… anche per il popolo
La dinastia Medici si era conclusa nel 1737 con
l'infelice governo di Gian Gastone.
divertimento che in loro onore dette il ricco negoziante
armeno Conte David Sceriman […]
Il Granducato di Toscana passò alla dinastia lorenese con Francesco Stefano (futuro Francesco
II Imperatore) che regnò fino al 1765. Egli non
si preoccupò molto della Toscana, tanto che la
visitò solo una volta e affidò la reggenza a Marc
Beauvau Principe di Craon.
Un altro divertimento lo offrì la Nazione Olandese: una partita di calcio, dove le due squadre
vestivano rispettivamente di raso giallo e raso
verde. Singolare la descrizione che ne fa il Vivoli,
traducendo da un testo in latino le dinamiche del
gioco e dimostrandosi niente affatto un tifoso:
Nel 1739, in occasione della sua unica visita insieme alla moglie Maria Teresa, che nel 1740
avrebbe ereditato la corona d'Austria, la città di
Livorno preparò dei festeggiamenti fiabeschi, ai
quali contribuirono tutte le Nazioni presenti.
Uno degli spettacoli fu il Palio dell'Antenna:
Nelle ore pomeridiane, dal Bastione della Canaviglia
della Fortezza Vecchia, furono spettatori di una corsa
di barchette, con salita di montatori sopra un antenna,
Il Calcio è una specie di giuoco di palla; questa può essere di panno o pelle ripiena di lana o cotone, e i giuocatori sono molti divisi in due schiere disposte una di fronte all'altra; gittata la palla non è respinta, ma ognuno
procura farla passare al di dietro dei propri compagni,
mentre gli avversari si adoperano rapirla a forza per
conseguire in vantaggio della propria insegna questo
risultato.
Vi furono anche incontri di Palla a Corda dove
giuocavasi al volano con la racchetta8.
La terra si "squote"
Martedì 16 gennaio 1742 alle ore 7 la terra cominciò a tremare a Livorno, ma il peggio non
era ancora arrivato:
In questo fatale sabato 27 verso mezzogiorno, il tempo
quieto e sereno divenne a un tratto nuvoloso ed oscuro
per subito voltarsi di moderato borea in austro violento; e il mare placido cambiò minaccioso più che per
26
tempesta, a causa di scomposto moto, per cui ora gonfio
nascondeva le punte elevate degli scogli, ora nabissato
ne scuopriva le radici. Nello stesso tempo gli animali
famigliari dell'uomo invasi da subito spavento fuggirono le domestiche dimore stranamente correndo per le
aperte vie; i rinchiusi con furia cozzavano a rompere i
legami, a superare i ripari; tutti con alte e lamentevoli
grida; gli uccelli cadevano stramazzati per le strade e
Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento
per i campi. Contandosi una mezz'ora dalle ore dodici
del giorno si udì un fremito d'aria veloce e terribile,
dalla parte di mare fra Ponente e Maestrale e subito
seguitò un moto orrendo di terra nella direzione da
Levante a Ponente, prima ondulatorio, poi sussultorio
che terminò in vorticoso. Tale si fu lo strabalzamento
della terra e degli abitatori, tanto rovinoso scroscio
accompagnò la tremenda commozione che l'urlo disperato della moltitudine fece credere consumato il destino di Livorno. Il medico Giovanni Gentili nelle sue
scientifiche osservazioni afferma che la durata della
spaventosa catastrofe fu di trentadue minuti secondi9.
Nessuna descrizione di questo evento è adeguata come quella di Giuseppe Vivoli.
La città ebbe, oltre che numerosi morti e dispersi, molti danni e distruzioni. Tutte le case della
campagna e del colle di Montenero offrirono riparo e sostentamento ai profughi della città, si
scavò sotto le macerie e si allestirono tende di
fortuna nelle piazze, si accesero fuochi perché
ci si potesse riscaldare, si valutarono i danni e si
tennero chiusi tutti gli edifici lesionati, come il
Duomo, dando inizio subito ai restauri; furono
messe a disposizione le milizie affinché non ci
fossero furti, ma non ce ne fu bisogno, perché in
quel momento non si verificarono.
