Grafica e revisione a cura di Carla Ceci
Da alcuni anni il Laboratorio Studio Arti Tessili “La Congrega” e il
Laboratorio di Rilegatura
d’Arte
“Librare”,
stanno
lavorando
alla
valorizzazione del legame tra il sapere artigiano e la rete museale.
All'interno di un più vasto Progetto Integrato, promosso dalla Regione
Marche e coordinato dalla CNA provinciale di Ancona, si è individuato un
percorso culturale che mira alla valorizzazione del Centro Storico della
città di Ancona, esaltando i legami tra arte e artigianato.
Abbiamo trovato nel manufatto camicia, un pretesto per disegnare
il percorso.
Un itinerario di scoperta, con cartina alla mano, nelle principali Sedi
Museali della città, dove è stata rintracciata almeno una camicia che avesse
la propria storia da raccontare e nei 2 Laboratori Artigiani dove di camicie
in mostra ce ne saranno un mucchio.
Queste camicie selezionate provengono dalla Banca Dati del Tessile che il
laboratorio La Congrega ha collezionato nel tempo a coprire un arco
temporale di oltre 250 anni; una raccolta di oltre 3000 manufatti tessili. Per
questa occasione verranno esposte bellissime camicie dallo stile classico
allo stile casual, da uomo e da donna, preziosamente ricamate e da lavoro.
Una panoramica su un capo così diffuso e versatile che accompagna
la storia dell'umanità da secoli.
Per lasciare una traccia scritta dell'intrigante percorso proponiamo
questo quaderno che accompagni e arricchisca di contenuti il viaggio tra
le camicie.
La pubblicazione è stata possibile realizzarla grazie alla cura di un team
di giovani collaboratori, coordinato dalla Storica dell'arte Maria Adelaide
Lorenzetti Mazzoni.
La grafica e la revisione dell’elaborato sono a cura di Carla Ceci.
Al suo interno la camicia ė analizzata da vari punti di vista che vanno
dalla storia dell'arte all’uso del termine camicia nel linguaggio.
I 2 laboratori
Quando sono stata invitata a partecipare al Progetto, ho accettato con
piacere e con l’entusiasmo di una “vecchia romantica ricercatrice”, ma ho
pensato fosse giusto coinvolgere in questa opportunità dei giovani e validi
collaboratori cui trasmettere la mia esperienza e le mie competenze. “Prima
però di addentrarsi nello studio di un argomento bisognava acquisirne il
linguaggio, entrare nel significato della terminologia”. Questo monito del
mio professore di Lettere del Liceo, una sorta di mentore per tanti studenti,
per me da tempo regola di vita, da subito ben recepito e presto condiviso
nelle scelte e nella ricerca, ha portato a un risultato molto positivo: la
realizzazione di un breve opuscolo, il cui titolo La Camicia. Arte, Documenti,
Moda e Linguaggio” è stato pensato come compendio ai quattro contributi
così articolati:
- “La Camicia incontra l’Arte. L’evoluzione e il percorso della Camicia nella
Storia“ di Francesco Duranti, traccia un breve ed esauriente excursus sulla
camicia come indumento, la sua tipologia, il suo uso e il suo significato nell’
arte e attraverso la storia del costume;
- “Dalla Camisia alla Camicia. La storia dell’indumento nei documenti e nella
moda” di Carla Ceci, illustra l’evoluzione della camicia attraverso la storia e
gli strumenti della moda, nei documenti, nelle fotografie e nell’editoria
specializzata;
-Dalle Camiciaie alle Camicerie, di Michela Tabioca, ripercorre il percorso
evolutivo dell’artigianato della camicia fino all’industria della camiceria, con
particolare riguardo alle eccellenze del territorio di Camerano;
-La camicia nel linguaggio, a cura di Stefania Giuliani tra locuzioni, modi di
dire, proverbi e detti, racconta il significato del termine “Camicia”, nel
vocabolario della lingua italiana.
Semplice e dignitoso, ma molto gradevole nell’aspetto tipografico, di
agevole lettura per il contenuto divulgativo, questo elaborato che ora fa da
supporto al percorso espositivo, può costituire un punto di partenza per
meglio indagare e approfondire un aspetto del settore del tessile ancora
tutto da scoprire.
Maria Adelaide Lorenzetti Mazzoni
LA CAMICIA INCONTRA L' ARTE. L’EVOLUZIONE DELLA
CAMICIA NELLA STORIA DELL' ARTE.
La camicia, indumento base dell'abbigliamento sia maschile che femminile,
la troviamo sul panorama storico e artistico mondiale sotto le più svariate
forme, da migliaia di anni, in tutte le culture.
Una delle forme più antiche di camicia, costituita da due teli rettangolari
cuciti sulle spalle e lateralmente, priva di maniche e colletto, che fungeva da
sottoveste, è la tunica interior, in lino o cotone, che vediamo comparire nel
III secolo d.C. a Roma.
Fino all’anno Mille, in Europa, la camicia è un capo normalmente nascosto,
intimo, che aveva spesso la forma di T con le maniche lunghe fino a metà
braccio e tagliate in un unico pezzo con il corpo della camicia.