In quell'occasione i livornesi supplicarono che
la Beata Vergine di Montenero fosse traslata a
Livorno. I Padri Teatini, ai quali dal 1688 era stata affidata la cura della Chiesa de del convento
di Montenero, portarono la Sacra Immagine in
processione verso Livorno; arrivati al convento
dei Padri Cappuccini acconsentirono a che fosse
ospitata in quella chiesa per tre giorni.
L'Immagine della Beata Vergine, portata a Livorno, vi rimase fino all'8 febbraio. Da quel giorno,
il popolo livornese ha fatto un voto alla Madonna di Montenero che rispetta ancora oggi il 27
gennaio di ogni anno.
Il convento dei Cappuccini, che non era stato
lesionato col primo terremoto, subì gravi danni
con quello che si verificò il 23 giugno dello stesso
anno10.
Porte aperte e Guglie
Nel Settecento, l'incremento demografico già
avviato nel secolo precedente continuò ed a
Livorno si insediarono diverse case mercantili
straniere, Greche, Inglesi, Svizzere ed Alemanne. Di conseguenza si pose il problema della
costruzione di nuove abitazioni. Le mura di Livorno, con bastioni e "orecchioni", rendevano
impossibile un'ulteriore edificazione, che per di
più era proibita sulle "guglie", cioè sulla striscia
di tolleranza dalle mura, che era di 450 metri,
corrispondenti al limite di tiro dei cannoni11.
Per cercare di supplire alle conseguenze dell'aumento della popolazione, con due "motupropri"
furono emanate facilitazioni per edificare un
sobborgo con case per marinai e pescatori; dopo
la valutazione di proposte nella zone a nord e
a sud della città, la decisione cadde sulla zona
di Borgo San Jacopo. La scelta portò, però, un
misero risultato, perché nelle case costruite dal
Governo nel 1760 c'erano solo 64 abitanti, quasi
tutti tessitori di velluti. Con la progressiva crescita della popolazione, ci furono corse all'edificazione selvaggia: per poter avere sempre più
locali da affittare, le case esistenti furono sopraelevate senza controllo delle fondazioni.
La campagna iniziava ad essere abbastanza popolata e i rapporti con la città si intensificarono,
per cui fu presa la decisione di lasciare aperte le
porte anche di notte, come si era deciso di fare
anche a Firenze12.
Pietro Leopoldo, che regnò fino al 1790, con
Motuproprio del 15 dicembre 1776 consentì di
edificare nello spazio delle Guglie che circondava la città. L'unico divieto rimase per la strada
che portava ai Cavalleggeri, ma questo fu provvidenziale poiché permise in seguito di creare il
viale della passeggiata a mare13.
Le nuove costruzioni sorsero principalmente a
ridosso delle porte principali della città, quella
Nord e quella a Sud. L'edificazione risultava di-
27
Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento
sordinata e senza controllo, per cui le case seguivano in pratica il perimetro, che in alcuni punti
era sporgente e in altri rientrante.
La Porta a Pisa e la Porta ai Cappuccini costituivano un asse Nord-Sud; nei loro pressi i nuovi
numerosi edifici si svilupparono secondo un ordine a raggiera.
Nel 1777 Pietro Leopoldo consentì che si co­
struisse anche sugli spalti, cioè sulle fortificazioni, tanto che furono rilasciate delle concessioni
per la costruzione di varie fabbriche, come quella per un complesso di mulini ad acqua. Tre anni
dopo viene concessa a Paolo Baretti, fratello del
console sardo Giuseppe, l'autorizzazione alla
costruzione di un bagno di acqua salsa nella zona
del Forte dei Cavalleggeri. Questa attività, negli
anni a venire avrebbe costituito a Livorno una
fiorente attività economica14.
Nel nascente sobborgo dei Cappuccini, i Padri
Cappuccini furono esortati dall'Arcivescovo di
Pisa ad occuparsi di insegnare la dottrina cristiana agli abitanti nei pressi del convento, anche
se la giurisdizione parrocchiale era quella di San
Jacopo. Per incentivare la partecipazione alle
lezioni di dottrina si istituirono dei premi e le
doti per le ragazze più povere, per cui venivano
utilizzati dei fondi del Patrimonio ecclesiastico.
Per ottenere la dote le ragazze dovevano essere nate o residenti a Livorno da alcuni anni, di
buoni costumi e aver frequentato i corsi di dottrina. Successivamente, nel 1839, le doti furono
distribuite direttamente dalla Parrocchia della
SS. Trinità dei Padri Cappuccini attraverso un
sorteggio, mentre in seguito furono assegnate da
una commissione composta da esponenti ecclesiastici, delle Confraternite e del Governo (deputati nominati dalla Prefettura). Questo metodo fu adottato fino all'inizio della prima guerra
mondiale, dopo di che l'assegnazione delle doti
fu competenza dell'Opera Pia dei Sussidi Dotali
della Congregazione di Carità del Comune di
Livorno15.
Nel 1780-85 ci fu un aumento considerevole degli abitanti delle campagne, soprattutto a sud
e sud-est, quindi nel sobborgo dei Cappuccini
furono costruite molte nuove abitazioni, anche
se rurali, e si aprirono altre strade, dove prima
c'erano orti, per creare nuovi collegamenti. Ad
agevolare le costruzioni nelle campagne intervenne un regolamento comunale del 20 marzo
1780, nel quale Pietro Leopoldo concesse agevolazioni nelle tasse, facendone pagare 1/30 in
campagna e 29/30 in città, in considerazione del
fatto che nelle campagne non c'erano servizi
- come il lastrico nelle strade -, i traffici commerciali erano penalizzati dalla distanza e, per
usufruire dei benefici del porto franco, le merci
dovevano essere depositate nei magazzini dei
bastioni della città16.
Nascita del Borgo dei Cappuccini
Borgo Cappuccini […] è strada anteriore al 1694,
già strada Maestra dei Cappuccini… Da prima del
1781 si chiamò via di Montenero17.
to del 1785 si cita la strada di Montenero come
una strada calcata e logorata da un'infinità di vetture
di villeggianti, o di devoti che vanno a quel Santuario.
Nel 1781 si può identificare quel Sobborgo con
il nome che porta ancora oggi: Borgo dei Cappuccini.
Si può immaginare come doveva essere trafficata la strada di Borgo e anche lo stato in cui era.
In quel periodo nei poderi del piano e a Montenero si costruivano sempre di più ville e case signorili. La moda aristocratica di allora "imponeva" la villeggiatura; lo stesso Goldoni, imperniò
su questa moda tre delle sue commedie, proprio
ambientate a Livorno, tanto che in un documen-
28
Da una Pianta di Livorno e del suo porto si potevano contare, nelle parti sud e sud-est nel raggio di un chilometro e mezzo dai bastioni, circa
130 edifici di cui molti rurali18.
Nel 1793 Livorno è città neutrale. Con la terza
occupazione francese del 1800, le costruzioni si
intensificano nei sobborghi.
Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento
In quello dei Cappuccini, lungo la strada che
porta tutt'ora quel nome, sorgevano lunghe file
di case, fino al convento dei Padri Cappuccini,
ed anche sulle strade secondarie, fino a congiungersi con i piccoli sobborghi di Valsovano (l'attuale quartiere di Colline, che prendeva il nome
dalla villa omonima) e di Salviano19.
Nel periodo della dominazione napoleonica non
ci sono grandi novità urbanistiche, ma grazie ai
francesi si acquisirono un organizzato servizio
postale e una corretta progettazione tecnica per
l'utilizzo razionalizzato delle strade come vie di
comunicazione.
Nel 1810 Napoleone decretò la soppressione degli ordini monastici e i Padri Cappuccini dovettero evacuare il convento, ma vi rientrarono nel
1814 nel giorno della festa di San Francesco.
Nel 1827 il Borgo dei Cappuccini contava ca.
9.500 abitanti.
La dinastia dei Lorena era tornata a governare in
Toscana nel periodo della restaurazione e Leo­
poldo II, Granduca dal 1824, decise di cedere
gratuitamente il resto degli spalti per le nuove
costruzioni e nel 1834 decretò l'ampliamento
della cinta daziaria, che andò ad inglobare i due
sobborghi a nord e a sud, ormai molto estesi,
evitando così il contrabbando fra la città ed i
sobborghi che era molto diffuso.