Il camis ornamentale, in uso presso i persiani, sarà importato in Occidente
dai crociati e definirà il modello tipo della camicia con le maniche tagliate
separatamente e unite al corpo con scollo circolare e aperto fino al petto.
La camicia, con la sua evoluzione e con le sue differenziazioni tra maschile e
femminile, è strettamente legata alla moda degli abiti che tendono a
metterla in evidenza, a partire dal XII secolo.
Negli inventari delle famiglie toscane
rinascimentali, con relative valutazioni in
fiorini, le camicie femminili risultano sempre
più valutate rispetto a quelle maschili perché
più preziose e ricercate; erano spesso
realizzate in casa, in lino e ornate da ricami in
fili d'oro, d'argento e di seta.
La camicia femminile s’intravede dalla veste
in alcuni punti, ciò definisce la moda del
periodo: il bianco fuoriesce allo scollo
dell'abito, lungo lo sparato delle vesti e
attraverso le aperture delle maniche creando
lo sbuffo (Fig. 1).
Figura 1 - Raffaello Sanzio
la camicia diventa
più
Successivamente
(Urbino 1483 – Roma 1520)
tratto di gentil donna o La
Muta. visibile sia negli ornamenti che nella
ricchezza del tessuto e ne sono testimonianza i
numerosi ritratti 'alla moda' dei maggiori
artisti dell'epoca.
In molti casi la camicia emerge in modo evidente dall'abito: colletti alti e
rigidi che da semplici strisce bianche si allargano e diventano arricciature
bordate di pizzi; l'accessorio diventa sempre più particolare e richiede una
più ricercata confezione e aumentano le varianti: lattuga e golilla in Italia,
freise in Francia.
A metà del XVI secolo, la gorgiera, di
moda in Spagna, generalmente
realizzata a nido d'ape o a ruota di
mulino, prende piede in tutta Europa
e diventa simbolo di potere e
ricchezza. Abbiamo così rigide figure
inserite in abiti di rappresentanza e
ufficiali; le gorgiere realizzate in
mussola, in lino o in trina, cucite e
plissettate e talvolta sorrette da
un'anima in fil di ferro, richiedevano
una precisa e attenta inamidatura e
relativa manutenzione. Questi sono i
particolari
che
maggiormente
vengono osservati dai ritrattisti
Figura 2 - Lavinia Fontana (Bologna 1552 –
ufficiali perché mostrano l'opulenza e
Roma 1614) Ritratto di dama con cagnolino
tutta l'ufficialità del committente (Fig.
(Ginevra Aldrovandi Hercolani);
2).
Nel Seicento, le rigide ed evidenti ruote, lasciano spazio ad intagli e ricami
che si allungano fino alle spalle: è il periodo dell'ampio colletto bianco sugli
abiti neri degli olandesi. Il colletto della camicia diventa una sorta di fascia
ornata da trine e fissata da uno spillone arricchita dallo Jabot, soffice e
crespato elemento elegante della borghesia settecentesca; i polsi a più
strati, realizzati in pizzo, in seta o in mussola di lino, sono accessori che
vengono applicati al corpo della camicia mediante asole e bottoni.
In Francia, con l'arrivo della rivoluzione, il palcoscenico della moda, prima
costituito dalla corte e dal salotto borghese, diviene la piazza e la camicia,
da indumento lussuoso del benessere, si trasforma in abito del popolo e
non è più il capo riservato a pochi. Sotto al gilet a strisce, i sanculotti della
Parigi ribelle, portano ampie camice di cotone grezzo con colletto a listello
e aperture lunghe sul petto.
In epoca neoclassica la camicia assume il grado di
abito esterno in ambito maschile e femminile; nel
nuovo classico si riscopre la camicia del mondo
antico greco e romano che diventa un capo unico
col compito quasi di esaltare la libertà de corpo.
Rigorosamente bianca, lunga anche fino ai piedi,
plissettata, con coulisse e tagliata al seno (Fig. 3).
L'Ottocento, il secolo della nuova borghesia, ci
propone la nascita dell'abbigliamento moderno;
l'abbigliamento maschile, composto di giacca,
pantaloni e gilet, soprattutto nell’immancabile
camicia registra la moda del nuovo stile:
Figura 3 - Jacques Louis
rigorosamente a manica lunga, con il retro
David (Parigi 1748 –
Bruxelles 1825) Ritratto di
allungato, con spacchi laterali e con colletto e
Madame de Verninac.
polsini rigidi e staccabili. La camicia viene ora
ornata e rinforzata da una striscia di stoffa che la attraversa da spalla a
spalla e che prende il nome di sprone e dallo sprato, realizzato a parte, ed
applicato sul davanti; ne vediamo con pieghe piatte, con pieghe larghe e
inamidate e con intarsi di trine e con cinque pieghe seguite da una sesta
più larga, che ricordano da vicino il pentagramma musicale.
I colletti e i polsini vengono realizzati in più modi: vediamo colletti con
estremità arrotondate, a colletto basso o rovesciato e colletti alti e rigidi che
conferiscono alla persona un tono solenne e di potere, rigorosamente
bianchi e staccabili per una più semplice pulitura.
E' il tempo di Oscar Wilde, Gabriele d'Annunzio, Marcel Proust e Lord
Brummel che definiscono il mito dell'eleganza e del dandy, dove l'estetica
rispecchia la vita elegante del colto raffinato e del viaggiatore.