La necessità di mettere in comunicazione i due
sobborghi con la città fu alla base del grande
progetto del direttore delle Regie Fabbriche
Cambray-Digny. Il progetto prevedeva l'abbattimento del Casone, fortificazione che ormai non
era più necessaria, e la costruzione di un ponte
sul fosso Reale che collegava, secondo il "cardo"
del Buontalenti, la parte nord con la parte sud. Il
fosso Reale fu rettificato e nello spiazzo lasciato
dal Casone nacque l'attuale Piazza Cavour e più
avanti Piazza San Pietro e Paolo con la nuova
omonima chiesa.
Nei decenni successivi il territorio del Borgo dei
Cappuccini si ampliò notevolmente poiché vi si
respirava aria buona, in quanto non c'erano mai
state paludi e il terreno di buona qualità era molto produttivo. Vi si potevano ammirare trentasei
ville circondate da orti, giardini e vigne20.
Il Borgo tra industrie e scuole
Nella seconda metà dell'Ottocento varie industrie si svilupparono nella città. I maggiori insediamenti si registrarono nella zona nord-est della città, mentre nel Borgo dei Cappuccini, dove
risultava risiedere il ceto più abbiente, sorgevano industrie di birra, candele e carta colorata.
Le industrie dei sobborghi producevano per le
necessità non solo delle città, ma esportavano
anche in tutta la Toscana21.
Dopo l'Unità d'Italia, nel 1866, Luigi Orlando
ottenne le concessioni per avviare la costruzione
di un moderno cantiere navale, nella zona in cui
sorgeva il Lazzaretto di San Rocco. Il Cantiere
dei Fratelli Orlando rompeva il monopolio delle costruzioni degli arsenali militari di Venezia,
Taranto e Napoli e fu quindi il primo cantiere
gestito da privati, che osò intraprendere la costruzioni di navi in ferro.
I livornesi sanno quanto lavoro ha dato il Cantiere Navale alla città, sia direttamente sia nell'indotto. Durante la seconda guerra mondiale fu
distrutto completamente dai bombardamenti
alleati e dalle mine tedesche22, con gravi danni
anche alla popolazione che viveva nelle vicinanze di un obiettivo tanto sensibile.
Nel dopoguerra, dopo la ricostruzione, il lavoro del Cantiere contribuì molto all'incremento
dell'economia di Borgo Cappuccini.
L'indole imprenditoriale marinara di Livorno e
del Borgo dei Cappuccini è rappresentata da una
grande famiglia di "marinai": i Neri, che hanno
portato il nome di Livorno a livello nazionale ed
internazionale grazie all'innovazione tecnologica
che hanno sempre perseguito nella propria attività, a partire dal 1905. I Neri hanno inoltre avuto
una parte importante nella restituzione a Livor-
29
Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento
no della tradizione del "Palio Marinaro", tanto
che, per onorarli, i gozzi del Borgo Cappuccini
hanno preso il nome di membri della famiglia.
Già nel Settecento il Comune di Livorno manteneva scuole elementari, maschili e femminili e nei
principali sobborghi; due si trovavano nel sobborgo dei Cappuccini. Nel 1833 Enrico Mayer, coadiuvato da alcune signore, apriva un asilo infantile
in via degli Asili in Borgo Cappuccini, seguendo il
metodo del sacerdote Ferrante Aporti, che fondò
il primo asilo infantile in Italia; gli asili di Mayer
nel 1900 contavano 276 maschi e 247 femmine.
Nel 1836 nasceva, per le bambine povere, il Pio
Istituto di Santa Maria Maddalena per volontà
del Parroco di San Pietro e Paolo, Don Giovanni
Quilici, e successivamente un convitto per signorine e a parte un asilo infantile solo femminile.
Dal 1766 l'istruzione Nautica per la Marina
Mercantile ha avuto una grande tradizione a Livorno, che tutt'ora è mantenuta con la presenza
in Piazza Giovine Italia dell'Istituto Tecnico e
Nautico, che nel 1923 è stato intitolato al Capitano di Fregata Alfredo Cappellini23.
Nel 1903 veniva fondato l'Asilo Santo Spirito
delle Suore Figlie di Maria Ausiliatrice, che nacque come asilo per le bambine bisognose, ma
ben presto divenne anche scuola elementare ed
educandato nel 1915, mentre nel 1925 aprivano
la scuola media e la Scuola Magistrale. L'Istituto
Santo Spirito è presente ancora oggi sul territorio di Borgo Cappuccini per l'esattezza in corso Mazzini e si occupa ancora di istruzione in
modo attuale e brillante.