L'ottocento nell'abbigliamento femminile trova nella camicetta l'accessorio
più espressivo dell'abito a due pezzi; sono rielaborati tutti gli stili della
camicia da giorno, della sottoveste, dell'abbigliamento intimo e della
camicia da notte. La camicetta è realizzata con tessuto leggero, sempre
bianca, arricchita da inserti di pizzo generalmente francese, da ricami,
nervature, fitte piegoline e jabot di pizzo.
Nel primo Novecento, questo capo
contribuisce con decorazioni sul petto, a
rimarcare lo sviluppo della linea a S e i
baveri alti che ben aderiscono al collo,
permettono una posa eretta capace di
accogliere le tipiche acconciature liberty
(Fig. 4).
La camicia, capo che rappresenta
l'eleganza 'classica’ e 'formale' del valore
che la borghesia ottocentesca gli ha
conferito, diviene con l'ingresso nel
mondo del lavoro della donna, uno degli
accessori maschili più copiato per la moda
femminile.
Figura 4 - Daniele Ranzoni (Novara
La camicia è il capo che maggiormente si 1843 – Verbania 1889) Ritratto di
carica di connotazioni e significati grazie al giovane donna.
suo vissuto e al suo rigore formale: dal
lavoratore in maniche di camicia, al contadino con la camicia a scacchi, alla
camicia nera, alla camicia da sposo, quell'indumento diventa il capo che
contraddistingue la condizione e l'occasione di chi lo indossa; da qui i
numerosi detti e proverbi che si servono della camicia.
La camicia, ormai divenuta indispensabile nel guardaroba maschile e
femminile, resta pur sempre un capo di varie tipologie e tessuti che la
differenziano per le varie circostanze (da giorno, da notte, da cerimonia, da
lavoro, o addirittura seducenti e intriganti).
Ora, con l'avvenuta conquista della moda unisex, la camicia maschile da
quella femminile resta pur sempre riconoscibile dalla foggia del colletto e
dall'abbottonatura.
Il percorso della moda con la camicia attraverso l'arte, disciplina che con la
sua disinvolta immediatezza ci educa sempre all'apprezzamento della storia,
assume il grado di documento che mostra l'evoluzione del gusto e dello
stile che non avviene soltanto attraverso prospettive, scorci e interni
immortalati sulla tela, ma anche attraverso un semplice ma importante
indumento che da intimo diventa vero e proprio capo d'abbigliamento. La
camicia così riesce ad avere un carattere educativo da cui riusciamo a
comprendere l'evoluzione del gusto e dello stile.
Francesco Duranti
DALLA “CAMISIA” ALLA CAMICIA. LA STORIA DELL’INDUMENTO NEI
DOCUMENTI E NELLA MODA
Il termine latino “camisia” comparve nei documenti già a partire dall’XI
secolo indicando una veste di stoffa leggera, lunga fino ai piedi o al
ginocchio, dotata di ampie maniche, che veniva indossata a contatto con la
pelle e sotto altri capi d’abbigliamento, sia dagli uomini che dalle donne.
Il riferimento a tale indumento risulta piuttosto frequente nell’ambito delle
fonti notarili, come i Protocolli, di grande rilevanza storica ai fini della
ricostruzione di un territorio e delle sue istituzioni giuridico amministrative.
Non da meno i Testamenti, i Lasciti, i Legati, in particolare i Capitoli
Matrimoniali o le Costituzione di dote o Carte dotali, venivano stipulati
indifferentemente a vari livelli della gerarchia sociale, in presenza di un
notaio e di testimoni, e prevedevano l’elencazione e la stima di ogni singolo
bene riferito alla situazione. Poteva trattarsi di terreni, gioielli, stoviglie e
ovviamente di vestimenti.
Informazioni più accurate si individuano nei documenti delle classi sociali
più agiate, come nelle carte che in maniera dettagliata descrivono le
ricchissime doti: nelle “robe per di sotto” si trovava la “camisa”, spesso
descritta come “camisa de tela de Cambraia cum li lavori fatti a groppe doro
et seta nigra, morella o verde”.
Nella biancheria del corredo dotale della leggendaria principessa Sissi,
compare il riferimento a “quattordici dozzine di camicie, di cui una dozzina
con deliziosi pizzi di Velanciennes”.
Nel caso di atti stipulati dalle famiglie dei ceti popolari, la camicia, se
menzionata, era presente in uno o due esemplari e non sempre affiancata
dall’annotazione di “buona, nuova o usata”.
Negli archivi delle istituzioni di assistenza e beneficenza come ospedali,
befotrofi, orfanotrofi, conservatori, asili infantili, monti di pietà e di pegni,
amministrati da Confraternite, Misericordie, Compagnie, sono presenti fin
dal XV secolo i registri “delle robbe”, dove potevano essere annotati ogni
sorta di vestimenti, tra cui l’indumento camicia, che risultava spesso
confezionato con la tela di vecchie lenzuola.
Invece nei libri in cui venivano registrati i Progetti, gli Esposti, gli Innocenti, i
Bastardelli o i “Gettarelli”, si poteva trovare una succinta descrizione dei
panni, spesso miseri e laceri, come fasce, piette o piagette, che avvolgevano
i neonati abbandonati. Più raramente la camicia, declinata nelle varianti di
“camigina” o “camigiola”, era realizzata “in panno di lino”, di mussolo” o “di
Cambrich”.
Negli archivi ecclesiastici, negli inventari dei beni delle parrocchie e delle
diocesi, tra i paramenti sacri e le vesti liturgiche della categorie degli
“inferiori”, si trova documentata un altro tipo di camisia,, detta anche
“tunica alba”, lunga fino ai talloni e realizzata con tessuto di lino bianco. Si
trattava sostanzialmente del “Camice” stretto in vita dal “cingulum”,
utilizzato dal sacerdote e diacono come sottoveste e dal suddiacono come
sopravveste.
Tale indumento, molto semplice nei primi secoli del Cristianesimo, dal
Rinascimento perse il suo aspetto originario e grazie alla diffusione
dell'industria del merletto si trasformò in un prezioso indumento di pizzo.
I migliori esemplari, usciti dagli armadi delle sacrestie, per l’importante
valenza della loro simbologia iconografica, sono conservati nei numerosi
musei diocesani a testimonianza di una storia d’arte e di fede.
Negli archivi dei monasteri, specialmente femminili e di regola benedettina,
all’officio delle camicie erano addette le monache definite “pannare o
vestiarie”, e il riferimento a questo indumento poteva trovarsi nei Memoriali
o Ricordanze, negli Annali o nei Libri contabili, oppure nelle Cronache,
Testimonianze, Corrispondenze e anche nei Registri dei beni che il
monastero riceveva da benefattori e in occasione delle monacazioni.
Figura 5 - I Signori Antonio e Rosa
Borbiconi di Pergola 1911
Con l’invenzione della fotografia, le
immagini iniziarono a documentare
in modo del tutto nuovo la storia del
costume. Infatti, negli archivi degli
studi fotografici e nelle raccolte
private, è possibile scoprire una
miniera ricca di ritratti personali o di
gruppo,
che
consentono
di
ripercorrere
l’evoluzione
della
camicia che da “roba di sotto”
diventa “roba di sopra” (Fig. 5).
Negli archivi delle aziende operanti nel
settore della moda, oltre alla documentazione
amministrativa e contabile e ai prodotti di
campionario, si trovano di frequente disegni,
bozzetti, cartamodelli, modelli, figurini,
fotografie, una vasta iconografia dei
vestimenti e in particolare della camicia, ormai
affermatasi come vero e proprio capo
d’abbigliamento.
A
testimoniare
e
determinare il cambiamento di percezione del
vestiario, sono lo sviluppo della stampa di
moda, soprattutto femminile, un vero e Figura 6 – Rivista “Mani di fata”
proprio fenomeno editoriale, le cui prime
testimonianze in Italia si individuano già dalla seconda metà del XIX
secolo.
Nascono le riviste dedicate ai lavori femminili, come “Mani di Fata”, che
contribuiscono all’affermazione della moda di mercato, accessibile a tutti
(Fig. 6). Determinanti a questo proposito sono gli strumenti del figurino e
del cartamodello, particolarmente diffusi nel Ventennio fascista, editi dalle
case produttrici di macchine da cucire, per maglieria, e di altro materiale
del settore, che contribuiscono a diffondere l’idea di una moda a portata di
tutti. Nei figurini erano evidenziati con grande cura i dettagli, mentre il
cartamodello, un foglio di carta leggera su cui sono riprodotti i contorni e
le linee principali, costituiva un valido supporto per confezionare
l’indumento.
Nel lungo percorso della sua storia e nell’ evoluzione delle sue fogge, la
camicia, insieme a tutti gli altri vestimenti è stata documentata nelle carte,
raffigurata nell’arte, rappresentata nella fotografia, poi divulgata dalla
stampa e dall’ editoria, commercializzata dall’ industria, studiata in maniera
trasversale, tale da consentirne l’esposizione e la fruizione della sua storia
nel tempo.
Oggi tracce di questa storia sono visibili grazie al nostro patrimonio
artistico e archivistico, non solo nelle Collezioni delle più importanti Maison,
nelle Biblioteche e negli Archivi storici pubblici e privati, ma anche nelle
botteghe artigiane e nei musei del territorio, sulla scia di una progressiva
riscoperta delle tradizioni artigianali locali.
Carla Ceci
DALLE CAMICIAIE ALLE CAMICERIE. L’ ARTIGIANATO E L’INDUSTRIA
DELLA CAMICIA A CAMERANO.
“Non è la moda a fare la storia, ma la sartoria”.
Se nella storia del costume la camicia è sempre stata parte
dell'abbigliamento intimo, è nel Novecento che il capo diventa à-porter. Il
lavoro delle cucitrici, esercitato per secoli in ambito familiare, con la ritualità
antica dei gesti che gli sono propri, si spostò nei laboratori dove le
camiciaie presero confidenza con le prime macchine da cucire e gli oggetti
di sartoria, per una clientela che nel tempo divenne sempre più selezionata.