In via Cecconi sorse nel 1888 l'Istituto Sacro
Cuore delle Suore della Congregazione Domenicana di S. Caterina da Siena, che da sempre si
occupa di educazione e nei tanti anni della sua
esistenza ha formato tante giovani24.
Le Scuole Elementari Comunali, che nel 1872
erano 25, aumentarono negli anni tanto che nel
1881 erano 96. La fine dell'Ottocento vide la costruzione, oltre che delle scuole Giuseppe Micheli a San Marco e delle scuole Antonio Benci
sul Fosso Reale, anche delle Scuole Carlo Bini
nel Borgo dei Cappuccini che a tutt'oggi sono le
Scuole Primarie del rione25.
In Borgo Cappuccini, esattamente nel Corso
Mazzini, in una elegante palazzina era presente dagli anni sessanta del Novecento la Scuola
Ebraica, un tempo in via dei Lanzi. La Scuola
Ebraica aveva classi di Scuola Materna, Elementare e Media, chiuse intorno al 1987.
Le peripezie dei frati Cappuccini
Il Borgo dei Cappuccini, al momento dell'ampliamento della cinta daziaria del 1834, veniva inglobato al suo interno e la Chiesa della SS. Trinità dei
PP. Cappuccini, per effetto della nuova divisione
territoriale il 3 giugno 1836, con Decreto del Vescovo Mons. Raffaello de Cubbe, diventava Parrocchia Indipendente, occupandosi anche dei fedeli
della Parrocchia di San Jacopo rimasta fuori dalla
cinta daziaria. Le vie assegnate, nel 1837, furono:
le vie di Borgo Cappuccini e di Borgo San Jacopo,
il Largo Bella Vista, Corso Reale, via Giulia, via
del Condotto alle Navi, via Genesi, Orto Palandri,
via del Fanale, via degli Ebrei, via delle Colombe,
oltre un ampio territorio di campi e orti e altre vie
che portavano il nome di chi vi abitava26.
Già durante la soppressione degli Ordini Mona-
30
stici da parte di Napoleone, i Padri Cappuccini
dovettero lasciare il convento. Ciò purtroppo accadde anche dopo l'Unità d'Italia: il 2 luglio 1866
nel convento arrivarono un rappresentate del Prefetto e due assistenti per inventariare i mobili e i
volumi della biblioteca, una delle più ricche anche
di testi antichi. Stilarono un elenco degli arredi e
di tutti i libri e misero i sigilli al locale della biblioteca. Il Governo italiano il 7 Luglio del 1866
soppresse le Corporazioni Religiose e si appropriò dei loro beni. I Cappuccini lasciavano per la
seconda volta il convento, del quale rientreranno
in possesso solo nel 1870. Per riscattarlo, insieme
al bosco e all'orto, dovettero pagare a rate una forte somma di denaro, aiutati dalla Generosità dei
Signori Gustavo Molfino e Tommaso Pate27.
Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento
Il Borgo dei Cappuccini tra caffè, passeggio e carrozze
Nonostante l'abolizione del porto franco che fu
decisa nel 1865 e attuata nel 1868, Livorno doveva fare i conti con una economia che cambiava, procurando un rallentamento sia economico
che demografico durato fino al momento in cui
si reimpostò un'economia non più basata sulle
regole del porto franco. Per il "decoro civico dei
magnati della città"28 fu deciso di realizzare una
"passeggiata a mare" e di rivitalizzare l'economia cittadina con iniziative varie.
Nel 1871 nella piazza di Marte (ora Piazza Mazzini), adibita un tempo alle esercitazioni militari,
venne allestita una "fiera" permanente ad opera
di un gruppo di commercianti, molto frequentata, specie nel periodo estivo, perché offriva
svago e divertimento. Illuminata a gas - Livorno
già dal 1802 aveva l'illuminazione a riverbero e
quella pubblica fu installata prima che in molte altre città importanti quali Milano, Firenze e
Venezia29 - ospitava botteghe di ogni tipo, spettacoli musicali, teatrini e lotterie, passeggiando
tra fiori e boschetti arricchiti da getti d'acqua30.