In tutte le Marche la micro imprenditorialità dell’industria a carattere semiartigianale cominciò ad aumentare il suo peso nell'economia, anche se i
diversi settori delle imprese non si distribuirono capillarmente e
uniformemente su tutta la Regione. Il comparto del tessile e
dell’abbigliamento si concentrò prevalentemente in quella che oggi è
considerata la Jeans Valley dell’entroterra pesarese, comprendendo anche
Filottrano e Camerano, centro attivo di bustai e dei berrettifici. Qui quasi
tutte le donne del borgo lavoravano in casa, a cottimo, per conto di piccole
aziende. Quando per la crisi post-bellica, i titolari decisero la chiusura delle
attività, alcuni politici socialisti si adoperarono per costituire una
cooperativa di lavoro, “l’Emancipatrice” (popolarmente detta dei Socialisti).
Quasi in contemporanea, il parroco della cittadina si fece fautore di
un’iniziativa analoga. Con l’aiuto della parte politica popolare-cattolica,
ricostituì una cooperativa per la fabbricazione di busti e berretti, l’ “Unione
Cooperativa” (detta dei Preti).
Le due cooperative, concorrenti ma non avversarie, occupavano due
immobili nel centro dell’abitato e per diverso tempo concorsero
positivamente all’ economia del paese.
Con l’avvento del fascismo, nel 1926, le due attività si fusero nel
“Berrettificio Imperia Cooperative Riunite”, una piccola impresa, con
manodopera completamente femminile, che per rilanciare un mercato in
flessione, aveva iniziato la produzione di camicie e in seguito anche di
giacche militari commesse dal Ministero della Guerra.
A Camerano, lo spirito imprenditoriale delle aziende tradizionali nel settore
della camicia, continua ancora oggi a coniugare l’esperienza e la tradizione
dell’arte sartoriale, sotto marchi che costituiscono un’eccellenza della
Regione Marche dal punto di vista industriale e commerciale. Purtroppo la
storia e l’evoluzione di queste imprese risulta scarsamente documentata per
l’indiscriminata eliminazione di campioni, bozzetti, modelli, tessuti e
materiali, materiale grafico e fotografico di una produzione che ha fatto la
moda e lo stile di una realtà territoriale, conosciuta nel mondo.
Michela Tabioca
LA CAMICIA NEL LINGUAGGIO
Nella lingua italiana parlata e scritta, molte sono le locuzioni, i modi di
dire, i proverbi riguardanti la Camicia, altrettanto numerosi quelli che si
incontrano nei numerosi dialetti della Penisola. Qui di seguito sono
riportate le più importanti espressioni entrate nel Dizionario Enciclopedico
della Lingua Italiana e accreditate dall’ Accademia della Crusca.
Camicia
1. (Lat. tardo camisia(m), di orig. Incerta. Indumento di tessuto,
generalmente leggero (cotone, lino, seta, ma anche flanella e lana
abbottonato sul davanti, con colletto e maniche lunghe o corte, che
ricopre la parte superiore del corpo. Indumento di tessuto
generalmente leggero, con colletto e maniche lunghe o corte, che
ricopre la parte superiore del corpo. Il termine è documentato dal
Trecento, quando designa una veste di stoffa leggera lunga fino ai
piedi o al ginocchio, con ampie maniche, indossata a contatto della
pelle e sotto altri capi d’abbigliamento dagli uomini e dalle donne.
Nel corso dei secoli, la c. si caratterizza come indumento di lusso,
spesso ornato di pizzi e merletti; fino al Settecento è presente quasi
esclusivamente nei corredi nobiliari prima e in quelli borghesi poi;
la lunghezza va diminuendo per adeguarsi all’evoluzione parallela
dell’abito maschile e femminile. Nell’Ottocento è spesso
impreziosita da elementi complementari, quali lo jabot, il carré o lo
sparato, colletto e polsini staccabili. I tessuti sono tela batista e seta,
il colore è il bianco, segno di distinzione e di rango sociale. Nel XX
sec. si diffondono camicie colorate, nei tessuti più vari.
2. Nel linguaggio burocratico o archivistico, il termine è usato per
indicare la cartella o fodera che custodisce documenti o carte.
Normalmente le camicie condizionano i fascicoli e gli eventuali
sottofascicoli; sulle camicie possono essere indicati l’oggetto, la
cronologia, la classificazione o la segnatura della unità archivistica e
più raramente l’elenco degli atti contenuti.
3. Nel linguaggio della scultura, il termine è usato per indicare il
procedimento di fusione in bronzo adoperato frequentemente da
Benvenuto Cellini (1568) per indicare lo strato di rivestimento (di
cera, gesso un particolare composto di terra e cimatura), con cui si
preparava il modello per il “getto” del bronzo.
4. Nel linguaggio della falconeria, il termine è usato per indicare il telo
in cui si avvolgono e si legano i falconi per addestrarli alla caccia.
5. A seconda della colorazione, la camicia indica la divisa propria di un
corpo o degli appartenenti alle formazioni paramilitari:
‐ Camicia azzurra: divisa dei cosiddetti ‘Sempre pronti’,
nazionalisti italiani organizzati dopo la fine della Prima guerra
mondiale in formazioni di tipo militare, che confluirono nel
partito fascista. ‐ Camicia bruna (ted. Braunhemd): adottata per la prima volta a
Monaco nel 1924 dalle SA, e poi dalle SS e dai dirigenti politici
del partito nazionalsocialista e divenne la camicia bruna
divenne il simbolo e l’emblema del Partito Nazista ‐ Camicia nera: assunta come elemento caratteristico
dell’uniforme per significare la derivazione dagli Arditi, la
camicia nera divenne il simbolo degli appartenenti al
movimento fascista. Poi più particolarmente si dissero camicie
nere i militi inquadrati nella Milizia volontaria per la sicurezza
nazionale. ‐ Camicia rossa: chi militò con Garibaldi. Denominazione popolare
dei garibaldini, dalla spedizione di Sicilia in poi, quando, a
imitazione del loro capo, adottarono camicia di lana scarlatta. ‐ Camicia verde: dal 1919 divisa degli gli iscritti alla Guardia di ferro,
in Romania. Erano anche noti come guardisti o legionari. 6. Nell’industria e nella meccanica, il termine è usato genericamente
per indicare un involucro di spessore, relativamente sottile, avente
funzione protettiva o di rivestimento; intercapedine destinata ad
essere percorsa da un fluido.
‐ Camicia d’ acqua: nelle macchine a stantuffo, involucro che
circonda la canna per contenere l’acqua o il liquido refrigerante
e anche l’intercapedine corrispondente costituita da una
doppia parete e percorsa da acqua per raffreddare la parete di
apparecchiature, motori, forni ecc., funzionanti a temperatura
elevata. ‐ Camicia d’aria: intercapedine disposta nelle pareti dei forni per
ridurre la dispersione del calore Intercapedine che si dispone
nelle pareti dei forni per ridurre le dispersioni di calore; tra la
parete interna e quella esterna della camicia si sogliono
disporre dei tramezzi per ridurre i moti convettivi dell’aria, i
quali ridurrebbero sensibilmente l’efficacia di isolamento della
c. stessa. ‐ Camicia del cannone: tubo interno alla canna di un pezzo di
artiglieria, che può essere sfilato e sostituito quando è logoro ‐ Camicia del cilindro: nelle macchine alternative a fluido, la
superficie interna del cilindro entro cui scorre lo stantuffo. Può
essere ricavata per fusione in blocco insieme alla parte esterna
del cilindro (inviluppo), come è normalmente nei motori a
scoppio per autoveicoli. Invece nei cilindri dei motori per aerei
la c. è fusa separatamente, e su di essa è riportato, per mezzo
di saldatura, l’inviluppo, costituito da un lamierino d’acciaio dolce.
‐ Camicia di vapore: intercapedine in cui circola
vapore
proveniente dalla caldaia, che avvolge l’intero cilindro di una
macchina a vapore allo scopo di ridurre la condensazione di
vapore (e quindi le perdite) sulle pareti relativamente fredde
del cilindro.
Camisàccio
[pegg. di camisa, forma dial. di camicia]. – nel linguaggio della marineria, il
termine è usato per indicare il camiciotto di tela robusta usato come tenuta
di fatica dai marinai della marina militare.
Camicia di letame
In agricoltura il termine è usato per indicare quello strato di letame che
serve per proteggere le colture nel semenzaio.
Camicia di paglia
In zootecnia il termine è usato per indicare la copertura di copertura di
paglia a riparo degli alveari.
Camicia di calce
Nell’edilizia civile, il termine è usato per indicare lo strato dello spessore di
2-3 cm di malta di calce che si distende su un sottofondo rustico (solaio,
massetto ecc.) e si liscia superficialmente per assicurare un piano di forza
regolare alla sovrastante pavimentazione.
Camicia di muro
Nell’ edilizia civile, il termine è usato per indicare il rivestimento fatto ai
muri per combattere l’umidità.
Camicia di forza
In psichiatria, il termine è usato per indicare il mezzo di contenzione,
costituito da una specie di corsetto a forma di camicia di tela robustissima
con maniche chiuse che si allacciano dietro la schiena e impediscono il
movimento delle braccia cui si faceva ricorso in passato per immobilizzare
gli alienati in stato di agitazione.
Camicia di fuoco
Pezzo di tela spalmata di una particolare miscela incendiaria.
Camicia di maglia
Specie di cotta di maglia di ferro indossata anticamente dai cavalieri che
un tempo si portava per difesa perdonale.
Camicia tipografica
Nel linguaggio tipografico (detta anche panno o timpano), il termine è
usato per indicare il tessuto impiegato per rivestire il cilindro della
macchina da stampa.
Camicia della vela
Nel linguaggio nautico, il termine è usato per indicare la fodera che avvolge
una vela di taglio; quando è serrata, in una vela quadra, la parte che fa da
involucro alla vela medesima.
Uova in camicia
Nel linguaggio gastronomico, il termine è usato per indicare le uova bollite
senza guscio in acqua acidulata con aceto.
Aforismi
“Bisogna essere giusti prima che generosi, come si hanno delle camicie
prima di avere dei pizzi” (Nicolas de Chamfort, Massime e pensieri, 1795)
“La crudeltà è un lusso da oziosi, come le droghe e le camicie di
seta” (Marguerite Yourcenar, Il colpo di grazia, 1939)
“Colla veste non si muti non si muti il sentire e camicia più pulita non copra
anima sudicia” (Niccolò Tommaseo)
Proverbi e modi di dire sulla camicia
All' uscita, brache e camicia; e all'entrata, la rocca è inconocchiata
A luna calante, nascono i maschi, a crescente, le femmine.