In Borgo Cappuccini, come in città, sorgevano
ovunque molte " botteghe del caffè". Livorno era
stata la prima nell'importazione di questo prodotto e già nel 1703 era stata data a G. Stefano
Maronita la concessione di vendere per tre anni
le "bevande di caffè, cioccolata e erba the"31.
In un orto compreso tra la via dei Carrozzieri
e via degli Asili, sorgeva l'Arena Garibaldi. Fu
pensata e voluta da Antonio Morgantini e progettata dall'Ingegner Bani con due logge e una
terrazza scoperta. Costò 100.000 lire e fu inaugurata il 1 luglio 1863 dalla compagnia livornese
del Cav. Ernesto Rossi. Sembra però che non
abbia fatto buoni affari, neppure quando, alla
morte del Generale Garibaldi ne prese il nome.
Nel 1891 chiudeva e iniziavano i lavori per la sua
trasformazione più tardi in Politeama Garibaldi;
ma l'opera non venne mai completata rimanendo in abbandono32.
Nel 1871 un tale di nome Capuzzo otteneva a
Livorno la concessione per il servizio Omnibus
(dal francese "voiture omnibus" vetture per tutti). Si trattava di grandi carrozze con tanti posti
a sedere tirate da cavalli; era il servizio precursore degli autobus e venne dapprima pensato per
portare chi non aveva la carrozza privata, come
i turisti in giro per la città e sulla passeggiata a
mare. Una delle linee dell'Omnibus andava dalla stazione ferroviaria a piazza Mazzini. Il 22
maggio del 1881 si inaugurava il tram a cavalli
su ferrovia. Le vetture erano 15 con 48 cavalli e
collegavano la città alla zone a nord-est ed a sudovest, alla passeggiata, per proseguire verso sud
fino a San Jacopo. Nel 1891, percorrendo l'antica
via delle Guglie, si collegava anche alla Barriera Maremmana a sud e più tardi, nel 1895, alla
Barriera Roma fino alle pendici di Montenero.
In pratica la città, con i suoi sobborghi vecchi e
nuovi, era tutta collegata dalla rete tramviaria.
Gli Omnibus rimasero in servizio, per le zone
non raggiunte dai tram. Di grande importanza
per i lavoratori era il collegamento alla fabbrica
della "Vetreria italiana": agli operai fu consentita
una riduzione sul prezzo del biglietto, facilitando in tal modo la possibilità di usufruire da quel
momento del servizio pubblico di trasporto. Nel
1897 il tram diventava elettrico33. In Borgo Cappuccini la via Genesi, esistente dal 1828, prese
dal 1872 il nome di via dei Carrozzieri, perché
qui esistevano delle fabbriche di carrozze34.
31
Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento
Conclusione
Chi scrive è stata testimone della vita del Borgo
dei Cappuccini per sedici anni di lavoro. Ne rimane un ricordo indelebile di gioventù e di entusiasmo trasmesse da quel luogo. In Borgo non
solo ci si conosceva da sempre, ma esisteva ciò
che purtroppo viene a mancare sempre di più
nella società odierna, "il buon vicinato". Chi abitava in Borgo, pian piano riceveva la solidarietà
e la generosità, tipiche livornesi, di chi abitava
vicino e non era difficile vedere qualcuno che
ti porgeva una "zuppierina" del buon mangiare livornese, facendotene dono con un sorriso
e tanta semplicità. Il profumo dei nostri buoni
"desinà e cena", a certe ore del giorno e del pomeriggio, invadeva le vie e se ti trovavi a passare
in estate, quando le finestre erano aperte, potevi
sentire l'allegro tintinnio delle posate e le voci
delle famiglie riunite.
Al mattino le donne uscivano presto di casa per
fare la spesa, perché la qualità di ciò che si comprava era irrinunciabile, così chi prima arrivava
poteva scegliere. Nel percorrere il loro abituale
tragitto andando per botteghe, si prendevano
un po' di tempo per loro, fermandosi a parlare
con la conoscente o l'amica di sempre magari
per fare "un pezzo di strada insieme" e andare a
bere un bel cappuccino "al vetro" e a leggere "il
giornale", sì perché al mattino le frequentatrici dei bar del Borgo, erano le donne, amiche e
vicine di casa. Spesso dalle finestre si vedevano
penzolare i "panierini" che servivano alle anziane per ritirare la spesa messa dentro dal buon
bottegaio, dopo aver letto il biglietto inviato per
il solito mezzo. La vita in Borgo era come il ripetersi delle rime di un'appassionata ed antica
poesia.