Andare fra la camicia e la giubba
Si dice di qualcuno che mangia con poco appetito.
Avere la camicia che non tocca il culo
Insuperbirsi, assumere un atteggiamento orgoglioso per un successo
ottenuto. L'immagine è quella di una persona che comincia a camminare
con aria impettita, facendo così uscire la camicia dalla cintura dei pantaloni.
Avere la camicia sudicia
Essere reo di qualche misfatto.
Camicia da notte
Nel linguaggio dell’abbigliamento il termine è usato per indicare la tunica
femminile di tessuto leggero, lunga anche fino ai piedi, che si indossa
andando a letto.
Chi ha una camicia sola la lava spesso
Chi possiede un abito soltanto lo deve lavare continuamente e quindi deve
averne molta cura. Rileva come coloro che hanno poco sanno valorizzarlo e
lo tengono sempre in perfetta efficienza a differenza di chi ha molte
disponibilità. Suona anche ironico verso chi cura con eccesivo scrupolo il
poco che ha.
Chi piscia contro vento, si bagna la camicia
Andando contro i luoghi comuni si possono avere fastidiose sorprese.
Chi ha la camicia sporca, la tien coperta
Equivale a chi ha la casa di vetro ha paura delle sassate.
Chi nasce con la camicia avrà danaro, donne e salute
Si dice di persona fortunata in ogni aspetto della vita .
Chi fila ha una camicia e chi non fila ne ha due, chi lavora ha una
camicia, chi non lavora ne ha due, chi cuce ha una camicia, chi non
cuce due
Non sempre il lavoro è compensato secondo il merito.
Chi sta con i fanciulli s'imbratta la camicia
Si dice di cosa inevitabile.
Chi ha la camicia sporca dice male di chi l’ha pulita
Chi si sente in colpa giudica gli altri.
Dar via, prestare la camicia
Si dice di persona molto generosa e liberale capace di grandi sacrifici per il
bene altrui.
Essere bianco come la camicia
Essere molto pallido.
Essere colto in camicia
Essere colto alla sprovvista.
Essere come la camicia dei gobbi che tagliata male, la torna bene
(Fig.) rivelarsi adatto allo scopo, nonostante le apparenze poco promettenti.
Una camicia tagliata per un gobbo è apparentemente mal fatta, ma
addosso sta perfettamente bene e fa bella figura.
Essere culo e camicia
Essere in intima amicizia Si dice di due persone che sono perfettamente in
sintonia tra loro. Si dice anche "andare d'amore e d'accordo", o "essere
pappa e ciccia"; ma con una sfumatura di complicità un po’ losca. Il
riferimento è all'epoca in cui le 'culottes', le mutande, non erano molto
diffuse nel volgo, e la camicia restava a diretto contatto con le parti intime.
Essere in maniche di camicia
Essere senza giacca, alla buona, denota confidenza, o disinvoltura.
Essere la camicia di Meo o Farla lunga come la camicia di Meo
Una cosa interminabile che non finisce mai.
Farsi vedere in camicia
Mostrarsi molto schiettamente, o negligentemente, senza badare al decoro
alla convenienza.
Fatti la camicia, adesso che hai la tela
Cogli l’attimo.
Giocarsi anche la camicia
Perdere anche gli ultimi quattrini rimasti.
Guardati dal villano che ha la camicia bianca
Come indizio di villano che non lavora e nei giorni di festa contadino suole
mutarsi la camicia.
Il fico vuole due cose: collo d’impiccato e camicia da furfante
Quando il fico è ben maturo si torce e si piega, la pelle si screpola, come se
avesse una camicia stracciata.
Il mangiare va fra la giubba e la camicia (o fra la gonna e la camicia)
Quando si mangia svogliatamente e senza profitto.
Insanguinare la camicia
Ferire a morte.
La camicia dei guai non si consuma mai
Per dire che i guai non mancano mai.
La camicia non gli tocca il fianco
Si dice di chi manifesta troppa allegria e si rende ridicolo.
La camicia che non vuole star teco, tu stracciala
E’ un incitamento a risolvere i problemi.
La camicia dei guai non si consuma mai
I guai sono costantemente presenti, come una camicia che si porta sempre.
La Camicia di Nesso
Tormento insopportabile e inevitabile. Significa essere in una situazione
grave e dolorosa. Deriva L’origine di quest’espressione affonda le sue radici
nella mitologia greca, dal mito di Ercole che, con una freccia intinta nel
sangue dell’Idra di Lernia, mostro a sette teste sa lui stesso ucciso, ferì a
morte centauro Nesso perché aveva cercato di rapirgli la moglie Deianira. Il
centauro morente diede alla donna la propria tunica insanguinata,
dicendole che era un filtro amoroso per Ercole. Donatala quindi al marito,
questi la indossò, ma fu preso da spasmi dolorosi che portarono lui ad una
terribile morte e lei a togliersi la vita.
Lasciare in camicia
Lasciare senza niente, in miseria.
Mangiarsi anche la camicia
Sperperare tutti i propri beni.
Mutarsi in camicia
Cambiare idea.
Nato con la camicia
Persona molto fortunata. Questo modo di dire che apparentemente si rifà
ad un capo d'abbigliamento, principalmente ha un significato diverso.
Qualche volta i bambini nascono ancora avvolti nel sacco amniotico o ne
hanno addosso dei frammenti, soprattutto nella parte alta del corpo, il che
ha fatto pensare a una specie di camicia. Data la rarità dell'evento, si
consideravano questi neonati persone speciali, segnati dal destino o dotati
di particolari qualità, e il fenomeno era visto come promessa di buona
sorte, ricchezza e fortuna. Sinonimo di agiatezza, significava essere figli di
Signori che si potevano permettere la camicia, simbolo del corredino.
Non aver più camicia addosso
Essere in estrema miseria.
Non c’è camicia di vecchia pulita
Si dice di cosa ovvia.
Non essere tempo da battere in camicia
Far freddo. Fig. essere in una situazione pericolosa e quindi non poter
indugiare.
Non ti fidare nemmeno della camicia che ndossi
Incoraggiare ad essere diffidenti.
Ogni tua guisa non sappia la tua camicia
E’ un ammonimento per indicare che certi segreti non debbano essere
rivelati a nessuno.
Pancia piena canta e non camicia bianca
Meglio essere sazio che avere una bella camicia ed essere a digiuno.
Perdere anche la camicia
Perdere tutto, fino all’ultimo centesimo.
Per giudicare una donna bisogna vederla in camicia
Per l’ultimo viaggio basta una camicia
Si rivolge a chi accumula ricchezza, ovvero spende molto in abiti sfarzosi,
sottolineando che per andare al camposanto basta un abbigliamento
sommario.
Quando la camicia non arriva più al culo è l’ora di cambiarla Regalare
a qualcuno la camicia per levarselo di torno
Concedere qualunque cosa.
Rimanere in camicia
Rimanere senza niente, privo di tutto ciò che si possiede.
Rimetterci anche la camicia
andare in rovina, perdere tutto, anche la camicia. Varianti del proverbio
sono Giocarsi anche la camicia o mangiarsi anche la camicia.
Ridursi in maniche di camicia
Fig.: cadere in miseria, non possedere più niente, come se si fosse rimasti
soltanto con la camicia come unico indumento e proprietà. È lo stadio
anteriore a “rimetterci anche la camicia”, dopo di che si può solo “rimanere
in mutande”. Il detto è legato all'ambiente del gioco d'azzardo, con
l'immagine del giocatore che ha perso tutto il denaro e comincia a puntare
anche gli effetti personali, fino a lasciare il tavolo da gioco proprietario
soltanto della camicia che porta addosso.
Saltare meno in camicia che in giubbone
Trovarsi peggio nella nuova situazione che era stata cercata, perché
sembrava la migliore.
Se gennaio sta in Camicia, Marzo scoppia dalle risa
Se fa troppo caldo d’ inverno, l’annata sarà magra.
Si cambia più spesso di pensiero che di camicia
Cambiare idea molto spesso.
Sotto la camicia
Dentro, nell’intimo.
Spogliarsi in camicia
Togliersi tutto di dosso e spendere tutte le proprie forze, dedicarsi senza
risparmio di energia.
Stringe più la camicia del giubbone
Preme più la camicia che la giubba (giubbone) Tiene più conto delle cose
da poco, che di quelle importanti, Di uso solo metaforico: quello che sta più
a cuore è ciò che sta più vicino, come la camicia aderisce di più alla pelle
rispetto ad un soprabito. Le cose che ci toccano più da vicino sono quelle
che ci premono di più: i fatti propri e non quelli degli altri. Come il seguente
proverbio ha un significato similare, che fa riferimento ai legami di
parentela.
Stringe più la camicia che la gonnella
I propri interessi preoccupano più degli altri. La parentela del marito
(camicia) prevale su quella della moglie (gonnella) nei favori, nei testamenti,
ecc. in quanto la camicia è più vicina, più aderente, alla carne della gonna.
Oggi, in tempo di parità fra i due sessi, non è più vero, ma un tempo
quando la donna entrava nella casa del marito, era la famiglia dell'uomo,
che veniva privilegiata e che rappresentava la continuità anche nel
cognome. I parenti della moglie avevano minore importanza. Ciò è ancora
vero nelle società tradizionali. La camicia era un tempo regolarmente
indossata dall'uomo.
Sudare sette camicie o quattro camicie
Fig.: faticare moltissimo per ottenere qualcosa. Il Sette è uno dei numeri
magici e proverbiali, e indica una lunga ripetizione.
Togliere la camicia, portar via la camicia
Privare qualcuno delle ultime cose che gli restano, spogliarlo del tutto.
Trarre il filo della camicia
Conoscere il debole di una persona e fare di lei ciò che si vuole.
Trovarsi nella camicia di qualcuno
Essere al suo posto, nella sua condizione.
Una camicia addosso e una al fosso
Avere solo due camicie, una da indossare, l’altra da serbare per la sepoltura.
Vale di più un paio di maniche oggi, che una camicia domani
Meglio un uovo oggi che una gallina domani.
Vendersi la camicia
Fig.: vendere tutto quello che si possiede, compresa la camicia. Usato
anche nel senso di andare in rovina.
S. G.
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