Note
1 Lando Bortolotti, Livorno dal 1748 al 1958. Profilo storico-urbanistico, Firenze, Olschki, 1977, p. 4.
18 L. Bortolotti, op. cit., p, 30, nota 3 e p. 31.
2 Ibidem, p. 12, nota 3.
20 Ibidem, pp. 68-72.
3 Giuseppe Vivoli, Annali di Livorno dalla sua origine sino all'anno
di Gesù Cristo 1840, Tomo V, Livorno, Sardi, 1856, pp. 25-26.
4 Ibidem, p. 18, nota 1.
5 Aldo Del Lucchese, Stradario storico della città e del Comune di
Livorno, Livorno, Belforte grafica, 1975?, pp. 24, 22, 121.
6 G. Vivoli, op. cit., Tomo V, p. 60.
7 Ibidem, p. 93.
8 Ibidem, pp. 39, 44.
9 Ibidem, p. 68.
19 Ibidem, p. 38.
21 Ibidem, p. 75.
22 Da Il nuovo piano regolatore del porto di Livorno" Avvio per la variante del piano strutturale del Comune di Livorno -Autorità Portuale, del 4 dicembre 2008, pp. 17-19.
23 Giuseppe Piombanti, Guida storica ed artistica della città e dei dintorni di Livorno, II ed., Livorno, tip. Giusti-Fabbreschi, 1903,
pp. 253, 255-57.
24 Cfr.http://www.sacrocuorelivorno.it/
e http://www.comune.livorno.it/_livo/uploads/santo_spirito.pdf .
25 G. Piombanti, op. cit., p. 254.
10 Ibidem, p. 85.
26 F. Terreni, op. cit., pp. 123-124.
11 L. Bortolotti, op. cit., p. 14 .
27 Ibidem, pp. 131-132.
12 Ibidem, pp. 14-19.
28 L. Bortolotti, op. cit., p. 86.
13 Ibidem, p. 20.
29 Ibidem, pp. 142-143.
14 Ibidem, p. 22
30 G. Piombanti, op. cit., p. 111.
15 Francesco Terreni, I Cappuccini e la Chiesa della SS. Trinità in
Livorno, Livorno, Stella del Mare, 1999.
31 L. Bortolotti, op. cit., pp. 115-116 e nota 1 p. 115.
16 L. Bortolotti, op. cit., pp. 29-31.
33 L. Bortolotti, op. cit., pp. 253-258.
17 A. Del Lucchese, op. cit., p. 20.
34 A. Del Lucchese, op. cit., p. 22.
32
32 G. Piombanti, op. cit., pp. 354-355.
Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento
Il "Fanale". Costruito nel 1303 dalla Repubblica di Pisa e ripristinato dopo i danni subiti
durante la seconda guerra mondiale, è composto da due torri sovrastanti e
a tutt'oggi segnala la presenza del porto ai naviganti.
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Torre del Marzocco. Costruita dai Fiorentini nel 1423 in marmo bianco,
probabilmente su disegno del Ghiberti, prende il nome dal leone che regge lo scudo gigliato di Firenze;
di pianta ottagonale, ogni lato riportava inciso il nome del vento a cui era esposto.
Via Verdi, un tempo via della Pace nella parte Nord e via degli Elisi nella parte sud;
sulla sinistra la chiesa Valdese costruita nel 1845.
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Via Verdi in un'immagine dei primi del Novecento.
Chiesa della SS. Trinità. La chiesa dei Padri Cappuccini, la cui presenza ha dato origine
al nome del Borgo, fu consacrata nel 1606 e nuovamente nel 1738 dopo lavori di ampliamento.
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Chiesa di San Giorgio. Consacrata nel 1844, si trova all'interno del Cimitero Inglese situato in via Verdi.
Chiesa Valdese. Situata in via Verdi, fu la Chiesa Presbiteriana Scozzese fino ai primi del Novecento.
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Corso Giuseppe Mazzini, già Corso Umberto dal 1871. Nel 1696 faceva parte di via delle Spianate,
che andava da via dei Condotti Vecchi (via Sant'Andrea) fino a piazza di Marte (piazza Mazzini).
Piazza Mazzini. Fu denominata Piazza di Marte fino al 1872 perché era usata dai soldati
per le esercitazioni; la parte della piazza più vicina alla nuova Darsena
serviva da deposito per i legnami da costruzione per piccole navi.
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Piazza Mazzini, negli ultimi decenni dell'Ottocento, con l'Eden, una "fiera" permanente, illuminata a gas,
con botteghe di ogni tipo, musica, lotterie e teatrini, tra fiori e boschetti arricchiti da getti d'acqua.
Incrocio di Borgo dei Cappuccini con via San Carlo detta "4 canti".
Borgo dei Cappuccini, prima via di Montenero e poi strada Maestra dei Cappuccini,
partiva dalla porta ai Cappuccini che si apriva in direzione sud.
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Borgo dei Cappuccini nella parte più a sud, all'angolo con piazza Gavi, dove sorge la Chiesa della SS. Trinità
dei Padri Cappuccini. La palazzina, quasi per ultima sulla sinistra, con la facciata che in alto porta un
frontale settecentesco, è una villa suburbana, testimonianza della crescita della città, anche aristocratica,
fuori dalle mura.
Borgo dei Cappuccini
negli anni sessanta-settanta del Novecento.
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Piazza San Pietro e Paolo prende il nome dall'omonima Chiesa sorta nel 1829. In questa zona,
dopo l'abbattimento della caserma del Casone, nell'odierna Piazza Cavour, fu costruito un ponte
di congiunzione con la città murata, da cui si poteva raggiungere il sobborgo dei Cappuccini.
Via Roma in un'immagine dei primi del Novecento, fuori dalla Barriera Maremmana.
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Chiesetta di San Michele Arcangelo. Eretta nel 1703, con il contributo dei Cassieri di Livorno, era la prima
stazione di venerazione della Madonna. Oggi si trova alla congiunzione di via Roma con viale N. Sauro.
Via Roma alla congiunzione con Via Cecconi;
entrambe le strade erano anticamente dette "Via di Montenero"
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Barriera Maremmana, eretta nel 1835 nell'attuale Piazza Matteotti (già Piazza Roma).
Barriera Roma. Eretta nel 1889 alla fine della via omonima poneva fine alla città
nei pressi dei Cimiteri della Misericordia.
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Ponte Nuovo. Costruito nel 1846 dall'ing. Pardossi ad una sola arcata e con un dosso elevato, fu denominato
"Ponte dei sospiri" per la fatica che i carrettieri facevano sia in salita che in discesa; la seconda arcata,
che eliminò il dosso, fu costruita nel 1888.
Scali Adriano Novi Lena. Noti per le molte cantine, vi erano ormeggiate le barche dei pescatori
e si noleggiavano imbarcazioni per andare a pescare o per giri turistici.
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Scali Cialdini. Conosciuti come scali dei renaioli, che con i becolini (imbarcazioni fluviali a vela latina)
trasportavano la rena dell'Arno attraverso il canale dei Navicelli, scaricandola su uno spiazzo apposito.
Canale dei Francesi. Scavato dalle truppe francesi nel 1799, collegava il Pamiglione con la Darsena Nuova.
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Il Cantiere Navale Luigi Orlando fu costruito a partire dal 1886 dalla famiglia Orlando,
dove prima sorgeva il Lazzaretto di San Rocco.
Lo spettacolare varo di una grande nave al Cantiere Orlando.
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Indice
Capitolo 1
Livorno e il territorio dal Quattrocento al Settecento
La vecchia via di Montenero e la devozione alla Madonna
L'arrivo dei Frati Cappuccini a Livorno
1606: Livorno viene proclamata Città
L'"arte dell'arrangiarsi"
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Le "Nazioni" a Livorno
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Tra sobborghi e Borghi dal Settecento all'Ottocento
Le vie del Borgo
• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Una visita speciale e qualche divertimento… anche per il popolo
La terra si "squote"
• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •
• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •
Porte aperte e Guglie
• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •
Nascita del Borgo dei Cappuccini
Il Borgo tra industrie e scuole
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Le peripezie dei frati Cappuccini
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Il Borgo dei Cappuccini tra caffè, passeggio e carrozze
Conclusione
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Finito di stampare nel mese di giugno 2013
presso il Centro Stampa del Comune di Livorno
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